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    Espritu LXI (2012) n 143 9-71

    Esse essentia ordo.

    Verso una metafisica della partecipazione operativa

    Alain Contat

    Non c discepolo dellAquinate che non sappia che lultima resolutiometafisica dellente sbocca su haec sublimis veritas: lessenza di Dio il suoessere, il che poi implica che, in ogni ente creato, lessenza altradellessere. Tutte le sintesi teologiche dellAngelico, e non solo loro,contengono infatti una dimostrazione articolata di queste due tesiarchitettoniche, e ne esplorano successivamente le conseguenze nece-ssarie.1 Fra questultime, il filosofo interessato dal problema dellagire

    viene colpito da quelle che riguardano lo statuto ontologico del bene. Tresono le tappe seguite da Tommaso a questo proposito, nella prospettivasapienziale che fa contemplare lente dallalto:

    a. In Dio, lidentit di essenza e di essere fa s che pure lessere e labont coincidono. In effetti, lessere buono, per ogni cosa, significaessere in atto; ora Dio non solo il massimo ente in atto, ma il suo

    proprio atto di essere per essenza: perci Dio non solo buono, ma la bont ed la sua bont.2

    b. Coerentemente con la tesi precedente, la composizione realedi essenza e di essere nellente per partecipazione richiede chesso

    ______

    Artculo recibido el 13 de noviembre de 2011 y aceptado para su publicacin el 15 defebrero de 2012.

    1 Pro memoria, ricordiamo che la formula hanc autem sublimem veritatem siriscontra in Contra Gentiles [dora in poi CG] I, c. 22, n. 30 (Marietti n. 211). I dueteoremi risolutivi della metafisica tommasiana vengono dimostrati, fra tanti altri luoghi,in Scriptum super libros Sententiarum[dora in poi Scriptum] I, d. 8 q. 1,a. 1, in c; q. 5, a.1, in c; CG I, c. 22; II, c. 52; Compendium theologiae,I, c. 11, e 68; Summa theologiae[dora in poi ST] I, q. 3, a. 4; q. 44, a. 1.

    2Cf. CG I, c. 38; Compendium theologiae,I, c. 109; ST I, q. 6, a. 3.

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    non sia e non possa mai essere identicamente ci per cui buono3,poich nessuna creatura la sua attualit.

    c. A questo punto, la cosa diventa pi complessa. In un primomomento, la riflessione metafisica riconduce il bene allenteattraverso questa sequenza: il bene ci che appetitible; lappe-tibilit presuppone la perfezione; la perfezione si fonda sul-lattualit; lattualit di ogni cosa proviene dallo esse. Ne risulta chela bont dellente si radica nel suo atto di essere, e ci rientra nel

    primato dello esse.4

    In un secondo momento, per, san Tommasoevidenzia un chiasmo fra lente ed il bene. Infatti, lente sostanziale,per il suo atto di essere, ente in senso assoluto (simpliciter), perch ci che ha lessere, mentre laccidente e quindi loperazione vengo-no detti ente in senso relativo (secundum quid), perch non hannolessere, ma piuttosto qualcosa tramite loro. A rovescio, invece,lente non pu essere considerato buono in senso pieno, finch nonabbia raggiunto lultima perfezione di cui capace e che non gli

    viene dato dalla sua sostanza. Ci sono pertanto due gradi di bontin ogni creatura, quello primario e relativo (secundum quid)consecutivo allo esse in quanto sostanziale, e quello ultimo e asso-

    luto (simpliciter)consecutivo alloperazione, che un essere in attodi tipo accidentale.5

    Quindi abbiamo da un lato lidentit totale, in Dio, fra essere, essenza,e bont; mentre riscontriamo nella creatura due livelli di bont successivi:quello della bont imperfetta che risulta dalla sostanza stessa; poi quellodella bont perfetta che proviene dallatto ultimo della cosa, raggiuntotramite loperazione pi perfetta di cui capace.

    Nel Compendium theologiae, troviamo una prima analisi di questaduplice differenza fra la bont divina e la bont creaturale. Dio la sua

    bont, perch egli il proprio essere, laddove la creatura ha sua bontsostanziale, perch essa ha il proprio essere, ma non lo :

    ______

    3Cf.QDDe veritate, q. 21, a. 5; Super librum Dionysii De divinis nominibus[dora inpoiDe divinis nominibus] IV, l in c. 1.

    4Cf. ST I, q. 5, a. 1, in c, con il rimando a q. 3 a. 4 nonch a q. 4 a. 1 ad 3.5Su questo chiasmo fra le due coppie ens / bonumesimpliciter / secundum quid, cf. ST

    I, q. 5, a. 1, ad 1.

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    11Esse, essentia, ordo

    cum forma et esse rei sit bonum et perfectio ipsius secundum quod insua natura consideratur, substantia composita neque est sua forma nequesuum esse; substantia vero simplex creata etsi sit ipsa forma, non tamenest suum esse. Deus vero est sua essentia et suum esse.6

    Inoltre, ogni creatura riceve la sua bont operativa dal suo fine ultimoche le estrinseco, mentre la bont divina, alla pari del suo essere con ilquale essa coincide, non in nessun modo ordinabile ad un fine ulteriore:

    Similiter etiam omnes creaturae consequuntur perfectam bonitatemex fine extrinseco. Perfectio enim bonitatis consistit in adeptione finisultimi. Finis autem ultimus cuiuslibet creaturae est extra ipsam, qui estdivina bonitas, quae quidem non ordinatur ad ulteriorem finem.

    Di conseguenza, la bont sostanziale non si distingue dalla bontoperativa in Dio, giacch egli la sua bont per essenza; allopposto, questidue tipi di bont esprimono, nella creatura, due livelli diversi egerarchizzati di partecipazione alla bont divina:

    Relinquitur igitur quod Deus modis omnibus est sua bonitas, et estessentialiter bonus; non autem creaturae simplices, tum quia non suntsuum esse, tum quia ordinantur ad aliquid extrinsecum sicut ad ultimumfinem. In substantiis vero compositis manifestum est quod nullo modosunt sua bonitas. Solus igitur Deus est sua bonitas et essentialiter bonus;alia vero dicuntur bona secundum participationem aliquam ipsius.

    La spiegazione dei due livelli di bont creata fa quindi appello a dueregistri certamente congiunti, ma distinti. Quello della differenza onto-teologica fra lo Essesussistente e lo essepartecipato giustifica la bont sos-

    tanziale dellente creato, mentre quello della causalit finale rende contodella trascendenza del fine ultimo divino dal quale la creatura attinge la suabont operativa. Ma come si collegano precisamente questi due registri? Eanzitutto perch la differenza ontologica fra lente per partecipazione e ilsuo atto di essere, istituita dalla stessa creazione, richiede necessariamenteuna seconda differenza, che di potrebbe chiamare operativa, fra la sostanza______

    6Compendium theologiae, I, c. 109.

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    dello stesso ente creato e la sua operazione, grazie alla quale esso giunge alsuo fine ultimo, che non pu essere che estrinseco? Questa domandadefinisce lo scopo del presente studio, che mira quindi ad investigare ilnesso di consecuzione necessaria fra la composizione reale di essere e diessenza nel supposito creato da una parte, e la distinzione successiva fra lasua bont sostanziale e la sua bont operativa. Per risolvere correttamentequesto problema, procederemo in tre parti:

    1. Nella prima, studieremo la causalit divina ed il suo riflessonellente creato, considerando principalmente limpostazione delladipendenza creaturale che ci offre san Tommaso stesso;

    2. nella seconda, considereremo i guadagni teoretici espliciti che cipresenta la metafisica dellactus essendielaborata da Cornelio Fabro perquanto riguarda la comprensione dello exitusdelle cose da Dio.

    3. e nella terza parte, cercheremo di prolungare la ricca speculazionefabriana in uninvestigazione dei presupposti ontologici del reditus, chestabilisca perch e come lente composto di esse e di essentia deveritornare a Dio attraverso il suo ordodinamico al bene.

    I La triplice causalit divina e la triplice scansione dellente creato

    Per il Dottore Comune, la processione delle creature da Dio unsintagma che non a caso rieccheggia le processioni trinitarie si articolasecondo le tre causalit efficiente, esemplare e finale, che sono tutte lecausalit attuanti estrinseche. Esse giocano un ruolo strutturante nelladinamica di tutto il segmento della Ia parsdedicato alla creazione, comelo visse bene Ghislain Lafont7, il che rivela limportanza che assumononellontologia tommasiano del creato. La triade agostiniana di modus,

    species, ordo rimane invece marginale nellopera dellAquinate, ed ha per

    questa ragione attirato assai meno lattenzione degli studiosi.

    8

    Ci no-______

    7Cf. G.LAFONT,Structures et mthodes dans la Somme thologique de saint ThomasdAquin, 151-171.

    8Un accenno molto significativo si riscontra in A. HAYEN,La communication de ltredaprs saint Thomas dAquin, 114-115, ma lA. non sviluppa il tema. Pure gli studiosi difine Novecento che ci hanno lasciato monografie peraltro assai interessanti sul rapportofra lasacra doctrinae lontologia dellAquinate non trattano il nostro problema, di cui nonabbiamo trovato traccie in G. MARENGO, Trinit e creazione, Indagine sulla teologia di

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    13Esse, essentia, ordo

    nostante, ci sembra che questa scansione sia riconducibile a quella diesse, essentia, ordo oppure operatio, per cui essa appare allora come latraccia, nel creato, della triplice causalit divina, cosicch merita assai diessere approfondita. Tentiamo ora un primo abbozzo in questa direzio-ne.

    I 1 La triplice causalit divina

    Linvestigazione della causalit creatrice comincia quindi, nellaquestione 44 della Summa theologiae, con la causalit efficiente. Csicuramente un motivo teologico per questa scelta, giacch lefficienza appropriata alla prima Persona divina, quella del Padre.9Per non si pudimenticare che la creazione essendo listituzione di un ente che deve ilsuo essere a colui che ha lEssere come nome proprio, lAquinate coerente con la propria teoresi quando studia in primo luogo la causalitche si caratterizza prima di tutto per il dono dello esse. Pertanto il primoarticolo intende stabilire che Dio causa efficiente di tutti gli enti. Ilrespondeo imposta la dimostrazione sul principio di partecipazione, che

    viene formulato qua in una proposizione condizionale:

    Si enim aliquid invenitur in aliquo per participationem, necesse estquod causetur in ipso ab eo cui essentialiter convenit.10

    Ci che per partecipazione necessariamente causato da ci che peressenza: il rapporto verticale di partecipante a partecipato presupponenellordine reale un rapporto di causazione efficiente per cui ci cui spetta

    per essenza la perfezione da partecipare la produce nel partecipante.Levidenza di per s immediata di questo assioma appare forse meglio gra-______

    Tommaso dAquino, n in D. DUBARLE, Lontologie de Thomas dAquin. Lo studio di G.MERY, La Trinit cratrice: Trinit et cration dans les commentaires aux Sentences deThomas dAquin et de ses prcurseurs Albert le Grand et Bonaventure, dedica un capitoloallimmagine ed al vestigio della Trinit; per non ne esplora le dimensioni propriamentemetafisiche, e limita comunque strettamente le sue investigazioni allo Scriptum. Quantoallopera di C.KALIBA,Die Welt als Gleichnis des dreieinigen Gottes,Entwurf zu einer trini-tarischen Ontologie, questo volume, che viene talvolta citato in ambito tomistico germani-co, un saggio di ispirazione agostiniana, senza alcun apparato critico.

