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Progetto Geotermico “ROMA OVEST” Comuni di Fiumicino e Roma

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Progetto Geotermico “ROMA OVEST” Comuni di Fiumicino e Roma

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Progetto Geotermico

“ROMA OVEST”

Comuni di Fiumicino e Roma

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Sistema Geotermico: Sistema fluido convettivo che, in uno spazio confinato nella parte superiore della crosta terrestre, trasporta il calore da una sorgente termica al luogo, generalmente la superficie, dove il calore stesso è assorbito (disperso o utilizzato) (Hochstein, 1990).

Un altro fattore importante dei sistemi geotermici è la copertura del campo, costituita da rocce impermeabili, che limita la dispersione del calore e del fluido in superfice.

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Un sistema geotermico è formato da tre elementi: • Sorgente di calore; • Fluido; • Serbatoio.

• Sorgente di Calore: Il gradiente geotermico normale è di 3°C/100m, pertanto è necessaria un’anomalia termica, solitamente è legata all’attività magmatica, che permetta il riscaldamento delle rocce;

• Fluido: è il vettore, acqua o vapore, che «trasporta» il calore dal sottosuolo alla superfice. Entra nel sistema freddo dalle aree di ricarica e si riscalda nel serbatoio;

• Serbatoio: permette l’accumulo dei fluidi, la loro circolazione ed il riscaldamento degli stessi. È costituito da rocce permeabili sia per porosità che soprattutto per fratturazione.

Che cos’è la geotermia?

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Nella prima parte del diciannovesimo secolo, nella zona che poi ha avuto il nome di Larderello (Toscana), era stata costruita una piccola industria chimica per estrarre l’acido borico dalle acque calde, che sgorgavano naturalmente dal suolo o erano estratte da pozzi di piccola profondità. Nel 1827 Francesco De Larderel, proprietario di una piccola industria chimica per estrarre l’acido borico, ideò un sistema per sfruttare il calore degli stessi fluidi borici nel processo di evaporazione.

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Nascita della geotermia

Il primo tentativo di produrre elettricità dall’energia contenuta nel vapore geotermico è stato fatto a Larderello nel 1904. La prima macchina (un motore alternativo accoppiato ad una dinamo), che ha prodotto elettricità sfruttando il vapore geotermico. A fianco, il Principe Piero Ginori Conti, succeduto a Francesco De Larderel nella proprietà dell’industria boracifera.

Nella medesima area geotermica, tra il 1910 ed il 1940, si avviò, ampliandosi progressivamente, l’utilizzazione del vapore a bassa pressione per il riscaldamento di edifici residenziali ed industriali, e di serre.

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Sviluppo e produzione mondiale

Dopo la 2° Guerra Mondiale molti paesi sono stati attirati dall’energia geotermica. Da allora la produzione è cresciuta drasticamente fino ad arrivare ad una capacità totale installata di oltre 11000 MW.

L’Italia (920 MW) è stata quindi superata nella potenza installata da Stati Uniti (5400 MW), Indonesia (3500 MW), Filippine (2500 MW), Nuova Zelanda (1240 MW) e Messico (1140 MW).

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Classificazione delle risorse

Il più comune criterio di classificazione delle risorse geotermiche si basa sull’entalpia dei fluidi, che trasferiscono il calore dalle rocce calde profonde alla superficie. L’entalpia, che può essere considerata più o meno proporzionale alla temperatura, è usata per esprimere il contenuto termico (energia termica) dei fluidi, e dà un’idea approssimativa del loro “valore”. Le risorse sono divise in risorse a bassa, media ed alta entalpia (o temperatura), secondo diversi criteri.

