di Casaleggio Dopo l’Egitto tocca all’Austria · Dopo il guru: il web non basta tutto per le...

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delle Libertà Dopo l’Egitto tocca all’Austria Il pericolo dell’eredità di Casaleggio I l “non mollare” dei fratelli Rosselli era rivolto contro il regime fasci- sta, il “boia chi molla” della rivolta reggina del ‘70 era diretto contro lo stato centrale che voleva ridimensio- nare il ruolo di Reggio Calabria. Ma il “non mollare mai”, lasciato in ere- dità da Gianroberto Casaleggio e ri- petuto come grido di battaglia dal figlio Davide al termine dell’orazione funebre, verso quale obiettivo è indi- rizzato? Ad esequie avvenute del cofonda- tore del Movimento Cinque Stelle si può dire con tutta onestà che, a parte il risultato politico di un aumento dei consensi del partito dei “grillini”, nessuno è in grado di comprendere con chiarezza cosa gli eredi di Casa- leggio, seguaci di Grillo e sostenitori del Direttorio vogliano realizzare una volta ottenuto il successo per cui non intendono mollare. Se fosse la decrescita felice andrebbero avvisati che quella decrescita è già in atto e che non solo è infelice ma addirittura disperata. Il Paese è fermo, paraliz- zato, bloccato da una cultura regres- sista che si è inserita in ogni angolo della società nazionale e di cui pro- prio i grillini sono i rappresentanti naturali. Accentuare la regressione aggredendo le attività industriali, fre- nando gli investimenti, fermando ogni tipo di opera pubblica in nome del timore di fenomeni corruttivi si- gnifica soltanto aumentare l’infeli- cità e la disperazione. Se a questo serve il “non mollare mai” lasciato in eredità da Casaleggio è bene, a cor- doglio umano esaurito... P O L I T I C A S O L A - M A S S I M A N O P A G I N E 2 - 3 Trivelle: Referendum tra dubbi e certezze E S T E R I M A G N I A P A G I N A 5 Stato islamico in Libia: “voci” dall’inferno di Sirte E S T E R I T O A M E H A P A G I N A 5 L’esorcismo di Hamas per addestrare all’odio i bambini palestinesi P R I M O P I A N O R O S S I - M O S C A A P A G I N A 3 Per l’Esecutivo dei “rottamatori” un bilancio fallimentare C U L T U R A C A P O N E A P A G I N A 7 “Guerra Fredda e Aeronautica Militare”, il libro di Losito Altre carrettate di pasti gratis in arrivo L e persone più responsabili e av- vertite sanno bene che in demo- crazia le riforme incisive abbisognano di almeno tre elementi: coraggio poli- tico nell’adottarle, gradualità e prov- vedimenti che vadano nella giusta direzione. Ora, giudicando l’ennesima carrettata, per così dire, di pasti gratis letteralmente decretata dal Governo Renzi, a firma del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, dobbiamo amara- mente prendere atto che il luogo sco- nosciuto verso cui ci stanno conducendo i cervelloni al potere non sembra molto rassicurante, soprat- E mozione dovuta, per la scomparsa di Gianroberto Casaleggio. Com- mozione dovuta. Preoccupazioni, in- terrogativi, dovuti. Ma, al di là di questi momenti di partecipazione - umana oltreché politica - respingiamo quanto siamo andati leggendo in que- sti giorni sui media: un profluvio di parole enfatico ma sopratutto non proprio azzeccato, anzi deviante. Di Casaleggio abbiamo letto che, da “visionario”, avrebbe rivoluzio- nato la politica introducendo tra i suoi strumenti e i suoi parafernalia le tecniche del web: di quella forma mo- dernissima di comunicazione che sta, in verità, sconvolgendo comporta- menti globali, con effetti anche sul si- Dopo il guru: il web non basta tutto per le nuove generazioni, alle quali i veri statisti dovrebbero sempre guardare con molta attenzione. stema politico in quanto tale. Indub- biamente, l’uso del web (con annessi e connessi di cui personalmente siamo piuttosto inesperti) ha portato conse- guenze su cui Casaleggio ha lavorato molto e con passione, sfruttandone le possibilità fino al limite - credo si possa dire - dell’attualmente concepi- bile. Ma tutto questo non è una sua invenzione. Da anni la rete web è un interme- diario necessario alla nascita e cre- scita di fenomeni politici di tutto rispetto, a livello anche internazio- nale. Sul web e su ciò che significa si discute e si discuterà ancora, e a lungo. C’è chi lo ammette e favorisce in nome della libertà di espressione; e chi, per le stesse ragioni, lo teme, lo vieta, tenta di soffocarlo. Dunque, un fenomeno ricco di potenzialità. Ma Casaleggio ne ha abbondantememnte sfruttato anche il lato negativo. Ac- canto all’impiego - di ispirazione “de- mocratica” - quale unica via...

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delle Libertà

Dopo l’Egitto tocca all’Austria

Il pericolo dell’ereditàdi Casaleggio

Il “non mollare” dei fratelli Rosselliera rivolto contro il regime fasci-

sta, il “boia chi molla” della rivoltareggina del ‘70 era diretto contro lostato centrale che voleva ridimensio-nare il ruolo di Reggio Calabria. Mail “non mollare mai”, lasciato in ere-dità da Gianroberto Casaleggio e ri-petuto come grido di battaglia dalfiglio Davide al termine dell’orazionefunebre, verso quale obiettivo è indi-rizzato?

Ad esequie avvenute del cofonda-tore del Movimento Cinque Stelle sipuò dire con tutta onestà che, a parteil risultato politico di un aumentodei consensi del partito dei “grillini”,nessuno è in grado di comprenderecon chiarezza cosa gli eredi di Casa-leggio, seguaci di Grillo e sostenitoridel Direttorio vogliano realizzareuna volta ottenuto il successo per cuinon intendono mollare. Se fosse ladecrescita felice andrebbero avvisatiche quella decrescita è già in atto eche non solo è infelice ma addiritturadisperata. Il Paese è fermo, paraliz-zato, bloccato da una cultura regres-sista che si è inserita in ogni angolodella società nazionale e di cui pro-prio i grillini sono i rappresentantinaturali. Accentuare la regressioneaggredendo le attività industriali, fre-nando gli investimenti, fermandoogni tipo di opera pubblica in nomedel timore di fenomeni corruttivi si-gnifica soltanto aumentare l’infeli-cità e la disperazione. Se a questoserve il “non mollare mai” lasciato ineredità da Casaleggio è bene, a cor-doglio umano esaurito...

POLITICA

SOLA- MASSIMANO PAGINE 2-3

Trivelle:Referendum

tra dubbi e certezze

ESTERI

MAGNI A PAGINA 5

Stato islamicoin Libia: “voci”

dall’inferno di Sirte

ESTERI

TOAMEH A PAGINA 5

L’esorcismo di Hamasper addestrare all’odio i bambini palestinesi

PRIMO PIANO

ROSSI-MOSCA A PAGINA 3

Per l’Esecutivodei “rottamatori”

un bilancio fallimentare

CULTURA

CAPONE A PAGINA 7

“Guerra Fredda e Aeronautica Militare”,

il libro di Losito

Altre carrettate di pasti gratis in arrivo

Le persone più responsabili e av-vertite sanno bene che in demo-

crazia le riforme incisive abbisognanodi almeno tre elementi: coraggio poli-tico nell’adottarle, gradualità e prov-vedimenti che vadano nella giustadirezione. Ora, giudicando l’ennesimacarrettata, per così dire, di pasti gratisletteralmente decretata dal GovernoRenzi, a firma del ministro del LavoroGiuliano Poletti, dobbiamo amara-mente prendere atto che il luogo sco-nosciuto verso cui ci stannoconducendo i cervelloni al potere nonsembra molto rassicurante, soprat-

Emozione dovuta, per la scomparsadi Gianroberto Casaleggio. Com-

mozione dovuta. Preoccupazioni, in-terrogativi, dovuti. Ma, al di là diquesti momenti di partecipazione -umana oltreché politica - respingiamoquanto siamo andati leggendo in que-sti giorni sui media: un profluvio diparole enfatico ma sopratutto nonproprio azzeccato, anzi deviante.

