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Anno XI n.41 settembre 2012 Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005 In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto Foglio di formazione e informazione dell’Associazione Maria Immacolata L a parola “famiglia” è risuonata in tonalità diverse durante tutto questo anno. Ho visto la Chiesa impegnata a darle un volto che corrispondesse alle esigenze primarie dell’uomo, oltre quei costumi e quelle modalità che cercano di minimizzare l’importanza o addirittura sconvolgere gli obiettivi naturali. Qui ritrovo tutte le problematicità familiari che più che scoraggiarmi mi rendono curioso nell’intravedere il volto nuovo di famiglia che si fa strada tra i cambia- menti succeduti e che succederanno. Che cos’è questo tema del ritorno appli- cato alla famiglia se non il ritorno al- l’originario progetto? Nel lungo viaggio percorso nella storia tra sbandamenti e allontanamenti, la fa- miglia si è sempre portata dietro una radicale nostalgia di bellezza impressa nel disegno originale che chiede alla storia di ogni tempo di riempirlo di con- tenuti. Lo smarrimento famigliare interseca il quotidiano impegno di chi è in ascolto della sofferenza. Purtroppo, talvolta, la politica, le ideologie si buttano su so- luzioni pragmatiche e accondiscendenti nella illusione di lenire le sofferenze re- lazionali e aggiustare le scelte umane. Invece occorre intraprendere un’azione di recupero di quei valori che calzano in maniera naturale il bisogno dell’uomo. Per questo io dico che il ritornare è in- camminarsi verso un futuro, non ignoto. Perché l’anima c’è. Preesistente alla co- scienza di esistere. L’anima della fami- glia aleggia nel profondo di essa anche quando la sua istituzione si sgretola o barcolla. Fa sentire il suo esserci e ne reclama l’attuazione, la correzione, lo sviluppo. La Chiesa ci educa a riconoscere come vocazione questa anima che ci chiama a realizzare la vita mettendoci in rela- zione con Colui che è “la via, la verità, la vita”. Ritornare qui significa cogliere la vita piena di significato e di finalità portatrice di gioia. Lo è da bambini. Lo è da adolescenti e giovani per la scelta dello stato di vita. Lo è da adulti quando si esprimono in una consapevole respon- sabilità per sé e per gli altri. Lo è da anziani, vecchi o malati, con un compito socialmente marginale ma interiormente tutto da scoprire e da vivere. Conosco bene per esperienza pluride- cennale quanto sia faticoso (alle volte scandaloso per quello sconvolgimento che riserva la decadenza fisica e psi- chica, talvolta anche spirituale) affron- tare per sé e per gli altri lo stadio estremo della vita. Ma la vita, per la continua ricerca di si- gnificato e di finalità, conserva una ri- levanza particolare circa il senso della vita personale. Il valore e il significato di una esistenza chiedono di essere espressi in una consapevole saggezza che vada oltre la memoria di un passato e si apra a valori che sfociano nell’infi- nito, nell’eterno. In conclusione, la famiglia si pone come realtà del passato, del presente, del fu- turo: là dove sa coniugare il verbo ri- tornare sui valori del passato come espressione di fedeltà e originarietà; del presente, come realtà umana da amare, da cercare nei suoi valori relazionali, da valorizzare nelle sue risorse, da rinno- vare nelle espressioni inadeguate, da vegliare e valutare nelle manifestazioni inautentiche e corrosive. Il verbo ritor- nare è inspiegabilmente e misteriosa- mente un verbo al tempo futuro perché la famiglia è una struttura generativa, che accompagna i nuovi membri nell’in- serimento sociale, pronta a offrire, con una nuova fantasia di amore, quelle pro- spettive future che già contiene. don Carlo in questo numero La famiglia: il ritorno FAMIGLIA NOSTALGIA DI ORIGINALITÀ E BELLEZZA EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE

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Anno XI • n.41 • settembre 2012

Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto

Foglio di formazione e informazionedell’AssociazioneMaria Immacolata

La parola “famiglia” è risuonata intonalità diverse durante tutto questo

anno. Ho visto la Chiesa impegnata adarle un volto che corrispondesse alleesigenze primarie dell’uomo, oltre queicostumi e quelle modalità che cercanodi minimizzare l’importanza o addiritturasconvolgere gli obiettivi naturali. Quiritrovo tutte le problematicità familiariche più che scoraggiarmi mi rendonocurioso nell’intravedere il volto nuovodi famiglia che si fa strada tra i cambia-menti succeduti e che succederanno.Che cos’è questo tema del ritorno appli-cato alla famiglia se non il ritorno al-l’originario progetto? Nel lungo viaggio percorso nella storiatra sbandamenti e allontanamenti, la fa-miglia si è sempre portata dietro unaradicale nostalgia di bellezza impressanel disegno originale che chiede allastoria di ogni tempo di riempirlo di con-tenuti.Lo smarrimento famigliare interseca ilquotidiano impegno di chi è in ascoltodella sofferenza. Purtroppo, talvolta, lapolitica, le ideologie si buttano su so-luzioni pragmatiche e accondiscendentinella illusione di lenire le sofferenze re-lazionali e aggiustare le scelte umane.Invece occorre intraprendere un’azionedi recupero di quei valori che calzanoin maniera naturale il bisogno dell’uomo.Per questo io dico che il ritornare è in-camminarsi verso un futuro, non ignoto.Perché l’anima c’è. Preesistente alla co-

