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| estratto RISARCIMENTO DEL DANNO E POTERE D’ACQUISTO DELLA MONETA OVVERO QUANDO LE VIE DELL’INGIUSTIZIA SONO LASTRICATE DI BUONE INTENZIONI di Giampaolo Miotto ISSN 0391-187X

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| estratto

R I S A R C I M E N T O D E LD A N N O E P O T E R ED ’ A C Q U I S T O D E L L AM O N E T A O V V E R O Q U A N D OL E V I E D E L L ’ I N G I U S T I Z I AS O N O L A S T R I C A T E D IB U O N E I N T E N Z I O N I

di Giampaolo Miotto

ISSN

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7X

12 DANNEGGIATI RESIDENTI ALL’ESTERO E

RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE

App. Milano, 24 luglio 2015, n. 3223 - Pres. Peschiera - Rel. Petrella

Danni - Risarcimento - Per equivalente monetario - Danneggiato residente in uno Stato estero - Potered’acquisto della moneta diverso da quello del contesto italiano - Adeguamento della somma da liquidare alpotere d’acquisto del luogo di residenza del danneggiato - Necessità.

(C.C. ARTT. 1277, 2043, 2059)La somma di denaro da liquidare a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, qualeequivalente monetario della perdita subita da un danneggiato residente in uno Stato in cui ilvalore della moneta e il connesso sistema dei prezzi divergano in maniera apprezzabile rispetto alcontesto economico italiano, deve essere adeguato al potere d’acquisto della moneta del Paese diresidenza del danneggiato stesso.[In sensoconformeCass. civ., 14 febbraio2000,n.1637;Trib.Torino,20 luglio2010,n.4932;Trib.Torino,15 novembre 2004; Trib. Brescia, 25 maggio 2012; Trib. Nola, 7 gennaio 2014; Trib. Monza, 2 novembre2007, n. 3302; Trib. Treviso, 12 maggio 2008, n. 1127; Trib. Bergamo, 16 novembre 2011, n. 2119; Trib.Roma,Sez.XII,n.8155/2007; insensocontrarioCass.civ.,12giugno2015,n.12221;Cass.civ.,13novembre2014, n. 24201; Cass. civ., 18 maggio 2012, n. 7932; App. Milano, 8 aprile 2010; App. Bologna, 10 febbraio2014; Trib. Milano, 18 dicembre 2008, n. 12099; Trib. Roma, 3 giugno 2008, n. 11335]

La sentenza si legge in www.giuffre.it/riviste/resp

RISARCIMENTO DEL DANNO E POTERE D’ACQUISTODELLA MONETA OVVERO QUANDO LE VIEDELL’INGIUSTIZIA SONO LASTRICATE DI BUONEINTENZIONI (*)

di Giampaolo Miotto – Avvocato in Treviso

La liquidazione del risarcimento del danno non patrimoniale dovuto al danneggiato che risieda inuno Stato estero nel quale il potere d’acquisto della moneta sia differente rispetto a quello che essapossiede in Italia è questione tuttora controversa in giurisprudenza. La nozione stessa dei debiti divalore e la distinzione della fattispecie dell’illecito civile dai criteri del risarcimento del danno sonofondamentali per una corretta soluzione del problema, che sia coerente con i principi dell’ordina-mento e rispettosa del principio di eguaglianza (nei confronti del cittadino e dello stranieroresidente in Italia). A questi fini il metro di giudizio non è dato dalla somma di denaro, bensì dalpotere d’acquisto concretamente attribuito al danneggiato.

The compensation for the damage to injured party who lives in a foreign state where the purchasing power is

differently than it is in Italy is a debatable subject in case law.

The notion of “debiti di valore” and the differentiation between tort and criterias for damage's compensation are

(*) Contributo approvato dai Referee.

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fundamental to solve this problem according to principles of our legal system and equality (towards the citizen

and the foreigner who lives in Italy). For this purpose the yardstick is not the amount of money, but its purchasing

power.

Sommario 1. Il potere d’acquisto della moneta nello Stato di residenza del danneggiato e lagiurisprudenza. — 2. La distinzione fra la « fattispecie dell’illecito civile » e le « regole del risarcimentodel danno ». — 3. Principio di uguaglianza e risarcimento del danno. — 4. I debiti di valore ed il potered’acquisto della moneta ovvero l’importanza della teoria delle obbligazioni. — 5. Valutazione deldanno, liquidazione del risarcimento e potere d’acquisto nei debiti di valore. — 6. Variazioni delpotere d’acquisto della moneta nel tempo e variazioni nello spazio. — 7. È il potere d’acquistoattribuito, e non la somma di denaro liquidata, il metro di valutazione dell’adeguatezza del risarci-mento e del rispetto del principio di eguaglianza. — 8. Argomenti fuorvianti e obiezioni praticheall’adeguamento della somma di denaro da liquidare a titolo di risarcimento al potere d’acquistodella moneta. — 9. Alcune considerazioni conclusive.

1. IL POTERE D’ACQUISTO DELLA MONETA NELLO STATO DIRESIDENZA DEL DANNEGGIATO E LA GIURISPRUDENZALa sentenza della Corte d’Appello di Milano che si annota ripropone la vexata quaestiorelativa alla somma da attribuirsi per il risarcimento del danno non patrimoniale subito daldanneggiato residente in un Paese straniero « in cui il valore della moneta e il connessosistema dei prezzi... divergono in maniera apprezzabile rispetto al contesto economicoitaliano».

Come dimostra la decisione della Corte lombarda, che si pone in aperto contrasto conalcune recenti decisioni della Cassazione (1), questa problematica continua ad alimentareun vivace dibattito giurisprudenziale.

I giudici di merito si sono nettamente divisi in due orientamenti contrapposti.Da un lato vi sono le sentenze che, come quella in commento, hanno ritenuto indispen-

sabile l’adeguamento al potere d’acquisto della moneta nel luogo di residenza del danneg-giato della somma di denaro liquidata per risarcire il danno, sostenendo che « l’esigenza diriconoscere a tutti i danneggiati un risarcimento uguale non può ritenersi soddisfattadalla mera attribuzione di un uguale valore monetario che sia indipendente dal contestoeconomico in cui vive il singolo danneggiato, perché in tal modo si creerebbe un ingiusti-ficato arricchimento in capo a coloro che vivono in Stati ad economia depressa con prezzimedi del costo della vita inferiori a quelli dell’Italia» (2).

Dall’altro, invece, quelle che hanno imputato a tale soluzione l’effetto di legittimare

(1) Cass. civ., 12 giugno 2015, n. 12221, in www.dirittoegiustizia.it; Cass. civ., 13 novembre 2014, n. 24201, inGuida dir., 2014, 48, 44; Cass. civ., 18 maggio 2012, n. 7932, in Giust. civ. Mass., 2012, 5, 642.

(2) Così Trib. Torino, 20 luglio 2010, n. 4932, in questa Rivista, 2011, 159, con nota di WINKLER, Risarcimento deldanno da morte del congiunto e attore straniero tra reciprocità, diritti fondamentali e « gabbie risarcitorie »; nellostesso senso: Trib. Torino, 15 novembre 2004, in questa Rivista, 2006, 2154, con nota di MIOTTO, Risarcimento deldanno il potere per acquisto della moneta: il caso del danneggiato residente all’estero; Trib. Brescia, 25 maggio2012, in www.ilcaso.it; Trib. Nola, 7 gennaio 2014, in www.iussit.com; Trib. Monza, 2 novembre 2007, n. 3302, inwww.dirittoegiustizia.it; App. Trieste, 25 gennaio 1995, n. 72, in Il civillista, 2010, 11, 68; Trib. Treviso, 12 maggio2008, n. 1127, inedita; Trib. Bergamo, 16 novembre 2011, n. 2119, inedita, ma citata in ZAFFARONI, Risarcimento del

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«differenti criteri di risarcimento per cittadini e stranieri», giustificandone il rifiuto per ilfatto che « il luogo in cui il danneggiato vive, e in cui utilizzerà (forse) il denaro ricevuto»sarebbe una «circostanza successiva, esterna e del tutto estranea alla quantificazione delpredetto danno» (3).

Tale argomento è stato ripreso e sviluppato dalle decisioni della Cassazione dianzicitate, che hanno mutato indirizzo rispetto all’unico precedente di legittimità in materia (4).

In quell’occasione la Cassazione aveva osservato che « il momento di adeguamentodell’importo al particolare contesto socio-economico dell’area geografica in cui vive ildanneggiato... presuppone che una somma di denaro, intesa come espressione di unvalore in base al potere d’acquisto medio, sia già stata concettualmente assunta come equaai fini riparatori del danno morale, a seguito dell’esclusivo apprezzamento delle sofferen-ze e dei patemi subiti dal danneggiato».

In tal modo « la successiva operazione di valutazione di corrispondenza di tale importoal particolarmente elevato potere di acquisto del denaro nella zona in cui esso è presumi-bilmente destinato ad essere speso assume, allora, connotazioni meramente economicheed è collegata a parametri non già indefinibili, ma anche numericamente accertabili» (5).

La costruzione argomentativa in tal modo eretta è stata, in realtà, travisata quando si èattribuito a Cass. civ. n. 1637/2000 di averla addotta per « tener conto della realtà economicae sociale in cui vive il danneggiato» ai fini della «aestimatio del danno» (6).

Al contrario, la Corte, in quell’occasione, aveva avuto cura non solo di tenere bendistinte la valutazione del danno (aestimatio rei) dalla liquidazione del risarcimento (taxa-tio), ma aveva altresì affermato il principio per cui l’anzidetta circostanza di fatto avrebbedovuto essere valorizzata solamente ai fini della seconda operazione, e non della prima.