    9Cf. ST I, q. 39, a. 8, in c, secundum quartam considerationem.10ST I, q. 44, a. 1, in c.

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    zie allanalogia secondo la quale il partecipante sta al partecipato come lapotenza allatto, perch ovvio che ci che in potenza non pu essereattuato, e quindi ricevere un atto partecipato, se non da ci che possiedequesto atto in maniera non partecipata.11 Nel luogo che citiamo, il

    principio di partecipazione viene adoperato in via iudicii, giacch si ha giprovato che Dio lessere sussistente, e che questultimo pu essere unosolo, di tal guisa che la minore pu sussumere che lente che non Dio halessere per partecipazione.12Quindi la conclusione pone che tutto lente

    graduato secondo il pi o il meno viene causato dallente che al massimodella perfezione, cio dellessere stesso, percorrendo in senso oppostolitinerario della quarta via:

    Ostensum est autem supra cum de divina simplicitate ageretur, quodDeus est ipsum esse per se subsistens. Et iterum ostensum est quod essesubsistens non potest esse nisi unum [...]. Relinquitur ergo quod omniaalia a Deo non sint suum esse, sed participant esse. Necesse est igituromnia quae diversificantur secundum diversam participationem essendi,ut sint perfectius vel minus perfecte, causari ab uno primo ente, quodperfectissime est.13

    Dio dunque causa efficiente dellente creato in quanto gli conferisceuno essepartecipato.14Ma Dio, come abbiamo appena ricordato, Essere

    ______

    11Per lanalogia fra participans / partipatume potentia / actus, considerata allinternodellente, cf. ST I, q. 75, a. 5, ad 4; Quaestiones de quolibetIII, q. 8 a. 1c; De substantiis

    separatis, c. 3.12In un precedente studio dedicato alla quarta via, abbiamo mostrato che il principio

    di partecipazione pure valido in via inventionisproprio quando verte sullo esse, perchlatto di essere fonda non soltanto lintelligibilit dellente finito, ma appunto il suo...essere. Cf. A. CONTAT, La quarta via di san Tommaso dAquino e le prove di Dio di

    santAnselmo di Aosta secondo le tre configurazioni dellente tomistico, 139-150.13ST I, q. 44, a. 1, in c. Lo stesso percorso dimostrativo si riscontra in Compendiumtheologiae,I, c. 69: Adhuc. Omne quod habet aliquid per participationem, reducitur inid quod habet illud per essentiam, sicut in principium et causam [...]. Ostensum estautem supra, quod Deus est ipsum suum esse, unde esse convenit ei per suam essentiam,omnibus autem aliis convenit per participationem: non enim alicuius alterius essentiaest suum esse, quia esse absolutum et per se subsistens non potest esse nisi unum, utsupra ostensum est. Igitur oportet Deum esse causam existendi omnibus quae sunt.

    14Cf.Lectura super Ioannem,c. 1, lc. 5, n. 133: Creare autem est dare esse rei crea-tae. Vedasi pure ScriptumI, d. 37, q. 1, a. 1, in c. Per san Tommaso, proprio lessere

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    per essenza; ora, secondo un altro assioma omne agens agit simile sibi,giacch lagire transitivo consiste nel comunicare qualcosa della sua forma;di conseguenza, il dono dello esseal di fuori di s non soltanto un effettodi Dio, ma ne leffetto sia proprio che esclusivo, perch nessun altro ente

    possiede lessere come sua forma propria, come, secondo lesempio utiledella fisica antica che spesso usa Tommaso in questo contesto, il calore leffetto proprio ed esclusivo del fuoco.15 Dal lato opposto del rapportocreaturale, lente per partecipazione deve tutta la sua perfezione

    ontologica al suo atto di essere partecipato, che actualitas omniumrerum, et etiam ipsarum formarum16; perci, non c nessuna attualit enessuna formalit, nellente, che non sia causata da Dio tramite lo esse equindi creata. La causalit efficiente divina, nel suo ordine, totale,

    poich raggiunge cos ogni particolare dellente creato, chesso siaspirituale o materiale, nonostante la complessit delle forme accidentali ola dispersione delle sostanze naturali nellestensione materiale.17

    Per caratterizzare questa universalit, estensiva e sopratutto intensiva,della causalit creatrice nonch del suo effetto proprio, Cornelio Fabro haconiato le espressioni di causalit trascendentale e di mediantetranscendentale:

    come tutti gli atti e tutte le perfezioni dellente sono attuate dallesse(partecipato) ch latto ' , atto e sempre atto e soltanto in attosia pure per partecipazione Dio, ch lesse (per essenza) e quindicausa propria diretta e immediata dellesse partecipato causa propriadiretta e immediata di tutti quegli atti e di tutte le perfezioni. Si ha quindi, enon sar detto mai abbastanza, che lesse veramente il principio mediante

    ______

    che consente al teologo di pensare latto creatore come donazione, contrariamente aquanto viene postulato nellopera di J.-L.MARION, ad es. inLe visible et le rvl, 88-96.

    15Cf.QD De potentia, q. 3, a. 4, in c: Primus autem effectus est ipsum esse, quod om-nibus aliis effectibus praesupponitur et ipsum non praesupponit aliquem alium effec-tum; et ideo oportet quod dare esse in quantum huiusmodi sit effectus primae causaesolius secundum propriam virtutem. Vedasi anche CG III, c. 66, n. 4, e 7 (Marietti n.2410 e 2413); ST I, q. 45, a. 5, in c; QD De potentia, q. 7, a. 2, in c;Quaestiones de quoli-betXII, q. 5, a. 1, in c, nonch Super Librum De causis, lc. 4, dove san Tommaso com-menta lassioma neoplatonico prima rerum creatarum est esse.

    16 la notissima formula di ST I, q. 4, a . 1, ad 3.17Cf. CG III, c. 69, n. 9 (Marietti n. 2430): Sed [Deus] immensitate suae virtutis at-

    tingit omnia quae sunt in loco: cum sit universalis causa essendi, ut dictum est.

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    trascendentale che fonda ed esige la causalit totale intensiva di Diorispetto alla creatura.18

    In questa ottica, san Tommaso assume la tesi del Liber de causisper cuiprima rerum creatarum est esse, chiarificandone per il significato,giacch lo esseche Dio produce soltanto loggetto della sua causalit, enon un soggetto che sussisterebbe da solo.19 Con questa precisazione, si

    pu affermare che la creazione verte sullo esseoppure sullo ensin quanto

    commune, e questa tesi infatti indispensabile allintelligibilit del saperemetafisico20; ma si tratta allora di unoggettivazione del nostro pensiero,che non si riscontra come tale nella realt21: nellambito del creato, lo essenon ha consistenza al di fuori dello ensin quanto hoc ens.

    Ora un ente reale sempre un ente tale, vogliamo dire un ente a propo-sito del quale si pu chiedere cos per questo lessere?, cio il quod quiderat esseo quiddit.22Per quanto concerne Dio stesso, la risposta non puessere, per Tommaso, che Qui est, al di l di ogni finitudine. Trattandosiinvece del creato, ogni ente ha lessere secondo una certa misura, che lo cos-tringe entro limiti definitori.23 Dunque alluniversalis modus essendi dello

    Esse subsistenssi oppone il determinatus modus essendidello ens per partici-

    pationem24: lAtto puro di essere coincide con la sua essenza, mentre latto______

    18C.FABRO,Partecipazione e causalit secondo S. Tommaso dAquino, 441.19 Cf. ST I, q. 45, a. 4, ad 1: cum dicitur, prima rerum creatarum est esse, ly esse

    non importat subiectum creatum; sed importat propriam rationem obiecti creation-nis.

    20Cf. ST I-II, q. 66, a. 5, ad 4: ens commune est proprius effectus causae altissimae,scilicet Dei.

    21Cf. CG I, c. 26, n. 5 (Marietti n. 241): Quod est commune multis, non est aliquidpraeter multa nisi sola ratione: sicut animal non est aliud prater Socratem et Platonemet alia animalia nisi in intellectu [...]. Multo igitur minus et ipsum esse commune estaliquid prater omnes res existentes nisi in intellectu solum.

    22Su questa interpretazione del

    aristotelico, cf. A.DE MURALTin ARIS-

    TOTE, Les Mtaphysiques, Traduction analytique des livres , , , , et , 410: Laclbre expression to ti n einai parat obscure beaucoup. Elle est pourtant dunegrande simplicit. Elle est, sous forme substantive et dans les mmes termes, la rponse la question quest ce que tre (pour telle chose).

    23 Cf. la nitida formula di . GILSON, lments dune mtaphysique thomiste deltre, 120: Chaque quiddit est une certaine mesure de participation de lesse, et fi-nalement de Dieu.

    24Cf.De substantiis separatis, c. 8: Sed considerandum est, quod ea quae a primo enteesse participant, non participant esse secundum universalem modum essendi, secundum

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    partecipato di essere viene ristretto dalla sua essenza, che si comporta neisuoi confronti come una potenza determinante, nel doppio senso di specifi-cazione e di limitazione. Cos lessenza gioca nellente per partecipazione ilruolo del modulo che fissa lintensit del suo essere, e con essa la sua costitu-zione sostanziale. Pertanto, la creazione dellatto di essere non pu avvenire,da parte del Creatore, senza unidea che ne predetermini quel modulo e chene sia per cos dire il modello increato. In breve, la causalit divina efficientecoinvolge sempre la causalit esemplare.25 Nella Somma di teologia,

    questultima viene ricondotta alle idee divine, la cui realt non differisce poidalla stessa essenza divina:

    Haec autem formarum determinatio oportet quod reducatur, sicut inprimum principium, in divinam sapientiam, quae ordinem universi exco-gitavit, qui in rerum distinctione consistit. Et ideo oportet dicere quod indivina sapientia sunt rationes omnium rerum, quas supra diximus ideas, id estformas exemplares in mente divina existentes. Quae quidem, licet mul-tiplicentur secundum respectum ad res, tamen non sunt realiter aliud a divinaessentia, prout eius similitudo a diversis participari potest diversi-mode.26

    Lente creato risulta quindi misurato sui due piani ontologici ai quali connesso. Sul livello immanente della propria consistenza creata, il suo attodi essere proporzionato a quella capacit di essere che la sua essenza; e sullivello trascendente del suo esemplare increato, lo stesso ente trova il suo

    prototipo nellidea divina, che come la misura secondo la quale essopartecipa in maniera finita alla pienezza infinita dellessenza divina.