Frequentemente viene fatta una suddivisione tra sistemi geotermici ad acqua dominante e sistemi geotermici a vapore dominante (o a vapore secco) (White, 1973). • Acqua dominante: L’acqua liquida è la fase

continua, che controlla la pressione. Può essere presente vapore in forma di bolle. (125-225 °C);

• Vapore dominante (a vapore secco):

Coesistono nel serbatoio acqua liquida e vapore, che è la fase continua che controlla la pressione. (T>350 °C)

Classificazione delle risorse geotermiche in base alla temperatura (°C)

(a) (b) (c) (d)

Risorse a bassa entalpia

<90 <125 <100 ≤150

Risorse a media entalpia

90-150

125-225

100-200

*

Risorse ad alta entalpia

>150 >225 >200 >150

a) Muffler e Cataldi, 1978

b) Hochstein, 1990

c) Benderitter e Cormy, 1990

d) Nicholson, 1993

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Geotermia tradizionale

In Italia la produzione di energia elettrica da fonte geotermica, fino al 2010 monopolio di ENEL, è stata sostanzialmente realizzata tramite impianti che sfruttano due tipi di tecnologie:

• Sistemi Dry Steam (a vapore dominante);

• Sistemi a Flash (a acqua dominante).

In questi tipi di impianto viene estratto vapore (secco o umido) dai pozzi di produzione. Questo vapore viene mandato direttamente in turbina, talvolta passando da un separatore, dove viene fatto espandere producendo lavoro che, attraverso il generatore, viene trasformato in energia elettrica. La parte liquida in uscita dal separatore viene reiniettata mentre il fluido in uscita dalla turbina viene in parte condensato in apposite torri di raffreddamento e in parte disperso in atmosfera. La parte condensata viene poi anch’essa reiniettata.

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Geotermia tradizionale

Le centrali di tipo tradizionale hanno grandi dimensioni. Soprattutto le torri di raffreddamento possono raggiungere i 100 m di altezza ed emettono delle caratteristiche colonne di vapore acqueo, spesso oggetto di forti critiche da parte delle comunità locali. L’elevato impatto paesaggistico di questi impianti è amplificato dalle condotte di adduzione, raramente mascherate e quindi visibili a grandi distanze.

Oltre all’impatto paesaggistico questi impianti producono anche elevati quantitativi di CO2 e H2S. Mentre la CO2 ha un impatto ambientale sostanzialmente trascurabile in quanto nelle aree geotermiche sono già presenti emissioni naturali di anidride carbonica, le emissioni di H2S hanno invece un impatto maggiore in quanto producono il caratteristico cattivo odore di uova marce. Infine la mancata reimmissione totale dei fluidi estratti provoca un calo progressivo della pressione del serbatoio che va a incidere negativamente sulla sostenibilità a lungo termine della risorsa e che potrebbe causare locali fenomeni di subsidenza.

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Nuova Geotermia

La nuova geotermia intende invece introdurre anche in Italia gli impianti a ciclo binario attraverso i quali viene prodotta gran parte dell’energia geotermica mondiale. In questi tipi di impianto il fluido geotermico non viene utilizzato direttamente per la produzione di energia elettrica ma viene inviato a uno scambiatore di calore dove porta a ebollizione un fluido di lavoro organico bassobollente. Il vapore così prodotto viene inviato in turbina per la produzione di energia elettrica e successivamente ricondensato attraverso sistemi di raffreddamento ad aria. Il fluido geotermico estratto, in uscita dallo scambiatore di calore viene invece totalmente reiniettato nelle formazioni di provenienza. In questo modo il fluido geotermico rimane sempre isolato dall’ambiente esterno durante tutto il ciclo produttivo non entrando mai in contatto con l’atmosfera.

Componenti principali dell’impianto:

• Scambiatore di calore: realizza lo scambio termico tra il fluido geotermico e il fluido intermedio;

• Preriscaldatore: scalda il fluido di lavoro prima che entri nello scambiatore di calore con il fluido geotermico in uscita dallo stesso;

• Sistema Turbina-Generatore: trasforma l’energia potenziale termodinamica in lavoro meccanico e quindi in elettricità;

• Condensatore: scambiatore di calore ad aria che permette il prelievo dell’energia termica dal fluido di lavoro in modo da riportarlo alla condizione di liquido saturo.

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Nuova Geotermia

Negli impianti a ciclo binario non sono presenti le torri di raffreddamento, sostituite da un sistema di condensazione ad aria, paesaggisticamente molto meno impattante. Inoltre questa tecnologia fa si che il fluido geotermico non entri mai in contatto con l’atmosfera e quindi non vi sia alcuna emissione di CO2 né di H2S, con evidenti vantaggi ambientali.

