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1 LA NUOVA DISCIPLINA DELL’ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI di Nicola Tolfa INDICE 1. Introduzione. 2. Ambito di applicazione della nuova disciplina: il riparto di competenza normativa Stato-Regioni e la sussistenza di una pluralità di fonti legittimanti l’accesso. 3. La legittimazione attiva all’accesso: i titolari del diritto di accesso. 4. I controinteressati: individuazione e tutela. 5. Il difficile bilanciamento tra accesso e riservatezza. 6. I soggetti passivi del diritto di accesso. 7. L’oggetto del diritto di accesso. 8. I limiti all’accesso. 9. Le modalità di esercizio del diritto di accesso. 10. La tutela del diritto di accesso. 11. Osservazioni conclusive.

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LA NUOVA DISCIPLINA DELL’ACCESSO AI DOCUMENTI

AMMINISTRATIVI

di Nicola Tolfa

INDICE

1. Introduzione.

2. Ambito di applicazione della nuova disciplina: il riparto di competenza

normativa Stato-Regioni e la sussistenza di una pluralità di fonti

legittimanti l’accesso.

3. La legittimazione attiva all’accesso: i titolari del diritto di accesso.

4. I controinteressati: individuazione e tutela.

5. Il difficile bilanciamento tra accesso e riservatezza.

6. I soggetti passivi del diritto di accesso.

7. L’oggetto del diritto di accesso.

8. I limiti all’accesso.

9. Le modalità di esercizio del diritto di accesso.

10. La tutela del diritto di accesso.

11. Osservazioni conclusive.

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1. INTRODUZIONE

Fino al 1990 non esisteva nell’ordinamento italiano un principio generale di

libera conoscibilità dell’attività amministrativa da parte dei cittadini, essendo

piuttosto la regola quella della riservatezza e del segreto d’ufficio.

E’ soltanto con l’introduzione della legge generale sul procedimento

amministrativo, legge 7 agosto 1990, n.241, che il principio di trasparenza e di

pubblicità dell’azione amministrativa assume una portata generale capovolgendo

completamente il sistema precedentemente in vigore basato sul segreto e sul

divieto di divulgazione degli atti in possesso della P.A.: si tratta di un

cambiamento di tale portata che ha spinto la dottrina a parlare giustamente di

“rivoluzione copernicana” e di “mutamento genetico della pelle

dell’amministrazione”1.

In precedenza, infatti, vi erano soltanto delle discipline settoriali che

prevedevano la possibilità di accedere a determinati tipi di documenti

amministrativi: in particolare possiamo qui ricordare, per la sua rilevanza,

l’art.25 della legge sugli atti degli enti locali, L. 27 dicembre 1985, n. 816

(poi trasfuso nell’art.7 della L. 142/1990, ed attualmente nell’art. 10 del

d.lgs.267/2000), che riconosceva il diritto di tutti i cittadini di prendere visione

dei provvedimenti emessi da una serie di enti locali, quali province e comuni, e

di enti territoriali, quali le comunità montane e le unità sanitarie locali,

rimettendo alle singole amministrazioni il compito di disciplinare con proprio

regolamento l’esercizio di tale diritto2.

1 F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, L’accesso ai documenti amministrativi, Giuffrè, Milano, 2007, p.1 e p.4. 2 Sulle carenze di tali regolamenti nel garantire un pieno ed effettivo diritto d’accesso, si veda R.TOMEI, La nuova disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi, Commento alla legge n.241 del 1990 e al d.p.r. n.184 del 2006, (a cura di), AA.VV., Cedam, Torino, 2007, p.xxIv, il quale, tra l’altro, rileva come «dal punto di vista della portata sostanziale del diritto, non sono mancati casi nei quali l’espressione “tutti i cittadini”, lungi dall’essere interpretata nella sua accezione più lata, è stata intesa con riguardo ai soli cittadini elettori ovvero appartenenti al comune, se addirittura, come pure è accaduto, non si è fatto espresso ed esclusivo riferimento che ai portatori di un interesse proprio e differenziato alla conoscenza dell’atto. … Infine, sotto l’aspetto operativo, non va taciuto che erano numerosi i regolamenti che si limitavano a garantire i cittadini solo per ciò che atteneva il “prendere visione”dei provvedimenti,

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Più articolata, ma sempre limitata ad un ben determinato settore, era, poi, la

disciplina sull’accesso contenuta nella legge istitutiva del Ministero

dell’ambiente (L. 8 luglio 1986, n.349), il cui articolo 14 stabiliva la più ampia

divulgazione da parte del Ministero dell’ambiente delle informazioni sullo stato

dell’ambiente, la pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale degli atti del

Consiglio Nazionale che interessano la generalità dei cittadini, e il diritto

d’accesso “di qualsiasi cittadino alle informazioni sullo stato dell’ambiente

disponibili presso gli uffici della pubblica amministrazione”, con facoltà di

ottenerne copia previo rimborso delle sole spese di riproduzione e di ufficio3.

Tra le ulteriori diposizioni settoriali che, anteriormente alla L.241/1990,

prevedevano forme di accesso ai documenti detenuti dalla P.A. possono inoltre

citarsi la limitata possibilità di ottenere copia degli atti detenuti da un

“depositario pubblico” ai sensi dell’articolo 743 del Codice di Procedura Civile;

l’articolo 10 della Legge 6 agosto 1967 n. 765 che, nel modificare l’articolo 31

della Legge Urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, prevede che “chiunque può

prendere visione presso gli uffici comunali della licenza edilizia e dei relativi

atti di progetto”; l’articolo 1 del D.P.R. 23 giugno 1988 n. 250, che modifica

l’art. 56 del R.D. 21 aprile 1942 n. 444, Regolamento per l'esecuzione della

legge sul Consiglio di Stato, conferendo a chiunque il diritto di chiedere copia

dei pareri del Consiglio di Stato in sede di decisione di ricorso straordinario; il

regolamento di cui al D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686, recante Norme di esecuzione

del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato,

approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, ai sensi del cui articolo 21, escludendo che l’art.25 avesse inteso ricomprendere nel diritto la possibilità di estrarre copia del documento, così consentendo la conservazione nel tempo dei risultati dell’esame. Dal punto di vista dell’esercizio del diritto come tale, poi, le carenze dei regolamenti si facevano persino più evidenti: …solo raramente furono approntate tutte quelle misure organizzative e gestionali idonee a rendere concretamente operante il diritto stesso, … In conclusione … l’attuazione dell’art.25 aveva finito per favorire le disparità esistenti nel nostro Paese, stante che i cittadini risultavano avere diversi statuti nei rapporti con l’amministrazione in relazione alla sede e al tipo di amministrazione con cui entravano in contatto». 3 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.6; nonché M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso ai documenti dopo la legge n.15 del 2005: natura, soggetti legittimati e ambito applicativo, in www.amministrazioneincamino.luiss.it, amministrazioni pubbliche, note e commenti, 2006, p.1-2.

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l’interessato può “prendere visione del rapporto informativo” sulle prestazioni

svolte (documento riservato) ed, ai sensi dell’art. 29, ottenere il rilascio di copie

del proprio stato matricolare; l’articolo 10 del D.lgs. 6 settembre 1989, n.322,

relativo all’accesso ai dati statistici detenuti dal Sistema Statistico Nazionale,

riconosciuto secondo particolari modalità (forma anonima ed aggregata) ad enti

od organismi pubblici, persone giuridiche, società, associazioni e singoli

cittadini4.

Ma, come si è detto, è solo con l’emanazione della L. 241/1990 che si

compie un fondamentale “salto di qualità”, prevedendo una regolamentazione

del diritto di informazione amministrativa applicabile indistintamente a tutti i

procedimenti amministrativi5.

La legge 241/1990 mira infatti, ad informare l’operato della P.A., oltre che

ai principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione,

anche al nuovo principio di trasparenza, che, una volta reso realtà vivente ed

operativa all’interno dell’ordinamento, avrebbe dovuto dare una nuova

configurazione al rapporto con i cittadini6: Questi ultimi attraverso la possibilità

4 Per un’ampia ricostruzione della problematica dell’accesso prima della L.241/1990 si veda, per tutti, R.TOMEI, La nuova disciplina…, cit., p.xvII e ss. 5 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.10. Una previsione generalizzata del diritto di accesso e di pubblicità dell’attività amministrativa era stata anticipata, sia pure a livello settoriale (e con alcune differenze che hanno determinato problemi di coordinamento), dalla legge di riforma dell’ordinamento delle autonomie locali, L.8 giugno 1990, n.142 (oggi sostituita dal nuovo T.U.E.L., D.lgs. 267/2000), di due mesi anteriore alla L.241/1990. 6 La c.d. legge sul procedimento amministrativo, nota anche come “legge sulla trasparenza amministrativa”, ha inserito nell’ordinamento, innanzitutto, la responsabilizzazione e perdita di anonimato della p. a. prevedendo la figura del responsabile del procedimento, l’obbligo di conclusione dello stesso mediante l’adozione di un provvedimento espresso e l’obbligo generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi; inoltre, ha introdotto istituti volti a garantire maggiore efficacia ed efficienza all’azione amministrativa consentendo il ricorso a strumenti tratti dal diritto privato e ampliando le ipotesi di partecipazione diretta del cittadino alle scelte operate dall’amministrazione; infine, ha disciplinato il principio di pubblicità-trasparenza dell’attività della p. a. sancendo il diritto di accesso agli atti amministrativi. A proposito del principio di trasparenza, si è osservato come esso non rappresenti un preciso istituto giuridico ma piuttosto un modo d’essere dell’Amministrazione, un risultato alla cui realizzazione sono diretti istituti diversi tra i quali, appunto, quello dell’accesso ai documenti [Così A.Police, La predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere discrezionale, ESI, Napoli, 1997, p.41.]. Si tratta di un principio fortemente avvertito anche nell’ordinamento comunitario ed in esso definitivamente consacrato nel trattato istitutivo della Costituzione europea. Gli artt. I-50 e II-102, infatti, affermano il compito delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione di operare nel modo più trasparente possibile nonché il diritto di accesso ai documenti.

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concessa dalla legge (attraverso il riconoscimento di diritti di informazione, di

partecipazione, di accesso agli atti) di controllare la conformità dell’attività

amministrativa all’ordinamento ed all’interesse pubblico, possono divenire

compartecipi dell’azione amministrativa, esercitando su di essa un controllo dal

basso che, in una concezione democratica dei rapporti tra cittadino e P.A.,

contribuisca a promuoverne e garantirne l’imparzialità ed il buon andamento,

nonché l’efficacia e l’efficienza. Ciò ha comportato una profonda rivoluzione,

sia sul piano soggettivo dei rapporti fra cittadini ed amministrazione che su

quello oggettivo dei modelli organizzativi dell’attività della stessa

amministrazione, con un totale mutamento di prospettiva ed un capovolgimento

radicale del rapporto tra segretezza e pubblicità dell’azione amministrativa7: la

pubblicità viene posta come regola, mentre la segretezza è divenuta l’eccezione8.

Inoltre «la segretezza permane non come predicato soggettivo (un documento è

segreto perché è della P.A.) ma come requisito oggettivo del documento (il

segreto è tale per il tipo di notizie racchiuse nel documento). In altre parole: il

segreto da “personale”, ossia legato alla particolare qualità di dipendente

pubblico del soggetto che detiene le informazioni, diventa “reale”, ossia legato

direttamente alla consistenza sostanziale delle informazioni e degli interessi ad

esse connessi»9.

In tale quadro, la previsione di un generale diritto di accesso ai documenti

amministrativi (fatte salve le esclusioni esplicitamente previste dalla legge o dai

regolamenti) costituisce il principale strumento di esplicazione dei due principi

generali di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa10 nonché

7 Cfr. A.FERRUCCI, Diritto di accesso e riservatezza: osservazioni sulle modifiche ala l.241/90, in www.giustamm.it, 2005. 8 L’art.28 della L.241/90, introdotto con la riforma del 2005 e modificativo dell’art.15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, D.P.R. n.3/1957, oggi espressamente prevede che il segreto d’ufficio permane «al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto d’accesso. Nell’ambito delle proprie attribuzioni, l’impiegato preposto ad un ufficio rilascia copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall’ordinamento». 9 E’ la tesi di G.Arena, riportata in F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.3, e seguita da gran parte della dottrina e della giurisprudenza. 10 Così qualifica il diritto di accesso A.SANDULLI, L’accesso ai documenti amministrativi, in Giornale di diritto amministrativo, n.5/2005, p.495, secondo il quale la qualificazione di esso quale “principio

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proiezione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento,

che impongono all’amministrazione di operare come una “casa di vetro”11,

permettendo il controllo del suo operato da parte della collettività e favorendo la

partecipazione dei cittadini ai processi decisionali secondo la logica democratica,

per una più efficace tutela dei propri diritti12.

La previsione del diritto di acceso agli atti amministrativi si confronta,

però, con l’esistenza e la rilevanza di situazioni soggettive individuali e

collettive altrettanto degne di tutela, quale il diritto alla riservatezza dei soggetti

coinvolti nelle vicende che, di volta in volta, possono divenire oggetto di

conoscenza o divulgazione. Il legislatore, pertanto, è nuovamente intervenuto in

materia con la legge n.15/2005, apportando modifiche ed integrazioni alla legge

241/90 e cercando di rivedere la disciplina del diritto di accesso per renderla più

generale dell’attività amministrativa”, operato dall’art. 22 della L. 241/1990, così come modificato dalla L. 15/2005, costituirebbe in realtà una imprecisione. 11 Tale celebre espressione viene attribuita a Filippo Turati, il quale la usò per la prima volta in Parlamento nella discussione generale sulla legge 25 giugno 1908, n.290. 12 Cfr. M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.3. Il fondamento costituzionale del diritto di accesso viene tradizionalmente rinvenuto, dalla prevalente dottrina, nel principio di buona amministrazione di cui all’art.97 della Costituzione; esso è stato inoltre ritenuto espressione del principio di libertà di informazione di cui all’art.21 Cost., intesa dal lato passivo quale diritto ad essere informati; o ancora, funzionale alla garanzia della difesa nei confronti dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost., atteso che una piena conoscenza dell’azione amministrativa è presupposto necessario per agire in giudizio al fine di ottenere l’annullamento di eventuali provvedimenti illegittimi. Un aggancio esplicito ai dettami costituzionali è stato oggi introdotto dal legislatore con la L. n. 15/2005, che nel riformulare l’art.22 della L.241/1990, al secondo comma, sancisce che «l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art.117, secondo comma, lettera m) della Costituzione». Si segnala infine un recente orientamento dottrinale secondo cui il diritto all’informazione ed il diritto di accesso rientrerebbero nei c.d. nuovi diritti di cittadinanza, riferendo quest’ultima all’innovativo concetto di cittadinanza amministrativa, che implica il riconoscimento ad ogni uomo di adeguate possibilità di vita e di manifestazione, prescindendo dalla appartenenza originaria alla comunità e valorizzando invece il concreto inserimento nella medesima. Questi nuovi “diritti sociali” includerebbero tutte quelle situazioni giuridiche tendenti alla realizzazione dei diritti positivi dell’eguaglianza, diritti che si pongono come una componente essenziale dei valori fondamentali della democrazia. In tale contesto diritti quali quello all’informazione ed all’accesso sono stati considerati come due aspetti di un più generale diritto alla conoscenza, da annoverarsi nella terza generazione dei diritti dell’uomo. Sul punto si veda S.RUSCICA, Il diritto d’accesso, il diritto all’informazione e la partecipazione nel dibattito sui nuovi diritti di (pluri)cittadinanza, in www.altalex.it, (01.09.2008); nonché B.G. MATTARELLA, L’informazione amministrativa: profili generali, Relazione al Convegno su “ I nuovi diritti di cittadinanza: il diritto all’informazione”, Copanello, 25-26 giugno 2004, in F. Manganaro e Antonio Romano Tassone (a cura di), Giappichelli, Torino, 2005.

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compatibile con l’esigenza di tutela del diritto alla riservatezza dei terzi

(esigenza oggi sempre più sentita), e per tener conto, inoltre, delle conseguenze

derivanti dalla modifica del Titolo V della Costituzione ad opera della L.Cost.

n.3/2001, oltre che per correggere ed aggiornarne alcune previsioni alla luce

degli orientamenti giurisprudenziali nel frattempo formatisi13.

Con il presente lavoro ci si propone quindi di esaminare le principali

modifiche intervenute in seguito alla riforma del 2005 e verificare se ed in che

modo è cambiata la configurazione del diritto di accesso all’interno del nostro

ordinamento.

13 Cfr. A.FERRUCCI, Diritto di accesso e riservatezza…, cit.; nonchè M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.4.

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2. AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA NUOVA DISCIPLINA:

IL RIPARTO DI COMPETENZA NORMATIVA STATO-REGIONI E LA

SUSSISTENZA DI UNA PLURALITA’ DI FONTI LEGITTIMANTI

L’ACCESSO

La nuova disciplina generale dell’accesso ai documenti amministrativi

risulta attualmente definita dal Capo V della legge n.241/1990 (artt.22-28)14, così

come modificato dalla L.15/2005, nonché dal nuovo regolamento di attuazione

adottato con D.P.R.12 aprile 2006, n.184.

Il nuovo art. 29 della L.241/1990 affronta il delicato problema della

definizione dell’ambito applicativo della legge (di tutta la legge n. 241/90),

tenendo conto delle modifiche costituzionali apportate dalla legge costituzionale

n. 3/2001 e sancendo che « Le disposizioni della presente legge si applicano ai

procedimenti amministrativi che si svolgono nell'ambito delle amministrazioni

statali e degli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in tema di giustizia

amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche.

Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze,

regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema

costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione

amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge».

Sul punto si deve ricordare che, nel nostro testo costituzionale non è

prevista, tra le materie di competenza esclusiva della Stato, quella relativa ai

principi generali dell’azione amministrativa o del procedimento amministrativo.

Mentre tra queste materie, è compresa, come è noto, la giustizia amministrativa

(art. 117, 2° comma, lett. l, Cost.).

In via di principio si potrebbe, perciò, porre il problema se la disciplina

generale dell’azione amministrativa o del procedimento possa essere oggetto di

legislazione regionale, nel senso che ogni regione possa disciplinare in maniera

14 Un diritto di accesso c.d. endoprocedimentale o partecipativo, è inoltre espressamente previsto in favore dei soggetti partecipanti al procedimento amministrativo dall’art. 10, L.241/90.