scienza di esistere. L’anima della fami-glia aleggia nel profondo di essa anchequando la sua istituzione si sgretola obarcolla. Fa sentire il suo esserci e nereclama l’attuazione, la correzione, losviluppo. La Chiesa ci educa a riconoscere comevocazione questa anima che ci chiamaa realizzare la vita mettendoci in rela-zione con Colui che è “la via, la verità,la vita”. Ritornare qui significa coglierela vita piena di significato e di finalitàportatrice di gioia. Lo è da bambini. Loè da adolescenti e giovani per la sceltadello stato di vita. Lo è da adulti quandosi esprimono in una consapevole respon-sabilità per sé e per gli altri. Lo è daanziani, vecchi o malati, con un compitosocialmente marginale ma interiormentetutto da scoprire e da vivere.

Conosco bene per esperienza pluride-cennale quanto sia faticoso (alle voltescandaloso per quello sconvolgimentoche riserva la decadenza fisica e psi-chica, talvolta anche spirituale) affron-tare per sé e per gli altri lo stadioestremo della vita. Ma la vita, per la continua ricerca di si-gnificato e di finalità, conserva una ri-levanza particolare circa il senso dellavita personale. Il valore e il significatodi una esistenza chiedono di essereespressi in una consapevole saggezzache vada oltre la memoria di un passatoe si apra a valori che sfociano nell’infi-nito, nell’eterno.In conclusione, la famiglia si pone comerealtà del passato, del presente, del fu-turo: là dove sa coniugare il verbo ri-tornare sui valori del passato comeespressione di fedeltà e originarietà; delpresente, come realtà umana da amare,da cercare nei suoi valori relazionali, davalorizzare nelle sue risorse, da rinno-vare nelle espressioni inadeguate, davegliare e valutare nelle manifestazioniinautentiche e corrosive. Il verbo ritor-nare è inspiegabilmente e misteriosa-mente un verbo al tempo futuro perchéla famiglia è una struttura generativa,che accompagna i nuovi membri nell’in-serimento sociale, pronta a offrire, conuna nuova fantasia di amore, quelle pro-spettive future che già contiene.

don Carlo

in questo numeroLa famiglia:il ritorno

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Il percorso della fede “familiare”di Timoteo può dire molto nel

contesto attuale, in cui si avvertel’esigenza che la famiglia recuperiil senso della festa e torni ad es-sere il luogo privilegiato in cui,facendo festa, si trasmette la fedeai più piccoli. Si deve poi aggiun-gere che tra le lettere di S. Paoloquesta seconda lettera a Timoteo,che prendiamo in considerazione,“possiede l’originalità di esserecertamente la più affettuosa ericca di emozioni, la più intima efamiliare”.

“Timoteo, qual era la tua fede,qual era la fede della tua nonnaLoide, la fede di tua madre Eu-nice?”É come la vostra, certamente.Forse con qualche diversa sfuma-tura, perché voi occidentali partitesempre dall’alto delle definizioniconcettuali. Dovendo parlare diDio, cercate subito un nome alti-sonante e grandioso, come peresempio “motore immobile” (Ari-stotele parlava così) o “essere su-premo”, o “principio e fine di ognicosa”. Cercate cioè un nome concui definire Dio.Invece, nella nostra fede di ma-trice ebraica, noi non abbiamo cer-cato anzitutto questo nome. In-fatti la grammatica – per così dire– della nostra fede parte piuttosto

dai verbi che dai nomi, passa pergli aggettivi, e arriva ai nomi sol-tanto in conclusione e sempre in-tendendoli come metafore. Nonabbiamo mai tentato di dare unnome a questo Essere misterioso,che pure si è definito “Sono Coluiche sono!”, ma restando nell’om-bra del mistero.