Di Casaleggio abbiamo letto che,da “visionario”, avrebbe rivoluzio-nato la politica introducendo tra isuoi strumenti e i suoi parafernalia letecniche del web: di quella forma mo-dernissima di comunicazione che sta,in verità, sconvolgendo comporta-menti globali, con effetti anche sul si-

Dopo il guru: il web non basta

tutto per le nuove generazioni, allequali i veri statisti dovrebbero sempreguardare con molta attenzione.

stema politico in quanto tale. Indub-biamente, l’uso del web (con annessie connessi di cui personalmente siamopiuttosto inesperti) ha portato conse-guenze su cui Casaleggio ha lavoratomolto e con passione, sfruttandone lepossibilità fino al limite - credo si

possa dire - dell’attualmente concepi-bile. Ma tutto questo non è una suainvenzione.

Da anni la rete web è un interme-diario necessario alla nascita e cre-scita di fenomeni politici di tuttorispetto, a livello anche internazio-nale. Sul web e su ciò che significa sidiscute e si discuterà ancora, e alungo. C’è chi lo ammette e favoriscein nome della libertà di espressione; echi, per le stesse ragioni, lo teme, lovieta, tenta di soffocarlo. Dunque, unfenomeno ricco di potenzialità. MaCasaleggio ne ha abbondantememntesfruttato anche il lato negativo. Ac-canto all’impiego - di ispirazione “de-mocratica” - quale unica via...

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Il 17 aprile è alle porte e più di unelettore è preso dal dubbio amle-

tico: votare o non votare al referen-dum? La linea di faglia della politicaitaliana oggi attraversa la cabinaelettorale. Il punto non è se sposarele ragioni del sì o quelle del no allaprosecuzione dell’estrazione di gas edi petrolio dai giacimenti situati inmare a meno di 12 miglia dallacosta.

Se il contenuto del quesito refe-rendario è passato in secondo pianoè colpa del solito Matteo Renzi cheha voluto mettere il caricopersonale anche su una que-stione che doveva riguardareesclusivamente il “sentire”della comunità. Renzi, con labenedizione del suo sponsor,Giorgio Napolitano, ha dettoagli italiani di starsene acasa. Vuole sabotare la con-sultazione. Allo scopo, i suoisodali gli tengono bordoneribadendo quanto sia inutileandare al seggio per una que-stione così poco rilevante.Ora, la domanda è: si fa ilbene della democrazia inci-tando gli elettori a disertarele urne? Qual è il vero obiet-tivo del signor Renzi? Pen-siamo che dietro il consigliointeressato del premier sinasconda un disegno desta-bilizzante che fa perno sulfomentare una più struttu-rata ed estesa disaffezionedei cittadini alla modalitàdi espressione del proprioorientamento tramite il voto.

D’altro canto, l’ultimafase della Seconda Repub-

blica è stata connotata dalla spintadelle classi dirigenti a vanificare ilpeso della sovranità popolare nellacostruzione del processo politico. Ilfenomeno, tuttavia, non è soltantoitaliano ma investe l’intero Occi-dente avanzato. Cresce tra le éliteprogressiste di ultimo conio il con-vincimento che una società com-plessa debba ridurre l’incidenzadegli umori popolari e consolidare

invece i luoghi della mediazione “inalto” tra portatori di interessi eco-nomicamente rilevanti. Se si credeche un algoritmo possa determinareil tasso di felicità degli individui eche solo il mercato debba scandirele fasi della quotidianità, ben sicomprende del perché si provi asottrarre alla forza dei flussi eletto-rali il condizionamento dei destinidella comunità. È il nuovo volto

dell’autoritarismo che non ha lamedesima faccia truce dei suoi pre-cursori otto-novecenteschi. Esso simostra con le fattezze rassicurantidelle burocrazie onniscienti, degliorganismi sovranazionali, dei grandcommis, dei salotti buoni della fi-nanza, dei governi tecnici. Ma alpari dei vecchi autoritarismi an-ch’esso non pone la volontà popo-lare non coartata a presupposto

della propria legittimazione.La funzione elettorale, invece, è

per definizione esercizio che muovela dinamica sociale. La frequenzadell’espressione di voto vivifica enon annichilisce il tono muscolaredi una comunità. In Italia la febbrecontaminante delle élite sciolte dalconsenso popolare ha colpito più lasinistra nella sua ultima versione dipartito-società che la destra. Nonsiamo ancora al punto dei “ludi car-tacei” di mussoliniana memoria mal’invito renziano a disertare le urnegli somiglia molto. Bisogna perciòtemere molto l’odierna proposta

astensionista perché più diun’opzione specifica sul temaessa prefigura un’idea di co-munità ammutolita.

Una volta qualcuno disseche pagare le tasse è belloma, aggiungiamo noi, votareè meglio. Andare al seggionon stanca, giacché è il modomigliore per sentirsi liberi.Domani molti italiani sa-ranno titubanti sul che faredal momento che le ragionidei due fronti si controbilan-ciano. Non è dunque faciledire cosa sia più opportunoscegliere. È presumibile chesulla scheda peseranno le di-verse sensibilità. Tuttavia, unsuggerimento sentiamo didarlo: svegliatevi di buonora, fate colazione, indossateil vestito più bello e recatevial seggio, perché è una festa.Non ci sono santi da onoraree processioni da seguire: è unrito laico che celebra la de-mocrazia. Comunque la pen-siate, non fate che ve loportino via.

passaggio ad un orario ridotto. Ciò significa,per dirla in parole semplici, che quando i me-desimi lavoratori andranno in pensione il sur-plus previdenziale non coperto da versamentireali sarà integrato con la fiscalità generale,alias il solito e sempre più bistrattato Panta-lone. E sebbene secondo i calcoli dell’Esecutivodei miracoli per finanziare la misura per i primi3 anni non si dovrebbero superare i 300 milionidi euro, siamo sempre nel nefasto ordine di ideedi una politicaccia di piccolo cabotaggio chefirma assegni a vuoto con spese correnti che,andando a regime, nel tempo tendono a cre-scere a valanga ricadendo ancora una voltasulle spalle degli occupati più giovani.

Trattasi dunque dell’ennesima regalia distampo elettoralistico operata dal mago di Fi-renze il quale, dopo aver saccheggiato il pilastrodelle pensioni integrative onde finanziare il con-senso targato 80 euro, ora ci riprova con i fa-migerati contributi figurativi, infernale retaggiodi un passato che non sembra passare mai.

