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- 1 - Servizio Infermieristico, Tecnico, Ostetrico e della Riabilitazione Direttore Dr. F. Vallicella Area della Formazione Resp. Dr. Enzo Pescatori “Le competenze essenziali in ambito sanitario: definizione di un modello di riferimento” di Enzo Pescatori PROFILO di COMPETENZA INFERMIERISTICO del PERSONALE

Transcript of di Enzo Pescatori C OMP ET NZA i d O e L l I P F E O R S P ... · 1.4 I cinque connotati della...

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Servizio Infermieristico, Tecnico, Ostetrico e della Riabilitazione Direttore Dr. F. Vallicella Area della Formazione Resp. Dr. Enzo Pescatori

“Le competenze essenziali in ambito sanitario:

definizione di un modello di riferimento” di Enzo Pescatori

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INDICE

PREMESSA

1 TEORIE E MODELLI

1.1 I primi approcci al concetto - 1 -

1.2 Alcune definizioni - 2 -

1.3 Il concetto di competenza: quattro caratteristiche di fondo - 3 -

1.4 I cinque connotati della competenza secondo Spencer & Spencer: il modello

iceberg - 5 -

1.5 Le competenze chiave - 7 -

1.6 L’identificazione delle competenze: quale approccio? - 8 -

2 REALIZZAZIONE DEL PROGETTO

2.1 Finalità - 11 -

2.2 Strumento e campi di applicazione - 11 -

2.2.1 Campi di applicazione - 12 -

2.3 Lo specifico sanitario - 13 -

2.4 Il punto di vista della formazione - 15 -

2.5 La scelta del modello di riferimento - 16 -

2.6 Gli step del progetto - 17 -

2.6.1 Fasi del lavoro - 17 -

2.7 Stesura della mappa delle competenze dell’infermiere - 18 -

2.7.1 Percorso operativo - 18 -

3 STRUMENTI - 22 -

4 CONSIDERAZIONI FINALI - 23 -

5 ALLEGATI

5.1 Mappe

5.1.1 Area Chirurgica

a) Chirurgia Generale

b) Urologia

c) Ortopedia e traumatologia

d) Sala Gessi

e) Ostetricia e Ginecologia

5.1.2 Area Medica

a) Medicina Generale

b) Geriatria

c) Pneumologia

d) Endoscopia Digestiva

5.1.3 Servizi Sanitari

a) Laboratorio Analisi

b) Pronto Soccorso

c) Gruppo Operatorio

d) Endoscopia digestive Gastroenterologia

5.1.4 Territorio

a) Cure Primarie

b) Igiene Pubblica

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PREMESSA

E’ ormai culturalmente acquisito il concetto che le Risorse Umane rappresentano il fattore

produttivo centrale dei sistemi organizzativi. Questo dato acquista ancor più rilevanza

all’interno delle Aziende Sanitarie, per le quali la qualità del servizio reso viene fortemente

condizionata dalla competenza dei professionisti che vi operano.

Tale competenza acquista la sua rilevanza strategica e valoriale attraverso l’azione che

lega l’attività del singolo ad un più ampio processo di azioni coordinate che attuano e

sviluppano le finalità organizzative definite della struttura stessa.

La tendenza sempre più diffusa ad organizzare le aziende ospedaliere in aree

dipartimentali, soddisfa principalmente due esigenze: aumentare l’efficienza organizzativa

attraverso l’utilizzo di economie di scala e rendere più flessibile la gestione delle risorse

umane. Quest’ultimo fattore, che presuppone la capacità di alcune figure professionali di

operare in diverse aree mantenendo un adeguato livello qualitativo delle proprie

prestazioni, ha bisogno del supporto di uno strumento in grado di definire quale debba

essere il livello di competenza minimo richiesto in un dato ambito.

Da qui la necessità di un progetto che permettesse di realizzare un “modello” applicabile

per la descrizione delle “mappe delle competenze”, un indispensabile strumento d’analisi

sull’adeguatezza degli operatori.

1 TEORIE E MODELLI

1.1 I primi approcci al concetto Il modello nasce agli inizi degli anni ’70 allorquando David Mc. Clelland, uno psicologo di

notevole fama, particolarmente apprezzato per i suoi studi e test sulla motivazione, venne

incaricato di riprogettare la selezione dei funzionari del FSIO (Foreign Service Information

Officers), una sorta di diplomatici dislocati all’estero per favorire l’approvazione ed il

consenso della politica americana nel mondo. Considerando la scarsa predittività dei test

attitudinali fino a quel momento utilizzati e cioè la modesta relazione tra i risultati dei test

stessi ed il successo nel lavoro, Mc Clelland decise di costruire egli stesso uno strumento

di selezione, evidenziando e raccogliendo i comportamenti di successo nella mansione,

utilizzando le interviste fatte ad alcuni diplomatici inseriti da diversi anni nel ruolo e

considerati come eccellenti. La validazione di tale raccolta fu poi eseguita attraverso il

metodo di validità concorrente per gruppi contrapposti, che non è altro che un metodo di

- 2 -

validazione dei test utilizzato in psicometria1; scelse quindi un nuovo gruppo di diplomatici

e verificò se coloro che maggiormente mettevano in pratica i comportamenti descritti,

erano anche coloro che venivano valutati come superiori nelle performance. Il metodo ora

descritto, utilizzato in seguito nell’ ambito della psicologia industriale per tramite della Mc.

Ber & Company, di cui Mc. Clelland era fondatore e presidente, così come da altri

psicologi come Byham della Dimension Develompment International e come Thornton III°

della Colorado State University, è ad oggi divenuto un modello di individuazione e

definizione delle competenze consolidato che ha dato luogo a centinaia di tipologie di

repertori diversi.

Secondo l’OCSE, rapporto finale della ricerca De.Se.Co. (definizione e selezione delle

competenze), la nozione di competenze chiave o essenziali (key competencies o core

competencies) serve a designare le competenze necessarie e indispensabili che

permettono agli individui di prendere parte attiva in molteplici contesti sociali e

contribuiscono alla riuscita della loro vita e al buon funzionamento della società.

Chomsky (1965), distingue tra competence (competenza) e performance (esecuzione),

cioè tra quello che l’individuo può fare e quello che realmente fa in determinate condizioni.

Considera la competenza come la condizione necessaria per produrre, comprendere e

assicurare una performance.

In Italiano competenza nasce dal latino tardo Competentia ed è una derivazione di

competere che significa incontrarsi con, convenire, addirsi. Ancora viene intesa come

piena capacità di orientarsi in un determinato campo (Devoto Oli 1990).

1.2 Alcune definizioni La letteratura sulle competenze propone un’ampia panoramica di definizioni e di approcci.

Solo nella letteratura socio-psicologica e manageriale sono state contate più di 160

definizioni diverse.