Spiegaci un po’ questa gramma-tica della tua fede. Quali sono iverbi attraverso i quali voi avete

conosciuto Dio, non passandoper una definizione astratta, maattraverso la percezione di unagire concreto?Se ne potrebbero menzionaremolti. Mi limito a indicarne qual-cuno.Potremmo dire anzitutto: Diocrea il cielo, la terra, l’uomo, tuttociò che abita la terra, come diceil profeta: “Il Signore Dio crea icieli e li dispiega, distende la terracon ciò che vi nasce, dà il respiroalle genti che la abitano e l’alitoa quanti camminano su di essa”(Is 42,5). Come è concreta questadescrizione! E ancora, Dio è Coluiche fa promesse, per esempio adAbramo: “Giuro per me stesso, ora-colo del Signore, io ti benediròcon ogni benedizione, renderòmolto numerosa la tua discen-denza come le stelle del cielo ecome la sabbia che è sul lido delmare” (Gen 22, 16-17). Ma è an-che un Dio che libera. Dice infattia Mosè: “Dì agli Israeliti, io vi li-bererò dalla loro schiavitù (degliEgiziani) e vi libererò con braccioteso e con grandi castighi” (Es6,6). Dio libera, Dio riscatta, Dio

IL CARDINALE MARTINI INTERVISTA TIMOTEOIl cardinale Martini, sollecitato dal passo della secondalettera a Timoteo, in cui Paolo parla della fede ebraicaricevuta dal suo discepolo prima del battesimo (2 Tim1,5), immagina di iniziare un dialogo con il destinatariodella lettera sul tema educativo, che gli è particolarmentecaro.La modalità letteraria con cui si esprime ci ha sug-gerito la possibilità di adattare una parte del testo a in-tervista per i contenuti che interessano questo numerosull’argomento del RITORNO.

PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

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salva. “Non temere”, dice, “perchéti ho riscattato, ti ho chiamatoper nome” (Is 43,1). Nella Scrit-tura si trovano tantissimi altriverbi che dicono l’agire di Dio.

Ti ringrazio, Timoteo. Ci offri unmetodo per rileggere le Scritturee scoprire Dio. Per esempio, unDio che guida il suo popolo neldeserto (Dt 6,2), un Dio che per-dona (Salmo 65,4), un Dio chesceglie il suo popolo per amore.Tutti questi verbi designano nontanto un essere misterioso, sco-nosciuto, al di là delle nubi, maQualcuno che si coinvolge conl’uomo, viene a toccare la nostraesistenza, si fa nostro partner –per così dire – e ci coinvolge nelsuo stesso coinvolgimento. Perquesto la parola chiave spessousata è “patto”, cioè il rapportoche si instaura liberamente tra duesoggetti, un rapporto fatto di le-altà, di fedeltà, di amore.Da questa molteplicità di inter-venti espressi dai verbi, che indi-cano le azioni costanti di Dio, siricavano poi gli aggettivi che ten-tano di caratterizzare l’azione co-stante e di qualificare questo Es-sere misterioso così vicinoall’uomo: Dio misericordioso, pie-toso, lento all’ira, ricco di grazia.Solo in terzo luogo ecco arrivare inomi di Dio, non vere e propriedefinizioni dell’Essere supremo, mapiù spesso semplici ed efficacis-sime metafore: per esempio, Diopastore, giudice, ecc.

Nel tuo popolo come veniva tra-smessa la fede?In famiglia, non attraverso defi-nizioni astratte, fatte imparare amemoria, ma attraverso la cele-brazione delle varie feste. Le festesono il grande luogo di insegna-mento della fede per il bambinoebraico. C’è la festa bellissima del Capo-danno ebraico, Rosh-Haschanah,in settembre; la festa autunnaledi Sukkot, cioè dei Tabernacoli o

delle Tende, legata al raccolto deifrutti della terra; c’è lo Yom-Kip-pur, il giorno solennissimo del-l’espiazione: liturgicamente par-lando è il giorno più importante,di digiuno totale. Poi la festa diChanukkah, che celebra la rinno-vazione del tempio. Poi ancora Pu-rim, in cui si festeggia il cambiodelle sorti con cui gli ebrei, desti-nati a sterminio, furono salvatiper la coraggiosa intercessione diEster presso il re Assuero. E infinela grande festa di Pesach, dellaPasqua di liberazione del popolodalla schiavitù di Egitto, cui seguela festa della Pentecoste, Simchat-Torah, cioè della “gioia- per- il-dono- della- Legge”.Ognuna di queste feste è vissutain famiglia con speciale intensità.Ognuna ha le sue preghiere pro-prie, che la mamma fa recitare atutta la famiglia, a tutti i bambini.Per ognuna ci sono giochi, canti ecolori propri. E quindi i bambiniimparano così, celebrando nellavita, udendo raccontare la storiadel popolo e di questo Dio Miseri-cordioso, vicino, fedele, presente,attraverso l’esperienza quotidiana.