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anche differenziata questi principi con propria legge: Occorre infatti tener

presente che la legislazione regionale, in base al nuovo testo costituzionale non è

vincolata dai principi generali dell’ordinamento giuridico, come viceversa,

accadeva sulla base del precedente testo costituzionale. La legislazione

regionale, come quella dello Stato, è vincolata solo dal rispetto dei principi

costituzionali e di quelli dell’ordinamento europeo (art. 117, 1°comma), salvo

che, nelle materie di legislazione concorrente, dai principi fondamentali posti

dalla legislazione dello Stato in ordine alle singole materie previste dall’art. 117,

3° comma15.

In questo quadro si inserisce la nuova norma, la quale in primo luogo

stabilisce che le disposizioni della legge, in tutte le loro parti, anche quindi nelle

prescrizioni di dettaglio (ad esempio si pensi all’individuazione di alcuni

termini) si applicano ai procedimenti amministrativi statali, cioè quelli che si

svolgono nell’ambito delle Amministrazioni statali e degli enti pubblici

nazionali. Per quanto, invece, riguarda i procedimenti di competenza delle

regioni e degli enti locali, la norma, con una formula invero un po’ contorta, dice

in sostanza che questi enti, nell’ambito delle rispettive competenze disciplinano i

procedimenti amministrativi (“le materie disciplinate dalla presente legge”) con

il vincolo dei principi da questa stabiliti, in quanto considerati principi di rango

costituzionale.

La locuzione usata dalla norma (“nel rispetto del sistema costituzionale e

delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come

stabilite dai principi della recente legge”), a parte l’involuzione della formula

usata, significa sostanzialmente questo16.

I principi desumibili dalle norme della legge in oggetto, (peraltro formulata

quasi interamente per principi), salve solo marginali norme di dettaglio,

15 Cfr. V.CERULLI IRELLI, Osservazioni generali sulla legge di modifica della L. n. 241/1990 – 6^ parte, p.6, in www.giustamm.it, 2005. 16 Così V.CERULLI IRELLI, cit., p.7.

10

divengono vincolanti per le regioni e per gli enti locali in quanto assunti a rango

costituzionale17.

L’articolo 22 della legge n. 15/2005 detta poi una disciplina transitoria e

stabilisce che, sino all’entrata in vigore della disciplina regionale di cui all’art.

29, secondo comma, L.241/90, i relativi procedimenti amministrativi sono

regolati dalle leggi regionali vigenti. In mancanza, si applicano le disposizioni

della legge n. 241 del 1990 come modificata dalla legge n. 15/05.

Al fine, quindi, di eliminare i dubbi in ordine alla competenza statale in

materia di accesso, il legislatore nel nuovo testo dell’art. 22 della L.241/90,

introdotto dalla L. 15/2005, al secondo comma, espressamente qualifica

l’accesso ai documenti amministrativi quale «principio generale dell’attività

amministrativa» e lo riconduce inoltre ai «livelli essenziali delle prestazioni

concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il

territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della

Costituzione», assicurando comunque alle regioni ed agli enti locali, in

conformità al nuovo riparto costituzionale delle competenze normative e

regolamentari, la possibilità di garantire «livelli ulteriori di tutela»: la normativa

nazionale cioè costituisce il minimo di tutela indispensabile per il cittadino in

ordine alla conoscenza degli atti della pubblica amministrazione che in qualche

misura lo possano riguardare18.

In ordine alla materia contemplata dall’art. 117, comma 2, lettera m) và

detto che si tratta dell’unica ipotesi di competenza dello Stato esclusiva ma non

esaustiva, tale circostanza crea la possibilità per le regioni e gli enti locali, nelle

rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela. Per la regione, in

particolare, si renderà dunque possibile anche esercizio di legislazione esclusiva

17 Così V.CERULLI IRELLI, cit., p.8. 18 Cfr. C.TAGLIENTI, Accesso ai documenti dell’amministrazione, Aggiornamenti giurisprudenziali, I^.1, in www.giustizia-amministrativa.it, 2007.

11

al di sopra del livello minimo di prestazioni definito dallo Stato del suo ambito

di competenza esclusivo19.

In proposito occorre ricordare l’interpretazione fornita dalla Corte

costituzionale in relazione alla lett. m) dell’art. 117, comma 2. La Consulta (sent.

26 giugno 2002, n. 282) ha infatti chiarito che “non si tratta di una «materia» in

senso stretto, ma di una competenza del legislatore statale idonea ad investire

tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme

necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di

prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la

legislazione regionale possa limitarle o condizionale.”

Peraltro in dottrina si è osservato come «il vincolo per le regioni in materia

di disciplina sull’accesso sia più penetrante rispetto alla normativa sulla

partecipazione, perché il riferimento è alle singole disposizioni della legge

generale», infatti «l’art. 22, comma 2, dice qualche cosa di più, in quanto non fa

riferimento ai principi bensì ai livelli essenziali di tutela, come disciplinati dal

capo V, e consente alle regioni di introdurre livelli ulteriori, cioè più elevati di

tutela»20.

Oltre al suddetto corpo normativo, costituito dal capo V della legge n.

241/90, può considerarsi fonte generale sull’accesso anche il regolamento

governativo adottato ai sensi dell’art. 17 comma 2 della legge 23 agosto 1988 n.

40021. Il nuovo regolamento di attuazione adottato con D.P.R. 12 aprile 2006,

n.184, disciplina le concrete modalità di esercizio del diritto di accesso e si

applica integralmente (art.14, comma 1), ai soggetti indicati nell’art.23 della 19 Così L.LAMBERTI, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi dopo la legge 15/2005, in www.giustamm.it, 2005, par. 4, la quale osserva inoltre come «La locuzione livelli ulteriori di tutela, per altro, non lascia intendere se, come suggerisce la lettera della norma ma sconsiglia la sedes materiae (art. 22 e non art. 25), intenda aprire agli enti destinatari la possibilità di soluzioni integrative a quelle in tema di tutela definite dall’art. 25 ovvero se, come sconsiglia la lettera della norma ma suggerisce la sedes materiae (art. 22), intenda aprire ulteriori possibilità di accesso. In tal caso, essendo definiti dal comma 3 gli atti accessibili, i livelli ulteriori di tutela dovrebbero consistere, nel permanente rispetto delle posizioni tutelate di privacy, in possibilità di accesso anche a chi sia titolare di una legittimazione meno completa di quella indicata nel comma 1 lett. b.». Tale ultima soluzione, ad avviso di chi scrive, appare senz’altro preferibile. 20 Così C.TAGLIENTI, cit., I^.1. 21 Così C.TAGLIENTI, cit., I^.1.

12

L.241/90, ovvero nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende

autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi, i quali

avrebbero dovuto adeguarsi alle diposizioni in esso contenute entro un anno

dalla sua entrata in vigore ( 2 giugno 2006) 22. Esso si applica inoltre anche alle

regioni ed agli enti locali, con esclusione delle norme (art. 1, comma 2; art. 7,

commi 3, 4, 5 e 6, e art. 8) disciplinanti i provvedimenti generali di

organizzazione (il cui contenuto minimo è invece fissato per i soggetti di cui

all’art.23, nell’art. 8 del regolamento) occorrenti per il concreto esercizio del

diritto d’accesso, nel rispetto della loro autonomia regolamentare, in quanto non

attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto all'accesso che

devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117,

secondo comma, lettera m), della Costituzione. Le regioni e gli enti locali sono

quindi tenute ad adeguare alle restanti disposizioni del regolamento i rispettivi

regolamenti in materia di accesso, vigenti alla data della sua entrata in vigore

(non è, tuttavia, previsto alcun termine), ferma restando la potestà di adottare,

nell'ambito delle rispettive competenze, le specifiche disposizioni e misure

organizzative necessarie per garantire nei rispettivi territori i livelli essenziali

delle prestazioni e per assicurare ulteriori livelli di tutela (art. 14, comma 2, DPR

184/06).

Nonostante l’esistenza di una pluralità di fonti normative e regolamentari

disciplinanti l’accesso, la dottrina e la giurisprudenza più recenti sembrano

ritenere superata la tesi pluralistica23 propensa ad intravedere tanti diritti di

accesso quante sono le fonti legittimanti, ossia un diritto di accesso interno al

procedimento, esercitabile da chi ad esso partecipi, ex art.10 L. 241/90, ed un 22 L’adozione del nuovo regolamento attuativo è stata prevista dall’art. 23 della L.15/2005, al fine di adeguare le disposizioni del precedente regolamento alla modifiche introdotte. Peraltro mentre il precedente D.P.R. 352/92 disciplinava sia le modalità di esercizio del diritto di accesso sia gli ulteriori casi di esclusione dell’accesso (oltre quelli già previsti dalla legge), il nuovo D.P.R. n.184 del 2006 rimanda quest’ ultimo compito (art.10) ad un diverso regolamento governativo, da emanarsi ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 241/90, nonché ai regolamenti delle singole amministrazioni, così come dispone l’art. 24, comma 2. La mancata emanazione del regolamento suddetto ha comportato la necessità di far sopravvivere all’abrogazione dell’intero D.P.R. n. 352 del 1992 l’art. 8 di quest’ultimo, onde evitare che nelle more la materia dell’esclusione rimanesse sprovvista di disciplina (art.15). 23 Per la quale si veda, tra gli altri, M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.4 e p.6 ss.

13

diritto esterno esercitabile al di fuori della procedura amministrativa (ex artt. 22

ss.); o, ancora, un diritto di accesso regolato dalla 241 e diritti di accesso

ontologicamente diversi disciplinati da fonti normative diverse (ad esempio la

legge 142/90, poi confluita nel T.U. 267/2000)24.

«La griglia dei principi generali di cui alla legge 241, ivi compreso lo

speciale rito creato in tema di actio ad exhibendum, è infatti destinata, stante

l’unitarietà delle esigenze e delle problematiche nonché dei punti di riferimento

costituzionali, a regolare l’universo intero dell’accesso amministrativo, inteso

come istituto unitario pur nelle specifiche connotazioni di dettaglio che possono

toccare determinate articolazioni e materie. In specie, sul versante processuale, al

rito speciale soggiacciono tutte le controversie in punto di accesso, a nulla

rilevando che si tratti di accesso endoprocedimentale ex art.10 o esterno al

procedimento ex art.22; ovvero di forme di accesso regolate direttamente dalla

legge n. 241 o presidiate da fonti anteriori e comunque diverse; ed infine che il

ricorso sia esperito, come suggerisce la lettera della norma, da chi si sia vista

rispedita al mittente l’istanza di accesso ovvero da chi si dolga dell’accoglimento

dell’altrui istanza di accesso»25.

24 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.55. 25 Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.56.

14

3. LA LEGITTIMAZIONE ATTIVA: I TITOLARI DEL DIRITTO

D’ACCESSO

La legittimazione all’esercizio del diritto di accesso continua a

rappresentare senza dubbio l’aspetto più controverso del nuovo istituto e quindi

più frequentemente sottoposto al vaglio giurisprudenziale, essendo chiaro che

mediante il riconoscimento delle situazioni legittimanti si definiscono anche

l’uso e la funzione ordinamentale dell’istituto.

La legge n. 15/2005 ha integralmente sostituito l’art. 22 della legge n.

241/90, che, come noto, individua il c.d. “diritto di accesso conoscitivo o

extraprocedimentale”, in quanto si realizza a procedimento concluso e mira a

soddisfare un’esigenza conoscitiva del contenuto di atti: mentre la precedente

formulazione riconosceva la legittimazione a conoscere i documenti

dell’amministrazione a “chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni

giuridicamente rilevanti”, la riforma del 2005, seguendo una tecnica normativa

introdotta in sede europea ed ormai largamente in uso anche da noi, ha

introdotto, al comma 1 dell’art. 22, un elenco di definizioni dei principali

concetti giuridici ricorrenti nella normativa26: definito alla lettera a) il “diritto

di accesso” come “il diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre

copia di documenti amministrativi”, la novella del 2005, alla lettera b)

definisce “interessati”, cioè legittimati attivi, “tutti i soggetti privati, compresi

quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto

concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e

collegata al documento richiesto”.

Identica previsione è ora contenuta nel nuovo regolamento per l’accesso

ai documenti amministrativi, approvato con D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, il

quale all’art. 2 dispone che “il diritto di accesso ai documenti amministrativi è 26 Oltre alla definizione del “diritto di accesso” e dei soggetti “interessati” all’accesso, vengono introdotte le ulteriori nozioni (che si esamineranno in seguito) di “controinteressati”, di “documento amministrativo” e di “pubblica amministrazione”: «Si tratta, invero, di definizioni con impatto normativo innovativo (cioè di norme sostanziali)», così V.CERULLI IRELLI, cit., p.1.

15

esercitabile … da chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale,

corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al

documento al quale è richiesto l’accesso”.

In primo luogo, risulta subito evidente nella definizione dei soggetti

“interessati”, la sostituzione del termine “chiunque” con l’espressione “tutti i

soggetti privati” (salvo poi reintrodurlo nuovamente nel regolamento di

attuazione): a prima vista la norma, letteralmente intesa, parrebbe escludere la

possibilità che dei soggetti pubblici possano formulare un’istanza di accesso a

documenti amministrativi tenuti presso altre amministrazioni, principio invece

pacifico. In realtà il legislatore, ha semplicemente preferito tracciare un regime

ad hoc per quanto concerne l’accesso ai documenti amministrativi da parte di

altri soggetti pubblici27, disponendo al nuovo comma 5 dell’art. 22, come

sostituito dalla legge 15 del 2005, che l’acquisizione di documenti

amministrativi da parte di soggetti pubblici – ove non rientrante nella

previsione dell’art. 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e

regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui cui al

D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 44528 – “si informa al principio di leale

cooperazione istituzionale”29.

Il ricorso all’ampia dizione di “soggetti privati”, che racchiude sia i

cittadini, singoli o associati, sia persone giuridiche, società ed enti di natura

privatistica, sembra quindi potersi piuttosto ricondurre all’intento del

legislatore di voler tenere espressamente in considerazione l’attività di quelle

27 Va in proposito rammentato che, ai sensi del nuovo art. 3-bis, della L.241/90, le pubbliche amministrazioni “per conseguire maggiore efficienza nella loro attività” incentivano l’uso della telematica –oltre che nei rapporti interni ed in quelli esterni con i privati-- anche “tra le diverse amministrazioni”. 28 L’art. 43, comma 2, del DPR 445/200, concerne la consultazione diretta da parte di una P.A. o di un gestore di pubblico servizio, degli archivi dell’amministrazione certificante, “finalizzata all’accertamento d’ufficio di stati, qualità e fatti ovvero al controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini”. 29 Cfr. M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.44 ss., il quale giudica la soluzione escogitata “un po’ ingenua” in quanto “essa sembra fare completo affidamento su una supposta – e in verità poco rispondente al vero – apertura delle amministrazioni alle istanze di trasparenza provenienti da altri enti pubblici”

16

molteplici associazioni (ambientalistiche, ma anche culturali, di tutela del

consumatore, ecc.) che, pur rivestendo natura formalmente privata, hanno per

scopo statutario o regolamentare la cura, la difesa e la promozione di interessi

collettivi o “diffusi” degni di tutela, e la cui legittimazione all’accesso risultava

in precedenza incerta30.

In secondo luogo si rileva come il vecchio testo dell’art. 22 non recasse

alcun riferimento alla qualificazione dell’interesse ad accedere; tuttavia l’art. 2

del precedente regolamento di cui al DPR n.352/92, precisava da subito che

esso dovesse essere “personale e concreto”: requisito poi chiarito dalla

giurisprudenza nel senso che l’interesse debba essere inerente alla sfera

giuridica dell’interessato (non potendosi ammettere che si invochi l’accesso a

documenti relativi a fatti, cose o persone in relazione ai quali non sia

rinvenibile un titolo atto a giustificare la pretesa conoscitiva del richiedente) e

tangibile, ovvero suscettibile di arrecare un vantaggio attuale e concreto per il

richiedente, non essendo sufficiente, ad esempio, un generico interesse alla

trasparenza amministrativa, occorrendo un quid pluris consistente nel

collegamento tra il soggetto ed il bene della vita coinvolto dal documento;

la giurisprudenza richiede inoltre che l’interesse all’accesso sia “serio”, e

quindi meritevole di tutela, non potendo trattarsi di un interesse emulativo,

fatto valere al solo scopo di recare molestia o nocumento ad altri, né

riconducibile a mera curiosità; esso và quindi “adeguatamente motivato”, con

riferimento alle ragioni che vanno esposte nella domanda di accesso

(motivazione oggi espressamente richiesta dal nuovo art. 25, secondo comma,

L. 241/90)31.

Ora i concetti della personalità e della concretezza dell’interesse ad

accedere sono stati traslati nel testo della normativa primaria, sostituendo al 30 Cfr. M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.39, il quale rileva come “per questa parte, allora, l’intervento riformatore può dirsi aver esteso l’area dei soggetti legittimati o comunque aver posto fine alle incertezze sulla loro legittimazione”. 31 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.92-3, nochè A.CENNICOLA, Il diritto di accesso dopo la legge n. 15/2005, in www.altalex.com, 2005, par.3. In giurisprudenza, ex multis, C.d.S., Sez.V, 14.2.1998, n.1477.

17

concetto di “personale” quello di “diretto” ed aggiungendo il requisito

dell’attualità dell’interesse, da intendersi riferito alla richiesta di accesso in sé

considerata (e non già all’interesse ad agire in giudizio per la tutela immediata

della posizione sostanziale vantata ed alla cui tutela è comunque anche

indirettamente rivolta la domanda di accesso)32, ricalcando in tal modo il

paradigma dei requisiti qualificanti l’interesse a ricorrere33, sebbene la

giurisprudenza abbia sempre riconosciuto la piena autonomia della

legittimazione all’accesso rispetto alla sussistenza di un interesse tutelabile in

sede processuale34. Peraltro, «l’interesse ad agire, presupposto cardine per

l’instaurazione del processo amministrativo, in materia di accesso ai documenti

amministrativi ha una valenza di gran lunga maggiore, costituendo

sostanzialmente una sorta di filtro attraverso cui sono valutate la molteplici

richieste volte alla conoscenza dei documenti stessi»35.

