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DIAFASIA: registri e sottocodici

Rita Fresu

[email protected]

http://people.unica.it/ritafresu/

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architettura dell’italiano contemporaneo

G. BERRUTO, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1987 (nuova ed. Roma, Carocci, 2012), p. 21.

Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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G. BERRUTO, Varietà diamesiche, diastratiche, diafasiche, in A. A. SOBRERO (a cura di), Introduzione all’italiano contemporaneo. La variazione e gli usi, Roma-Bari, Laterza, 1993 [19962], pp. 37-92, a p. 72 .

Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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Tra le varietà dell’italiano contemporaneo si collocano le lingue speciali (o linguaggi settoriali). Sono varietà funzionali-situazionali, nel senso che servono per parlare di argomenti specifici, si usano in determinate situazioni e sono influenzate, come ogni altro atto comunicativo, dalle relazioni di ruolo tra i partecipanti.

Pur essendo differenziate al loro interno per il diverso grado di tecnicizzazione (massimo in àmbito scientifico, minore per es. nella lingua del calcio o della critica letteraria), rispetto alla lingua comune le lingue speciali sono contraddistinte dalle seguenti proprietà:

• si riferiscono a un particolare àmbito del sapere, non necessariamente di natura tecnico-scientifica;

• presentano una terminologia specifica, costituita da tecnicismi, cioè da termini il cui significato è tendenzialmente univoco, rigorosamente definito e condiviso;

• fanno un uso particolare delle risorse della morfologia lessicale e della sintassi;

• si caratterizzano per l’uso di specifiche modalità di organizzazione testuale.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, p. 211.

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G. ANTONELLI, Lingua, in Modernità italiana. Cultura, lingua e letteratura dagli anni Settanta a oggi,

a cura di A. AFRIBO, E. ZINATO, Carocci, Roma, 2011, pp. 15-52, a p. 51. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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G. ANTONELLI, L’e-taliano tra storia e leggende, in L’e-taliano. Scriventi e scritture nell’era digitale, a cura di S. LUBELLO, Firenze, Franco Cesati Editore, 2016, pp. 11-28, a p. 13.

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Riprendendo la definizione di Michele Cortelazzo,

diremo che il LS rappresenta la varietà di una

lingua naturale dipendente da un settore di

conoscenze o da un àmbito di attività

professionali; un LS è utilizzato, nella sua interezza,

da un gruppo di parlanti più ristretto rispetto a

quelli che parlano la lingua base e risponde allo scopo

di soddisfare le necessità comunicative di un

certo settore specialistico.

L. SERIANNI, Italiani scritti, Bologna, il Mulino, 2007, pp. 79-88, a p. 80.

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Caratteristica del LS è la sua referenzialità, il suo

riferimento a significati oggettivi. Nel LS agisce la

denotazione di una parola, non la connotazione, con la

sua carica di risonanze emotive; ossigeno indica solo

l’elemento della chimica contrassegnato dal simbolo O e

caratterizzato da certe proprietà e non ha mai l’accezione di

‘aiuto, sollievo soprattutto finanziario’ spesso assunta nel

linguaggio comune (con questo prestito avrò un po’ di

ossigeno fino alla fine dell’anno). Di qui discende un tratto

che stacca nettamente i LS dalla lingua comune (e da quella

poetica): la neutralità emotiva.

L. SERIANNI, Italiani scritti, Bologna, il Mulino, 2007, pp. 79-88, a p. 80 (con adattamenti).

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MONOSEMIA/ MONOREFERENZIALITÀ corrispondenza biunivoca tra significante e significato (es.

lepidottero) per garantire la precisione denotativa, ossia la puntualizzazione semantica in base alla quale i referenti devono essere individuati in modo esatto, non passibile di ambiguità;

tecnicismi (specifici e collaterali) > vd. slide successiva NEUTRALITÀ EMOTIVA esclusione dei valori connotativi legati alle singole voci; SCARSA SINONIMIA (> RIPETIZIONE) in stretta relazione alla monosemia e alla precisione denotativa, il LS

rifugge la sinonimia che costituisce un potenziale attentato alla precisione, all’univocità delle designazioni semantiche (es. lepidottero, pistillo, solfato, stalattite, ecc.).

I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz. 2010, p. 64.