...di comunicazione (interattiva e dunque veri-dica, non mistificante) con i membri del Movi-mento, Casaleggio ha imposto divieti,occlusioni, interventi personali e verticisti chehanno molto appannato la chiarezza e la cre-dibilità del meccanismo. Oggi è più facile dif-fidarne che consentirvi: nonostante leapparenze, l’uso del web - almeno come lo haconfigurato Casaleggio - ci ha più allontanatodalla democrazia che avvicinarvici. E, anzi,l’intero Movimento Cinque Stelle è, nelle suearticolazioni, un coacervo di strutture e prassiche non ne fanno un modello credibile di espe-rienza e sviluppo democratico. Per dirla con lamassima chiarezza: il web di Casaleggio, contutto il M5S, è una deformazione, caricaturalequando non deleteria, dei meccanismi e degliobiettivi della democrazia così come essa si èvenuta classicamente elaborando nel corso disecoli. Partecipa anche esso - anzi - a quella de-riva, a quella crisi delle democrazie che affliggeil mondo, non solo nei Paesi che alla democra-zia non si sono ancora avvicinati o assuefatti,

Politica

segue dalla prima

...affrettarsi a denunciare il carattere negativoe devastante di un programma del genere.

Se poi l’obiettivo lasciato in eredità da Ca-saleggio è il progetto dell’“onestà” al poteregridato dai grillini al termine della cerimoniafunebre del cofondatore, allora la denunciadeve essere ancora più forte e determinata. Per-ché l’onestà non è un valore da contrapporread altri valori (quello della disonestà?), ma èuno scontato dovere civico che se non rispet-tato subisce i sacrosanti rigori della legge. Agi-tare l’“onestà” come valore assoluto diventaun programma politico diretto inevitabilmentea creare un regime illiberale, autoritario, di-spotico, prevaricatore, in cui ogni onesto ri-schia di ritrovarsi con qualcuno che si dichiarapiù onesto di lui e lo condanna e lo schiacciacome disonesto. La storia insegna. Per questonon è un oltraggio rilevare che l’eredità di Ca-saleggio è un pericolo per la democrazia ita-liana!

...In particolare mi riferisco al cosiddetto part-time agevolato con il quale, in virtù di un com-plicato marchingegno tributario, siconsentirebbe ad una fascia di lavoratori pri-vati vicini alla pensione (sono richiesti almeno20 anni di versamenti e il requisito anagraficomaturato entro il 31 dicembre del 2018) di pas-sare ad un orario ridotto tra il 40 e il 60 percento. Tali salariati riceveranno in busta paga,oltre alla retribuzione part-time, una sommaesentasse relativa ai contributi a carico del da-tore di lavoro sulla retribuzione per l’orarionon lavorato, caricando di fatto le aziende diun notevole onere aggiuntivo.

Ma non basta, ed è qui che casca l’ennesimoasino renziano che vola: onde salvaguardareper intero la futura pensione dei richiedenti, loStato riconoscerà loro attraverso i famigeraticontributi figurativi quanto perso a causa del

Altre carrettate di pasti gratis in arrivo

- Francia e Gemania - non è più concepibile.Una possibilità resta, di guerra “totale” di su-premazia mondiale, tipo “Guerra Fredda”. Maquesto è appunto il problema, il tema della ri-cerca “politica” di un nuovo sistema di gover-nance mondiale, che superi gli schemi delloStato-Nazione come i rischi di un conflitto“globale”, e fondi la democrazia, con le sue im-prevedibili regole, per quel mondo di domani.

Dunque, il grande problema dell’oggi è di“superare” la visione di una inutile “lotta allacasta” e di affrontare quello, ben più difficile,di edificare istituzioni valide per l’uomo 2.0,istituzioni che prevedano anche una convi-venza non conflittuale con il web e la sua ri-cerca di “verità”, una esigenza del tutto nuovanel panorama dei comportamenti, delle “ne-cessità”, dei “diritti” dell’uomo. Il guaio è cheall’immensa bisogna mancano ancora una con-sapevolezza diffusa, la conoscenza o l’inven-zione di strumenti opportuni, “classi dirigenti”,“élites” adeguate. Ma non possiamo adattarciai messaggi della “caccia alla casta”, o al grido“onestà” che si è sentito durante la cerimoniafunebre di Casaleggio.

Referendum: si vota

ma anche in quelli nei quali una lunghissimaesperienza, nutrita di solida cultura e rifles-sione etica e civile, sembrava aver collaudatopiù che a sufficienza i meccanismi profondi, lestrutture portanti di una buona prassi demo-cratica (e liberale).

Non si può pensare di fondare una società ele sue istituzioni avendo come obiettivo quellodella lotta alla Casta, il perseguimento del-l’onestà. L’onestà è un prerequisito cui devepresiedere una magistratura corretta ed effi-cace; il problema della Casta non è nelle sueincrostazioni e involuzioni – quando si presen-tino – ma nelle cause istituzionali che determi-nano i fenomeni degenerativi. La “classepolitica” degenera in casta quando si spezza ilrapporto di fiducia con l’opinione pubblica.Fu, se non sbaglio, Gaetano Mosca, e subitodopo di lui Vilfredo Pareto, a darci le prime im-portanti definizioni di cosa significhi una élitee di quali siano i rischi che la sua cristallizza-zione comporta: problemi che hanno vistoanche le più recenti ricerche di C. Wright Millsaffondare nel cuore della società americana,con la scoperta della sua imprevedibile fragi-lità.

È vero che oggi, anche nei Paesi di collau-data e persuasiva stabilità, la democrazia (conle sue attuali élites) non è in buona salute. Dicerto, uno dei motivi di questo scollamento ènella crisi dello Stato-Nazione. Lo Stato-Na-zione è non solo una formula istituzionale, maun complesso “sistema” che ha tutta una seriedi “strutture” ideali, formali e sostanziali cheda secoli lo sorreggono. Oggi queste strutturenon hanno letteralmente più senso, a partiredal privilegio “schmittiano” di poter fareguerra, la cosiddetta “eccezione”. Oggi leguerre non si dichiarano, non hanno più l’an-damento storicamente ben noto, sono “con-flitti” tra poteri e potenze disuguali, fluide,informali, evanescenti quanto insidiose. Gli at-tentati dell’Isis sono atti anomali, contro i qualinon c’è possibilità di risposta comparabile.Non si risponde all’atto terroristico con l’attoterroristico, se non altro perché non si sa-prebbe contro chi e dove promuoverlo. L’Isis èinafferrabile, il Califfo parla di un suo suc-cesso, di una sua evoluzione in grande Statoafro-asiatico per il 2022, data troppo lontanaper essere affidabile.

Intanto, una guerra “classica” tra - per dire

Il pericolo dell’eredità di Casaleggio

Dopo il guru: il web non basta

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Primo Piano

Contribuzione sindacale automa-tica ai lavoratori, rappresentati-

vità per i contratti del pubblicoimpiego, privatizzazione Rai, finan-ziamento pubblico ai partiti, re-sponsabilità civile dei magistrati,legge elettorale maggioritaria, acquapubblica.

Sono solo alcuni dei quesiti refe-rendari disattesi negli ultimi anni daun sistema politico che ti fa votare epoi se ne frega del risultato. Adessopretenderebbero che il cittadino, ap-ponendo una crocetta su un quesitoreferendario per giunta non diampio spettro, determinasse la stra-tegia energetica nazionale laddovela politica non è stata in grado diconcertare una soluzione.