Competenza, capacità, capability, competency sono termini che a volte si sovrappongono,

o hanno comuni aree di descrizione; in questo dibattito si creano neologismi e in taluni

casi si propongono vecchie definizioni con nuove terminologie. In italiano con

"competenza" (dal latino competentia, “cum-petere”, chiedere, dirigersi a) s’intende la

piena capacità di orientarsi in determinati campi, la legittima autorità di esprimere un

mandato, specie in ambito giudiziario2.

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In ambito formativo Pellerey (1983)3 definisce la competenza professionale come

"l'insieme strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti necessari per svolgere un

compito".

Più recentemente Quaglino (1990)4 definisce la competenza "la qualità professionale di un

individuo in termini di conoscenze, capacità e abilità, doti professionali e personali".

In entrambe queste definizioni la competenza è definita come un insieme di

elementi/dimensioni che concorrono all'efficacia di un comportamento professionale. È da

notare che, seppur in modo diverso, la competenza non è descritta solo in termini di

sapere e saper fare ma fa riferimento anche a caratteristiche personali e individuali.

Ad oggi la definizione che sembra godere di maggiore considerazione è senza dubbio

quella di Klemp (1980) ripresa da Boyatzis (1982) e da Spencer (1993) che dice:

“competenza è una caratteristica intrinseca individuale causalmente collegata ad

una performance efficace o superiore in una mansione o in una situazione, e che è

misurata sulla base di un criterio predefinito”.

In definitiva la competenza permette di esprimere i comportamenti richiesti dal ruolo,

appartiene alla dimensione psicologica e nascosta della persona, diventa prestazione in

atto, per azione della motivazione alimentata a sua volta dal contesto, il quale crea le

condizioni indispensabili che spingono la persona a esprimere le proprie potenzialità

(Gandini, 2005). Vengono quindi integrati in un unico termine fattori diversi, che tuttavia

sono collegati tra loro da legami causali: le motivazioni e la visione di sé ad esempio

spingono una persona a ragionare in un certo modo e quindi ad assumere alcuni

comportamenti che divengono nel tempo tratti stabili del suo carattere così come del suo

modo di lavorare5.

1.3 Il concetto di competenza: quattro caratteristiche di fondo La definizione di competenza sopra elencata, condivisa da molti autori, presenta diversi

passaggi forieri di ambiguità, che hanno appunto favorito la generazione di molteplici punti

di vista e approcci:

1) “la competenza è una caratteristica intrinseca”: questa espressione ha originato

interpretazioni differenti lungo un continuum che va dalla competenza come nucleo stabile

della persona, definito e duraturo, ossia ripetibile, necessario per poter “predire il

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comportamento in un ampia gamma di situazioni e di compiti di lavoro”6 alla competenza

come elemento di sviluppo, e quindi acquisibile e modificabile; Il concetto chiave racchiuso

nella natura stessa dell’intrinsecità è la “ripetibilità della performance e il mantenimento

della sua qualità, al di là della molteciplità di situazioni in cui essa si può esprimere” 7.

Gli autori Levati e Saraò affermano l’importanza di non confondere competenza con

capacità, definita come “la dotazione personale che permette di eseguire con successo

una determinata prestazione, quindi la possibilità di riuscita nell’esecuzione di un compito

o, in termini più vasti, di una prestazione lavorativa” 8. Posta in questi termini si comprende

come la capacità sia caratteristica intrinseca proprio per il suo radicarsi nel patrimonio

individuale dell’individuo.

2) “causalmente collegata ad una performance”: il rapporto competenza/performance,

che pone l'accento sulle prestazioni finali, ha fatto emergere posizioni estremamente

differenti circa l'osservabilità e la misurabilità degli esiti; gli autori T. Hoghiemstra (1992) e

C. Woodruffe (1992) identificano, cadendo in un terribile equivoco, il concetto di

competenza a quello di comportamento, travisando termini quali l’acutezza mentale, la

fiducia in sé, la sensibilità interpersonale come comportamenti piuttosto che caratteristiche

personali a cui possono al limite essere fatti risalire dei particolari tipo di comportamento.

Confondere il significato dei termini quali competenza, performance, comportamento e

caratteristiche individuali, forse con l’intenzione di farsi comprendere anche ai non addetti

ai lavori, rischia di eludere il problema del nesso causale tra competenze e performance

invece di spiegarlo.

3) “in una mansione o in una situazione”: tal espressione ha dato origine a pareri diversi

che si collocano lungo un continuum che va dall’assoluta specificità della competenza (il

contesto è cruciale) alla assoluta trasversalità (la competenza è trasferibile e, rimanendo

la stessa, può essere applicata in differenti contesti);

4) “è misurata”: deriva da qui la distinzione tra competenze di soglia (caratteristiche

essenziali per essere minimamente efficaci) e competenze distintive che distinguono gli

elementi superiori da quelli medi;

5) “si compone di”: da qui scaturiscono i vari elenchi e modelli che hanno dato origine ai

repertori di competenze con l'insieme degli elementi che li compongono.

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- 5 -

In primo luogo la competenza è dunque una caratteristica intrinseca individuale in quanto

è una parte integrante e duratura della personalità di un individuo, del quale può predire il

comportamento in un’ampia gamma di situazioni e di comportamenti di lavoro. Gli autori

Levati e Saraò s’interrogano sulla veridicità della questione e pongono un problema

respingendolo in un quesito: Se la competenza fa parte di un patrimonio individuale,

acquisire competenza comporta un cambiamento a livello di personalità? 9

Una risposta viene data dagli autori Spencer & Spencer che affermano che le competenze

si dividono in quelle di superficie più facili da sviluppare e quelle profonde, modificabili

attraverso “il training, la psicoterapia e/o da esperienze positive di sviluppo, anche se

occorre più tempo e si va incontro a maggiori difficoltà”. 10

Interessante è l’interrogativo posto dagli stessi autori, che esprimono la loro perplessità

nella possibilità o meno, di riuscire a sviluppare determinate caratteristiche attraverso la

formazione, essendo la competenza definita un carattere innato. L’interrogativo si traduce

in un quesito che devia però dal concetto originario. “Vale la pena di sforzarsi tanto,

rischiare di buttare del proprio tempo ad insegnare qualcosa che non essendo

caratteristica intrinseca esiste la possibilità venga recepita poco o per nulla?”

Il famoso aforisma dagli stessi citati: “E’ possibile insegnare ad un tacchino ad

arrampicarsi sugli alberi, ma è meglio assumere uno scoiattolo” 11 dà l’esatta idea di

quanto sarebbe utile, oserei dire fondamentale per qualsiasi lavoro, avere delle persone

che ricoprono in modo ottimale l’incarico per il quale sono state assunte. Sarebbe come

dire “la persona giusta nel posto giusto”.