Il «ciclo chiuso» inoltre permette di reiniettare totalmente il fluido estratto nel serbatoio mantendo costante la ricarica del serbatoio dal punto di vista idraulico. Le temperature operative minori permettono una maggiore diffusione degli impianti

T>200 °C

T>150 °C

T>100 °C

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Integrazione con gli usi diretti

I fluidi a bassa temperatura in cascata da impianti geotermoelettrici possono essere sfruttati tramite i cosiddetti usi diretti. A seconda delle caratteristiche termiche del fluido possono essere applicate diverse modalità di utilizzo, dalle comuni pompe di calore e terme fino al riscaldamento delle serre o al teleriscaldamento di abitazioni. Tutte queste attività non sono però alternative a quelle geotermoelettriche ma integrative e consentono un utilizzo più completo della risorsa geotermica.

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Sviluppo tipo di un progetto

Sarà possibile procedere con la perforazione esplorativa solo in seguito all’ottenimento delle specifiche autorizzazioni da parte degli enti competenti. Tra queste autorizzazioni figura anche quella relativa alla valutazione degli impatti ambientali (procedimento di VIA e/o di verifica di assoggettabilità a VIA).

Lo sviluppo di un progetto geotermico prevede una prima fase di accertamento della risorsa tramite l’esplorazione, prima di superficie e poi profonda. Al termine dell’esplorazione di superfice viene realizzato un modello del campo che permette di definire l’ubicazione del pozzo esplorativo e il target della perforazione.

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Sviluppo tipo di un progetto

Una volta rinvenuta la risorsa, per procedere alla coltivazione della stessa, è necessario richiedere la concessione di coltivazione. Il rilascio della concessione di coltivazione è subordinato all’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie, tra cui anche la Valutazione di Impatto Ambientale. Nell’ambito della concessione di coltivazione vengono definite le strategie di coltivazione della risorsa, vengono pianificate le nuove perforazioni e realizzato l’impianto di produzione.

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Esplorazione di superficie

Le attività di esplorazione possono essere suddivise in base al livello di dettaglio del dato risultante, in base al loro costo ed in base alla loro affidabilità. Le attività solitamente effettuate per prime sono: • Rilevamento Geologico: Individuazione di strutture,

definizione della fratturazione e della termalità; • Rilievo Idrogeochimico: Caratterizzazione dei fluidi,

applicazione di geotermometri; • Rilievo Gravimetrico: Definizione approssimativa del

sottosuolo. Validazione di altri dati tramite modelling.

Le attività che vengono realizzate per definire con maggiore dettaglio le strutture ed il target di perforazione invece sono: • Rilievo Sismico a Riflessione: Definizione

accurata, in 2D o 3D, dell’andamento delle unità e delle strutture nel sottosuolo;

• Rilievo Magnetotellurico: Definizione dell’andamento delle unità nel sottosuolo con particolare riferimento alla presenza di acqua. Può anche servire per la validazione di altri dati tramite modelling.

Le attività di esplorazione di superficie non comportano impatti ambientali significativi in quanto consistono sostanzialmente nell’esecuzione di rilievi che non prevedono alcuna modifica dell’assetto morfologico o al massimo piccoli scavi superficiali, attraverso l’utilizzo di strumentazione messa in opera da personale appiedato o che si muove con automezzi su strade esistenti.

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Esplorazione profonda

La perforazione profonda permette di verificare l’assetto geologico emerso dall’esplorazione di superficie e accertare la presenza e le caratteristiche della risorsa nonché la produttività del serbatoio geotermico.

I moderni impianti di perforazione permettono di operare in tutta sicurezza garantendo la minimizzazione degli impatti ambientali.

La protezione delle falde acquifere è ottenuta mediante l’isolamento dei livelli sede di acquiferi tramite apposite colonne (casing) saldamente cementate alle pareti del foro.

Gli impianti di perforazione sono inoltre dotati di dispositivi atti a chiudere il pozzo in caso di fuoriuscite di gas (Blow Out Preventer).

