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Sono convinto che è la carità che fa vivere il mondo; senza la carità il mondo e la Chiesa sarebbero un’esperienza triste e invivibile. Don Enzo Boschetti Camminare nella luce Periodico di informazione della Comunità Casa del Giovane - Anno XXXIX - N° 2 - agosto 2010 La Casa del Giovane di don Enzo Boschetti IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALLʼUFFICIO DI PAVIA C.P.O. DENTENTORE DEL CONTO PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA Pubblicazione gratuita iscritta al n° 498 del Registro Stampe Periodiche presso il Tribunale di Pavia (aut. del 6/11/1998) - Spedizione in a.p. art. 2 comma 20/c, legge 662/96 - Filiale di Pavia La fatica di educare di don Arturo Cristani A educare si fa fatica. Lo sanno gli educatori e i volontari delle no- stre comunità quando condivi- dono i fallimenti e le sofferenze dei gio- vani accolti. Ragazzi dai sogni con le ali tarpate da pesi e cesoie ereditate dal lo- ro passato familiare e sociale – spesso devastante – e portate nel cuore, a volte rimosse ma sempre pronte a bloccare, frenare, impedire la crescita e la libertà. Lo sanno i genitori, quando sentono i loro figli quindicenni dire “Papà, tu sei l’unico che mi pone regole per uscire, per i soldi, per gli orari... tutti i miei amici fanno quello che vogliono...” o li vedono immergersi, sfuggire e spesso perdersi nei mondi virtuali della rete o peggio ancora della dipendenza, senza riferimenti saldi e incapaci di fronteg- giare la complessità del mondo di oggi e di godere della vita e delle cose sem- plici ma vere. Lo sanno gli insegnanti, che trovano sempre maggiori difficoltà a gestire gruppi e classi, dove l’attenzione al sin- golo ragazzo e al suo apprendimento, la proposta di esperienze e contenuti vali- di si scontra con la fragilità dei ragazzi di oggi, con la loro incapacità di ascol- tare, la difficoltà a concentrarsi, a stare in relazione, imbottiti di “insalate” di slogan, mode e informazioni contrad- dittorie e, alla fine, deludenti. Lo sanno i sacerdoti quando, a fronte dell’urgenza di formare coscienze e persone alla fede, a valori e ideali sani e credibili, assistono di fatto allo sbricio- lamento delle famiglie, al dilagare della cultura del piacere immediato e delle pulsioni elevate a criterio di vita, alla violenza e all’indifferenza come norma di vita. Lo sanno i giovani stessi che, pieni di vita e di desideri, si ritrovano diso- rientati e sfiduciati, con i piedi appog- giati alle “sabbie mobili” di proposte che non reggono il confronto con la realtà e la vita vera, con mille illusioni che già da subito essi sanno essere ta- li, con l’insicurezza delle relazioni e delle figure adulte di riferimento, quando ci sono. Ma se si fa fatica a educare, se, in fondo, si fa fatica a vivere... chi ce lo fa fare? La sfida educativa Dentro questo “mare perso” di pensieri deboli, relazioni fragili e valori liquidi, c’è un filo rosso di speranza. Sono quegli uomini e quelle donne – padri, madri, edu- catori, sacerdoti, consacrati e con- sacrate – che continuano a tessere nelle trame del “terribile quotidia- no” la via della Carità, la possibilità della Felicità e della Pace, l’utopia della Giustizia e di una vita bella da vivere perché vissuta per prima da loro stessi. Sono quelli che non si arrendono e continuano a custo- dire luoghi e esperienze di fiducia e di ripartenza, realtà come “esperi- menti da laboratorio” non finaliz- zati a tecniche da mercato ma a persone che possono rinascere, gioire, crescere, vivere e far vivere. Tutti costoro hanno motivazioni profonde, spesso e volentieri sofferte, conquistate e sempre di fede: nell’uomo e/o nell’Uomo con l’iniziale maiuscola ovvero Gesù Cristo. È quello che, come Casa del Gio- vane, con tenacia, a fronte di dif- ficoltà di ogni tipo, sia economi- che (sono sempre meno i soldi pubblici per le opere sociali ed educative) che umane (per educa- re occorre formarsi e non solo studiare o aver buona volontà), viviamo ogni giorno assieme a tante persone che non rinunciano ad amare. E i frutti arrivano, i gio- vani rinascono, si rialzano, ripren- dono a sognare... Abusi sui minori: necessaria una riflessione educativa Riconciliazione via non violenta alla pace pag. 3 pag. 14 Don Enzo: un altro passo verso la santità La prossima tappa elaborata dalla Postulatrice

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Sono convinto cheè la carità chefa vivere il mondo;senza la caritàil mondo e la Chiesa sarebbero un’esperienzatriste e invivibile.

Don Enzo Boschetti

Camminare nella lucePeriodico di informazione della Comunità Casa del Giovane - Anno XXXIX - N° 2 - agosto 2010

La Casa del Giovanedi don Enzo Boschetti

IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALLʼUFFICIO DI PAVIA C.P.O. DENTENTORE DEL CONTO PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA

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La faticadi educare

di don Arturo Cristani

Aeducare si fa fatica. Lo sanno glieducatori e i volontari delle no-stre comunità quando condivi-

dono i fallimenti e le sofferenze dei gio-vani accolti. Ragazzi dai sogni con le alitarpate da pesi e cesoie ereditate dal lo-ro passato familiare e sociale – spessodevastante – e portate nel cuore, a volterimosse ma sempre pronte a bloccare,frenare, impedire la crescita e la libertà.Lo sanno i genitori, quando sentono iloro figli quindicenni dire “Papà, tu seil’unico che mi pone regole per uscire,per i soldi, per gli orari... tutti i mieiamici fanno quello che vogliono...” o livedono immergersi, sfuggire e spessoperdersi nei mondi virtuali della rete opeggio ancora della dipendenza, senzariferimenti saldi e incapaci di fronteg-giare la complessità del mondo di oggie di godere della vita e delle cose sem-plici ma vere.Lo sanno gli insegnanti, che trovanosempre maggiori difficoltà a gestiregruppi e classi, dove l’attenzione al sin-golo ragazzo e al suo apprendimento, laproposta di esperienze e contenuti vali-di si scontra con la fragilità dei ragazzidi oggi, con la loro incapacità di ascol-tare, la difficoltà a concentrarsi, a starein relazione, imbottiti di “insalate” dislogan, mode e informazioni contrad-dittorie e, alla fine, deludenti.Lo sanno i sacerdoti quando, a frontedell’urgenza di formare coscienze epersone alla fede, a valori e ideali sani ecredibili, assistono di fatto allo sbricio-lamento delle famiglie, al dilagare dellacultura del piacere immediato e dellepulsioni elevate a criterio di vita, allaviolenza e all’indifferenza come normadi vita.Lo sanno i giovani stessi che, pieni divita e di desideri, si ritrovano diso-rientati e sfiduciati, con i piedi appog-giati alle “sabbie mobili” di proposteche non reggono il confronto con larealtà e la vita vera, con mille illusioniche già da subito essi sanno essere ta-li, con l’insicurezza delle relazioni edelle figure adulte di riferimento,quando ci sono.Ma se si fa fatica a educare, se, in fondo,si fa fatica a vivere... chi ce lo fa fare?

La sfida educativa

Dentro questo “mare perso” dipensieri deboli, relazioni fragili evalori liquidi, c’è un filo rosso disperanza. Sono quegli uomini equelle donne – padri, madri, edu-catori, sacerdoti, consacrati e con-sacrate – che continuano a tesserenelle trame del “terribile quotidia-no” la via della Carità, la possibilitàdella Felicità e della Pace, l’utopiadella Giustizia e di una vita bellada vivere perché vissuta per primada loro stessi. Sono quelli che non

si arrendono e continuano a custo-dire luoghi e esperienze di fiducia edi ripartenza, realtà come “esperi-menti da laboratorio” non finaliz-zati a tecniche da mercato ma apersone che possono rinascere,gioire, crescere, vivere e far vivere.Tutti costoro hanno motivazioniprofonde, spesso e volentierisofferte, conquistate e sempre difede: nell’uomo e/o nell’Uomocon l’iniziale maiuscola ovveroGesù Cristo.

È quello che, come Casa del Gio-vane, con tenacia, a fronte di dif-ficoltà di ogni tipo, sia economi-che (sono sempre meno i soldipubblici per le opere sociali ededucative) che umane (per educa-re occorre formarsi e non solostudiare o aver buona volontà),viviamo ogni giorno assieme atante persone che non rinuncianoad amare. E i frutti arrivano, i gio-vani rinascono, si rialzano, ripren-dono a sognare...

‘ ‘Abusi sui minori:necessaria unariflessione educativa

Riconciliazionevia non violentaalla pace

pag. 3 pag. 14

Don Enzo: un altro passo verso la santità

La prossima tappa elaborata dalla Postulatrice

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Camminare nella lucePERIODICO DELLA CASA DEL GIOVANE DI PAVIA FONDATO NEL 1971

Lettere

DIRETTORE RESPONSABILE

Sergio Contrini

REDAZIONE

Don Arturo Cristani,Giuseppe Botteri, Rossella Abate, Bruno Donesana

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

Vincenzo Andraous, Lucia Braschi,don Alessandro Comini, Francesca Consolini,

Chiara Dego, Daniela Franzoni, Donatella Gandini,Michela Ravetti, Nicola Saccomani, Ilenia Sforzini

CONSIGLIO DELL’ASSOCIAZIONE CASA DEL GIOVANE

Don Arturo Cristani, don Dario Crotti,Michela Ravetti, Diego Turcinovich, don Luigi Bosotti,

Paolo Bresciani, don Alessandro Comini

EDITORE

Associazione Piccola Opera San Giuseppe

TIPOGRAFIA

Coop. Soc. Il Giovane ArtigianoVia Lomonaco, 16 - 27100 Pavia

Tel.: 0382.381411 - Fax: 0382.3814412Chiuso in tipografia nel mese di giugno 2010

La comunitàCasa del Giovane

Nata in un seminterrato alla fine degli an-ni Sessanta dal carisma di carità di donEnzo Boschetti, la comunità Casa delGiovane accoglie giovani e persone indifficoltà in convenzione con i Servizi So-ciali (minori, tossicodipendenti, alcolisti,carcerati, ecc.) e persone segnate da pro-fonde fragilità psichiatriche condividen-do con loro percorsi di crescita e di rein-serimento nel tessuto sociale.

Camminare nella luce2

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“La sua voce parladi scelte coraggiose”

Caro don Arturo, il mio appuntamento settimanale con l’archiviosi sta pian piano rivelando un’occasione del tut-to privilegiata per riflettere e rileggere la miapersonale storia di vita e di fede.I ricordi riaffiorano mentre leggo ed esamino lepagine più o meno ingiallite degli scritti da ar-chiviare e, mentre rileggo le meditazioni, le ri-flessioni del Don, che appaiono sempre di unastraordinaria modernità, rileggo la mia vita e milascio rinterrogare dalla sua voce che parla discelte coraggiose, di preghiera e di amore gran-de per il Signore, e che risuona ancora così chia-ra e inconfondibile.Arrivo con addosso la stanchezza di tutta la set-timana e riemergo dopo due o tre ore con ener-gie nuove e una grande pace dentro, con la sen-sazione di quando ritrovi il sentiero dopo esser-ti perso o finalmente ricordi qualcosa che nean-che sapevi di aver dimenticato. Saluti cari.