1.4 I cinque connotati della competenza secondo spencer & spencer: il modello iceberg

Spencer & Spencer individuano cinque tipi di caratteristiche di competenza:

1) Le motivazioni sono gli schemi mentali o le spinte interiori che normalmente inducono

una persona ad agire12 (es.: motivazione al risultato);

2) I tratti sono i connotati o caratteristiche fisiche, e una generale disposizione a

comportarsi in un determinato modo ad una data situazione. o ad un’informazione (es.

tempi di reazione, spirito d’iniziativa).

3) L'immagine di sé sono gli atteggiamenti, i valori o i concetti di sé (es. la fiducia in sé)13.

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- 6 -

4) La conoscenza è una competenza complessa. Spesso si misura la capacità di scegliere

la risposta giusta fra più opzioni, ma non la capacità di agire in conformità a quella

nozione.

5) Le skill sono le capacità (abilità) di eseguire un determinato compito intellettivo o

fisico14.

Data questa distinzione è opportuno notare che l'indagine su uno o l'altro degli elementi

sopra descritti, va ad interagire su una pianificazione delle risorse umane. Vi sono, infatti,

le conoscenze e le skill che tendono ad essere caratteristiche passibili di osservazione,

perché relativamente superficiali. L'immagine di sé, i tratti e le motivazioni sono

"sommersi", vale a dire nascosti nelle parti più intime della personalità15. Spencer rende

graficamente questa distinzione, con la rappresentazione di un iceberg ove le skill sono la

punta dello stesso (si veda la figura sotto) Per questo motivo le conoscenze e le skill sono

parti su cui è più facile intervenire dal punto di vista della formazione professionale ed è il

sistema più efficace, anche a livello di sostenimento aziendale di costi, per assicurarsi

un'efficacia sul personale a livello di capacità. Le motivazioni e i tratti, invece, sono più

facili da acquisire attraverso il processo di selezione; mentre le caratteristiche legate

all'immagine di sé sono intermedie fra motivazioni e tratti. Si può capire, dunque, perché

molte organizzazioni puntano proprio sulle skill, anche in fase di selezione: ciò risulta

essere più efficace in termini di costi, ma non predittivo di performance superiori. Nelle

mansioni di tipo complesso sono le competenze che influiscono maggiormente rispetto

alle skill o ai titoli scolastici. Ecco perché, mentre si sale verso posizioni di tipo

manageriale/ dirigenziale, lo studio delle competenze è il modo più efficace, in termini di

costi, per assumere le persone più adatte a queste posizioni. Le motivazioni, i tratti e

l'immagine di sé predicono, secondo Spencer, le skill di comportamento - azione, che a

loro volta sono predittive dei risultati della performance nella mansione (modello di flusso

causale "motivazioni tratti - comportamento - risultato")16.

modello di Spencer

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Skill conoscenze

immagine di se tratti motivazioni

Intimo più difficile da sviluppare

Superficie più facile da sviluppare

- 7 -

1.5 Le competenze chiave

Nello specifico:

• La competenza è la capacità di rispondere

a esigenze individuali e sociali, o di svolgere efficacemente un'attività o un compito;�

• Ogni competenza comporta dimensioni cognitive, abilità, attitudini, motivazione, valori, emozioni e altri fattori sociali e comportamentali��

• Le competenze si acquisiscono e si sviluppano in contesti educativi formali (la scuola) non formali (famiglia, luogo di lavoro, media, organizzazioni culturali e

associative ecc..), informali (la vita sociale nel suo complesso)��• Lo sviluppo delle competenze dipende in grande misura dall'esistenza di un ambiente

materiale, istituzionale e sociale che le favorisce. Le competenze chiave sono tali se sono necessarie e indispensabili per tutti. Quelle che

invece si riferiscono a un settore specifico di un determinato ambito o a specifici soggetti e

che non sono generalmente applicabili, non potranno essere identificate come necessarie.

La loro definizione ha l’obiettivo di stabilire, nella logica del profilo, un campo di

professionalità, anche rinnovabile, che risponda alle istanze culturali provenienti dalla

società, dalla scienza e dall’organizzazione di appartenenza. La loro valutazione/bilancio

potrà dare il via alla pratica della certificazione delle competenze (rilascio di attestazioni),

attraverso l’istituzione di un portfolio17 che accompagni la persona nel lavoro e nella

formazione. Una sorta di “accreditamento dei professionisti” in virtù del quale saranno

autorizzati ad operare soddisfando standard predefiniti (dalla professione), cioè di averne

la competenza.

In definitiva, il bilancio delle competenze18, è uno strumento d’orientamento, che aiuta a

fare il punto su se stessi, rilevando attitudini, interessi, abilità e competenze, magari non

emerse e potenziali, quindi sconosciute allo stesso soggetto. Finalizzato alla realizzazione

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motivazione

conoscenza

esperienza

capacità

relazionali

abilità

tecniche

intuito

intelligenza

COMPETENZE

CONTESTO

- 8 -

di un progetto personale, professionale o formativo, il bilancio prevede la ricostruzione

della storia di vita della persona con particolare riferimento alle sue esperienze lavorative

nonché all'individuazione e alla descrizione delle sue competenze. I principali strumenti

utilizzati sono: il colloquio, l'autovalutazione attraverso l'uso di questionari, test attitudinali,

schede, questionari, test al fine di arrivare alla ricostruzione delle proprie esperienze

personali formative e lavorative. Le informazioni così raccolte vengono infine rielaborate

fino a confluire in un documento finale di sintesi e in un progetto di sviluppo professionale

e/o formativo. In particolare l'ISFOL19 ha distinto due tipologie fondamentali di applicazione

del Bilancio delle competenze, come strumento di orientamento e come strumento di

valutazione. Nel primo caso esso è finalizzato alla costruzione del proprio progetto

formativo o professionale, in una logica di rafforzamento dell'immagine del soggetto, di

valorizzazione delle sue risorse e di realizzazione delle sue aspettative. Nel secondo caso

va a determinare le competenze del soggetto in questione in funzione del loro

riconoscimento e certificazione, al fine di renderle maggiormente spendibili nel sistema

formativo o professionale anche attraverso la loro configurazione in crediti.

Un siffatto meccanismo di certificazione (credentialing) contribuisce a garantire buoni livelli

di qualità assistenziale e risponde all’istanza di sicurezza avanzata dall’utenza.

Diventa quindi importante per una organizzazione complessa (ULSS/ Az. Osp.……),

procedere alla definizione di un proprio modello, che oltre all’individuazione di competenze

e alla loro certificazione, garantisca un meccanismo che attesti il loro mantenimento.

1.6 L’identificazione delle competenze: quale approccio? La mappatura delle competenze è un processo con il quale un’organizzazione individua e

classifica le caratteristiche delle mansioni o dei ruoli del personale, con lo scopo di

conoscerne l’insieme delle skill, abilità etc. necessarie a ricoprirli per ottenere prestazioni

elevate.