    Partecipazione dellente creato allEssere sussistente increato in virt de-llefficienza divina mediata dallo esseinerente nella sostanza; partecipazio-ne dellente creato allEssenza increata in virt dellesemplarit divina og-gettivata nellidea divina e mediata dallessenza e dalle forme concrete: la

    metafisica dellexitusnon pu non chiedersi se le due causalit efficienteed esemplare fondano una sola oppure due distinte linee di partecipazionefra la creatura ed il Creatore. Nella sua tesi del 1942, il Padre Louis-______

    quod est in primo principio, sed particulariter secundum quemdam determinatumessendi modum qui convenit vel huic generi vel huic speciei.

    25Cf. ScriptumI, d. 3, q. 3, a. 1, in c: In intellectu enim divino similitudo rei intellec-tae est ipsa divina essentia, quae est rerum causa exemplaris et efficiens.

    26ST I, q. 44, a. 3, in c.

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    Bertrand Geiger O.P. sosteneva che san Tommaso mette a fuoco due sis-temi di partecipazione, imperniati sui due coprincipi dellente, correlativialle due causalit divine. Rispetto allefficienza creatrice, la donazione diun atto di essere finito non pu avvenire senza chesso venga composto(cum-positum) con unessenza che ne misuri lintensit, differenziandolaipso facto dallinfinit dellEssere divino; cos latto creatore istituisce un

    primo tipo di partecipazione, che il Geiger chiama partecipazione percomposizione. Ora questultima non avviene senza lessenza, la quale non

    nulla; anzi, essa trova il suo modello nellidea divina, che definisce a suavolta il modo in cui lente finito rispecchia qualcosa dello splendoreproprio allEssenza infinita. Ne consegue che la creazione implica un altrotipo di partecipazione, designata come partecipazione per somiglianza.Nonostante il primato dellatto di essere sullessenza, questa partecipazio-ne fondata sullesemplarit pare al Geiger pi originaria di quella derivatadallefficienza, perch solo il rapporto di somiglianza indica la partedellEssere increato alla quale partecipa lente creato.27

    Il P. Fabro respinge questa concezione di una doppia partecipazione28.In effetti, gi la nozione stessa di partecipazione implica la convergenza didiversi soggetti nel ricevere una perfezione partecipata, e la loro divergen-

    za nel possederla in maniera intrinsecamente diversa e gerarchicamenteordinata a seconda della capacit propria dei partecipanti, cosicch la so-miglianza, in quanto sintesi di identit e di differenza, non un principio,ma un risultato, la cui causa la composizione stessa fra il partecipato ed il

    partecipante: questo simile al partecipato trascendente in virt del par-tecipato immanente, e non in virt di s stesso, cio come recipiente ante-

    ______

    27Cf. L.-B. GEIGER,La participation dans la philosophie de S. Thomas dAquin, 36-73,dove lA. formula la posizione del problema, che ne comanda lesito duale. Rileviamo a p.

    65: La limitation des formes est premire dans son ordre, irrductible. On ne peutesprer en rendre raison par lappel une composition avec dautres lments, ou linhrence dans quelque sujet, car ces lments comme ce sujet doivent tre eux-mmesdtermins et limits pour tre, et leur limitation demanderait tre explique sontour. Questa obiezione cade nel momento in cui lessenza viene considerata per ci che, cio una potenza o capacit di essere, giacch il proprio di una potenza di esserelimitante, non limitata.

    28 Cf. C. FABRO, Partecipazione e causalit secondo S. Tommaso dAquino, 52-60; Lanozione metafisica di partecipazione secondo san Tommaso dAquino , 26-29; La determi-nazione dellatto nella metafisica tomista, 331.

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    19Esse, essentia, ordo

    riore a ci che riceve.29Formalizzando il rapporto, si potrebbe dire che ilpartecipante tale solo in quanto sta sotto il partecipato che lo attua echesso restringe entro i suoi limiti. Nella partecipazione per antonomasiache quella dellessere, bisogna quindi distinguere due momenti nellaconsiderazione dellessenza: in s stessa, essa non ancora simile a Dio, ma come un grado, o una capacit di somiglianza; intuita invece in quantosta sotto il proprio esse, essa somiglia allora in atto al suo esemplare increa-to. Postulare invece che lessenza partecipi da sola allEssenza divina porte-

    rebbe in fondo a distruggere ogni partecipazione, giacch da un lato lapluralit delle essenze diventerebbe un dato assoluto anzich una gerar-chia nellavere parte allessere, mentre daltro lato lo essevenirebbe omolo-gato nella funzione di far esistere che non ammette gradi. Al contrario,derivando la somiglianza dalla composizione, si capisce che lente per par-tecipazione tale nella misura stessa in cui riceve una parte dellessereche, in Dio, sussiste nella sua pienezza infinita. Dunque lente creato pro-cede s dal Creatore secondo due linee causali, quella efficiente e quellaesemplare30; per una sola la relazione di partecipazione dellente finitoallEssere infinito, ed la partecipazione che, risultando dalla composi-zione dello esse atto di essere creato con la sua essentia potenza di

    essere correlativa, fonda un rapporto di somiglianza fra questo ente elEssere da cui proviene. La riflessione speculativa non deve lasciarsi in-gannare da una falsa simmetria fra le due coppie di causa efficiente / essecreato da una parte, e di causa esemplare / essentia creata daltra parte,come se fossero autonome luna rispetto allaltra. Infatti, n la potenzadivina produce alcunch al di fuori di Dio senza farlo secondo una idea,n latto di essere creato pu essere tale senza unessenza che lo limiti e lospecifichi, cosicch ciascuna di queste quattro istanze implica per s le trealtre, nonostante la distinzione reale fra i due co-principi dellente creato ela distinzione nozionale delle due linee causali. Cos la dipendenza creatu-

    ______

    29Cf. ScriptumI, d. 48 q. 1, a. 1, in c: omne simile oportet esse compositum ex eo inquo convenit cum alio simili, et ex eo in quo differt ab ipso, cum similitudo non sit nisidifferentium.

    30 Per san Tommaso, tutti gli attributi divini sono simultaneamente causa efficiente edesemplare delle loro somiglianze create, cominciando ovviamente dallo Esseidentico in DioallaEssentia. Cf. ScriptumI, d. 10, q. 5, a. 1, ad 4: omnia attributa divina sunt principium

    productionis per modum efficientis exemplaris; sicut bonitatem omnia bona imitantur, etessentiam omnia entia, et sic de aliis; stessa dottrina in ScriptumI, d. 38, q. 1, a. 1, in c.

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    rale subordina un ente in atto allEssere che il suo atto, di modo che ilrapporto di somiglianza si d fra ci che ha lessere per partecipazione ecolui che lEssere per essenza, e non fra due essenze. 31

    Ma omne agens agit propter finem: per Tommaso, questa proposizione assiomatica, giacch lagere richiede necessariamente la predeterminazionedellagendum, altrimenti il legame ontologico per se quarto fra lagente eleffetto venirebbe meno, di tal guisa che, da una parte lagente non simuoverebbe, mentre daltra parte leffetto non sarebbe propriamente tale,

    ma diventerebbe un puro evento concomitante, legato solo per accidens aci che lo precederebbe.32Pertanto, pure la creazione degli enti risponde adun fine; per Dio essendo atto puro, latto creatore non gli pu ovviamenteaggiungere alcuna attualit ulteriore, ma comunica gratuitamente qualcosadella sua bont alla creatura, la quale trova invece la sua perfezione nelcongiungersi al principio dal quale procede:

    Est autem idem finis agentis et patientis, inquantum huiusmodi, sedaliter et aliter: unum enim et idem est quod agens intendit imprimere, etquod patiens intendit recipere. Sunt autem quaedam quae simul agunt etpatiuntur, quae sunt agentia imperfecta; et hic convenit quod etiam in

    agendo intendant aliquid adquirere. Sed primo agenti, qui est agens tan-tum, non convenit agere propter acquisitionem alicuius finis; sed intenditsolum communicare suam perfectionem, quae est eius bonitas. Et una-quaeque creatura intendit consequi suam perfectionem, quae est similitu-do perfectionis et bonitatis divinae. Sic ergo divina bonitas est finis rerummnium.33

    ______

    31Cf. ScriptumII, d. 16, q. 1 a. 1, ad 3: convenientia potest esse dupliciter: aut duo-rum participantium aliquod unum, et talis convenientia non potest esse Creatoris etcreaturae, ut objectum est; aut secundum quod unum per se est simpliciter, et alterum

    participat de similitudine ejus quantum potest; ut si poneremus calorem esse sine mate-ria, et ignem convenire cum eo, ex hoc quod aliquid caloris participaret: et talis conve-nientia esse potest creaturae ad Deum, quid Deus dicitur ens hoc modo quod est ipsumsuum esse; creatura vero non est ipsum suum esse, sed dicitur ens, quasi esse participans;et hoc sufficit ad rationem imaginis. Questo ragionamento evidenzia bene che il rap-

    porto di somiglianza che unisce la creatura al Creatore si gioca sullo esse, e non prima-riamente sullessenza ut siccome presupponeva il P. Geiger.

    32 Cf. al riguardo CG III, c. 2, in particolare n. 8 (Marietti n. 1825); ST I-II, q. 1, a. 2,in c;Expositio Libri Posteriorum,I, l in c. 10, l. 122-135.

    33ST I, q. 44, a. 4, in c.

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    Quindi lo exitus a principiodella sostanza creata porta con s lesigenzaontologica del reditus in finem: la donazione dellessere allente si compienel ritorno del donatario al donatore attraverso la fecondit del dono, chespinge il supposito creato al proprio perfezionamento. Cos, se la creaturasi riferisce a Dio secondo un nesso di provenienza, come un ente per par-tecipazione allEssere per essenza, allora la stessa creatura sar ordinata aDio come un bene per partecipazione alla Bont per essenza secondo unnesso di finalit. Lente per partecipazione rimanda a Dio come primo

    efficiente in quanto il suo atto di essere viene composto con la sua essenza,ed a Dio come primo esemplare in quanto lo stesso esse viene misuratodallessenza concreata; adesso il medesimo ente per partecipazione riman-da a Dio come ultimo fine in quanto la sua bont particolareggiata perch

    partecipata di per s ordinata alla bont per essenza dellEssere sussisten-te.34 Questa terza linea causale fonda un nuovo aspetto della partecipa-zione, che si palesa come assimilazione non pi statica, ma dinamica dellacreatura al Creatore.