È, invece, ad una questione estranea tanto all’aestimatio, quanto alla taxatio che Cass.civ. n. 7932/2012 ha fatto riferimento per motivare l’irrilevanza del diverso potere d’acqui-sto della moneta nel luogo di residenza del danneggiato quando ha osservato che « lafattispecie astratta dell’“illecito aquiliano” si compone di tre elementi essenziali, costituitidalla condotta illecita (colposa o dolosa), dal danno e dal nesso causale tra la prima ed ilsecondo», per concludere che «questi sono, dunque, i tre elementi le cui circostanze sonosuscettibili di incidere sulla aestimatio del danno; mentre il luogo dove il danneggiatoabitualmente vive, e presumibilmente spenderà od investirà il risarcimento a lui spettante,

danno non patrimoniale allo straniero. Note critiche all’applicazione delle c.d. gabbie risarcitorie, in Nuova giur.civ. comm., 2013, 2060, nt. 20; Trib. Treviso, Sez. dist. Conegliano, 8 ottobre 2008, n. 334, inedita; Trib. Roma, Sez.XII, n. 8155/2007, inedita.

(3) Così Trib. Milano, 18 dicembre 2008, n. 12099, in Guida dir., 2005, 5, 16, con nota di MARTINI, Irrilevanti ai finidella liquidazione le differenze nella qualità della vita; nello stesso senso: Trib. Roma, 3 giugno 2008, n. 11335, inwww.diritto-in-rete.com; App. Milano, 8 aprile 2010, in Foro it., 2010, 2207; App. Bologna, 10 febbraio 2014, inwww.Giuraemilia.it; Trib. Mantova, 19 maggio 2011, in www.ilcaso.it.

(4) Cass. civ., 14 febbraio 2000, n. 1637, in questa Rivista 2000, 610, con nota di ZIVIZ.(5) Si noti come, nel caso specifico, la Cassazione, riferendosi a diverse aree del territorio nazionale, aveva

affermato la necessità di adeguare, aumentandola, una somma liquidata ad un danneggiato residente in un’areageografica nella quale il potere d’acquisto del denaro (e dunque il «costo della vita») era maggiore della media esi consideri, quindi, che il principio dell’adeguamento non vale solo per quelle aree territoriali in cui il potered’acquisto si collochi ai livelli più bassi della sua scala di valore.

(6) Così Cass. civ. n. 7932/2012, cit.

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è invece un elemento esterno e successivo alla fattispecie dell’illecito, un posterius, cometale ininfluente sulla misura del risarcimento del danno».

A questo argomento una successiva decisione ha aggiunto quello per cui «una valuta-zione differenziata» del danno subito da chi risieda all’estero rispetto al cittadino «risulte-rebbe in evidente contrasto con l’art. 3 Cost.», e pertanto «non si vede, alla luce dellagiurisprudenza costituzionale nonché della semplice logica giuridica, per quale ragioneun medesimo evento dannoso... possa determinare conseguenze diverse a seconda dellanazionalità dei soggetti aventi diritto al risarcimento» (7).

2. LA DISTINZIONE FRA LA «FATTISPECIE DELL’ILLECITO CI-VILE» E LE «REGOLE DEL RISARCIMENTO DEL DANNO»Gli arresti del Giudice di legittimità da ultimo citati sostengono quindi che, nel determinarela somma di denaro dovuta al danneggiato, non dovrebbe tenersi conto del potere d’acqui-sto della moneta nel luogo in cui egli risiede perché tale fatto sarebbe «esterno e successivoalla fattispecie dell’illecito».

Tale assunto è di per sé solo eloquente dimostrazione di una grave confusione concet-tuale.

Il risarcimento del danno, ed in particolare le regole che presiedono alla sua determina-zione, è infatti per sua natura «esterno e successivo alla fattispecie dell’illecito»: nulla a chevedere con gli elementi che compongono quest’ultima (condotta illecita, danno ingiusto enessocausale)hannoinfattilavalutazionedeldannoelaliquidazionedelsuorisarcimento (8).

Anzi, queste due operazioni concettuali necessariamente presuppongono, sotto il pro-filo giuridico, che l’illecito si sia già compiuto e, anche sotto il profilo pratico, che si sia giàverificato un danno.

Non può liquidarsi un risarcimento per un illecito che sia ancora di là da venire, né puòstimarsi un danno che non si sia ancora concretizzato.

Pertanto, sia la stima del danno che la liquidazione del risarcimento sono, nella lorointerezza, «estranee» alla «fattispecie dell’illecito».

Ed, infatti, mentre quest’ultima è definita dall’art. 2043 c.c., le regole che disciplinano ilrisarcimento del danno sono invece dettate dagli artt. 1223 ss. c.c. (in virtù del rinviodisposto dall’art. 2056 c.c.) e dall’art. 2059 c.c.

La distinzione tra fattispecie dell’illecito civile e criteri di risarcimento del danno è statadasemprebenchiaraindottrina.Questaha, infatti,distinto«nell’ambitodelle stesse regulaeiuris, riguardanti l’istituto, norme che hanno riguardo alla fattispecie della responsabilitàe norme che invece ne stabiliscono le conseguenze o, come si dice, gli effetti» (9) e, fra questi,precipuamente, l’obbligazione di risarcire il danno cagionato dall’illecito. Più specifica-mente, quanto al danno patrimoniale, si è chiarito che la «regula aurea in materia di re-sponsabilità (art. 2043 c.c.)... va qualificata regola di fattispecie, perché stabilisce quelli chesono gli elementi fondativi dell’illecito aquiliano, fonte di responsabilità», mentre «all’op-

(7) Cass. civ. n. 24201/2014, cit.(8) MARTINI, L’incidenza delle condizioni socio-economiche del luogo di residenza del danneggiato nella

determinazione equitativa del danno non patrimoniale, in www.ridare.it, 8 novembre 2015.(9) DI MAJO, Discorso generale sulla responsabilità civile, in Diritto civile, diretto da Lipari-Rescigno, Milano,

2009, IV, III, 34.

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posto, la norma simmetrica dell’articolo 1223 c.c., è regola di risarcimento, giacché con-tribuisce alla determinazione dell’oggetto della relativa obbligazione» (10).

Non diversamente è a dirsi per il danno non patrimoniale, essendo nozione condivisaquella per cui l’art. 2059 c.c. «è una regola “di risarcimento”... destinata a limitare larisarcibilità del danno non patrimoniale» ai casi previsti dalla legge (11).

Anzi, la natura di «danno conseguenza», coessenziale ai pregiudizi di natura non pa-trimoniale (12), segna ancor più il loro distacco dalla «fattispecie dell’illecito», alla streguadell’ormai costante orientamento giurisprudenziale per cui non si può «accogliere la tesiche identifica il danno con l’evento dannoso ovvero non potendosi postulare che il dannosarebbe “in re ipsa”, perché detta teorica snatura la funzione del risarcimento, il quale,diversamente, verrebbe concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di undanno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo», pur in assenza di un pre-giudizio consequenziale all’evento dannoso e, dunque, da esso distinto (13).

Pertanto, che il diverso potere di acquisto della moneta nel luogo di residenza deldanneggiato sia un elemento di fatto «esterno e successivo alla fattispecie dell’illecito» nonvale certo ad escluderne la rilevanza ai fini della determinazione della somma di denaro chegli va attribuita per riparare il pregiudizio subito, poiché tale operazione attiene non già alla«fattispecie dell’illecito», quanto alla definizione dell’oggetto dell’obbligazione risarcitoriache ne consegue, e cioè alle «regole del risarcimento».

In altri termini, tale operazione non riguarda l’accertamento della condotta illecita odella lesione di un interesse protetto tale da dar luogo ad un danno ingiusto o ancora delrelativo nesso causale, e nemmeno alla aestimatio del danno risarcibile, come vedremo, mapiuttosto alla liquidazione del risarcimento dovuto al danneggiato.

È proprio questa, dunque, la sede appropriata in cui valutare la sua rilevanza, e nonquella della «fattispecie dell’illecito», come erroneamente affermato dalla Cassazione civilenelle decisioni summenzionate.

Sicché l’argomento addotto a questo proposito dalle medesime decisioni risulta del tuttoincongruo ai fini prefissi.

3. PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E RISARCIMENTO DEL DANNONon meno infondato pare l’ulteriore argomento per cui la valorizzazione dell’anzidetta

(10) DI MAJO, Discorso generale sulla responsabilità civile, in Diritto civile, diretto da Lipari-Rescigno, cit., 34s. Si noti come la medesima dottrina abbia esplicitato la duplice valenza del danno, quale elemento della fattispeciedell’illecito (in quanto «danno ingiusto») e quale oggetto della estimazione da compiersi al fine del risarcimento(in quanto «danno risarcibile»), precisando che l’art. 1223 c.c. «enuncia la nozione di “danno risarcibile”, mentrel’art. 2043, norma, si è detto, di fattispecie, enuncia quella di “danno ingiusto” » e dunque distinguendo in modomolto preciso questi due aspetti.

(11) DI MAJO, Discorso generale sulla responsabilità civile, in Diritto civile, diretto da Lipari-Rescigno, cit., 38e 43.

(12) Sul punto la giurisprudenza è da tempo consolidata, a partire dalle «sentenze gemelle» della Cassazione,che hanno ripudiato l’idea stessa di un danno patrimoniale in re ipsa: «Non vale pertanto l’assunto secondo cuiil danno sarebbe in re ipsa, nel senso che sarebbe coincidente con la lesione dell’interesse. Deve affermarsi inveceche dalla lesione dell’interesse scaturiscono, o meglio possono scaturire, le suindicate conseguenze, che, inrelazione alle varie fattispecie, potranno avere diversa ampiezza e consistenza, in termini di intensità e protra-zione nel tempo » (Cass. civ., 31 maggio 2003, n. 8828, ex aliis, in questa Rivista, 2003, 675, con note di CENDON,BARGELLI e ZIVIZ).

(13) Cass. civ., 19 agosto 2011, n. 17427, in Guida dir., 2011, 38, 70, con note di CASTRO e di CANACCINI.