Il punto di partenza nell’individuazione delle competenze consiste nella rilevazione delle

attività (le job description). I risultati ottenuti dalla descrizione dei ruoli e delle mansioni

consentono di conoscere i comportamenti, che rappresentano le azioni necessarie a

svolgere le attività individuate. A partire dai comportamenti, è possibile definire quali siano

le competenze sottostanti, tipiche per ciascun ruolo.

Per l’individuazione e l’analisi delle competenze esistono diversi metodi e approcci. In

generale, la metodologia adottata contribuisce in modo determinante alla stessa

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- 9 -

definizione della competenza20, evidenziandone alcuni aspetti rispetto ad altri. L’analisi

può essere orientata ad identificare i performer eccellenti e le loro qualità, oppure a

ricostruire le situazioni lavorative per risalire alle competenze richieste.

Non esiste un metodo migliore degli altri per l’individuazione e l’analisi delle competenze.

Per avere dati sufficientemente esaustivi e completi, è consigliabile combinare più

tecniche, tenendo conto dei vantaggi e dei limiti di ciascuna di esse21: in tal modo è

possibile cogliere i diversi aspetti delle mansioni e dei ruoli osservati ed ottenere un

quadro completo delle competenze.

Secondo l’autore Sandberg (2000), la competenza è un fenomeno basato su attributi che

le persone usano per svolgere il lavoro. I “più competenti” possiedono un insieme

superiore di attributi 22.

Il significato di competenza cambia in relazione all’approccio assunto:

a) deduttivo-razionalista

- work oriented (approccio inglese)

- worker oriented (approccio americano)

b) induttivo-interpretativo-fenomenologico

L’approccio di tipo deduttivo-razionalista introdotto da Sandberg, considera le competenze

in termini di catalizzatori della riflessione e della consapevolezza dell’agire professionale

(oggetto di meccanismi di revisione e di ripensamento costanti e continui), rilevate

attraverso un approccio di tipo bottom-up, che prevede un’analisi sul campo con tecniche

di ricerca tipicamente qualitative, quali, interviste in profondità e focus group.

L’approccio work oriented, di derivazione inglese, indica, con il termine competenza, una

determinata attività lavorativa che la persona è in grado di svolgere secondo un livello

predefinito.

In questa accezione le competenze sono comportamenti osservabili propri di una certa

mansione che la persona è in grado di svolgere secondo uno standard di prestazione

prefissato. In questo caso indicare le competenze di una persona significa elencare i

principali compiti lavorativi propri di una determinata mansione. Un’impostazione di questo

tipo permette agevolmente il riconoscimento dell’apprendimento non formale, perché

enfatizza quello che una persona sa fare piuttosto che “come l’ha imparato”. Si possono

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ottenere così un maggior numero di qualifiche professionali anche senza aver svolto

percorsi formali di studio o formazione.

L’approccio worker oriented: approccio di tipo americano, centrato sul lavoratore, la cui

competenza è una dimensione soggettiva, risultato del percorso di sviluppo compiuto dal

soggetto. E’ costituita da conoscenze, capacità e attitudini della persona. Non è

strettamente connessa ad un unico contesto o compito, ma rappresenta un potenziale

trasferibile a contesti ed organizzazioni diverse.

All’approccio di tipo deduttivo - in cui le competenze vengono predefinite tramite elenchi di

caratteristiche ideali ritenute necessarie al raggiungimento del successo aziendale – si

contrappone quello di tipo induttivo – che definisce le competenze attraverso

l’osservazione di comportamenti di successo .

E’ raro verificare l’applicazione pura di un approccio piuttosto che un’altro, spesso si

riscontra l’applicazione di vari modelli con trasmutazione di alcuni elementi. Ciò che si sta

affermando con evidenza è il fatto che sta venendo meno la definizione del “che cosa fare”

e sta diventando sempre più importante “ciò che le persone sanno fare”, con la

conseguenza che le risorse personali e le competenze diventano cruciali per il vantaggio

competitivo di un’organizzazione.

Mettendo a confronto l’approccio inglese e americano si può evidenziare che la “capacità

tecnica” dell’impostazione “americana” è generica, parcellizzata e si riferisce

esclusivamente al contenuto strettamente tecnico del compito, mentre le ‘units’ sono assai

più ampie, legate ad una mansione specifica e includono tutti gli elementi (e non solo le

capacità tecniche) necessari al buon svolgimento del compito lavorativo. Ad esempio con

riferimento all’attività di un receptionist nell’impostazione “americana” sapere utilizzare il

computer è una competenza, mentre nell’impostazione “inglese” la competenza è “gestire

le prenotazioni” e saper utilizzare il computer è solo una componente della stessa.

Riassumendo, nell’approccio del metodo americano, le competenze sono le caratteristiche

personali che permettono la prestazione lavorativa, e sono indicate con nomi di

caratteristiche o attributi personali. Nell’approccio inglese le competenze sono le

prestazioni che una persona è in grado di svolgere, e sono descritte dal verbo fare o da un

sinonimo. Nel primo caso il termine è stato introdotto per prevedere una buona

performance; nel secondo invece per validare una prestazione reale. Entrambe le

definizioni hanno ragione di esistere, però quando leggiamo o usiamo il termine

“competenze” è importante avere chiaro a quale delle due definizioni ci riferiamo, perché

non sono compatibili.

- 11 -

2 REALIZZAZIONE DEL PROGETTO

2.1 Finalità La finalità del presente progetto è di delineare un insieme strutturato di saperi posseduti o

da acquisire da specifiche figure professionali (profilo di competenze), sulla base di un

repertorio strutturato standard e contestuale, che potremmo definire “il modello delle

competenze". Tale modello potrà consentire di definire organicamente, rispetto a variabili

di complessità e responsabilità, le diverse postazioni lavorative, i comportamenti e le

capacità adatte all’esercizio delle prestazioni, le possibilità di sviluppo di ciascun individuo

ovvero i punti forti e i punti di debolezza di un determinato gruppo di persone. La

complessità sarà determinata dalla presenza di alcuni fattori quali: l’incertezza,

l’interdipendenza, la discrezionalità e la quantità dei fattori di uscita di un sistema. La

responsabilità verrà valutata in termini di capacità di previsione dei risultati di un processo

e di modifica dei comportamenti in relazione a questi.

Gli standard minimi di competenza certificati, al fine di garantire omogeneità al sistema ed

in relazione alle diverse aree operative, dovranno comprendere:

a) il riferimento alla figura o gruppi di figure professionali e alle attività o aree che le

caratterizzano;

b) la descrizione delle competenze professionali e i criteri di valutazione del possesso

delle stesse;

c) l’individuazione della soglia minima riferita al possesso delle competenze;

d) Il piano di miglioramento delle competenze.