    Come si articola questa teleologia con la partecipazione costitutiva de-llente creato, quella radicata nel plesso di essere e di essenza? Nella ques-tione 44 dedicata alla triplice causalit creatrice, lAngelico concepisce

    lappetito di ogni cosa per il suo fine come un partecipare la somiglianzadivina, mediato dalla tensione verso il proprio bene, ricorrendo quindialla nozione di partecipazione anche nellambito della finalit divina.35Premettendo che la ratio boni esplicita la ratio entis aggiungendovilappetibilit, che proporzionale allattualit36, possiamo fondare lordo

    ad bonumdella creatura nella sua ordinazione allatto in quanto perfetti-

    ______

    34Cf. ST I, q. 103, a. 3, in c: Manifestum est enim quod bonum habet rationem finis.Unde finis particularis alicuius rei est quoddam bonum particulare: finis autem univer-salis rerum omnium est quoddam bonum universale. Bonum autem universale est quod

    est per se et per suam essentiam bonum, quod est ipsa essentia bonitatis: bonum autemparticulare est quod est participative bonum. Manifestum est autem quod in tota un-iversitate creaturarum nullum est bonum quod non sit participative bonum. Unde illudbonum quod est finis totius universi, oportet quod sit extrinsecum a toto universo.

    35Cf. ST I, q. 44, a. 4, ad 3: omnia appetunt Deum ut finem, appetendo quodcumquebonum, sive appetitu intelligibili, sive sensibili, sive naturali, quia est sine cognitione: quianihil habet rationem boni et appetibilis, nisi secundum quod participat Dei similitudinem.Sottolineiamo la necessit del nesso fra la ratio bonie la partecipazione assimilativa a Dio.

    36 Cf. De divinis nominibus, IV, lc. 1: unumquodque enim bonum est, secundumquod est res actu.

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    vo. Ora, lanalisi metafisica ci consente di distinguere tre livelli di attualiteffettiva nellente finito: quello che risulta dallessenza sostanziale in atto;

    poi quello che integra successivamente le forme accidentali, e specialmen-te gli habitus, grazie ai quali la cosa pienamente costituita in actu primo;e finalmente quello che viene raggiunto tramite le operazioni, ed in parti-colare quella pi perfetta nella facolt pi elevata, in cui ogni sostanzacreata trova la sua perfezione ultima in actu secundo. Il ritorno della crea-tura a Dio si scandisce quindi secondo i tre gradi sovrapposti dello esse

    sostanziale, dello esse superadditum degli accidenti, nonch delloperari37

    ,oppure, in maniera pi sintetica, secondo i due livelli di bont creata, ilcui primo corrisponde alla natura della cosa integralmente considerata, edil cui secondo corrisponde allesercizio della sua virt operativa.38Esse-operari: la partecipazione vista alla luce della causalit finale assume ladimensione della forma o essenza reale, ma la supera verso quella de-llattivit, che sia transitiva oppure immanente, cosicch la somiglianzache unisce il partecipante creato al partecipato increato appartiene al re-gistro dellatto pi che a quello del contenuto, a differenza della somi-glianza istituita dal rapporto di esemplarit. Certamente, si tratta di mo-menti complementari, e non opposti, poich la quiddit della cosa

    subordinata al suo essere in atto, mentre viceversa loperazione riceve co-munque la sua qualificazione prima dal soggetto dal quale procede, poidalloggetto chessa guarda. Nondimeno, la partecipazione vista alla lucedellesemplarit evidenzia il rapporto che vige fra il cos dellente, e ilsuo archetipo divino, cosicch si tratta allora del contenuto dellessere

    partecipato, mentre la partecipazione colta nella prospettiva del fine ma-nifesta il perch dellente, mostrando chesso per la sua operazione incui trova la sua ultima bont immanente, poi che entrambi, operante ed

    ______

    37Cf. CG III, in c. 20, n. 8 (Marietti n. 2016): manifestum est enim quod res ordi-

    nantur in Deum sicut in finem non solum secundum esse substantiale, sed etiam secun-dum ea quae ei accidunt pertinentia ad perfectionem; et etiam secundum propriamoperationem, quae etiam pertinet ad perfectionem rei.

    38Sulla duplex bonitasdellente creato, cf. laExpositio libri Boetii De ebdomadibus, l inc. 4: in bonis creatis est duplex bonitas, una quidem secundum quod dicuntur bona perrelationem ad primum bonum, et secundum hoc et esse eorum et quicquid in eis est a

    primo bono est bonum; alia uero bonitas consideratur in eis absolute, prout scilicetunumquodque dicitur bonum in quantum est perfectum in esse et in operari, et hecquidem perfectio non competit bonis creatis secundum ipsum esse essenciale eorum, setsecundum aliquid superadditum quod dicitur uirtus eorum.

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    operare, sono per Dio, Bont trascendente. Cos disponiamo di un primoabbozzo di risposta al nostro quesito: componendo un atto di essere conunessenza39, la creazione istituisce un ente che, da un lato, uno ed iden-tico a s, perch la sua quiddit fa che il suo essere in atto sia un esseredeterminato, ma che, daltro lato, differisce dal proprio atto di essere, ilquale tende ad espandersi in operativit, ovviamente nei limiti consentitidalla propria essenza. La chiave del nostro problema sta quindinellemergenza dello esseal di sopra dello enschesso fa essere. Ricevuto

    nellessenza, questo atto di essere detiene una virtuso energia ontologicache non si esaurisce nellattuazione di una determinata sostanza, ma sitvenia uerbi straripa, emerge appunto al di l dei limiti della quidditsostanziale, e pertanto riemerge nelle operazioni del supposito.

    I 2 I vestigi della causalit divina nel supposito creato

    La partecipazione dellente creato allEssere increato include quindi tredimensioni, quella dello essemisurato dalla correlativa essenza, quella dellastessa essenza in atto per lo esse, e quella dellinclinazione alloperare percui la sostanza tende alla propria perfezione. Questa ternariet si ritrova in

    due triadi alle quali accenna lAquinate. La prima, che di matrice agosti-niana, viene esplicitamente riferita alla triplice causalit divina:

    creatura dicitur bona secundum respectum ad Deum, sicut vult Boetiusin libro De hebdomadibus; sed Deus habet ad creaturam habitudinem tri-plicis causae, scilicet efficientis, finalis et formalis exemplaris; ergo et crea-tura dicitur esse bona secundum habitudinem ad Deum in ratione tripli-cis causae; sed secundum hoc quod comparatur ad Deum ut ad causamefficientem habet modum sibi a Deo praefixum; ut autem comparatur adeum ut [ad] causam exemplarem habet speciem; ut autem comparatur adeum ut ad finem habet ordinem; ergo bonum creaturae consistit in modo,specie et ordine.40

    ______

    39Ricordiamo che lefficienza divina crea non soltanto latto di essere, ma pure lessenzache lo specifica. Cf.QD De potentia, q. 3, a. 5, ad 2: ex hoc ipso quod quidditati esse attri-buitur, non solum esse, sed ipsa quidditas creari dicitur: quia antequam esse habeat, nihilest, nisi forte in intellectu creantis, ubi non est creatura, sed creatrix essentia.

    40QD De ueritate, q. 21, a. 6, sc. 3.

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    Per giustificare questa corrispondenza, san Tommaso comincia perricordare nel respondeoche la nozione di bene (ratio boni)significa non soloil rapporto di ci che perfeziona (respectus perfectivi), ma ci a cui segue ilrapporto con il rapporto stesso (id ad quod sequitur respectus cum respectuipso), cio il supposito in quanto ordinato alla propria perfezione. Ora ilsupposito creato viene istituito da un atto di essere ricevuto secondo unacerta misura, che precisamente la sua specie, mentre ad entrambi, esserefinito e specie, segue linclinazione o respectusalla perfezione:

    Cum autem creaturae non sint suum esse, oportet quod habeant essereceptum et per hoc earum esse est finitum et terminatum secundummensuram eius in quo recipitur.

    Sic igitur inter ista quae Augustinus ponit, ultimum, scilicet ordo, est res-pectus quem nomen boni importat, sed alia duo, scilicet species et modus,causant illum respectum. Species pertinet ad ipsam rationem speciei, quaequidem secundum quod in aliquo esse habet, recipitur per aliquem modumdeterminatum, cum omne quod est in aliquo sit in eo per modum recipientis.Ita igitur unumquodque bonum, in quantum est perfectivum secundum ra-tionem speciei et esse simul habet modum, speciem et ordinem: speciem qui-

    dem quantum ad ipsam rationem speciei, modum quantum ad esse, ordinemquantum ad ipsam habitudinem perfectivi.41

    In sintesi, il modus quindi lo stesso essein quanto misurato; laspeciesla misura (mensura) che determina, o finisce lo esse; e lordo linclinazione ulteriore alla perfezione (habitudo perfectivi) che vienecausata dalla sostanza costituita dallo essee dalla sua misura specificante.Da questa rilettura della triade agostianana allinterno dei parametri dellametafisica tommasiana dellessere, dobbiamo ritenere in primo luogolinseparabilit del moduse dellaspecies, rispettivamente fondati sullo essee

    sulla essentia, poi, in secondo luogo, il nesso causale (species et moduscausant illum respectum) che collega il plesso di specie e di essere alrapporto di perfettibilit. LAquinate non precisa la natura esatta di questacausalit, ma ovvio che si tratta della finalit, e chessa si radica nellasostanza secondo il quarto modo di perseit.42

    ______

    41Ibidem, in c.42Ricordiamo che una proposizione per se quarto modoquando essa esprime un nes-

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    25Esse, essentia, ordo

    Il luogo parallelo della Summa theologiae meno rilevante ai fini dellapresente investigazione, perch lascia lo esse nellombra, e si concentrasulla forma, che si deve intendere come forma in atto (e sappiamo che lo

    per latto di essere). Essa viene significata dalla specie, mentre il modo ci che si richiedea parte anteper la sua costituzione, e lordine ci che nerisultaa parte post.43Invece, la dottrina dei vestigia Trinitatisci offre, nellastessa Summa, uno scorcio di alto interesse teoretico. Ecco il brano:

    in creaturis omnibus invenitur repraesentatio Trinitatis per modumvestigii, inquantum in qualibet creatura inveniuntur aliqua quae necesse estreducere in divinas Personas sicut in causam. Quaelibet enim creaturasubsistit in suo esse, et habet formam per quam determinatur ad speciem, ethabet ordinem ad aliquid aliud. Secundum igitur quod est quaedamsubstantia creata, repraesentat causam et principium: et sic demonstratPersonam Patris, qui est principium non de principio. Secundum autemquod habet quandam formam et speciem, repraesentat Verbum, secundumquod forma artificiati est ex conceptione artificis. Secundum autem quodhabet ordinem, repraesentat Spiritum Sanctum, inquantum est Amor: quiaordo effectus ad aliquid alterum est ex voluntate creantis.44

    Questo testo presenta simultaneamente due difficolt, luna epistemo-logica e laltra contenutistica. Si tratta infatti di unanalogia tipica della

    sacra doctrina, che elenca fra le sue procedure la ricerca di somiglianze fra imisteri rivelati e le speculazioni dei filosofi, presupponendo ovviamentelassenso di fede.45 E nella fattispecie, la tesi proposta un rapporto di

    ______

    so di causalit estrinseca, efficiente o finale, fra il soggetto ed il predicato. Cf. al riguardoExpositio libri Posteriorum,I, l in c. 10, n. 7, l. 122-135.

