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Associazione TREBEA Le nostre ricerche _______________ Cenni storici a cura di Maria Grazia Maistrello Morgagni S. Martino S. Martino S. Martino S. Martino Dett ett ett etta Di i i i Placibello Placibello Placibello Placibello a celebrazione di S. Martino l’11 di novembre coincide con il periodo annuale in cui i Celti celebravano i festeggiamenti per l’inizio di un nuovo anno. Alla ricorrenza cristiana di San Martino sono rimaste legate quindi, per antica consuetudine di rinnovamento temporale, tutte le attività che in tale periodo dell’anno avevano inizio o scadenza come le scuole, le attività dei tribunali e dei parlamenti, le elezioni municipali, in particolare la stipula ed il rinnovo dei contratti di masserizio e di affitto, oppure i traslochi per i quali ancor oggi usa dire “far San Martino”. Martino, com’è a tutti noto, è nella leggenda il soldato romano che non indugiò a tagliare il proprio mantello per coprire un misero in un giorno rigido d’inverno. Entrò nella storia fondando i primi monasteri in Europa e fu eletto vescovo della cittadina di Tours in Francia, dove si narra operasse episodi prodigiosi guadagnandosi la fama di taumaturgo e dove fu sepolto l’11 novembre dell’anno 397 dopo la sua morte avvenuta tre giorni prima. La leggenda dell’estate di San Martino narra che, durante il trasporto delle spoglie del Vescovo Martino alla sua sede vescovile di Tours dal monastero di Candes dove si trovava per comporre una vertenza sorta tra i monaci, i mandorli ed i meli si coprissero di fiori al passaggio del corteo funebre. La sua tomba divenne subito meta di pellegrinaggi. Fu scelto quale patrono dai re Merovingi e la sua mantella militare o cappa (in francese chape) diede il nome alla chapelle reale ovvero luogo dove era custodita, entrando poi nell’uso comune per indicare dapprima le chiese in cui era venerato e assumendo oggi un significato generico dimenticando la derivazione dal culto di San Martino. Nel medioevo era il santo più popolare dell’occidente; il Papa gli dedicò una basilica sull’Esquilino nel VI secolo. Franchi e carolingi ne diffusero il culto ed anche in Italia sorsero in suo onore innumerevoli piccole chiese. Fu patrono degli ecclesiastici ma anche di soldati, cavalieri e viaggiatori che usavano appendere un ferro di cavallo sui portali delle sue chiese. on sappiamo se anche la dedicazione della piccola cappella di San Martino, sul colle al confine tra Casalborgone e San Sebastiano, derivi dal culto introdotto dai Franchi a seguito della discesa in Italia di Carlo Magno, la località era però abitata L N

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  • Associazione TREBEA

    Le nostre ricerche

    _______________ Cenni storici a cura di Maria Grazia Maistrello Morgagni

    S. MartinoS. MartinoS. MartinoS. Martino

    DDDDettettettettaaaa

    DDDDi i i i PlacibelloPlacibelloPlacibelloPlacibello

    a celebrazione di S. Martino l’11 di novembre coincide con il periodo

    annuale in cui i Celti celebravano i festeggiamenti per l’inizio di un nuovo anno. Alla ricorrenza cristiana di San Martino sono rimaste legate quindi, per antica consuetudine di rinnovamento temporale, tutte le attività che in tale periodo dell’anno avevano inizio o scadenza come le scuole, le attività dei tribunali e dei parlamenti, le elezioni municipali, in particolare la stipula ed il rinnovo dei contratti di masserizio e di affitto, oppure i traslochi per i quali ancor oggi usa dire “far San Martino”. Martino, com’è a tutti noto, è nella leggenda il soldato romano che non indugiò a tagliare il proprio mantello per coprire un misero in un giorno rigido d’inverno. Entrò nella storia fondando i primi monasteri in Europa e fu eletto vescovo della cittadina di Tours in Francia, dove si narra operasse episodi prodigiosi guadagnandosi la fama di taumaturgo e dove fu sepolto l’11 novembre dell’anno 397 dopo la sua morte avvenuta tre giorni prima. La leggenda dell’estate di San Martino narra che, durante il trasporto delle spoglie del Vescovo Martino alla sua sede vescovile di Tours dal monastero di Candes dove si trovava per comporre una vertenza sorta tra i monaci, i mandorli ed i