Donatella

Cara Donatella, in modo semplice e sincero mi stai dicendo chedon Enzo continua ad essere guida e modelloper la nostra vita. La tua esperienza è condivisaanche da altre persone che leggendo le riflessionie le indicazioni che don Enzo ha lasciato scritte osono state raccolte dai suoi incontri colgono un'respiro' e una indicazione sicura per affrontarela vita e le sue sfide con più fiducia e coraggio.Sappiamo bene perchè don Enzo ha avuto que-sta capacità: lui stesso si è lasciato guidare da unaVerità e da una Persona che lo ha usato comestrumento per il bene di altri. La sua esperienzapersonale di fede e di carità, di incontro con tantigiovani e ragazzi logorati dalla sofferenza e daldisagio hanno scavato in lui quelle qualità che lorendevano capace di conoscere di parlare al cuo-re del prossimo in una maniera così trasparente elibera da diventare forza, fiducia e chiarezza.Oggi le figure di riferimento, i maestri di vita, leguide spirituali sono cosa rara. Il dilemma è sem-pre lo stesso: sarà perchè c'è meno offerta o per-chè è svanita la domanda?Certo è che per imparare a vivere occorre ascol-tare qualcun altro. Don Enzo stesso in gioventùproprio grazie al libro Storia di un’anima di S.Te-resa di Lisieux ricevette quella luce e quella forza

per compiere scelte decisive e fondamentali perla sua vita.A volte i maestri e le guide possono essere perso-ne viventi, altre volte - e la storia dei santi ce lodimostra - possono essere persone incontrate at-traverso libri scritti da loro o che di loro raccon-tano. Tutti coloro che hanno compiuto qualcosadi valido nella vita hanno quella manciata di libri'preferiti' ai quali non rinuncerebbero per nullaal mondo e dai quali hanno imparato tanto.L'augurio è che anche don Enzo possa continua-re ad essere maestro e guida per te e per molti,anche attraverso i suoi scritti e le sue parole.

Toccare il fondoe riscoprire la vita

Mi chiamo P. L., e spero che questa mia venga atrovarvi bene. Ieri mattina vi ho seguiti in televi-sione su Raidue. Devo dire che mi avete colpitomolto, sia per la vostra organizzazione che per co-me si sono esposti i ragazzi. Mi ha impressionatoil giovane che attualmente fa l’operatore da voi:mi sono rispecchiato nei suoi ideali, so che potreifare tanto anch’io per me stesso e per gli altri. Io, per la mia tossicodipendenza, ho perso tutto.Oggi ho 26 anni, ma ho cominciato molto presto:durante l’adolescenza. È lì che è cominciato il miocalvario buio di illegalità, la mia autodistruzione.Mi trovo in carcere per spaccio, ci sto da 3 mesi,e non vi nascondo che mi ci voleva! Perché hodato un freno alla vita che facevo. Ho un figlio di 6 anni che non vedo da 3. Pensodi potervi dire che l’ho perso.

Se ho deciso di cambiare è anche per lui.Il mio obiettivo primario è cambiare radical-mente.Voglio intraprendere un percorso nuovo e ritor-nare a VIVERE! Ecco quello che mi assilla: vor-rei fare un percorso nuovo e ritornare a viverecon dignità e lucidità, senza scansare le faticheche mi troverò ad affrontare. Il mio obiettivo èrimanere da voi per sempre. Voglio trovare, unavolta per tutte, la pace interiore che, in fondo,credo meritino tutti gli esseri umani. Un recupe-ro personale, sociale e, perchè no, anche spiri-tuale, visto che sono credente e, da bambino,ero anche praticante. Sì, è vero, non sono mai uscito allo scoperto fi-nora, ma dentro di me ho sempre saputo cheposso dare tanto. Non voglio più essere egoista,ignorare le persone e quello che mi dicono. Vo-glio vivere con persone civili, guardarmi allospecchio e vedere chi sono realmente.Ho una mamma un po’ particolare, anche sepremurosa, ed un padre molto distratto, chenon mi ha mai cresciuto. Ma non porto rancore. Ora vi lascio, però non voglio pensiate che fac-cio questo per scampare alla giustizia. Vi lasciocon un abbraccio collettivo.Ciao, a presto. Aspetto vostre notizie.

P. L.

Non sono poche le lettere che giungono in co-munità con richieste di aiuto. Questa ci ha colpi-to più delle altre, perchè l’autore ci trasmettepienamente il suo grande desiderio di vivere lavita come merita di essere vissuta: in pienezza,chiarezza, trasparenza, pace e generosità. Qual-cuno, cinicamente, potrebbe dire: “proprio per-chè è in carcere dice queste belle cose, poi...”.Ma, di fatto, spesso sono proprio le esperienzeche fanno toccare il fondo a farci capire quanto èbella la vita.Nella lettera, mancano informazioni importantisia sulla condanna ricevuta, sia sulla presa in ca-rico di questa sua richiesta da parte dei servizisociali, poiché il carcere in cui egli si trova è inuna regione non vicina alla Lombardia.Ma se questo giovane desidererà veramente vol-tare pagina, con l’aiuto degli altri, sicuramentetroverà una sponda, magari anche da parte dellanostra Comunità. Abbiamo visto già tante volterealizzarsi ‘sogni’ apparentemente impossibili,quando un giovane si gioca fino in fondo e trovachi è disposto a condividere le sue aspirazioni.

don Arturo

Indirizzate le vostre lettere a: don Arturo Cristani - viale Libertà, 23 - 27100 Pavia - [email protected]

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di don Arturo Cristani

«Gli presentavano an -che i bambini per-ché li accarezzasse,

ma i discepoli, vedendo ciò, lirimproveravano. Allora Gesùli fece venire avanti e disse:“Lasciate che i bambini ven-gano a me, non glielo impedi-te perché a chi è come loro ap-partiene il regno di Dio. Inverità vi dico: chi non acco-glie il regno di Dio come unbambino, non vi entrerà”»(Lc 18,15-17).«È inevitabile che avvenganoscandali, ma guai a colui percui avvengono. È meglio perlui che gli sia messa al collouna pietra da mulino e vengagettato nel mare, piuttosto chescandalizzare uno di questipiccoli» (Lc 17,1-3).In tutta la grande bagarre chesi è sollevata attorno al dram-ma degli abusi sessuali su mi-nori da parte di religiosi e sa-cerdoti cattolici c’è il rischiodi dimenticarsi delle personecoinvolte, sia di chi ha abusatosia di chi ha subito.Ho conosciuto persone chehanno subito abusi quandoerano piccoli. È impossibiledescrivere il dolore e la rabbia

che nutrono assieme a quelsenso di “sporco”, di umilia-zione e di angoscia che deva-sta e blocca, che ferisce e siseppellisce nel cuore sino ascomparire quasi, arrivandopoi a spiacevoli “riemersioni”anni e anni dopo... Una vera“bestia nel cuore” come cita-va il titolo di un film di qual-che tempo fa che ben raccon-tava questo dramma. Dram-ma che spinge talvolta alcunia diventare loro stessi abusa-tori di altri piccoli...I riflettori dei media si sonoconcentrati accanitamente eunicamente sulla Chiesa cat-tolica e i suoi rappresentanti,talvolta rei confessi, perchél’evidente e scandalosa incoe-renza permette a una certalaicità di poter dimostrare lanon credibilità della propostacristiana. Tale “campagnamediatica”, dimenticandosimolti altri religiosi e sacerdotiche hanno dimostrato e tutto-ra dimostrano la potenza del-la carità e l’efficacia dell’amo-re di Dio nella vita dell’uomo,rivela così la sua faziosità e su-perficialità ma è riuscita a farpassare l’idea che “prete” èuguale a “pedofilo”.Tutti comunque si saranno

chiesti: “Ma come è possibi-le che sia successo ciò?”.La riflessione che da sacerdo-te e da educatore, da decenniquotidianamente impegnatoa tessere e ritessere la vitapropria con quella degli altri,perché tutti si abbia a cresce-re, mi porta a porre l’atten-

zione su due punti.Primo: il bimbo di oggi è ilgiovane e l’adulto di domanie le dinamiche umane, psico-logiche, relazionali, affettive enon soltanto di cultura e diapprendimento intellettualechiedono molto di più di

quello che attualmente stia-mo dando loro. Cosa vedonoi nostri bambini? Che mes-saggi li raggiungono? Che re-lazioni vivono? Se si pensa alfrantumarsi delle relazioni fa-miliari, al sempre più velocericambio delle figure educati-ve, alla realtà alterata dalla tv

e dal mondo della rete, occor-re farsi delle serie domande etrovare risposte da cui lasciar-ci inchiodare. Secondo: la formazione deglieducatori, genitori, insegnan-ti, sacerdoti, è sufficiente? Oc’è una formazione in gradodi educare oggi? E qui, se si èonesti e attenti, si scopre lavoragine in cui ci troviamocome cultura. È la voragineche divide la formazione in-tellettuale, culturale, profes-sionale, tecnica, operativa, ra-zionale e funzionale (del “co-me/cosa si fa” e del “perché”si fa”) da quella relazionale,degli affetti, delle emozioni,della sessualità, delle pulsioni(del “cosa sento con” e del“cosa provo per”). Questidue mondi non sono integra-ti, sono molto distanti, e si di-stanziano sempre di più. Se sulla formazione della“testa” delle persone oggisiamo a livelli altissimi, sullaformazione del “cuore” edella “pancia” vige la leggedella giungla con dei “datoper scontato” giganteschi.L’esperienza e la realtà dico-no invece che le due cose so-no decisamente “scollate”.Non è difficile incontrare

persone che sono dei “gran-di” a livello culturale, pro-fessionale e intellettuale masono poi dei “piccoli” e dei“deboli” (immaturi) a livellorelazionale e affettivo.Questo degli abusi si innestasu questo ceppo relazionale edel “cuore”, trascurato e re-gredito rispetto alla sviluppodell’altra parte della vita cosìche tutti quelli che hanno piùdi trent’anni dicono: “si stavameglio prima”. Non è un mo-do di dire, di fatto si è immer-si in una enorme schizofreniaculturale che lacera animi erapporti e impedisce sviluppidi civiltà vera.L’auspicio è che da questiscandali si sappia cogliere l’ap-pello urgente a lasciarci modi-ficare per poter risponderenon solo in termini di controlloe sicurezza ma di nuova cultu-ra che metta al centro l’uomo eil suo sviluppo.Il Servo di Dio don Enzo Bo-schetti, fondatore della Casadel Giovane, aveva ben chiaroche per poter educare e for-mare alla maturità e alla liber-tà responsabile occorre avermesso radici solide e serenenel terreno della propria uma-nità. Non per niente insistevache si tenesse in forte conside-razione la vita di Nazareth ov-vero quegli anni che Cristovisse da “uomo” prima di di-venire Maestro e Messia.Quegli anni di vita in famiglia,di rapporti con la madre e ilpadre, di lavoro concreto, divita sociale, di confronto congli altri uomini e la cultura delproprio tempo.

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AttualitàCamminare nella luce

Abusi sui minori: spunti educativiCercare le cause degli atti di pedofilia e proporre soluzioni perchéqueste violenze non si ripetano: è l’appello di oggi di fronte al pietismo verso le vittime e la condanna nei confronti di chi abusa

Segnaliamo alcuni testi va-lidi su come accompagna-re alla guarigione chi hasubito abusi sessuali etraumi affettivi.