    43Cf. ST I, q. 5, a. 5, in c, e pure I-II, q. 85, a. 4, in c.44ST I, q. 45, a. 7, in c.45Cf. Super Boetium De Trinitate, q. 2, a. 3, in c: Sic ergo in sacra doctrina philoso-

    phia possumus tripliciter uti: [] secundo ad notificandum per aliquas similitudines eaque sunt fidei, sicut Augustinus in libro De Trinitate utitur multis similitudinibus exdoctrinis philosophicis sumptis ad manifestandum Trinitatem. Questo procedimentoanalogico pu rientrare nel quomodo sit verum delleQuaestiones de quolibetIV, q. 9 a.2c: Quaedam vero disputatio est magistralis in scholis non ad removendum errorem,sed ad instruendum auditores ut inducantur ad intellectum veritatis quam intendit: ettunc oportet rationibus inniti investigantibus veritatis radicem, et facientibus scire qu-omodo sit verum quod dicitur.

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    origine a vestigio fra le Persone divine da un lato, e le tre istanzeontologiche della sostanza creata daltro lato. Per poter utilizzare questoargomento in sede di metafisica, dobbiamo quindi sottrarre ci che vi di esclusivamente rivelato nella serie superiore delle tre somiglianze. Si

    pu operare questo trasferimento epistemico se si restringe il campo delleanalogie agli attributi divini essenziali che vengono, nel testo citato,appropriati alle Persone.46Ora il Padre viene designato come causa, il cherimanda allagente efficiente non effettuato; il Figlio come concezione

    dellartefice, il che evoca lesemplarit non esemplificata dellessenzadivina inquanto locus idearum; e lo Spirito Santo come Amore, il cheimplica il primo principio finalizzante non finalizzato. Allinterno diquesta prospettiva limitata allambito della ragione, otteniamo allora laseguente tavola:

    vestigio riferimento del vestigio causalit divina

    substantia creata:subsistit in suo ese

    repraesentatcausam et principium

    (non de principio)

    causalitefficiente

    non effettuata

    habet formamper quamdeterminatur

    ad speciem

    secundum quodforma artificiati est

    ex conceptione artificis

    causalitesemplare

    non esemplificata

    habet ordinemad aliquid aliud

    ordo effectusad aliquid alterum

    ex voluntate creantis

    causalitfinale

    non finalizzata

    Analizziamo brevemente i singoli contenuti di questa scansione ternaria.Alla pari del modusdella triade agostiniana, si inizia dalla creatura in

    rapporto alla causalit efficiente divina attraverso il suo esse ricevuto.Questa volta, per, il paragone viene esplicitamente costruito a partire

    ______

    46Per la nozione teologica di appropriazione, cf. ST I, q. 39, a. 7; e per un quadro sis-tematico delle appropriazioni, ibidem,a. 8.

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    dalla sostanza, descritta come ci che sussiste nel proprio essere. In effetti,san Tommaso assume la tradizione aristotelico-avicenniana per cui lasostanza va descritta come res cuius naturae debetur esse non in alio47,opponendosi allaccidente, che invece una res cuius naturae debetur essein alio, lo esseessendo inteso nelle due descrizioni come essere-in-atto. Lasostanza viene cos caraterizzata per la sua autonomia ontologica, la quale

    poi fonda a sua volta la sua funzione di sostegno degli accidenti:

    Substantia vero quod est subiectum, duo habet propria: quorumprimum est quod non indiget extrinseco fundamento in quo sustentetur,sed sustentatur in seipso; et ideo dicitur subsistere, quasi per se et non inalio existens. Aliud vero est quod est fundamentum accidentibussubstentans ipsa; et pro tanto dicitur substare.48

    Lassenza di fondamento estrinseco per il sustentari della sostanzaprima costituisce il punto preciso dellanalogia con la prima causa efficien-te, che per definizione non pu essere effettuata: come la sostanza crea-ta, avendo lessere in s, non ha bisogno di altro per essere, cos anche Dionon ha alcuna causa del proprio essere. Questa somiglianza relativa non

    toglie ovviamente la dissomiglianza infinita che separa lEssere sussistentedallente per partecipazione, il cui atto di essere rivevuto da Dio e da luiconservato. Si potrebbe dire che lo essedella creatura non ha alcun princi-

    pio attuante anteriore, sul livello della causalit predicamentale, ma di-pende radicalmente, sul livello della causalit trascendentale, dalla suacausa efficiente divina, mentre lo Essedivino non ha affatto alcuna causatrascendentale anteriore.

    Ora latto di essere creato non potrebbe essere tale se non fosse limitatoda unessenza che gli d la sua specificazione49, indicando ci che, per unaconcreta sostanza prima, lessere , il suo quid est. Ben lungi dal fuggire alla

    causalit divina, questa determinazione vi trova anzi il suo esemplareincreato, per cui la cosa ci che in quanto si conforma al suo modellodivino. A questo punto, la metafisica tommasiana della creazione, centrata______

    47Quaestiones de quolibetIX, q. 3, a. un., ad 2. Descrizione quasi identica in ST III, q. 77, a.1, ad 2: quidditati autem sive essentiae accidentis competit habere esse non in subiecto.

    48QD De potentia, q. 9, a. 1 in c.49Cf.QD De ueritate, q. 29, a. 3 in c: cuiuslibet creaturae esse est limitatum ad per-

    fectionem propriae speciei.

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    sul dono dello esse, incontra ed assume la speculazione agostiniana sulleidee divine, nelle quali lAquinate vede la misura secondo cui lessenzacreata imiter lessenza divina in maniera radicalmente imperfetta:

    Res autem creatae non perfecte imitantur divinam essentiam, undeessentia non accipitur absolute ab intellectu divino ut idea rerum sed cumproportione creaturae fiendae ad ipsam divinam essentiam secundum quoddeficit ab ea vel imitatur ipsam; diversae autem res diversimode ipsam

    imitantur et unaquaeque secundum proprium modum suum cum unicuiquesit esse distinctum ab altera. Et ideo ipsa divina essentia, cointellectisdiversis proportionibus rerum ad eam, est idea uniuscuiusque rei.50

    Lidea divina viene dunque considerata come la proporzione (propor-tio creaturae fiendae)secondo la quale lente creabile o creato assomiglia,in modo maggiore o minore, allessenza divina. Ma lessenza, in Dio, assolutamente identica allessere, anche se, dal punto di vista dellintellettoumano, essenza ed esseesprimono in questo unico caso aspetti per noi esolo per noi concettualmente distinti dellunico Esse subsistens, giacchlessenza significa immediatamente esse quid, e lessere, esse in actu51. Pro-

    prio perch Dio atto puro, la sua quiddit coincide con la sua attualit diessere. Nella creatura, invece, la quiddit restringe lattualit di essereentro un preciso grado, e siccome nullus actus invenitur finiri nisi per po-tentiam, quae est vis receptiva52, lessenza allora realmente diversa dalloesse chessa riceve e limita. In questa prospettiva, ci sembra pienamentolegittimo dire che lessenza, nellente creato, corrisponde alla proporzione,o misura, di perfezione ontologica predefinita, nellintelletto divino,dallidea, che esprime s un contenuto (quid), ma un contenuto che nonha consistenza alcuna al di fuori del suo essere attuale (esse in actu), che sia

    ______

    50QD De ueritate, q. 3, a. 2 in c.51A questo riguardo, cf. CG IV, c. 11, n. 13: quamvis haec in Deo unum sint veris-

    sime, tamen in Deo est quicquid pertinet ad rationem vel subsistentis, vel essentiae, velipsius esse: convenit enim ei non esse in aliquo, inquantum est subsistens; esse quid,inquantum est essentia; et esse in actu, ratione ipsius esse.

    52 Compendium theologiae I, c. 18. Sulla pertinenza di questo principio rispetto allacomposizione reale di essere e di essenza, cf. J.F.WIPPEL,Metaphysical Themes in Tho-mas Aquinas II, 123-151.

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    nellidentit dellEssere divino, oppure nella composizione dellentecreato.

    Creato poi conservato da Dio, il supposito sussiste quindi nel suo esse, ed specificato dalla sua essentia. Per san Tommaso, questo exitus implicanecessariamente un reditus, che si concretizza come ordo effectus adaliquid alterum, cio come ordinazione al bene.53 Ora il bene perfetto diuna cosa si trova nel suo fine ultimo, il quale raggiungibile tramiteloperazione pi alta di cui capace questa cosa. In questo senso, lAquinate

    enuncia talvolta sulla scia dello Stagirita che omnis substantia est proptersuam operationem54, dove il rapporto di finalit indicato dallapreposizione propter costituisce lappetito naturale della cosa. Uscita dalcreatore tramite il dono del proprio atto di essere misurato dalla sua essenzacorrelativa, la sostanza creata quindi ordinata ad una perfezione ulteriore,che proverr dalloperare. La radice metafisica di questa inclinazione si trovanellespansivit dellatto, che di per s tende a comunicarsi:

    natura cuiuslibet actus est, quod seipsum communicet quantumpossibile est. Unde unumquodque agens agit secundum quod in actu est.Agere vero nihil aliud est quam communicare illud per quod agens est

    actu, secundum quod est possibile.55

    ______

    53Cf. ST I, q. 45, a. 7, in c, nonch alcuni luoghi paralleli: ST I, q. 93, a. 6, in c: ordovero demonstrat amorem producentis, quo effectus ordinatur ad bonum; CG IV, c. 26,n. 4: Invenitur etiam in aliis rebus divinae Trinitatis similitudo: prout quaelibet res insua substantia una est: et specie quadam formatur; et ordinem aliquem habet. Sicutautem ex dictis patet, conceptio intellectus in esse intelligibili est sicut informatio spe-ciei in esse naturali: amor autem est sicut inclinatio vel ordo in re naturali.

    54CG I, c. 45, n. 6. Lassioma viene formulato da Aristotele, in un contesto astronomi-co, nelDe caeloII, c. 3, 286a, 8-9: , , . San

    Tommaso lo commenta cos in Sententia super librum De caelo et mundo II, lc. 4, n. 5(Marietti, n. 334): unumquodque quod habet propriam operationem, est propter suamoperationem: quaelibet enim res appetit suam operationem sicut suum finem, operatioautem est ultima rei perfectio (vel saltem ipsum operatum, in his in quibus est aliquodopus praeter operationem, ut dicitur in I Ethic.. Cf. pure ScriptumIV, d. 49, q. 1, a. 1,qc. 2, in c; d. 50, q. 1, a. 1, sc.