Ancora una volta grazie Timoteo.Anche noi dobbiamo ritornare ascommettere sulla trasmissione

in famiglia. E non pretendendodai genitori di trasformarsi inpiccoli teologi che insegnanodelle formule a memoria, machiedendo loro di far pregare ifigli e di celebrare con loro le fe-ste liturgiche nel tempo e mododovuto.Abbiamo moltissime splendideoccasioni: l’Avvento, il Natale, laQuaresima, la Pasqua, la Pente-coste, il mese di maggio, le festedella Madonna, le feste dei Santi,le feste del Santo patrono.Se ogni famiglia saprà dare an-che solo un segno per ognuna diqueste feste – non solo nella pre-ghiera, ma anche nel cibo, neipiccoli regali, in qualche orna-mento esteriore – l’esperienzavissuta si fisserà nella memoriadel bambino, consentendogli dientrare in modo graduale, sim-patico, gioioso nell’atmosfera,nel mondo della fede.Da parte mia auguro che le vostrefamiglie sappiano rendere di nuovoconcreto e vitale quel pensiero diDio oggi lontano dal vostro mondooccidentale. E, come mi scrivel’apostolo Paolo nella sua lettera,invoco “lo spirito di forza, diamore e di saggezza” (1,7) pertutte le vostre famiglie, perchésappiano proclamare con fermezza,gioia e fede, che il Signore è ri-sorto e vive, ci ama, ed è in mezzoa noi.

I brani riportati in questa intervistaimmaginaria sono tratti da “Cele-briamo la fede in famiglia” di CarloMaria Martini, nella collana Tere-binto*(Cittadella Ed., Assisi,2008).

a cura di Sara Esposito

*Il Terebinto è una pianta diffusa nella macchiamediterranea. Il libro del Siracide. 24, 16 paragonala divina Sapienza al terebinto che stende i suoirami di maestà e bellezza.

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Diamo qui di seguito, come esempio,il testo integrale letto dalla figlia

di un defunto alla fine del rito funebre.

“Mio padre.Come la maggior parte di noi, era unuomo che aveva moltissimi difetti, al-cuni insopportabili. E qualche virtù. Al-cune, meravigliose. Una delle immagini che conserverò persempre, di lui, è proprio di questi giorni.Nonostante fosse già così stremato, ilsuo sguardo si lasciava catturare ancoradagli uccellini. Mi par di vederlo ancoramentre guardava un passero che se neandava becchettando fra i tavolini incerca di briciole che a noi sembravanoinvisibili. Chissà, forse rapito da quellaleggerezza, e dalla sua tenacia. L’avròvisto mille volte, guardare i passeri. El’altro giorno quasi commuoversi, congli occhi lucidi.Mio padre era un uomo buono e gene-roso, ma aveva anche un temperamentoimpulsivo, ottuso e testardo come unadolescente. Se era convinto di esserenel giusto, non si poneva più alcunadomanda e non sapeva più ascoltare.Credo proprio che sia stato questo a farsì che gli accadessero le cose più tristi.Quella definitiva, l’ultima, è stata forsela più terribile. Quando ha accolto congenerosità nella sua casa, e se n’è poisentito respingere, trovando la portachiusa a doppia mandata nel momentoin cui l’unica cosa a tenergli ancora invita la speranza era di potervi ritornare,anche se solo per poche ultime ore.Se i padri sono un insegnamento, nostropadre lo è profondamente stato. Moltecose mi dicono le sue virtù, molte cosei suoi difetti. Ti sento così profonda-mente incarnato in me, papà. Mi sentocosì tua figlia. La tua storia che continuanella mia.

I figli nascono per crescere. Per coltivarele virtù, e dove possibile, sforzarsi diattenuare i difetti di cui, volente o no-lente, portano indelebilmente i semi. Dientrambi, difetti e virtù, i figli in qual-che modo dovranno incarnare il frutto equesto a sua volta dispensare nuovisemi. E io mi sento profondamente fi-glia. Non saprei in che altro modo ac-cogliere la morte tremenda di mio padre,quel suo viso contratto da un dolore in-guardabile e mai più confortabile, senon come un’esortazione a crescere. Atenermi sacra quella bellissima animabambina che ancora s’incanta dietro aipasseri, ai miracoli di Dio. Ma a noncredere che tutto ciò che faccio sia giu-sto, solo perché sono convinta di esserebuona. A tenermi sempre qualche dub-bio, perché io, se così si può dire, sonoil figlio di Dio. Che dubita. Non il padreonnipotente, che sa. E a cercare rispostenegli occhi di mio figlio, ogni giorno,con levità e con tenacia, e non nel primorapace che passa, magari accecato daimorsi della fame. Ora che la vita ti ha donato la fine delletue sofferenze, e le tue orecchie possonoascoltare, libere finalmente da paure ter-rene che ci tengono inchiodati a questaterra come sassi, posso forse dirti ciòche prima non potevo, papà. Che ti per-dono per ciò che mi hai tolto. Che ti rin-grazio per ciò che mi hai dato. Che ti hoamato immensamente. Riposa in pace”.