Zattoni M., Gillini G.,Contro il Drago. Abusi ses-suali sui minori: storie e iti-nerari di guarigione, Que-riniana, 1998

Comiskey A., L’identità fe-rita. Come superare le feri-te sessuali e relazionali, ed.San Paolo, 2005

Per approfondire

Se i bambini vivono con le critiche imparano a condannareSe i bambini vivono con l’ostilità, imparano a combattere

Se i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensiviSe i bambini vivono con la pietà, imparano a commiserarsiSe i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi

Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidiaSe i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli

Se i bambini vivono con l’incoraggiamento, imparano a essere sicuri di séSe i bambini vivono con la tolleranza, imparano a essere pazienti

Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzareSe i bambini vivono con l’accettazione, imparano ad amareSe i bambini vivono con l’approvazione, imparano a piacersi

Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano che è bene avere un obiettivoSe i bambini vivono con la condivisione, imparano a essere generosi

Se i bambini vivono con l’onestà, imparano a essere sinceriSe i bambini vivono con la correttezza, imparano cos’è la giustizia

Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione, imparano il rispettoSe i bambini vivono con la sicurezza, imparano ad avere fiducia in sé stessi e nel prossimo

Se i bambini vivono con la benevolenza,imparano che il mondo è un bel posto dove in cui vivere

Dorothy Law Nolte

“È inevitabile cheavvengano scandali,ma guai a coluiper cui avvengono”

Gesù

I BAMBINI IMPARANO QUELLO CHE VIVONO

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Congregazione delle Cause dei SantiCamminare nella luce

Francesca Consolini

Carissimi Amici, comePostulatrice dellaCausa di Beatificazio-

ne e Canonizzazione delServo don Enzo Boschettisono lieta di annunciarviche gli Atti dell’Inchiestadiocesana sulla vita, le virtùe la fama di santità del Servodi Dio in data 7 maggio han-no ricevuto il Decreto di Va-lidità da parte della Congre-gazione delle Cause dei San-ti. Due parole per spiegare ilsignificato dell’evento. Come certo ricorderete il 15febbraio 2006 venne solen-nemente aperto dal vescovodi Pavia mons. GiovanniGiudici il Processo Infor-mativo diocesano sulla vita,le virtù e la fama di santitàdi don Enzo. Il medesimoprocesso si chiuse il 15 feb-braio 2008. Nel corso didetta Inchiesta sono stati in-terrogati i due periti storicie 104 testimoni; di questi 30sono sacerdoti, tra i quali 4vescovi (Treviso, emerito diPavia, Orvieto, Lanciano,La Spezia); 4 religiosi; 8 reli-giose, gli altri laici. Un lavo-ro ponderoso e di responsa-bilità affidato alla presiden-za di mons. Adriano Miglia-vacca assistito da mons. An-gelo Comini come Promo-tore di Giustizia e dallaprof.ssa Daniela Messinacome Notaio Attuario. Mol-ti di voi parteciparono allasolenne cerimonia di chiu-sura e ricordano con quantaattenzione vennero sigillaticon la ceralacca i plichi con-tenenti gli Atti processualiche la sottoscritta, come po-stulatrice della Causa, con-segnò poi alla Cancelleriadella Congregazione delleCause dei Santi in Roma. Questi Atti, dopo essere sta-ti aperti dal Cancelliere,vengono sottoposti ad unminuzioso esame da parte diun Officiale della Congrega-

zione che controlla che ilprocesso sia stato condottoin obbedienza alle Normedella S. Sede che regolano,appunto, lo svolgersi delleInchieste diocesane. Si trat-ta di norme che garantisco-no la serietà del lavoro svol-to: giuramenti, timbri, fir-me, esatta conduzione degliinterrogatori, ecc. Non è fa-cile superare questo esameperché le regole da seguiresono molte, minuziose edanche in continuo aggiorna-mento. Del resto si tratta delmateriale che riguarda unfuturo “santo”… e la serietàè necessaria.Quando questo esame è ter-minato, l’Officiale incarica-to trasmette la sua relazionea Monsignore Sottosegreta-

rio della Congregazione chela visiona e la approva e lapresenta al Congresso ordi-nario della Congregazioneche la deve a sua volta ap-provare definitivamente.Come vedete un percorsolungo e non facile; non tuttele cause riescono a superarequesta prima fase del cam-mino romano. Gli Atti pro-cessuali di don Enzo hannoricevuto questa prima con-valida: dal punto di vistagiuridico essi sono stati con-dotti in modo esatto, con-forme alle Norme dellaChiesa e la Causa presentamateria valida e probanteper proseguire; cioè le de-posizioni dei testi sono

esaustive sulla vita ele virtù di don Enzoe così pure il mate-riale documentarioallegato.Cosa succederà ora?La Postulatrice de-ve elaborare un dos-sier che presenti ilServo di Dio: breveprofilo biografico,fama di santità econvenienza dellaCausa, storia dellaCausa ed allegarloalla richiesta rivoltaal Prefetto dellaCongregazione per-ché nomini il Rela-tore della Causa. Èl’Officiale incarica-to di supervisionareil lavoro di compo-sizione di quella chein termini tecnici dichiama: Positio su-per vita te virtutibuset fama sanctitatisServi Dei, cioè unostudio che presentala posizione del Ser-vo di Dio relativa-mente alla vita, al-l’esercizio eroicodelle virtù e alla fa-ma di santità. Talestudio viene elabo-rato sul materialeprocessuale e docu-mentale validato dalla stessaCongregazione. La stesuradella Positio è di competen-za della Postulatrice dellaCausa, cioè della sottoscrittache si avvale della collabora-zione di una persona di suafiducia; per don Enzo il miocollaboratore sarà il dottorMaurizio Cancelli, un giova-ne avvocato che da anni miaffianca in questi lavori eche ha già portato a terminecon successo e competenzamolte Positiones dei Servi diDio. Non si può quantifica-re quanto tempo ci vorrà percompletare la Positio; certa-mente non meno di due an-ni. Questa fase che si apre

ora con la nomina del Rela-tore della Causa è fonda-mentale per la Causa stessa;i Teologi censori della Con-gregazione delle Cause deiSanti giudicheranno la santi-tà di don Enzo, cioè se egliabbia esercitato in vita le vir-tù in grado eroico (ossia nelmodo più conforme possibi-le al Vangelo e al magisterodella Chiesa) e se la fama disantità che lo circonda siasolida e duratura, solo sullostudio della sua Positio. Sipuò quindi capire come talelavoro debba essere condot-to con attenzione, compe-tenza e molta precisione.Cari Amici di don Enzo,

continuate a sostenere conla preghiera noi tutti impe-gnati in questo lavoro diforte responsabilità e chie-dete con fiducia e costanzaal Signore di manifestare lasantità del Don con un mi-racolo ottenuto per la suaintercessione. Affidiamo adon Enzo i malati, i giova-ni, le situazioni senza viad’uscita, chiedendo per lo-ro il conforto della speran-za, la guarigione, il supera-mento delle difficoltà, sen-za scoraggiarci e smetteredi pregare se non ottenia-mo subito quanto chiedia-mo. La preghiera non vamai persa…

Don Enzo: un altropasso verso la santitàGli Atti dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità delServo di Dio don Enzo Boschetti il 7 maggio scorso hanno ricevutoil Decreto di Validità da parte della Congregazione delle Cause dei Santi

Don Enzo nel corso di un pellegrinaggio al Santuario di Oropa

Prossima tappanel camminodi beatificazioneun profilo del“Don” che dovràelaborarela Postulatrice:la ‘Positio’

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Ricordo

5Camminare nella luce

di don Arturo Cristani

Domenica 18 aprileè arrivata la telefo-nata che ci informa-

va dell’improvvisa scompar-sa di padre Giuliano Bettati.Abbiamo avuto tutti la stes-sa impressione di vuoto e diperdita di un padre e unamico.E per quelli di noi che ave-vano incontrato don EnzoBoschetti – nostro fondato-re – è stato immediato pen-sare di esser rimasti un po’più soli nel cammino dellavita.Lo avevamo conosciuto nel-l’estate del ’93, appena mor-to don Enzo. Ci fu un picco-lo inconveniente che oraleggiamo come provviden-ziale. Avevamo invitato suofratello padre Filippo pertenere degli incontri duran-te la Settimana della Fami-glia a Vendrogno (Lecco).Purtroppo però il suo Pro-vinciale (che era padre Giu-liano) gli cambiò program-ma proponendo un altroservizio. La Comunità allorachiese direttamente a padreGiuliano di andare a sosti-tuire il fratello. Venne, e perfargli comprendere il nostrostile di vita gli facemmo leg-gere “la preghiera della stra-da” di don Enzo, un testoemblematico, sintesi intensadella spiritualità che egliaveva maturato.Padre Giuliano dopo la let-

tura disse che si sentiva a ca-sa, perfettamente in sinto-nia. E da quel momentoè sempre stato presente nelcammino della Fraternitàdella Casa del Giovane – inmodo discreto, non fre-quentissimo ma continuo ericco – tramite incontri, riti-ri, esercizi spirituali e per al-cuni di noi anche con la di-rezione spirituale personale.Ha sempre avuto un certoriguardo e simpatia per lanostra relativamente piccolae giovane Comunità con laquale si ritrovava in sintoniadi valori e ideali, fondamen-talmente incentrati sullatensione tra contemplazionee servizio, sull’amore di Dioe del prossimo, sulla pre-ghiera e sulla condivisionecon gli uomini e le donne dioggi, specialmente con i piùdeboli e poveri. Tra don Enzo e padre Betta-ti esiste una convergenzaspirituale che ha un terrenocomune nel Carmelo, luogoanche di un singolare e si-gnificativo segno premoni-tore. Riportiamo di seguitoalcuni ricordi di padre Giu-liano, leggendo i quali vieneda pensare a Elia, profeta difuoco e icona dell’OrdineCarmelitano, che lascia aEliseo suo successore il suospirito...“Una cosa curiosa che miè venuta in mente sentendoleggere la biografia di donEnzo è questa: quando io ero

entrato nell’Ordine Carmeli-tano ufficialmente, cioè comenovizio, l’anno successivo al-la sua dipartita (1957), hopreso il suo nome. Mi chiamavo Giuseppe e mihanno chiamato Giulianoperché nell’Ordine si usapassare immediatamente ilnome di quelli che escono ainuovi entrati, quindi c’è tranoi un legame misterioso. Ionon sono vissuto con lui co-me religioso, perché ero piùgiovane, ma lo ricordo per-ché ero nel collegio di Mon-za quando lui faceva il cuo-co. Perciò non è che abbiaavuto esperienze di convi-venza, però mi sono rimastisempre in mente questi duericordi. Il primo è quello di una per-sona molto affettuosa, che

aveva una gran-de tenerezza eun grande affet-to che traspari-va, nonostanteil suo silenzio.Era una personaestremamenteaffettuosa versodi noi, così pic-colini allora. Il secondo ricor-do è quello diun religioso chemi dava l’im-pressione, ri-spetto agli altri,gli piacesse pre-gare. Questo ri-cordo è legato

forse a un fatto personale, ta-cito e semplicissimo, accadu-to in Casal di Valcuvia (che èuna specie di casa di vacanzadi questo collegio durante imesi feriali). Non so neanchebene come sia avvenuto: for-se una passeggiata. Ricordodi aver camminato con luilungo una strada asfaltata. Egli mi teneva per mano edè li che forse si sono focaliz-zate questa capacità di affettosilenzioso (perché non midisse proprio niente), e la vo-glia di pregare, di accompa-gnare i ragazzi, di dire il rosa-rio insieme. Tutto con una mitezza e unadolcezza che non erano asso-lutamente domanda di fareuna cosa doverosa o perchéera nell’orario, ma proprioperché gli piaceva; e questo a

un bambino come me feceproprio impressione! Consi-derando inoltre che la pre-ghiera frequente, nella gior-nata di un collegiale, era ab-bastanza un peso”. (Trattoda una testimonianza di P.Giuliano per il processo dibeatificazione di don EnzoBoschetti).Forse è anche per questosingolare passaggio di “con-segne” che Padre Giulianomantenne sempre un’amici-zia viva con la comunità chesarebbe nata in seguito gra-zie a don Enzo, e in 17 anniè sempre venuto a Pavia al-meno un paio di volte al-l’anno anche quando eraimpegnatissimo.Venne anche per dare la suatestimonianza verbale quan-do in Diocesi a Pavia iniziònel 2006 il processo di bea-tificazione di don Enzo Bo-schetti, conosciuto da tutticome sacerdote diocesanoma sempre rimasto carmeli-tano nel cuore.Ed è venuto anche il 22marzo scorso per tenere unameditazione che, visto il pe-riodo liturgico di fine Qua-resima, egli incentrò sullaTeologia dei Tre Giorni diHans Urs Von Balthasar. Ringraziamo il Signore diaverci donato l’incontro conPadre Giuliano e sentiamoche per la nostracomunità si è ‘staccata’ daterra un’altra ‘radice’ che vaad attaccarsi al Cielo...