    55QD De potentia, q. 2, a. 1, in c. Cf. ScriptumI, d. 4, q. 1, a. 1, in c: communicatioenim consequitur rationem actus; CG II, c. 7, n. 3 (Marietti, n. 888): potentia activasequitur ens in actu: unumquodque enim ex hoc agit quod est actu; CG III, c. 69 n. 20(Marietti, n. 2450): agere sequitur ad esse in actu.

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    Dunque ogni ente operativo proporzionalmente alla sua attualit. InDio, atto puro, lintellezione e lamore si identificano totalmente conlessere sussistente. Nella creatura, invece, latto di essere deve prima attua-re la potentia essendidefinita dallessenza56, e pu quindi solo successiva-mente secondo una posteriorit logica ed ontologica, non necessaria-mente cronologica scaturire in energia operativa, giacch allora lo ens,e non lo stesso esse, che essendo in atto pu anche agire. Ora questo opera-re della sostanza creata, che sia transitivo o immanente, non soltanto pro-

    cede dallattualit del supposito nella linea della causalit efficiente, ma sopratutto destinato a perfezionare questultimo, per quanto sia possibile,nella linea della causalit finale, facendolo passare dalla bont secundumquiddellessenza sostanziale in atto, alla bont simpliciter delloperazioneaccidentale perfettiva. Giungendo in questo modo al suo fine proprio, lacosa raggiunge pure lultima partecipazione alla bont divina di cui ca-

    pace.57Operare in vista del proprio fine, che per ogni cosa il suo beneultimo immanente a sua volta partecipazione al bene divino trascendente:sono queste le tappe del reditusattraverso le quali lente finito ritorna alsuo principio infinito, e con la cui analisi lAquinate comincia il terzo li-bro del Contra Gentiles.58

    Da tutto ci, risulta che lordo, nella triade che investighiamo nel pre-sente studio, certamente un ordo ad operationem, ma che lo in un du-

    plice senso, che racchiude un paradosso. Da un lato, infatti, questo ordinerivela la generosit dellatto di essere che si espande, dopo lessere sostan-ziale e al di l di esso, negli accidenti propri e sopratutto nelle operazionidella cosa; daltro lato, per, lo stesso ordine manifesta lindigenzadellessere in atto della sostanza, che richiede il proprio perfezionamentooperativo.59Pare quindi che lordoconsecutivo al plesso di essee di essentia

    ______

    56 Il sintagma potentia essendi riferito allessenza viene adoperato una volta da san

    Tommaso, in Sententia super Physicam VIII, lc. 21, n. 13. Bench esso sia quindi uno , ci sembra esprimere molto bene il ruolo dellessenza rispetto allente.57Cf. CG III, c. 19, n. 5 (Marietti, n. 2008): Omnis res per suum motum vel actionem

    tendit in aliquod bonum sicut in finem, ut supra ostensum est. In tantum autem aliquid debono participat, in quantum assimilatur primae bonitati, quae Deus est. Omnia igitur permotus suos et actiones tendunt in divinam similitudinem sicut in finem ultimum.

    58Cf. CG III, c. 1-3, e 16-24.59In termini un pu descrittivi, questo paradosso dellattivit creata stato visto bene

    da W. NORRIS CLARKE, Person and Being, 10: It follows that, for Aquinas, finite,created being pours over naturally into action for tworeasons: (1) because it ispoor, i.e.,

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    (senza la quale non si d lo esse) sia simultaneamente un potere attivo eduna potenza passiva rispetto alla stessa operativit. Come risolvere questaaporia, che quella stessa dei due livelli di bont nellente creato? La dot-trina fabriana dello esse intensivo e della partecipazione ci offrir ora un

    principio di soluzione assai fecondo.

    II Lemergenza dello essenello exitusdella creatura

    Omnium autem perfectiones pertinent ad perfectionem essendi60

    :nel corso della sua carriera metafisica, il Fabro insister sempre di pi suci chegli chiama lemergenza dello esse sopra tutte le perfezioni realidellente. Secondo il filosofo Stimmatino, infatti, lessenza sostanziale inatto, le forme accidentali, le operazioni, e la stessa esistenza della cosa, siradicano tutte nellunico atto di essere creato, e quindi misurato, comeabbiamo appunto evidenziato, dallessenza vista come potenza di essere.Questa concezione si presenta come la riscoperta del significato genuinodi quel hoc quod dico esse61in cui si origina tutta la grandezza speculativadellAquinate. Per accedervi, occorre superare due interpretazioni di segnoopposto che offuscano la luce dello esse.

    Il primo errore da evitare quello di Avicenna, che legge la compo-sizione entitativa come sovrapposizione accidentale di una esistenza sta-bilita, che sarebbe lessere, ad una esistenza propria, quale sarebbe invece laquiddit, il che equivale, da una parte, a dotare lessenza di una consistenza

    ______

    lacking the fullness of existence, and so strives to enrich itself as much as its nature al-lows from the richness of those aroud it; but (2) even more profoundly because it is rich,

    which it tends naturally to communicate and share with others. In maniera pi dettag-liatta, cf. lo studio molto suggestivo di ID., Action as the Self-Revelation of Being: ACentral Theme in the Thought of St. Thomas, 45-64.

    60ST I, q. 4, a. 2, in c.61La formula torna tre volte nel celebre brano delle QD De potentia, q. 7, a. 2, ad 9:hoc quod dico esse est inter omnia perfectissimum: quod ex hoc patet quia actus est

    semper perfectior potentia. Quaelibet autem forma signata non intelligitur in actu nisiper hoc quod esse ponitur. Nam humanitas vel igneitas potest considerari ut in potentiamateriae existens, vel ut in virtute agentis, aut etiam ut in intellectu: sed hoc quod habetesse, efficitur actu existens. Unde patet quod hoc quod dico esseest actualitas omniumactuum, et propter hoc est perfectio omnium perfectionum. Nec intelligendum est,quod ei quod dico esse, aliquid addatur quod sit eo formalius, ipsum determinans, sicutactus potentiam: esse enim quod huiusmodi est, est aliud secundum essentiam ab eo cuiadditur determinandum (corsivo nostro).

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    ontologica del tutto autonoma, ed a ridurre latto di essere, daltra parte, alprincipio realizzante dellessenza cos intesa.62 Fabro vede in questaposizione lorigine del binomio tardo-medioevale di esse existentiaee di esseessentiae, nel quale il primato dello esse viene annegato nella dualit dellaexistentiae della essentia, e dove quindi lessenza, proprio come nel Librodella Guarigione, acquista un essere a s stante, che pu essere oggettivatoindipendentemente dallatto di essere. Questo slittamento non solosemantico, ma sopratutto dottrinale inaugura un processo di oblio

    dellessere in senno alla stessa scuola tomista domenicana, che arriva finoalla sostituzione del plesso di esse-essentiacon quello di existentia-essentia, inparticolare con Giovanni di San Tommaso, nonch, dopo di lui, in grandeparte del tomismo neoscolastico.63 Mentre lAquinate vede nellatto diessere la fonte di tutti i livelli di attualit del supposito, e nellessenza ladeterminazione potenziale che costituisce strutturalmente lo stesso essecome lo essedi tale cosa64, il maestro lusitano capisce lesistenza come lattoche pone la cosa fuori del nulla e delle sue cause, e lessenza come un altroatto che, sebbene non sia nulla senza lesistenza, conferisce per alla cosa lasua consistenza quidditativa. Sdoppiando in questo modo lattualitoriginaria dellente creato, si fa dello esse ridotto ad existentiaun principio

    assai esteriore a ci che la cosa in s, di tal guisa che, volens nolens, ilbaricentro dellontologia si sposta verso lessenza, anche se si sostiene la______

    62Su questo punto, cf. AVICENNA, Metafisica, Trat. I, sez. 5, [31], 73: diciamo chelintenzione dellesistenza e lintenzione della cosa sono rappresentate entrambe nelleanime, essendo due intenzioni: lesistente, dunque, ci [la cui esistenza] stabilitao ciche datosono sinonimi secondo uno stesso significato; e non dubitiamo che i significa-ti [di simili termini] siano gi presenti a chi legge questo libro. Con la cosa e con quelche sta al posto di essa, si pu indicare, tuttavia, anche unaltra intenzione, in tutte lelingue. Ogni cosa ha, infatti, una realt in virt della quale essa quel che : cos, il tri-angolo ha una realt per cui triangolo, il bianco ha una realt per cui bianco; e questa quanto potremmo chiamare lesistenza propria, senza voler indicare con essa ci che

    significa lesistenza stabilita [...]; anche con il termine esistenza, infatti, si indicanomolte intenzioni, e fra di esse vi la realt secondo la quale la cosa, per cui come seci secondo cui [la cosa] fosse lesistenza propria della cosa.

    63C.FABROanalizza questo processo nel suo studio Lobscurcissement de lesse danslcole thomiste, 443-472, ripreso in Participation et causalit selon S. Thomas dAquin,280-315 e tradotto inPartecipazione e causalit secondo S. Tommaso dAquino, 601-628. Si

    veda pure ID., Il posto di Giovanni di S. Tommaso nella Scuola Tomistica, 56-90.64Cf. Sententia super Metaphysicam,IV, lc. 2, n. 558: Esse enim rei quamvis sit aliud

    ab eius essentia, non tamen est intelligendum quod sit aliquod superadditum ad mod-um accidentis, sed quasi constituitur per principia essentiae.

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    distinzione reale contro la scuola scotista o quella suareziana. Perci, siarriva pure a postulare una certa attuazione dellessenza nei confrontidellesistenza, rovesciando cos, volens nolens, lanteriorit assoluta delloesse tommasiano sullessenza.65 Per quanto rigarda lo specifico problemadel presente studio, due implicazioni di questa flessione formalista sono

    particolarmente notevoli. In primo luogo, lesseessendo soltanto la posi-zione di una forma nellesistenza, ci saranno nel supposito tanti atti diessere quante forme, cosicch ogni accidente avr il proprio esse.66 In

    secondo luogo, lappetito naturale della sostanza verso il proprio fine, cioil suo ordo ad operationem, verr fondato unicamente sulla sua essenza,allesclusione esplicita dellesistenza, giacch questultima rimane del tuttoesterna alla costituzione specifica della cosa, e dunque alla finalit inseritanella sua natura.67Il reditusdella creatura procede allora soltanto dalla suaessenza, e non dal suo esse, che in questo tipo di ontologia formale hacessato di essere la fonte degli accidenti e delle operazioni del supposito.