Lo chiamano referendum “notriv” ma in molti ancora ignoranoche, lungi dall’occuparsi di trivella-zioni, il quesito pone una domandamolto più banale: per quanto tempodevono poter estrarre petrolio lecompagnie che operano entro le 12miglia dalla costa? Fino alla sca-denza della concessione oppure finoall'esaurimento naturale del giaci-mento? Vien voglia di andare almare, ma già sappiamo che qualcheambientalista con l’attitudine al ca-tastrofismo ci dirà che, non an-dando a votare, ci assumeremo laresponsabilità di lasciare che multi-nazionali senza scrupoli inquinino ilnostro tesoro paesaggistico preclu-

dendoci le future nuotate. Niente dipiù falso, visto che il quesito refe-rendario parla di sfruttamento deigiacimenti già trivellati e visto chela stragrande maggioranza di essi(esclusa Tempa Rossa) contiene inprevalenza gas (importato general-mente tramite metanodotti ) e nonpetrolio (che alimenta il traffico na-vale).

Ma poi, cosa ci guadagnerebbel’ambiente se si inibisse la possibi-lità di estrarre il combustibile oltrela scadenza della concessione? L’im-pianto è già posto in opera, il bucoè già stato fatto quindi di cosastiamo parlando. Con ciò inten-diamo avvalorare le tesi industriali-ste? Ma per carità, stiamo parlandodell’estrazione di quantità di com-

bustibile che si aggirano intorno al3 per cento del fabbisogno nazio-nale con royalty che nemmeno nelTerzo Mondo sono così basse econ dei costi di estrazione che,stante il basso prezzo del petrolio,ne rendono quasi sconveniente lalavorazione. Poi, al netto delle par-tecipazioni azionarie che lo Statodetiene in alcune compagnie petro-

lifere, delle succitate ridicole royaltye delle eventuali imposte che leaziende pagano in Italia, il fruttodell’estrazione non è dello Stato madelle multinazionali che lo estrag-gono.

Chi crede di tutelare l’ambienteper fare del Meridione un immensovillaggio turistico facendo diven-tare i ragazzi del sud tutti camerieriè un illuso tanto quanto chi imma-gina futuri industriali basati sul pe-trolio, sull’industria pesante e sulogiche novecentesche. La strategiaenergetica del Paese - così come il ri-lancio del sud - necessitano di pro-grammazione e di investimenti ed èquindi dovere della classe dirigenteassumersi le responsabilità dellescelte di politica economica. L’alter-nativa è quella di replicare la bar-zelletta nucleare: ci siamo affidati alpopolo, la suggestione ambientalistaci ha indotto a rinunciare alla pro-duzione, ma in compenso com-priamo energia atomica da chi laproduce al nostro confine. Questoperché una classe dirigente di inca-paci pensa di poter affidare allapancia del Paese delle scelte che, perdelicatezza, avrebbero bisogno delcontributo di chi è pagato per deci-dere e studiarsi i dossier. E non sa-remo certo noi andando al marepiuttosto che recandoci “civil-mente” a votare un quesito talmentecretino a risollevare le sorti di unanazione assetata non di petrolio,non di partecipazione ma di statisti.

L’illusione referendaria

Apoco più di due anni dall’iniziodell’“Era renziana” il bilancio

del Paese è semplicemente economi-camente, socialmente e politicamentedisastroso.

Per sgombrare subito il campodalle critiche a questo nostro giudi-zio diciamo che l’Italia, seppure dipoco, sarebbe cresciuta anche con ilnulla al comando, perché quel nientedi segno positivo è dovuto alla Bancacentrale europea, all’abbassamentodel valore del petrolio e all’indeboli-mento dell’Euro. Va da sé, infatti, chese alla guida dell’Eurotower fosse ri-masto Jean-Claude Trichet, con tuttaprobabilità l’Italia più che commis-sariata sarebbe stata requisita dallaTroika.

A due anni dal discusso insedia-mento del rottamatore, per volere diGiorgio Napolitano e diun mondo che per varieragioni puntava su di lui,il nostro Paese si ritrovacome si ritrova. Il debitoè aumentato, sia perchénon si è tagliata la spesadove sarebbe stato neces-sario, per mancanza dicoraggio e sia perché si èspeso denaro a fini elet-torali piuttosto che per lacrescita.

L’esasperazione fi-scale, sia nella pressionee sia nel rapporto fraamministrazione e con-tribuenti, non solo non èdiminuita, ma per via diun atteggiamento perse-cutorio di Equitalia ri-schia di condurre allarivolta popolare. Il rap-porto tra Governo e sin-dacati è peggiorato alpunto tale da vanificarenon solo ogni concetto diconcertazione, ma darendere impossibile quelminimo di condivisionesenza la quale non c’èPaese che funzioni.

Restano totalmenteirrisolti i guai creati dallaLegge Fornero, che seper un verso fu fatta soloai fini di cassa (minoriuscite), per l’altro haaperto, ai limiti del costi-

tuzionale, un’enormità di drammi in-dividuali per chi non ha più né la-voro né pensione. Il Jobs Act, chepure è stato un salasso per le finanzepubbliche, ha funzionato come la ci-pria sulle cicatrici, il cui effetto stasvanendo, ma le cicatrici ovviamenteno, tanto è vero che la disoccupa-zione resta altissima. La nostra giàfragile credibilità internazionale, pervia di atteggiamenti e comporta-menti a dir poco discutibili, è peg-giorata e contiamo sempre meno nelmondo, tanto è vero che schiaffi e ri-chiami volano per noi come le foglied’autunno.

L’incapacità poi a governare e or-ganizzare il fenomeno dell’immigra-

zione non solo ha creato le condi-zioni per afflussi oceanici, ma inse-rendosi in una triste stagione diterrorismo crescente ha generato neicittadini paure, rabbia e insicurezza adir poco esplosive.

Da ultima, ma più importante insenso sociale, è la cosiddetta “que-stione morale”, perché non solo nonè stato rottamato il vergognoso stileitaliano del malaffare nella politica enella classe dirigente, ma si va profi-lando il vento di una nuova e piùacuta battaglia fra politica e magi-stratura. Non possono, infatti, pas-sare inosservati gli attacchi diMatteo Renzi ai giudici, le rispostesecche di Piercamillo Davigo e l’in-

tervento di Giovanni Legnini sui Pme sulle intercettazioni.

Come se ciò non bastasse, tra gliinfiniti scandali che in questi dueanni hanno riempito le cronache, ipiù recenti sulla Banca Etruria e suTempa Rossa hanno lambito, maanche toccato direttamente l’Esecu-tivo. Fatta salva ovviamente la pre-sunzione d’innocenza, così come lealtre garanzie di rito, nessuno puònegare il drammatico effetto nega-tivo che tanto abbia suscitato e giu-stamente nell’opinione pubblica.

Infine lo stile renziano sulle ri-forme, sbandierate come fossero giàentrate in vigore, ma che invece de-vono attendere gli esiti referendari

per essere costituzionalmente attive.Con il suo modo Renzi ha spaccato,piuttosto che unito il Paese, lo hafatto con gli ottanta Euro, con ibonus, con la politica del lavoro, conil salva banche, la sanatoria fiscaleper i ricconi e non per i poveri cristie con uno stile fastidioso e provoca-torio verso l’altrui pensiero.

Insomma, ci ritroviamo dentro unclima infame, una pessima atmo-sfera, un disagio e una rabbia tale danon farci meravigliare dei fischi edelle grida di “onestà, onestà” del-l’altro giorno ai funerali del com-pianto Gianroberto Casaleggio. Unabrutta aria, pericolosa e rischiosa chericorda in parte gli anni di Tangen-

topoli e di tutto ciò che al-lora accadde. Ora noi nonsappiamo se tanto basti adecretare il fallimento diuna missione, di una poli-tica e di un Governo,siamo certi però che l’Ita-lia va male e che rischiagrosso e che gli italianisono in larghissima partestufi. Siamo certi che iconti non tornino perniente e che sia l’Europache i mercati lo abbianocapito bene, come lohanno capito gli italianidai più elementari bilancidi casa, dell’officina, delnegozio.