Altro punto fermo in giurisprudenza è il principio per cui a sostegno della

domanda di accesso non è necessario dimostrare la titolarità di un interesse

ulteriore e distinto rispetto a quello alla conoscenza dell’atto o del documento

amministrativo, ma solo la meritevolezza dell’interesse medesimo:

meritevolezza che sembra possa ravvisarsi nel collegamento del soggetto con il

bene o con la vicenda oggetto dell’atto o del documento amministrativo di cui

si chiede la conoscenza. Tale collegamento è stato poi, via via, inteso dalla

giurisprudenza in senso sempre più ampio, non limitandolo alle tradizionali 32 Con esplicito riferimento al testo novellato dell’art. 22 si è espresso di recente il TAR Puglia, Bari, sez. III, 7 maggio 2007, n. 1263, il quale ha escluso che il riferimento all’attualità dell’interesse possa comportare la necessità dell’attualità delle esigenze di tutela della situazione giuridica sottostante: l’attualità và riferita all’interesse conoscitivo. Peraltro, sul fatto che l’interesse ad accedere non debba essere necessariamente attuale, si veda, tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 20 settembre 1994, n.728. 33 Cfr. L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.2, la quale osserva inoltre come “non è questa, peraltro, circostanza che sorprende dal momento che l’interesse ad accedere non nasce come interesse a ricorrere ma certo può divenirlo quando lo stesso non resti soddisfatto”, nt.32. 34 Si segnalano solo alcune delle più recenti pronunce di merito che hanno escluso la necessità dell’imminenza della lite nell’ambito della quale esibire i documenti richiesti con l’accesso: TAR Campania, Napoli, sez. V, 3 maggio 2007, n. 4702, ed anche la dimostrazione della possibilità giuridica della lite stessa: TAR Sicilia Catania sez. IV 20 luglio 2007 n. 1277; sancendo inoltre che l’inoppugnabilità degli atti non preclude l’accesso: TAR Lazio, sez. II, 12 giugno 2007, n. 5365. Per una più ampia ricognizione della copiosa giurisprudenza sul tema, si veda F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.71 ss. 35 Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.82.

18

categorie del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo e giungendo a

riconoscere la legittimazione all’accesso anche in favore di soggetti portatori di

aspettative di diritto, di posizioni di interesse procedimentale36od anche di

interessi diffusi37 (cioè di interessi che pertengono ad una pluralità di soggetti,

unificata in una collettività, e che hanno per oggetto beni non suscettibili di

appropriazione e godimento esclusivi), con esclusione del generico interesse

alla trasparenza dell’attività amministrativa, nonché degli interessi di mero

fatto38.

36 Si pensi, ad esempio, alla situazione del legittimato a determinare l’apertura di un procedimento amministrativo ad istanza di parte, nella fase anteriore alla presentazione della domanda. 37 Tuttavia, la titolarità di interessi diffusi non può mai giustificare un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza della documentazione amministrativa inerente a qualsiasi attività pubblicistica che si riverberi economicamente sui cittadini, ma unicamente a quell’attività in grado di conformare direttamente il contenuto del singolo rapporto di utenza (TAR Lazio, sez. II, 22 giugno 2005, n. 1045); non può cioè trasformarsi in azione popolare, esplicitamente vietata dalla legge (C.d.S., sez. VI., 10 febbraio 2006, n. 555). 38 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.90-1; A.CENNICOLA, Il diritto di accesso…, cit., par.3; L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.2; C.TAGLIENTI, cit., II^, che riporta un’interessante rassegna degli ultimi arresti giurisprudenziali. In particolare in ordine al collegamento tra interesse e documento: Non è stato riconosciuto detto collegamento alla ditta alla quale sono stati confiscati dei beni, in relazione agli atti di indizione dell’asta e di valutazione dei beni per la vendita all’incanto (TAR Liguria, sez. II, 8 giugno 2007, n. 1065). E’ stato riconosciuto l’interesse a società titolare di autorizzazione televisiva in ordine alle autorizzazioni rilasciate ad altre società e sulla stessa frequenza (TAR Puglia, Bari, sez. III, 7 maggio 2007, n. 1263). In materia ambientale non è stato riconosciuto il collegamento tra l’interesse del cittadino abitante in zona ed i verbali della gara d’appalto per la realizzazione dell’opera contestata, in quanto esulante dalla “informazione ambientale” (TAR Abruzzo, Pescara, 11 aprile 2007, n. 450). Il soggetto che ha presentato un esposto dal quale sia scaturita una sanzione prevista dal codice della strada ha interesse a conoscere gli atti relativi al procedimento sanzionatorio (C. di S., sez. VI, 6 aprile 2007, n. 1568 ). La norma attuale parla ora di “soggetti privati” per individuare i legittimati attivi; nella vigenza del testo precedente è stato invece riconosciuto anche ad un comune l’interesse a conoscere le planimetrie degli immobili urbani per verificare la correttezza dei pagamenti dell’I.C.I. e della tassa sullo smaltimento dei rifiuti (C. di S., sez. VI, 15 marzo 2007, n. 1257). E’ stato riconosciuto il diritto di accesso a dipendente pubblico per atti relativi al suo rapporto di lavoro, anche se questo risulta privatizzato; la questione attiene invero più alla giurisdizione (TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 9 marzo 2007, n. 437; TAR Calabria, Reggio Calabria, 2 gennaio 2007, n. 2). Ad un pensionato INPDAP è stato riconosciuto il diritto di accedere agli atti della propria liquidazione (TAR Lazio, sez. III, 22 febbraio 2007, n. 1579). Il paziente che ha perso un occhio in seguito ad un intervento chirurgico ha diritto di visionare le cartelle cliniche di altre operazioni simili in presenza di una inchiesta per una infezione verificatasi in sala operatoria (ovviamente omettendo i nomi dei pazienti: TAR Lazio, sez. III, 22 febbraio 2007, n. 1600). Il subappaltatore ha diritto di conoscere i documenti relativi all’esecuzione dei lavori appaltati (TAR Lombardia, Milano, sez. I, 8 febbraio 2007, n. 209).

19

E’ invece pacifico in giurisprudenza che i requisiti d’interesse richiesti

dalla legge sussistono implicitamente e senza necessità di dimostrazione, in

tutti i casi in cui il soggetto richiedente è direttamente interessato dal

provvedimento amministrativo, come avviene nel c.d. “accesso

endoprocedimentale” disciplinato dall’art. 10, L. 241/90, che non richiede

istanza motivata in quanto concerne attività interne al procedimento riguardanti

i soggetti in esso coinvolti, ed in relazione al quale non sussistono problemi di

legittimazione39.

Il legislatore ha poi recepito la indicata evoluzione giurisprudenziale e

l’ha trasfusa nella norma in commento richiedendo che l’interesse all’accesso,

oltre ad essere diretto, concreto ed attuale, debba corrispondere ad una

“situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento richiesto”.

In ordine alla legittimazione ad accedere, la nuova norma, pur traducendo

in sostanza buona parte degli orientamenti giurisprudenziali, viene ritenuta

dalla prevalente dottrina «potenzialmente più restrittiva rispetto alla

precedente, soprattutto in riferimento alla valutazione relativa alla concretezza

ed all’attualità dell’interesse, ed alla sostituzione, in riferimento alla situazione

giuridica, del termine “rilevante” con il lemma “tutelata”»40.

In ogni caso, colui che richiede l’accesso ai documenti amministrativi

deve trovarsi in una posizione differenziata costituita dalla titolarità di una

situazione giuridica protetta dall’ordinamento41.

D’altronde non si deve dimenticare che la volontà del legislatore è

fortemente orientata non solo a evitare che il diritto d’accesso sia esercitato per

meri fini personali non connessi a situazioni giuridiche identificabili e tutelabili

dall’ordinamento, ma anche a rendere armonico il rapporto tra diritto d’accesso 39 Cfr.C.TAGLIENTI,cit., II^.1; F.CARINGELLA–R.GAROFOLI– M.T.SEMPREVIVA,cit., p.105-6. 40 Così A.SANDULLI, L’accesso ai documenti amministrativi, in Giornale di diritto amministrativo, n.5/2005, p.494. Negli stessi termini F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.101. La disposizione viene definita “un po’ più restrittiva” anche da V.CERULLI IRELLI, cit., p.1; in senso parzialmente diverso, sembra, C.TAGLIENTI, cit., II^.3, secondo il quale “Non sembra che la modifica, sotto tale profilo, rechi novità significative: deve cioè trattarsi della titolarità di una posizione giuridica soggettiva, sia di diritto che di interesse, alla quale l’ordinamento riconosce tutela”. 41 Così, tra gli altri, F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.102.

20

e sostenibilità dello stesso da parte della pubblica amministrazione ricevente la

richiesta (si pensi soprattutto al comma 3 dell’articolo 24 nella parte in cui

precisa che l’accesso non possa essere preordinato ad un controllo

generalizzato dell’attività della pubblica amministrazione)42.

E’ chiaro che, comunque, la posizione soggettiva sostanziale è diversa da

quella meramente processuale; è sufficiente che l’ordinamento le riconosca una

tutela in astratto anche se in concreto essa non appare azionabile

processualmente43.

Si tratta dell’ovvio corollario della scelta di escludere l’azione popolare,

scelta già operata nel 199044: «Di conseguenza, l’attribuzione, ex art. 22, del

diritto di accesso ai soli titolari di situazioni giuridicamente tutelate limita in

modo significativo, nonostante gli sforzi estensivi della giurisprudenza, la

“democraticità” del controllo e, in ultima analisi, la piena attuazione del

principio di trasparenza. … resta irrinunciabile, tuttavia, onde prevenire la

paralisi dell’attività e degli uffici delle pubbliche amministrazioni subissate da

innumerevoli richieste, la necessità di ancorare l’esercizio di tale diritto ad un

42 Così P.DE ANGELIS, Le nuove norme in materia di azione amministrativa dopo le leggi 11 febbraio 2005 n. 15 e 14 maggio 2005 n. 80, in www.lexitalia.it, n.5/2006, cap.6. 43 Così C.TAGLIENTI, cit., II^.3., che riporta alcune recenti pronunce sul punto: è stato riconosciuto che la qualità di autore di un esposto configura una situazione giuridicamente tutelabile, anche se l’autore dell’esposto è rimasto estraneo all’azione disciplinare scaturita a carico di un terzo dall’esposto stesso (TAR Marche 11 aprile 2007 n. 484); il titolare di identica attività commerciale nell’area in cui è ubicato l’impianto autorizzato dal comune in favore del controinteressato, vanta una situazione giuridicamente rilevante riconducibile al diritto di iniziativa economica, nel suo contenuto negativo, le cui facoltà si proiettano nell’interesse a non subire iniziative concorrenziali illegittime (TAR Puglia, Bari 7 dicembre 2005 n. 5295); l’impresa autorizzata in esclusiva a fornire lavoro temporaneo nel porto di Venezia ha un posizione giuridicamente tutelabile rispetto ai provvedimenti dell’Autorità portuale relativi a sanzioni irrogate a soggetti esercenti operazioni e servizi portuali che si sono avvalsi, in violazione di detta esclusiva, di manodopera temporanea fornita da soggetti non autorizzati (TAR Veneto sez. I 21 aprile 2005 n. 1721): l’interesse sembrerebbe qui ad una eventuale azione di risarcimento danni; il titolare di un fondo ha un interesse giuridicamente rilevante a conoscere i documenti relativi alla concessione per la realizzazione di opere nel terreno confinante, al fine di verificarne la legittimità e valutare se intraprendere azioni a tutela (TAR Campania, Napoli sez. V 9 marzo 2004 n. 2780): qui possono venire in rilievo il diritto al rispetto delle distanze ovvero quello a tutela di immissioni nocive ecc.; la situazione giuridicamente rilevante per l’esercizio del diritto di accesso agli atti di una gara d’appalto non può che ritrovarsi nell’interesse del concorrente alla gara a sindacare l’operato della stazione appaltante nell’aggiudicare ad altro soggetto la fornitura da appaltare (TAR Liguria, sez. II 4 febbraio 2004 n. 122) anche qui interesse economico commerciale tutelato dall’ordinamento. 44 Così L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.2

21

interesse che sia personale, attuale, concreto, serio, non emulativo e non

riconducibile a mera curiosità»45.

Và infine precisato, per completezza, che in materia ambientale (nella

quale, a dir il vero, è difficilmente rinvenibile la figura dei “controinteressati”)

il d.lgs. n. 39/97, oggi sostituito dal nuovo d.lgs. 195/05, ha previsto una

dilatazione sia del novero dei soggetti legittimati all’accesso sia dei documenti

ostensibili: per quanto riguarda i soggetti, è stato infatti previsto che legittimato

alla richiesta è “chiunque, senza che occorra dimostrare il proprio interesse”;

per quanto riguarda l’oggetto, viene adottata una nozione allargata rispetto al

dettato della legge n. 241/90, perché ricomprende “qualsiasi informazione in

materia ambientale”.

In dottrina si è quindi sostenuto che la speciale disciplina del diritto

d’accesso dettata in materia ambientale, venga invece a configurare, in tale

ambito, una vera e propria “azione popolare”, giustificata in ragione della

particolare natura dell’interesse tutelato46.

45 Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.102-3. 46Cfr. S.MEZZACAPO, Il legislatore concede l’azione popolare negata dalla legge sulla trasparenza,

in Guida al Diritto, n.46/05, pag. 24: “E’ dunque un dato acquisito quello per cui nel più ampio

sistema, delineato dalla legge 7 agosto 1990 n. 241…si innesta la disciplina speciale, di origine

comunitaria, che riguarda propriamente la libertà d’accesso alle informazioni in materia di ambiente,

introducendo quell’azione popolare che la giurisprudenza aveva negato in relazione alla disciplina

contenuta nella legge n. 241 del 1990…”.

22

4. I CONTROINTERESSATI : INDIVIDUAZIONE E TUTELA

La categoria dei controinteressati non era prevista nell’originario testo

della L.241/90 e la sua introduzione ad opera della L.15/05 è il frutto

dell’elaborazione dell’ampio contenzioso sorto in materia.

Il tema dei controinteressati è infatti emerso progressivamente, man mano

che, a partire dal 1990 e cioè dalla prima formulazione della L. 241, è maturata

la sensibilità sociale sui temi dell’accesso e quello della privacy. Così, a partire

da una posizione di radicale sottovalutazione della posizione dei terzi, si è

giunti alla definitiva emersione della figura del controinteressato all’accesso ai

documenti amministrativi, inteso come il soggetto titolare dell’opposto ed

inconciliabile diritto alla riservatezza47.

Il nuovo art. 22 della L.241/90, alla lettera c) del comma 1, definisce

quindi “controinteressati” all’accesso, “tutti i soggetti, individuati o facilmente

individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio

dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza.

L’art.3 del D.P.R. 184/06 (Regolamento recante disciplina in materia di

accesso ai documenti amministrativi) prevede poi l’obbligo per la pubblica

amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso di darne notifica48 agli

eventuali controinteressati, garantendo a questi ultimi la possibilità di

presentare motivata opposizione all’accesso agli atti entro dieci giorni dalla

ricezione della comunicazione. Decorso tale termine, l’amministrazione potrà

provvedere sulla richiesta di accesso, accertata la regolare ricezione della

comunicazione da parte dei controinteressati.

Pertanto, tale notifica svolge la duplice funzione di rendere il

controinteressato edotto sulle procedure in corso in materia di accesso e di dare

attuazione al principio del giusto procedimento. 47 Cfr. L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.3. 48 La notifica ai controinteressati può essere fatta mediante invio di copia della richiesta di accesso con raccomandata con avviso di ricevimento oppure per via telematica, attraverso cioè la c.d.“posta elettronica certificata”, per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione.

23

Rientrando la comunicazione in esame tra gli “atti del procedimento”, con

la conseguente applicabilità a tali fattispecie della disciplina generale in

materia di procedimento amministrativo, si deve ritenere che dal difetto della

medesima consegna consegua l’illegittimità dell’eventuale atto di assenso

all’accesso operato dall’amministrazione, con eventuale diritto al risarcimento

del danno in favore del privato controinteressato leso49.

Una volta riconosciuta dignità procedimentale all’accesso ai documenti,

ad esso si applicheranno le ulteriori disposizioni dettate in via generale dalla

L.241/90: ad esempio, il provvedimento conclusivo del procedimento di

accesso andrà comunque motivato, non solo quindi in caso di provvedimento

negativo, ma anche nell’ipotesi in cui la richiesta trovi accoglimento.

La ratio sottesa alla necessità della predetta notifica può rinvenirsi in

primo luogo, nell’intento di assicurare, in ossequio alla normativa sulla

privacy, ai soggetti titolari dei dati personali, l’effettivo esercizio del controllo

sui poteri pubblici in ordine ai flussi informativi; in secondo luogo, nell’intento

di instaurare un contraddittorio con la P.A., che assicuri la ponderazione e il

bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco50.

Si pone quindi, per l’amministrazione cui venga rivolta la richiesta di

accesso ai documenti in suo possesso, innanzi tutto, il problema della corretta

individuazione degli eventuali controinteressati, la cui presenza esclude, tra

l’altro, la possibilità – qualora non sussistano dubbi in ordine alla

legittimazione – di accedere immediatamente ai documenti secondo la

procedura di accesso informale disciplinata dall’art. 5 del nuovo

regolamento51:

49 Così S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, in R.TOMEI, La nuova disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi, Commento alla legge n.241 del 1990 e al d.p.r. n.184 del 2006, (a cura di), AA.VV., Cedam, Torino, 2007, p.143-4, la quale osserva come “nonostante la formulazione per certi versi poco chiara della norma, viene difficile infatti disconoscere che la notifica prevista dall’art.3 del D.P.R. n.184 del 2006, non riassuma in sé i tratti della comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990”. Nello stesso senso L.LAMBERTI, op. ult. cit., par.3.3. 50 Cfr. S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.144. 51 D.P.R. 12 aprile 2006, n.184, Art. 5. Accesso informale: «1. Qualora in base alla natura del documento richiesto non risulti l'esistenza di controinteressati il diritto di accesso puo' essere

24

«Ora, la formulazione « individuati o facilmente individuabili » farebbe

ritenere, da un lato, che il riferimento alla natura del documento rilevi

esclusivamente ai fini della “facilità” di individuazione del controinteressato e,

soprattutto, che, laddove si giunga a ritenere che quest’ultimo non sia

« facilmente individuabile », dovrebbe potersi consentire il ricorso alla

procedura di accesso informale. Al contrario, l’art. 6, c. 1, del regolamento

prevede che debba darsi luogo alla procedura formale anche nel caso in cui

« sorgano dubbi (…) sull’esistenza di controinteressati »»52.