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circostanza di fatto contrasterebbe col principio di uguaglianza previsto dall’art. 3 dellaCostituzione.

Anzitutto, la giurisprudenza invocata a tale riguardo da Cass. civ. n. 24201/2014 non siattaglia affatto alla fattispecie in esame.

Le sentenze della Corte costituzionale che essa richiama (14), infatti, riguardano laposizione degli «stranieri legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato», percompararle a quella del cittadino ed allo scopo di affermare l’illegittimità di norme che lidiscriminino rispetto a questi.

Tali decisioni hanno quindi ad oggetto il raffronto di due situazioni giuridiche ritenuteomogenee, ma proprio per questo entrambe diverse rispetto a quella dello straniero resi-dente in un luogo in cui il potere d’acquisto della moneta sia differente da quello che essa hanel nostro Paese.

Se,sottoinprofilodeidirittisoggettivi,risultaevidentel’omogeneitàdellasituazionegiu-ridica del cittadino e quella dello straniero legittimamente residente in Italia, egualmentepalese è la disomogeneità, ai diversi fini del potere d’acquisto della moneta, tra la situazionepratica in cui vengono a trovarsi entrambi rispetto a quella in cui si trova invece lo stranieroche risieda in un altro Paese caratterizzato da un diverso livello generale dei prezzi.

Tale diversità non attiene tanto alla cittadinanza, quanto al potere d’acquisto dellamoneta (15), poichè con la stessa somma di denaro in un luogo è possibile acquistare unaquantità di beni e servizi molto maggiore (o, in altri casi, sensibilmente minore) di quelladegli stessi beni o servizi che si può comperare nell’altro.

È tale indiscutibile disomogeneità delle due situazioni oggetto di comparazione adescludere l’ipotizzata contrarietà al principio di eguaglianza dell’adeguamento della sommadi denaro da liquidarsi per il risarcimento del danno al potere d’acquisto del luogo in cuiquesto è destinato ad esser speso (16).

Al contrario, è semmai l’interpretazione della legge seguita dalle citate decisioni dellaCassazione civile a prestare il fianco ad una critica di contrarietà al principio di eguaglianza,poiché, per un danno di eguale entità, essa produrrebbe il risultato di attribuire la medesi-ma somma di denaro, ma un ben diverso potere d’acquisto (e dunque una differente

(14) Corte cost., 30 luglio 2008, n. 306, in Giur. cost., 2008, 3324, con nota di BATTISTI; Corte cost., 7 luglio 2001, n.252, ivi, 2001, 4.

(15) In proposito è bene ricordare il significato che la Corte costituzionale attribuisce ai principi di uguaglianzae ragionevolezza sanciti dall’art. 3 Cost. sul presupposto della comparazione fra situazioni differenti: « In sintesi,l’eguaglianza è intesa come divieto sia di arbitrarie distinzioni normative tra situazioni omologhe sia di arbi-trarie parificazioni fra situazioni differenti: il giudizio si svolge attraverso il raffronto fra la norma impugnataed il c.d. tertium comparationis, ossia un’altra disposizione che opera come termine di paragone, in quanto regolasituazioni del tutto omogenee alle prime. In tale tipologia di giudizio la “ragionevolezza” entra come sinonimo di“giustificatezza” — o meno — delle disparità di trattamento », con la conseguenza che all’art. 3 Cost. si attribuisce« la funzione... tanto di assicurare identico trattamento a situazioni identiche, quanto, parallelamente, quella digiustificare differenze di disciplina per situazioni non comparabili » (Corte costituzionale, relazione annuale2008, in www.cortecostituzionale.it).

(16) È giurisprudenza costante della Corte costituzionale quella per cui i principi di uguaglianza e ragionevo-lezza stabiliti dall’art. 3 della Costituzione risultano violati quando si regolino in modo diverso situazioni giuridicheomogenee, senza che tale diversità sia razionalmente giustificabile. Tale contrasto non sussiste, invece, quando lalegge disciplini in modo differente situazioni che non siano «sostanzialmente identiche»: « si ha violazionedell’art. 3 della Costituzione quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustifi-catamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversità di disciplina corrispondonosituazioni non sostanzialmente identiche » (Corte cost., 12 novembre 2004, n. 340, in Giur. cost., 2004, 6).

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quantità di beni o servizi sostitutivi) allo straniero residente all’estero rispetto al cittadino (oallo straniero) residente in Italia.

La fallacia dell’argomento relativo ad un presunta «discriminazione dello straniero»,probabilmente dovuta anche ad una malcomprensione della fattispecie, è poi dimostratadalla motivazione stessa di Cass. civ. n. 24201/2014, laddove questa imputa alla tesi avver-sata di determinare «conseguenze diverse a seconda della nazionalità dei soggetti aventidiritto al risarcimento».

Ben diversamente, la circostanza di fatto che viene in gioco a tal fine non è tanto lanazionalità del danneggiato, come ivi si legge, ma il differente potere d’acquisto dellamoneta nel mercato in cui questi spenderà la somma di denaro liquidatagli a titolo dirisarcimento, rispetto a quello che essa possiede in Italia.

La ratio del diverso trattamento di questa situazione rispetto a quella del cittadino (odello straniero residente in Italia) quindi non è tanto la nazionalità del danneggiato, quantoil differente potere d’acquisto della moneta.

Ne consegue che il principio di eguaglianza e il «divieto di discriminazione nei con-fronti degli stranieri» in realtà non possono giustificare il diniego dell’adeguamento mo-netario di cui si discute, posto che questo non contrasta né con l’uno, né con l’altro.

4. I DEBITI DI VALORE ED IL POTERE D’ACQUISTO DELLAMONETA OVVERO L’IMPORTANZA DELLA TEORIA DELLE OB-BLIGAZIONIIn realtà, una corretta soluzione della problematica presuppone un chiarimento in meritoalle funzioni della moneta e chiama in causa la nozione stessa di debito di valore, e cioè diquella specie di obbligazioni alla quale appartengono quelle risarcitorie di contenuto nonpatrimoniale.

Quanto alla moneta, economisti e giuristi sono concordi nel sottolineare la «polivalenzadelle sue funzioni» (17), fra le quali, ai fini più strettamente giuridici, vengono rimarcatesoprattutto quella di «mezzo di pagamento» generalmente accettato e quella di «unità diconto» (18) (19).

Negli ordinamenti contemporanei il denaro, quale «mezzo di pagamento», possiede un«valore nominale» che prescinde totalmente dal valore intrinseco del suo supporto mate-riale (banconote o monete metalliche) e viene definito dalla legge, per cui la moneta èdivenuta «un’unità ideale di misura legalmente prestabilita» (20).

Nel nostro ordinamento questo dato di fatto economico trova sanzione giuridica neldisposto dell’art. 1277 c.c., che disciplina le obbligazioni pecuniarie.

Il valore nominale della moneta ovviamente non esprime il suo potere d’acquisto.Queste elementari considerazioni fanno riflettere sul fatto che « il denaro non ha un

(17) BRECCIA, Le obbligazioni, Milano, 1991, 269.(18) Cui si somma la funzione di «riserva di valore», poiché « la moneta può essere usata per trasferire il

potere d’acquisto dal presente al futuro » (KRUGMAN-OBSTFELD, Economia Internazionale, II, Milano, 2007, 95), che,pur confermando la sua intrinseca connessione al potere di acquisto di altri beni e servizi, tuttavia non interessa aifini del tema in discussione.

(19) Per un’ampia dissertazione in proposito e per accurati riferimenti bibliografici al riguardo si veda: QUADRI,Alcune specie di obbligazioni, in Trattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, Torino, 2008, 9, 521 ss.

(20) BRECCIA, op. cit., 268.

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valore intrinseco ed assoluto ma è, a propria volta, espressione di quanto è in grado diprocurare: l’utilità ricavata attraverso il risarcimento in denaro non ha dunque unaconsistenza oggettiva, ma varia in relazione a quanto il denaro permette di conseguire intermini di beni o servizi» (21).

Ed è proprio questa riflessione che introduce il concetto di moneta come «unità diconto», e cioè di denaro quale «mezzo per misurare i valori» (22) o, secondo una definizionequanto mai espressiva, quale «denominatore generale di tutti i beni» (23).

La moneta, infatti, oltre che «mezzo di pagamento» (secondo il valore nominale attri-buitole dalla legge), assolve pure alla funzione di misurare il valore di scambio dei beni, inquanto rappresenta l’unità di misura sulla base della quale viene determinato il valore diciascun bene.

In quanto tale essa è quindi l’«unità di conto» del valore di ciascun bene (24).I prezzi dei beni, dei servizi e delle attività finanziarie, che esprimono il loro valore di

scambio, sono formulati in moneta.Quest’ultima, tuttavia, non è misura solo del valore dei singoli beni, ma anche della

quantità di beni e di servizi che (in un determinato tempo ed in un certo luogo) si possonoacquistare con un’«unità di conto» monetaria (25).

È a questo proposito che si parla di «potere d’acquisto» della moneta (26).Si tratta di una qualità della moneta per sua natura caratterizzata dalla variabilità,

poiché il potere d’acquisto è inversamente proporzionale al livello generale dei prezzi deibeni e dei servizi: più questo aumenta, più diminuisce il potere d’acquisto e viceversa (27).

Le variazioni si verificano sia nel tempo, dando luogo all’inflazione o alla deflazione (28),

(21) Trib. Torino, 15 novembre 2004, cit.(22) CIATTI, Delle obbligazioni pecuniarie, in Commentario del Codice civile diretto da Gabrielli, artt. 1277-

1320, Torino, 2013, 12.(23) SCADUTO, I debiti pecuniari e il deprezzamento monetario, Milano, 1924, 4; RIZZO, Il problema dei debiti di

valore, Padova, 2010, 96 ss.(24) In dottrina si è acutamente osservato che se « quando si parla di denaro nel preciso significato di mezzi di

pagamento, la nostra mente va immediatamente a porzioni della realtà materiale, quali documenti monete, nonbisogna dimenticare come simili oggetti siano considerati solo in vista della loro capacità di soddisfare l’inte-resse che tipicamente li rende desiderabili », il che rende evidente come la funzione della moneta quale mezzo dipagamento e quella di unità di conto siano «profili del medesimo fenomeno » (QUADRI, op. cit., 525).