Renzi ha giurato dipassare la mano se per-derà il referendum costi-tuzionale di ottobre, unreferendum che se pas-sasse ci regalerebbe altrivent’anni del suo stile, delsuo modo, delle sue pro-messe all’ennesima po-tenza. Un referendum chese passasse gli regalerebbeun potere come mai lastoria della nostra Repub-blica ha visto e assegnato.Dunque pensiamoci bene,studiamo le carte, faccia-mocele spiegare, andiamoa fondo sul tema, primache a fondo ci vada ilPaese e tutti noi.

Governo Renzi: bilancio fallimentare

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Politica

“Ti racconto la politica” è una ru-brica settimanale che “L’Opinionedelle Libertà” pubblica on-line ognisabato. Su un totale previsto di uncentinaio di capitoli, siamo arrivati aln. 33 e da adesso essa prende postoanche nella versione cartacea delquotidiano. Sono grato per l’ulteriorespazio e sento il dovere di ringraziareil direttore, Arturo Diaconale. La ru-brica non si esprime secondo l’inse-gnamento tipico dei corsi a pari tema.Non descrive, per esempio, i compitidi un amministratore o le norme sta-tutarie di un congresso; più onesta-mente, evita le ipocrisie e racconta i“veleni” che, di là della norma statu-taria, sono abitudine di ogni strutturadi partito. La democrazia italiana èfalsa, ma il popolo risponde in modoimpulsivo e inefficace. Come sempre,la via d’uscita esiste, però occorre sa-pere alcune cose e smetterla di seguirela facile illusione del chiasso, dei pro-clami e dell’improvvisazione. I partitipolitici sono gli strumenti costituzio-nali per rappresentare le istanze delpopolo nelle istituzioni, ma oggi i no-stri partiti non svolgono detta fun-zione e sono gestiti a uso e consumodei loro dirigenti. Per così dire, nonsono rimasti di proprietà del popolo,dunque, è proprio il popolo che deveritrovare l’intelligenza di sapersi or-ganizzare in squadra.

Politica, alcol e sedativi (Capitolo 33)

Questo capitolo segna il batte-simo della pubblicazione del corsoanche sulla versione cartacea delquotidiano. Per l’occasione, pren-diamo una piccola pausa dalla pura“didattica” e raccontiamo un episo-dio che invita comunque a riflettere.Il treno, alta velocità da Milano, èprossimo a Roma. Guardo dal vetro

l’Italia che scorre incastonata tra igermogli della primavera; di fronte ame, è seduto un passeggero.

“Bella la nostra Italia - dico - pec-cato che la stiano avvilendo”.“Sorry?”, il passeggero è inglese; ionon parlo bene la sua lingua ma nonrinuncio alla chiacchierata. “Howbeautiful is Italy!”, continuo. Il mi-ster dimostra una cinquantinad’anni, veste elegante e scopro prestoche si tratta del responsabile per

l’Italia di uno dei whisky più noti delmondo. Attraversiamo un periodac-cio, dunque, gli chiedo perché maivenga qui da noi; penso infatti chenon vi siano molti denari per com-prare whisky. “Un Paese angosciatobeve - afferma in un italiano miglioredel mio inglese - e sono qui per que-sto”. Rimango annichilito; arriviamoa Roma e ci salutiamo tra un ciao eun goodbye.

Il giorno dopo, giacché i sondaggi

sono di moda, decido di farne uno inminiatura e tutto da solo. Scopro daalcuni ristoratori che si vende piùalcol di prima e, da alcuni farmaci-sti, che sonniferi, tranquillanti e af-fini vanno forte. Sono di nuovoannichilito; porca miseria - lasciate-melo scrivere - ci stanno proprio fot-tendo la vita. Ostentando serenità,l’ignobile apparato opprime la sferasociale, familiare e privata; i cittadinisono intaccati da apatia e irritabi-

lità... genitori e coniugi avviliti perdifficoltà varie, lavoratori impauriti,imprenditori sconfitti, studenti sfidu-ciati, tasse estorsive e valori infranti.È questa l’Italia democratica?

Come nella giungla, il forte aggre-disce il debole; ma é fuori luogo chie-dersi quanto debole voglia diventareil nostro popolo? Possibile che sisenta forte recitando le frasi fatte chegli mette in bocca proprio il poterepolitico? Fa di ogni cosa un allarmi-smo e trasforma ogni opinione in li-bertà d’arroganza e di polemica, finoad apparire una sorta di popolo fon-damentalista non nella religione manella cultura.

Amare l’ambiente, gli animali, lalibertà di parola e quant’altro, è piùche giusto ma la propensione al fa-natismo ci trasforma nei più fissatiambientalisti, vegani, animalisti,apolitici, anti questo, anti quello eanti tutto... fino a rendere assurda einefficace ogni rivalsa politica popo-lare. Inneggiamo ad una rivoluzioneche non sappiamo fare e l’illusionedel “concreto e subito” ci tiene insala d’attesa da decenni. Cavillare suogni cosa è da deboli e allontanadalla vera possibilità di rivalsa po-polare che è la capacità di fare squa-dra. Avalliamo il plagio del regimeimpostore che si fa chiamare demo-crazia e che, secondo l’antico “divideet impera”, ci disperde gli uni controgli altri nelle mille, arroganti fissa-zioni in cui ci illudiamo d’avere unaricca personalità.

“Ti racconto la politica”

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C’è un grande assente nei media ita-liani: la Libia. Entra nelle notizie

solo quando si discute di un possibile in-tervento militare. Tuttavia, della Libia insé, noi sappiamo poco o nulla. In parteperché è difficile seguire il percorso poli-tico e militare di circa 140 clan e tribù inguerra, in parte perché le aree controllatedallo Stato Islamico sono ormai tagliatefuori dal mondo. Forse non ci rendiamoconto, per questi motivi, che alle porte delnostro paese è nato un regime totalitariodegno degli orrori della Cambogia di PolPot, con esecuzioni in pubblico, controllocapillare dei cittadini e delle loro co-scienze, campi di “rieducazione” e terrorediffuso a tutti i livelli.

La Bbc, lo scorso febbraio, ha raccoltole testimonianze di chi è riuscito a fuggiredall’inferno di Sirte, ex roccaforte di Mu-hammar Gheddafi e attuale “capitale”dello Stato Islamico in Libia. Si tratta di te-stimonianze di prima mano, dal vivo(anche se anonime, per motivi di sicurezzapersonale dei testimoni), poiché nella cittànon vi sono più collegamenti telefonici e laconnessione Internet, che funziona solocon ponti satellitari, è ancor meno accessi-bile. Un pediatra, intervistato dai giornali-sti inglesi, parla di una “quantitàincredibile di esecuzioni. Io ho perso quat-tro cugini per parte di padre, cinque cugini

per parte di madre, altre tre parenti e duemiei vicini di casa. Uno dei miei cugini èstato crocifisso nei dintorni di Zaafran. Unaltro è stato assassinato nei dintorni diGharbiyat e un terzo decapitato. Unquarto cugino è stato ucciso con un missileanti-carro. Un mio amico ha perso tre deisuoi fratelli; dopo essere fuggito da Sirte, siè rifugiato a Zliten. Ma la situazione,anche lì, è drammatica. Un altro suo fra-tello è stato ucciso nell’esplosione di un at-tentatore suicida il 7 gennaio. Si era appenadiplomato alla scuola militare. Un’occa-sione di festa si è così trasformata in lutto”.I motivi per essere perseguitati sono tanti,ma soprattutto sono presi di mira gli exfunzionari e poliziotti. “Mio padre era unpoliziotto veterano e a Sirte era minacciato.