    ______

    65La dualit irriducibile degli atti originari e la riduzione dello esse alla posizione diesistenza appaiono chiaramente nel seguente brano di GIOVANNI DI SAN TOMMASO,

    Cursus theologici, ed. di Solesmnes, t. I, In q. 3 prim partis, disp. 4, a. 4, n. 18, 469a:aliter se habet actualitas form, et actualitas esse seu exsistenti; nam forma est actusconstituens aliquid in determinato genere et specie, et sic ex sua propria ratione habetterminos su determinat perfectionis; at vero esse seu exsistentia, ex suo proprio etformali conceptu, non est forma constituens in specie vel genere determinato, sed remconstitutam extra causas ponens: quod quidem actualitas est, et consequenter perfectio;sed quod sit tanta vel tanta perfectio, mensuranda est et desumenda ex ipsa natura etessentia cui alligatur: v. g. exsistentia hominis est perfectior quam exsistentia lapidis,

    perfectione et limitatione desumpt ex natura cujus est exsistentia. De suo enim concep-tu exsistentia solum dicit actualitatem removentem potentialitatem qua aliquid est intracausas: et sic ponit extra illas. Per quanto riguarda lanalisi dellente finito secondo i

    parametri del tomismo formalista, ci permettiamo di rimandare i lettori al nostro studioA.CONTAT, Le figure della differenza ontologica nel tomismo del Novecento, 77-129e 213-250, in particolare 99-105, riscontrabile anche in J. VILLAGRASA(ed.), Creazione

    e actus essendi, 193-270 (in part. 212-217).66Cf. GIOVANNI DI SAN TOMMASO, Cursus theologici, t. I, In q. 3 prim partis, disp.4, a. 3, n. 38, 462a-b.

    67Cf. GIOVANNI DI SAN TOMMASO, Cursus theologici, t. III, In q. 19 prim partis,disp. 24, a. 1, n. 8bis, 63a: quando S. Thomas dicit quod res naturalis habet esse performam, sufficit quod intelligatur de esse specifico seu constitutivo, non de esse exsis-tenti: inclinationes enim rerum non sequuntur ad exsistentiam, ut exsistentia, sed adformam constituentem naturam: quia secundum diversas naturas diversificantur etinclinationes ad diversos fines; super hoc autem esse specificum et essentiale, quod datforma, supervenit esse exsistenti, quo res non constituitur, sed deducitur extra causas.

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    Allopposto di un tale riduzionismo, il Fabro intende quindi stabilireche lo essetommasiano emerge al di sopra di tutti i momenti dellente con-creto.68A questo scopo, egli si ispira, fra tanti altri luoghi, ad un brano delCommento sul De divinis nominibus, che si scompone in due tappe (cheevidenziamo tipograficamente):

    Quod autem per se esse sit primum et dignius quam per se vita et perse sapientia, ostendit dupliciter:

    primo quidem, per hoc quod quaecumque participant aliis participa-tionibus, primo participant ipso esse: prius enim intelligitur aliquod ensquam unum, vivens, vel sapiens.

    Secundo, quod ipsum esse comparatur ad vitam, et alia huiusmodi si-cut participatum ad participans: nam etiam ipsa vita est ens quoddam etsic esse, prius et simplicius est quam vita et alia huiusmodi et comparaturad ea ut actus eorum.69

    Ecco il commento fabriano:

    [...] lessecome tale esprime la perfezione assoluta e il plesso emergente di

    tutte le perfezioni le quali cos si rivelano le participazioni dellesse stesso.Questa nozione il punto di arrivo e la conclusione di tutta la speculazionetomistica la quale determina la natura metafisica (lessenza!) di Dio comeesse puro (esse per essentiam, esse imparticipatum) e la creatura come ens(esse per participationem). Il commento tomista a Dionigi cindica duemomenti di questa esaltazione suprema dellesse:

    a) la riduzione formale mediante la nozione di partecipazione, ditutte le perfezioni allesse, in quanto son dette partecipanti allaperfezione suprema ch lesse [...];

    ______

    68Cf.Partecipazione e causalit secondo S. Tommaso dAquino, 636: San Tommaso, luisoltanto, proclama lemergenza assoluta dellesse come atto di tutti gli atti e di tutte leforme: forme ed atti i quali pertanto cadono nella condizione di potenza ovvero dicapacit recettiva dellatto di essere. Come la forma precede la materia e la trascendecos lessech atto e perfezione dellessenza precede e trascende la forma e lessenza di cui

    atto (corsivo nostro).69De divinis nominibus,V, lc. 1, n. 635. Allinizio, il testo citato da Fabro portasenius

    al posto di dignius.

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    emergente. In effetti, se confrontiamo il primato dellatto di essere con lamutabilit accidentale dellente finito, in particolare quello corporeo

    vivente che vediamo assoggettato alla variet degli scambi biologici opsichici, possiamo essere tentati di capire lo essecome il principio radicaledi essere la cui intensit varia a seconda della storia percorsa dal suppositochesso attua. Ora, in un congresso di filosofia nel quale intervenne il P.Fabro, un partecipante dichiar effettivamente:

    [...] andrebbe tenuto conto che anche lo stesso atto di essere, in quantoproprio dei singoli enti, latto di un essere successivo, storico. Negliuomini poi latto di un essere, luomo, che ente storico in senso forte,in cui cio la successivit (la storicit) anche consapevole e libera.75

    Nonostante lo stile orale, la replica del filosofo stimmatino espone unpunto chiave della sua dottrina:

    Una Sua espressione mi ha tutto traumatizzato dentro, secondo cuilatto di essere viene concepito come continuamente variabile. Io qui restoanceps, fortemente anceps. Se questo atto di essere latto dellente, latto

    della sostanza, atto sostanziale, atto costitutivo. In me, nella posizionedi ente, costituisce pi latto di essere che non lumanit, perch la stessaumanit tenuta in essere dallatto di essere. Allora questo atto profondointimo non varia; variano le attivit esistenziali, varia il mio essere nelmondo, non il mio essere nellessere.76

    Nel parmenidismo metafisico che Fabro riconosce in san Tommaso,lunico atto di essere partecipato che istituisce lente sussistente creato sintensivo, ma pure immutabile, finch dura la sostanza alla quale essoconferisce lessere. Esse est aliquid fixum et quietum in ente77: dopo

    sit venia verbi che la sua intensit sia stata delimitata dallessenza sos-tanziale, latto di essere rimane per questo determinato ente il principiofontale di attualit che non pu variare, anche se le sue successive espan-sioni accidentali od operative possono cambiare. La ragione di questa

    ______

    75A.DI GIOVANNI, Dibattito congressuale, 398.76C.FABRO, Dibattito congressuale, 398.77CG I, c. 20, n. 27 (Marietti, n. 179).

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    Mentre Dio la sua essenza e il suo essere, latto creatore istituisce unascissione fra ci che ha lessere e lessere chesso ha, fra lo ensed il suo esse,cosicch lente per il suo essere, ma non questo essere, mentre lessere faessere lente, ma in s solo non . La differenza onto-teologica provocadunque una diremtion81o spartizione del supposito, per cui lente e lattodi essere differiscono luno dallaltro, pur richiamandosi luno laltro. Nerisulta un dislivello di attualit interno allente creato:

    E lesse, quando puro e separato, cio lesse subsistens, certamenteatto in se stesso e per se stesso e non ha bisogno di altro, lunico princi-pio ch sufficiente in se stesso. Ma lessepartecipato caduto nella Di-remtion della differenza ontologica e quindi non pi sufficiente in sestesso: se la forma delle cose materiali abbisogna della materia come sog-getto, altrettanto anzi di pi lesseha bisogno della forma ovvero de-llatto formale come sua potenza. Infatti con la Diremtion che fa caderelesse dalla sua semplice identit nella differenza ontologica, con lin-tervallo del nulla (creazione), lesse diventa partecipato e quindi com-mensurato e attribuitoaqualcosa..., come atto della sostanza, spirito ocorpo che sia: questo qualcosa, ch soggetto dellesse, non quindi la po-

    tenza pura della materia di Aristotele, ma un principio determinativo de-llessesenza il quale lessepartecipato non potrebbe essere tale atto, parte-cipato per lappunto.82

    La diremtionmette in risalto, nella fondazione ontologica del reale,un momento cruciale poco esplorato dai tomisti prima di Fabro.Quando consideriamo lo essee lessenza come principi di questo ente, maprima dellente stesso, loro si corrispondono come atto e potenza insenso stretto, di tal guisa che lessenza, pur essendo una tale quiddit enon unaltra, non ha alcuna attualit da sola: a questo punto, si sta al

    termine della resolutio metafisica e, simmetricamente, allinizio dellacompositio trascendentale che Dio, Esse subsistens, effettua quando creaun ente finito.83 Ma se invece consideriamo questi principi dopo e______

    81Alle volte diremptio, comunque dal verbo latino dirimere.82C.FABRO,Partecipazione e causalit secondo S. Tommaso dAquino, 350.83Cf. C. Fabro, Dallessere allesistente, 41: Per S. Tommaso (a differenza di tutta la

    tradizione patristica e scolastica, prima e dopo di lui) lessenza va detta potenza e inpotenza rispetto allesse partecipatum ch latto primo metafisico, derivato da Dio, ch

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    dentro lo stesso ente reale, chiaro che lessenza ormai unessenza inatto, nel duplice senso chessa realmente e che ci che in questo modo, secondo tale quiddit sostanziale (e individuale negli enti corporei).Tale essenza in atto quindi in atto per latto di essere, ma il suo essere inatto non coincide con il suo atto di essere. Perci, la diremtiodellentecreato differenzia, in esso, latto di essere della sostanza, da un lato,dallessere in atto della stessa sostanza, daltro lato. Lo esse ut actus oatto di essere ci per cui la sostanza , e chessa ha in s (e non in

    altro); lo esse in actuo fatto di essere ci che la sostanza attual-mente, e che funge da soggetto dello esse ut actus. Quindi lessere comeatto il principio attuante dellente, ed appartiene allordine trascenden-tale anteriore alla mediazione della forma, mentre lessere in atto il ri-sultato della composizione entitativa, e sta nellordine predicamentale

    posteriore, per definizione, alla mediazione della forma. Per questa ra-gione, lessere sostanziale pu essere inteso in due sensi: o nella dimen-sione dellatto intensivo e costitutivo di essere, oppure in quella de-llessere in atto dellessenza. Nel primo significato, lo esse (ut actus) unico in quanto esse, e va riferito espressamente alla sostanza prima osupposito84; nel secondo significato, lo esse (in actu) unico soltanto in

    quanto sostanziale-essenziale, ma non inquanto esse, perch esso vieneallora messo a confronto con lesse accidentale.85Dunque c un solo esseut actusnel supposito creato, mentre ci sono diversi esse in actu, quellosostanziale, quelli delle forme accidentali, e quelli delle operazioni.86

    ______

    lesse per essentiam. Cos la creatura, ovvero il finito, perch fondata sullessenza che diper s non-ens rispetto allesse, ha in s il nihil, fondata sul nihil e di per s tende alnihil: ma non un nihil.