Nicoletta Mauri

UN'AVVENTURA LUNGAUNA VITA"Un'avventura lunga unavita che continua oltreper non finire più: questala sintesi del mio legamecon Monica, cugina, so-

rella, amica e compagna di scalata. Ave-

vamo trovato in quest'ultima espressioneuna metafora che ci divertiva e aiutavaa stare unite, malgrado la distanza e ledifficoltà oggetti ve di riuscirci. Ognigiorno ci controllavamo gli zaini (pa-zienza, fortezza, grazia di Dio), ci met-tevamo in marcia (cure, lavoro, ginna-stica, visite, incontri .. ), ciassicuravamo alle corde: orazione, moltaorazione ... Lei capocordata, più espertadi me, spiritosa, sportiva, con tanto spi-rito di sacrificio e forte, fortissima, im-battibile ... fuoriclasse! Non le tenevotesta, forse le rallentavo il cammino,ma per lei era una gioia sapersi insiemea salire. E a quella benedetta corda cilegava tutti: i suoi cari, i miei (chespesso coincidevano) e chi voleva. Lanostra cordata ci ha fatto vivere e spe-rimentare quello che nella Chiesa siesprime con il termine "Comunione deiSanti" e che nel Credo domenicale pro-fessiamo di credervi. Ci abbiamo propriocreduto e ci crediamo particolarmenteadesso, che il capocordata, la nostracampionessa Monica, ha piantato la suabandiera vittoriosa in vetta e da li, ti-randoci sicura, ci aspetta felice."

Cugina Paola da Roma, 16.3.2012

IL RITORNO ALLA CASA DEL PADREÉ risaputo che al Trivulzio sono frequenti i funerali,visto il numero dei decessi. In essi si celebra il ritornoalla Casa del Padre. Emergono prepotentemente, con lelacrime, i vissuti. Riconoscenti e dispiaciuti. Risentiti econflittuali. Storie intrise di insegnamenti. Semi nascostinei cuori in attesa di spuntare e fiorire da qualche parte.

L’ASC0LTO DELLA SOFFERENZA • L’ASCOLTO DELLA SOFFERENZA • L’ASCOLTO DELLA SOFFERENZA

A MIA FIGLIAMonica, cara, Tu sei statala prima esplosione di gioia e di stupore per questo miracolo grande che io e papa avevamo compiuto, all'inizio del nostro poi lungo cammino insieme. Tutto era dolce anche le ore di sonno perdute e il pensiero per i primi malanni infantili, e la tossedi nottePoi sei cresciuta da brava, sempre fieri di te, sempre orgogliosi del tuo profilo giusto. Poi... questa terribile macchia nera, che ora sembra allontanarsi, ma ancora preme nei nostri cuori... Grazie per come sei, figlia, per come hai affrontato la prova cattiva, grazie di stare con noi tutti i giorni che Dio vorrà concederci. Scusa se a volte il dolore e l'ansia travisano i sentimenti, il nostro amore per te è grande e supera le montagne più alte ed impervie.

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Ho molto riflettuto prima di de-cidere come trattare il tema

del “ritorno” per questo numerodel nostro giornale. Poi, con l’aiutodel famoso libro Pane nero, di Mi-riam Mafai, ho deciso: avrei datosignificato al mio pezzo con il “ri-torno della memoria”. Come si può dimenticare, infatti,il ruolo fondamentale svolto dalledonne negli anni di cui parla il li-bro? Pane nero riprende la vita degliitaliani dal 1940 al 1945, vale adire riprende la vita drammaticadi cinque anni difficilissimi per ilnostro Paese. E, mentre gli uominierano impegnati a prepararsi allaguerra, le donne si rivelavano co-lonne portanti di una società chenon si reggeva più sui principi dirigore che fino al 1940 l’avevanogovernata. La società si sgretolava,bisognava affrontare la realtà e ri-cominciare da quel poco che siaveva. La guerra è un evento che travolgeogni altro evento, ogni equilibrio,ogni progetto. E le donne, figurecentrali della Famiglia, ma protettefino a quel momento da una edu-cazione che le voleva soprattuttomadri e custodi del focolare do-mestico (a qualunque livello so-ciale), diventarono figure ancorapiù centrali perché su di loro, esolo su di loro, rimase la respon-sabilità della vita della famiglia edell’educazione dei figli. Rimaseroinsomma le protagoniste di unnuovo assetto familiare, il pernosul quale ruotava la salvezza dellafamiglia. Alcune accettarono diguidare i tram, altre di diventarepostine pur di far fronte alla famee al freddo che investiva tutta lafamiglia. Le donne italiane furono eroine ri-servate, discrete affrontando si-tuazioni e pericoli che fino ad al-

lora erano stati sconosciuti. Abi-tuate a una economia domesticache imponeva parsimonia e mode-razione, si trovarono a far fronte aun evento che portò, man manoche si protraeva nel tempo, ristret-tezze e obblighi complessi e osticida sostenere. Gli episodi che Miriam Mafai rac-conta sono commoventi. La fami-glia, sempre la famiglia la preoc-cupazione più grave, i figli piccolio adolescenti da educare e da farcrescere con tutte le limitazioniche la guerra imponeva. Le carteannonarie per l’assegnazione delcibo, la scarsità degli approvvigio-namenti, la borsa nera e il denaroche scarseggiava, i mariti in guerradi cui si ignoravano le sorti. E poil’Italia tagliata in due e le donneche si impegnano anche nellaguerra partigiana esasperate dalleansie e dalle prospettive di un fu-turo così insicuro. Anzi oscuro. Un eroismo e una capacità di sa-crificio esemplare per donne chenon erano mai state preparate a