Con l’eventuale rinvenimento della risorsa termina la fase esplorativa del progetto. La coltivazione della risorsa potrà procedere solo a seguito dell’ottenimento della Concessione di coltivazione, per la quale sarà necessario sottoporre il progetto a specifiche autorizzazioni, tra cui la Valutazione di Impatto Ambientale.

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Il progetto “ROMA OVEST” – Inquadramento generale

Permesso di ricerca ROMA OVEST

TITOLARE DER S.r.l.

REGIONE Lazio

PROVINCE Roma

COMUNI Fiumicino, Roma

SUPERFICIE 45 km2

CONFERIMENTO 12/02/2009

Ubicazione

del pozzo

esplorativo

Esplorazione di

Superficie e Modello

concettuale del campo

RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE ALLA PERFORAZIONE ESPLORATIVA

Presentata in data 3/06/2011

RICHIESTA DI ASSOGGETTABILITA’ A VIA PER LA PERFORAZIONE ESPLORATIVA

Esclusa dal procedimento di VIA con prescrizioni

con pronuncia del 16/12/2011

RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA PER LA PERFORAZIONE ESPLORATIVA

Autorizzazione rilasciata con determinazione del

04/09/2012

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Il progetto “ROMA OVEST” – Inquadramento geologico

Dati di pozzo

Negli anni ’50 l’area oggetto del permesso d ricerca è stata esplorata dalla Pontina Metano che ha perforato due pozzi profondi denominati ROMA 1 e ROMA 2. Questi due pozzi costituiscono al momento l’unico elemento diretto sulla stratigrafia di sottosuolo e risultano pertanto fondamentali per tarare i metodi di prospezione superficiale.

Oltre al dato stratigrafico i due pozzi assumono importanza fondamentale anche per quanto riguarda lol stato termico del reservoir in quanto durante la perforazione sono state effettuate misure di temperatura a diversi livelli.

Le misure di temperatura effettuate durante la perforazione dei due pozzi profondi hanno messo in evidenza un gradiente superiore a quello normale.

Per entrambi i pozzi le misure di temperatura non sono stabilizzate ed eseguite al massimo dopo aver arrestato la circolazione per 30 ore.

Il profilo di temperatura per il pozzo ROMA 2 mette in evidenza, a una profondità di 2400 e dopo 30 ore di arresto della circolazione un incremento di temperatura da 137°C a 143°C, il che lascia presupporre temperature in serbatoio più elevate (160°C).

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Il progetto “ROMA OVEST” – Inquadramento geologico

Altri dati

L’obiettivo primario della perforazione esplorativa è costituito dalle formazioni calcaree Liassiche e Triassiche fratturate della serie Umbra (calcare selcifero e calcare massiccio).

L’andamento nel sottosuolo di queste formazioni è stato ricostruito grazie ai dati pregressi e ai dati derivanti dall’esplorazione di superficie condotta.

Linee sismiche (progetto VIDEPI) Rilevo Gravimetrico di dettaglio Rilievo Idrogeochimico

Rilievo sismico passivo Rilievo elettromagnetico Rilievo emissioni di CO2 al suolo

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Il progetto “ROMA OVEST” – Inquadramento geologico

Stratigrafia attesa

Il pozzo di riferimento è il Roma 2 che incontra il top di queste formazioni a una profondità di 1700 m dal p.c..

I profili sismici a riflessione e le altre prospezioni di superficie mettono in evidenza come nell’area individuata per la perforazione ci si trovi in una situazione di alto rispetto al pozzo di riferimento.

Si prevede la perforazione di 2 pozzi esplorativi, denominati rispettivamente MONTE ANTICO 1 e MONTE ANTICO 1d - la cui profondità finale prevista è di 2.100 metri circa dal piano di campagna - che consentiranno di testare sia le possibilità di prelievo che quelle di reiniezione del fluido geotermico.

Il profilo di tubaggio del pozzo è stato realizzato in modo tale da isolare le falde superficiali impedendo quindi l’interazione con le acque profonde e garantendo la stabilità del pozzo in fase di perforazione.