Chiunque abbia lavorato con la poliziapuò essere rapito o ucciso, almeno finchénon ti unisci a loro (ai miliziani dello StatoIslamico, ndr)”.

Un testimone chiamato “Al Warfali”spiega con quanta rapidità sia stato im-posto il nuovo ordine islamista: “In ago-sto (cinque mesi dopo la presa di Sirte,ndr) il codice islamico per i vestiti e ilcomportamento delle persone è entratopienamente e visibilmente in vigore. Èsempre in quel periodo che sono iniziatele crocifissioni e le fustigazioni in pubblicodi tutti coloro che erano stati incarcerati.Avvengono soprattutto di venerdì, dopola preghiera”. Per conformarsi al nuovoordine, “volantini e messaggi scritti sonostati diffusi a tutti i negozianti e ai lavo-ratori del settore pubblico, invitandoli aseguire i corsi di rieducazione tenuti dalloStato Islamico. L’Is ha la sua sede di co-mando vicino al palazzo, lastricato dimarmo e con la sua grande cupola, cheera la sede del Centro Ouadougou, co-struito per volontà di Gheddafi per te-nervi i vertici pan-africani. Quella sede èora usata dall’Is per i suoi corsi di riedu-cazione, con cui istruiscono gli impiegatisull’importanza di aderire alla loro ver-

sione della legge coranica. Il loro messag-gio avverte: “chiunque non frequenti ilcorso, può essere sottoposto a interroga-torio’”. E non è difficile immaginare comequegli interrogatori vadano a finire.

“Hanno iniziato a crocefiggere lagente all’ingresso della città, due mesidopo il loro insediamento – spiega allaBbc il testimone chiamato Ibrahim – Il‘crimine’ di cui erano accusati era spio-naggio per Alba di Libia (la coalizione chegoverna Tripoli, ndr). Io ho assistito ad al-meno una crocefissione. Più tardi, ho sen-tito e letto di altre 17 esecuzioni sullacroce, compresa quella del mio amicoSharaf Aldin e di suo fratello, lo sceiccoMeftah Abu Sittah. Entrambi sono statiuccisi e poi appesi alla croce”.

Il controllo è capillare nella città, manon in tutti i quartieri: “Le forze di Daesh(lo Stato Islamico, ndr) sono soprattuttonel centro cittadino. Un amico mi hadetto che stanno requisendo le nostre caseabbandonate, così come tutti i principaliedifici pubblici, come la sede del comune,l’ospedale in cui lavoravo, l’università e lemoschee”. Secondo un’altra testimo-nianza le truppe dello Stato Islamico sonocostituite soprattutto da stranieri. Per

Ismail Shukri, uno dei leader della miliziadi Misurata, nonché responsabile dellasua intelligence, l’Is è costituito al 70 percento da jihadisti stranieri, giunti soprat-tutto dalla Siria e dall’Iraq. Secondo“Ibrahim”, anche i militari rimasti fedelia Gheddafi avrebbero aiutato l’Is a pren-dere Sirte: “Devono aver preso la città conl’aiuto dei nostalgici di Gheddafi. I pro-Gheddafi erano arrivati inizialmente inmassa dietro il pretesto di cacciare le mi-lizie di Misurata da Sirte. Era impossibileche questi stranieri dell’Is conoscesserocosì bene le vie di accesso alla città senzal’aiuto dei locali. La città è tribale e le le-altà sono frammentate”.

Il testimone “Al Warfali”, che ha subitopiù di un anno di vita sotto il nuovo regime,“Vi sono altre nazionalità nelle file dell’Is, liabbiamo notati dai loro diversi accenti e dalloro aspetto fisico. Ci sono tunisini ed egi-ziani. E non solo arabi: nell’aprile del 2015abbiamo assistito a una speciale parata dibenvenuto di quelli che ci hanno detto es-sere combattenti di Boko Haram, dalla Ni-geria”.

Tutto ciò avviene alle porte di casa. Enon sembra smuovere troppo le coscienzedegli italiani. Se nel 2011 la Nato era inter-venuta contro il dittatore MuhammarGheddafi per motivi umanitari, per fermarecrimini di massa, è difficile comprendere ilperché di tanta riluttanza a intervenire perfermare gli orrori dello Stato Islamico.

Esteri

Libia, voci dall’inferno di Sirte

Hamas avvelena da anni i cuori e lementi dei bambini palestinesi. Il mo-

vimento islamista sta ora tentando unanuova tattica di lavaggio del cervello:l’esorcismo. La pratica, che mira a scac-ciare i “demoni” che potrebbero essersiinsinuati nelle anime dei bimbi, sconcertamolti palestinesi. Questo nuovo abuso suminori perpetrato da Hamas è stato mo-strato in un video che è finito sui socialmedia palestinesi. La crudeltà del com-portamento ha suscitato polemiche tra lapopolazione.

Nel video si vedono bambini isterici incompagnia di predicatori esorcisti che la-vorano per il ministero del Wakf (ente delpatrimonio islamico) controllato daHamas nella Striscia di Gaza. Questo ritoumiliante e invasivo viene praticato nellascuola Al-Nil di Gaza City. I predicatorifanno parte di un gruppo chiamato “La

nave della salvezza missionaria”. Essi en-trano nelle scuole di Gaza City e si assi-curano, attraverso il rito di esorcismo, chei bambini siano pentiti e fedeli all’Islam. Ilgruppo è gestito dalla Direzione generaleper la predicazione e la guida del mini-stero del Wakf.

Il video, che mette in luce la naturadell’indottrinamento religioso messo inatto da Hamas sugli scolari della Strisciadi Gaza, fa venire in mente un film thril-

ler. Nel filmato, si sente dire a uno dei pre-dicatori di Hamas: “Non siamo venuti amettere in atto una recita, ma a scacciareil diavolo dal cuore e dalla mente e far en-trare lo soddisfazione di Allah nei cuori”.

Il video mostra ragazzini terrorizzati,inginocchiati nel cortile della scuola, ealtri che urlano. Nel frattempo, i predica-tori di Hamas con i microfoni in mano,scandiscono a voce alta: “Allahu Akbar!”(Allah è il più grande!), il grido di guerraislamico. Il fatto che Hamas abusi deibambini in età scolare non è una novitàed è tutt’altro che una sorpresa per chi datempo è seguace del movimento islamistadi Gaza. Questi sono i bambini che ven-gono poi reclutati come “combattenti”nel jihad (guerra santa) contro Israele e gli“infedeli”. Fin dalla violenta presa del po-tere nella Striscia di Gaza nel 2007,Hamas ha usato i bambini come scudiumani e come “soldati” nella lotta controIsraele. Minori in uniforme, che brandi-

scono fucili automatici e coltelli sono di-ventati parte integrante delle parate mili-tari e dei raduni di Hamas. I bambinipalestinesi vengono filmati mentre vieneloro insegnato a odiare chi viene conside-rato un nemico dell’Islam. È così che lenuove generazioni di palestinesi vengonoallevate nel culto dell’esaltazione degli at-tentatori suicidi e dei jihadisti.

