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1 Capita spesso che passiamo per una strada, anche tutti i giorni, e non riflettiamo che le bellezze che sono sul nostro cammino rivelano una storia, un vissuto che appartiene a tutti e che non può essere ignorato. E’ importante che i ragazzi imparino ad osservare la propria città, il proprio paese o il quartiere imprimendo nei propri oc- chi, ancor più nel proprio cuore gli sguardi, i gesti che raccontano la vita di chi vi abita e non ha mai pensato di abbandonare quel luogo perché lo ha ritenuto il più bel posto del mondo. E la piccola cittadina di Boscotrecase, alle falde del Vesuvio, ha avuto tra i suoi più illustri abitanti il cav. Ernesto Santini, uomo per certi aspetti misterioso, grande appassionato di viaggi e di archeologia, il quale con tenace interesse ha riportato alla luce, affiancato dall’archeologo Matteo Della Corte, la villa imperiale di Agrippa Postumo, ubicata nella sua proprietà e suc- cessivamente risepolta dall’eruzione vesuviana dell’aprile 1906. Il Progetto in “Rete Vesuvio” - “Uomini e territorio” con il suo percorso storico, artistico e letterario ha impegnato gli alunni della Scuola Media “Card. Prisco”, per gli anni scolastici 2008/09 e 2009/10, alla conoscenza della personalità del cav. Ernesto Santini mediante incontri con gli eredi dello stesso, nonché l’approfondimento delle tematiche storiche-archeologiche ine- renti la villa imperiale medesima, evidenziando particolarmente gli aspetti artistici, testimonianza della cultura del tempo. Conoscere per amare, imparare ad amare, ricostruire la memoria storica, conoscere e valorizzare il passato per progettare il futuro: questi sono stati i principali obiettivi che i ragazzi hanno raggiunto al termine del percorso progettuale. Boscotrecase, pianta della villa imperiale detta di Agrippa Postumo

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Capita spesso che passiamo per una strada, anche tutti i giorni, e non riflettiamo che le bellezze che sono sul nostro cammino

rivelano una storia, un vissuto che appartiene a tutti e che non può essere ignorato.

E’ importante che i ragazzi imparino ad osservare la propria città, il proprio paese o il quartiere imprimendo nei propri oc-

chi, ancor più nel proprio cuore gli sguardi, i gesti che raccontano la vita di chi vi abita e non ha mai pensato di abbandonare

quel luogo perché lo ha ritenuto il più bel posto del mondo.

E la piccola cittadina di Boscotrecase, alle falde del Vesuvio, ha avuto tra i suoi più illustri abitanti il cav. Ernesto Santini,

uomo per certi aspetti misterioso, grande appassionato di viaggi e di archeologia, il quale con tenace interesse ha riportato alla

luce, affiancato dall’archeologo Matteo Della Corte, la villa imperiale di Agrippa Postumo, ubicata nella sua proprietà e suc-

cessivamente risepolta dall’eruzione vesuviana dell’aprile 1906.

Il Progetto in “Rete Vesuvio” - “Uomini e territorio” con il suo percorso storico, artistico e letterario ha impegnato gli alunni

della Scuola Media “Card. Prisco”, per gli anni scolastici 2008/09 e 2009/10, alla conoscenza della personalità del cav.

Ernesto Santini mediante incontri con gli eredi dello stesso, nonché l’approfondimento delle tematiche storiche-archeologiche ine-

renti la villa imperiale medesima, evidenziando particolarmente gli aspetti artistici, testimonianza della cultura del tempo.

Conoscere per amare, imparare ad amare, ricostruire la memoria storica, conoscere e valorizzare il passato per progettare il

futuro: questi sono stati i principali obiettivi che i ragazzi hanno raggiunto al termine del percorso progettuale.

Boscotrecase, pianta della villa imperiale detta di Agrippa Postumo

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Ben poco conosciamo del cav. Ernesto Santini (1838-1920). Sappiamo che viveva a Napoli, che apparteneva ad una famiglia benestante e che due suoi fratelli erano giuristi. Di preciso non si conosce la sua professione ma, avendo le risorse economiche ed una grande passione per l’arte anti-ca e l’archeologia, effettuò scavi a spese proprie. Ricordiamo che tra la fine dell’Ottocento ed i primi del