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Il progetto “ROMA OVEST” – La perforazione

L’area individuata per la perforazione esplorativa si trova nel comune di Fiumicino, circa 1,5 km ad est del centro abitato di Aranova, a sud dell’incrocio tra via Felice Ramorino e Via Pietro Milanesi, ad una quota media di 29 m s.l.m., ad una distanza di circa 190 m dalla sponda destra del Fosso dei Prataroni che scorre ad una quota di circa 25 m s.l.m. Il Fosso confluisce, circa 1300 m a valle, nel Fiume Arrone. Nel raggio di circa 410 m dall’area di progetto non sono presenti abitazioni, anche perché tutto il settore sud-occidentale è interessato da attività estrattive.

Nella zona sarà allestita un’area di cantiere di circa 4.500 mq (circa 90x50 m) destinata ad accogliere l’impianto di perforazione vero e proprio e le vasche per i fanghi di perforazione e per i reflui, nonché una zona più limitata destinata ad accogliere 2 bacini di raccolta acque, ciascuno con una capacità di 1500 m3, che fungeranno da riserva idrica nelle fasi di perforazione e da vasche di raccolta acque durante le prove di produzione.

L’impianto di perforazione che verrà utilizzato sarà l’IDECO M1200 facente parte della flotta della Hydrodrilling International S.p.A..

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Il progetto “ROMA OVEST” – La perforazione

L’ingombro temporaneo del cantiere (circa 6 mesi) è caratterizzato dalla presenza di una torre di perforazione di 60 m di altezza ma la morfologia della valle minimizza l’estensione delle aree da cui è visibile il cantiere. Il cantiere risulta visibile lungo un breve tratto di circa un chilometro della SP Valle dell’Arrone, a monte dello svincolo della Via Aurelia.

La percezione della presenza temporanea della torre di perforazione viene attenuata dalla prossimità di un’estesa area estrattiva e dalla presenza nella vallata di un elettrodotto.

Al termine della perforazione la disposizione finale dell’area pozzi consiste in una coppia di teste pozzo ubicate all’interno di un’area recintata di circa 12x7 m e installate su un basamento in c.a.. Le teste pozzo sono provviste di una apparecchiatura di sicurezza munita di valvole, che permette di isolare il pozzo dall’ambiente esterno.

La croce di produzione completa la testa pozzo e permetterà di collegare le linee che trasportano il fluido geotermico dai pozzi all’impianto di produzione e viceversa per la reiniezione.

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Il progetto “ROMA OVEST” – Sviluppi futuri

In caso di rinvenimento della risorsa il piano di sviluppo geotermico prevede la realizzazione di un primo impianto di produzione di energia elettrica della potenza nominale di 10MWe.

Lo sviluppo del campo geotermico potrà avvenire solo in seguito all’ottenimento della Concessione di coltivazione e delle altre autorizzazioni necessarie alla costruzione e all’avvio della centrale geotermoelettrica.

La coltivazione della risorsa avverrà nel pieno rispetto dell’ambiente mediante l’utilizzo di impianti a ciclo binario.

In questi impianti il fluido geotermico viene prelevato dall'acquifero attraverso una pompa di estrazione, fatto passare in uno scambiatore di calore localizzato nell'impianto a ciclo binario e reimmesso nel sottosuolo senza alcuna altra variazione, salvo l'estrazione di parte del calore in esso contenuto che viene utilizzato per scaldare un altro liquido, chiamato fluido di lavoro, caratterizzato da una temperatura di ebollizione più bassa dell'acqua. In seguito al riscaldamento ricevuto, il fluido di lavoro vaporizza e la forza di espansione del vapore ottenuto fa muovere le turbine che alimentano i generatori di corrente elettrica. Successivamente, il fluido di lavoro viene ricondensato per mezzo di condensatori ad aria e reimmesso nel ciclo.

I fluidi geotermici quindi non entrano mai in contatto con l'atmosfera e vengono reiniettati nel sottosuolo al 100%. Questo consente il duplice beneficio di ridurre le emissioni praticamente a zero, prevenendo potenziali fonti di inquinamento (geochimica, termica etc.), e di mantenere costante la ricarica del serbatoio dal punto di vista idraulico, condizione fondamentale per una corretta gestione della risorsa geotermica.