Hanan Ashrawi, membro del Comitatoesecutivo dell’Olp, ha espresso il proprioraccapriccio per il video, osservando che isermoni dei predicatori sono pregni di inti-midazione e orrore. Questo comporta-mento, ha dichiarato la Ashrawi, dimostrail “carattere reazionario” del regime diHamas nella Striscia di Gaza, che avrebbeun impatto negativo sullo sviluppo della so-cietà e sui valori dei palestinesi. HananAshrawi ha inoltre denunciato questa pra-tica come una palese violazione delle con-venzioni che tutelano i diritti dei minori.

Anche il Fronte popolare per la libera-

zione della Palestina (Fplp), il gruppo ter-roristico marxista, ha preso posizione con-tro il video. Il Fronte ha espresso la propriaindignazione per i “trattamenti disumani”inflitti ai minori e ha chiesto che venga im-mediatamente aperta un’indagine su questaforma di tortura mentale e degradazione. Ilgruppo ha anche lanciato un monito controil lavaggio del cervello cui vengono sotto-posti i bambini e sul loro indottrinamentoattraverso il fanatismo religioso.

Il video girato nella scuola di GazaCity mostra il lavaggio del cervello e gliabusi cui vengono sottoposti i bambinida parte dei leader palestinesi. Il filmatomostra anche la marcia della società pa-lestinese verso l’adozione dell’ideologia edi tattiche che sono proprie dell’Islam ra-dicale e di gruppi come l’Isis e Al-Qaeda.Ora il processo di pace in Medio Orienteattende di essere sottoposto a un esorci-smo.

(*) Gatestone Institute

Hamas avvelena la mente dei bambini palestinesi

“Pecunia non olet”, d’accordo. C’èperò un limite all’indecenza. La

madre di Reyhaneh scrive rivolgendosi aMatteo Renzi con queste parole: “Forseil primo ministro italiano viene in Iranper dare voce alle migliaia di impiccati?O per impedire l’amputazione degli arti,oppure per prendere posizione contro leespulsioni dalle università delle mino-ranze religiose o etiche? Forse vuole re-carsi nelle carceri per consolare lemamme, come Narghes Mohammadi incarcere per reati politici, alle quali vieneimpedito da mesi di vedere i loro piccoli,visto che lo stesso Matteo Renzi, da sin-daco di Firenze, ha partecipato ad unacampagna in suo favore? Forse andrà atrovare Mohammad Rounaghi, an-ch’egli prigioniero politico malato e insciopero della fame e della sete, per ap-purare la sua condizione di salute? Vorràsapere di Atena Ferghadani, condannataa 12 anni di carcere per una vignetta? Oprendere posizione contro la tortura?Che questo primo ministro sia una per-sone per bene; chissà? Però, se è qui perun mero scopo commerciale, le future ge-nerazioni del mio amato Iran lo maledi-ranno. Dico soltanto che l’Iran da moltianni è al primo posto per il numero diimpiccagioni e non aggiungo altro”.

La signora Shole Pakravan è madre diReyhaneh, la giovane donna innocenteimpiccata dal regime dei mullà il 25 ot-tobre del 2014, accusata di aver uccisoMorteza Sarbandi, un ex dipendente del-

l’intelligence iraniana, che la voleva stu-prare. La signora Pakravan ricorda alprimo ministro italiano che contro l’im-piccagione della sua Reyhaneh gli italianie perfino il Papa hanno preso posizione.Alla fine, però, l’hanno impiccata, la suafiglia innocente. “Se io avessi una botte-guccia/ fatta di una sola stanza/ vorreimettermi a vendere/sai cosa? La spe-ranza”. La signora Pakravan conclude lasua lettera con i versi di una poesia diGianni Rodari ed aggiunge: “Io andreialla botteguccia di Gianni e comprereitutta la speranza che c’è, per auspicareche il politico italiano stia qui oltre perfare affari anche per parlare di questioniumanitarie”.

Un gruppo dei prigionieri politici dalcarcere di Gouhar-dasht di Karaj, una cit-tadina vicino a Teheran, in una lettera aRenzi ricorda con queste parole la pa-gella nera del regime dittatoriale: “… Lei,signor primo ministro, non può non sa-pere ciò che le abbiamo elencato, ma ciòche è doloroso ed imperdonabile è la po-litica di appeasement dei governi occi-dentali, tra cui quello italiano, cheignorano del tutto le sofferenze del po-polo iraniano. I politici occidentali neiloro Paesi si riempiono la bocca di belleparole sui valori e sui diritti, ma corronoa fare affari con la peggiore delle ditta-ture, e in tal modo la incitano a prose-guire nella sua via sanguinaria. Lei,

signor primo ministro, sappia che strin-gere le mani dei mullà, assassini del po-polo iraniano, sarà un macchia indelebileche l’accompagnerà per sempre”.

In un’altra lettera rivolta a Renzi è delprigioniero politico Hassan Sadeghi chescrive: “Se il suo viaggio in Iran è perstrappare una promessa di pace o di de-mocrazia dal padrino dell’integralismonon perda tempo, è inutile. Potrebbe ve-nire a trovare me nel carcere di Gouhar-dasht, o andare a Evin a trovare miamoglie, oppure a casa mia a Teheran pervedere come vivono i miei figli con i ge-nitori innocenti in carcere”.

Arzhang Davoodi, insegnante e poeta,il più longevo dei prigionieri politici inIran, scrive così a Renzi: “Sono certo cheil regime medioevale al potere in Iran conla sua pesante burocrazia impedirà ognisviluppo sano nei rapporti tra i due Paesi.Considerata la provvisorietà e l’instabi-lità endemica del regime dei mullà che lipoterà ad un fatale scapicollo, il suo viag-gio metterà a repentaglio i buoni e storicirapporti tra i due popoli”.

Reza Akbari, da 39 mesi in carcerecon l’accusa di aver chiamato al telefonoil fratello membro dell’opposizione deiMojahedin del popolo, scrive queste pa-role a Renzi: “Il regime dei mullà né puòné vuole cambiare e tutto il MedioOriente brucia a causa sua”.

Un altro prigioniero politico, Saleh

Kohandel, dal carcere di Gouhar-dashtscrive al presidente del Consiglio italiano:“Questa visita avrà luogo in un mo-mento in cui non è più un segreto che lafonte principale di tutte le sofferenze delMedio Oriente, dalla Siria all’Iraq finoallo Yemen, è il regime dei mullà al poterein Iran. Lo sa anche la gente comune elei, in qualità di capo di governo di ungrande Paese come l’Italia, non può nonsaperlo. L’odore del petrolio, purtroppo,dà uno stato di ebrezza che fa chiuderegli occhi di fronte alle evidenze e rendesordi alla voce di milioni di profughi si-riani, iracheni e yemeniti. Ma forse, perlei non hanno alcuna importanza i piùelementari diritti del popolo iraniano?Quelli che lei si appresta ad incontraresono i macellai del popolo iraniano chehanno preso in ostaggio settanta milionidi iraniani. Egregio presidente Renzi,nella nostra cultura il reato del ricettatoreè molto più grave di quello del ladro.Egregio presidente del Consiglio, in chelingua le dobbiamo dire che questi mullànon rappresentano il popolo iraniano?Perché vuole essere annoverato tra i so-stenitori dei dittatori? Se lei potesse soloper un attimo ascoltare la voce degli op-pressi anziché prestare orecchio solo al-l’oppressore! A causa di questa nefastapolitica di appeasement la nostra pena ècosì grave che d’ora in poi non Vi chie-deremo di smetterla; Vi urleremo la no-

stra rabbia e diremo alle Vostre genti ciòche state combinando”.