(25) Il termine di comparazione utilizzato per stabilire il potere d’acquisto della moneta è un «bene composito»,e cioè un «paniere» di beni e servizi, i cui prezzi vengono impiegati per determinare il livello generale dei prezzi.Pertanto, il potere d’acquisto esprime quale quantità di questo bene composito si può acquistare con un’unità dimoneta.

(26) « Il denaro stesso assume la funzione di misurare il potere acquisitivo nell’unità di tempo considerata »(CIATTI, op. cit., 13).

(27) «Del valore della m. si parla in più sensi, ora riferendosi al valore attribuito dallo Stato alla m. che in essocircola (valore legale), ora a quello del metallo fino contenuto nella m. (valore intrinseco), ora, e soprattutto,avendo riguardo alla quantità di beni e servizi che possono acquistarsi in un dato Paese con l’unità monetaria(valore di scambio). Più precisamente, dato che la m. si scambia contro tutti i beni e servizi che circolanoall’interno del Paese, questo suo valore di scambio risulta dalla media dei poteri d’acquisto che la m. ha inconfronto dei singoli beni, così come il livello generale dei prezzi dei beni in m. risulta dalla media dei prezzistessi: valore di scambio o potere d’acquisto della m. e livello generale dei prezzi sono quindi espressionireciproche » (Enc. Treccani - Voce: moneta).

(28) Si tratta di fenomeni, soprattutto il primo, ampiamente studiati dalla dottrina civilistica italiana e ben notialla nostra giurisprudenza, in relazione al problema dell’adeguamento della quantificazione monetaria dei debitidi valore all’inflazione.

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sia nello spazio, poiché il potere d’acquisto della moneta si diversifica a seconda del livellodei prezzi esistente nei luoghi in cui essa può essere utilizzata come mezzo di pagamento.

Il potere d’acquisto della moneta nelle diverse regioni economiche è misurato attraver-so un apposito «indice», allo scopo di consentirne la comparazione.

La«parità di potere d’acquisto» (29) è l’espressionediquestacomparazione:essaè l’«in-dice» che consente di confrontare i livelli dei prezzi di Paesi diversi e, correlativamente, ildifferente potere d’acquisto di una stessa moneta (ad esempio: l’Euro) in ciascun Paese.

Queste considerazioni già consentono di intuire l’importanza che i poliedrici connotatidella moneta rivestono non solo ai fini pratici, ma anche in una prospettiva giuridica.

È a questo proposito che viene in gioco la teoria delle obbligazioni, e in particolare ladistinzione tra debiti di valore e debiti di valuta elaborata dalla dottrina italiana (30), fondatasulla diversità del criterio di misurazione della prestazione che ne è oggetto, che per i primiconsiste in «un valore astratto» e per i secondi in «una quantità di unità di misuramonetaria nazionale od estera» (31).

Ed è a questa distinzione, ormai radicata tanto in dottrina che in giurisprudenza, cheoccorre far riferimento per impostare una corretta soluzione della problematica in esame.

5. VALUTAZIONE DEL DANNO, LIQUIDAZIONE DEL RISARCI-MENTO E POTERE D’ACQUISTO NEI DEBITI DI VALORENon è infatti un caso che la distinzione in parola sia stata elaborata proprio per dare unariposta agli effetti della variabilità del potere d’acquisto della moneta sulla misura della pre-stazione dovuta per determinate obbligazioni, prime fra tutte quelle di natura risarcitoria.

La «giustificazione» stessa della categoria giuridica dei debiti di valore è stata ravvisatanella necessità di evitare « l’addossamento» al creditore della prestazione «dei rischi evantaggi delle oscillazioni del potere d’acquisto della moneta quale invece ha luogo conqualunque altro criterio di determinazione della quantità della prestazione» (32), primo fratutto il criterio nominalistico, tipico dei debiti di valuta (o «debiti di denaro»), dettatodall’art. 1277 c.c.

L’ontologica estraneità dei «debiti di valore» alla sfera di applicazione del principionominalistico risiede proprio nella peculiarità dell’oggetto della prestazione che li caratte-rizza (33), poiché la misura di tale prestazione non è espressa direttamente in una quantità didenaro (o di cose), bensì «deve essere quantitativamente ragguagliata ad un valore, inten-dendo come tale un generale (e determinato) potere d’acquisto» (34).

Pertanto, la peculiarità della categoria sta proprio nel fatto che è un determinato «po-

(29) Parità di potere d’acquisto (PPA), in inglese: Purchasing power parity (PPP).(30) A partire dai fondamentali studi di ASCARELLI, in particolare: La moneta. Considerazioni di diritto privato,

Padova, 1928; ID., Obbligazioni pecuniarie, in Comm. cod. civ. Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, artt.1277-1284, Bologna-Roma, 1959.

(31) INZITARI, Obbligazioni pecuniarie, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Torino, 1995, XII, 472.(32) ASCARELLI, op. ult. cit., 449.(33) «La distinzione tra debiti di valuta (o anche semplicemente pecuniari) e debiti di valore rappresenta, in

effetti, da tempo la via attraverso la quale, a livello operativo, l’opportunità di mantenere fermo il principionominalistico viene conciliata con l’esigenza di evitarne le conseguenze in taluni gruppi di rapporti » (QUADRI, op.cit., 563).

(34) ASCARELLI, op. ult. cit., 445; INZITARI, op. cit., 471 ss.

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tere d’acquisto» a definire l’entità quantitativa della prestazione dovuta (35), e ciò anche nelcaso che l’oggetto di quest’ultima, come normalmente avviene pure per i debiti risarcitori,si identifichi in una somma di denaro (36).

Anche nei casi in cui il debito di valore sia liquidato in una somma di denaro, e questadunque venga a rappresentare l’oggetto della prestazione dovuta dal debitore, la misura diquella prestazione corrisponde ad una determinata quantità di «potere d’acquisto» (37), equindi ad un’entità che è del tutto indipendente dall’unità di misura prescelta per la liqui-dazione (come quella monetaria) (38).

Si tratta, dunque, di non confondere la misura quantitativa della prestazione, che siesprime in termini di «potere di acquisto», dall’oggetto della misurazione, che si traduce inun’espressione monetaria, intesa quale multiplo di un’unità di valori in un determinatoordinamento, così come lo è il mensuratum dalla propria mensura, come da tempo haosservato la dottrina (39).

Applicando questi concetti all’obbligazione di risarcimento del danno, il «valore» che

(35) «L’unità di misura dei valori, come ogni unità di misura, non concerne l’oggetto della prestazione, ma ilcriterio della sua determinazione quantitativa, determinazione necessaria in ogni obbligazione generica », al checonsegue che «da un lato nel trattare di moneta incontreremo una problematica concernente l’oggetto dellaprestazione, dall’altro invece una problematica concernente il criterio per la misurazione quantitativa dellaprestazione » (ASCARELLI, op. ult. cit., 67). Secondo un altro autorevole autore, uno degli « elementi caratterizzantidella fattispecie... consiste nel fatto che la quantità della prestazione è, nei debiti di valore, definita in funzione diun determinato potere d’acquisto... cioè di una dimensione determinata unicamente attraverso uno specificoconfronto di valori patrimoniali tra il valore concreto dovuto (bene, risarcimento ecc.) ed una certa quantità diunità di misura dei valori in grado di compensarsi e di eguagliare economicamente il valore suddetto » (INZITARI,op. cit., 473).

(36) «La peculiarità dei debiti di valore sta invece nella circostanza che la quantità della prestazione èdeterminata in funzione di un determinato potere di acquisto » (ASCARELLI, op. ult. cit., 442). «L’oggetto dellaprestazione può poi a sua volta consistere in una somma di denaro o in una quantità (pur sempre quantitativa-mente determinata in funzione di un potere d’acquisto) di cose (diverso dal denaro) » (ivi, 445). Nello stesso senso:INZITARI, op. cit., 472.

(37) Si noti che questi concetti sono stati chiariti in tempi relativamente recenti dalla dottrina giuridica, propriograzie ai progressi degli studi economici, come è stato opportunamente evidenziato: « ... una esatta identificazionedei debiti di valore ha potuto aver luogo solo quando, in seguito al progresso degli studi economici, è statochiarito il concetto del potere d’acquisto della moneta e le oscillazioni di questa sono state identificate e studiateindipendentemente da quelle del contenuto metallico dell’unità di misura... L’identificazione del potere d’acquistodella moneta permette, a sua volta, di distinguere tra oscillazioni del prezzo di mercato di una singola merce o disingole merci (o servizi) ed oscillazioni generali del potere d’acquisto della moneta » (ASCARELLI, op. ult. cit., 443).

(38) «Debito di valore è quello nel quale, quand’anche liquidando in una somma di danaro (ciò che tuttavia ènormale, ma non costante, venendo in alcune ipotesi liquidato in cose — diverse dal danaro —, rilievo checonferma l’autonomia della categoria), la quantità della prestazione dovuta è direttamente determinata infunzione di un determinato potere di acquisto indipendentemente dal ricorso a una predeterminata unità dimisura, sì che il creditore ha diritto di conseguire la prestazione in misura corrispondente a un determinatopotere d’acquisto » (ASCARELLI, op. ult. cit., 173). «Tipica ipotesi di obbligazione di valore è quella avente ad oggettoil risarcimento del danno. In questo caso la somma di danaro è dovuta non come un bene a sé, ma come valore diun altro bene, come metro di commisurazione di un valore » (RICCIO, Le diverse specie di obbligazioni: pecuniarie,alternative, solidali, indivisibili, in Le obbligazioni, a cura di FRANZONI, Torino, 2004, I, 1034).