Il sistema “acquifero-pozzo/i produttore/i-scambiatore di calore-pozzo reiniettore”, inoltre, viene mantenuto in pressione per evitare il "flashing" con conseguente liberazione di gas. Lo stesso fluido di lavoro non entra mai in contatto fisico o chimico con l'ambiente esterno, essendo contenuto completamente all'interno dei tubi, degli scambiatori di calore e della turbina.

Gli unici possibili impatti ambientali per centrali di questo tipo, dunque, sono ridotti ad un modesto impatto visivo ed acustico, che possono essere però facilmente minimizzati mediante mirati accorgimenti estetici e funzionali.

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Il progetto “ROMA OVEST” – L’impianto di produzione

Si prevede di realizzare l’impianto di produzione nei pressi della postazione di perforazione Monte Antico.

La scelta dell’ubicazione è stata fatta tenendo conto dei seguenti fattori:

• la necessità di evitare aree soggette a vincolo;

• la massimizzazione della distanza da zone abitate e da aree di pregio;

• la necessità di garantire il miglior inserimento paesaggistico, compatibilmente con i vincoli sopra indicati;

• la minimizzazione del suolo occupato;

• la necessità di mantenere il più possibile inalterato il regime idraulico;

• la minimizzazione degli impatti previsti durante la fase di realizzazione dell’opera.

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Benefici e ricadute sul territorio

Indotto: possibilità di impiego di imprese e risorse locali in fase di realizzazione delle opere civili necessarie alla

perforazione dei pozzi e per la gestione/manutenzione dell’impianto;

Utilizzo del calore: possibilità di sfruttamento del calore residuo alla bocca della centrale ad uso domestico e/o

industriale;

Contributo sulla produzione: Ai sensi dell’articolo 16, comma 4, del D.Lgs. 22/2010: “[…]sono altresì dovuti dai

concessionari i seguenti contributi:

a) 0.13 centesimi euro per ogni kWh di energia elettrica prodotta nel campo geotermico, […], ai Comuni in cui

è compreso il campo geotermico coltivato, proporzionalmente all'area delimitata dal titolo o dall'insieme

dei titoli di coltivazione, assicurando comunque ai Comuni, sede di impianti, una quota non inferiore al 60

per cento;

b) 0.195 centesimi euro per ogni kWh di energia elettrica prodotta nel campo geotermico, […], alle Regioni nel

cui territorio sono compresi i campi geotermici coltivati, proporzionalmente all'area delimitata dal titolo o

dall'insieme dei titoli di coltivazione.

Contributo “una tantum”: Ai sensi dell’articolo 16, comma 11, del D.Lgs. 22/2010, “Ai comuni sede d'impianto di

produzione di energia elettrica è dovuto dal soggetto utilizzatore un contributo a titolo di compensazione

ambientale e territoriale in sede di prima installazione pari al 4% del costo degli impianti …”;

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Benefici e ricadute sul territorio

Canoni annui: Ai sensi dell’art. 16, commi 1 e 2, del D.Lgs. 22/2010 “Il titolare del permesso di ricerca deve

corrispondere all'autorità competente il canone annuo anticipato di euro 325 [valore 2010] per ogni chilometro

quadrato di superficie compresa nell'area di permesso” e successivamente, una volta ottenuta la concessione di

coltivazione, “[…] un canone annuo anticipato di euro 650 [valore 2010] per chilometro quadrato di superficie

compresa nell'area della concessione”. Ai sensi del comma 9 del medesimo articolo, il gettito di tali canoni “…in

quanto connesso a finalità di compensazione territoriale, viene di norma destinato, previa intesa con gli Enti

territoriali competenti, alla promozione di investimenti finalizzati al risparmio ed al recupero di energia, alle

migliori utilizzazioni geotermiche, alla tutela ambientale dei territori interessati dagli insediamenti degli impianti

nonché al riassetto e sviluppo socio-economico, anche nel quadro degli interventi previsti dallo stesso piano

regionale di sviluppo”.