Novecento non esisteva alcuna re-golamentazione in materia di ritrova-menti archeologici, pertanto coloro che rinvenivano reperti antichi nel proprio terreno ne diventavano pro-prietari automatica-mente. Succe ss ivamente nel 1905 lo Stato se ne interessa, nasce una prima regola-mentazione e solo

nel 1939 lo Stato Italiano diventa proprietario assoluto di tutto quanto ritrovato nel sottosuolo. Ernesto Santini fu proprietario a Boscotrecase dapprima della masseria in località Rota, dove avvenne lo scavo della

villa imperiale cosiddetta di Agrippa Postumo, e successi-vamente della proprietà in via Cardinal Prisco, n. 30 (attuale n. 34). Quest’ultima originariamente era una scuderia che il Santi-ni usava come deposito, in seguito la trasformò in villa (appunto villa Santini ancora oggi esistente), utilizzata in un primo momento come luogo di villeggiatura nel perio-do estivo e poi come residenza di famiglia. Il 16 agosto 1886 nasce a Napoli Sofia Santini, figlia di Ernesto e di Margherita Montefusco, coniugata con l’avv. Giovanni Miele e deceduta in Boscotrecase il 26 settembre 1973. Sofia da bambina viveva a Napoli contesa dai fratelli del padre Ernesto e più precisamente da Federico Santini celi-be, a cui Sofia era legatissima e che provvedeva al suo ac-culturamento, e da Ciro Santini che non aveva avuto figli dal suo matrimonio. Dall’unione di Sofia con l’avv. Gio-vanni Miele nascono sette figli: Ernesto, Enrico, Lidia, Ugo, Mario, Elda, Aldo. Nel 1935 Sofia si trasferisce da Napoli a Boscotrecase, a villa Santini in via Cardinal Prisco, probabilmente separata, con tre figli: Lidia, Elda e Aldo. Sofia Santini era una donna di grande intelligenza, vivace, spirito libero, che amava viaggiare, un’anticonformista per quei tempi, di carattere forte e autoritario, che ha saputo affrontare le vicissitudini della vita, non per ultimo il ve-dersi distruggere la propria casa, ricca di ricordi, per mano di tre giovanissimi soldati tedeschi e ricostruirla.

Il cav. Ernesto Santini ed i suoi discendenti

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Il versante sud-orientale del Vesuvio, degradante verso il mare, su cui si trovano Boscotrecase e Boscoreale, già in età romana era lussureggiante di ricchi vigneti, oliveti ed alberi fruttiferi. A differenza di oggi la coltivazione della vite era molto più estesa, infatti ricopriva le pendici del vulcano. Questo ci è attestato da varie testimonianze di autori clas-sici, come Plinio il Vecchio, che decantavano le bellezze del paesaggio vesuviano e addirittura da un dipinto pom-peiano rinvenuto nella cosiddetta Casa del Centenario, nel quale era raffigurato il dio Bacco ricoperto di pampini ed accanto il monte Vesuvio ricoperto di vigneti. In questo paesaggio così ameno è comprensibile che i ric-chi si costruissero le loro ville, possedessero vaste aziende agricole e che anche la piccola proprietà si affiancasse alle grandi tenute. Fin dall’antichità per questa felice situazione sia climatica che agricola, quando Pompei era Sannitica, si installarono nel territorio di Boscotrecase e Boscoreale aziende per la produzione del vino, dell’olio e dei cereali, le cosiddette ville rustiche. Con la conquista romana di Pompei ad opera di Silla (80 a.C.) e l’insediamento nel territonio della Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum, i patrizi locali subirono pesanti e-spropri, i loro terreni vennero confiscati per essere divisi in tenute, assegnate ai veterani di Silla. Questi veterani si si-stemarono anche nel territorio di Boscoreale e Boscotreca-se detto probabilmente poi Pagus Augustus Felix Suburbanus. La vita trascorreva tranquilla nel territorio vesuviano, quando nel 63 d.C. un forte terremoto provocò danni e distruzioni in tutta la zona: Pompei, Ercolano, Nocera, Stabia e il Pagus subirono danni ingenti e molti tetti e porti-

cati di edifici pubblici e privati crollarono, per cui, in molti casi, furono necessari interventi di restauro. Non si erano ancora riparati tutti i danni provocati dal terremoto, quan-do il 24 agosto del 79 d.C. una delle più tremende e di-struttive eruzioni del Vesuvio spazzò via e seppellì di cene-re e lapilli la città di Pompei e insieme ad essa il suo Pagus e gli altri luoghi vicini. Tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecen-to furono effettuati scavi archeologici che consentirono il ritrovamento di circa trenta ville rustiche del Pagus. Gli scavi di questo periodo furono eseguiti dai proprietari dei fondi e furono finalizzati soprattutto alla scoperta ed al recupero di decorazioni parietali e pavimentali e di oggetti di valore, che furono venduti ed entrarono a far parte delle collezioni di vari Musei (il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Louvre di Parigi, il Metropolitan Museum di New York, il British Museum di Londra, il Museo Reale di Mariemont in Belgio), o di privati. Le ville rustiche erano aziende agricole di piccole e medie dimensioni a conduzione familiare o affidate a schiavi, ma anche complessi più ampi, con settori residenziali sontuo-samente decorati destinati alla saltuaria presenza del ricco proprietario e settori destinati alle lavorazioni e alla mano-dopera servile (pars rustica). Queste aziende agricole sono state classificate nel 1926 dallo storico M. Rostovzev in tre categorie. La prima categoria comprende una grande villa costituita da un quartiere signorile ove alloggiavano i padroni, e un ampio quartiere rustico comprendente i locali per i torchi, le cantine, le stalle, i depositi e gli alloggi della familia rustica, composta di schiavi addetti alla coltura dei campi.