«Per l’art. 22 l. n. 241/1990, inoltre, sono controinteressati « tutti i

soggetti (…) che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro

diritto alla riservatezza ». Questa formulazione implica la necessità, per

l’amministrazione, di ponderare i casi in cui ricorra il rischio di

“compromettere” tale diritto rispetto a quelli nei quali, pur in presenza di

soggetti terzi, lo stesso non sia ravvisabile. Ad esempio, laddove l’accesso sia

esercitato « per curare o per difendere i propri interessi giuridici » è ovvio che

esso debba prevalere sulle esigenze di riservatezza del terzo che non possa

vantare la tutela di dati sensibili e giudiziari. In tali casi, attraverso

un’immediata valutazione delle circostanze di fatto compiuta

esercitato in via informale mediante richiesta, anche verbale, all'ufficio dell'amministrazione competente a formare l'atto conclusivo del procedimento o a detenerlo stabilmente. 2. Il richiedente deve indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta ovvero gli elementi che ne consentano l'individuazione, specificare e, ove occorra, comprovare l'interesse connesso all'oggetto della richiesta, dimostrare la propria identita' e, ove occorra, i propri poteri di rappresentanza del soggetto interessato. 3. La richiesta, esaminata immediatamente e senza formalita', e' accolta mediante indicazione della pubblicazione contenente le notizie, esibizione del documento, estrazione di copie, ovvero altra modalità idonea. 4. La richiesta, ove provenga da una pubblica amministrazione, e' presentata dal titolare dell'ufficio interessato o dal responsabile del procedimento amministrativo ed e' trattata ai sensi dell'articolo 22, comma 5, della legge. 5. La richiesta di accesso puo' essere presentata anche per il tramite degli Uffici relazioni con il pubblico. 6. La pubblica amministrazione, qualora in base al contenuto del documento richiesto riscontri l'esistenza di controinteressati, invita l'interessato a presentare richiesta formale di accesso». 52 Così A.SANDULLI, La casa dai vetri oscurati: i nuovi ostacoli all’accesso ai documenti, in Giornale di diritto amministrativo, n. 6/2007. Per F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.537, il riferimento alla natura del documento richiesto sembra implicare che l’area dei soggetti controinteressati vada “determinata con riferimento alla natura in astratto e non al contenuto in concreto del documento”.

25

dall’amministrazione, sarebbe possibile dare esecuzione alla procedura

informale. Sennonché, anche qui il riferimento all’insorgere di « dubbi

(…) sull’esistenza di controinteressati » sembrerebbe consentire

all’amministrazione di richiedere la procedura formale anche nelle ipotesi in

cui si possa dar seguito a quella informale»53.

Infine, occorre tener presente che l’art. 3 del nuovo regolamento di

attuazione, nell’ultima parte del primo comma, esplicitamente afferma che

devono essere notificati, in quanto controinteressati, anche tutti i soggetti che

possano vantare un diritto di riservatezza nei confronti di atti connessi ai

documenti dei quali si chiede l’esibizione; ciò in quanto ai sensi dell’art. 7,

comma 2, del regolamento, l’accoglimento della domanda di accesso ad un

documento comporta la facoltà di accesso agli altri documenti nello stesso

richiamati e appartenenti al medesimo procedimento.

In dottrina si è quindi osservato che dal combinato disposto di tali norme

potrebbe derivare « l’effetto perverso per il quale al richiedente potrebbe essere

negato l’accesso immediato al documento richiesto (con la conseguenza

dell’avvio della procedura formale) sulla base del rinvenimento di un

controinteressato alla diffusione di informazioni contenute non nel documento

richiesto, ma in uno ad esso connesso »54. A tale critica si è peraltro replicato

che se la richiesta di accesso ad un documento comporta necessariamente – di

fatto – l’accesso ad un documento connesso, non avrebbe senso assicurare la

tutela soltanto degli eventuali controinteressati al primo ed ignorare la tutela

degli eventuali controinteressati al secondo55. Nel caso poi la richiesta

d’accesso non comportasse necessariamente l’accesso al documento connesso

ben potrebbe, ad avviso di chi scrive, la P.A. concedere l’accesso in via

informale al documento principale richiesto, invitando quindi il richiedente a

53 Così A.SANDULLI, op. ult. cit. 54 Così A.SANDULLI, op. ult. cit. 55 Così S.GIACCHETTI,Accesso «über alles»?,in Giornale di diritto amministrativo,n.9/2007, p.1024.

26

presentare istanza formale di accesso in relazione al documento connesso,

qualora intenda avvalersi della facoltà di accedere anche ad esso.

Sotto il profilo processuale, la posizione del terzo controinteressato

all’accesso, è stata colta da dottrina e giurisprudenza soprattutto in relazione

alla necessità che il ricorso proposto avverso il diniego all’accesso venisse a

questi notificato, giungendo poi a trarne le conseguenti valutazioni in ordine

alla natura stessa del diritto d’accesso56.

In particolare, la questione della notifica del ricorso agli eventuali

controinteressati veniva fatta dipendere dalla soluzione adottata in merito alla

natura impugnatoria del giudizio stesso, e dunque dalla natura di interesse

legittimo o di diritto soggettivo attribuita all’accesso. Nel primo caso, il

riconoscimento del giudizio quale giudizio impugnatorio di legittimità, avrebbe

determinato l’applicazione della disciplina positiva prevista per il processo

amministrativo e dunque l’obbligo di notifica del ricorso ad almeno uno dei

controinteressati; al contrario, alla qualificazione dell’accesso in termini di

diritto soggettivo, sarebbe seguita l’applicabilità della disciplina prevista dal

codice di procedura civile, che nell’ipotesi di specie prevede, l’integrazione del

contraddittorio, ai sensi dell’art. 102 c.p.c.57.

Dopo vari contrasti giurisprudenziali sul punto è intervenuta l’Adunanza

Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 16 del 1999, la quale

qualificando come di interesse legittimo la situazione soggettiva connessa alla

richiesta d’accesso ai documenti, sanciva che il ricorso giurisdizionale per

l’accesso dovesse seguire le regole del processo amministrativo impugnatorio,

tra le quali quella dell’art. 21 legge n. 1034/71 che impone, ai fini della stessa

ammissibilità, la notifica ad almeno un controinteressato.

56 Tuttavia, come evidenziato da M.OCCHIENA in nota a C.d.S. 27 maggio 2003, n.2938, in Foro It., n. 10/2004, p.511, “dal punto di vista teorico ciò pare capovolgere la relazione tra piano sostanziale e piano processuale: non sono le modalità della tutela processuale a caratterizzare la situazione giuridico-soggettiva che ne è oggetto, bensì è questa a condizionare le prime”. 57 Cfr. S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.139.

27

Le oscillazioni giurisprudenziali sono peraltro proseguite anche dopo tale

pronuncia ed anche dopo la riforma della legge n. 241/1990 ad opera della

legge n. 15/2005, con la quale viene dato rilievo, come si è visto, alla figura dei

controinteressati introducendone una definizione all’art.22, comma 1, lettera c)

ma non viene tuttavia inserita una previsione espressa dell’onere di notifica del

ricorso ai controinteressati: Oltre la definizione in parola, infatti, dei

controinteressati, vi è traccia solo marginale ed indiretta nel comma 5 dell’art

25, che reca la disciplina relativa alle Modalità di esercizio del diritto di

accesso e ricorsi (riscrivendo, sul punto, il primo comma dell’art. 21 della l.

1034/71, come sostituito dall’art. 1 della L. 205/2000), dove si stabilisce che in

pendenza di giudizio amministrativo, il ricorso contro le determinazioni

amministrative concernenti il diritto di accesso può essere proposto in via

incidentale con istanza presentata al presidente del tribunale e depositata presso

la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, «previa notifica

all’amministrazione o ai controinteressati» e viene deciso con ordinanza

istruttoria adottata in camera di consiglio. Dall’uso della particella disgiuntiva

“o” si è quindi osservato come «nel nuovo testo normativo viene meno

l’obbligo di notifica ai controinteressati, circostanza che potrebbe a rigore

significare una scelta di campo definitiva del legislatore a favore

dell’attribuzione all’accesso della natura di diritto soggettivo»58.

La scelta del legislatore di consentire al ricorrente di notificare il ricorso

incidentale alternativamente all’amministrazione o ai controinteressati sembra,

ad avviso di chi scrive, piuttosto orientata dall’esigenza di tener conto di

problemi pratici, oltre che giuridici, legati alla notifica: la posizione del

controinteressato non è infatti agevolmente desumibile dal provvedimento

impugnato; inoltre spesso si tratta di persone menzionate nei documenti cui è

58 Così S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.140, la quale evidenzia inoltre come “qualora si riconosca la natura non cassatoria del giudizio in materia di accesso ai documenti, non sarebbe a rigore ipotizzabile l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica al controinteressato, ma eventualmente, l’integrazione del contraddittorio su ordine del giudice ex art. 102 c.p.c.”. Si veda anche L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.3.

28

stato negato l’accesso, le quali, proprio in ragione di tale diniego, non sempre

sono individuabili a priori dal richiedente. In tali casi l’onere di integrare il

contraddittorio comporterebbe una inconcepibile lesione del loro diritto alla

tutela giurisdizionale, ferma restando la possibilità per il giudice di concedere

la rimessione in termini per errore scusabile59. Ne consegue che, essendo

entrambi i soggetti (amministrazione e controinteressato) parti necessarie del

processo, dovrà essere il giudice, nel corso del giudizio, a dover ordinare

l’integrazione della notifica, palesandosi altrimenti un difetto di

contraddittorio60.

Dopo le innovazioni legislative apportate con la leggi nn. 15 e 80 61 del

2005, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è stata nuovamente investita

della questione relativa alla natura giuridica dell’accesso e di quella correlata

della necessità di notifica del ricorso ai controinteressati: questa volta però il

Supremo giudice amministrativo con le pronunce gemelle n.6 e n.7.,

rispettivamente del 18 e 20 aprile 2006, ha evitato di sbilanciarsi a sostegno

della natura di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo, affermando

invece che la situazione soggettiva (diritto o interesse) di colui che richiede un

documento è di natura strumentale, ossia «trattasi, a ben vedere, di situazioni

soggettive che, più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere,

oramai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risultano

caratterizzate per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura

procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse

giuridicamente rilevante (diritti o interessi)». Tuttavia in tale contesto ha altresì

affermato che il processo mantiene la natura impugnatoria, con conseguente

obbligo di notifica ai controinteressati: vi si legge infatti che “non contrasta 59 Cfr. S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.138. 60 Cfr. S.CIMINI, Diritto di accesso e riservatezza: il legislatore alla ricerca di nuovi equilibri, in www.giustamm.it, p.33. 61 Quest’ultima, tra l’altro, nel riformulare l’art. 2 della legge n. 241, introduce, al comma 5 di tale disposizione, la previsione secondo la quale il giudice amministrativo, nei giudizi contro il silenzio-rifiuto, “può conoscere della fondatezza dell’istanza”, mentre nell’ultimo periodo del comma 5, dell’art. 25, attribuisce alla “giurisdizione esclusiva” del giudice amministrativo tutte le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi.

29

con la natura di vero e proprio diritto soggettivo – natura corroborata dal nuovo

testo dell’art. 117 Cost. e dagli artt. 22 e 25 della legge 241/90, quest’ultimo

assegnando, al comma 5, il processo per l’accesso alla giurisdizione esclusiva

del giudice amministrativo – del c.d. diritto d’accesso la configurazione di tipo

impugnatorio del mezzo di tutela giurisdizionale ad essa correlata ed idonea a

salvaguardare anche le posizioni dei controinteressati in ordine alla

riservatezza”62.

Quindi, «il giudice amministrativo sembra voler rompere quel

meccanismo di condizionamento, di cui si è detto, tra l’affermazione della

natura giuridica dell’accesso e l’indicazione delle conseguenze in punto di

disciplina processuale della materia. Il che farebbe pensare ad un

riconoscimento definitivo dell’esigenza di tutela processuale della riservatezza,

principio fondante della situazione giuridica soggettiva in capo al soggetto a

cui si riferiscono i dati e le informazioni riservate, contenute nei documenti

oggetto di richiesta»63.

Appare evidente che la materia in esame è intrisa di peculiarità che la

rendono non assimilabile ad altre e che richiedono e giustificano una disciplina

del tutto particolare, infatti, com’è stato osservato, una reale tutela processuale

del controinteressato richiederebbe: la sospensione dell’esecuzione del

provvedimento di accoglimento dell’istanza di accesso fino allo scadere del

termine per l’impugnazione; il riconoscimento di effetto sospensivo automatico

all’appello avverso la sentenza favorevole all’accedente; l’impossibilità di

ottenere l’accesso attraverso procedure cautelari64.

62 Nonostante i nuovi elementi normativi sembrino configurare il diritto di accesso in termini di diritto soggettivo, il Consiglio di Stato non si precipita ad affermare la natura di diritto soggettivo, come larga parte della dottrina ha, forse frettolosamente, ritenuto. Prudentemente la sentenza stabilisce che “non sembra peraltro, che nella specie rivesta utilità ai fini dell’identificazione della disciplina applicabile al giudizio avverso le determinazioni concernenti l’accesso, procedere all’esatta qualificazione della natura della posizione giuridica soggettiva coinvolta”. Soluzione condivisa da G.P.CIRILLO, Il nuovo sistema della tutela giustiziale e giurisdizionale in materia di accesso ai documenti amministrativi, in www.giustamm.it, 2006, par. 4.I. 63 Così S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.140. 64 Cfr. S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.140, nonché L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.3, ultima parte.

30

La principale questione che il Regolamento sull’accesso del 2006 risolve

è quella relativa alla tutela del controinteressato, il quale viene del tutto

equiparato al ricorrente principale, essendogli non solo garantita una effettiva

partecipazione al procedimento susseguente alla richiesta (art. 3)65, ma anche la

possibilità di azionare i procedimenti giustiziali ogni qual volta vi sia una

decisione di accoglimento del ricorso giustiziale (art. 12, comma 1).

Rimane dubbio se possa azionare lo speciale rito di cui all’art. 25, comma

4, dato che in esso si fa riferimento al solo “richiedente”. Tuttavia l’art. 12 del

regolamento consente anche al controinteressato la possibilità di ricorrere alla

Commissione “avverso le determinazioni che consentono l’accesso”. Sicché

sarebbe strano che ciò sia consentito in sede giustiziale e, invece, non lo sia in

sede giurisdizionale66.

65 Peraltro, nell’eventuale contrasto tra regolamento della singola amministrazione e DPR n. 184/2006, con specifico riguardo alla procedura di comunicazione ai controinteressati, la giurisprudenza ha ritenuto che il regolamento interno debba essere sul punto disapplicato (TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 20 luglio 2007, n. 1277). 66 Così G.P.CIRILLO, Il nuovo sistema…, cit., par. 5.IV.

31

5. IL DIFFICILE BILANCIAMENTO TRA ACCESSO E

RISERVATEZZA

Come si è visto nel precedente paragrafo, il motivo sostanziale per il quale si

rende necessario coinvolgere sia nel procedimento di accesso ai documenti che

nell’eventuale processo il “controinteressato”, è quello di consentire a

quest’ultimo di difendere la propria riservatezza, come esplicitamente afferma

la lettera c) dell’art. 22, comma 1, della legge 241/90: infatti trattandosi

sostanzialmente di richiesta di accedere a dati ed informazioni contenute nel

documento, non si configurano altri tipi di controinteresse, come ad es. quello

classico al mantenimento in vita dell’atto impugnato.

L’altra disposizione della legge generale che riguarda la riservatezza è

contenuta nell’art. 24 comma 6 lett. d): il Governo è delegato ad individuare

con regolamento casi in cui il diritto d’accesso è escluso per determinati

documenti, tra l’altro, quando questi «riguardino la vita privata o la

riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e

associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario,

professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto

titolari, «ancorchè i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi

soggetti cui si riferiscono». Il comma 7 dell’art. 24 contiene però, nella sua

prima parte, una importante disposizione di chiusura, nella quale si afferma che

«deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti

amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri

interessi giuridici», introducendo subito dopo un principio di bilanciamento ex

lege nel caso di documenti contenenti “dati sensibili”67 e giudiziari ovvero

contenenti dati c.d.“supersensibili”, cioè dati idonei a rivelare lo stato di salute

e la vita sessuale (ad essi si ritiene vadano aggiunti i dati genetici): nel primo

67 Il Codice della privacy definisce “sensibili”, i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale.

32

caso «l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile»,

ossia come extrema ratio, alla quale ricorrere solo ove non sia possibile

provvedere altrimenti al perseguimento, nei singoli casi, delle suddette

esigenza di cura e difesa68; nel secondo caso invece si rimanda all’articolo 60

del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196 (Codice in materia di protezione

dei dati personali), il quale afferma che in questi casi l’accesso è consentito «se

la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di

accesso è di rango almeno pari al diritto dell’interessato, ovvero consiste in

un diritto della personalità o in altro diritto o libertà fondamentale e

inviolabile».

Tale ultima disposizione, riprendendo un orientamento in precedenza più

volte espresso dalla giurisprudenza, introduce quindi il “principio del pari

rango” chiarendo i presupposti per il trattamento dei suddetti dati laddove

siano oggetto di una richiesta d’accesso: il diritto di accesso può essere

esercitato solo se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di

interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene

considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera

della salute e della vita sessuale dell’interessato.

La comparazione va effettuata in concreto69, con riferimento alla diversa

valenza delle situazioni soggettive delle parti, tenendo anche conto dei generali

criteri di proporzionalità, di ragionevolezza, e di bilanciamento degli interessi

privati in gioco: occorrerà quindi valutare la effettiva necessità dei documenti

ai fini dell’azione o della difesa di cui all’art. 24, tenendo sempre in adeguata

considerazione il rispetto dei principi di pertinenza e di non eccedenza nel

trattamento previsti dal codice della privacy (art.11 e 22, d.lgs. n. 196/2003)70.

68 In tal senso si veda C.d.S., Sez. VI, n. 504/2005. 69 In tal senso si veda C.d.S., Sez. V, n. 5873/2004. 70 Per una rassegna dei principali principi giurisprudenziali in tema di bilanciamento tra diritto di accesso e diritto ala riservatezza si veda, da ultimo C.d.S., Sez. V, 28 settembre 2007, n. 4499, il quale dopo aver richiamato l’indirizzo interpretativo elaborato dalla più recente giurisprudenza amministrativa che privilegia il diritto di accesso, considerando per converso recessivo l’interesse alla riservatezza dei terzi, quando l’accesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei

33

Da tale complesso normativo emerge quindi una graduazione della tutela

della riservatezza che partendo da una soglia minima per i dati c.d. “comuni”,

passa per un livello intermedio in relazione ai dati c.d. “sensibili” e giunge ad

un livello di intangibilità pressoché assoluto per i dati c.d. “sensibilissimi”71.