Padre Bettati e don EnzoCon l’improvvisa scomparsa di padre Giuliano Bettati, la Casa delGiovane perde un grande amico e un importante riferimento spirituale

La casa natale di don Enzo

Nel mese di maggioscorso la comunità è

divenuta proprietaria del-la casa di don Enzo. A Costa de' Nobili infattiè ancora presente la casadove don Enzo ha trascor-so gli anni della fanciullez-za e dell'adolescenza. Inessa vi è ancora intatta lastanzetta del giovane En-zo, con alcuni libri e im-maginette che rimandanoal suo interesse per le mis-sioni e per l'ordine religio-so del Carmelo.Questo passaggio di pro-prietà è stato possibile

grazie al desiderio della fa-miglia Boschetti e in parti-colare del fratello maggio-re Mario e della figlia Lu-ciana che hanno deciso didonare alla Casa del Gio-vane la loro parte conl'impegno di utilizzarlaper la memoria di don En-zo e per l'opera da lui fon-data. A loro va un grande'grazie' da parte di tutta lacomunità.

Pur essendo necessari de-gli interventi di recupero edi sistemazione la comuni-tà - con l'aiuto di tutti co-

loro che vorranno sostene-re questa iniziativa - inten-de creare un luogo dove lepersone e i gruppi che de-siderano visitare la tombadi don Enzo possano ri-trovarsi per meglio cono-scere la vita e il messaggiodel fondatore della Casadel Giovane, pregando eincontrando i luoghi dellasua giovinezza, dove egliiniziò il cammino della suafeconda e singolare voca-zione che ha portato econtinua tuttora a portarefrutti di speranza e di beneper i poveri e i giovani.

Padre Giuliano Bettati OCD

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TestimonianzeCamminare nella luce

“Il mioservizioal CentroDiurno”

I ncontrare la Casa delGiovane ha segnato inme un cambio di pagi-

na, una svolta che non miaspettavo nella vita. O forsesì, era ciò che in qualchemodo andavo cercando, unpo’ a tentoni, come un cie-co, che non sa dove si trované qual è la strada giusta,ma sa che deve andare daqualche parte. E ci prova. Nel 2001 stavo terminandol’università, avevo sceltoScienze dell’educazionespin ta dal desiderio di essereaccanto a persone in difficol-tà. Questo desiderio era pe-rò ingarbugliato nel miocuore, insieme a tante incer-tezze e confusioni su cosa fa-re della mia vita. Ero stata,quell’anno, in Ecuador, inuna missione: l’esperienzami aveva fortemente appas-sionata e tutto quello cheavevo lasciato a casa mi sem-brava privo di significato.Così, nel tentativo di non la-sciar cadere nel vuoto il sen-so di quel viaggio, ho cono-sciuto la Casa del Giovane.Ufficialmente per fare il tiro-cinio universitario. Dentrodi me, però, cercavo altro. Ho chiesto alla Comunità diospitarmi per un certo pe-riodo per vivere più da vici-no la realtà che stavo incon-trando. Da lì in poi, a parti-

re dall’accoglienza che mi èstata offerta, tanto della miavita è cambiato. I grovigliche avevo dentro si sonolentamente dipanati e, sep-pur con dubbi e qualchedifficoltà, mi sembra di averscoperto “il filo” che puòcondurre una vita. Dopo imesi del tirocinio “a tempopieno”, mi sono laureata esono ritornata alla Casa delGiovane, questa volta senzatermini di tempo. Sono molto grata alla Fra-

ternità e alle persone chepiù da vicino mi hanno per-messo di vivere un’esperien-za così forte di crescita per-sonale, di formazione e discelta. Per tre anni ho con-diviso la vita comunitaria,fidandomi delle personespeciali che mi guidavano.La Comunità mi ha per-messo di conoscere e ascol-tare non solo l’esperienzaunica di don Enzo, ma an-che quella di altri testimoni,coraggiosamente innamora-ti di Dio e dei più poveri. Senza la Casa del Giovane,non avrei mai potuto assa-porare la bellezza e labontà di persone che hannoscelto radicalmente l’amoreper Dio e per il prossimo. Senza la Casa del Giovane,

io stessa non avrei forse in-contrato il Dio misericordio-so che non aspetta altro cheil ritorno del figlio smarritoper poterlo amare. Forse sa-rei rimasta ferma a un Diogiudice, rigido e distante. In questi anni ho scopertoche il valore di una personanon si misura dal successo,dal rendimento o dall’effi-cienza... Ho scoperto tesoripreziosi, nascosti in chi ap-parentemente non rispon-deva ai parametri della so-cietà, in chi faticosamentecercava di riprendere ilcammino e in chi, suo mal-grado, portava una crocepesante e invece di esserneschiacciato, ne ha saputotrarre amore da donare. Hoavuto il privilegio di vivere

accanto e imparare da que-ste persone. Questi sono i doni che laCasa del Giovane mi ha of-ferto, che da sola non avreimai saputo riconoscere, per-ché richiedono di impararea essere umile e attento, conocchi aperti per vedere ciòche non si vede. Il mio cammino di forma-zione è proseguito diversa-mente da come avevo im-maginato all’inizio del per-corso. Quando, alcuni annifa, ho lasciato la Comunità emi sono sposata, mi sono in-terrogata a lungo su cosafosse rimasto degli anni pre-cedenti. Avevo forse persoquel “filo conduttore” chemi sembrava di aver impa-rato a scorgere nella mia esi-stenza? Oggi mi sembra chesia cambiato solo il modo divivere, perché i valori, la vo-cazione che sono alla radice,sono gli stessi. La famiglia che con miomarito abbiamo formato ègermogliata da questa radi-ce e su di essa cerca di cre-scere, nei gesti quotidiani enelle scelte importanti, avolte con gioia, talvolta confatica e qualche resistenza.Per questo, ora che lavoroalla Casa del Giovane comeeducatrice, in realtà, spes-so, non mi sento “una di-pendente”, mi sembra dicontinuare a vivere il cam-mino di servizio, al CentroDiurno come in famiglia, edi imparare ad amare Dio ei fratelli tra i vicini di casacome in Comunità.

Ilenia Sforzini

La storia di Ilenia, educatricedella Comunità: la scelta diuna facoltà, l’esperienza inuna missione in Ecuador, ilservizio alla Casa del Giovaneaccanto ai ragazzi conproblemi di salute mentale

Ilenia Sforzini durante un momento del suo impegno di educatrice nel laboratorio di ceramica.Sotto: l’animazione del Centro Diurno con gli anziani del Centro “Cazzamali” di Pavia Ovest

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Festa di PrimaveraCamminare nella luce

di Nicola Saccomani

“V i è mai capitato disentire un illette-rato che dà segnali

di saggezza”? “Com’è possibi-le che le ultime generazionisiano le più scolarizzate, in-formate, seguite sotto il profi-lo sanitario e dimostrino unainclinazione verso l’autodi-struzione in aumento costan-te”? Con queste due doman-de il professor GiuseppeMari dell’Università Cattoli-ca di Milano ha aperto il suointervento dal titolo “La sfi-da educativa” che si è svoltoa Pavia, presso il salone IIImillennio, in occasione dellaFesta di primavera.Il via alla festa è stato datocon le credibili parole diAngelo Langè, un elementodi spicco dell’antidroga diMilano, e dall’Assessore allepolitiche giovanili del Co-mune di Pavia, Rodolfo Fal-dini, mentre un gruppo diwriters, affiancato da alcuniragazzi della comunità,esprimeva l’arte svuotandobombolette spray sui muri divia Lomonaco, imbiancati diproposito, in accordo con ilComune. Un’atmosfera leggera fatta didanze etniche, musica bensuonata e di un buffet volan-te, ha avvolto i “ricongiungi-menti” dei comunitari con i

propri cari, fino alla cenamulticulturale all’aperto, ap-pesa ad una serata di nuvoleindecise che si è conclusacon il concerto delle “Di-vas”: ottimo trio vocale fem-minile di Novara.Dicevamo all’inizio delle pa-radossali domande del pro-fessore. Per rispondere il do-cente ci ha presi per mano inuna corsa dentro la logicadella durata di un’ora: unaserratissima sequenza di cau-se ed effetti per fornire unachiave di lettura del presente. “La nostra società è caratte-rizzata dalle comunicazioni dimassa, dal bombardamentotelevisivo che spinge all’indi-vidualismo e al consumo co-

me modalità di relazione”.“Quando il ‘68 fece sentire lasua voce il mondo occidentaledoveva realmente essere cam-biato, ma gli ideali di allora sisono scoloriti, lasciando in-

compiuti molti dei cambia-menti annunciati”, dirottatisu altri obiettivi dagli erroridi interpretazione, dalla di-sonestà intellettuale, dallapaura dell’Unione Sovieticae dal potere smisurato deldenaro che ha come ‘fratella-stro’ gli interessi personali.Qual’è la situazione oggi, al-lora, dopo 40 veloci anni disocietà in accelerazione co-stante, rincorsa da politichesottomesse al mercato inca-paci anche per questo diprogettare a lungo termine?“Siamo in un’epoca in cui igiovani devono dipenderedalla scuola almeno fino a 25anni: ecco la ricerca impossi-bile dell’autonomia, ecco ilbisogno di evasione e di sbal-lo, a tu per tu con un mondosbilanciato sul versante cogni-tivo dell’esperienza”. “Lapratica è assente e per questo,mentre si parla tanto di valori(cognitivo), è invece di virtù(pratica) che c’è bisogno, è lavolontà che ci porta a operarescelte non la teoria”. Ancora:“Il senso della vita viene inte-so come soddisfazione e noncome direzione, e per questoassistiamo ad una deriva nar-cisistica che evita l’altro, chenon permette di crescere eprivilegia la ricerca di sensa-zioni brucianti che costano al-la persona la sua umanità”.Ancora: “L’affettività è dive-nuta sinonimo di irrazionali-

tà e l’amore prevale come sfo-go dei bisogni. La libertà vie-ne invece interpretata comelicenza di fare qualunque cosae come rottura dei legami”. Ilmalessere ha acquisito visibi-lità, le nuove generazionihanno meno aspettative deiloro padri, la vita non vieneaffrontata e cadere è sinoni-mo di abbandono della gara.Chi è dunque l’uomo?“L’umano non serve a nullanell’ecosistema del pianeta: sevenisse a mancare, la vita con-tinuerebbe. Quando l’essereumano ama qualcuno, gli ba-sta che ci sia. Il corpo va perciòinteso come bene per se stessoe l’amore come conoscenza”.Siamo all’analisi delle radicidel pensiero che deve guidarel’educatore e il professor Ma-ri ci offre una chiave di lettu-ra nell’ottica cristiana: “Dio sifece uomo e questo fu, ed ètuttora, un avvenimento in-credibile se pensiamo peresempio che: l’uomo ha vene-rato dapprima le cose (animi-smo), le divinità egizie eranoanche animali, mentre gli deidell’antica Grecia si facevanoumani ma non avevano alcuninteresse per loro. Il cristianesimo fa un incom-mensurabile passo avanti ri-spetto agli altri monoteismi:l’Islam pone infatti il credentein uno stato di sottomissione ei fratelli maggiori ebrei hannosolo Dio. Cristo è uomo tra gli

uomini e nel contempo è ancheDio come alterità”. Perciò seDio è uomo “l’essere umanonon può esser trattato senza ri-spetto perché ognuno di noi èportatore di dignità inalienabi-le. Ecco il cristianesimo comepercorso educativo: “il rapportocon l’altro come fosse Cristo”.“Amare quindi per dire ‘noi’anziché ‘io’; la relazione intesacome esperienza di gratuità”.“Superando dialetticamente glierrori passati della Chiesaquando impose per esempio unclima di paura, oggi è necessa-rio il linguaggio dell’amore perriscoprire la dipendenza dall’al-tro, cioè da Dio”.Il Professor Mari cita infineIgnazio di Loyola e il suo ri-conoscere lo straordinarionell’ordinario per descrivercila condizione ideale dell’esse-re cristiano: “Non è quella delvagabondo, perché vive senzauna meta, coglie l’attimo e per-ciò non lega, non ama. Non ènemmeno quella del viaggiato-re che ha una meta prefissatama vive in competizione per-ché tutto è strumentale e fun-zionale al raggiungimento del-lo scopo. Rimane la condizionedel pellegrino per cui è chiarala meta ma, come per il vaga-bondo, può essere che il viag-gio non lo sia, a favore delchiaroscuro, di una conoscenzavespertina, che non contemplala luce dell’Illuminismo maquel la dell’amore”.