    meli si coprissero di fiori al passaggio del corteo funebre. La sua tomba divenne subito meta di pellegrinaggi. Fu scelto quale patrono dai re Merovingi e la sua mantella militare o cappa (in francese chape) diede il nome alla chapelle reale ovvero luogo dove era custodita, entrando poi nell’uso comune per indicare dapprima le chiese in cui era venerato e assumendo oggi un significato generico dimenticando la derivazione dal culto di San Martino. Nel medioevo era il santo più popolare dell’occidente; il Papa gli dedicò una basilica sull’Esquilino nel VI secolo. Franchi e carolingi ne diffusero il culto ed anche in Italia sorsero in suo onore innumerevoli piccole chiese. Fu patrono degli ecclesiastici ma anche di soldati, cavalieri e viaggiatori che usavano appendere un ferro di cavallo sui portali delle sue chiese.

    on sappiamo se anche la dedicazione

    della piccola cappella di San Martino, sul colle al confine tra Casalborgone e San Sebastiano, derivi dal culto introdotto dai Franchi a seguito della discesa in Italia di Carlo Magno, la località era però abitata

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  • Associazione TREBEA già nel medioevo. Esisteva infatti nei pressi anche un nucleo abitato, chiamato Placibello e identico nome doveva avere il rio che vi scorreva perché viene citato nei documenti del ‘400 in loco dicto guado de Placibello ove sorgeva un mulino dei Cocconato, conti di Radicata e signori di Casalborgone. Sono i documenti ecclesiastici a tramandarci con il nome della chiesa, San Martino di Placibello, anche quello del nucleo abitato, scomparso probabilmente già dalla metà del ‘300. La chiesa di San Martino di Placibello, dipendente dalla Pieve di San Sebastiano in Diocesi di Ivrea, aveva un suo “rettore” di nome Guglielmo che, non sappiamo per quale motivo, nel 1309 diede le dimissioni. Fu quindi assegnata dal Vescovo di Ivrea Alberto Gonzaga in beneficio clericale a Giacomello o Giacomo, figlio di Facio Balbo. Il beneficio clericale conferiva l’amministrazione economica e il godimento dei relativi proventi finanziari. Da un inventario dell’anno 1478 risultavano dei prati, di cui uno di poco più di una giornata accanto alla chiesa detto Parellino, un terreno presso la fonte di Placibello, e 66 tavole di terra in luogo detto ad molinacium al di sotto della strada, con tutta probabilità facenti parte da tempo del “beneficio”. Sappiamo che Giacomo aveva compiuto gli studi legali, viene infatti definito magister, e che era figlio dei signori che dominavano a Casalborgone. Da documenti successivi risulterà aver svolto la funzione di “rettore”, ovvero aveva anche l’incarico della cura delle anime. Sono queste le notizie più antiche che ci tramandano i documenti ecclesiastici in merito alla “cura” della chiesa, ed è da notare che anche per Santa Maria Trebea, parrocchia

    di Casalborgone in diocesi di Ivrea, soltanto da tale data abbiamo notizia dell’esistenza di un rettore. L’esodo degli abitanti, che accogliendo le sollecitazioni dei signori del luogo preferirono trasferirsi all’ombra di Castro Bergono, diede inizio nel corso del ‘200 ad un fenomeno di progressivo spopolamento che raggiunse il culmine agli inizi del ‘300. Fu probabilmente questo il motivo per cui, dopo la rinuncia del rettore Guglielmo, anche il rettore Giacomo, nel 1321 decise di abbandonare la chiesa. Ancora una volta le due prebende, quella clericale e quella rettorale, furono conferite ad un rampollo dei signori del luogo, il chierico Giovannino Balbo, che essendo chierico doveva ancora completare i suoi studi per essere avviato alla carriera ecclesiastica e pertanto fu sottoposto al controllo giurisdizionale del rettore di Santa Maria Trebea. Fu quindi nei primi decenni del ‘300 che la chiesa di San Martino di Placibello, precedentemente equiparabile ad una parrocchia, cessò di essere tale divenendo una delle cappelle campestri dipendenti dalla parrocchia di Santa Maria Trebea. Nell’anno 1392, con l’incarico a prete Filippo dei Signori di San Sebastiano, risulterà infatti definitivamente assegnata congiuntamente alla chiesa parrocchiale di Santa Maria Trebea.