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Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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tecnicismi specifici sono termini usati soltanto nelle loro rispettive accezioni tecniche; hanno un

significato denotativo e sono necessari all’interno di un discorso tecnico specialistico per veicolare un significato univoco (elettroforesi, indulto, morfema, stomatite, ecc.).

tecnicismi collaterali sono termini altrettanto caratteristici di un certo àmbito settoriale, che però «sono

legati non a effettive necessità comunicative bensì all’opportunità di adoperare un registro elevato, distinto dal linguaggio comune» [Serianni 2007, p. 82]; i tecnicismi collaterali hanno dunque prevalentemente un valore connotativo.

esempio nel linguaggio medico: La malattia esordisce con un elevato rialzo termico inizia febbre alta esempio nel linguaggio giuridico: A seguire si procederà all’escussione dei testi (escutere ‘interrogare in un processo) interrogatorio dei testimoni Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

L. SERIANNI, Italiani scritti, Bologna, il Mulino, 2007, pp. 79-88, a p. 80 (con adattamenti).

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L’aspetto più evidente del LESSICO di una lingua speciale è dunque la presenza di

tecnicismi. La progressiva settorializzazione delle conoscenze avvenuta nell’ultimo

secolo ne ha determinato la proliferazione. Quelli registrati nel GRADIT (che pure sono

il frutto di una selezione) sono circa 126.000, costituiscono cioè circa la metà del

vocabolario esteso dell’italiano contemporaneo. Ricordiamo che il vocabolario

delle scienze e delle tecniche intrattiene con la lingua comune un rapporto

di interscambio. Tale rapporto si concretizza nei processi di

- tecnificazione di una parola del lessico comune (per es. forza, lavoro, momento come

termini della fisica);

- detecnificazione, cioè di passaggio di un tecnicismo alla lingua comune (per

es. nevrosi, paranoia dal linguaggio della medicina);

- transfert cioè del passaggio di un termine da una lingua speciale a un’altra (per

es. rivoluzione dal linguaggio dell’astronomia a quello della politica, vettore da quello

della matematica a quello dell’astronautica).

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, p. 211.

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RICORSO A CODICI STRANIERI E ALLE LINGUE CLASSICHE (PRESTITO)

NEOLOGIA

RIDETERMINAZIONE SEMANTICA

Inoltre il lessico specialistico si serve spesso di

SIGLE E/O ACRONIMI

EPONIMI

I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz. 2010, pp. 65-68.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 138-139 (adattamenti).

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Il contributo dei tecnicismi alla formazione del lessico italiano è stato e continua ad essere molto rilevante:

126.000 lemmi, vale a dire circa la metà del vocabolario esteso, appartengono a questa categoria.

Le vie attraverso le quali si possono creare dei tecnicismi sono fondamentalmente tre:

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si può prendere in prestito il termine da altre

lingue: nel corso dei secoli l’italiano ha attinto dapprima

al latino classico e medievale, poi al francese, infine

all’inglese; per i tecnicismi i prestiti provengono sono

soprattutto dall’inglese (broker, decoder, devolution,

fixing, holding, lobby, ecc.), con prelievi non integrati

(hard disk) o come calchi (disco rigido), e dal latino

(angina pectoris, ictus, raptus, pro die, corpus, ecc.).

I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz. 2010, pp. 65-68.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 138-139 (adattamenti).

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si può coniare un nuovo termine attingendo alle risorse della morfologia lessicale,

in particolare mediante procedimenti di

- affissazione (ipotiroideo, dermatite, dermatosi, ecc.) e di composizione (mediateca, ecc.);

- uso di prefissoidi e suffissoidi di origine greca e latina che formano famiglie di parole (con

emo- ‘sangue’: emofilia, emodialisi, emoteca), con frequenti aggiunte di elementi fino ad

arrivare a vere catene: cardiopatia, miocardiopatia; enterocolite, gastroenterocolite, ecc.;

- creazione di polirematiche (dette anche parole sintattiche) mediante l’accoppiamento di

sostantivi (addetto stampa, rice trasmittente, via cavo, ecc.).