La seconda categoria comprende una villa di media grandezza con ambienti padronali dove il proprietario risiede-va stabilmente dirigendo e traendo i suoi utili dalla conduzione della fatto-ria. La terza categoria comprende una villa senza ambienti padronali, costi-tuita unicamente dalla parte rustica con cantine, frantoi, pigiatori, depositi e locali abitati da schiavi. Fuori da questa classificazione, ormai superata, si colloca la villa signorile, di otium che non presenta quartiere rusti-co ma solo ambienti nobilmente de-corati, residenza di campagna del ceto patrizio o del ricco ceto commerciale. Grazie alle condizioni ottimali di con-servazione di strutture e suppellettili, i dati di scavo delle ville rustiche hanno consentito di ricostruire le diverse fasi di trasformazione dei principali pro-dotti agricoli dell’area vesuviana: il vino, destinato anche all’esportazione,

La villa di Agrippa Postumo: storia del ritrovamento

L’agro pompeiano prima dell’eruzione del 79 d.C.

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e l’olio, destinato per lo più al fabbisogno del mercato lo-cale. Gli edifici, dopo ogni esplorazione, erano in genere reinterrati. Il 23 marzo 1903, nella proprietà del cav. Ernesto Santini, nella contrada Rota di Boscotrecase (attuale via L. Rossi), durante i lavori di scavo per la messa in posa dei binari della ferrovia Circumvesuviana, furono ritrovati alcuni resti che testimoniavano la presenza di un’antica villa ro-mana. Il cav. Santini avviò lo scavo sotto la diretta sorveglianza dell’archeologo Matteo Della Corte e, fra il 1903 e il 1905, fu portata alla luce parte di una magnifica villa del I secolo a.C. Il lavoro di scavo per disseppellire interamente l’edificio non fu realizzabile poiché una parte di esso si trovava sot-to la via che collegava Torre Annunziata a Boscotrecase, strada di grande traffico che non fu possibile chiudere. Nell’aprile 1906, quando la villa era stata solo parzialmente riportata alla luce dagli scavi, la nuova eruzione del Vesu-vio la riseppellì. La villa era situata sul pendio del Vesuvio, con a sud una stupenda vista sul golfo di Napoli. Essa appartiene alla prima categoria in quanto è divisa in due quartieri: uno grande e lussuoso, con stupendi affre-schi del III stile, che era la residenza dei proprietari appar-tenenti al più alto strato della società romana; l’altro, mol-to più modesto, costituito da diciotto cubicula, era destinato agli alloggi degli schiavi o della servitù. La villa nel suo complesso doveva aveva dimensioni note-voli, la sola area scavata copriva un perimetro di 45 metri. In base ad alcuni nomi rilevati su anfore, su una colonna del peristilio e su una tegola, il Rostovzev dedusse che la villa era appartenuta ad Agrippa Postumo. La sua costruzione è stata collocata tra il 21 e il 16 a.C. e oggi si pensa generalmente che sia stata costruita da M. Vipsanio Agrippa, sposato con Giulia, la figlia dell’impera-

tore Augusto. E’ ipotiz-zabile, quindi, che in questa splendida casa estiva Giulia abbia anche ricevuto la visita di suo padre, che l’amava molto ed era buon amico di Agrippa. Più tardi la villa entrò a far parte del pa-trimonio imperiale. Si pensa che la villa fosse abitata dai proprietari solo saltuariamente, mentre il fondo era am-ministrato tutto l’anno da un procuratore, nel-l’ultima fase da Titus Claudius Eutychus, un li-berto dell’imperatore, come ci è testimoniato dai sigilli di bronzo ritro-vati. Dato che la sezione nord-occidentale della