Il sistema consente inoltre di riportare al singolo la responsabilità di progettare e dirigere il

proprio sviluppo professionale, offrendo a tutti la possibilità di autovalutarsi, censire le aree

in cui le performance non sono adeguate, definire le priorità sulle quali investire con la

formazione.

2.2 Strumento e campi di applicazione Come sottolinea Bernard (1992), “l’osservazione e l’identificazione delle competenze

necessarie per il successo in una mansione permette di costruire un modello di

competenza grazie al qual è possibile formulare programmi di formazione e procedure per

il reclutamento”.

Non essendo al momento disponibili indicazioni normative, circa lo standard di

competenze essenziali applicabile, si dovrà procedere empiricamente con l’ausilio di uno

strumento (scheda) di valorizzazione della persona, che conterrà, oltre alle competenze,

anche un bilancio delle stesse relativamente al soggetto. Dalla sua applicazione ne

- 12 -

scaturirà un quadro che permetterà all'organizzazione di attivare politiche di formazione e

di sviluppo, individuali e/o di gruppo, predisponendo piani per il miglioramento delle

competenze mancanti o ritenute deboli (scheda C).

Si rimanda ad un ulteriore strumento “portfolio…” la realizzazione di una banca dati come

previsto dalla direttiva emanata dalla Funzione Pubblica il 13/12/2001 “DIRETTIVA SULLA

FORMAZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEL PERSONALE DELLE PUBBLICHE

AMMINISTRAZIONI” (punto 5). Il documento che dovrà contenere informazioni sul

soggetto, sul suo curriculum di apprendimento formale e non formale, la posizione

occupata (ruolo e ambito operativo), diventerà una preziosa fonte di informazione per il

soggetto e per l’organizzazione, con particolare riferimento a potenzialità, aspirazioni e

esigenze organizzative.

2.2.1 Campi di applicazione La Selezione

E’ uno dei campi dove il modello trova una delle sue più felici applicazioni. Definire con

precisione le caratteristiche del sapere e dell’essere che possono rendere vincenti in una

mansione e selezionare i candidati in rapporto a tali caratteristiche non può infatti che

ridurre gli errori di valutazione e migliorare gli esiti della selezione stessa.

L’inserimento

Il periodo di prova è previsto dalle norme ed è un’opportunità molto importante per

l’Azienda, è uno strumento fondamentale per conoscere il neo-assunto, formarlo, valutarlo

e decidere se confermarlo a tempo indeterminato o non confermarlo per mancanza delle

capacità richieste dal ruolo ricoperto. Il Concorso certifica le conoscenze teoriche e non le

competenze tecniche e comportamentali. Pertanto, la Direzione ha “l’obbligo” e la

“responsabilità ” di assumere il personale necessario con le capacità richieste e

concretamente possedute.

Da una buona gestione della fase di inserimento le parti ne traggono:

- un beneficio aziendale. I nuovi assunti si integrano più facilmente nel tessuto lavorativo

preesistente

- un beneficio economico. I nuovi assunti sono immediatamente produttivi per l’Azienda

- un beneficio culturale. I nuovi assunti vengono fidelizzati all’Azienda ed ai suoi percorsi

progettuali specifici.

Per raggiungere l’obiettivo è necessario che il neo-assunto sia stato accolto, inserito,

addestrato, valutato e confermato e si senta parte dell’azienda.

- 13 -

La Pianificazione e lo Sviluppo

E’ un altro dei settori maggiormente beneficiati dall’ applicazione del modello poiché

fornisce delle basi concrete ed oggettive per indirizzare le persone nei diversi sentieri di

carriera in funzione della corrispondenza delle caratteristiche psicologiche e tecniche

richieste con quelle possedute.

La Formazione

L’ applicazione del modello alla formazione è di fondamentale importanza poiché non solo

consente di ridurre in modo drastico gli sprechi indirizzando le persone verso quei corsi di

cui hanno effettivo bisogno, ma permette anche di tarare l’entità dell’impegno formativo in

rapporto alle necessità connesse ai ruoli.

La Valutazione delle prestazioni

Fondamentale è anche il beneficio che i sistemi di valutazione delle prestazioni possono

derivare dall’ applicazione del modello. Avere dei profili di competenza per ciascun ruolo

graduati e derivati sperimentalmente consente infatti non solo di indicare all’ individuo

degli standard di eccellenza da raggiungere ma anche di rendere meno arbitraria la

valutazione degli aspetti qualitativi della performance notoriamente di difficile

apprezzamento.

I Sistemi Retributivi ed Incentivanti

E’ di sicuro il settore di maggiore interesse per l’ applicazione del modello per la crescente

insoddisfazione verso i tradizionali sistemi retributivi ancorati al peso della posizione ed

incapaci di valorizzare a pieno titolo la professionalità individuale. A fronte di tale interesse

tuttavia manca al momento attuale una chiara definizione dell’ espressione “paying for

competence” che indichi come tradurre in pratica la filosofia di pagare in base alle

capacità, più che in base al valore della posizione.

2.3 Lo specifico sanitario Per analizzare lo stato delle conoscenze sulla tematica dello sviluppo delle competenze

nel contesto sanitario non si può non fare riferimento ai paesi anglosassoni e all’American

Nursing Association (ANA) che ha definito la competenza infermieristica avanzata come

pratica infermieristica avanzata, che si realizza attraverso l’esperienza clinica e percorsi di

formazione di secondo livello (master in infermieristica o dottorati), che consentono agli

infermieri non solo di acquisire abilità e conoscenze specialistiche superiori, ma anche di

estendere le loro competenze cliniche, attraverso lo sviluppo di capacità di ragionamento e

di gestione dei problemi di assistenza ad elevata complessità”

- 14 -

Gli autori Pearson (2002), Gillis (2000), Bourbonniere (2002) individuano cinque principali

aree di competenza: assistenziale, educativa, di ricerca, di consulenza e di leadership.

Di fatto, anche se l’Inghilterra ha cercato di regolamentare in maniera chiara le funzioni e

le competenze della figura infermieristica, esiste ancora molta difficoltà a livello

internazionale nel definire chiaramente i ruoli, il tipo di formazione, la carriera e le funzioni

dell’infermiere con pratica avanzata.

Numerosi studi evidenziano che l’infermiere con competenza avanzata, rispetto al neofita,

assume un ruolo fondamentale in rapporto ai suoi colleghi23, come supervisore, sostegno

e consulenza, facendosi promotore di processi di cambiamento24 mentre sul piano clinico-

relazionale funge da “guida esperta” per sviluppare capacità di autocura e di autogestione

della malattia.