Intanto Ali Khamenei, leader spiri-tuale della teocrazia iraniana, il vero de-tentore del potere, si dice soddisfatto delgoverno italiano. Non è male per il go-verno del Paese campione nella lotta allamoratoria della pena di morte guada-gnarsi il bene placido del capo del regimecampione delle esecuzioni capitali. Mol-tissimi iraniani di ogni estrazione socialee politica hanno espresso la loro pro-fonda rabbia contro il presidente delConsiglio italiano e la sua lunga delega-zione in Iran. Gli iraniani, popolo orgo-glioso e di cultura millenaria, seguono econoscono molto bene le lobby che,anche in Italia, lavorano assiduamente econ particolare spregiudicatezza a favoredel regime sanguinario al potere nel loroamato Paese. Tra i loro commenti piùgentili c’è che forse l’Italia è abituata atrattate con la mafia, o che sa sguaz-zare bene nella corruzione. Il motivoper cui la delegazione italiana s’è re-cata in Iran, chiudendo tutte e due gliocchi, è solo per combinare affari. Ilregime teocratico iraniano, che non fanulla a caso, proprio quando la foltadelegazione italiana capeggiata dalpresidente del Consiglio Matteo Renzistringeva le mani agli uomini del re-gime, ha impiccato otto persone nelcarcere di Gouhar-dasht. Il segnale delregime iraniano è chiaro: la materiadei Diritti Umani è Cosa Nostra. L’Ita-lia, chiacchere a parte, da che partesta?

Che fa Renzi a Teheran?

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Cultura

Avrei potuto recensire il libro diLeonardo Losito “Guerra Fredda

e Aeronautica Militare” ma, l’autoredell’opera mi capirà, ho preferito lavia di mezzo cara a noi “classicisti”.La lettera all’amico, privata ai tempidel venexiano esule in Polonia, pub-blica nell’Era del villaggio sociale (per-mettetemi questo francesismo, odio i“social network”). Premetto che ditutto il libro m’ha emozionato la pa-rentesi politica, che vedeva come at-tori degli italiani indimenticabili.Gente di Prima Repubblica, che si tro-vava suo malgrado a gestire una na-zione (l’Italia) linea di confine conl’Est. In quella logica, di mondi e uo-mini contrapposti, fiorivano ideologiee radicalizzazione, e nulla s’annac-quava. Confesso non poca nostalgiadi quella chiarezza politica, in partecomprendo chi rimpiange la “GuerraFredda” (nel libro non si palesa que-sto), con i suoi schemi geopolitici, conl’arguzia dei governanti, con quel-

l’abilità di non lasciar nulla al caso chetanto manca nell’attuale politicame.Poi il ricordo di Amintore Fanfani, cheebbi la fortuna di conoscere tanti annifa (sono ancora amico di suo figlioGiorgio): non certo per questioni di“Guerra Fredda” ma per un’operasulla riforma agraria nel Mezzogiornod’Italia. Confesso di averla buttata inlettera perché l’opera di Losito hafatto emergere in me una certa “ostal-ghia”, come direbbero certi slavi (piùforte d’una banale nostalgia).

Contribuiscono a far avvertirequesto sentimento alcuni passi, comeche “Moravia partecipò al congressodegli scrittori dell’Unione Sovietica.Viaggiò spesso in Unione Sovietica e,anche se fu molto critico verso lo Sta-linismo, alla fine rischiò di definirloquasi come un evento naturale, unasorta di deformazione fisiologica allaquale ci si deve abituare”. E l’autoregira il coltello nella piaga pubblicandouno stralcio di “Le quattro mura in-torno alla Russia” (pubblicato sulCorriere della Sera il 17 settembre del

1972): “Ma come non verrebbe inmente di separare Machiavelli dalDuca Valentino e da Leone Decimo,Shakespeare dalla Regina Elisabetta eSofocle da Pericle, così non possiamoseparare Puškin, Gogol, Dostoevskij,Tolstoj, echov dai decabristi, da Ba-kunin, da Trotsky, da Lenin e, pur-troppo, dallo stesso Stalin. La stessatensione spirituale, la stessa schizofre-nica creatività accomunano artisti euomini politici. La società russa du-rante l’Ottocento fu, insomma, unvulcano in stato di parossistica atti-vità. L’ultima e più violenta esplosionefu la rivoluzione. Poi, per continuarela metafora, la cenere e i lapilli dellostalinismo ricoprirono e soffocaronoogni cosa”.

In queste parole la profonda verità,cioè l’Occidente, s’era investito dellamissione (tanto radicale negli Usa, so-prattutto in California) di evitare chele componenti culturali, letterarie, cheavevano favorito la rivoluzione d’Ot-tobre potessero pervadere il sistemacapitalista. Ecco che l’Italia veniva aiu-tata a sfornare quella “sana gestionedemocristiana della cosa pubblica”(parafrasando l’entrata in politica diRocco Buttiglione, figlio del generaleButtiglione che visse quei momenti).L’argine culturale democristiano av-versava il comunismo e tentava anchedi pervaderlo con metodiche cattoli-che, pensando così di sconfiggerlo.“La zona grigia si tinse infatti di rossodurante il Sessantotto - riflette Lositosugli intellettuali - che era fondamen-talmente antimilitarista: i movimentidi lotta studentesca e operaia che nonriuscivano ad essere rappresentati dalPartito Comunista Italiano tentaronodi costruire un pericoloso percorso al-ternativo alle Istituzioni. Lo stessoscrittore che individuò quella zona gri-gia, Elio Vittorini, già citato con il suovolume “Uomini e no”, sviluppò undiscorso critico sul Pci del dopoguerrae sanzionò la figura dell’intellettualeorganico, dimostrandone l’inattualitàe l’intima pericolosità. Fino al puntodi accendere le polveri della famosapolemica con Togliatti. Vittorini - ri-corda Losito - promosse un laborato-rio interessante fuori dal PartitoComunista con la rivista ‘Il Politec-nico’ e gettò le basi per un movimento

di intellettuali indipendenti di sinistra.Il suo encomiabile lavoro non fu va-lorizzato abbastanza. Purtroppo,dopo il maggio parigino, i giovani ita-liani, che si ponevano contro le Istitu-zioni, lessero molto Jean-Paul Sartre ele sue teorie deliranti ma molto pocoElio Vittorini”.

Veniamo alla tua abilità, caro Leo-nardo, che hai saputo condensare inun unico volume la storia italiana po-litica e culturale, ma anche quella dellanostra industria aeronautica, bellica.E riconosco che affascinare il lettorecon la “logica dei trattati”, le basi mis-silistiche, la “Mutual defense assi-

stance act” è arduo se non si condisceil tutto con la follia degli intellettualiche in quel sistema di “GuerraFredda” diedero il meglio di sé: ancheperché all’epoca nei giornali si venivapagati, e chi padroneggiava la pennaserviva ad entrambe le cause. E perquesto, caro Leonardo, confesso che“dopo il Muro” forse non c’è statoancora nulla di letterariamente coin-volgente. Nulla che possa alimentareuna bella narrazione. Siamo figli delsecondo Novecento, della “GuerraFredda”, e da scrittore ammetto che èl’ultimo periodo che può alimentare lenostre narrazioni.

“Guerra Fredda e Aeronautica Militare”, il libro di Losito

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