villa non era stata scavata, non è stato possibile determina-re l’organizzazione, il tipo, o l’entità della produzione agri-cola: non si sono trovate tracce di torcularium o cella vinaria. Per quanto i diciotto cubicula (le celle degli schiavi) siste-mati su due piani lungo il muro orientale della villa potreb-bero indicare un’azienda agricola di notevoli dimensioni, in mancanza di qualsiasi elemento che indichi un’attività rura-le, si può considerare la possibilità che essi abbiano ospita-to i domestici, anziché schiavi agricoltori. Le camere della villa si aprivano su un lungo corridoio che in fondo affac-ciava sul golfo di Napoli. Per lo più le pareti erano ornate da paesaggi e vignette delicate, scene mitologiche e scene di vita quotidiana stagliate su fondi a colori vivaci: presi nel loro insieme questi affreschi offrono un esempio del gusto decorativo dei Romani benestanti alla fine del I secolo a.C. Dalla villa sono stati recuperati alcuni settori di quattro camere da letto. Buona parte delle pareti affrescate di tre di esse, inclusa la Camera Nera, si trova al Metropolitan Museum, mentre gli affreschi della quarta camera e il resto della Camera Nera, sono al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

I diciassette affre-schi oggi esposti al Metropolitan Mu-seum di New York furono acquistati dal museo nel 1920, ma dal 1949 in poi sono rimasti in ma-gazzino. Dal set-tembre 1987, grazie a Giovanni Agnelli che ne ha finanziato

il restauro e l’esposizione, gli affreschi sono nuovamente visibili al pubblico.

Pianta della villa imperiale di Boscotrecase, detta di Agrippa Postumo

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La villa imperiale di Boscotrecase, detta di Agrippa Postu-mo, fu distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., de-scritta da Plinio il Giovane nelle sue lettere a Tacito.

L’eruzione durò 3 giorni e Pompei fu ricoperta da 7 metri ca. di ceneri e lapilli, mentre Ercolano da uno spessore di

fango (lahar) alto dai 15 ai 25 metri e vi furono più di 2000 vittime. Durante il lungo periodo di quiescenza del vulcano, nella camera magmatica, situata a 2-5 km di profondità, il mag-ma aumentava sia di viscosità che di contenuto gassoso. Quando la pressione dei gas superò il carico delle rocce sovrastanti, ecco che iniziò l’eruzione con produzioni di violentissime esplosioni e con la formazione così del pino vulcanico contenente ceneri, pomici, blocchi solidi e scorie frammisti a gas. Sembrava che tutto fosse finito, ma alle ore 6,00 del 25 agosto il vulcano si gonfiò, si innalzò e una nuova nube violentissima si sprigionò da esso. Esplosioni di vapore surriscaldato produssero i catastrofici surges piroclastici, cioè esplosioni superficiali di vapore surri-scaldato ad alta energia che scendendo lungo il pendio del vulcano, investirono e distrussero in pochi minuti tutto ciò che esisteva lungo il loro percorso. L'eruzione aveva completamente distrutto la città di Pom-pei e sconvolto interamente una campagna fertilissima, ricca di ville rustiche e di otium.

L’eruzione del 79 d.C.

L’eruzione del 1906

Lo scavo della villa di Agrippa Postumo, come ci ricorda

Matteo Della Corte, fu sfortunatamente riseppellito dall’e-

ruzione vesuviana del 1906.

Già nel maggio del 1905 cominciarono le prime manifesta-

zioni eruttive del Vesuvio con emissione di vapore. Ma fu

nell’aprile del 1906 che l'eruzione si intensificò, dividendo-

si poi in tre fasi.

La I fase durò dal 4 all’8 aprile con l’apertura di una fessu-

ra sul fianco sud del vulcano da cui fuoriuscirono due cor-

renti laviche che distrussero un centinaio di case della fra-

zione Oratorio di Boscotrecase, penetrando nell’interno

della chiesa di Sant’Anna e fermandosi a 10 metri dal cimi-

tero di Torre Annunziata.

La II fase si ebbe l’8 aprile e fu un’attività essenzialmente

gassosa.

Dopo mezzogiorno le ceneri salirono a 13.000 metri d’al-

tezza. La forza e la velocità del gas erosero le pareti del

cratere che sprofondarono.

La III fase si ebbe dal 9 al 22 aprile e il cono del Vesuvio si

ricoprì di ceneri bianche di solfati.

Gli abitanti dei paesi alle falde del vulcano credettero che

fosse nevicato.

L'eruzione del 1906 decapitò la cima del Gran Cono la cui

altezza si abbassò di parecchie centinaia di metri, raggiun-

gendo gli 800 metri di diametro.

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La Camera Nera (15) La Camera Nera (o Camera n. 15) è esposta al Metropoli-tan Museum di New York. Sulle pareti, di un bel colore nero lucido con un basamento rosso scuro ornato da dise-gni geometrici, si elevano magnifiche e sottili colonne ioni-che posate su un bordo verde.