A ngelo Lan gè, poliziotto della6° Sez. Squadra Mobile di Mi-

lano, ha partecipato al documenta-rio “Cocaina”, andato in onda suRai 3 nel dicembre del 2007 e alfilm “Sbirri” con Raoul Bova,uscito nelle sale cinematografi-che nel 2010.‘Sbirro, graffittaro e artista’, conuna forte passione per la giustizia

e per un mondo migliore, dedicail tempo libero alla Street-Art.Nelle sue opere, prevalentemen-te, denucia il fenomeno legato almondo delle sostanze attraversoun linguaggio immediato, graf-fiante e, soprattutto sulla stessafrequenza di quello parlato daigiovani.L’incontro con la Comunità Casadel Giovane è stata la confermache esiste qualcuno che come luiogni giorno lotta per portareavanti quegli ideali importanti,

quei valori sani che uniti a rela-zioni e testimonianze forti posso-no combattere e prevenire il di-sagio giovanile dilagante.Angelo 142 (questo il suo nomeartistico), ha così deciso di rega-lare una delle sue ultime opere(già esposta al Museo d’ArteContemporanea “Ca’ Pesaro” diVenezia nel 2010) “War OnDrug” alla comunità, con la spe-ranza che possa servire a far ri-flettere ed essere d’aiuto, a chicrede che la droga, si può gestire.

“Il trattore antidroga”

La sfida educativaIl tema della Festa di Primavera, tenutasi il 15 maggio scorso

alla Casa del Giovane, è l’aspetto su cui ruota tutto il lavoro della Comunità.Anche in questa occasione è stato ribadito l’impegno quotidiano nell’accoglienzae nell’educazione. Nelle pagine che seguono, le sfide affrontate dagli educatori

che ogni giorno si confrontano con disagi e nuove problematiche

Il prof. Mari e don Arturo

Angelo Langè. A lato,il trattore antidroga

Nell’ambito della festa lo “sbir ro, graffitaro”Angelo Langè ha dona to alla Comunità unadelle sue opere più caratteristiche

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8 Camminare nella luce

di don Arturo Cristani

È un dato di fatto: oggiscegliere per i giovaniè diventato molto dif-

ficile. Tentando una sintesi, sipuò comunque osservare chenel dopoguerra per un giova-ne le scelte di vita erano po-che, erano legate alle possibi-lità economiche della famigliadi provenienza e si determina-vano attorno alla fine dellascuola dell’obbligo. Si an-dava a lavorare, rara-mente si continuavaa studiare e ci sisposava in etàmolto giovane.Dagli anni ’70e ’80, conl’aumentaredelle possibi-lità sia eco-nomiche siadi scelta, iltempo delledecisioni divita si è spo-stato più avan-ti, concentran-dosi attorno ai 19o 20 anni: dopo lescuole superiori si pro-seguivano gli studi o,svolto il servizio militare o ci-vile, ci si poneva di fronte allavita per concretizzare la pro-pria opzione di fondo, sce-gliendo il progetto che avreb-be dato senso alla propria esi-stenza.Oggi si è fatto un ulteriorepasso che crea però risvoltipiù complessi, essendo piùcomplesso il contesto socialee di vita. La maggior parte dei giovanitende a iscriversi all’università

anche perché sempre di più ilcontesto lavorativo richiedequalifiche specifiche almenodi laurea breve. Mediamente,soprattutto in città universita-rie quali Pavia, si può coglierecome l’età delle scelte si siaspostata al termine della lau-rea e cioè attorno ai 24-28 an-ni, dopo ben 18-22 anni di vi-ta da studenti.

È lo stesso punto di vista dichi, qualche decennio addie-tro, tornava a casa dopo il ser-vizio militare. Ma ci sono del-le differenze: l’età è più alta (èun dato assodato dal punto divista socio-psicologico che lafine dell’adolescenza è atte-stata attorno ai trent’anni) e letensioni sono più forti. Le at-tese familiari con annessi sfor-zi economici per gli studi (“se

abbiamo fatto tanto per fartistudiare Giurisprudenza oraci darai la soddisfazione di di-ventare un bravo avvocato!”);l’acquisizione di competenzetendenti a restringersi attornoa un settore specifico; espe-rienze affettive e di vita piùintense e aperte ma anche piùframmentate e contradditto-rie: tutto ciò fa aumentare dimolto l’insicurezza e la confu-sione e la domanda che porta-

no nel cuore è: “cosa fac-cio?”.

L’inevitabile disin-canto di chi co-

mincia a toccarecon mano la vi-ta diventa piùa c c e n t u a t oper il fatto didover inte-grare unaidea lità nonpiccola, cheogni studen-te ha coltiva-

to per decen-ni, con la ne-

cessità/difficoltàdi cercare lavoro

in un contesto spes-so precario, e il desi-

derio sano di volersi rea-lizzare nelle relazioni più veree vive come quelle di una fa-miglia.Se poi vi è anche un germo-glio di vita spirituale e un mi-nimo di ricerca di senso dellavita o di intuizione vocaziona-le verso la consacrazione o ilsacerdozio, la confusione e latensione è moltiplicata.Ecco perché la Comunità, in-contrando non poche personeche vivono queste tappe dellavita – avvalendosi dell’espe-

rienza educativa unita al-l’esperienza spirituale matura-ta a partire da don Enzo – haproposto loro un cammino di“Orientamento di Vita”, av-viato a marzo 2010. Si tratta diuna serie di incontri che offro-no un tempo, uno spazio, deicontenuti per fermarsi, ascol-tare, riflettere, confrontarsi,dialogare, pregare così da ma-turare una sufficiente consa-pevolezza di sé e poter arriva-re con maggior libertà a pren-dere le proprie decisioni.Il gruppo per ora è compostoda sei ragazze, entrate in con-tatto con la Comunità per varimotivi: volontariato, tirocini,amicizia, ricerca personale.

Il tempo delle decisioni

“Cosa farò domani?”Le sceltedi vita

La sf

ida

educ

ativ

a

Da un paio di mesi la Casadel Giovane propone uncammino rivolto a coloroche si accingono a fare unascelta importante per la pro-pria vita. Si tratta di incon-tri per riflettere, ascoltare econfrontarsi al fine di acqui-sire una maggiore consape-volezza di sé.

Orientamento di vitaQuesti i temi trattati negliincontri:- Cosa mi manca? Cosa timanca? La sfida della vita - L’ansia di chi desidera: ciòche vorrei essere e ciò che sono- Solitudine e interazione.La qualità delle relazioni - Lasciare il padre e la ma-dre. Distacco e trasformazio-ne delle relazioni parentali

Giovanie scelte di vita

Giovani in festa. È l’età dell’allegria ma anche il momento delle scelte divita. Nella foto centrale, un graffitaro all’opera alla Festa di Primavera

Oggi il contesto sociale e divita si è fatto molto piùcomplesso di un tempo.Sono aumentate insicurezzae confusione. “Scegliere” èdiventato un problema

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9Camminare nella luce

Arrivare alla responsabilità di sé attraverso l’autonomia di legamiveri: è la proposta educativa di chi, nella nostra Comunità, operaa stretto contatto con i giovani dipendenti da sostanze

Il dramma della dipendenza

Educare i giovanialla responsabilità

di don Arturo Cristani

La proposta educativache la Casa del Giovaneha maturato in ormai

quaranta anni di vita si è svi-luppata attorno al drammadella dipendenza da sostanzeche alla fine degli anni ’60 epoi negli anni ’70 e ’80 ha vistouno sviluppo crescente nellanostra società e cultura.Dal ’70 ad oggi si è passati daltabù della droga alla lotta con-tro di essa. Si è poi arrivati aistituzionalizzare gli interventiaccettando la cronicità delproblema, fino all’attuale si-tuazione di “assuefazione”culturale al dramma, che vienesempre di meno visto come ta-le. Esemplare la patetica paro-dia di qualche mese fa: il per-sonaggio televisivo Morganspacciava per terapeutico l’usodi cocaina. La cultura predo-minante allarga i suoi “tenta-coli” per giungere al cuoredella persona.Come affronta il problema laCasa del Giovane? Quale la ri-sposta/proposta? Si potrebbedire che si può trovare nel suostesso nome: “Casa del Giova-ne”.La proposta terapeutica dellaComunità si fonda su una pre-cisa visione della persona uma-na e del senso della sua vita mu-tuata dal Vangelo. Il problemadella “dipendenza da...” è vistocome sintomo che sta a indicarela fragilità e la fatica del giovanea maturare una capacità di rap-porti e di fiducia in sé, negli altrie nella vita. Si propone quindi –in modo graduale e strutturato– un cammino che, a partire dalproblema immediato (l’uso disostanza e la necessità di liberar-si da esso), conduce il giovane auscire dal “guscio” anestetiz-zante del proprio ripiegamento,per aprirsi – in un contesto or-dinato, sicuro e affidabile – airapporti con gli altri giovani,con gli educatori, con i maestridi lavoro, e scoprirne la bontà e

la terapeuticità. Non è un casoche, mediamente dopo circa seimesi dall’ingresso in comunità,i giovani abbiano generalmenteridotto quasi a zero la quantitàdi terapie con cui erano arrivati.Ma il passaggio fondamentaleè quello in cui il giovane – tra-mite l’accompagnamento delgruppo stesso ma anche deicolloqui psicologici personali –giunge a ristabilire una relazio-ne con se stesso, con la propriastoria, con la propria famiglia,

con il proprio dolore e la pro-pria fragilità. Parti vere questavolta non fuggite o rimosse maaccolte, accettate, portate conle proprie forze assieme a qual-cuno con cui condividerle edar loro nuovi significati e va-lori. Aspetti, ricordi, fatti, si-tuazioni, persone, relazioni so-vente cariche di sofferenza ma

proprio per questo preziosogradino iniziale della vera e du-ratura “rinascita”.Il passo finale è poi quello delreinserimento sociale, che asso-miglia a un vero e proprio “la-sciare la casa” in cui si è “rina-ti”, per andare verso “la propriacasa”, con tutte le fatiche e lesoddisfazioni che ciò comporta.Il giovane, quindi, si può direche vive una trasformazionedelle relazioni: inizia il percor-so comunitario ancora appar-

tenente alle sostanze o all’og-getto della propria dipenden-za; nel cammino terapeuticodiviene “della” comunità, ap-partenendo a essa e lasciandoil monolegame tirannico della“dipendenza da...”; giunge poial passaggio decisivo del “di-ventare di se stesso” struttu-rando una propria identità ca-

pace di autonomia economica,abitativa, relazionale e vivendoil legame con la comunità - suaseconda famiglia - in modo sa-no, libero e costruttivo.Il progetto educativo della Co-munità – vivo strumento per ilrecupero dalle dipendenze –diventa però valida occasionedi crescita e di maturazionenon solo per i giovani accoltima per la vita di tutti: volonta-ri, educatori, tirocinanti, gio-vani e ragazze in ricerca, semi-naristi in esperienza... Infatti,tutti coloro che hanno vissutoper svariati motivi il program-ma comunitario, condividen-do le giornate, la struttura, gliorari, i momenti formativi e dicrescita, ne hanno tratto bene-ficio, si sono messi a loro voltain cammino, sono cresciutinella capacità di relazione, discelta e di responsabilità.Questo avviene perché il pro-blema della “dipendenza da...”non sta nella sostanza o nell’og-getto da cui si dipende, ma nel-la persona che affettivamente èferita, debole, immatura. Laproposta della Casa del Giova-ne va alla radice e inquadra iltutto a livello esistenziale (man-canza di senso della vita) e rela-zionale (immaturità e vuoti af-fettivi) diventando quindi vali-do cammino per ogni personache desidera crescere.Il mutare del disagio giovanile,l’abbassarsi preoccupante evertiginoso dell’età di chi abu-sa e cade nella dipendenza, ilmoltiplicarsi e il diversificarsidelle forme di dipendenza ciprovocano continuamente aelaborare e sviluppare risposteadatte che però attingono sem-pre dalla medesima fonte che èla Carità di Cristo. Infatti, nonsi smentisce mai quello chedon Enzo stesso – facendo ecoalla logica evangelica – affer-mava instancabilmente qua-ranta anni fa: “non esistono gliirrecuperabili: esistono solopersone che non sono stateamate”.