Peraltro, se si esclude quest’ultimo riferimento ai dati sensibili, il

principio della prevalenza dell’accesso sulla riservatezza nel caso in cui il

documento fosse indispensabile per tutelare gli interessi giuridici del

richiedente era già contenuto nel precedente testo della legge n. 241/90 che,

all’art. 24 comma 2 lett. d) includeva tra le materie oggetto del regolamento

governativo la riservatezza, precisando che si doveva comunque garantire agli

interessati la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui

conoscenza fosse necessaria per curare o per difendere i loro interessi

giuridici. Ed infatti, il DPR 27 giugno 1992 n. 352, all’art. 8, comma 5 lett. d)

conteneva la norma che escludeva dall’accesso gli atti coinvolgenti la

riservatezza di terzi, con una formulazione poi recepita nella legge generale al

citato art. 24 comma 6 lett. d).

limiti in cui esso sia necessario alla difesa di quell’interesse (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2223), afferma che « Occorre, peraltro, che il principio venga applicato cum grano salis, attraverso la ricerca e l’identificazione di un punto di equilibrio che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, tenga conto della necessità di assicurare la tutela dell’interesse giuridicamente rilevante, di cui è titolare il soggetto che esercita il diritto di accesso, nonché di salvaguardare l’esigenza di stabilità delle situazioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati, che sono pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa (interesse alla riservatezza dei terzi; tutela del segreto) (cfr. Cons. Stato, A.P., 18 aprile 2006, n. 6). E’ indispensabile, insomma, che un’attenta valutazione, caso per caso, delle situazioni giuridiche che vengono via via in considerazione, si riveli in grado di garantire, da un lato, la difesa di un interesse giuridicamente rilevante, ancorché nei limiti in cui l’accesso sia effettivamente necessario alla tutela di quell’interesse; e, dall’altro, di salvaguardare, ove ciò risulti (e fino a quando risulti) possibile tutelare il diritto alla riservatezza, al quale la legge riconosce ugualmente una particolare tutela. Si impone, dunque, l’ineludibile esigenza che siano rigorosamente verificate l’effettività e la concretezza del collegamento dell’accesso al documento con la dichiarata esigenza di tutela (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2006, n. 5718), giacché il diritto alla c.d. privacy non può essere sacrificato se non a titolo di extrema ratio, restando altrimenti possibile assicurare un ampio esercizio del diritto di accesso, pur salvaguardando l’interesse alla riservatezza mediante modalità, alternative alla limitazione o al diniego dell’accesso, che utilizzino, ad esempio, la schermatura dei nomi dei soggetti menzionati nei documenti, che si dichiarino fermamente intenzionati a mantenere l’anonimato, o che, invece, si avvalgano dell’assenso delle persone di volta in volta indicate nei documenti in questione (cfr. per il principio, Cons. Stato, Sez. VI, 22 novembre 2005, n. 6524)». 71 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.531.

34

Le uniche varianti riguardano il riferimento alla sola visione degli atti, e la

specificazione che doveva trattarsi di atti dei procedimenti amministrativi,

mentre ora la legge, al comma 7 del’art. 24, fa genericamente riferimento

all’accesso e non alla sola visione, e d’altra parte l’accesso non è più limitato

ai soli documenti rientranti in un dato procedimento, ma esteso a tutti i

documenti amministrativi comunque in possesso della P.A.72.

Quanto alla mancata riproposizione del limite modale della sola visione,

in dottrina si è ritenuto che possa trattarsi di una “svista” del legislatore ovvero

che quest’ultimo, con un ragionamento opinabile, abbia giudicato superflua

tale specificazione, escludendo sia pure tacitamente la possibilità di estrazione

di copia dei documenti73, o infine che abbia effettivamente deciso di rimuovere

tale limitazione modale, seguendo un recente orientamento giurisprudenziale

secondo cui, in caso di accesso a documenti riservati, una interpretazione

costituzionalmente orientata della normativa sull’accesso, attenta ai valori

dell’eguaglianza (art. 3 Cost), difesa (art. 24) e buona ed imparziale

amministrazione (art. 97), fa sì che l’accesso si possa esplicare anche

attraverso l’estrazione di copia : se l’interessato che prende visione può

trascrivere integralmente il contenuto del documento, non si vede come la

stessa copia non possa essere rilasciata dall’amministrazione (TAR Brescia, 21

marzo 2000, n. 251)74.

Ad ogni modo, il nuovo D.P.R. n. 184/06 non disciplina i casi di

esclusione dell’accesso, sicchè bisognerà attendere l’emanazione del

regolamento governativo di cui all’art. 24, comma 6, l. n. 241/90, nelle more

del quale, è ancora in vigore l’art. 8 del precedente D.P.R. 352/92 (abrogato

per la restante parte) che prevede il limite modale della sola visione in presenza

di contrapposte esigenze di riservatezza.

72 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.462. 73 Come sembra emergere dal Resoconto della Camera dei deputati del 24 gennaio 2005, n. 573. 74 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 463-4.

35

Occorre poi evidenziare la scarsa chiarezza ed univocità della clausola di

salvaguardia generale, contenuta nella prima parte del comma 7, la quale

mentre nella precedente formulazione della L.241 prevedeva la prevalenza

dell’accesso ai documenti (seppure nella sola modalità della visione),

allorquando la loro conoscenza fosse necessaria per curare o difendere gli

interessi giuridici del richiedente, ponendosi in relazione solo alle contrapposte

esigenze di tutela della riservatezza dei terzi, sembra ora invece riferirsi a tutte

le ulteriori ipotesi di esclusione dell’accesso previste dall’art. 24 75.

Si è inoltre rilevata in dottrina la inadeguatezza ad assolvere una funzione

di effettiva perimetrazione della limitazione dell’accesso ai soli casi di

necessità per la cura di interessi giuridici, ossia la fissazione di un requisito di

legittimazione (necessità e cura per la tutela degli interessi giuridici) più

restrittivo di quello generale di cui all’art. 22 della L.241/90 (riconoscimento

dell’accesso a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni

giuridicamente rilevanti). Infatti, il concetto di “difesa degli interessi giuridici”,

stante il carattere generale dell’espressione adoperata, va inteso non solo con

riguardo alla difesa tecnica processuale ex art. 24 Cost. ma anche, in coerenza

con i principi scolpiti dall’art. 97 Cost., in modo comprensivo della difesa

giustiziale e soprattutto procedimentale76:

Ne consegue che resta tagliato fuori dalla divulgazione il solo accesso di

carattere non difensivo-partecipativo, ossia finalizzato a partecipare al

procedimento o ad impugnare il relativo epilogo, ma puramente informativo-

collaborativo, sganciato dalla possibilità di prendere parte al procedimento o di

75 In quest’ultimo senso C.TAGLIENTI, cit., III^.2, il quale , peraltro, osserva che «la prevalenza del diritto di accesso sulle ipotesi di sottrazione da disciplinarsi con regolamento governativo rende la norma molto simile alla disciplina generale di cui all’art. 22: se cioè il diritto di accesso comunque prevale, appare forse contraddittorio prevedere delle ipotesi di “presunta” sottrazione»; contra F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 534 e p.463. 76 Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 459. In giurisprudenza si veda TAR Abruzzo, Pescara, 5 dicembre 1997, n.681, che ha consentito l’accesso ad un datore di lavoro per consentirgli la verifica della opportunità di prendere parte ad un procedimento amministrativo relativo all’accertamento di malattie professionali contratte da dipendenti.

36

impugnare il provvedimento77: accesso evidentemente minoritario da un punto

di vista statistico e da una fetta ancora cospicua della giurisprudenza reputato

inammissibile per carenza di interesse.

Le stesse considerazioni possono poi svolgersi qualora dal dato testuale

della difesa e cura di “interessi giuridici”, si voglia ricavare la regola della

praticabilità dell’accesso per la sola tutela di diritti soggettivi ed interessi

legittimi, con conseguente esclusione di altre posizioni (aspettative ed interessi

diffusi): a prescindere dall’armonizzabilità di tale restrizione con la trama

normativa (la quale sia nell’art. 22 che nell’art. 24 chiarisce la necessaria

giuridicità dell’interesse da tutelare), bisogna infatti tener presente che anche

nell’ipotesi ordinaria di non incidenza sulla altrui riservatezza le ipotesi di

accesso non collegate ad una posizione sostanziale di diritto soggettivo o di

interesse legittimo sono largamente minoritarie; inoltre la giurisprudenza

esclude l’accesso anche nella sua forma ordinaria ove venga in rilievo un

interesse puramente fattuale78.

Alla pretesa idoneità di detto requisito della necessità per la cura o tutela

di interessi giuridici a rivestire il ruolo di fattore delimitativo può in fine

facilmente opporsi che la verifica della necessità del documento postula un

apprezzamento assai labile e soggettivo: apprezzamento che, secondo le

coordinate giurisprudenziali, in quanto rimesso solo a soggetto interessato

all’accesso a fini di difesa, è sindacabile in modo assai fievole, ossia solo ab

extrinseco, ad opera dell’Amministrazione e del Giudice; il principio della

parità delle armi esclude infatti che una delle parti della controversia possa

verificare l’utilità del documento per la difesa della controparte79.

Si è quindi conclusivamente ritenuto che sotto le mentite spoglie del

bilanciamento, il legislatore abbia in realtà creato le premesse per una

sistematica vittoria del principio di pubblicità, peraltro coerente con il 77 Si pensi, ad esempio, all’accesso a documenti sulla base dei quali è stato adottato un provvedimento non più impugnabile per lo spirare dei termini di decadenza. 78 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 460. 79 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 461.

37

desiderio di apertura verso l’esterno della macchina amministrativa che

pervade la nervatura della legge del 1990. Ciò perché le valvole di

compensazione congegnate a protezione della riservatezza, non si appalesano

capaci di tutelare il soggetto aspirante alla preservazione della privacy80.

80 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 459.

38

6. I SOGGETTI PASSIVI DEL DIRITTO DI ACCESSO.

Il nuovo testo dell'art. 23, come introdotto dal comma 2 dell’ art. 4 1.

265/1999, e non modificato dalla legge n. 15/2005, definisce in modo diverso e

più onnicomprensivo l'ambito dei soggetti nei cui confronti è esercitabile il di-

ritto di accesso ai documenti. Ora, infatti, tale diritto è esercitabile nei

confronti di:

● tutte le pubbliche amministrazioni (non più solo statali);

● nei confronti delle aziende autonome e speciali;

● degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi.

L'art. 23, nuovo testo, si chiude poi con la specifica menzione della possibilità

di esercitare il diritto di accesso anche nei confronti delle Autorità di garanzia

e di vigilanza (cd. "autorità indipendenti"), che si esercita “nell'ambito dei

rispettivi ordinamenti secondo quanto previsto dall'art. 24”.

Il problema più importante, anteriormente alla riforma del 2005, si era

quindi posto per i soggetti privati gestori di pubblici servizi: fondamentali sul

punto sono le due decisioni dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 e

n. 5 del 1999, la quale ha rilevato che ciò che conta ai fini dell’operatività del

diritto di accesso non è la natura pubblica o privata dell’attività posta in essere,

bensì il fatto che l’attività, ancorchè di diritto privato miri alla tutela di un

pubblico interesse e sia soggetta al canone di imparzialità.

La Plenaria ha quindi distinto tra attività privatistica della PA ed attività

dei privati concessionari di pubblici servizi:

Per quanto concerne l’attività privatistica della P.A., è stato ritenuto che

il diritto di accesso operi in ogni caso, perché tutta l’attività della P.A. è

sempre ispirata ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento.

Per quanto concerne l’attività dei concessionari (oggi “gestori”) di

pubblici servizi, la giurisprudenza ha distinto tra i vari momenti nei quali si

esplica:

39

- nei procedimenti per la formazione delle determinazioni contrattuali,

quali ad esempio la scelta del contraente, il dovere di imparzialità è ‘in re ipsa’

e l’accesso va garantito;

- analogamente per quanto concerne le scelte organizzative adottate in

sede di gestione del servizio (scelte dirette ad offrire un servizio avente certi

standards qualitativi), ove pure il dovere di imparzialità opera, anche qui

l’accesso va garantito;

- per quanto concerne le c.d. attività residuali del concessionario, ossia le

attività diverse dalla gestione del servizio, la giurisprudenza afferma che

occorre operare un giudizio di bilanciamento degli interessi cui la stessa è

preordinata, per cui se prevale l’interesse pubblico su quello puramente

imprenditoriale, il diritto di accesso deve operare (in tal caso la valutazione

comparativa deve tener conto di alcuni parametri, quali il grado di

strumentalità dell’attività rispetto all’attività di gestione del servizio; il regime

sostanziale dell’attività; l’adozione da parte del gestore di regole dirette a

garantire il rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza, buona fede e

correttezza).

All'opposto deve trovare applicazione integralmente il diritto privato

quando il soggetto, pur avendo natura pubblica, formalmente o

sostanzialmente (proprietà pubblica di una società), non gestisce servizi

pubblici e svolge un'attività comunque estranea alla sfera della rilevanza

collettiva degli interessi. In tal caso il privato dovrà avvalersi degli ordinari

strumenti previsti dal c.p.c. (art. 210 ordine di esibizione di atti alla parte o al

terzo).

La legge n. 15/2005, come si è detto, non è espressamente intervenuta sul

punto (anzi il disposto dell’art. 23 è rimasto invariato), ma si è indirettamente

occupata del problema a livello definitorio, laddove il nuovo testo dell’art. 22,

alla lettera e), ha statuito che ai fini dell’accesso ai documenti amministrativi,

nella nozione di “pubblica amministrazione” vanno ricompresi oltre a «tutti i

40

soggetti di diritto pubblico» anche tutti «i soggetti di diritto privato

limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto

nazionale o comunitario», confermando in tal modo le soluzioni interpretative

sopra esposte e formulate dalla giurisprudenza più recente.

41

7. L’OGGETTO DEL DIRITTO DI ACCESSO

Il diritto di accesso si svolge nei confronti dei soli “documenti amministrativi”

come si legge ora nel comma 2 dell’ art. 22, della legge n. 241/90, come

modificato dalla legge n. 15/2005. Escluse quindi le ipotesi speciali di accesso

ambientale e di accesso negli enti locali che hanno un oggetto più ampio81, la

legge generale assume come oggetto dell’accesso il “documento

amministrativo”. Il comma 4 dell’art. 22 individua tuttavia una ulteriore

eccezione che, rinviando al Codice della privacy, consente l’accesso anche ad

informazioni che non siano contenute in un documento, nel caso di accesso ai

dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono82.

Il “documento amministrativo” è quindi qualificato come «ogni

rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di

qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad

uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e

concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura

pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale».

81 In entrambi i casi viene infatti riconosciuto l’accesso alle informazioni disponibili e non solo ai documenti. In materia ambientale i vincoli imposti dal diritto comunitario non consentono limitazioni di carattere oggettivo, posto che la normativa europea contiene una espressa menzione delle informazioni ambientali. Riguardo agli enti locali, è invece rimessa all’autonomia delle singole amministrazioni la possibilità di prevedere forme di accesso anche ad informazioni non trasfuse in documenti, in considerazione del fatto che la legge n. 241 stabilisce un minimum indefettibile di garanzie, sicchè eventuali garanzie più intense assicurate dall’ordinamento non vengono incise. Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 166. 82 Tale previsione, introdotta su richiesta del Garante per i dati personali, è volta a coordinare la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi contenuta nella legge n. 241/90 con quella del codice della privacy contenuto nel D.lgs. n. 196/2003. Come è noto, infatti, uno dei cardini intorno a cui ruota la tutela dei dati personali è proprio costituito dal riconoscimento in capo alla persona cui si riferiscono i dati – l’“interessato”− di una serie di diritti che gli consentono di controllare in via diretta ed immediata l’uso che di tali informazioni viene fatto da terzi, nell’ottica di garantire quella che è stata giustamente definita come “auto-determinazione informativa”. Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 163.

42

Come è stato notato in dottrina, il legislatore italiano, a differenza di

quello francese, non ha ritenuto di procedere ad una elencazione tipologica di

documenti, ma ha optato per una definizione di carattere generale83.

Tale definizione è parzialmente differente da quella contenuta al comma 2

dell’art. 22 vecchio testo: la più importante novità è costituita dal fatto che il

vecchio testo aveva riguardo agli atti formati dalla pubblica amministrazione,

quindi atti amministrativi in senso proprio (anche se poi si aggiungeva “o

comunque utilizzati ai fini dell’attività amministrativa”); il nuovo testo si

riferisce invece ad atti detenuti, ed abbandona il termine “formati”, dalla

pubblica amministrazione, anche se il loro regime sostanziale sia di diritto

privato, purchè concernenti attività di pubblico interesse. Quindi viene meglio

esplicitato il concetto che è considerato documento amministrativo anche

quello rappresentativo di atti di diritto privato (es. un contratto di

compravendita) se detenuto dall’amministrazione in funzione della sua attività

di pubblico interesse; è infatti irrilevante il regime giuridico sostanziale

dell’atto, avendo significato determinante solo la connessione dello stesso con

l’attività di interesse pubblico svolta dal soggetto che lo detiene.

La seconda novità è costituita dal riferimento anche ad atti non relativi ad

uno specifico procedimento, precisazione che prima non vi era.

Il riferimento agli atti interni, e cioè endoprocedimentali, era il derivato

ovvio di tutta la normativa sulla trasparenza: un interesse alla loro conoscenza

sussiste infatti sicuramente per il soggetto interessato all’atto finale . Ma ora il

riferimento anche ad atti non relativi ad uno specifico procedimento, chiarisce

la possibilità di ampliamento dell’oggetto dell’accesso ad ipotesi nelle quali

l’interesse fatto valere non è direttamente legato ad un futuro provvedimento

amministrativo.

Devono quindi ritenersi accessibili tutti gli atti interni a prescindere dalla

loro utilizzazione, cioè indipendentemente dalla circostanza che tali atti siano 83 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 140.

43

utilizzati o meno dall’amministrazione al fine della sua attività a rilevanza

esterna: d’altra parte tollerare la possibilità di una sottoripartizione, ai fini

dell’applicabilità della disciplina dell’accesso, della categoria degli atti interni,

in ragione dell’esistenza o meno di un loro collegamento con attività esterna

della P.A., consentirebbe a quest’ultima una valutazione sostanziale

dell’interesse sul quale è fondata la domanda di accesso, che, invece le è

preclusa dall’inquadramento normativo del diritto in parola. In sostanza, in

difetto di una espressa previsione normativa che impedisca l’accesso per i

motivi di cui all’art. 24 della legge 241/1990, tutti i documenti detenuti

dall’amministrazione relativamente ad attività di natura amministrativa devono

essere accessibili al privato che possa dimostrare la titolarità di un interesse

giuridicamente rilevante (oggi “tutelato”) alla loro conoscenza84.