La tendenza alla monosemia che si rileva in generale a proposito dei tecnicismi si riscontra

anche al livello dei processi di formazione delle parole. Spesso le scienze ricorrono a suffissi dal

significato univoco e facilmente comprensibile: per esempio nel linguaggio della fisica il

suffisso -one si usa per denominare le particelle subatomiche: protone, fotone, bosone. Questo

meccanismo rende trasparente e facilmente ampliabile il lessico disciplinare: se un

giorno qualcuno scoprirà una nuova particella sarà facile estendere la serie creando *patasone o

qualcosa del genere. Analogamente trasparenti sono i termini creati grazie al meccanismo della

composizione neoclassica: sul modello utilizzato per creare nomi di discipline o sottodiscipline,

negli ultimi anni si sono formati archeozoologia, astropsicologia, nanotecnologia.

I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz. 2010, pp. 65-68.

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si può rideterminare il significato di una parola o di un’espressione già

esistente nella lingua comune. Questo processo prende il nome di

risemantizzazione (o rideterminazione semantica) e può andare in diverse

direzioni:

◦ dalla lingua comune a un linguaggio specialistico:

forza, campo, momento sono esempi di termini comuni riutilizzati come tecnicismi della fisica (altri esempi di vocaboli della LC che si specializzano: ala, base, candela, vaso > vd. slide successiva);

◦ da un linguaggio specialistico a un altro (transfert):

per esempio rivoluzione e orbita sono termini originari del linguaggio dell’astronomia. Il primo è transitato al linguaggio della politica, il secondo ha avuto ben due passaggi: al linguaggio della medicina per riferirsi a ciascuna delle due cavità craniche che ospitano il bulbo oculare, al linguaggio della fisica con riferimento alle traiettorie degli elettroni intorno al nucleo dell’atomo.

Possono verificarsi anche casi di detecnificazione, cioè passaggi da un linguaggio specialistico alla lingua comune: l’uso dell’espressione non ti fare troppe paranoie per ‘non crearti problemi inutili’ nel linguaggio giovanile ne è un esempio. Paranoia è infatti un termine della psichiatria e indica una forma di malattia mentale.

I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz. 2010, pp. 65-68.

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bà·ṣe s.f. FO

1. parte inferiore di un oggetto o una struttura, gener. con funzione di sostegno o di appoggio: base di una scultura, di un edificio, di un vaso

2. fig., fondamento teorico o concettuale: una teoria con solide basi, una ricerca su base empirica; trovare una base comune, un punto d'intesa | spec. al pl., preparazione culturale o professionale: mancare di basi, avere buone basi

3. estens., elemento fondamentale: i carboidrati sono la base della dieta mediterranea

4. TS geom. la faccia su cui idealmente poggia un solido | il lato su cui idealmente poggia un poligono: l'area del triangolo si ottiene moltiplicando base per altezza diviso due

5. FO luogo in cui si preparano o da cui partono azioni organizzate, spec. militari: base operativa, rientrare, tornare alla base | fig., colloq., abitazione o sede abituale: è stato in giro per tutta l'estate, ma ora è tornato alla base

6. FO l'insieme degli iscritti di un partito o di un'organizzazione di massa: il vertice del sindacato ha consultato la base

7a. TS chim. composto in grado di generare un ambiente basico in acqua | accettore di protoni

7b. OB TS chim. idrossido

8. TS sport nel baseball, ciascuno dei quattro angoli del quadrato di gioco occupato da un giocatore: prima, seconda, terza base

9. TS mat. numero a partire dal quale si compiono determinate operazioni: numerazione in base 10, base di una potenza, di un logaritmo

10. TS elettr. elettrodo di controllo di un transistor

11. TS ling. forma linguistica che ne origina altre, sia sul piano diacronico sia su quello sincronico: base etimologica, base nominale

12. TS cosm. crema per il viso che si applica prima del trucco; anche in funz. agg.inv.: applicare la crema base | fondotinta | smalto trasparente per unghie su cui si applica quello colorato

13. TS mus. brano musicale registrato usato come supporto per esecuzioni strumentali o vocali dal vivo

14. TS ott. curvatura di una delle due facce di una lente

15. CO in funz. agg.inv., fondamentale, di base: idea base, ingredienti base | che appartiene alla fascia di livello inferiore all'interno di una gamma di prodotti, per caratteristiche, dotazioni, prezzo: modello base, versione base

GRADIT s.v. base Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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SIGLE E/O ACRONIMI

impiegati come parole piene: AIDS (Acquired Immuno-Deficiency

Syndrome), DNA (Deoxyribonucleic Acid), TAC (Tomografia Assiale

Computerizzata); TAR (Tribunale Amministrativo Regionale); DOC

(Denominazione di origine controllata); SMS (Short Message System);

RAM (Random Access Memory);

EPONIMI

voci che indicano un prodotto, un fenomeno, una teoria attraverso il nome

del relativo studioso: leggi di Keplero, legge Tobler-Mussafia, morbo di

Parkinson, teorema di Pitagora; campo privilegiato le unità di misura:

ampère (André-Marie Ampère), ohm (Georg Simon Ohm), volt

(Alessandro Volta, per il tramite francese), watt (James Watt).