In letteratura non vi sono molte ricerche che hanno trattato tematiche quali le

caratteristiche di una pratica competente. Una ricerca innovativa è stata effettuata da

Meretoja et all.25 i quali, attraverso uno studio descrittivo, hanno individuato degli indicatori

di assistenza, che sono stati successivamente correlati ai diversi contesti operativi,

mettendo in risalto le funzioni di pratica avanzata, utilizzando come quadro teorico di

riferimento il modello di competenza di Patricia Benner (vedi figura n. 2).

I risultati di questo studio, condotto in Finlandia, ha portato alla validazione di uno

strumento per l’autovalutazione delle competenze infermieristiche nei diversi contesti

assistenziali ospedalieri, la Nurse Competente Scale (NCS), identificando 173 indicatori di

competenza, suddivisi in 7 categorie:

1. competenze organizzative e lavorative

2. somministrazione e monitoraggio di interventi e trattamenti

3. funzione di insegnamento-coaching

4. gestione efficace di situazioni instabili

5. ruolo d’aiuto

6. funzione diagnostica e di monitoraggio del paziente

7. monitoraggio e qualità delle attività di assistenza sanitaria

In Italia, la formazione in sanità, mutuando l’esperienza dall’ambito scolastico, ha oggi

iniziato ad indirizzare la propria progettazione secondo la logica delle competenze

essenziali. Si supera in tal modo l’errata e riduttiva equazione “formazione = corso” e si

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- 15 -

introduce una logica pedagogica che vede nelle competenze essenziali un patrimonio

della persona, ovvero l’insieme delle capacità potenziali di ciascuno portate effettivamente

al miglior compimento nelle particolari situazioni.

Di questa nuova modalità di progettazione, in conformità alla politica di gestione definita

nell’Atto Aziendale, andranno investiti i singoli Dipartimenti nella definizione dei “saperi

essenziali” delle diverse figure professionali ivi operanti, allo scopo di definire meglio i

fabbisogni formativi e assicurare una maggiore coerenza tra necessità e proposte

formative. L’obiettivo è stabilire un punto di incontro tra l’organizzazione, con la sua

vision, mission, e le persone con le loro competenze, motivazioni desideri ecc. In

quest’ottica la formazione ha la responsabilità di innescare situazioni che favoriscano

l’acquisizione, lo scambio, il confronto, la ricerca, non in modo episodico (il corso), bensì

continuo, sistematico e che soprattutto siano finalizzate a ottenere modificazioni radicate

nel comportamento degli operatori. Si tratta di attivare un percorso “logico” dove la

formazione, orientata dalle competenze, ripercorra le fasi del processo lavorativo, e

sviluppi adeguatamente le fasi del pre e del post evento.

Ne scaturisce una pianificazione a un supporto del miglioramento delle conoscenze agìte.

Un “Piano” più orientato alle modificazioni dei saperi profondi e meno impegnato a

soddisfare le pur legittime esigenze formative (anche di ECM) della comunità

professionale. Passare pertanto dalla produzione di corsi alla gestione dei processi di

apprendimento.

Ma come si dovrà intervenire, agire per far sì che gli apprendimenti diventino elementi

costitutivi della cultura professionale di ognuno? E ancora: come favorire il radicamento

dei nuovi apprendimenti, tanto che gli stessi si traducano in nuovi comportamenti?

Con il presente lavoro si inizia a organizzare una risposta che non potrà essere esaustiva

ma che si pone come premessa per ulteriori interventi

2.4 Il punto di vista della formazione Possiamo chiederci come e cosa imparano coloro che operano nelle pubbliche

amministrazioni, quali sono i reali meccanismi di apprendimento individuale indotti nelle

organizzazioni pubbliche. Un prima riflessione va fatta sull’attività formativa strutturata che

un’amministrazione può organizzare per i propri dipendenti. Negli ultimi anni questa attività

è stata molto sviluppata, anzi si è sviluppata quasi in modo febbrile. E’ tuttavia doveroso

porsi la questione se non se ne sia fatta troppa, con significativi investimenti, per

rispondere più a criteri di efficienza del servizio che ad altro. Per questa via si corre un

duplice rischio:

- 16 -

- di pianificare la cosiddetta “formazione apparente” caratterizzata da un’offerta

incongruente con la domanda, basata sulla domanda manifesta e non su quella

latente, quindi scollegata con le esigenze organizzative dell’istituzione e tendente a

consolidare gli schemi cognitivi esistenti piuttosto che farli evolvere;

- di riproporre la discrepanza tra formazione d’aula e lavoro quotidiano, con il rischio

di fare quella che gli operatori definiscono “formazione teorica”, cioè quella

formazione bella, ma inapplicabile e quindi considerata del tutto inutile per il lavoro

quotidiano.

Per ovviare a ciò è necessario che gli Enti apprendano a gestire sempre meglio i loro

processi formativi interni, anche ricorrendo a importanti rimaneggiamenti organizzativi.

2.5 La scelta del modello di riferimento L’approccio metodologico di riferimento e scelto dall’Azienda Ulss 22 è stato quello di tipo

deduttivo-razionalista, “work oriented” di stampo inglese. Un possibile modello che ben si

adatta agli scopi del presente lavoro è la “mappatura delle competenze” proposto da

Levati e Saraò nel 1998: una sorta di check-up organizzativo, che si sostanzia

nell’individuazione delle attività connesse al ruolo. Il centro di questo programma è la

definizione di una unità di competenza, elaborata da un gruppo di progetto composto da

un esperto in metodologie didattiche e da alcune persone con esperienze nell’ambito di

riferimento, attraverso un confronto sulle caratteristiche del compito/problema preso in

considerazione per individuare le prestazioni, le attività e le capacità che vi sono implicate.

La definizione deve orientarsi verso ciò che è realmente utilizzabile, cioè comportamenti

ritenuti adeguati alla situazione (tralasciando i comportamenti d’eccellenza).

Un successivo confronto tra competenze possedute e richieste dalla posizione, permette

di evidenziare i gap negativi riferiti all’inadeguatezza delle competenze o gap positivi

relativi ad una loro superiorità rispetto a quanto richiesto.

L’insieme degli elementi identificati, calati in un determinato contesto, ci permetterà di

disporre di una mappa di “competenze professionali”, una combinazione di:

• conoscenze teoriche legate al sapere disciplinare (selezionato in base a ciò che

serve per lavorare) e pratiche (riferite al contesto lavorativo e ai collaboratori),

• capacità che si esprimono secondo una logica di processo,

• caratteristiche individuali non totalmente riconducibili alle conoscenze e capacità,

che interagiscono tra loro e risentono della motivazione e della volontà (T. Gandini 2005).

- 17 -

2.6 Gli step del progetto Operativamente sono stati costituiti gruppi di ricerca con il compito di:

• identificare la figura oggetto di studio (ruolo ricoperto ambito operativo)

• stabilire i saperi (necessari) tecnico professionali: corrispondono al sapere e

all’esperienza professionali acquisibili con lo studio e l’attività pratica.