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tanto. Una forza e un coraggio inogni donna diventata capace dimostrarsi una leonessa per proteg-gere la sua tana e i suoi cuccioli.Fino allo sfinimento, fino alla ri-nuncia estrema, fino alla dispera-zione per l’impotenza di non riu-scire ad andare oltre allo sforzogià compiuto. Il ritorno della memoria per com-memorare tanto eroismo voluto epensato per la salvezza della fa-miglia e dei figli. Come si può di-menticare il ruolo fondamentaleche le donne hanno ricoperto inquegli anni? E come si può tra-scurare il ruolo che tante donnericoprono ancora oggi, pur in unasocietà trasformata da allora, perfar fronte a figli disabili, a genitorianziani, a mariti ammalati?La donna, la sua centralità nellafamiglia, la sua centralità nella so-cietà. É questo che vorrei metterein evidenza, per non dimenticaremai.

Maria Grazia Mezzadri

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Tra i miei autori prediletti ce n’èuno, di cui non mi perdo mai un

libro.Si chiama Erri De Luca, ed è giusta-mente famoso perché è uno scrittore,traduttore e poeta eccellente, ma dilui, oltre ai libri preziosi, incantanole versioni in diverse lingue, tra cuilo yiddish e l’ebraico antico dal qualetraduce alcuni testi della Bibbia. Loscopo di queste traduzioni, che DeLuca chiama “di servizio", non èquello di fornire il testo biblico inlingua facile o elegante, ma di ri-produrlo nella lingua più simile epiù obbediente all’originale ebraico.Il brano che vi propongo oggi (chenon è chiaramente una traduzione)è tratto da un libro minuscolo “ Lesante dello scandalo” Giutina Edi-tore, 2011, ed è un dialogo tra Mi-riam (Maria di Nazareth )e sua ma-dre. C’è amore, in queste parole,poesia e, per me, come una magia.La voce dell’angelo Miriam l’ha giàsentita. È “ritornata” più volte por-tata da un refolo di vento, e la voltadecisiva lei l’ha accolta e ricono-sciuta. È una voce miracolosa.

“Succede, Miriam, di restare incintasenza accorgersene. Noi donned’Israele siamo fertili più della nostraterra. Abbiamo sulla pelle il pollinedei fiori. Quando mi trovai gravida dite ero in là con gli anni. Fu in ungiorno di vento…tuo padre non andòal lavoro. Era la prima volta che ciabbracciavamo senza buio….fuorisoffiava il kadim e la stanza era pienadi luce… Noi donne d’Israele siamocosì, o sforniamo figli a cucciolate, oci toccano gravidanze rare e avven-turose. La tua è la più speciale. Nonti viene in mente qualche particolaredell’incontro?”

“Anche per me si è trattato di un

giorno di vento, ma era quello dinord. Scuoteva la stuoia della miastanza, che affaccia sulla collina. Èentrato da lì il messaggero…”

[…]

“Ma quel messaggero, com’era? …Gli hai visto il colore degli occhi?”“No, madre mia, ho guardato subitoin terra, come si deve fare davantiagli uomini…”“…Neanche una sbirciatina?”

“Vi assicuro di no. Sarei diventatarossa come una foglia secca della vite.…Sono rimasta a occhi chiusi dietrola mano. Ero presa da un profumo…cannella e pane ancora in forno. Erabuono da sentire, mi piaceva. L’ho re-spirato e mi è venuta una perfettacalma…in quel momento ho saputodi essere incinta…”

“Peccato Miriam: l’avevi così vicino.Se torna, tieni gli occhi aperti. E chie-digli qualcosa, non te ne stare zitta.E com’era il suo ebraico?”

“Era quello delle scritture sacre, non

il nostro aramaico moderno. E la suavoce era come le gocce che cadonoda un secchio dentro il pozzo… Lavoce del messaggero faceva lo stessorumore, l’accento cadeva sulle sillabecome le gocce piovute da un’altezzadentro l’acqua ferma.Sapete cosa penso, madre mia? Cheio avevo già sentito quello ‘ShalòmMiriam’. Non era mia suggestione diragazza un po’ sognatrice. Quelle sil-labe erano vere, c’erano già state al-tre volte. La voce è ritornata. De-v’essere per questo che non mi sonospaventata a risentirle…”

“Sei così cambiata, figlia mia: nonhai guardato in faccia il messaggeroe invece sai dire di preciso la suavoce, l’odore. Fai come i ciechi.”