I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz. 2010, pp. 65-68.

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orizzontale (settori)

in relazione ai settori disciplinari: medicina, economia, diritto, ecc.

verticale (livelli)

in rapporto alla situazione comunicativa e alle relazioni di ruolo tra i

partecipanti (variabilità sociopragmatica all’interno di ogni settore).

specializzazione

max (≠ LC) min (= LC)

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si immagini ad esempio come potrebbe variare nel tono, nelle scelte sintattiche e di registro e nel lessico un discorso sull’utilità della misurazione della pressione arteriosa come prevenzione delle malattie cardiache in una comunicazione a un congresso di cardiologi, in un articolo su una rivista scientifica specializzata, in un articolo divulgativo su un quotidiano, nella discussione fra utenti non specialisti di un forum su Internet e, infine, in una conversazione familiare.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, p. 212 (con adattamenti).

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dal tecnicismo alla parola comune

leucociti > globuli bianchi

dal composto colto alla perifrasi comprensibile nefropatie > malattie renali

uso di glosse per spiegare i tecnicismi

antipiretico, cioè che combatte la febbre

scioglimento di sigle

TAC = Tomografia Assiale Computerizzata

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FORTE COESIONE TESTUALE

realizzata mediante la frequente ripetizione di termini (per la monosemia e per la riluttanza alla sinonimia);

inoltre ha dimensione dimostrativo-esplicativa con il ricorso frequente a espressioni introduttive (ammesso

che, dato che, posto che, ecc.) e argomentativo-conclusive (ne consegue, si conclude che, ecc.);

SVILUPPO DEL NOME A SCAPITO DEL VERBO

processo di nominalizzazione per cui un sintagma verbale diviene sintagma nominale attraverso due strategie:

- omissione del verbo: il farmaco non presenta controindicazioni > nessuna controindicazione per il farmaco

- uso delle forme nominali del verbo (infinito, gerundio, participio): assumere il farmaco a stomaco pieno;

ALTA DENSITÀ SEMANTICA DEL NOME/DEPOTENZIAMENTO DEL VERBO

come conseguenza della nominalizzazione, si riduce notevolmente la gamma dei modi/tempi/persone del

sistema verbale (indicativo presente o futuro, congiuntivo, condizionale; 3a o 4a persona) e si prediligono le

forme ausiliarie del verbo (avere, essere, costituire, divenire, rappresentare, significare, ecc.); il verbo non

scompare ma si svuota semanticamente (depotenziamento semantico del verbo) e tende piuttosto a svolgere un

ruolo di collegamento; i termini di massima informatività tendono ad essere i nomi;

USO DELLA DIATESI PASSIVA E/O DELLA FORMA IMPERSONALE

- per tematizzare (ossia mettere in prima posizione) il processo, il fatto, l’azione (progressione TEMA-REMA)

- per deagentivizzare (o spersonalizzare), ovvero omettere l’agente (o la causa efficiente):

l’industria usa il cloro come energico disinfettante

il cloro è usato (dall’industria) come energico disinfettante

l’uso del cloro come energico disinfettante

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la DEAGENTIVIZZAZIONE (o spersonalizzazione) consente di presentare l’azione mettendo in secondo

piano o non menzionando affatto l’agente. La deagentivizzazione si può realizzare sia attraverso il ricorso

a costruzioni impersonali o passive (6-7) sia attraverso la nominalizzazione (8):

(5) Qualcuno ha individuato la sequenza del DNA.

(6) Si individua la sequenza del DNA.

(7) È stata individuata la sequenza del DNA.

(8) L’individuazione della sequenza del DNA.

La deagentivizzazione può avere funzioni diverse: nella lingua giuridica e burocratica sottolinea la validità della norma indipendentemente dall’estensore, che parla per così dire in nome di un’autorità superiore, mentre nei testi scientifici sottolinea la verità atemporale ed epistemica delle affermazioni:

(9) L’unità di misura della massa è espressa in kg.