Il pavimento era tutto in mosaico bianco, a parte un fregio centrale formato da nove esagoni e un fregio più piccolo accanto all’entrata. Queste due decorazioni erano costituite da tasselli neri. Due frammenti della decorazione parietale si trovano al Museo Archeologico di Napoli. Diversi sono gli oggetti trovati nella camera.

Questi due affreschi sono molto simili tra loro. En-trambi presentano sul fondo nero un candelabro d’argento con al centro dei cigni e all’estremità superiore dei piccoli qua-dri raffiguranti due scene egiziane. I due cigni bian-chi, a metà dei candelabri, hanno delle collane sospe-se nel becco. I cigni, sacri ad Apollo, simboleggiano la potenza di Augusto. Le due scene egizie a fon-do giallo rappresentano una l’adorazione del dio Apis: a destra Anubis in trono, in mezzo un altare con sopra un toro e sotto il serpente Ureus, a sini-stra un sacerdote con un

tripode. L’altra rappresenta l’adorazione di Anubis sotto forma di cane: a destra Isis o una sacerdotessa con un cali-

ce, in mezzo un altare con sopra un cane, a sinistra un sa-cerdote che prega. Questa edicola architettonica rappresenta l’affresco centrale. Il timpano è in perfetta armonia con la delicata struttura delle co-lonne, decorate in tutta la loro superficie di deliziosi fregi metal-lici, foglie e fiori. Al centro è raf-figurato un grazioso paesaggio in cui si può osservare una torre circolare e, fra la torre e i folti alberi, una tenda che dona la sua ombra alle persone che sotto si godono la frescura. In alto, il medaglione di sinistra probabilmente raffigura Giulia, la figlia di Augusto. Dopo la morte di Agrippa, il suo primo marito, Giulia nell’11 a.C. sposò Tiberio, in seconde nozze. La probabile datazione degli affreschi si pensa corrisponda a questa occasione. Il medaglione di destra forse raffigura Livia, moglie di Augusto. Livia era matrigna di Giulia e quando quest’ultima sposò Tiberio, divenne anche sua suocera.

Nella Camera Nera furono rivenuti diversi oggetti, tra cui una lanterna di bronzo, i resti di una lunga iscrizione trac-ciata con il carbone su un pezzo di muratura, menzionante la ricezione di foraggio e trifoglio (CIL, IV, 6897), un can-delabro di bronzo alto 1,18 m. di forma semplice.

La villa di Agrippa Postumo: gli ambienti, gli affreschi, le suppellettili

Particolare del quadro

di stile egizio a fondo

giallo, rappresentante l’adorazione di Anubis

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La Camera Mitologica (19) La Camera Mitologica (o Camera n. 19) contiene splendidi affreschi con scene mitologiche e riquadri in stile egittiz-zante, esposti al Metropolitan Museum di New York. Su ciascuna delle pareti lunghe della camera si trova un affresco centrale di carattere mitologico circondato da pan-nelli rossi che raffigurano sirene in atto di sostenere sottili ghirlande. Sulla parete ovest, il quadro centrale mostra il mito di Poli-femo e Galatea. Sulla parete est è rappresentato il mito di Perseo e Andromeda.

Medagli oni raf fi gura nt i Giulia , fi glia di Augusto , e Li via , mogli e di Augusto , proveni ent i da ll’af fresco ce ntra le della Camera Nera

Particolare del pannello sinistro e di quello destro dell’affresco centrale della Camera Nera, con cigni bianchi

Particolare del quadro di stile egizio a fondo giallo rappresen-

tante l’adorazione del dio Apis, dal pannello di sinistra

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Parete ovest: il mito di Polifemo e Galatea Il pannello centrale della parete ovest mostra il ciclope Polifemo seduto su uno scoglio con il suo gregge di capre. Polifemo ha smesso di suonare la siringa che tiene nella

mano destra, forse perché ha notato la ninfa Galatea sedu-ta su un delfino, nell’angolo a sini-stra in basso. Il mito narra che la ninfa marina Gala-tea fosse innamora-ta di Aci, un giova-ne bellissimo, e che il ciclope Polifemo, invidioso del giova-ne e a sua volta in-namorato della nin-fa, un giorno avesse cercato di attirarla con il suono del suo flauto. Non essen-do riuscito nel suo