Sono costituite da:

� conoscenze ed esperienze di natura scolastica ed universitaria;

� conoscenze ed esperienze che fanno riferimento a un’area di natura

professionale;

• analisi delle responsabilità connesse al ruolo effettivamente svolto

• descrizione delle capacità osservabili o comportamenti in cui consiste l’espressione

delle capacità

• (job description) con: descrizione dettagliata dei compiti/attività realmente svolti dalla

figura (quesiti: quali conoscenze sono necessarie per svolgere le attività, quali

capacità sono necessarie per svolgere le attività, quali caratteristiche personali

dovrebbero essere presenti per svolgere le attività);

• ricondurre la attività alle specifiche competenze definite e descritte poi in modo chiaro

e misurabile (parametri interni/esterni).

2.6.1 Fasi del lavoro 1. Fase di progettazione

- Ricerca bibliografica

- Lettura e Revisione sistematica della letteratura

- Stesura della bozza di progetto e successiva formalizzazione

- Scelta degli ambiti di studio

2. Fase informativa

- Incontro preliminare con il gruppo di progetto (allargato)

- Presentazione del progetto e programmazione lavori - (gruppo/i definitivi)

3. Fase operativa

- Predisposizione del diagramma di Gantt (all. A)

- Analisi del materiale disponibile: lettura critica dei “processi operativi” già disponibili

- Produzione risultati: denominazione e descrizione delle competenze

- Divulgazione risultati

4. Fase di verifica

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- definizione di indicatori e strumenti per la verifica dell’impatto operativo

2.7 Stesura della mappa delle competenze dell’infermiere Riflessione: “come” identificare le competenze dell’infermiere (quale percorso?).

A questo proposito diventa indispensabile considerare lo spazio professionale della

figura all’interno del panorama “salute”, attraverso:

1. analisi della domanda ovvero dei bisogni espressi e non dalla popolazione di

riferimento;

2. l’offerta di prestazioni, attività, erogate dal professionista in risposta ai

bisogni più o meno espressi dalla popolazione.

3. competenza distintiva (insieme di caratteristiche che rendono unica la professione

infermieristica. In definitiva la “presa in carico della persona”) della figura che si traduce

nel saper agire validato dalla riflessione e dall’esperienza.

2.7.1 Percorso operativo Prima di descrivere il percorso seguito per la descrizione delle competenze, è bene

precisare che si è scelto di partire dai “Processi Operativi”, in quanto l’Azienda ULSS 22

già dal 2005 aveva iniziato un percorso a livello regionale di “Autorizzazione-

Accreditamento”, al quale è stato associato un ulteriore percorso di certificazione secondo

le norme ISO vigenti.

Si procede all’individuazione delle “competenze” attraverso l’analisi dei processi

presenti nelle specifiche UU.OO., con individuazione delle attività (flusso) che danno

origine ad un risultato (output).

1. individuazione dei processi (tipici di un determinato settore) nei quali si ipotizzino

responsabilità della figura in esame. Il processo è l’insieme delle attività necessarie

per gestire una risorsa durante il suo ciclo di vita e cioè un insieme di attività, sia

dirette che indirette, logicamente intercorrelate tra loro al fine di raggiungere un

determinato obiettivo. Il processo è, infatti, per definizione, un flusso di attività che

hanno una stretta interdipendenza (naturale o pianificata/controllata); possono

essere svolte da figure professionali/ruoli aziendali diversi; sono caratterizzate da

un output/risultato (un prodotto o un servizio), che contribuisce a trasformare gli

elementi in ingresso al processo (input di processo) in elementi in uscita (output del

processo).

In questa ottica è utile definire l’output (risultato atteso) e l’input (ovvero i fattori in

entrata necessari). Per maggiore chiarezza si propone di definire al contempo i

- 19 -

“processi” e relativi “output – input” utilizzando una tabella che costringa a

delimitare i confini entro i quali ricercare le attività ecc.

Denominazione del processo

Output del processo Input del processo

2. Definizione delle principali attività che costituiscono il processo. Sono costituite

da un insieme di operazioni/compiti e realizzano porzioni di processo; danno vita ad

output parziali, l’insieme dei quali determinerà il risultato del processo. Per

correttezza e uniformità di scrittura si suggerisce di descriverle utilizzando la

seguente sintassi: Predicato – complemento oggetto – attributo. Scrivere anche

l’output dell’attività aiuta ad avere una visione d’insieme del processo e quindi può

essere interessante utilizzare la tabella:

Attività Risultato dell’attività

predicato, complemento, attributo

3. La denominazione delle competenze. Convenzionalmente si può affermare che

un soggetto possiede tante competenze quanti sono gli output/risultati che è in

grado di generare e che gli sono riconosciuti come validi in un determinato

contesto; relativamente a ciascuna competenza, si rileva che quanto maggiore è il

numero di output/risultati analoghi prodotti dal soggetto in più situazioni,

mantenendo costante il livello di prestazione, tanto maggiore è la probabilità di

inferire, e quindi di certificare, la padronanza della relativa competenza.

Poiché ciascuna delle competenze è l’attuazione di una combinazione di

elementi/risorse, la ricchezza e l’autonomia di un soggetto (e di un lavoratore in

particolare) consistono esattamente nel suo essere in grado di produrre la

combinazione vincente. Quanto più ampia è la dotazione di risorse di una persona,

quanto più questa è “eccellente” nel combinarle, tanto più è elevato è il suo livello di

padronanza delle competenze, cioè il suo (saper) agire in situazioni specifiche e

nuove, per produrre gli output richiesti/attesi.

Successiva ad una corretta formalizzazione delle attività, la denominazione di

riduce ad un automatismo derivante dalla scrittura dell’attività, preceduto dalla frase

“essere in grado di..”. Infatti, l’output realizzato in modo valido, è significante della

- 20 -

padronanza del soggetto rispetto a quella specifica competenza, ovvero l’insieme di

elementi di un generico “saper agire”.

NB: la denominazione della competenza ha per sua natura un carattere sintetico. Il

successivo punto si rende necessario per una maggiore chiarezza nella

formalizzazione delle competenze.