(10) Si considerano trascurabili i valori di x compresi tra 0 e 1.

(11) Perché l’oggetto sia fermo occorre che la risultante delle forze sia nulla.

Nei linguaggi scientifici questa caratteristica è ulteriormente rafforzata, nelle formulazioni di assiomi, teoremi o leggi, dall’uso del presente atemporale:

(12) Il punto non ha dimensioni.

(13) La massa è la quantità di materia presente in un corpo.

L’insieme di questi procedimenti concorre a conferire astrattezza, generalità e impersonalità al testo e a sottolineare la validità di un’affermazione indipendentemente da chi l’ha pronunciata o scritta.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, p. 212. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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Analizzare come stanno evolvendo i linguaggi tecnico-scientifici è di particolare interesse per delineare il quadro dell’italiano contemporaneo: essi sono attualmente dotati di notevole prestigio e sostituiscono la lingua letteraria, che ha smesso da tempo di svolgere il ruolo di modello di riferimento per gli usi cólti.

Per tale motivo parole ed espressioni di àmbito tecnico escono con sempre

maggiore frequenza dal settore in cui sono nate per trasferirsi nella lingua comune e la camera di compensazione per questo travaso è costituita dai testi divulgativi, diffusi verso fasce sempre più ampie di popolazione attraverso la lingua dei media.

Se osserviamo la questione in prospettiva storica il cambiamento è stato radicale: nelle

prime edizioni del Vocabolario della Crusca (e di conseguenza nel resto della lessicografia) il vocabolario considerato degno di considerazione era esclusivamente quello degli autori letterari, mentre il mondo delle scienze, delle arti e dei mestieri era tenuto fuori dal lemmario: i primi tentativi di apertura al lessico settoriale, parziali e non sistematici, si ebbero nella terza edizione del vocabolario (del 1691), con l’ingresso di alcune voci del Redi e di Galilei, favoriti in ciò dall’essere toscani. Per il resto la terminologia era confinata in vocabolari settoriali, che ebbero particolare fortuna nell’Ottocento.

M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, p. 214.

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G. ANTONELLI, Lingua, in Modernità italiana. Cultura, lingua e letteratura dagli anni Settanta a oggi,

a cura di A. AFRIBO, E. ZINATO, Carocci, Roma, 2011, pp. 15-52, a p. 51. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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Già a un primo sguardo saltano agli occhi alcuni elementi di novità. Innanzitutto il generale affollamento della zona centrale del grafico, indice di una notevole riduzione delle distanze tra le diverse varietà (ovvero di una sostanziale medietà della lingua dell’uso). Poi altri fenomeni, tra i quali:

a) la maggiore incidenza della diatopia, che (sia pure con un’interferenza più leggera, resa qui da un grigio chiaro) entra nel quadrante alto della diastratia/diafasia e invade – in diamesia – il settore della lingua scritta;

b) la risalita dell’italiano standard (ormai di fatto cristallizzato in quello scolastico) fin quasi a coincidere con l’italiano aulico formale (cfr. Serianni, Benedetti, 2009), e l’identificazione del nuovo standard con l’italiano di un buon articolo di giornale (cfr. Serianni, 2003);

c) ai piani alti, la promozione dell’italiano tecnico-scientifico a varietà di massimo prestigio e la sostituzione dell’italiano burocratico con quello aziendale, misto di residui burocratici e di tecnicismi economici;

d) la netta distinzione tra italiano regionale e italiano popolare;

e) il sensibile avvicinarsi (fin quasi a sovrapporsi) di italiano parlato colloquiale, italiano regionale e italiano informale trascurato;

f ) la comparsa, nel quadrante in alto a destra, di una varietà scritta spiccatamente informale e diastraticamente trasversale: l’italiano digitato.

G. ANTONELLI, Lingua, in Modernità italiana. Cultura, lingua e letteraturadagli anni Settanta a oggi, a cura di A. AFRIBO, E. ZINATO, Roma, Carocci, 2011, pp. 15-52, a p. 52.

Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017

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G. ANTONELLI, L’e-taliano tra storia e leggende, in L’e-taliano. Scriventi e scritture nell’era digitale, a cura di S. LUBELLO, Firenze, Franco Cesati Editore, 2016, pp. 11-28, a p. 13.

Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017