    el corso del ‘600 le devastazioni seminate dagli eserciti in transito e le

    conseguenti carestie e pestilenze, furono causa di lunghi anni di abbandono per la chiesa, che risultava tota derupta in occasione della visita pastorale del vescovo Giacinto Trucchi dell’anno 1669, sinché essendo pericolante ne fu disposto l’abbattimento. La chiesa risulta demolita

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  • Associazione TREBEA nei documenti degli anni 1675 e 1678. Fu ricostruita dopo questa data e si suppone, in mancanza di documenti che richiedono ulteriori ricerche, prima del 1710. Non per questo cessò la devozione degli abitanti dei casolari sparsi del “cantone” detto di San Martino, prossimi alla chiesa. Forse risale a quei tempi l’usanza, di cui parla don Corio nel suo libro Casalborgone, che chi avesse ricevuto una grazia portasse nei pressi della chiesa un mattone. Con la partecipazione e le collette degli abitanti la cappella fu ricostruita come ora la vediamo affinché vi si potesse celebrare la S. Messa e gli infermi potessero ricevere i Sacramenti. Dalle relazioni del parroco don Giuseppe Barbero risulta che nell’anno 1897 gli abitanti delle regioni Ceriali, Caramellino, S. Andrea, S. Martino, Foina, Priaia erano 213 in 44 famiglie, soprattutto dei Caramellino ma vi era anche qualche famiglia di Seglie, Dughera, Cosola, Vittone e Vogliotti. Dall’anno 1805 la parrocchia S. Maria Trebea, con tutte le cappelle da essa dipendenti, da epoca immemorabile appartenente alla Diocesi di Ivrea, fu assegnata alla giurisdizione dell’Archidiocesi di Torino. In occasione della visita pastorale dell’anno 1894

    l’Arcivescovo di Torino Davide dei conti Ricardi osservò che nella cappella si conservava una reliquia di San Martino, con relativo certificato di autenticità, da esporre e offrire da baciare ai fedeli durante la celebrazione della S. Messa per la ricorrenza del Santo. Ancora oggi, si celebra nella piccola cappella la Messa in onore di San Martino l’11 novembre.

    ome sopra precisato, nell’anno 1478 erano stati elencati prati e terreni

    donati alla cappella facenti parte del beneficio parrocchiale. Il prato accanto alla cappella nei secoli si era trasformato in gerbido e sarà in parte recuperato dopo la sua ricostruzione. Nel 1839 prato e gerbido furono affittati dal parroco di S. Maria Trebea, Don Milone, a Stefano Bertolo del defunto Giuseppe e fu probabilmente lui a disboscare per piantare una vigna.

    isulta infatti che nell’anno 1882 il parroco don Barbero affittava la

    vigna, di 110 tavole, a Barbero Agostino fu Tommaso per 35 lire all’anno, più l’impegno di piantare eventuali alberi da frutto e sradicare, spaccare e portare alla casa del parroco i tronchi degli alberi morti o abbattuti dagli uragani, dei quali gli era consentito di tenersi i rami . La stessa vigna veniva ancora affittata dal parroco don De Marchi nell’anno 1966 per 3000 lire annue. Tra la fine del 1600 ed il 1700 si aggiunsero ai suddetti beni un prato in Compostella di 3 giornate e 8 tavole ed un campo e prato in località detta in Arignasco di 56 tavole, confinanti con un terreno appartenente dapprima a. don Mario Faciotto dei Fratelli di San Filippo Neri di Torino - che nei pressi della cappella di San Giuseppe possedeva

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  • Associazione TREBEA anche uno stabile con rustico, prati, vigne, boschi fino a S. Maria e S. Martino - e, dopo il 1678, ai conti Broglia proprietari della cascina detta di San Martino, tuttora esistente poco discosto.

    ggi, come alcuni secoli fa, la cappella è mantenuta in ordine grazie ai priori. Dalla metà del ‘700 vigeva la

    consuetudine che i priori, eletti ogni due anni, provvedessero con l’aiuto e le offerte degli abitanti del cantone alle opere necessarie per mantenere in ordine la piccola cappella campestre. Nell’anno 1772 erano priori Domenico Caramellino e Giovanni Battista Cosola.

    Casalborgone, novembre 2008

    on la fine del secondo millennio, all’ultimo priore eletto Vittore

    Stefano, noto a Casalborgone come “Stefanin”, coadiuvato da Vanna Romagnone, sono subentrati gli abitanti del cantone che oggi partecipano collettivamente alle cure necessarie ed a mantenere le tradizioni di culto alla Cappella di San Martino.

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