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La comunità “Cascina Giovane” in visita al Duomo di Milano

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“No” all’emarginazione

Camminare nella luce

di Lucia Braschi

La realtà comunitaria diCasa San Michele ospitamamme con i loro figli,

donne in difficoltà con proble-matiche eterogenee e comples-se. È uno spaccato dell’emargi-nazione della donna nel mondoattuale, ma anche un appello al-le risorse di ciascuna.C’è un mondo che preme e checi sta cambiando, anche se nonlo vogliamo, anche se ci fa pau-ra. La presenza massiccia dipersone provenienti da Paesidiversi è un’esperienza riccadal punto di vista culturale edetico. C’è scambio, conoscenza,rapporti con altre storie e altrimondi e obbliga a rivedere inostri pregiudizi, la nostra pau-ra del diverso.C’è tanto di non detto, di nonancora esplorato, di non ancoracapito, e il desiderio di rispetta-re e di farsi rispettare, di capiree di farsi capire, forse, può por-tare a qualcosa di nuovo e dimigliore in questo mondo avolte intollerante.È in atto nel nostro Paeseun’erosione dei diritti: menogaranzie per i lavoratori, menodiritto al lavoro, meno tuteleper gli immigrati, è stato ridot-to il diritto alla salute e il dirittoall’informazione.Ci sembra che il problemaquindi non sia tanto degli im-migrati irregolari o no, ma laterribile normalità con cui ab-biamo tollerato lo sfruttamento

di uomini e donne a vari livelliriducendoli a vivere in condi-zioni disumane.Sono tanti i volti di donne cheincontriamo ogni giorno, concui condividiamo la vita nel lo-

ro percorso educativo, con cuicerchiamo di costruire relazio-ni personali di reciproca stima,di speranza. Già questa ci sem-bra una sfida educativa attualee pensiamo che sia un impegnoanche della chiesa, delle istitu-zioni della società civile e dellapolitica. Occorre ribellarsi atutto ciò che divide e contrap-pone, per favorire ciò che creaunità e integrazione.Soprattutto a livello educativo,oggi si pone il dibattito sul-l’identità culturale. C’è l’idea diuna smobilitazione culturale,quella liquidità che il sociologoBauman denuncia come carat-teristica delle nostre società e inultima analisi delle nostre rela-zioni. Come reazione alla liqui-

dità si può sviluppare la chiusu-ra e la rigidità. Forse tutti dob-biamo imparare a vedere il con-flitto come risorsa.La via dell’integrazione cultu-rale passa attraverso le possi-

bilità di stare all’interno diuna cultura, riconoscerla e ac-cettarla, e nello stesso tempodarle la possibilità di confron-tarsi e intrecciarsi con le altre.Può essere una forte evoluzio-ne, l’opportunità di portare lenuove generazioni a non irrigi-dirsi in schemi prefissati, peraffrontare in modo anchecreativo le complessità, le sfi-de future che del resto sono giàin atto.In questo quadro contempora-neo la Comunità si interroga etenta di aprire strade possibili.In particolare, nell’ambito fem-minile, pensiamo sia necessariocontinuare a sostenere la digni-tà della donna con percorsi for-mativi a vari livelli, sviluppare e

ampliare la rete di accoglienza.Proporremo incontri informati-vi per famiglie che vorranno es-sere di supporto al nucleo mo-noparentale mamma-bambinonella delicata fase della semiau-tonomia e anche in seguito.La mancanza di riferimenti af-fettivi sani e liberanti, spessoporta a ricadere nelle situazionidi disagio. Forse è necessariopensare a spazi abitativi diversidove, oltre ad affitti equi e pos-sibili, viene data l’opportunitàdi vivere relazioni, di avere mo-menti comuni.Riporto un pensiero di don To-nino Bello, che invita a viveregià da ora i segni della solida-rietà, della ricerca, del voltodella condivisione, del ricono-scimento della dignità dellapersona umana: «Signore, fache possiamo essere specialistinell’annunciare un mondo al-tro, diverso da quello che stiamovivendo. Allora questa nostraterra, piano piano, cesserà di es-sere l’atomo opaco del male ediventerà il giardino in cui pos-sono fiorire le speranze più bel-le» Cattedrale di Molfetta, 1gennaio 1986.Concludo con un pensiero delnostro fondatore: «Tutti insie-me – comunità, istituzioni, chie-sa, associazioni, privati – dob-biamo accarezzare questo sogno,immergerci e impregnarci di co-raggioso amore per sconfiggerela latitanza che è male non mi-nore del terrorismo» (Servo diDio don Enzo Boschetti).

Ribellarsi a tutto ciò che dividee contrappone per favorirel’unità e l’integrazione: è ilprimo impegno degli educatoridella comunità femminiledella Casa del Giovane, le cuiospiti sono prevalentementedonne straniere

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Festa di Primavera: Il manifesto della Comunità femminile.Foto sotto: danza con i costumi tradizionali durante la festa

Rivederei nostripregiudizi

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L’impegno degli educatori

11Camminare nella luce

di don Alessandro Comini

C ome Chiesa e comecomunità siamo chia -mati a riflettere sul-

l’educazione, e sulle sfideche i ragazzi adolescenti egiovani fanno al mondoadulto. Alcune provocazionida parte dei giovani celano avolte la richiesta di una mag-giore attenzione, di una pre-senza educativa, di una mag-giore coerenza di vita e diautenticità di comportamen-to da parte degli adulti; an-che per questo esse sono al-quanto salutari e ci costrin-gono a una riflessione e a unimpegno maggiore.Le richieste di attenzione,spesso formulate non ver-balmente e con coscienza,ma con quell’atteggiamentoche può anche essere unatrasgressione, ci costringonoa rivedere i nostri progetti,la nostra disponibilità; vienespontaneo voler benedire igiovani che ci sollecitano aripensare al nostro modo diamare e di credere in loro.La riflessione e le problemati-che che quotidianamente af-frontiamo con i ragazzi adole-scenti in Comuni tà, spessopossono essere ricondotte altema della “fiducia”.Quante volte, nella quoti-dianità della vita comunita-ria, siamo provocati sul tema

del fidarsi: “tu non sei miopadre; chi ti credi di esse-re?”; oppure ci accorgiamoche quel ragazzo, nonostan-te la sua permanenza in co-munità già da diverso tem-po, ancora non si apre, fa fa-tica a fidarsi di noi per con-segnarci i suoi vissuti, le suefatiche, i suoi desideri pro-fondi.Siamo consapevoli che tut-to questo è un processo len-to, pieno di insidie e coninevitabili alti e bassi; so-prattutto quando la storiapersonale dei ragazzi è ca-ratterizzata da abbandoni,difficoltà, cattiva testimo-nianza del mondo degliadulti e in particolare dellepersone più significativedella crescita di ogni indivi-duo. Allora risalire la chinadella fiducia è compito ar-duo. Non lo si può preten-dere, dipende non tanto datecniche o da programmieducativi, ma dalla dedizio-ne e dalla voglia di mettersiin gioco nella relazione dinoi adulti.L’esperienza ci dice che sescatta una fiducia solida, seil ragazzo riconosce labontà dell’esperienza chesta facendo in Comunità,nonostante gli inevitabiliproblemi, difficoltà, e stan-chezze (ci sono per tutti aquest’età, figuriamoci in sto-

rie segnate dal disagio), seriesce a comprendere che sicerca solo di fare il suo be-ne, allora il cammino educa-tivo e di crescita sicuramen-te ha imboccato una stradarassicurante. L’insicurezza generale e lamancanza di punti di riferi-mento domina il nostro tem-po, e in modo particolare se-gna alcune storie. È impor-tante perciò saper mettere ingioco la fiducia e impararead abbandonarsi nelle manidegli altri; ci sembra questoun punto qualificante eun’ancora di salvezza per ilcammino di crescita di ognigiovane.Gli educatori e la strutturain generale (non si educamai da soli) devono sapertrasmettere fermezza e deci-

sione nelle scelte e nei valoriproposti. Devono scenderenel campo della sfida educa-tiva e affrontare le prove diforza che inevitabilmente sicreano nel rapporto tra i ra-gazzi e gli adulti. Allo stessotempo bisogna saper anchericominciare con loro in mo-do gratuito, e anche saperperdere una sfida se questosignifica rimettere in cammi-no un giovane che si è fer-mato per sfiducia, per man-canza di motivazioni, saperrilanciare la nostra fiducia inloro oltre il fallimento e losbaglio. Là dove c’era un vuoto, unamancanza, una privazione,l’adulto ha anche il compitodi riempire con la sua pa-zienza e benevolenza, conl’esserci sempre.

Il punto nevralgico del lavoroquotidiano degli educatoriè riuscire a guadagnarsi la fiducia dei ragazzi accolti.Non solo teoria, ma dedizionee pazienza: ecco le chiaviper riuscire a vincerequesta grande e decisiva sfida

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Momenti divita nella comunitàper minoridella Casa del Giovane

Guadagnarsi la fiduciaè il primotraguardo

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di Chiara Dego

P er molti anni nel mioimmaginario, il termi-ne educazione è stato

associato a regole, concetti daimparare, modi di comportar-si e maestri… Insomma, unacosa solo da subire. In seguitoho capito la bellezza di questaparola, quando mi è statospiegato il suo significato piùprofondo che va al di là del-l’uso delle regole (necessariesì, ma in qualità di mezzo).Ho imparato a vedere l’edu-care come liberazione, sco-perta, un portare alla luce untesoro nascosto. È così chel’educazione non mi è sem-brata più così male. Per educare, in questo senso, ènecessario un cambio di pro-spettiva, un porsi non più al disopra dell’altro, ma accanto,camminare fianco a fianco conlui, conoscerlo, aiutarlo a fareluce nei punti un po’ più oscu-ri di sé e della sua vita, soste-nerlo nel riscoprire i suoi pre-gi, le sue risorse. Educare è ascoltare, osserva-re, non accettare le cose dan-dole per scontate, ma impara-re e leggerle più in profondo.Educare, nella salute mentale,è aiutare l’altro a ritrovare unequilibrio. Un equilibrio fattodal desiderio di realizzarequel progetto di vita cheognuno di noi ha, e dalle fati-che, a volte molto pesanti,difficili da sopportare e che

arrivano a compromettere losvolgimento di una vita “nor-male”. Educare è rafforzare le com-petenze di una persona, aiu-tarla a scoprire le sue poten-zialità per metterle anche aservizio degli altri, riproporrein chiave rinnovata alcuneesperienze tipiche della vitadi ognuno, il lavoro, lo studio,lo svago, le relazioni. A voltenon è necessario “fare” mol-to, tentazione nella qualespesso cadiamo, spinti anchedalla necessità di dover docu-mentare e dimostrare l’effica-cia dell’educare in base aquanto uno sa fare, ma solotrasformare l’esistente in mo-do tale da poterlo vivere inuna nuova modalità.Una persona si può dire gua-rita non solo quando non ma-nifesta più i sintomi della ma-

lattia, ma anche nel momentoin cui ha una coscienza e unaconoscenza tale della propriamalattia da arrivare a convi-verci gestendo e conducendouna vita ugualmente piena esoddisfacente. Vale lo stessoper tutti: nel momento in cuiconosciamo e accettiamo i li-miti nostri e altrui, viviamomeglio. Una delle cose più faticoseper chiunque abbia una ma-lattia e ancor più per chi haproblemi di salute mentale èriconoscere di essere in diffi-coltà e chiedere aiuto. A voltenon si chiede perché non siriesce, altre perché si ha ver-gogna. Ancora oggi molti so-no i tabù e i pregiudizi che ri-guardano la malattia mentale,che porta la persona stessa avivere in uno stato di insicu-rezza, la famiglia a cedere al-

l’iperprotettività e chi non haconoscenza alla diffidenza.Tutto ciò priva la persona del-la possibilità di fare esperien-ze importanti. Per questo mo-tivo è necessario un lavoro direintegrazione e integrazione,di promozione dell’autono-mia personale, di potenzia-mento delle capacità persona-li e uno spazio di espressionedei propri vissuti, soprattuttodi quelli più faticosi. Ciò è possibile grazie a ungrosso e a volte faticoso cam-mino personale, alla medici-na, ma anche grazie alla vici-nanza di quelli che sono “glieducatori ” della propria vita;di quelli che nel momento piùbuio ti aiutano a vedere la lu-ce, ti tendono una mano perrialzarti. Questo è quello chegli educatori dei centri diurnisi impegnano a fare.