(39) «La posizione fondamentale di questo commento riposa su una premessa assai semplice: quella delladistinzione tra pezzi monetari (strumenti di scambio) e unità di misura dei valori. L’unità di misura dei valori,come ogni unità di misura, non concerne l’oggetto della prestazione, ma il criterio della sua determinazionequantitativa, determinazione necessaria in ogni obbligazione generica » (ASCARELLI, op. ult. cit., 67). Ed ancora:«Un’espressione monetaria può essere indicativa di un potere d’acquisto o invece di un multiplo dell’unità dimisura di valori » (ivi, 476).

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ne è oggetto corrisponde al «potere di acquisito» della quantità di beni necessaria a rein-tegrare il patrimonio del danneggiato-creditore della perdita subita (40).

È proprio questo «potere d’acquisto» che deve poi tradursi, mediante una successivaoperazione, nella somma di denaro da attribuire al creditore ai fini di concretizzare l’anzi-detta reintegrazione.

Dev’essere tuttavia sottolineato che tale somma di denaro, pur essendo l’oggetto dellaprestazione risarcitoria, non è affatto la sua misura (41).

Essa è solo l’espressione in termini monetari della quantità di «potere d’acquisto» cherisulta proporzionata all’entità della perdita da reintegrare al danneggiato: «La valutazionedel valore dovuto non può anch’essa aver luogo che facendo capo ad un’espressione mo-netaria, ma quest’espressione costituisce solo l’espressione di un valore; è qualificata dalpotere d’acquisto dei pezzi monetari nel momento al quale si riferisce... e perciò la sua pre-senzanonescludeneancheessa lanecessitàdiuna“liquidazione”ecioèdellasuatraduzionein un’espressione ormai svincolata dal riferimento a un potere di acquisto... La liquidazionedovrà appunto assicurare la corrispondenza tra la somma liquidata e il valore liqui-dando» (42).

Queste considerazioni identificano con molta chiarezza il procedimento logico e giuri-dico mediante il quale si perviene al risarcimento del danno, in quanto oggetto di un tipico«debito di valore».

Si tratta di un processo strutturato in due momenti ben distinti: quello della valutazionedel danno (aestimatio rei) e quello della liquidazione del risarcimento (taxatio) (43).

In un primo momento occorre valutare l’entità del danno sofferto dal danneggiato, ecioè stimarne la grandezza quantitativa, per attribuirle il «valore» che le è proprio.

Tuttavia, com’è stato perspicuamente osservato, « i valori non sono cose esistenti inrerum natura, ma rapporti: con valore non ci riferiamo propriamente all’oggetto dellaprestazione... ma alla sua misura» (44).

Quest’ultima non è altro che il risultato del confronto di un determinato oggetto (sia esso

(40) «La somma di denaro [attribuita a titolo di risarcimento] deve essere effettivamente in grado di soddisfarel’interesse del danneggiato nella stessa misura in cui sarebbe stato soddisfatto, se il danno fosse stato reintegratoattraverso un risarcimento in natura. La necessità che il risarcimento in danaro realizzi, secondo un rapporto dipiena equivalenza con altre forme di risarcimento... impone che la somma prestata sia al momento del paga-mento... quantitativamente pari al (valore del) danno patrimoniale subito dal creditore » (INZITARI, op. cit., 474).

(41) «La somma di danaro dovuta dal danneggiante deve, infatti, rappresentare... il surrogato monetario di unvalore che, altrimenti, si sarebbe dovuto esprimere nella materiale reintegrazione della situazione quo ante» (IN-ZITARI, op. cit., 474; nello stesso senso si veda: DI MAJO, Obbligazioni pecuniarie, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1989, 25).

(42) ASCARELLI, op. ult. cit., 451.(43) «Nella maggior parte dei casi — data l’impossibilità (o la difficoltà) a trovare o a ricreare in rerum natura

il “bene” patrimoniale astrattamente da prestare, seguendo in sostanza, uno sperimentato principio risalente aldiritto romano (omins condemnatio pecuniaria) — è necessario procedere alla aestimatio del valore dovuto aldebitore, e alla sua liquidazione (taxatio) in termini pecuniari » (INZITARI, op. cit., 472). « Importanza fondamentaleacquista, pertanto, ai fini dell’identificazione della figura del debito di valore, la distinzione (anche temporale)tra valutazione e liquidazione, attenendo la prima all’individuazione del valore, da tradurre, poi, attraverso laseconda, in termini monetari » (QUADRI, op. cit., 566, nt. 77).

(44) (ASCARELLI, op. ult. cit., 450). Al riguardo si noti che « il termine “valore” è usato abitualmente nel linguaggioordinario in due significati diversi, ma interscambiabili. In un primo significato qualsiasi cosa sia ritenutaoggettivamente importante o sia soggettivamente desiderata è o ha un valore. In un secondo significato il valorenon indica l’oggetto dell’interesse, ma il criterio della valutazione... » (SCIOLLA, Valori, in Treccani Enciclopediadelle scienze sociali, www.Treccani.it, 1998).

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una cosa ovvero un bene immateriale) con un’unità di misura che, nel caso del danno, èappunto il «potere d’acquisto» di beni sostitutivi di quello perduto (e non l’unità di misuravalutaria rappresentata da una determinata moneta avente corso legale, considerata qualemezzo di pagamento) (45).

Se anche tale risultato viene espresso in moneta, e cioè convertito in una somma didenaro corrente, ciò non toglie che quest’ultima rappresenti sempre e solo l’espressione del«valore» astratto del danno che si deve riparare, e costituisca quindi il mero equivalentemonetario di quel «valore».

Inquestocasolamonetavienedunqueinconsiderazionecomeespressionediunaquan-titàdipotered’acquisto(dareintegrarenelpatrimoniodeldanneggiato),enoncomeunitàdiconto monetaria (da pagare in concreto al danneggiato stesso per risarcire il danno subito).

In un secondo momento si tratta, invece, di trasformare questo valore, cui è stataattribuita una determinata grandezza, in una somma di denaro, e cioè di tradurre quelvalore astratto nell’equivalente monetario (o, come è stato scritto, in una quantità di «pezzimonetari») concretamente dovuta al danneggiato per riparare la sua perdita, stabilendouna corrispondenza tra il primo e il secondo.

Si tratta, in altre parole, di passare dalla misurazione della grandezza del credito (cheper i crediti risarcitori corrisponde alla grandezza del danno) alla determinazione dell’og-getto della prestazione dovuta dal debitore (e cioè, per quel che riguarda i crediti in esame,del risarcimento che il danneggiante dovrà pagare al danneggiato).

In questa seconda fase, quindi, la moneta viene in rilievo nella sua diversa funzione dimezzo di pagamento, da considerare per il valore nominale che la legge le attribuisce in undeterminato ordinamento.

Ed è nello stadio della taxatio che vengono in gioco le variazioni del potere d’acquistodella moneta (46).

Come si è detto, infatti, la teoria stessa dei «debiti di valore» è stata elaborata proprioper sottrarre il creditore della prestazione al rischio di quelle variazioni, in aumento o indiminuzione, del potere d’acquisto che caratterizzano, invece, la moneta quale mezzo dipagamento.

Essa è stata ideata per attribuire al creditore della prestazione un «valore», espresso intermini di potere d’acquisto, destinato a rimanere costante e a non essere quindi influen-zato dal deprezzamento o apprezzamento che una stessa moneta può avere nel tempo.

Ma, come si è detto, la natura stessa dei «debiti di valore» impone di predicare l’inva-riabilità del predetto «valore» anche alle variazioni del potere della moneta nello spazio, e

(45) « Il ricorso a questa misura caratterizza appunto l’obbligazione » di valore, perché «questa a sua voltaimporta una prestazione di dare volta a integrare o reintegrare il patrimonio del creditore nella misura di unpotere d’acquisto: non si tratta già di far acquisire al patrimonio del creditore una determinata cosa o il valorecorrispondente, ma di integrarlo attraverso la dazione di danaro o cose diverse dal danaro in un potered’acquisto » (ASCARELLi, op. ult. cit., 450).

(46) «L’incidenza delle vicende monetarie si pone non nella fase di individuazione del danno e di determina-zione del suo contenuto, ma nella successiva fase di fissazione della somma da corrispondere... Stabilita,insomma, l’entità obiettiva del danno... il giudice deve, poi, tradurre in quantità valutaria il danno stesso »(QUADRI, op. cit., 576).

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cioè in ragione dei diversi mercati in cui essa può essere impiegata come mezzo di paga-mento (47).

È a questo scopo, pertanto, che la somma di denaro da liquidare al creditore dev’essere«adeguata» alle oscillazioni della moneta, per evitare che il quantum di potere d’acquistoattribuitogli in sede di aestimatio venga concretamente ridotto o aumentato per effetto ditali variazioni, così depauperando o arricchendo ingiustamente il suo patrimonio.

6. VARIAZIONI DEL POTERE D’ACQUISTO DELLA MONETA NELTEMPO E VARIAZIONI NELLO SPAZIOA questo punto è importante osservare come la distinzione tra «debiti di valuta» e «debitidi valore» (identificati come obbligazioni generiche di dare) sia stata elaborata, a seguito diparticolari contingenze storiche, per rispondere alle notevoli questioni pratiche poste dalleoscillazioni della moneta nel tempo.

I primi fondamentali studi in materia, infatti, si dovettero, in Italia, ma anche nel restod’Europa, alla svalutazione seguita al primo conflitto mondiale e vennero poi ripresi eperfezionati dopo la fine del secondo, periodo anch’esso interessato da una drastica svalu-tazione monetaria (48).