“È così madre mia. Cieca all’esternoe illuminata dentro. Così sto adesso.Più avanzano i giorni e più sulla miapelle affiora il chiaro di luce che hoin corpo. Questa creatura dentro èuna sorgente luminosa. Quando ladovrò partorire, mi ritroverò spentaa contare le scintille lasciate. Giàadesso mi commuovono le lucciole.”

Adriana Giussani K.

I puntini di sospensione indicano brani stral-ciati per mancanza di spazio.

LA VOCE CHE RITORNAGiorni di vento. Dialogo tra Miriam e sua Madre

LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI

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Il ri-torno: un fare marcia indietro,un invertire il proprio cammino

verso mete conosciute che ricordanoun passato nostalgico e sospeso.Quanti ritorni nella storia dei popolie dei singoli individui! Il ritorno infondo può rappresentare varie calei-doscopiche realtà di un passato sto-rico o del nostro personale vissuto;possono essere lucidi momenti delnostro razionale pensiero o unaspinta emotiva ed emozionale perciò che si è lasciato. È sempre unafrattura, un accadimento in cui l’in-dividuo o la comunità percepisce edè consapevole di dare una impor-tante svolta alla propria esistenza,uno stato d'essere a volte ricercatoe pacificante, a volte combattuto esofferto. Molti gli esempi nella storiadell’uomo perché ritorno significa ilrealizzarsi di una profezia ricca disignificati e madre di molti accadi-menti che hanno attraversato e co-struito la nostra storia e la vita spi-rituale dei popoli. Il ritornopresuppone l'attesa di tale ritornoed è un tema universale che ci coin-volge. I Maya (origine del mondo e mondodell’illusione) nella loro visione pro-fetica attendono il ritorno di Kukul-kàn, nella veste di un dio, di un sal-vatore, il ritorno degli iniziatori della

civiltà. Gli Indù attendono il ritornodi Krishna. Gli Ebrei aspettano an-cora oggi la venuta di quel messiaannunciato dalla Bibbia che nonhanno riconosciuto in Gesù di Naza-reth, mentre nella tradizione cri-stiana proprio quello stesso messiadovrà tornare alla fine dei tempi per"giudicare i vivi e i morti". Tutto ciòci pone davanti ad una realtà fattadi profetici ritorni sospesi e non an-cora vissuti nella loro pienezza masolo gustati in senso nostalgico allaricerca di un mondo pacificato dovefinalmente sarà gioia piena e amore.Gli sciamani del Perù negli ultimianni stanno scendendo dalle loroAnde per annunciare al mondo che èprossimo il Pacha Cuti, "il mondosotto-sopra", e che al culmine diesso, proprio nel 2012 secondo i lorocalcoli, apparirà una nuova razza diessere umano che loro chia-mano"Homo Luminous". E infinecome non ricordare l’icona di tutti iritorni: il ritorno del figliol prodigotanto atteso e sperato che racchiudeil significato più grande di amorenon solo paterno ma universale dovel’immagine pittorica di Rembrandtesprime e significa la lunga attesasofferta e la gioia immensa del ri-trovarsi.

Ersilia Dolfini

IL RITORNOIL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA •

Concludo questa serie della rubricapresentando il libro “Famiglie in esi-lio. Ferite, ritrovate, riconciliate”(San Paolo, 2012), in cui GiulianoVigini, curatore e autore della pre-fazione, ha raccolto i testi di alcuniinterventi che il cardinale Carlo Ma-ria Martini nell’arco del suo mini-stero a Milano ha svolto sul temadella famiglia.Il libro offre un’ampia gamma dispunti di riflessione sulle fragilità,dovute ai conflitti interni, all’au-mento delle separazioni e dei divorzi,da un lato, e delle convivenze, dal-l’altro lato; ma anche su altri granditemi attualmente in discussione,come per esempio la responsabilitàeducativa degli adulti, la sessualitàdei giovani, le sfide che provengonodal contesto sociale, sempre più ca-ratterizzato dall’individualismo, e,non ultime, le questioni economichee le politiche familiari.Il centro ideale del libro è rappre-sentato dalla storia di Giacobbe edei suoi figli, una famiglia divisa ericonciliata. “Il racconto”, scriveMartini, “verte sul difficile rapportopadre-figli-fratelli e in esso emer-gono le passioni, i problemi, le sof-ferenze da cui può essere provatala vita di una famiglia”. Il percorsodi “ritorno” è lungo e faticoso, per-ché le ferite dei cuori hanno bisognodi tempo per guarire e si compie at-traverso una serie di eventi provvi-denziali che permettono di superarele divisioni e riunire la famiglianella gioia. Da queste bellissime pagine dellaBibbia il Cardinale trae, infine, ilmessaggio per l’oggi, “per capirequali sono gli strumenti, le fatichenecessarie per operare la riconci-liazione”, nella certezza che non cisono errori irreparabili, vie senzauscita, ma esiste sempre per tuttiuna possibilità di ravvedimento e diriscatto in virtù della misericordiae della forza riconciliatrice del-l’amore di Dio.