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Progetti di vitaCamminare nella luce

Portare alla luceun tesoro nascostoIntegrazione,promozione epotenziamentodell’autonomiae delle capacitàpersonali:è l’obiettivodegli educatoridel Centrodiurno per lasalute mentale

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Aiutare l’altro a ritrovarsi: un lungo impegnativo cammino...

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EsperienzeCamminare nella luce

Il volontarioè il mezzovivente per farcomprenderei valori dellagratuità, dellacompartecipazione e dellasensibilità. Èquesto lo stileproposto daicomunitari achi vuole farequestaesperienza

di Michela Ravetti

La Casa del Giovane ènata dalla generosi -tà di persone, giovani

e non più giovani, che aveva-no capito l’importanza dellasolidarietà e avevano decisodi fare della loro esperienzadi vita un dono.Ancora oggi la Comunità èsostenuta da preziose perso-ne che in vari ambiti donanoil loro tempo, la loro compe-tenza e solidarietà, credendonella forza del volontariato.Educare con l’aiuto dei vo-lontari significa dare a colo-ro che sono accolti inComu nità la concretezza diun valore aggiunto all’im-portanza della professionali-tà. Il volontario, infatti, oltrealle competenze personaliche mette in campo, tra-smette e crea un modo divedere la vita, propria e de-gli altri, che ha il sapore del-la gratuità, della comparteci-pazione, della sensibilitàconcreta e smentisce la per-cezione diffusa che nel“mondo” prevalga e valga

l’individualismo, il disinte-resse o il solo interesse fina-lizzato al denaro.Le tante persone volontarieeducano alla consapevolez-za che “donare è bello” eche ne vale la pena, perché

all’interno del “dono” si ri-ceve e in abbondanza! Sientra infatti in una recipro-cità educativa, che scaturi-sce dal coinvolgimento.Spesso sono gli stessi volon-tari a essere “educati” dallasofferenza dei ragazzi accol-ti. Dalla loro storia di vita edal loro desiderio di affettosi sperimenta lo stile di con-divisione che la Comunitàpropone: non solo nel dare,ma anche nel ricevere un di

più, in “capacità” quali:sensibilità, altruismo, pa-zienza, speranza, amore efiducia.Questa importante esperien-za di vita arriva al cuore edona un nuovo modo di vi-

vere le situazioni quotidiane:lavoro, famiglia, momenti didistensione e rapporti congli amici, provocando deicambiamenti nelle propriescelte e valutazioni, forman-do cuori e occhi che sentonoe vedono secondo la logicadel gratuito.La presenza dei volontari inComunità educa al modo di“essere”, trasmettendo, an-che a coloro che vivono qui,la nuova consapevolezza che

nessuno è così povero danon avere nulla da donaread un altro e che ognuno hala possibilità di essere aiuta-to e di aiutare. Grazie ai volontari i ragazziaccolti intraprendonoanch’essi la strada del volon-tariato, per restituire e rice-vere ancora, e scoprire labellezza dell’ accorgersi de-gli altri.Madre Teresa di Calcutta di-ceva: «Oggi la gente è affa-mata d’amore e l’amore è lasola risposta alla solitudine ealla grande povertà. In alcuniPaesi non c’è fame di pane, lagente soffre invece di terribilesolitudine, terribile dispera-zione, terribile odio, perché sisente indesiderata, derelitta esenza speran za. Ha dimenti-cato come si fa a sorridere, hadimenticato la bellezza deltocco umano, ha dimenticatocos’è l’amore degli uomi -ni. Ha bisogno di qualcunoche la capisca e la rispetti».Questo è ciò che le personeimpegnate nel volontariatohanno capito e cercano divivere.

I volontari: un valoreaggiunto insostituibile

‘Il tempo di volontariato non puòridursi a gesti formalima tutto deve essere sostanziatodall’amore.

don Enzo Boschetti

Paola, volontaria; Lara, educatrice; Michele, seminarista di Pozzuoli, volontario in comunità per unanno, al lavoro insieme mentre preparano il pranzo per i minori

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Incontri14 Camminare nella luce

RiconciliazioneVia non violenta alla pace

Tutti in prima linea, con le nostre scelte quotidiane, per realizzarela pace: è stato il filo conduttore dell’appassionantediscorso di don Fabio Corazzina, sacerdote della Diocesi di Brescia

di Daniela Franzoni

M artedì 9 marzopresso il saloneTerzo Millennio

della Casa del Giovanesì è tenuto, nonostante l’ab-bondante e insolita neve cheha imbiancato la città, l’in-contro dal titolo“Riconcilia-zione: via non violenta allapace”, proposto dalla Co-munità in collaborazionecon la Caritas Diocesana,Pax Christi, Azione Cattoli-ca e altre associazioni di Pa-via. Il relatore è stato don FabioCorazzina, sacerdote delladiocesi di Brescia, e parrocodella parrocchia Santa Mariain Silva, che fino allo scorsoanno è stato coordinatore na-zionale del movimento PaxChristi. È un sacerdote moltovivace che, del tema della pa-ce, si è fatto portavoce. Infat-ti egli sottolinea semprequanto sia importante, perrealizzarla davvero, partiredalle scelte quotidiane.Questo incontro, anche sebreve, ha aperto una “fine-

stra sul mondo”, ci ha per-messo di dare uno sguardopiù attento alle relazioni fragli uomini e ci ha fatto sco-prire che “la riconciliazio-ne” è lo strumento per farnascere e mantenere la pacefra i popoli enon solo. Ri-porto qui diseguito alcu-ni passaggidel l ’appas-sionante di-scorso di donFabio.Il movimentoPax Christiè nato da ungruppo dimamme a cuiardeva nelcuore il desiderio di riconci-liare il popolo tedesco conquello inglese dopo la guer-ra. Dicevano: “Per ricostrui-re l’Europa ognuno deve farela sua parte, e anche noi cifacciamo carico della parte anostra disposizione: la pre-ghiera! Perché la ricostruzio-ne possa avvenire attraversol’incontro”.

Sono proprio le esperienzedi riconciliazione ad inse-gnarci e dimostrarci comesia necessario partire dal“piccolo”, perché ogni no-stra scelta condiziona lescelte degli altri. L’atteggia-

mento di chi di-ce “Ma chi? Io?Non sono io chefaccio del male,è l’altro!” signi-fica non solonon ammetteredi aver fatto delmale, ma pro-vocare ancorapiù rabbia inchi il male l’haricevuto. Si ge-nera così una

violenza interio-re che si aggiunge a quellaesteriore.In Iraq la guerra è nata peruna serie di bugie. Grandipolitici hanno giurato cheSaddam (senza difenderlo!)nascondeva bombe chimi-che, che però non sono statetrovate, anzi sono state tro-vate mine prodotte in Italia.Atteggiamento di riconci-

liazione è invece stato quel-lo di Giovanni Paolo II il 12marzo 2000 che, in occasio-ne del Giubileo, ha ammes-so le colpe della Chiesa edei cristiani dicendo: “Laverità non si impone. Chie-do perdono perché la Chie-sa anziché difendere l’unitàdei cristiani ha in realtàconcretamente contribuitoa dividerli”. Bisogna diven-tare persone capaci di con-versione!Oggi la riconciliazione nonè di moda e non ha molti so-stenitori, anzi si rischia dipassare per deboli. Eppureè indispensabile in una so-cietà, come l’ossigeno nel-l’aria; senza il perdonol’umanità soffoca, il perdo-no spezza la catena dellaviolenza e della cattiveria esi introduce nella logica del-l’incontro interpersonale esociale; è l’imprevedibilitàdella grazia. Se si crede nellariconciliazione fino in fon-do, fino a essere disponibilia mettere a rischio la pro-pria stessa vita, si arriva an-che a “imporla”.

Ci sono uomini che nella vi-ta si sono imposti per -ché hanno voluto bloccarela mentalità della vendetta.Lo è stato il figlio di VittorioBachelet che al funerale delpadre ha detto: “Farò di tut-to per impedire il meccani-smo della vendetta, ancheperché questo non farebbealtro che fare più male”. Loè Nelson Mandela, ventino-ve anni di carcere senza averfatto nulla se non l’essereconvinto, prima e dopo tuttiquegli anni di prigionia, che“più ci dividiamo, più cifacciamo del male”. Loè Desmond Mpilo Tutu, ar-civescovo sudafricano, direligione anglicana, attivistache raggiunse una famamondiale durante gli anniottanta come oppositoredell’apartheid.La provocazione del malecostruisce una catena daspezzare con la riconcilia-zione. Solo l’unione e la col-laborazione nel bene, ovun-que possiamo, è rifiuto dellaimposta logica dell’odio epuò portarci alla pace e alla

Don Fabio Corazzina

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Io sono nato così, mi sono rovinato così,ho fatto male a me stesso, alla mia fami-glia, agli altri, esattamente così, partendo

da dentro una scuola anonima, una classe al-trettanto anonima, in un paese anonimo,con una bravata ripetuta all'infinito, una ra-gazzata autorizzata a passare inosservata, sicomincia sempre così, maspesso, dietro l'an-golo, c'è la trage-dia, il recintodove tuttopuò essercondiviso,persino lafollia piùlucida. Chiin gioventùha bruciatole tappe deltutto e subi-to, sa bene co-me è facile per-dere la propria di-gnità e depredarne par-te agli altri. Questa è la societàche abbiamo in sorte, non era migliore quel-la precedente, piuttosto siamo cambiati noi,sono cambiate le sensibilità.

Sul disagioOra, il pianeta degli anni corti, dei ragazzinidalle gambe larghe e le mani in tasca, “sma-netta” su internet, basta guardare su alcuni“blogs” e accorgersi dei tanti ragazzi cheperdono tempo e sonno a raccontarsi il pro-prio sballo, il trip appena concluso, da ini-ziare a breve, per l’ennesima volta.Parlando con un ragazzo sospeso per qual-che giorno da scuola, non una parola impor-tante sull’accaduto, sull’infrazione commes-sa, non un sussulto di rimorso, piuttosto unlamento persistente di giustificazioni, com-pletamente assente di motivazioni, distanteda un riesame critico dell’evento.Un ragazzo come tanti altri, educato, pulito,eppure dentro, un’insignificanza comporta-mentale stupefacente, certo di farcela a de-legare ad altri la fatica, preso in mezzo trainternet e il “quad” nuovo fiammante. A 13 o 14 anni, la canna tra le dita, il fumonelle narici, uno stile di vita appena iniziato.Salire su un’auto lasciata incostudita, pren-derne possesso, e con normale divertimentopartire all’avventura.In tre ragazzi sopra quella macchina a fuma-re e ridere, a “calare” giù di gusto, a pensaredi non essere “fatti”, anzi di stare bene elontano dai guai.Tre ragazzi e la strada che diventa stretta, la

notte scambiata per il giorno, d’improvvisola musica è finita, il rumore del motorespento, le risate smorzate in gola, i pensieripaurosamente interrotti.Forse, quell’albero non sarebbe passatoinosservato. Forse, quell’ostacolo così ovvio,non sarebbe stato interpretato come un sem-plice impedimento. Forse, se non ci fossero

state le canne a fumarsi il residuo di cervel-lo, forse, da quella macchina non ci sa-

remmo trascinati fuori soltanto indue, perdendo per sempre, per tut-

to il tempo che rimarrà da vivere,un pezzo importante di noi stes-si.