La teoria dei «debiti di valore» si proponeva dunque di trovare una soluzione diversarispetto a quella imposta dal principio nominalistico alle drammatiche conseguenze prati-che di tali eventi, rispondendo ad una domanda che, in termini giuridici, riguardava lascelta dei «criteri di giudizio dell’identità nel tempo di una somma di moneta: deve questaidentità essere giudicata in relazione alla sua corrispondenza a uno stesso multiplo diun’unità (ed eventualmente poi di una unità legale) di misura dei valori o invece inrelazione alla sua corrispondenza a un determinato potere d’acquisto?» (49).

La risposta accolta dalla giurisprudenza e ormai universalmente condivisa in dottri-na (50) è stata in sostanza quella di distinguere tra il momento al quale viene riferita la stimadel «valore» da reintegrare e dunque la corrispondente «quantità» di potere di acquisto(quello in cui il debitore cade in mora) da attribuire al creditore e quello in cui viene inveceeffettuata la liquidazione del credito (quello della sentenza ovvero della liquidazione nego-

(47) Si considerino al riguardo le riflessioni di un’autorevole dottrina a proposito delle implicazioni dellanozione dei «debiti di valore» relativamente alle variazioni nel tempo del potere d’acquisto della moneta, perpercepire come esse possano agevolmente trasporsi alle sue variazioni nello spazio: « La corrente riflessionesecondo cui l’entità del danno, in caso di incidenza del deprezzamento monetario, non muta per il solo fatto ditradursi in una maggiore quantità di moneta... e giustifica l’idea che nei debiti di valore la svalutazione rilevi noncome conseguenza dannosa da risarcire a causa del (colpevole) ritardo nel pagamento, bensì come sempliceeffetto occasionale del decorso del tempo necessario per la loro liquidazione: in tali obbligazioni, cioè, lamaggiore quantità di moneta che il debitore è tenuto a pagare in dipendenza della svalutazione rappresenta unmero adeguamento della prestazione all’effettivo valore da reintegrare, restando estranea qualsiasi considera-zione della mora del debitore e ricollegandosi, appunto, l’effetto in questione alla sola circostanza del variare neltempo del potere d’acquisto della moneta » (QUADRI, op. cit., 576).

(48) Per un’ampia rassegna degli studi in materia di obbligazioni pecuniarie e di elaborazione della teoria deidebiti di valore, si veda in QUADRI, op. cit., 521, nt. 1. In proposito si veda inoltre ASCARELLI, op. ult. cit., 2 ss.

(49) ASCARELLI, op. ult. cit., 554.(50) Seppur con varie sfumature e perduranti dissensi di alcuni autori. Si veda, ad esempio: DI MAJO, Le

obbligazioni pecuniarie, Torino, 1996, 89 ss.

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ziale) (51), sottraendolo così al rischio delle oscillazioni del potere d’acquisto della monetaintervenute medio tempore.

La rivalutazione monetaria dei debiti di valore e, in particolare di quelli risarcitori, èinvero jus receptum nella giurisprudenza (52).

Occorre, tuttavia, sottolineare come la dottrina, benché all’epoca motivata dall’urgenzadelle problematiche legate alle variazioni del potere d’acquisto nel tempo, si mostrò benconsapevole della rilevanza che avrebbero potuto avere ai fini della teoria dei «debiti divalore» le oscillazioni legate invece allo spazio, e cioè al luogo o più precisamente almercato nel quale la moneta poteva essere spesa (53).

Ciò anche alla luce della determinante funzione che il «valore», quale oggetto dell’ae-stimatio rei, veniva ad assumere per la nozione stessa di tale categoria di obbligazioni, inuna prospettiva molto più ampia di quella meramente temporale (54).

Questa diversa problematica, tuttavia, considerata la struttura stessa dei mercati e lalimitata incidenza dei fenomeni migratori verso il nostro Paese a quell’epoca, apparivadecisamente residuale e tale da non implicare particolari interessi di studio.

Tutt’altra è la situazione quest’oggi.Da un lato la «globalizzazione» ha rivoluzionato i mercati e dall’altro il nostro, da Paese

a forte emigrazione, quale era, è divenuto meta di importanti flussi migratori.L’importanza di questi cambiamenti è dimostrata dalla frequenza con la quale la nostra

giurisprudenza si trova a fare i conti con le problematiche connesse al risarcimento di danniverificatisi nel territorio nazionale, il cui risarcimento deve tuttavia liquidarsi in favore dipersone che lo spenderanno in un mercato caratterizzato da un potere d’acquisto dellamoneta molto diverso da quello che essa possiede nel mercato italiano.

È chiaro come in questi casi si ponga il medesimo problema relativo all’identità di unadeterminata somma di moneta, quale oggetto della prestazione dovuta per un debito divalore, non più con riferimento al tempo in cui questa deve essere pagata, bensì al luogo o,meglio, al mercato in cui deve essere spesa.

Ed è altrettanto evidente che la risposta da dare a questa problematica è la medesima

(51) Per un’approfondita disamina delle problematiche commesse al momento in cui deve effettuarsi la deter-minazione dei crediti di valore e, in particolare del danno extracontrattuale, si veda RIZZO, op. cit., 133 ss.

(52) «L’obbligazione di risarcimento del danno derivante da fatto illecito è obbligazione di valore, non divaluta e quindi se tra il momento della produzione del danno e quello della liquidazione di esso si sia verificatauna diminuzione del potere di acquisto della moneta il giudice deve tenerne conto, anche d’ufficio, al fine direndere effettiva la reintegrazione patrimoniale. Tale rivalutazione non è assorbita dalla liquidazione degliinteressi compensativi, i quali mirano unicamente a compensare il creditore del mancato godimento di unasomma di denaro e decorrono dalla data del fatto illecito, salva la detrazione degli interessi a scalare, nel caso dirisarcimento di danni futuri » (Cass. civ., 16 febbraio 1978, n. 760, in Arch. civ., 1978, 7649).

(53) « Il potere d’acquisto non può essere determinato se non in funzione di un determinato mercato: quelloterritorialmente competente all’ordinamento giuridico competente nella disciplina del rapporto » (ASCARELLI, op.ult. cit., 484).

(54) «Non c’è dubbio, dunque, che la funzione del valore informi e caratterizzi la categoria dei debiti di valore,ma non tanto per la pretesa capacità di questa tipologia di debiti di uscire indenni dalle vicende della svalutazionemonetaria, quanto piuttosto per il fatto che il bene patrimoniale dovuto è identificabile e quantificabile sulla basedi una relazione di valori e, cioè, misurato in unità monetaria avente corso legale... » (INZITARI, op. cit., 475). «Acaratterizzare il debito di valore... risulta, allora, proprio la mancanza di un criterio prestabilito al qualeancorare la quantificazione della somma da prestare, la cui determinazione viene a dipendere, quindi, dallatraduzione in termini attuali di un valore astratto, attraverso un’operazione di liquidazione, da effettuare inrelazione alla dinamica del potere di acquisto della moneta » (QUADRI, op. cit., 566).

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che si è data a quella legata agli effetti del fenomeno inflattivo sul potere d’acquisto dellamoneta.

Anche questa problematica, infatti, non riguarda il momento della aestimatio rei, e cioèquello della misurazione del «valore», per cui non concerne tanto la quantità di potered’acquisto da attribuire al creditore della prestazione (e tanto meno, come si è visto, quellodella «fattispecie dell’illecito»), quanto piuttosto la fase successiva della taxatio, destinataad assicurare la corrispondenza di tale valore astratto al potere d’acquisto che, in concreto,assumerà la somma di denaro da liquidare nel mercato in cui questa dovrà essere spesa (55).

Quest’ultima operazione, quindi, riguarda la seconda fase della quantificazione delrisarcimento.

Essa non concerne affatto la misurazione del danno e la corrispondente quantificazionedel «valore» della prestazione risarcitoria da attribuire al danneggiato in termini di potered’acquisto.

Il «valore» del potere d’acquisto attribuito al danneggiato residente all’estero ovvero lasua espressione monetaria (e quindi la sua misurazione in moneta come «unità di conto»)ai fini estimativi sarà pertanto identico a quello da attribuirsi all’italiano (o allo straniero cherisieda in Italia).

In concreto, ad esempio, nel caso del danno non patrimoniale di natura biologica o deldanno da uccisione, tale espressione monetaria corrisponderà alla somma prevista dalla«tabella» impiegata a tal fine, compresa, se giustificata, la relativa «personalizzazione».

Ma tale espressione monetaria dovrà poi essere liquidata in rapporto al potere d’acqui-sto che in concreto la moneta nazionale (nel nostro caso, l’Euro) possiede nel luogo diresidenza del danneggiato, per convertirla in una somma di denaro (e dunque in un «mezzodi pagamento») tale da attribuire al medesimo danneggiato, con riferimento al livello deiprezzi proprio del suo Paese di residenza, quello stesso potere d’acquisto che, con riguardoal differente livello dei prezzi del mercato italiano, potrebbe essere procurato da unasomma di denaro necessariamente diversa.

Questa operazione si potrà compiere impiegando la «parità di potere d’acquisto», e cioèquel particolare «indice» di cui si è già detto, che consente di confrontare i livelli dei prezzidi Paesi diversi ed il correlativo potere d’acquisto di una stessa moneta nei differentimercati che sono loro propri.

7. È IL POTERE D’ACQUISTO ATTRIBUITO, E NON LA SOMMADI DENARO LIQUIDATA, IL METRO DI VALUTAZIONE DELL’A-DEGUATEZZA DEL RISARCIMENTO E DEL RISPETTO DELPRINCIPIO DI EGUAGLIANZAIn tal modo si potrà concretamente assicurare l’invariabilità, in diminuzione o in aumento,

(55) Le considerazioni sin qui formulate consentono di comprendere come, in realtà, in senso giuridico,l’espressione «potere d’acquisto» sia polisemica. Il potere d’acquisto, infatti, può essere inteso sia come misura digrandezza del «valore» che è oggetto dell’obbligazione, sia come rapporto fra la somma di denaro che divieneoggetto della relativa prestazione una volta che questa sia liquidata e la quantità di beni e servizi che per mezzo diessa è possibile acquistare in un determinato tempo ed in un determinato luogo. Mentre nella prima accezione ilpotere d’acquisto è connotato, come si è visto, dall’invariabilità, nella seconda invece è destinato a variare inrapporto al tempo in cui l’anzidetta somma di denaro viene liquidata ed al Paese (o al mercato) in cui dovrà esserespesa.