L’art. 2, comma 2, del regolamento 12 aprile 2006 n. 184, esplicitamente

afferma che l’amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al

fine di soddisfare la domanda di accesso: il documento cioè deve essere già

formato, così come del resto afferma la legge generale al comma 4 dell’art. 22

nuovo testo, non sono ammesse informazioni in generale.

Norme in certo senso di chiusura in ordine all’oggetto del diritto di

accesso sono quella che esclude istanze di accesso preordinate ad un controllo

generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione (art. 24 comma 3

nuovo testo) e quella che circoscrive temporalmente il diritto di accesso al

periodo entro il quale l’amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti

(art. 22 comma 6). E’ infatti noto che in ogni amministrazione è generalmente

costituita una commissione per gli scarti d’archivio che stabilisce appunto

quale documentazione deve essere conservata, e come, e quale può essere

distrutta85.

84 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 155 ss. 85 Cfr. C.TAGLIENTI, cit., V^.1.

44

8. I LIMITI ALL’ACCESSO

I limiti all’esercizio del diritto d’accesso sono individuati nell’art. 24 della

legge n. 241/90, che è stato fortemente innovato dalla legge n. 15/2005 la quale

dettagliando e specificando in maniera più esaustiva la normativa precedente,

ha previsto vari livelli di limitazioni al diritto di accesso.

Un primo livello di limiti è previsto dalla stessa legge:

L’art. 24, al primo comma, esclude il diritto di accesso innanzi tutto:

a) per i documenti coperti dal segreto di Stato, ai sensi delle vigenti

disposizioni di legge, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione

espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al

comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2.

Nella precedente formulazione, l’art. 24, nel dettare questa norma di

chiusura, faceva riferimento ai “documenti coperti da segreto o da divieto di

divulgazione altrimenti previsti dall’ordinamento”: in sostituzione di tale

generico riferimento, il legislatore del 2005, mentre da un lato limita i casi di

esclusione alle ipotesi tassative previste dalla legge, dall’altro amplia

potenzialmente lo spettro di tali ipotesi di segreto, prevedendo che le stesse

possano essere indicate, oltre che dalla legge, anche con i regolamenti

governativi di delegificazione nonché individuate dalle singole

amministrazioni86.

A tali materie, per le quali già il vecchio art. 24 prevedeva l’esclusione

del diritto di accesso, la legge n. 15/2005 ha espressamente aggiunto ulteriori

tre ipotesi, per cui l’accesso è escluso anche:

b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari

norme che li regolano;

86 Tra tali casi possono annoverarsi: il segreto industriale, il segreto commerciale, il segreto professionale, il segreto epistolare, il segreto bancario, il segreto istruttorio, il segreto statistico. Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 405.

45

c) nei confronti delle attività della PA dirette all’emanazione di atti

normativi, atti amministrativi generali, di pianificazione e di

programmazione, che restano soggette alla loro disciplina particolare;

d) nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di

carattere psico-attitudinale relativi a terzi, nell’ambito di procedimenti

selettivi.

Nelle prime due ipotesi, di cui alle lettere b) e c) (documenti relativi ai

procedimenti tributari e documenti prodromici all’emanazione di atti

normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione)

l’accesso era in realtà precluso anche prima della riforma del 2005, per effetto

del rinvio operato dal vecchio art. 24 della l. 241/90, comma 6, all’art. 13 della

stessa normativa, mentre del tutto nuova risulta l’ultima previsione di cui alla

lettera d) (documenti contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale

relative a terzi, nei procedimenti selettivi).

In relazione alle prime due ipotesi va innanzi tutto segnalato che il divieto

d’accesso agli “atti preparatori” nel corso della formazione di atti generali o

normativi deve ritenersi non più operante una volta emanato il provvedimento

finale; e ciò nonostante la nuova formulazione sia meno univoca della

precedente e non faccia più esplicito riferimento a tali atti ma parli piuttosto di

“procedimenti tributari”. In sostanza, si tratta si divieti posti dalla legge ma non

in modo assoluto, in quanto temporalmente limitati alla definizione del

procedimento con l’adozione del provvedimento finale: più che di casi di

sottrazione all’accesso si tratterebbe propriamente di ipotesi di differimento87.

L’esclusione per legge dell’accesso ai documenti contenenti informazioni

psico-attitudinali di candidati a concorsi pubblici, ed a prove selettive in

generale (anche trasferimenti o promozioni) è stata invece introdotta ex novo

dalla legge n. 15/2005 e risponde verosimilmente alle istanze delle

87 Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 410.

46

Amministrazioni che, a tutela della riservatezza dei terzi, nei propri

regolamenti hanno sistematicamente inserito, tra gli atti non ostensibili, quelli

relativi a tali requisiti.

E’ chiaro che l’introduzione esplicita di una simile previsione in relazione

ai procedimenti selettivi introduce un filtro più difficilmente penetrabile dai

terzi interessati, ai quali, nei limiti definiti dal comma 7, dell’art. 24, in esame,

resta comunque garantito l’accesso quando questo sia necessario per la cura o

per la difesa dei propri interessi giuridici88.

Sull’inserimento dei documenti contenenti informazioni di tipo psico-

attitudinale tra quelli sottratti tassativamente all’accesso la dottrina ha espresso

delle riserve, in quanto si ritiene sarebbe stato più opportuno applicare in tali

casi le norme relative al trattamento dei dati sensibili e sensibilissimi89.

Il comma 2 del nuovo articolo 24 riprende poi, con alcune differenze, il

dettato del vecchio comma 4, della stessa disposizione, prevedendo che «le

singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da

esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso

ai sensi del comma 1». Nella nuova formulazione la norma non parla più di

regolamenti; ciononostante è da reputarsi che lo strumento per l’individuazione

dei casi di esclusione non può che essere sempre il regolamento nella forma dei

decreti ministeriali, atteso che la finalità di rendere note le categorie di atti

sottratti all’accesso non può essere raggiunta attraverso provvedimenti aventi

efficacia meramente interna (quali ad es. le circolari). Inoltre l’art. 24 non pone

più l’obbligo per le singole amministrazioni di adottare i regolamenti in

questione e non fissa un limite temporale per la loro emanazione (prima era

previsto in sei mesi dalla entrata in vigore della legge n. 241)90.

88 Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 411. Contra, sembra invece, C.TAGLIENTI, cit., VI^.1, secondo il quale la norma “rende però insuperabile il divieto, che la normativa sulla riservatezza, per la protezione di dati analoghi, invece consente se la conoscenza del documento è necessaria o indispensabile per la tutela dell’interesse del richiedente”. 89 In tal senso F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 411; analogamente A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 496. 90 Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 417.

47

Risulta tuttavia controverso il possibile contenuto di tali regolamenti, in

quanto dalla norma esso non appare ben delimitato:

Dalla lettura del combinato disposto dei commi 1 e 2 del nuovo art. 24,

sembra evincersi che le singole amministrazioni possono individuare categorie

di documenti da sottrarre all’accesso a tutela anche di altri interessi, oltre a

quelli a salvaguardia dei quali il vecchio comma 4, dell’art. 24 consentiva alle

amministrazioni di procedere alla esclusione dall’accesso (si trattava, in

particolare, della sicurezza, difesa nazionale e relazioni internazionali; politica

monetaria e valutaria; ordine pubblico, prevenzione e repressione dei reati;

riservatezza dei terzi, persone, gruppi ed imprese). Così interpretato, l’art. 24,

potrebbe dare adito a dubbi di legittimità costituzionale: non si rinvengono,

infatti, in relazione agli altri “casi di segreto o di divieto di divulgazione”

(di cui al comma 1, lett. a ) che le pubbliche amministrazioni possono

individuare, dei criteri direttivi (come invece è nel successivo comma 6), di

talchè la discrezionalità concessa alle singole amministrazioni nell’indicazione

delle categorie di documenti da sottrarre all’accesso potrebbe finire con il

vanificare la finalità di trasparenza sottesa a tutta la normativa in parola91.

Oltre alle ipotesi di esclusione individuate dalla legge (nel comma 1) o

dalle singole amministrazioni (comma 2), il comma 6 del nuovo art. 24 afferma

che ulteriori ipotesi di esclusione del diritto di accesso possono essere previste

con regolamento governativo cosiddetto “di delegificazione”, emanato nella

91 Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 418. A conclusioni simili, pur partendo da premesse diverse (in particolare riferendo l’individuazione delle possibili categorie di documenti sottratti all’accesso con regolamento delle singole amministrazioni alle sole materie previste nel comma 1) sembra giungere anche A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 497, quando afferma che “si ha l’impressione, allora, che i regolamenti previsti dall’art. 24, co. 2, debbano servire principalmente per individuare casi di documenti da sottrarre all’accesso perché segreti o non divulgabili (e per fissare il periodo di tempo per il quale tali documenti siano da considerare segreti: art. 24, co. 5). Se questo è il significato da attribuire alla disposizione, essa suscita qualche perplessità, poiché sembra lasciata alle pubbliche amministrazioni, con atto normativo secondario, la valutazione concernente la segretezza di un documento e la possibilità di divulgarne i contenuti, laddove tale compito era dapprima assolto con fonte normativa primaria”.

48

forma del D.P.R. ai sensi del secondo comma dell' art. 17 1. 400/ 1988, per

salvaguardare92:

- la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali;

- la politica monetaria e valutaria;

- l'ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità;

- la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, giuridiche, gruppi,

imprese ed associazioni con particolare riferimento agli interessi di natura

epistolare, sanitaria, finanziaria, industriale e commerciale;

- l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli

atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato.

La legge poi attribuisce però alla P.A. anche uno specifico potere

discrezionale (in relazione al quale si parla di “limiti facoltativi” all’accesso),

che le fonti secondarie possono disciplinare più dettagliatamente: il potere di

differire l'accesso ai documenti richiesti, ossia di negare l’accesso solo per un

periodo di tempo determinato, al fine di contemperare l’esigenza di conoscenza

degli atti amministrativi con l’esigenza di speditezza e di non intralcio

all’azione amministrativa93. In proposito si può osservare che il nuovo comma

4 dell’art. 24 disciplina il potere di differimento più genericamente di quanto

facesse in passato il vecchio comma 6, che condizionava l’esercizio del potere

di differimento alle ipotesi in cui la conoscenza del documento poteva

impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa.

Non vi è dubbio quindi che, anche alla luce della nuova disciplina, i

regolamenti possano prevedere ipotesi specifiche di differimento, fissandone

però la durata: in tal caso non si configurerebbe un potere discrezionale in capo

alla P.A. procedente. 92 Si è giustamente osservato – cfr. A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 497 – che la nuova disposizione del comma 6, dell’art. 24, si presenta piuttosto confusa laddove stabilisce che con il suddetto regolamento di delegificazione il Governo “può prevedere” casi di sottrazione all’accesso per le esigenze di tutela ivi indicate, anziché “prevede”: non facendosi più menzione delle modalità di esercizio del diritto di accesso cos’altro può contenere tale regolamento se non i casi di documenti sottratti all’accesso? Né può ritenersi che lo stesso regolamento sia facoltativo, atteso che alla sua emanazione è collegata l’entrata in vigore delle nuove disposizioni sull’accesso. 93 Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 402.

49

E’ infine previsto, come in precedenza, che la P.A. non possa negare

l’accesso ai documenti nelle ipotesi in cui sia sufficiente fare ricorso al potere

di differimento (art. 24, comma 4, come modificato dalla legge n. 15/2005).

Deve conclusivamente rilevarsi che il regolamento governativo di

attuazione emesso dopo la legge n. 15/2005, ed approvato con D.P.R. 12 aprile

2006, n. 184, non disciplina, tuttavia, i casi di esclusione e sostanzialmente

tiene in vigore l’art. 8 del precedente regolamento (D.P.R. n. 352/92), fino ad

emanazione di nuova disciplina; l’art. 8, peraltro, riporta esclusioni che sono

state poi recepite nella nuova formulazione della legge, esclusa l’ipotesi della

contrattazione collettiva, non presente nell’originario testo dell’art. 24, comma

2, e per la quale non esiste ancora la relativa norma di attuazione.

50

9. LE MODALITA DI ESERCIZIO DEL DIRITTO DI ACCESSO

Le modalità di esercizio sono disciplinate dai primi tre commi dell’art. 25 della

legge n. 241/90, che non risultano modificati dalla riforma del 2005, e dal

nuovo regolamento di attuazione contenuto nel D.P.R., 12 aprile 2006, n. 184,

in vigore dal 2 giugno 2006.

L’art. 25 apre stabilendo, innanzi tutto, che il diritto di accesso si esercita

mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministravi e che

l'esame dei documenti è gratuito, mentre per il rilascio di copia è dovuto

soltanto il rimborso del costo di riproduzione, oltre al pagamento

dell’eventuale imposta di bollo e dei diritti di ricerca e di visura.

L’art. 2 del regolamento, al comma 2, chiarisce poi che deve trattarsi di

documenti materialmente esistenti e detenuti dalla P.A. al momento della

richiesta, in quanto l’amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo

possesso al fine di soddisfare la richiesta di accesso.

La richiesta, ai sensi del comma 2 dell’art. 25, deve essere motivata e

deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo

detiene stabilmente.

L’obbligo di motivazione si riconnette evidentemente alla possibilità di

verificare la sussistenza dei requisiti di legittimazione richiesti dalla legge per

l’accesso (sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale,

corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al

documento). La richiesta dovrà quindi indicare nel modo più preciso possibile

i documenti che si intende conoscere, poiché ciò consentirà di escludere un

inammissibile intento di controllo generale ed ispettivo sull’attività della

pubblica amministrazione, che invece potrebbe desumersi da una istanza

generica94.

94 Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, 7 giugno 2007 n. 6021; TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 20 marzo 2007, n. 81; TAR Lazio, sez. III, 1 febbraio 2007, n. 724.

51

Il destinatario della richiesta d’accesso che, come detto, l’art. 25, comma 2,

individua nell’«amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene

stabilmente», viene poi meglio precisato nel nuovo regolamento (riprendendo

peraltro la formulazione gia presente nel regolamento del 1992), nel senso che

esso deve individuarsi nell’«autorità competente a formare l’atto conclusivo o

a detenerlo stabilmente» (art. 2, comma 2, e art. 5, comma 1):

Le due norme sono solo apparentemente in contraddizione, ove si

consideri «che – di regola – il documento amministrativo (che non sia l’atto

conclusivo) non è un solitario stilita destinato a restarsene immobile, ma

l’anello di una catena procedimentale in movimento che si ferma con il

provvedimento conclusivo; e quindi è un atto intermedio che non è destinato a

sostare presso l’autorità che l’ha formato, ma a proseguire – appunto – verso

l’autorità competente a formare l’atto conclusivo, che è quella che alla fine lo

detiene stabilmente. Presso l’autorità che l’ha formato resta soltanto – al più –

la copia del documento; l’originale, che è l’esemplare al quale l’interessato ha

diritto ad accedere, sta esclusivamente presso l’autorità finale», e quindi non

c’è da stupirsi che la domanda d’accesso vada rivolta a quest’ultima95.

A seguito della presentazione della richiesta si apre un ordinario

procedimento amministrativo, al quale si applicheranno le regole generali in

materia di comunicazione dell’avvio, di individuazione di un’unità

organizzativa e di un funzionario responsabile.

In particolare, il nuovo regolamento per l’accesso prevede che la pubblica

amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti

controinteressati, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di

copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per

coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni

dalla ricezione di tale comunicazione, i controinteressati possono presentare

95 Così S.GIACCHETTI, Accesso «über alles»?, in Giornale di diritto amministrativo, n.9/2007, p.1024-5, in replica ad A.SANDULLI, La casa dai vetri oscurati…, ivi, n.6/2007, il quale ipotizzava potesse trattarsi di una “svista” del redattore del regolamento.

52

una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso.

Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta,

accertata la ricezione della comunicazione da parte dei controinteressati (art.3).

Le disposizioni sulle modalità di esercizio del diritto di accesso contenute

nel regolamento si applicano poi espressamente anche ai soggetti portatori di

interessi diffusi o collettivi (art. 4).

Il regolamento poi prevede due distinte procedure di accesso: una

procedura di accesso informale (art. 5) ed una procedura di accesso formale

(art. 6) a seconda che vi siano o non vi siano soggetti controinteressati96:

In particolare, qualora in base alla natura del documento richiesto non

risulti l'esistenza di controinteressati il diritto di accesso può essere esercitato

in via informale mediante richiesta, anche verbale, all'ufficio

dell'amministrazione competente a formare l'atto conclusivo del procedimento

o a detenerlo stabilmente. Il richiedente deve indicare gli estremi del

documento oggetto della richiesta ovvero gli elementi che ne consentano

l'individuazione, specificare e, ove occorra, comprovare l'interesse connesso

all'oggetto della richiesta, dimostrare la propria identità e, ove occorra, i propri

poteri di rappresentanza del soggetto interessato. La richiesta, esaminata

immediatamente e senza formalità, è accolta mediante indicazione della

pubblicazione contenente le notizie, esibizione del documento, estrazione di

copie, ovvero altra modalità idonea. La pubblica amministrazione, qualora in

base al contenuto del documento richiesto riscontri l'esistenza di

controinteressati, invita l'interessato a presentare richiesta formale di accesso.

Ugualmente, qualora non sia possibile l'accoglimento immediato della

richiesta in via informale, ovvero sorgano dubbi sulla legittimazione del

richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza

dell'interesse alla stregua delle informazioni e delle documentazioni fornite,

sull'accessibilità del documento o sull'esistenza di controinteressati,

96 Per un approfondimento delle problematiche connesse a questi ultimi si rinvia al paragrafo 4.

53

l'amministrazione invita l'interessato a presentare richiesta d'accesso formale,

di cui l'ufficio rilascia ricevuta97.

Il procedimento di accesso deve in ogni caso concludersi nel termine di

trenta giorni, decorrenti dalla presentazione della richiesta all'ufficio

competente.

Ove la richiesta sia irregolare o incompleta, l'amministrazione, entro

dieci giorni, ne dà comunicazione al richiedente con raccomandata con avviso

di ricevimento ovvero con altro mezzo idoneo a comprovarne la ricezione.