La struttura sintattica concordata per denominare le competenze è la seguente

Locuzione attività

Essere in grado di informare sulle regole e le attività di reparto

4. La descrizione delle competenze dovrà avvenire attraverso la formalizzazione

delle fasi tipiche del processo di lavoro. Semplificando si procederà prendendo in

considerazione: gli input che entrano nella fase di descrizione preceduti da

locuzioni del tipo: a partire da…, sulla base di…, ecc; le operazioni che devono

essere fatte per quella determinata attività, i fattori/condizioni (strumenti, vincoli

ovvero istruzioni operative, procedure, linee guida ecc.) da considerare per

svolgere l’attività. In pratica si può ipotizzare di descrivere la competenza,

distinguendo tra loro conoscenze, abilità e comportamenti,/atteggiamenti/attitudini,

ovvero, patrimonio emotivo, comportamentale ed etico che, pur non essendo

collegato ad uno specifico sapere, orienta l’individuo nella sua vita personale e

professionale e lo rende più o meno capace di interagire positivamente con l’utente

e l’èquipe di lavoro. In particolare con comportamenti si intende tutto ciò che ha a

che fare con il saper essere della persona come ad esempio: precisione…,

scrupolosità…, apertura…, attenzione.., pazienza…, delicatezza…, rispetto…,

disponibilità all’ascolto…, disponibilità al dialogo ecc…

Esecuzione pratica

� compilare la scheda (A), uno strumento di transizione, un supporto cartaceo di

lavoro, che consente di arrivare alla descrizione delle competenze partendo dai

processi.

� compilare la scheda (B), riportando quanto contenuto nelle colonne

“competenze” e “descrizione competenze”, della scheda (A,). Completare con

l’individuazione degli indicatori.

- 21 -

Ne risulterà la mappa delle competenze descrizioni, da utilizzare per effettuare

bilanci/certificazioni di singoli individui e/o gruppi, circa il possesso o meno delle

competenze ritenute necessarie per operare in un dato contesto.

� successivamente, diversificando di volta in volta lo strumento in relazione al

campo di applicazione della mappa, si utilizzerà la scheda (C). Con questa

scheda si stabilisce una sorta di contratto negoziato tra soggetto e

organizzazione, attraverso la definizione di un piano di recupero, mantenimento o

miglioramento cosicché al termine di un congruo periodo di tempo, le competenze

richieste e quelle possedute coincidano.

22

3 STRUMENTI Scheda A (utilizzare esclusivamente in fase di costruzione della mappa delle competenze)

PROCESSO ATTIVITA’ COMPETENZA DESCRIZIONE COMPETENZA

Scheda B (certificazione delle competenze)

Ambito di applicazione

Ruolo ricoperto/figura

Cognome e nome

Dipartimento ………………………………………… U.O. …………………………………………

…………………………………………….

…………………………………………………………………

Bilancio delle competenze

Livelli data Denominazione competenza Descrizione competenza 1 2 3

Scheda C (recupero/miglioramento)

PIANO DELLE AZIONI DI MIGLIORAMENTO

Competenza da recuperare Obiettivo di recupero Percorso di miglioramento tempi Verifica

Azioni formative/metodi formativi Pos. Neg.

RELAZIONE FINALE

LEGENDA: 1= la competenza non raggiunge lo standard minimo –

2 = la competenza è appena sufficiente e necessita di un rinforzo

3 = quando la competenza è posseduta in modo soddisfacente

23

4 CONSIDERAZIONI FINALI

Considerando l’insieme degli elementi descritti appare possibile tracciare alcune

considerazioni finali che sintetizzano il nostro pensiero su tale argomento. Se al metodo

delle competenze si deve il merito di aver proposto una strategia di razionalizzazione delle

caratteristiche individuali migliorando e rendendo meno soggetti alla distorsione

individuale settori come la selezione, la valutazione del potenziale, la programmazione

dello sviluppo e la formazione, più difficili da affrontare, almeno per il momento, sono

settori quali la valutazione delle posizioni ed i sistemi retributivi. Infatti, mentre per il primo

gruppo di settori di applicazione si è giunti ad un buon livello di maturazione, per i secondi

si deve parlare di livello sperimentale con tutto il suo portato di problematicità.

Ad ogni buon conto, il metodo delle competenze rappresenta una risposta alla crisi dei

metodi classici di valutazione e promozione professionale e rappresenta una svolta

significativa nel campo della gestione delle risorse umane, grazie al suo contributo nella

razionalizzazione ed oggettivazione degli strumenti oggi utilizzati. Infatti fare il bilancio

delle competenze significa ricercare il percorso/progetto che favorisca lo sviluppo

professionale, attraverso una ricalibratura delle competenze possedute, la cui lettura, in

termini di utilizzo, è sottratta all'organizzazione produttiva e riconsegnata alla persona, che

ricompone in uno spazio tutto suo la propria identità professionale."

E’ un metodo dinamico che abbisogna di continuo sviluppo-aggiornamento per mantenere

la propria validità interna: per questo ha bisogno del contributo di ogni singolo attore

coinvolto. Tutti lo possono utilizzare, per questo non deve essere vissuto come un ulteriore

sistema di controllo. Non deve trasformarsi in una moda, pericolo sicuramente presente, il

che gli farebbe perdere il suo originario compito di sviluppo della risorsa umana.

Il presente lavoro rappresenta quindi una concreta applicazione del metodo delle

competenze che, attraverso l’analisi dei processi lavorativi, definisce in modo chiaro e

condiviso quanto l’organizzazione si attende dai propri operatori, in particolar modo per

quanto attiene alla qualità delle prestazioni erogate. Al contempo il metodo permette ai

professionisti di misurare (auto-check) le proprie competenze, verificandone il grado di

corrispondenza con quanto atteso dall’Azienda.

24

Prospettive

Qual è allora lo scenario verso cui andare? È uno scenario che prevede la disponibilità di

una serie di “banche”26 nelle quali la “risorsa competenze” possa essere custodita e

gestita a beneficio di tutta la rete del o dei soggetti pubblici e privati:

� una banca dei “portafogli di competenze” posseduti dalle singole persone;

� una banca delle competenze richieste;

� una banca dell’offerta formativa organizzata per unità di competenze

capitalizzabili.

Avvalendosi di quanto depositato nelle banche, le persone potranno più facilmente

attraversare le frontiere dei vari sistemi (scuola, università, formazione professionale,

lavoro …) e le frontiere nazionali usando sempre la stessa “moneta”: la competenza, i suoi

componenti, i suoi multipli.

Su tali basi si potrà costruire il “Portfolio delle Competenze individuali”, finalizzato ad

aiutare il soggetto a definire con precisione le proprie capacità, competenze, attitudini e

aspirazioni professionali al fine di progettare e mettere in atto percorsi professionali

soddisfacenti. Del metodo, che potrà/dovrà essere oggetto di approfondimento e studio, si

sottolineano i tre aspetti più interessanti:

� documentare nel modo più ampio possibile il percorso di crescita della

persona in base alle sue esperienze e allo sviluppo di competenze.

� il Portfolio per "riflettere su di sè", sul processo che ha portato a crescere.

� il Portfolio è "individuale" e ogni soggetto deve essere consapevole di quello

che "contiene", deve "costruirlo", rendersi partecipe della valutazione

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