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del potere d’acquisto corrispondente al «valore» astratto che è dovuto al danneggiato ai finidella riparazione del danno, facendo sì che colui che spenderà il proprio risarcimento in unPaese straniero possa acquistare l’identica quantità di beni e servizi che un italiano (o unostraniero residente in Italia) potrebbe procurarsi nel nostro mercato nazionale con ladiversa (maggiore o minore) somma di denaro che gli fosse attribuita per un danno dieguale grandezza.

Così due danni eguali verranno risarciti in egual maniera.L’identico potere d’acquisto procurato ai due danneggiati dalle diverse somme di dena-

ro loro liquidate sarà infatti in entrambi i casi corrispondente allo stesso «valore» delrisarcimento da attribuire e alla stessa quantità di beni o servizi sostitutivi che quellesomme di denaro permetteranno di acquistare in sostituzione della perdita da riparare.

Nel caso del danneggiato residente all’estero non è dunque l’entità della somma didenaro che gli viene liquidata, bensì il potere d’acquisto che con essa gli viene attribuito, arappresentare il metro di valutazione dell’adeguatezza del risarcimento riconosciutogli edell’effettivo rispetto, nei suoi riguardi, del principio di eguaglianza dettato dall’art. 3 dellaCostituzione.

La corrispondenza che il risarcimento deve assicurare è infatti quella tra quantità dipotere d’acquisto che esso deve procurare ed entità del danno da riparare, affinché il«valore» da attribuire al danneggiato rimanga insensibile alle oscillazioni del potere d’ac-quisto della moneta.

È a questa esigenza che la sentenza in commento si riferisce quando afferma che la«mera attribuzione di un uguale valore monetario» non consentirebbe «di riconoscere atutti i danneggiati un riconoscimento uguale».

Pertanto, se nel Paese in cui il risarcimento dovrà essere speso, il potere d’acquisto dellamoneta fosse diverso (minore o maggiore) da quello che è in Italia, la somma di denaro daliquidare al danneggiato dovrà essere adeguata, e cioè proporzionalmente aumentata odiminuita, allo scopo di mantenere inalterata quella corrispondenza e di permettere quindidi acquistare, nel mercato del Paese di residenza, la stessa quantità di beni o servizi che sipotrebbero acquistare nel mercato italiano con la somma di denaro determinata in sede diaestimatio rei, e cioè prima della taxtatio adeguatrice.

È a questi principi, dunque, che ha fatto riferimento la Corte d’Appello di Milano,laddove ha motivato la decisione annotata osservando che «a variare non è dunque l’entitàdelle ideali soddisfazioni surrogatorie e compensative... bensì la quantità di denaro oc-corrente a procurarle nella realtà socio-economica in cui sono inseriti i soggetti danneg-giati», e sottolineando come « imprescindibile rilevanza» rivesta a tal fine « la specificitàdell’area monetaria e nazionale nella quale verrà poi utilizzato il denaro conseguito, il chequindi costituisce un elemento di fatto di cui tener conto nella concreta determinazionedell’obbligazione» (56).

Si noti che le conclusioni alle quali siamo pervenuti risultano in realtà pienamente

(56) In proposito si è osservato che « la sentenza in commento si segnala per una lucida disamina di unaquestione giuridica assai datata e controversa tutt’oggi in giurisprudenza, ponendo al centro dell’iter logicomotivazionale non mere posizioni ideologiche preconcette (la pretestuosa accusa di discriminazione rivolta aifautori della tesi parametrativa, sempre sollevata a sproposito), ma finalmente richiamando i principi ordina-mentali del sistema di risarcimento del danno alla persona nel nostro Paese » (MARTINI, op. cit.).

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conformi alla nozione stessa di «debito di valore» accolta dalla giurisprudenza di legittimitàed alle conseguenze pratiche che essa ne ha tratto.

Anche di recente la Cassazione civile ha infatti ribadito che «nei debiti di valore ildenaro non costituisce oggetto della obbligazione, come nelle obbligazioni pecuniarie, maassume invece la esclusiva funzione di strumento di misura di un valore. Tipico debito divalore è la obbligazione risarcitoria che mira alla reintegrazione del danneggiato nellastessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non fosse statoprodotto» (57).

Come si è visto, logicamente consequenziale a tale premessa è la conclusione per cui « ildebito di valore ha per contenuto una prestazione la cui misura deve essere ragguagliataquantitativamente ad un valore astratto, onde essa va determinata in funzione del poteredi acquisto della moneta», che pure il Giudice di legittimità ha affermato a chiare lettere (58).

Pertanto, è indiscutibile che nel caso dei debiti di valore, il cui paradigma è rappresen-tato proprio da quelli risarcitori, la misura del risarcimento dovuto non è data dalla quantitàdi denaro in concreto liquidata, ma dal potere d’acquisto che questa può procurare aldanneggiato.

Di qui l’ineludibile necessità di adeguare tale somma di denaro alle variazioni cui ilpotere d’acquisto della moneta è soggetto in relazione al tempo, ma anche al luogo in cuiavviene la liquidazione del debito, nel primo caso rispetto al momento in cui il debito è sortoe nel secondo riguardo al luogo in cui quella somma è destinata ad essere spesa.

8. ARGOMENTI FUORVIANTI E OBIEZIONI PRATICHE ALL’A-DEGUAMENTO DELLA SOMMA DI DENARO DA LIQUIDARE ATITOLO DI RISARCIMENTO AL POTERE D’ACQUISTO DELLAMONETANon vi è dubbio, quindi, che il debito risarcitorio nei confronti dello straniero residenteall’estero, in quanto debito di valore, debba essere assoggettato all’adeguamento di cui s’èdetto.

Diversamente, danni di eguale entità verrebbero risarciti in modo sostanzialmentediverso, a seconda del luogo in cui le somme attribuite verranno spese dai danneggiati.

Questo risultato iniquo e paradossale sarebbe non solo chiaramente incoerente con iprincipi fondamentali della teoria delle obbligazioni, con riguardo alla nozione stessa deidebiti di valore, ma violerebbe il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costitu-zione, per il fatto che due situazioni omogenee verrebbero trattate in modo sostanzialmentedifferente.

Si noti che tale constatazione è tutt’altro che priva di conseguenze sul piano pratico,poiché tra due diverse interpretazioni della legge, deve necessariamente preferirsi quellache appare conforme ai principi costituzionali, a discapito di quella che tale non sia (59).

Eppure, inproposito,sièintesosostenerel’esattocontrario,equivocandosulfattopercuile conclusioni sin qui esposte sarebbero suscettibili di «determinare conseguenze diverse a

(57) Cass. civ., 21 luglio 2009, n. 16963, in Guida dir., 2010, 36. Nello stesso senso: Cass. civ., 18 luglio 2008, n.19958, ivi, 2008, 40, 53; Cass. civ., 22 giugno 2007, n. 14573, in Giust. civ. Mass., 2007, 7-8.

(58) Cass. civ., 22 maggio 1980, n. 3381, in Giust. civ. Mass., 1980, f. 5; e in Foro it., 1980, I, 1592.(59) Corte cost., 26 maggio 1998, n. 188, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1998; Sez. Un. civ., 30 marzo 2000, n.

72, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2000, 514, con nota di ANTONIOLI.

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seconda della nazionalità dei soggetti aventi diritto al risarcimento» (60) e sarebbero su-scettibili di dar luogo a «differenti criteri di risarcimento per cittadini e stranieri» (61).

Al contrario, nessun rilievo assume in questo caso la nazionalità del danneggiato, comesi è già visto, ma ciò che interessa è invece il suo luogo di residenza (in relazione al potere diacquisto della moneta nel mercato di riferimento), che è circostanza di fatto completamentediversa (62).

L’inesistenza di qualsiasi profilo discriminatorio dell’adeguamento della somma di de-naro liquidata in tal caso è dimostrata dal fatto che questo deve effettuarsi per il solostraniero residente all’estero e non per quello (magari della sua stessa nazionalità) residen-te in Italia.

Fuorviante appare, poi, l’obiezione per cui « il luogo dove il danneggiato abitualmentevive... e presumibilmente spenderà o investirà il risarcimento a lui spettante, è inveceelemento esterno e successivo alla fattispecie dell’illecito» (63), posto che tale circostanzanon rileva già ai fini dell’integrazione dell’illecito, ma a quelli, completamente diversi, delladeterminazione dell’oggetto dell’obbligazione risarcitoria, come si è detto (64).

Per giustificare la tesi opposta a quella qui sostenuta si è poi evocato il mai sopitodibattito sulla funzione del risarcimento del danno non patrimoniale (satisfattiva, compen-sativa o punitiva) (65), il cui contenuto (66) tuttavia risulta del tutto irrilevante ai fini che quiinteressano.

L’adeguamento della somma da liquidare a titolo di risarcimento al potere d’acquistodella moneta, come si è detto, riguarda la fase della taxatio, e non già quella dell’aestimatiorei, per cui risulta del tutto insensibile alla funzione che si intende attribuire al risarcimentostesso.

Infatti, se anche s’intendesse assegnare al risarcimento una funzione punitiva, e non giàsatisfattiva (o non solo satisfattiva), tale sua qualificazione inciderebbe semmai sull’espres-sione monetaria del «valore» da risarcire e quindi sulla quantità di potere di acquistooggetto della prestazione risarcitoria, ma non sul suo successivo adeguamento al potered’acquisto che la moneta possiede nel luogo in cui la somma di denaro da liquidare dovreb-be essere spesa.