Sara Esposito

• VISTE E LETTI PER VOI •

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Ascoltavo distratta la tv come ognisera al rientro a casa. Insensibile

agli assillanti messaggi pubblicitari. Im-provvisamente, non so bene in riferi-mento a quale prodotto o servizio, unaparola ha superato il muro della mia in-differenza “ritornare”. Subito il mio pen-siero è andato al tema dell’ultimo nu-mero del nostro giornale. Tema checercava di incanalare sentimenti, sen-sazioni, parole. Cercavo un approdo persviluppare una mia riflessione.L’immagine che mi si è fatta incontroaprendosi il varco tra le altre è “L’ab-braccio accogliente” del dipinto di VanGogh che ha ispirato Henri Nouwen perparlare dell’amore del Padre sempre di-sponibile all’accoglienza del figlio (vedin. 38 di Ascoltami pag. 4). L’amore peril figlio perduto porta sconcerto e irri-

tazione non solo al figlio maggiore dellaparabola ma a tutti quelli che si sentonooffesi dal ritorno del fratello, trinceratinella loro presunta giustizia. L’amoredesidera riunire ciò che è stato spezzatoe lacerato dalle logiche di parte. “Farfesta” per Dio non può mai essere soloper qualcuno. Nessuno in partenza puòessere escluso. Dio è così. L’uomo nonsi scandalizzi di questa “buona notizia”.(cfr. “Il Signore delle parabole” pag.119 – Piermario Ferrari – Ed. Velar).Mentre i miei pensieri scorrono sul filodi questa immagine mi vengono inmente le persone che si sono allontanatedai loro percorsi di onestà e correttezza,di impegno sociale responsabile e con-diviso con atti che li hanno portati incarcere. Luogo che dovrebbe far matu-rare in loro il desiderio di ritorno ai loro

affetti, alla vita sociale. Consapevoli didover riparare il male fatto intrapren-dendo, per grazia, una vita nuova. “Ritornare a casa” è in fondo ciò chedesideriamo in profondità, ciò che cimanca e di cui abbiamo più nostalgia.La voce dell’angelo a Maria è per Erri DeLuca richiamo a ritornare al grembo diDio. Immagine questa che restituisce aogni uomo un cuore rinnovato capacedi gioire e di fare festa. La festa è illuogo che riconosce in Dio il punto dipartenza e di arrivo della vita.

***Seguendo questi pensieri mi ritrovo nella“casa del volontariato”, affollata didoni. I volontari, penso che siano con-sapevoli della loro origine e siano rico-noscenti a chi li ha educati, fin dall’in-fanzia, alla dimensione di gratuità dellavita. A noi il compito di tener desto ilvalore dei doni ricevuti fino alla fin deigiorni di ognuno.Mentre scrivo questi appunti ricevo unae-mail di Daniela Lauber, membro delConsiglio Direttivo, che mi sollecita, fa-cendo riferimento all’ultimo verbale, arisvegliare nei volontari una maggioreattenzione al metodo e alle motivazionidel nostro volontariato AMI: bene pre-zioso che non deve essere trascurato odato per scontato. Il calo di interesse edi partecipazione alle proposte forma-tive - aggiunge lei - nasce dal fatto chesi sta affievolendo l’esperienza di grati-ficazione nei gesti e nelle parole che sicompiono nella quotidianità. I carismi, che lo Spirito Santo dona, - enoi ne siamo testimoni - chiedono diessere tenuti vivi e accesi per raggiun-gere meglio le persone nei loro bisogni.Non ultimo quello spirituale.

Marina Di MarcoGiochi a Gerusalemme

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SEDE CENTRALE: Milano, Volontariato AMI , via Trivulzio 15, 20146,tel. e fax 02 4035756, e-mail: [email protected], [email protected] http://volontariatoami.altervista.orgVIMODRONE: Istituto Redaelli, via Leopardi, 3, tel. 02 25032361MILANO: Ospedale San Raffaele, Via Olgettina 60,tel. 02 26432460, fax 02 26432576,MILANO Associaz.Aurlindin: Viale Murillo 46 - 20149 - Tel. e Fax 0248100757 MERATE Istituto Frisia: Via Don Carlo Gnocchi 4 - 23807, Tel. 0399900141 - Fax 0395981810MILANO Residenza Bicchierai: Via Mose Bianchi, 90 - 20149, Tel. 0261911 - Fax 02619112204

Direttore responsabile: don Carlo StucchiDirettore di redazione: Marina di MarcoGruppo redazionale: Ersilia Dolfini, Sara Esposito, Adriana Giussani K., Maria Grazia MezzadriFoto: Arch. AMI, pag. 8 T. MavriciEditing: Adriana Giussani K.Progetto grafico e impaginazione: Raul MartinelloStampa: NAVA SpA, Via Breda 98, 20136 MilanoChiuso in redazione: 14 luglio 2012

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FEDELI AL DONO

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Foto: Tiberio

Mavrici

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