intento e sorpresa la coppia di amanti, Polifemo scagliò infuriato un enorme masso che raggiunse Aci, uccidendo-lo. Nell’affresco, in alto a destra, c’è un riferimento alla storia di Ulisse: Polifemo, accecato da Ulisse e dai suoi compa-gni, scaglia contro di loro un macigno. E’ probabile che questa scena si riferisca proprio al mito di Ulisse e non alla tragica fine della storia di Aci e Galatea. E’ possibile co-munque che l’artista che ha eseguito l’affresco intendesse stabilire un collegamento tra le due scene. Parete est: il mito di Perseo e Andromeda Il pannello centrale della parete est mostra contemporane-amente due episodi successivi del mito di Perseo e Andro-meda. Secondo il mito la madre di Androme-da, Cassiopea, si era vantata della propria bellezza. Le Nereidi se ne lamentarono con Poseidone, che per vendicarle inondò l’E-tiopia, regno di Cassio-pea, e vi mandò un mostro marino. Il pa-dre di Andromeda, Cefeo, consultò l’ora-colo di Ammone e apprese che l’unico modo di salvare la sua terra era di sacrificare la figlia, incatenandola a uno scoglio e abban-donandola alla mercè

del mostro. Nell’affresco vediamo al centro Andromeda legata per le braccia a una roccia. In basso a destra, seduta sulla roccia, è raffigurata Cassiopea, addolorata per il desti-no della figlia. A sinistra arriva Perseo, volando, al salva-taggio di Andromeda, mentre il mostro marino le si avvici-na dall’angolo a sinistra in basso. Sullo sfondo a destra è visibile un’altra scena, quella in cui Perseo, prima di com-battere contro il mostro, chiede la mano di Andromeda al padre Cefeo, in cambio della sua liberazione.

La Camera Rossa (16) La Camera Rossa (o Camera n. 16) presenta una decora-zione murale a sfondo rosso sopra uno zoccolo nero. La decorazione fu rinvenuta in perfetto stato di conservazione e ora è esposta al Museo Archeologico di Napoli. Al cen-tro di ogni parete è raffigurato un magnifico paesaggio, su sfondo bianco, di m. 1 x 1,30 delimitato da colonnine. I tre paesaggi risultano di una plasticità straordinaria grazie a effetti di prospettiva, distacchi di luci e di ombre, magistra-le scelta e impiego dei colori. Paesaggio della parete ovest

Il quadro presenta un pae-saggio architettonico con statue, fontane e viandanti davanti ad un tempietto do-minato da un albero frondo-so.

Parete nord La parete presen-ta nello zoccolo nero una natura morta con fichi. Al centro un quadro raffigu-rante un paesag-gio sacrale con pastori e capre presso un tem-pietto circolare e una colonna vo-tiva; quadretti con maschere, sottili candelabri e ramoscelli con fiori com-pletano la decorazione nella parte alta.

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Paesaggio della parete est Il quadro presenta un insieme di edifi-ci, ombreggiati da alberi, tra i quali si muovono viandanti, all’interno di un recinto cui si accede attraverso scalette. In primo piano è raffigurato un mae-stoso albero sacro. A pochi centimetri dal lembo inferiore di questo paesaggio, sull’intonaco bian-co, era graffito il nome SABINVS, forse l’autore dei quadri.

La Camera 18 La Camera n. 18 aveva un pavimento di opus signinum e pareti uniformemente bianche. Sulla parete occidentale si scoprì, ad altezza d’uomo, graffito, il bellissimo distico:

Quisquis amat nigram nigris carbonibus ardet, nigram cum video, moram libenter (a)ed(e)o.

“Chiunque ama una nera arde sui neri carboni; quando vedo una nera, volentieri, divoro more” (CIL, IV, 6892).

La Camera Bianca (20) La Camera Bianca (o Camera n. 20) aveva le pareti dipinte in un bianco grigiastro, con uno zoccolo inferiore rosso e una predella nera, sormontata da candelabri con motivi floreali. A destra e a sinistra della porta d’ingresso vi erano disposti elaborati bruciatori d’incenso. La Camera Bianca è la meno conservata: ne restano soltan-to due pannelli, in condizioni molto frammentarie, esposti al Metropolitan Museum di New York. Il primo pannello proviene probabilmente del lato est del-l’ambiente. Dalle misure dei pannelli si è potuto stabilire che l’altezza minima della stanza era all’incirca di 12 piedi. Il secondo pannello proviene probabilmente del lato ovest. Nella predella nera è raffigurato un piccolo uccello nell’at-to di beccare dei frutti; un fregio sopra la predella mostra una vite frondosa: il fregio può essere visto anche come una serie di teste di uccelli.

Apotheca L’apotheca (g) era un ripostiglio situato nell’atrio rustico A. In questo ambiente furono ritrovati diversi oggetti custodi-ti in armadi di legno, o sospesi alle pareti. In un armadio furono raccolti i suggelli di bronzo del liberto imperiale Ti (tus) Claudius Eutychus, l’ultimo amministratore del fondo, nonché un vaso di bronzo a tronco di cono e fondo rigon-fio, alto 0,42 m., quattro strigili di ferro infilati in un unico anello, un oleare di bronzo alto 0,23 m., la cui ansa termina in giù in una foglia cuoriforme.