Sul carcereIl carcere reclama sacrifici uma-ni, lo fa con inusitata violenza,

senza andare troppo per il sottile,in fin dei conti parliamo di mate-

riali difettati da smaltire in frettasenza fare rumore.

Ancora una volta è consigliabile pensarealla galera non come a un contenitore perincapacitare ed espellere definitivamentedal contesto sociale, perché in carcere si va,ma prima o poi si esce, e allora bisognereb-be evitare la pratica dell’induzione a diven-tare peggiori di quando si entra, per tentaredi vincere da una parte, quell’infantilizzazio-ne galoppante che partorisce tanti uominibambini, e dall’altra, quella subcultura cri-minale che trasforma il poveraccio in un uo-mo bomba.Carcere e partecipazione, per rendere menooffensiva la disperazione, quella che derivadalle morti inaccettabili. Nonostante parlarne appaia sempre più co-me la ricerca di una elemosina pietistica, èutile ostinarsi a farne dibattito, rimettere alcentro di una riforma urgente e improroga-bile la persona, il detenuto-cittadino, chedovrà fare ritorno in società, a cui consenti-re di rimettere alla prova la propria coscien-za della libertà.

Letture15Camminare nella luce

Vittimee carnefici Il 17mo anniversario di don Enzo è

stato celebrato in vari momenti. Il 15 febbraio con la S.Messa in suf-fragio, presieduta da mons. Giovan-ni Giudici vescovo di Pavia e cele-brata nella sempre bella basilica diS.Mauro, ricca di significati e di ri-cordi per la Comunità. La partecipa-zione dei tanti amici e collaboratoriassieme ai comunitari è stata nume-rosa, segno di un vivo legame condon Enzo sempre percepito come

presente e vicino a tutti. Il 17 febbraio si è tenuta la conferenzasulla dimensione sacerdotale di don Enzo, sottolineatura dataquest’anno all’anniversario grazie anche all'anno sacerdotaleindetto da Benedetto XVI per il 2009-10. Sono intervenutip.Mario Airoldi e don Alberto Andrini, novello sacerdote e au-tore della tesi che è stata pubblicata per l'occasione dal titolo“Se non servi non ti liberi. La dimensione dimensione dei ser-vizio negli scritti del Servo di Dio don Enzo Boschetti”. Ambe-due provenienti dalla diocesi di Novara e legati da varie espe-rienze alla CdG. La conferenza è stata intervallata da foto ebrani di don Enzo letti e interpretati da Stefania Grossi.Il 18 febbraio è stato tenuto da don Arturo Cristani, responsa-bile della CdG, il ritiro ai sacerdoti della diocesi di Pavia sullafigura di don Enzo sacerdote e la sua travagliata vocazione.il 21 febbraio si sono concluse le celebrazioni con la S.Messa al-le ore 16 al paese natale di don Enzo a Costa de’ Nobili.Non possiamo però dimenticare anche la manifestazione sporti-va del Memorial ‘don Enzo Boschetti’ che ha visto confrontarsile comunità della CdG per due giornate – il 14 e il 21 febbra-io – a calcetto presso il sempre ospitale campo di calcio dei Sale-siani di Pavia.

Ogni 1° maggio ricordiamol’apertura della ComunitàCasa Speranza di Biella av-venuta 29 anni fa e ricorda-ta con un momento di pre-ghiera insieme a tutti i co-munitari. Nell’occasione sisono anche sfidate in untorneo di calcio le comunità

di Pavia e quella di Casa Speranza. La vittoria va alla Comunitàdi Casa Accoglienza e dopo le premiazioni… una robusta e me-ritata merenda!

Festa della comunità di Biella

Anche la Casa del Giovane ha partecipato alla staffetta “Inmarcia per la vita”, organizzata dall’Associazione Nazionale diPromozione Sportiva delle Comunità ANPSC, in collaborazio-

ne con il Consiglio Nazio-nale FIASP. Partita do-menica 8 maggio in con-temporanea da Marsala eda Feletto Umberto (UD)in concomitanza con il150° anniversario del-l’Unità d’Italia, la mani-festazione si è conclusa a

Roma il 22 maggio con arrivo a Piazza Venezia. L’obiettivo del-la manifestazione è sensibilizzare l’opinione pubblica sul disa-gio giovanile e l’abuso di sostanze psicoattive, evidenziandol’impegno delle comunità e delle strutture nella cura delle tos-sicodipendenze. È una staffetta che coinvolge centinaia di ra-gazzi (operatori, volontari e ragazzi) delle realtà attive sul terri-torio che si passano “il testimone della solidarietà” lungo unpercorso di oltre 3 mila chilometri attraverso l’Italia.

In marcia per la Vita

Anniversario don Enzo

Caro diario...

Vittimee carnefici,tutti intornostannogli indifferenti

Edizioni CdGPavia, 2010272 pagine€15

Il mese scorso è uscito un nuovo libro di Vincenzo Andraous,tutor e amico della Casa del Giovane.Quest’ultima sua fatica ci sembra decisamente importante.Non abbiamo voluto recensirla per lasciare al lettore unimpatto più forte passando direttamente al testo dell’autore.

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COMUNITÀ CASA DEL GIOVANEAPPUNTAMENTI

COMUNITARICASA DEL GIOVANE

Per donazionie offerte

Fondazionedon Enzo Boschetti

ComunitàCasa del Giovane

Onlus

c/c Postale no. 97914212

IBAN

IT82P0760103200000097914212

Fondazione don Enzo Boschetti - Comunità

Casa del Giovane Onlus

C.F. 96056180183

FESTA DEGLI AMICIDELLA COMUNITÀ19 settembre dalle 16

Cascina GiovaneSamperone di Cerosa (Pv)

PROMESSE DELLAFRATERNITÀ CDG

1 ottobre 2010

Via Lomonaco 43 - Pavia

MESSA PER

DON ENZO2 Novembre 2010

Cimitero diCosta de' Nobili (PV)

MESSA

INTERCOMUNITARIA

Ogni lunedì alle 18.45Cappella della Resurrezione

Via Lomonaco 43 - Pavia

ADORAZIONE

COMUNITARIA

Il giovedì dalle 8 alle 20Cappella della Resurrezione

Via Lomonaco 43 - Pavia

Per informazioni0382.3814490 - 925729

[email protected] - www.cdg.it

IL VOSTRO 5 PER MILLEALLA CASA DEL GIOVANE

Associazione Privata di Fedeli CASA del GIOVANE

Sede in: Via Folla di Sotto, 19 - 27100 PaviaTel. 0382.3814476 - Fax 0382.3814475 - [email protected] Primo: mons. Giovanni Giudici - Vescovo di Pavia Curia di Pavia - Piazza Duomo, 1 27100 Pavia - Tel. 0382.386511Responsabile di Unità: don Arturo Cristani Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814476 - Fax 0382.3814475 [email protected]

Fondazione DON ENZO BOSCHETTICOMUNITÀ CASA DEL GIOVANE

Sede in: Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814476 - Fax 0382.3814475 - [email protected]: don Arturo Cristani - Via Lomonaco, 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814476 Fax 0382.3814475 - [email protected]

Coop. Soc. CASA del GIOVANE

Sede in: Via Folla di Sotto, 19 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492 - [email protected]: Diego Turcinovich - Via Lomonaco 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814490 [email protected]

Coop. Soc. IL GIOVANE ARTIGIANO

Sede in: Viale Libertà, 23 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814482 - Fax 0382.3814406 - [email protected]: Alberto Cazzulani - Via Lomonaco 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814490 Fax 0382.3814492 - [email protected]

“Arsenale Servire il fratello” - Laboratori di:Centro stampa, carpenteria, falegnameriaVia Lomonaco, 16 - 27100 PaviaTel. 0382.381411 - Fax [email protected] - [email protected]@cdg.it

ORATORIO

Sede amministrativa e colloqui di Accoglienza Viale Libertà, 23 - 27100 Pavia - Tel. 0382.3814551 Fax 0382.29630 - [email protected]

Archivio “don ENZO BOSCHETTI”

presso Fraternità “Charles de Foucauld” Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814469 - [email protected]

Centro Educativo “don ENZO BOSCHETTI”

Coordinamento Aree Educative e di AccoglienzaVia Lomonaco 43 - 27100 Pavia

Area Minori: Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492 [email protected] Adulti e Dipendenze: Tel. 0382.3814485 Fax 0382.3814487 - [email protected] Donne: Tel.0382.3814445 - Fax 0382.523644 [email protected] Riabilitazione Psichiatrica: Tel. 0382.3814499 Fax 0382.3814490 - [email protected]

Area MINORI

Casa Gariboldi - Minori 13-17 anni Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814457- [email protected] S. Martino - Minori 13-17 anni Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814440 - [email protected]

CENTRO DURNO “Ci sto dentro” - Via Lomonaco 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814455 [email protected] FAMIGLIA Madonna della Fontana Casa-famiglia per bambini in età scolare Fraz. Fontana - 26900 Lodi Tel. 0371.423794 - [email protected]

Area ADULTI e DIPENDENZE

COMUNITÀ TERAPEUTICO-RIABILITATIVE

Casa Madre - Via Folla di Sotto, 19 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814590 - [email protected] Giovane - Samperone di Certosa 27012 Certosa di Pavia - Tel. 0382.925729 Fax 0382.938231 - [email protected] Accoglienza - Vìa Lomonaco, 16 27100 Pavia - Tel. 0382.3814430 Fax 0382.3814487 - [email protected] www.casaccoglienza.orgCasa Boselli - Modulo specialistico per alcool e polidipendenze - Vìa Lomonaco, 43 - 27100 Pavia tel. 0382.3814597Casa Speranza - Via del Bottegone, 9 13900 Biella Chiavazza (BI) - Tel. 015/2439245 Fax 015/2520086 - [email protected] DIURNO BASSA SOGLIA “IN&OUT” Vìa Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814596 - [email protected]

Area DONNE

COMUNITÀ PER MAMME CON BAMBINI

Casa S. Michele - Viale Golgi, 22 - 27100 Pavia Tel. 0382.525911 - Fax 0382.523644 [email protected] S. Giuseppe - Via Lomonaco, 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814435 - [email protected]

Area SALUTE MENTALE

Centro diurno “Don Orione” - Via Lomonaco, 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814453 [email protected] diurno “Don Bosco” - Via Lomonaco, 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814477 [email protected]

SPIRITUALITÀ

Casa Sacro Cuore - Via Risorgimento, 249 28823 Ronco di Ghiffa (VB) - Tel. 0323.59536Monastero Mater Carmeli - Via del Bottegone, 9 13900 Biella Chiavazza (BI) - Tel. 015.352803 Fax 015.2527643 - [email protected] www.carmelitanebiella.it

FRATERNITÀ

Fraternità “Charles de Foucauld” Via Lomonaco, 45 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814445 - [email protected] Nuova - Via Lomonaco, 45 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814464 - [email protected]

CASE ESTIVE

Casa Maria Immacolata - Inesio (LC) Tel. 0341.870190 - [email protected] Sacro Cuore - Via Risorgimento, 249 28823 Ronco di Ghiffa (VB) - Tel 0323.59536

LA COMUNITÀ sul WEB

www.cdg.it - Sito ufficiale della Comunità Casa del Giovane di Paviawww.centrodiascolto.org - per l'ascolto e l'orientamento nel disagio giovanilewww.casaccoglienza.org - sito della comunità Casa Accoglienza della Casa del Giovane di Pavia