In tale caso, il termine del procedimento ricomincia a decorrere dalla

presentazione della richiesta corretta.

Responsabile del procedimento di accesso è il dirigente, il funzionario

preposto all'unità organizzativa o altro dipendente addetto all'unità competente

a formare il documento o a detenerlo stabilmente.

L'atto di accoglimento della richiesta di accesso contiene l'indicazione

dell'ufficio, completa della sede, presso cui rivolgersi, nonché di un congruo

periodo di tempo, comunque non inferiore a quindici giorni, per prendere

visione dei documenti o per ottenerne copia98.

97 Si è osservato – cfr. A.SANDULLI, op. ult. cit. – che le consistenti tutele per i controinteressati introdotte con il regolamento del 2006, in linea con la riforma del 2005, hanno di fatto determinato la scomparsa dell’accesso informale, meritorio istituto introdotto con il regolamento del ’92, e tuttavia sempre scarsamente applicato ed aggirato dalle pubbliche amministrazioni in quanto costringe il responsabile del procedimento a prendere una decisione in tempi rapidissimi, interloquendo con il cittadino (con conseguente responsabilità risarcitoria in caso di omissioni od errori nell’individuazione di eventuali controinteressati all’accesso). D’altra parte, nella predisposizione del regolamento, si è ritenuto – cfr. S.GIACCHETTI, op. ult. cit. – che il conseguente modesto ritardo nel soddisfacimento dell’interesse dell’accedente fosse un prezzo “congruo” da pagare per assicurare un giudizio conforme alla Costituzione; la doverosa introduzione della tutela degli eventuali controinteressati, nel rispetto del principio costituzionale del contraddittorio implica, infatti, che questi siano quanto meno messi in grado di conoscere la domanda di accesso e di opporsi ad essa, anche se ciò comporta inevitabilmente un rallentamento dell’accesso. 98 Dubbi sono stati sollevati in dottrina –cfr. A.SANDULLI, op. ult. cit. – in relazione alla previsione di un termine per l’esercizio del diritto di accesso: in particolare non è chiaro se l’amministrazione possa legittimamente negare l’accesso al richiedente che si rechi a prendere visione ed estrarre copia dopo la scadenza del congruo temine fissato dall’amministrazione. In tal caso si tratterebbe di un diritto esercitabile“a tempo”. Si ritiene quindi sarebbe stato meglio elidere il riferimento a tale termine. Un ulteriore dubbio è stato poi sollevato dall’Autore in relazione all’utilizzo della particella “o”, anziché di quella “e”, che sembrerebbe implicare una modalità alternativa, quando invece la giurisprudenza è concorde nel ritenere che affinché il diritto di accesso sia soddisfatto, occorre che sia congiuntamente garantita la presa visione e l’estrazione di copia. E’ stato tuttavia chiarito – cfr. S.GIACCHETTI, op. ult. cit. – che l’espressione utilizzata vuole in realtà rimettere una facoltà di

54

L'accoglimento della richiesta di accesso a un documento comporta anche

la facoltà di accesso agli altri documenti nello stesso richiamati e appartenenti

al medesimo procedimento, fatte salve le eccezioni di legge o di regolamento.

L'esame dei documenti avviene presso l'ufficio indicato nell'atto di

accoglimento della richiesta, nelle ore di ufficio, alla presenza, ove necessaria,

di personale addetto.

I documenti sui quali è consentito l'accesso non possono essere asportati

dal luogo presso cui sono dati in visione, o comunque alterati in qualsiasi

modo.

L'esame dei documenti è effettuato dal richiedente o da persona da lui

incaricata, con l'eventuale accompagnamento di altra persona di cui vanno

specificate le generalità, che devono essere poi registrate in calce alla richiesta.

L'interessato può prendere appunti e trascrivere in tutto o in parte i documenti

presi in visione.

Qualora invece la risposta dell’amministrazione sia negativa, ovvero

rifiuti l'accesso, totalmente o parzialmente, o lo differisca, essa andrà motivata

con specifico riferimento alla normativa vigente, alla individuazione delle

categorie di cui all’art. 24 della legge ed alle circostanze di fatto che rendono

non accoglibile la richiesta così come proposta (art. 25, comma 3, non

modificato dalla legge n. 15/2005, ed art. 9, comma 1, D.P.R. n. 184/06).

Il diniego all’accesso potrebbe tuttavia anche essere tacito, infatti legge al

quarto comma dell’art. 25 prevede un’ipotesi di silenzio significativo

qualificabile come silenzio-rigetto (rectius silenzio-diniego), sancendo che

«decorsi trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta», con la

conseguenza che l'interessato, al pari dell’ipotesi di diniego espresso, potrà

attivare il rimedio giurisdizionale del ricorso al Tar (senza bisogno di alcun

atto di diffida e messa in mora dell' amministrazione), oltre agli altri rimedi

giustiziali previsti dallo stesso quarto comma. scelta in capo al richiedente, il quale una volta visionato il documento potrebbe non ritenerlo utile e quindi decidere di non estrarne copia.

55

10. LA TUTELA DEL DIRITTO DI ACCESSO

Il nuovo regolamento generale in materia di accesso (d.P.R. n. 184 del 2006)

disciplina in maniera sostanzialmente identica al precedente i possibili esiti

espressi del procedimento di accesso (artt. 7 e 9):

La risposta dell’amministrazione potrà quindi essere, di accoglimento

della richiesta (art. 7) oppure di non accoglimento della richiesta (art. 9).

Il non accoglimento, in particolare, secondo la norma da ultimo indicata,

si può concretizzare in un provvedimento espresso di “rifiuto”, ovvero di

“accoglimento parziale” (ossia “limitato” ad alcuni documenti soltanto),

ovvero di “differimento”, ove la conoscenza, al momento della richiesta, dei

documenti possa impedire o ostacolare lo svolgimento dell’azione

amministrativa. Lo stesso art. 9 stabilisce che in tutte le ipotesi di non

accoglimento (integrale) o di differimento della richiesta, se vi è stato

procedimento di accesso formale, il provvedimento va motivato da parte del

responsabile del procedimento.

Ma, come si è visto, la legge prevede anche che il diniego

dell’amministrazione alla richiesta di accesso possa intervenire in maniera

tacita: si legge infatti al comma 4 dell’art. 25 della l. n. 241/90 che «decorsi

trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta» (silenzio-diniego).

Le tutele per il richiedente l’accesso nei confronti delle determinazioni

negative dell’amministrazione, sono previste nello stesso comma 4 e nei

commi 5, 5-bis e 6 dell’art. 25, e nell’art. 12 del DPR n. 184/06.

In particolare, nel caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, il

richiedente potrà chiedere tutela in via giustiziale (cioè amministrativa) e in via

giurisdizionale99. Nel primo caso organi competenti sono il Difensore Civico o

99 Per la dottrina prevalente il silenzio-tacito, al pari degli altri tipi di silenzio e al pari del diniego esplicito, si atteggia a mero fatto di legittimazione processuale, posto che il giudizio o il procedimento giustiziale non è diretto tanto alla verifica della legittimità del provvedimento quanto piuttosto alla valutazione della fondatezza dell’istanza. Naturalmente, l’esercizio delle tutele possibili va esercitato nel termine decadenziale, anche qualora sia da qualificarsi “diritto” la possibilità di accesso ai

56

la Commissione per l’accesso a seconda della natura dell’Autorità che non ha

consentito l’accesso; nel secondo caso competente è il giudice amministrativo

in via esclusiva.

Le novità principali riguardano la tutela giustiziale, cioè i ricorsi

amministrativi, in quanto in precedenza vi era la sola possibilità di ricorso al

difensore civico, introdotto nel tessuto originario della L. 241/90 con la legge

n. 340/00; il Legislatore del 2005, definisce meglio la competenza del

difensore civico e gli affianca quale ulteriore organo amministrativo la speciale

Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi 100, istituita con l’art.

27, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, precisa poi espressamente i

termini del procedimento, configura il rapporto tra la Commissione ed il

Garante della privacy, individua la valenza della decisione giustiziale rispetto

all’Amministrazione richiesta dell’accesso101.

documenti amministrativi. Tuttavia, la possibilità per l’amministrazione di esprimersi legittimamente attraverso una decisione silenziosa, pur non consentendo al ricorrente di impugnare il silenzio in quanto tale, gli permette di portare il giudice alla valutazione della pretesa, a prescindere dalla motivazione fornita, anche in presenza di un diniego tacito. Sicché, tutto sommato, le due forme di determinazione dell’amministrazione finiscono con equivalersi ai fini della tutela. Cfr. G.P.CIRILLO, Il nuovo sistema…, cit., par. 3.III. 100 Una delle tante novità introdotte dalla L. 15/05 nell’articolato originario della L. 241 è costituita dalla riforma della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. La Commissione era stata inizialmente istituita, sul modello della Commission d’Accéss aux documents administrativs, con compiti essenzialmente di vigilanza sulla corretta attuazione dei principi in materia di accesso; a differenza di quanto previsto per la “sorella” francese, invece, non era attribuito alla Commissione alcun potere paragiurisdizionale. Ebbene, la riforma del 2005, riscrivendo l’articolo 27, ha proprio agito su questo fronte consentendo alla Commissione un ruolo più attivo proprio in materia di tutela dei diritti dei richiedenti l’accesso. La commissione è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è nominata con decreto del Presidente del Consiglio, è composta di dodici membri oltre al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che la presiede, e dura in carica tre anni. Quanto ai compiti, oltre a quelli in tema di attività giustiziale, può dirsi che alla luce della riforma la Commissione possiede i seguenti compiti: vigila sulla piena attuazione del principio di conoscibilità degli atti amministrativi; redige una relazione annuale sulla trasparenza nell’attività della pubblica amministrazione; propone al Governo modifiche alle leggi e ai regolamenti al fine di realizzare la più ampia tutela del diritto d’accesso; può chiedere informazioni e documentazione a tutte le amministrazioni; è organo sostitutivo per l’adozione delle misure organizzative idonee a garantire l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti, ai sensi dell’articolo 18 della L. 241. Nonostante la modifica, che indubbiamente arricchisce di compiti la Commissione, la prevalente dottrina, esclude che possa riconoscersi natura di Authority indipendente alla Commissione stessa. 101 Ad avviso di C.TAGLIENTI, cit., VI^.2, uno dei motivi che ha indotto il legislatore a prevedere un organo facente capo al Governo per i dinieghi delle amministrazioni statali, è costituito dalle frequenti resistenze opposte al difensore civico da prefetture e questure che, in base alla sentenza della Corte Costituzionale 6 aprile 2004, n. 112 (che ha circoscritto, in caso di omissione di atti obbligatori per

57

Il ricorso amministrativo andrà quindi presentato al difensore civico

territorialmente competente, per gli atti negativi emessi dagli enti territoriali

(regioni province e comuni), ed alla Commissione per l’accesso, per gli atti

negativi delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato102.

La norma precisa anche che laddove il difensore civico non sia costituito

la competenza transita automaticamente in quello competente per l’ambito

territoriale immediatamente superiore.

Quanto al procedimento da seguirsi da parte degli Organi sopra indicati,

esso non presenta differenze: il difensore civico e la Commissione per

l’accesso devono pronunciarsi sull’istanza entro il termine di 30 giorni, scaduto

infruttuosamente tale termine il ricorso si intende respinto (trattasi di

un’ulteriore ipotesi di silenzio-rigetto).

Quindi:

- se la pronuncia è di rigetto o nel termine non vi è pronuncia (silenzio-rigetto)

il ricorrente potrà comunque presentare ricorso al TAR avverso l’originario

diniego (espresso o tacito) della pubblica amministrazione, entro 30 giorni dal

ricevimento dell’esito dell’istanza103;

legge, l’esercizio del potere sostitutivo agli organi di governo), sostenevano il venir meno del potere del difensore civico. 102 Sembra restino fuori tutte le altre amministrazioni individuabili come legittimate passivamente all’accesso; nel precedente testo non vi era alcuna individuazione dei soggetti passivi. Peraltro il Consiglio di Stato ha affermato che non vi sono motivi per escludere il diniego di accesso dall’ambito dei ricorsi gerarchici (Sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938), in quanto il ricorso gerarchico è considerato un rimedio di carattere generale previsto dall’ordinamento; mentre è stato senz’altro escluso il ricorso straordinario al Capo dello Stato per la specialità del rimedio previsto dall’art. 25 cit. e per l’incompatibilità di detto rimedio con un giudizio di tipo meramente annullatorio (C. di S. sez. I, 13 novembre 1996, n. 2404/1996 e 31 luglio 2002, n. 489/02; sez. III, 26 febbraio 2002, n. 1723/02). Secondo alcuni comunque per gli enti non individuati dalla legge (né Stato, né enti territoriali) dovrebbe aversi riguardo all’ente territoriale di riferimento, e quindi difensore civico, pena l’incostituzionalità della disposizione. Cfr. C.TAGLIENTI, cit., VI^.2. 103 Il rapporto tra la decisione sul ricorso ex art. 25 e la successiva azione giurisdizionale è stato recentemente chiarito da TAR Lazio, Sez. I, 5 maggio 2008, n. 3675, nel senso che il trasferimento in sede giurisdizionale di una controversia instaurata in sede gerarchica può avvenire solo quando il procedimento giustiziale sia stato correttamente instaurato, ciò discendendo dalla necessità di evitare facili elusioni del termine decadenziale previsto per l’esercizio dell’azione innanzi al giudice. Tale principio è applicabile anche all’actio ad exhibendum in quanto, come chiarito da Cons. Stato, Ad. plen., 18 aprile 2006, n. 6, la natura impugnatoria del relativo ricorso prescinde dalla natura della situazione giuridica soggettiva sottostante. Una volta verificata la rituale introduzione del rimedio amministrativo, non sembrano sussistere ostacoli alla cognizione diretta da parte del giudice anche dell’originario provvedimento impeditivo dell’accesso se la relativa domanda faccia parte del petitum.

58

- se la pronuncia è di accoglimento ovvero se il difensore civico o la

Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne

informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente: se questa non

emana un provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal

ricevimento della comunicazione l'accesso è consentito (trattasi in questo caso

di un’ipotesi di silenzio-assenso)104.

Dunque, a seguito di decisione di accoglimento dell’istanza presentata dal

ricorrente, l’accesso è consentito solo se l’amministrazione rimane silente

(silenzio significativo con valore di assenso), altrimenti la pubblica

amministrazione attraverso un provvedimento confermativo del precedente può

rendere vano l’intero procedimento giustiziale esperito: è quindi palese che la

mancata attribuzione di efficacia esibitoria alla pronuncia giustiziale potrebbe

comportare il fallimento della stessa (con conseguente preferenza per il ricorso

diretto al giudice amministrativo), tuttavia si è osservato che, di fatto, almeno

nel caso dei ricorsi accolti dalla Commissione, le amministrazioni si sono

104 La natura di tale pronuncia giustiziale è chiarita da G.P.CIRILLO, Il nuovo sistema…, cit., par. 5.VI.: « Ad una prima lettura sembra trattarsi più che di una decisione in senso tecnico, di una sorta di “invito” ad aprire un procedimento di riesame che, se non si conclude con una “conferma” motivata del diniego originario (espresso o tacito), ha l’effetto, non di annullamento, ma quello più specifico di consentire l’accesso; cosa che si avvicina di molto all’ordine “di esibizione dei documenti richiesti” propria del rito speciale previsto in sede di ricorso giurisdizionale. Sicché la norma va interpretata, a ben vedere, proprio perché si tratta comunque di una decisione amministrativa in senso tecnico, non in funzione del possibile effetto ulteriore, ossia della eventuale conferma espressa dell’amministrazione, bensì in funzione dei suoi effetti immediati. Essi sono quelli propri del procedimento contenzioso, che si sostanzia nella soluzione della lite in senso tecnico, attraverso l’esame della fondatezza della pretesa del ricorrente in contraddittorio con l’amministrazione e l’eventuale controinteressato. L’effetto immediato del tipo di procedimento in esame non è quindi l’annullamento dell’atto, ma l’accoglimento della specifica richiesta del ricorrente, ossia l’esibizione degli atti o il differimento della richiesta. Solo così si spiega il significato dell’espressione “l’accesso è consentito”. Esso presuppone un vero e proprio esame di merito, che si conclude con una decisione che elimina ogni margine di discrezionalità all’amministrazione, in cui il suo potere di ottemperanza è fissato dal dispositivo della decisione, e che, alla fin fine, è meno largo di quello susseguente alla decisione di annullamento. In altri termini, la decisione di accoglimento ha l’effetto immediato di consentire l’accesso e l’effetto, ulteriore ed eventuale, di consentire l’apertura del procedimento di riesame». Sulla controversa natura del rimedio amministrativo introdotto dall’art. 25 della L.241/90, si è recentemente pronunciato TAR Lazio, Sez. I, 5 maggio 2008, n. 3675, aderendo alla tesi maggioritaria secondo la quale si tratterebbe di un ricorso gerarchico improprio. In tal senso si era precedentemente espresso anche C.d S. sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938.

59

sempre attenute alle decisioni di quest’ultima, per cui, a dispetto di quel che si

temeva, esse risultano tutt’altro che “carenti di effettività”105.

In ogni caso, il rimedio giustiziale innanzi al difensore civico o alla

Commissione per l’accesso è facoltativo (ma gratuito, a differenza di quello

giurisdizionale) ed ha un evidente scopo deflativo dei contenziosi dinanzi al

giudice amministrativo che continuano ad essere sempre molto numerosi106.

Per il ricorso giurisdizionale contro il diniego all’accesso l’art. 25,

comma quinto, prevede un procedimento camerale speciale e semplificato che

si chiude con una decisione qualificabile come sentenza. In particolare il

procedimento si caratterizza per il dimezzamento dei termini per la

presentazione del ricorso rispetto al rito ordinario (30 giorni in luogo di 60),

che vengono sospesi in caso di ricorso giustiziale, il TAR dovrà poi decidere

sul ricorso in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine

per il suo deposito. La decisione sarà successivamente appellabile entro i

successivi trenta giorni al Consiglio di Stato, il quale decide con le stesse

modalità e gli stessi termini.

In caso di accoglimento totale o parziale del ricorso, il giudice

amministrativo ordina l’esibizione dei documenti richiesti (art.25,comma 6)107.