Cella ostiaria ed Ergastulum La cella n. 1, con annessa la cella rustica n. 2, serviva con-temporaneamente come camera del portinaio e come luo-go di punizione degli schiavi. Dal primo ambiente provie-ne, in soddisfacente stato di conservazione, un ceppo di ferro per la punizione degli schiavi. Fu trovato con la chia-ve nella toppa, segno che al momento della catastrofe era inoperoso. E’ conservato nei depositi degli Scavi di Pompei.

Cella 5 Nella cella n. 5 furono ritrovati molti oggetti fra i quali primeggiano pietre dure e cammei, conservati al Museo Archeologico di Napoli: una gemma di corniola ellittica dove è incisa una Vittoria alata, la quale, reggendosi con un piede sul globo, reca nelle mani una corona ed una palma e

Pannelli del lato est e del lato ovest della Camera Bianca

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sul margine è incisa HERA-CLIA; una gem-ma di corniola, nella quale è inci-sa una Minerva armata di elmo, scudo ed asta; una gemma di cammeo, a forma

di scudetto ovale, di colore marrone (diam. 0,04 m.) sul quale, in pasta vitrea bianca, è un busto di Minerva galeato; un cammeo di 0,023 m. di diametro, di colore azzur-

ro, sul quale è il rilie-vo bianco di una Venere nuda che si annoda la chioma.

Sottoscala Nel sottoscala (h) si rinvennero molti oggetti, forse lì de-

positati sopra le mensole di un armadio di legno; sono quasi tutti vasi da cucina e da mensa: un vaso di terracotta di pianta rettan-golare, alto 0,8 m. la cui parte superiore si va sempre restringen-do, a diversi piani, verso l’orlo, sempre rettangolare; una pignatta di bronzo sferica alta 0,24 m.; un vaso di bronzo a cesta di forma ellittica; una pignatta di bronzo a

tronco di cono larga 0,38 m. con ansa ad arco.

Ambienti sotterranei

Sotto il terrazzo D furono trovati due ambienti sotterranei (S), contenenti diversi oggetti. Nel secondo dei due am-bienti si rinvennero: una urna panciuta in bronzo la cui ansa termina in giù in foglia di vite e in su in dito umano; una casseruola di bronzo di 0,18 m. di diametro.

Ambiente 13 L’ambiente n. 13, la cella ostiaria (camera del portinaio), faceva parte dell’atrio rustico sul quale si apriva. Esso col-legava, tramite una scala a due rampe (h), il quartiere rusti-co con l’appartamento nobile, quest’ultimo situato a un livello superiore di m. 4 ca. Le pareti della cella presentava-

no semplici decorazioni, in cat-tivo stato di conservazione, di-pinte nel IV stile. Presso il vano che introduce all’ambiente n. 13 fu ritrovato un modius o corbula trimodia (misuratore per cereali), man-cante del bastone di ferro cen-trale. Queste le misure interne: diametro superiore 0,288 m.; diametro inferiore 0,340 m.; altezza 0,265 m.

Atrio rustico Nel vasto atrio A del quartiere rustico è stato rinvenuto l’ingresso (a), munito di una grande porta a due battenti. Si può credere che esistesse anche un ingresso al quartiere padronale, ma esso non è stato trovato nella parte della villa riportata alla luce. A sostegno dei tetti del cortile A vi erano pilastri e colonne di nudo materiale laterizio. Nell’a-trio rustico furono ritrovati, tra l’altro, un grande abbeve-ratoio a due bracci e la cucina, un largo podio sostenente tre fornelli rettangolari e una fornace circolare.

Cella rustica 6 La cella rustica n. 6 fu il primo ambiente ad essere esplora-to il 23 marzo 1903.

Vasellame ed oggetti vari di bronzo provenienti dagli ambienti

della villa imperiale di Boscotrecase

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Peristilio

Il peristilio B presentava per ogni lato cinque colonne di mattoni ricoperti di stucco bianco. Della originaria decora-zione dei muri rimaneva solo una parte nell’angolo sud-est. Era un grandioso insieme architettonico di II stile, nel quale ad ogni colonna reale del portico corrispondeva, sul-la parete, una simile colonna dipinta, in modo da creare l’illusione di un doppio portico. Negli strati superiori dell’angolo sud-ovest del portico, a contatto dello strato vegetale, furono ritrovate due lucerne cristiane, che attestano di esplorazioni avvenute nel III – IV secolo d.C. Interessante è una lucerna di terracotta con impresso a

rilievo nel disco la Croce circondata da una corona di fo-glioline cuoriformi e di pizzi triangolari.