    84Cf. ad es. ST I, q. 45, a. 4, in c: Illi enim proprie convenit esse, quod habet esse; ethoc est subsistens in suo esse. Formae autem et accidentia, et alia huiusmodi, non dicun-

    tur entia quasi ipsa sint, sed quia eis aliquid est.85 Cf. ad es. QD De unione uerbi incarnati, a. 3, in c: Quia vero unum convertiturcum ente, sicut est esse accidentale et esse substantiale, ita dicitur aliquid esse unum velmulta vel secundum formam accidentalem, vel secundum substantialem.

    86Cf. C. FABRO, Partecipazione e causalit secondo S. Tommaso dAquino, 199: Unaconferma ed unapplicazione dellesse essentiae (lessenza metafisica), la divisionedellessein esse substantialeed esse accidentaleche non pu riguardare direttamente lessecomeactus essendi, il quale latto proprio della sostanza completa (substantia prima). Iltema della distinzione fra esse ut actused esse in actuviene sviluppato anche in ID., La

    problematica dello esse tomistico, 117-125.

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    ricerca del cos lente e quella del perch lente evidenziano principiche si implicano a vicenda in maniera irriducibile92: la sostanza perloperazione, ma loperazione unaffezione della sostanza ( 93).In Dio solo, sostanza ed atto coincidono totalmente, perch egli atto

    puro di pensare s stesso. Nellaristotelismo speculativo di san Tommaso,invece, la coppia lineare di specificata dal e di finalizzata dall seconda94 viene assunta neldinamismo che procede dallo esse ut actusoriginario e quiescensai diversi

    momenti integrativi dello esse in actuprotesi verso il conseguimento del fineultimo di cui capace questo determinato ente. Non solo, quindi, la sostan-za in atto primo ordinata alla sua operazione perfettiva in atto secondo,secondo un rapporto di potenza ad atto, ma e sopratutto latto di esse-re intensivo creato da Dio insieme alla sua misura ch lessenza sostanziale,attua successivamente la stessa essenza, poi, mediante questultima, le formeaccidentali, nonch, mediante questa volta le potenze operative, le ope-razioni, di tal guisa chesso viene partecipato dallente attraverso queste me-diazioni in modi formalmente differenziati, ma teleologicamente indiriz-zati allultima perfezione in atto.

    Si delinea allora nellente creato un circolo, o se si preferisce unaltra im-

    magine geometrica, una parabola metafisica. Iniziando dallo esse ut actusdelimitato dallessenza correlativa, si scende lungo la catena delle partecipa-zioni successive, in tal modo che ogni partecipante viene poi partecipatodal momento ontologico seguente, il che manifesta lemergenza dello essesui diversi livelli di ente chesso fonda.95 Contemporaneamente per e______

    92Cf. A.DE MURALT in ARISTOTE, Les Mtaphysiques, Traduction analytique des li-vres, , , , et , 244: Il apparat ainsi que substance et acte sont des principes prin-cipiellement divers (primo diversa) de ce qui est en tant quil est, uns selon lunit de cequi est dit selon la proportion et selon lunit de ce qui est dit par rapport un premier,lacte tant en loccurrence le principe premier et final auquel est ordonne la substance

    elle-mme, comme sa perfection dtre (entelecheia), de mme que la substance est leprincipe formel premier auquel est ordonne la matire.93ARISTOTELE,Metaphysica, 2, 1003b,7.94Cf. ARISTOTELE,De anima, 412a, 22-23.95 Cf. C. FABRO, Introduzione a san Tommaso, La metafisica tomista & il pensiero

    moderno, 159: IV. Lesse, cio lactus essendipartecipato che costituisce con lessenzalente in atto come sinolo trascendentale, pertanto latto primo sia del sinolo predica-mentale di materia e forma nei corpi, sia del sinolo operativo di sostanza e accidentinegli enti finiti e del sinolo trascendentale di essenza e di esse (actus essendi); VI.Ente quindi il semantema primario sia nellordine statico (che implica la composi-

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    questo mostra poi linadeguatezza della metafora la discesa diventa, apartire dallo esse in actu dellessenza sostanziale, unascesa verso il compi-mento qualitativo ed operativo dellintero supposito:

    Ed ecco il circolo o piuttosto la spirale ascendente dellessere: lepotenze operative (forme accidentali) che derivano ovvero escono dallaforma sostanziale, fanno ritorno alla medesima o piuttosto al compostocon i propri atti e abiti che sono le sue perfezioni. I protagonisti di questo

    dramma metafisico, che apparve al suo tempo come una rivoluzione edoggi pi che mai si presenta nella propria originalit speculativa, sono i treatti: lesse, la forma sostanziale e la forma accidentale. Ciascuno fondatoda laltro e ciascuno per laltro, proprio perch luno non pu esserelaltro ma lo precede e lo fonda in un rapporto fondamentale.96

    Lente creato dunque come destinato ad adempire le virtualit delproprio esse ut actus, attraverso lintegrale del suo esse in actu, da quellosostanziale a quello operativo, sedimentato, nel caso delluomo che il pi

    perfetto degli enti visibili, nel complesso delle sue virt. Allinterno delladiremtion, la definizione dello habitus come modus et determinatio su-

    biecti in ordine ad naturam rei97trova la sua ultima giustificazione teore-tica: tramite i suoi abiti buoni, il soggetto umano arricchische s stesso,attuando le capacit radicate, in ultima analisi, nello esse specificato dallasua natura. Analogicamente, questo circolo si ritrova in tutte le sostanzefinite. In questa prospettiva, possiamo quindi porre che la legge dellentecreato ossia il suo compito dinamico consiste nel convertire il proprio esseut actus nel massimo livello raggiungibile di esse in actu. Sulla scia diunanalogia usata qualche volta da san Tommaso, si pu capire lactus es-

    sendicome una quantitas virtualisdi essere che, rimanendo sempre la stes-sa, dispiega tuttavia la sua energia nello sviluppo o nella storia dellente di

    cui latto originario, fondandone ci che sarebbe allora la sua quantitasactualis98. In questo processo, lessere dellente fa ritorno su di s, e lo stesso______

    zione dellessenza reale con lactus essendi), sia nellordine dinamico come primo fonda-mento della sostanza nelloperare, cos che latto delloperare per partecipazionedellatto di esse, quale atto primo della sostanza.

    96C.FABRO,Partecipazione e causalit secondo S. Tommaso dAquino, 375.97ST I-II, q. 49, a. 2, in c.98Cf. ad es. QD De ueritate, q. 29, a. 3, in c: Est autem duplex quantitas, scilicet di-

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    quae eam secundum modum suum recipit, et fortasse non secundum to-tum posse albedinis. Deus igitur, qui est suum esse, ut supra probatum est,habet esse secundum totam virtutem ipsius esse.102

    La virtus essendisignifica, in questo brano, la capacit attuante racchiusanellessere stesso, equivalentemente espressa con la formula potestas essendi,che pu dunque fare essere tutto ci che, a qualunque titolo, una delle

    perfezioni di essere. Forse ci si chieder se il discorso metafisico, giunto a

    questo punto, diventa tautologico, e non pu che tornare a Parmenide: 103, dando magari al verbo coniugato || un significato quasi attivo?In realt, il problema va collocato nellambito della diremtion: o la virtusessendidello essesi dispiega interamente, e ci che allora sussiste lessere intutta la sua pienezza, senza alcun limite, quindi Dio stesso, la cui identitnon allora attuante, ma atto puro; oppure la virtus essendidello essevieneristretta entro i confini di una determinata capacit ricettiva, vale a dire taleo tale essenza, e allora ci che sussiste non identico al suo essere, ma vieneda esso attuato. In questultimo caso, la virtus essendi quindi correlativa aduna potentia essendi, cio alla capacit di essere costitutiva dellessenza edelimitata dalla forma:

    quantum unicuique inest de forma, tantum inest ei de virtute essendi.104

    Interpretata alla luce di tutto quanto abbiamo gi esplorato, questaproporzione ci consente di delineare una genesi trascendentale dellentefinito lemma che ovviamente usiamo nel suo senso classico e nonmoderno. Proviamo ad elencarne i momenti costitutivi:

    1. Originariamente, lo esseche non Dio, ma creato da Dio, lo come virtus o potestas, e va quindi caratterizzato in primo luogo

    come potere attivo di far essere. proprio questo il guadagno spe-culativo offerto dalla nozione di virtus essendi: lessere della creaturanon primariamente quello di un contenuto quidditativo, e quindinon si d subito come essere-in-atto di tale o tale ente specificato;

    ______

    102CG I, c. 28, n. 2.103Diels-Kranz, 28 B, 6, 1.104QD De potentia, q. 5, a. 4, ad 1.

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    primariamente, lessere creato potere di essere, fonte di energiaontologica disponibile.

    2. Ma questa attualit radicale viene, esternamente ad essa,delimitata dallessenza senza la quale non potrebbe essere creata;

    perci lo essesi caratterizza, in secondo luogo, per la sua finizionenecessariamente consecutiva alla sua ricezione in una essenza: lavirtus essendi della creatura ha sempre una intensit finita, pi omeno ampia a seconda della potentia essendicircoscritta nelle note

    definitorie della quiddit.105

    3. Lente che nasce dallattuazione dellessenza ad opera dello esseva quindi considerato fondamentalmente, in terzo luogo, comequalcosa che ha una virtus essendipartecipata secondo lapertura de-lla sua forma. Ora, dai due primi momenti, risulta che la virt di es-sere precede, nella costituzione stessa di questo ente, la misura diessere. In altri termini, latto di essere precede la sua determinazione,cosicch lente ente in prima linea perch esso ha lessere, e non

    perch di tale o tale quiddit: nomen autem entis ab actu essendisumitur, non autem ab eo cui convenit actus essendi106. Ma selessere originariamente, nella cosa, una virtus essendi, questo

    significa che lente non meno originariamente destinato adesercitare il suo poter essere fino alle sue ultime possibilit. Proprio

    per questo, se il supposito finito un alcunch di determinato (hocaliquid, cio ), esso lo come una determinata fonte diattualit, e non come leffettuazione di un contenuto chiuso in s:essere uomo equivale ad avere la natura umana, e quindi a poterespandere la propria virtus essendiin tutte le forme accidentali ed intutte le operazioni di cui tale natura allora il principio radicale.Cos si profila, nello stesso exitusdellente finito, lo stimolo verso il

    proprio reditusoperativo.

    ______

    105Cf.De divinis nominibus,V, lc. 1, n. 629: Omnia autem alia, sicut superius dictumest, habent esse receptum et participatum et ideo non habent esse secundum totam

    virtutem essendi, sed solus Deus, qui est ipsum esse subsistens, secundum totam virtu-tem essendi, esse habet; ST I, q. 5, a. 4, ad 4: Esse autem participatum finitur ad capa-citatem participantis.

    106QD De ueritate, q. 1, a. 1, ad 3 in cont. ancora pi suggestiva la formulazione gi-ovanile dello Scriptum I, d. 8, q. 4, a. 2, ad 2: Ens autem non dicit quidditatem, sed

    solumactum essendi, cum sit principium ipsum (corsivo nostro).

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