(60) Al riguardo si veda, ad esempio, in Cass. civ. n. 24201/2014 ovvero quei contributi per cui l’adeguamentodel risarcimento al potere d’acquisto del Paese di residenza del danneggiato integrerebbe « una vera e propriadiscriminazione in contrasto con l’art. 3 Cost. », (CATINIELLO, Danno non patrimoniale dello straniero: irrilevanzadella realtà socio-economica, in Giur. it., 2015, 1083).

(61) Trib. Torino n. 4932/2010, cit.(62) Relativamente alla tesi dell’irrilevanza del luogo di residenza del danneggiato straniero ai fini della deter-

minazione della taxatio del risarcimento si è scritto: «È qui che l’orientamento giurisprudenziale in parola prestain fianco alle maggiori critiche. Non ci pare, in altri termini, che esso sia tacciabile di incostituzionalità perviolazione del principio di uguaglianza, almeno sotto il profilo della dicotomia italiano-straniero: gli italiani, qui,sono trattati in modo analogo rispetto agli stranieri, perché la liquidazione è agganciata ad un parametrooggettivo, e non dipende dalla nazionalità del danneggiato » (WINKLER, Risarcimento del congiunto e attorestraniero tra reciprocità, diritti fondamentali e « gabbie risarcitorie », cit., 172).

(63) Cass. civ. n. 7932/2012, cit.(64) Sicché risulta davvero difficile comprendere le ragioni per cui « l’adeguamento... determini effetti che si

pongono contro il sistema » (BONA, Prendere ai poveri per dare ai ricchi? Il danno non patrimoniale dellostraniero, in Danno resp., 2001, 207, nt. 23).

(65) BONA, op. cit., 203.(66) Per una sintesi di tale dibattito si vedano: BONILINI, Danno morale, in Digesto disc. priv., Sez. civ., Torino,

1995, V, 86; PATTI, Il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale della persona, Torino, 1999, 71.

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Quest’ultima operazione, quindi, non è in alcun modo influenzata dalla funzione ches’intenda assegnare al risarcimento del danno non patrimoniale.

Ed ancora, si sono sollevate svariate obiezioni di ordine pratico, interrogandosi adesempio sul fatto se occorra «anche considerare la differenza di tenore di vita in Italia eSvizzera e così risarcire di più allo svizzero» (67).

Ovviamente, la risposta non può essere che affermativa, in quanto l’adeguamento dellasomma di denaro da liquidare dovrà farsi non solo in diminuzione, con riguardo ai Paesi incui il potere d’acquisto della moneta è minore che in Italia, ma anche in aumento, relativa-mente a quelli in cui esso è invece maggiore, per cui l’obiezione anzidetta è priva di qualsiasirilevanza ai fini che qui interessano.

Ed ancora, ci si è chiesti che si dovrebbe fare «se, dopo l’iniziale consulto col suoavvocato, il danneggiato preordinasse il proprio trasferimento in un Paese più ricco» (68),domanda questa che trova una risposta altrettanto facile, poiché se tale «trasferimento»fosse reale, non si vede per qual motivo la predetta somma di denaro non dovrebbe essereadeguata al potere d’acquisto della moneta in quest’ultimo.

Peraltro, è assai semplice osservare come nella prassi non risultano proprio casi di «tu-rismo risarcitorio» di tal genere e come essi, stanti le sempre più rigide regole che discipli-nano l’immigrazione «economica» nei Paesi «più ricchi», risulterebbero ben difficilmentepraticabili, per cui è chiaro che obiezioni di tal genere appaiono a dir poco speciose.

Sollevare un ipotetico inconveniente non significa invero dirimere un argomento (69),tanto meno quando il primo si rivela tutt’altro che insuperabile.

9. ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVEIn conclusione, non vi sono ragioni plausibili per negare che il risarcimento da liquidarsi adun danneggiato che lo spenderà in un Paese caratterizzato da un potere d’acquisto dellamoneta diverso rispetto a quello che essa possiede in Italia, perché ivi residente, debbaessere adeguato a quest’ultimo.

(67) BONA, op. cit., 206.(68) BONA, op. cit., 206.(69) Ovviamente del tutto irrilevanti, ai fini del potere d’acquisto della moneta e dunque dell’adeguamento

della somma di denaro di cui si discute, risultano altre obiezioni, come quella inerente al fatto che « gli individui piùricchi valutano meno il denaro di quelli più poveri » (BONA, op. cit., 207), trattandosi di attitudini meramentesoggettive che, se realmente sussistenti, non influirebbero di certo sul potere d’acquisto anzidetto. Per non direche frutto di una evidente forzatura appare l’assunto formulato da Trib. Roma n. 11335/2008, cit., secondo il qualela «presunzione che il danneggiato spenda il risarcimento nel luogo ove vive » sarebbe «priva di requisiti di cuiall’art. 2729 c.c. in quanto dal fatto noto che il danneggiato vive in una determinata zona o Stato estero non puòlegittimamente inferirsi né quando né come né dove spenderà il risarcimento ricevuto ». Fermo restando che il«quando» e il «come» il danneggiato spenderà l’anzidetta somma di denaro risultano del tutto irrilevanti (ancheperché, ai fini della sua determinazione, relativamente al «quando», è al momento della taxatio, e non a quello incui il risarcimento verrà speso che deve farsi riferimento) e salvo il fatto che, come qualsiasi altra presunzionesemplice, anche quella relativa al luogo di cui si discute può essere vinta dalla prova contraria, risulta infatticonforme all’id quod plaerumque accidit che, per far fronte ai propri bisogni di vita, una persona acquistiquotidianamente ed abitualmente i beni e i servizi che le necessitano nel luogo in cui risiede. Altrimenti detto, nonpuò certo essere smentito il fatto che una persona residente in Mozambico acquisti i beni e servizi che lenecessitano nel proprio Paese, e non in Svezia.

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La sentenza annotata ha effettuato tale adeguamento, almeno apparentemente, in viameramente equitativa (70).

In realtà, come si è visto, il potere d’acquisto della moneta in ciascun Paese è compara-bile a quello degli altri mediante ben precisi indici di raffronto.

Uno di questi, ampiamente utilizzato dalla giurisprudenza di merito (71), è rappresentatodai «coefficienti di conversione» previsti dal decreto del ministro del lavoro del 12 maggio2003 per la «determinazione del livello di reddito equivalente, per ciascuno Stato, a quellodi cui all’art. 38 l. 448/2001» (72).

Si tratta di un parametro accettabile perché i coefficienti in questione sono direttiproprio a «convertire» le somme di denaro attribuite dallo Stato italiano ai cittadini resi-denti all’estero per garantire loro un determinato «livello di reddito» ai fini pensionistici,adeguandole in ragione del potere d’acquisto della moneta nel Paese di residenza (raffron-tato al potere d’acquisto nel nostro Paese) (73).

Le finalità perequative della norma in questione sono, invero, identiche a quelle di«rispetto della parità di trattamento di tutti i danneggiati» che si pongono nel caso dirisarcimento del danno.

Un altro indice utilizzabile, stante l’autorevolezza della fonte, è indubbiamente il «pricelevel index», che esprime le PPA di tutti i Paesi del mondo, elaborato periodicamente dallaBanca Mondiale, sulla base di una dettagliata rilevazione dei prezzi di una quantità di benie servizi diversi (c.d. paniere), raggruppati per categorie omogenee (74).

Di grande diffusione è il c.d. «indice Big Mac» (75), uno strumento informale di compa-razione del potere d’acquisto di una valuta elaborato annualmente, che tuttavia sconta illimite di esser riferito al prezzo di un unico prodotto.

Insomma, gli strumenti per attuare l’adeguamento di cui si discute non mancano, ciòche non pare proprio possibile mettere in discussione è che esso sia imposto dal nostrodiritto positivo quando si tratti di attribuire il risarcimento di un danno non patrimoniale adun danneggiato residente all’estero.

(70) Riducendo del 30% la somma di denaro liquidata, in considerazione del fatto che i danneggiati risultavanoessere residenti in Romania.

(71) Ad esempio, si vedano: Trib. Torino, 15 novembre 2004, cit.; Trib. Brescia, 25 maggio 2012, cit.; Trib. Nola,7 gennaio 2014, cit.; e Trib. Monza, 2 novembre 2007, n. 3302, cit.

(72) Il decreto in questione è stato emesso in attuazione dell’art. 38, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n.289, al fine di garantire ai «cittadini italiani residenti all’estero... un reddito proprio, comprensivo della...maggiorazione sociale nonché di trattamenti previdenziali e assistenziali anche corrisposti all’estero, tale dapoter raggiungere un potere d’acquisto equivalente a quello conseguibile in Italia con 516,46 Euro mensili pertredici mensilità, tenendo conto del costo della vita nei rispettivi Paesi di residenza ».

(73) Col limite costituito dal fatto che il decreto si riferisce alla situazione economica dell’anno 2000 e, nonessendo espressamente previsto dal citato art. 38 della l. n. 289/2002 l’aggiornamento periodico dei «coefficienti»di conversione, tale dato di riferimento è rimasto fermo ai valori di quell’anno.

(74) I dati più recenti sono quelli dei prezzi rilevati nel 2011, riportati nella pubblicazione della Banca Mondiale«Purchasing Power Parities and the Real Size of World Economies » del 2014 e reperibili in http://siteresources.worldbank.org/ICPEXT/Resources/ICP-2011-report.pdf, laddove il «price level index » di ciascun Paese èespresso nella tavola 2.1.

(75) Reperibile in http://www.economist.com/content/big-mac-index (è necessaria l’iscrizione ad Economist.com per accedere ai dettagli). Il prodotto di riferimento è l’hamburgher Big Mac della nota casa americana.

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