• Archivio privato dei Sigg.ri Ciro Bruno e M. Rosaria Boccia, eredi Santini.

• Fouilles exècutèes par Mr. le Chev. Ernest Santini à Boscotrecase, endroit nommè “Rota”, Boscotrecase, Août, 1905.

• Notizie degli Scavi di Antichità, Roma, 1922, pp. 459 ss. (articolo di M. Della Corte sulla villa romana del fondo cav. Er-

nesto Santini, contrada Rota, Boscotrecase).

• R. Carrington, Studies in the Campanian Villae Rusticae, in Journal of Roman Studies, 21 (1931), pp. 110-130.

• J. Day, Agriculture in the life of Pompeii, in Yale Classical Studies, 3 (1932), pp. 165-208.

• M. Della Corte, Case ed abitanti di Pompei, 3 ediz., Napoli, 1965, pp. 414 ss..

• J. H. D’Arms, Romans on the Bay of Naples, Cambridge (Mass.), 1970.

• A. Casale, Breve storia degli scavi archeologici nel Pagus Augustus, Pompei, 1979.

• A. Casale, A. Bianco, Primo contributo alla topografia del suburbio pompeiano, in Antiqua, suppl. al n. 15, Roma, 1979.

• M. L. Anderson, Pompeian frescoes in the Metropolitan Museum of art, in The Metropolitan Museum of Art Bulletin, vol. 45, n. 3

(1987/88) (paragrafo The imperial villa at Boscotrecase).

• M. Prosperi, A. Casale, Ipotesi e testimonianze archeologiche del suburbio di Pompei, Torre Annunziata, 1988.

• M. L. Anderson, Arte romana a New York – gli affreschi di Boscotrecase, in Archeo, n. 40 (1988), pp. 26 ss..

• P. H. v. Blanckenhagen, C. Alexander, The Augustan Villa at Boscotrecase, Mainz am Rhein, 1990.

• A. Varone, Paesaggio e colture agrarie di Pompei nei documenti storici, archeologici ed epigrafici, in AA.VV., Il territorio vesuviano nel

79 d.C. – Dallo scavo archeologico alla ricostruzione ambientale, Pompei, 1992.

• C. Giordano, A. Casale, L’amore nei graffiti pompeiani, Pompei, 1993.

• G. Liotta, Prima elementa, Signum Scuola, Torino, 1997.

• A. Bordina, Apertis verbis, Cedam, Padova, 2006.

• A. Pesce, A. Casale, G. Stefani, L. Fergola (a cura di), Vesuvius 1906 – Mostra del centenario dell’eruzione, Boscoreale, 2006.

• C. Giordano, A. Casale, Profumi, unguenti e acconciature in Pompei antica, 2 ediz., Roma, 2007.

Si desidera ringraziare l’Ispettore on.rio ai Beni Archeologici dr. Angelandrea Casale, profondo conoscitore della storia, dell’archeologia e dell’arte del territorio vesuviano, per aver messo a disposizione dei ragazzi e dei docenti la sua compe-tenza, attraverso le preziose lezioni, la ricca documentazione, i consigli e i suggerimenti per la realizzazione del progetto. Un ringraziamento particolare va anche alla prof.ssa Maria Rosaria Boccia, pronipote del cav. Ernesto Santini, e al dott. Pier Damiano Maistrello, che hanno creduto nel progetto e hanno offerto piena disponibilità e collaborazione nel fornire notizie relative alla figura e alla famiglia del cav. Ernesto Santini e importanti documenti riguardanti la storia del ritrova-mento della villa.

Bibliografia

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prof.ssa Angela Morelli

prof.ssa Maria Romano

prof.ssa Amalia Vangone

Il lavoro è stato coordinato da

Hanno realizzato il progetto gli alunni

Amura Adamo

Arcipio Candeloro Claudio

Cannavale Alfonso

Carlino Antonio

Carotenuto Alessandro

Carotenuto Teresa

Cirillo Tommaso

D’Andrea Anna

Di Palma Giuseppe

Federico Paolo

Formisano Pasquale

Forte Roberta

Giordano Anna

Ingenito Daniele

Lombardo Angela

Longi Giuseppe

Napolitano Pierpaolo

Nolano Claudia

Oliva Simona

Paduano Francesco

Porzio Mario

Scardone Giuseppe

Smirne Paolo

Sola Martina

Tammaro Massimo

Troise Francesca

Vangone Ida Barbara

Vangone Vincenzo

Verino Giuseppina

Vitelli Vincenza

Zannetti Martina

Zannetti Vincenzo

Proprietà artistica e letteraria riservata - Finito di stampare nel mese di novembre 2009 c/o Linea Grafica Aurora, Boscoreale