Novità introdotta dalla novella del 2005, per evidenti ragioni di economia

processuale, è la possibilità di inserire, in via incidentale, il rito dell’accesso

all’interno di un ricorso ordinario già pendente: in questo caso, il ricorso per 105 Cfr. S.GIACCHETTI, op. cit., p.1025, il quale ha inoltre evidenziato che nel primo semestre di operatività (28 giugno – 31 dicembre 2006) la Commissione ha deciso n. 125 ricorsi ed ha rilasciato n.47 pareri su vari quesiti ed istanze, nonché su regolamenti per l’accesso di singole amministrazioni, mentre nel secondo semestre di attività ha deciso 150 ricorsi ( dei quali quelli accolti rappresentano oltre il triplo rispetto a quelli respinti) ed ha rilasciato n.88 pareri, ed il numero di richieste di pronunzia rivolte alla Commissione è in ulteriore aumento. 106 E’ da rilevare la recente affermazione della giurisprudenza per la quale l’amministrazione deve essere condannata al pagamento delle spese di giudizio se comunica l’accoglimento dell’istanza d’accesso dopo la presentazione del ricorso giurisdizionale (TAR Marche, 24 maggio 2007, n. 388). 107 La mancata tempestiva impugnazione del diniego o del silenzio determina l’inammissibilità del ricorso e l’impossibilità di reiterare la medesima istanza se non è stata contestata giudizialmente la precedente risposta negativa; una nuova istanza di accesso sarà ammissibile solo per fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. III, 26 giugno 2007, n. 1110; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 19 aprile 2007, n. 1875; TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 20 marzo 2007, n. 81).

60

l’accesso può essere proposto con istanza presentata al presidente del tribunale

e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso

principale, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene

deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio.

Alla riforma del 2005 risale anche l’attribuzione delle controversie

relative all’accesso ai documenti alla giurisdizione esclusiva del giudice

amministrativo (L. n.80/05 che ha aggiunto tale previsione alla fine del comma

5 dell’art. 25)

Sempre in un ottica di semplificazione, la riforma del 2005 nei giudizi in

materia di accesso, ha confermato la possibilità (già introdotta dalla L. n.

205/00) per le parti di stare in giudizio personalmente, senza l’assistenza del

difensore; mentre l’Amministrazione resistente può essere rappresentata e

difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente

ed autorizzato dal rappresentante legale dell'ente (art. 25, comma 5-bis).

E’ previsto poi un incrocio di pareri tra Commissione e Garante per i dati

personali, per i rispettivi provvedimenti di competenza nel caso in cui si tratti

di accesso riguardante appunto la riservatezza di terzi; incrocio che non è

previsto per il difensore civico, ma che si ritiene debba valere anche per

esso108.

Il regolamento del 2006 prevede all’art. 12 una articolata disciplina del

ricorso alla Commissione, che si applica, per quanto compatibile, anche al

ricorso al difensore civico (comma 10).

La principale questione che l’indicato regolamento risolve è quella

relativa alla tutela del controinteressato, il quale viene del tutto equiparato al

ricorrente principale, essendogli non solo garantita una effettiva partecipazione

al provvedimento susseguente alla richiesta (art. 3), ma anche la possibilità di

azionare i procedimenti giustiziali ogni qual volta vi sia una decisione di

accoglimento del ricorso giustiziale (art. 12, comma 1).

108 Cfr. V.CERULLI IRELLI, Osservazioni generali …, cit, p.5.

61

Rimane dubbio se possa azionare lo speciale rito di cui all’art. 25, comma

4, dato che in esso si fa riferimento al solo “richiedente”. Tuttavia l’art. 12 del

regolamento consente anche al controinteressato la possibilità di ricorrere alla

Commissione “avverso le determinazioni che consentono l’accesso”. Sicché

sarebbe strano che ciò sia consentito in sede giustiziale e, invece, non lo sia in

sede giurisdizionale109.

109 Così G.P.CIRILLO, Il nuovo sistema…, cit., par. 5.IV.

62

11. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

La disciplina generale sul procedimento amministrativo e sull’accesso ai

documenti amministrativi introdotta per la prima volta con la legge n. 241/90

ha rappresentato una normativa dal fortissimo impatto innovativo, tracciando le

linee direzionali per una radicale trasformazione del rapporto tra cittadino e

pubblica amministrazione, dove al sistema autoritario e della separazione dei

ruoli si sostituisce un rapporto paritario, di democrazia procedimentale, in cui

l’apporto del privato è visto non come un ostacolo ma come un ausilio al

corretto svolgimento dell’azione pubblica, con il conseguente abbandono del

tradizionale segreto e la sua sostituzione con principi generali di pubblicità e

trasparenza dell’attività amministrativa.

In tale quadro, un ruolo fondamentale nella realizzazione dei principi

costituzionali della sovranità popolare, dell’imparzialità e del buon andamento

della pubblica amministrazione va senz’altro riconosciuto all’affermazione del

diritto d’accesso ai documenti amministrativi.

La riforma introdotta introdotta con la legge n. 15/2005 ha avuto una

portata innovativa più modesta, recando per lo più una codificazione di principi

giurisprudenziali e dottrinari consolidatisi nel corso del tempo.

Tra l’altro, mentre la legge n. 241/90 guardava principalmente al

cittadino, mirando a costruire attorno ad esso una rete di garanzie e di

facilitazione dei rapporti con le pubbliche amministrazioni, le poche misure

della legge n. 15/2005 che hanno innovato rispetto al precedente panorama

normativo e giurisprudenziale non sembrano andare verso questa direzione,

ma paiono, al contrario guardare ai problemi dall’angolazione

dell’amministrazione, erodendo gli spazi di garanzia e di trasparenza e

limitando i doveri di responsabilità delle pubbliche amministrazioni110.

110 Cfr. A.SANDULLI, Verso la codificazione della disciplina amministrativa? in Giornale di diritto amministrativo, n.6/2006.

63

Un esempio di ciò può rinvenirsi proprio nella disciplina dell’accesso ai

documenti amministrativi dove in ordine alla legittimazione ad accedere

nessun passo in avanti è stato compiuto rispetto all’originaria stesura: anzi, si è

prodotto forse un arretramento poiché alla meno preclusiva locuzione

«chiunque sia titolare di una situazione giuridicamente rilevante» si è

sostituita la più stringente formula «tutti i soggetti privati … che abbiano un

interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione

giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».

Tale formulazione pur traducendo in sostanza buona parte degli orientamenti

giurisprudenziali, appare “potenzialmente più restrittiva” rispetto alla

precedente, sia in riferimento alla valutazione relativa alla concretezza ed

all’attualità dell’interesse, che alla sostituzione, in relazione alla situazione

giuridica, del termine “rilevante” con quello “tutelata”111.

Analoga previsione è attualmente contenuta nell’art. 2 del nuovo

regolamento per l’accesso approvato con il DPR n. 184/06, con l’unica

variante della riproposizione del termine «chiunque» in luogo di «tutti i

soggetti privati».

Pertanto colui che richiede l’accesso ai documenti amministrativi deve

necessariamente trovarsi in una posizione differenziata costituita dalla titolarità

di una situazione giuridica protetta dall’ordinamento.

È evidente che siamo lontani da quel processo graduale di apertura verso

una piena estensione della legittimazione ad accedere auspicato dalla

Commissione Nigro112 e dalla stessa legge del 1990, se dopo quasi un

ventennio, in evidente distonia con la disciplina comunitaria e con la normativa

di altri paesi europei, il legislatore ha ritenuto opportuno restringere, almeno

formalmente, le maglie dell’accesso con una più preclusiva formulazione della

situazione giuridica sottesa al desiderio di ostensione.

111 Così A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 494. 112 Che nell’originario disegno di legge riconosceva la titolarità del diritto di accesso a «tutti i cittadini», con ciò intendendo dar foggia ad una vera e propria azione popolare.

64

A riguardo, è stato giustamente rilevato che essendo la scelta di ampliare

la sfera delle garanzie per i privati rimessa all’autonoma decisione di regioni ed

enti locali (artt. 22, c.2, e 29, c.2), “i nuovi confini della legittimazione ad

accedere sono affidati alle spinte provenienti dal basso”113.

È evidente che la limitazione della sfera dei soggetti legittimati ad

accedere ai documenti amministrativi, contenuta nel nuovo art. 22 della legge

n. 241/90, è destinata ad incidere negativamente sul conseguimento

dell’obiettivo della trasparenza amministrativa.

Difatti, la piena attuazione di tal fine implica l’esercizio di un controllo

democratico da parte della generalità dei cittadini sull’operato dei soggetti

pubblici. Di conseguenza, l’attribuzione del diritto di accesso ai soli titolari di

situazioni giuridicamente tutelate limita in modo significativo, nonostante gli

sforzi estensivi della giurisprudenza, la “democraticità” del controllo e in

ultima analisi la piena attuazione del principio della trasparenza.

Resta tuttavia irrinunciabile, onde prevenire la paralisi dell’attività e degli

uffici delle pubbliche amministrazioni subissate da innumerevoli richieste, la

necessità di ancorare l’esercizio di tale diritto ad un interesse che sia personale,

attuale, concreto, serio, non emulativo e non riconducibile a mera curiosità.

Occorre inoltre considerare che l’esercizio del diritto di accesso ai

documenti amministrativi può determinare un vulnus al diritto alla riservatezza

dei terzi coinvolti nel documento, diritto anch’esso costituzionalmente tutelato

(art. 2 Cost.), e che l’esigenza di tutela della privacy negli ultimi anni è

divenuta in generale via via più sentita all’interno della nostra società (si pensi

ad esempio al potenziale offensivo arrecato dalle nuove tecnologie, alla

diffusione dei sistemi di videosorveglianza nelle città e negli uffici, pubblici e

privati, alle intercettazioni telefoniche e telematiche abusive, ecc.).

Tale esigenza di tutela, in relazione all’enorme patrimonio di dati e

documenti detenuto dalla pubblica amministrazione per fini istituzionali, fino 113 Così A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 494.

65

al 1990 sostanzialmente non si poneva, essendo tale attività caratterizzata dalla

riservatezza e dal segreto. Essa è invece divenuta imprescindibile in seguito

all’apertura della P.A. verso l’esterno ed alla previsione del diritto di accesso ai

documenti amministrativi.

È quindi da accogliere con favore il tentativo del legislatore di fornire,

seppur cristallizzando precedenti orientamenti giurisprudenziali,

all’amministrazione ed al giudice un parametro legale di riferimento nel

difficile bilanciamento dei contrapposti interessi alla conoscenza ed alla

riservatezza, prevedendo che nel caso di documenti contenenti dati sensibili o

giudiziari relativi a terzi l’accesso vada concesso «nei limiti in cui sia

strettamente indispensabile», e nei termini previsti dall’art. 60 del Codice della

privacy, ovvero tenendo conto, nel caso concreto, del rango degli interessi

contrapposti, nel caso di documenti contenenti dati ultrasensibili (salute, vita

sessuale, dati genetici). All’accesso viene comunque riconosciuta una generale

preminenza qualora esso sia necessario per curare o difendere i propri interessi

giuridici (art. 24, c. 7). Sull’inidoneità di tale parametro a rappresentare una

reale perimetrazione del diritto d’accesso, e di converso a tutelare quello alla

riservatezza, si è già detto nel corso della trattazione.

Doverosa appare poi, in ossequio ai principi costituzionali della difesa e

del contraddittorio, la tutela dei controinteressati introdotta con la legge di

riforma e prima del tutto assente, sebbene questa determini un inevitabile

rallentamento dell’accesso ed una notevole restrizione alla possibilità di

accedere in via informale.

Da rimarcare positivamente è anche l’estensione dell’ambito di

operatività del diritto d’accesso anche all’attività privata di pubblico interesse,

attraverso una formulazione ampia della definizione di “pubblica

amministrazione” rilevante ai fini della normativa sull’accesso (art. 22, c.1,

lett.d).

66

Si è tuttavia evidenziato in dottrina che “per quanto riguarda la

trasparenza amministrativa, si è persa l’occasione di passare dal diritto

d’accesso ai documenti alla pubblicità delle informazioni”114 come è avvenuto

ad esempio negli ordinamenti anglosassoni (USA e Regno Unito) e scandinavi

dove sono state introdotte discipline che tutelano la libertà di informazione

nell’ottica dell’open government, e cioè della massima pubblicità delle

informazioni, grazie anche ad un consistente processo di innovazione

tecnologica, e come pure sta avvenendo in altri paesi dell’Europa occidentale e

nello stesso ordinamento comunitario che si sono mossi in direzione

dell’ampliamento delle forme di accesso, da noi registratosi solo in materia

ambientale dove chiunque può chiedere di accedere alle relative informazioni

senza che debba dichiarare il proprio interesse. Inoltre nel nostro sistema

oggetto dell’accesso permane il documento, anziché le informazioni in esso

contenute, con l’implicazione che l’amministrazione non è tenuta a compiere

elaborazioni sui dati richiesti115.

Partendo da queste ultime osservazioni può però osservarsi, innanzi tutto,

che in materia ambientale le informazioni hanno di regola natura obiettiva, non

attengono a dati personali ed interessano in via diretta ed immediata l’intera

collettività, per cui in materia ambientale è difficile ipotizzare situazioni di

controinteresse giuridicamente tutelabili (un’apertura analoga potrebbe

ipotizzarsi per le informazioni sanitarie, e specialmente per quelle di carattere

farmaceutico)116. Inoltre, il fatto che l’amministrazione non sia tenuta a

compiere elaborazioni sui dati richiesti non và visto in termini necessariamente

negativi: infatti, a parte la considerazione che l’elaborazione presupporrebbe

una totale informatizzazione degli archivi amministrativi (dalla quale la P.A.

italiana, nonostante gli sforzi, e tranne alcune eccezioni, risulta ancora molto 114 Così B.G.MATTARELLA, in Le dieci ambiguità della legge n. 15 del 2005, in Giornale di diritto amministrativo, n.8/2005, p. 822. 115 Così A.SANDULLI, La casa dai vetri oscurati: i nuovi ostacoli all’accesso ai documenti, in Giornale di diritto amministrativo, n.6/2007. 116 Così S.GIACCHETTI, Accesso «über alles»?, in Giornale di diritto amministrativo, n.9/2007, p.1024 e p.1026.

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lontana), va tenuto presente che l’elaborazione può comportare un notevole

impegno in termini di tempo e di costo ed una responsabilità circa l’esattezza

dei dati forniti, e che la legge vigente prevede che l’accedente sia tenuto a

sostenere soltanto il costo vivo di ricerca e riproduzione dei documenti. Sicchè

l’amministrazione potrebbe trovarsi gravata da una serie di “oneri impropri”

che verrebbero inevitabilmente a gravare sui rispettivi contribuenti (a meno di

non prevedere un compenso a parte per l’elaborazione dei dati), e non sembra

che attualmente le amministrazioni siano in grado di permetterselo117.

Quanto alla critica principale, relativa al mancato raggiungimento di una

piena e completa trasparenza amministrativa si è osservato che “la generosa

aspirazione per una casa di vetro in cui dovrebbe vivere ed operare la pubblica

amministrazione è l’aspirazione naturale di ogni sincero democratico” tuttavia

essa rappresenta “una meta ideale a cui tendere, ma con la consapevolezza che

si tratta di una meta irraggiungibile, come una sorta di arcobaleno della

democrazia: perché pure nelle case più per bene esistono stanze in cui è buona

regola non entrare senza aver chiesto prima permesso e in cui comunque non è

opportuno collocare l’occhio del grande fratello”118.

«E questo perchè non va dimenticato che l’accesso è in sostanza un’arma:

e come tutte le armi può essere usata per un fine personale (di tutela dei propri

interessi giuridici) coincidente con il suo fine istituzionale (contribuire ad

aumentare il tasso di democrazia reale all’interno di un determinato aggregato

sociale, come in sostanza prevede l’art. 22, c. 2, della legge n. 241/1990); ma

può anche essere usata per un fine personale (raccolta di notizie altrui per

motivi che possono spaziare dal gossip allo spionaggio ed al ricatto, come non

di rado accade in pratica) non coincidente con il suo fine istituzionale.

Ora in quegli ordinamenti (quali quelli anglosassoni e scandinavi, ricordati da

Aldo Sandulli) in cui un forte senso civico si accompagna ad una forte

117 Così S.GIACCHETTI, cit., p.1024. 118 Così S.GIACCHETTI, cit., p.1026.

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rivendicazione di libertà individuale, a cui però fa da contrappeso una sicura e

tempestiva applicazione del principio “chi sbaglia paga” ( … ) può anche

essere consentita una disinvolta commercializzazione di un’arma quale

l’accesso. Ma in un ordinamento come il nostro, a basso o bassissimo senso

civico, in cui l’equilibrio diritti/doveri è fortemente sbilanciato in favore dei

primi con conseguente alta propensione alla conflittualità ed alla contenziosità,

in cui doveri, controlli e sanzioni sono in sostanza un optional (basta pensare

all’evasione fiscale e all’emergenza rifiuti in Campania), ed in cui i soli valori

unificanti sembrerebbero quelli sportivi o canori, un accesso generalizzato ed

incontrollato potrebbe creare qualche rischio per una serena convivenza sociale

e – al limite − per lo stesso sistema democratico, anche perché allora

diventerebbe incomprensibile e contraddittorio un interesse generale secondo

cui dovrebbero essere accessibili i documenti amministrativi del Comune di

Roccacannuccia di Sotto e invece non sono accessibili i documenti

amministrativi della Parmalat. Non è possibile quindi mitizzare il diritto

d’accesso e farne, in virtù della dignità di (inconsapevole) collaboratore di

giustizia amministrativa che il citato art. 22, c. 2, sembrerebbe attribuire

all’accedente, una sorta di bollino di garanzia della democraticità, un

superdiritto über alles, al di sopra di ogni disciplina positiva e al di fuori di

ogni controllo; si tratta pur sempre di un diritto limitato e quindi disciplinato e

controllato»119. Solo qualora, per avventura, il nostro Paese raggiungesse gli

standard dei paesi di più antica democrazia, potrebbe realizzarsi la massima

pulizia possibile dei vetri attualmente oscurati120.

Dott. Nicola Tolfa *

119 Così S.GIACCHETTI, cit., p.1026. 120 Così S.GIACCHETTI, cit., p.1027. * Funzionario amministrativo presso la Direzione Generale INPS di Roma. Il presente lavoro, frutto dell’elaborazione personale dell’autore ed in alcun modo riconducibile all’Ente di appartenenza, rappresenta la tesi finale elaborata dall’autore nell’ambito del Master di II livello in Diritto Amministrativo e Scienze dell’Amministrazione svoltosi presso l’Università degli Studi Roma Tre nell’anno 2008.

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