Dentro la storia - edizione arancione

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Keith C. Barton ha scritto «a nessuno piace come è insegnata la storia»: lo scopo per il quale è stato scritto questo libro è rendere lo studio della storia appassionante, coinvolgente, piacevole. La storia infatti, secondo noi, non deve essere concepita come un mucchio di date e nomi da mandare a memoria, né come un meccanismo automatico e lineare che fa conseguire ad una causa un effetto. Pensiamo che la storia, pur nella concatenazione degli eventi, sia qualcosa di diverso: il frutto di una serie complessa di fattori, dove hanno un peso importante le scelte, i desideri, l’iniziativa degli individui. Anche in questa seconda edizione, ci siamo quindi impegnati a portare il nostro lettore dentro la storia, per scoprire l’intreccio degli elementi che sottostà agli eventi, in modo da evitare rappre- sentazioni piatte e irrigidite. Siamo consapevoli che parlare di storia significa inevitabilmente porsi delle domande su chi ha letto un certo evento, su quali prove ha portato a sostegno delle sue argomentazioni, sul motivo che ne ha ispirato le conclusioni: parlare di storia significa parlare di interpretazioni, sempre perfezionabili man mano che acquisiamo nuovi elementi e apprendiamo nuove metodologie. Per questo motivo Dentro la storia propone diverse voci, dalle testimonianze di quanti hanno vissuto un certo evento o periodo ai risultati della più recente ricerca storiografica, evitando di rinchiudere le dinamiche storiche in orientamenti univoci o visioni ideologiche. L’approccio che abbiamo cercato di proporre, attraverso un profilo narrativo chiaro, che proce- de in ordine cronologico senza tralasciare i collegamenti tra gli eventi, conduce, con il supporto delle fonti, della storiografia e di un ampio numero di approfondimenti, attraverso la multi- dimensionalità del fenomeno storico. È una storia complessa, variegata, ricca di spunti quella che abbiamo cercato di presentare: ecco dunque che accanto alla storia politica e a quella delle istituzioni questa edizione si caratterizza perché affronta specificamente la storia della scienza e della tecnologia e quella dell’economia. Le invenzioni e le innovazioni, tanto nei processi economici e scientifici quanto nei prodotti, si collocano infatti in un preciso contesto culturale e sociale, al quale contribuiscono a dare forma e che mettono in moto, cambiando anche radi- calmente le condizioni di vita dei popoli. La comprensione di queste dinamiche ci appare parte integrante di uno studio del fenomeno storico che non lo riduca ad una sola delle sue molteplici dimensioni. Inoltre, pensiamo che oggi l’apprendimento della storia non possa che tenere presenti le esigen- ze di «cittadinanza democratica» del XXI secolo: porsi domande, essere capaci di giudizi critici, comprendere diversi punti di vista e le loro origini sono tutti atteggiamenti indispensabili per partecipare consapevolmente alla vita civile. Una storia viva, in grado di sviluppare la capacità di comprendere i comportamenti umani, la specificità dei contesti in cui hanno luogo e i vin- coli cui sono sottoposti, è dunque l’obiettivo che ci siamo dati. Di qui nasce anche l’attenzione costante che abbiamo rivolto alla storia costituzionale e del diritto, che costituisce l’architettura normativa all’interno della quale gli uomini agiscono, al mutamento sociale e alle biografie dei protagonisti. Infine, questo percorso dentro la storia, attraverso le istituzioni, la scienza e l’economia, si dipa- na non solo all’interno dei confini nazionali, ma anche e soprattutto negli spazi dell’Europa, concepita come una comunità di Stati caratterizzata da processi di integrazione e di mobilità umana. Interazioni, conflitti e «contaminazioni» tra i popoli europei e il resto del mondo, al quale abbiamo continuamente guardato nel corso della trattazione, sono i fili del tessuto con- nettivo del quale è fatta la storia umana. Una storia che sarebbe un peccato limitarsi a memorizzare e che ci sfida a comprenderla. Gli Autori Premessa

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Alcune pagine esemplificative dell'opera Dentro la storia - Edizione arancione

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Page 1: Dentro la storia - edizione arancione

Keith C. Barton ha scritto «a nessuno piace come è insegnata la storia»: lo scopo per il quale è stato scritto questo libro è rendere lo studio della storia appassionante, coinvolgente, piacevole.La storia infatti, secondo noi, non deve essere concepita come un mucchio di date e nomi da mandare a memoria, né come un meccanismo automatico e lineare che fa conseguire ad una causa un effetto. Pensiamo che la storia, pur nella concatenazione degli eventi, sia qualcosa di diverso: il frutto di una serie complessa di fattori, dove hanno un peso importante le scelte, i desideri, l’iniziativa degli individui.Anche in questa seconda edizione, ci siamo quindi impegnati a portare il nostro lettore dentro la storia, per scoprire l’intreccio degli elementi che sottostà agli eventi, in modo da evitare rappre-sentazioni piatte e irrigidite. Siamo consapevoli che parlare di storia significa inevitabilmente porsi delle domande su chi ha letto un certo evento, su quali prove ha portato a sostegno delle sue argomentazioni, sul motivo che ne ha ispirato le conclusioni: parlare di storia significa parlare di interpretazioni, sempre perfezionabili man mano che acquisiamo nuovi elementi e apprendiamo nuove metodologie. Per questo motivo Dentro la storia propone diverse voci, dalle testimonianze di quanti hanno vissuto un certo evento o periodo ai risultati della più recente ricerca storiografica, evitando di rinchiudere le dinamiche storiche in orientamenti univoci o visioni ideologiche. L’approccio che abbiamo cercato di proporre, attraverso un profilo narrativo chiaro, che proce-de in ordine cronologico senza tralasciare i collegamenti tra gli eventi, conduce, con il supporto delle fonti, della storiografia e di un ampio numero di approfondimenti, attraverso la multi-dimensionalità del fenomeno storico. È una storia complessa, variegata, ricca di spunti quella che abbiamo cercato di presentare: ecco dunque che accanto alla storia politica e a quella delle istituzioni questa edizione si caratterizza perché affronta specificamente la storia della scienza e della tecnologia e quella dell’economia. Le invenzioni e le innovazioni, tanto nei processi economici e scientifici quanto nei prodotti, si collocano infatti in un preciso contesto culturale e sociale, al quale contribuiscono a dare forma e che mettono in moto, cambiando anche radi-calmente le condizioni di vita dei popoli. La comprensione di queste dinamiche ci appare parte integrante di uno studio del fenomeno storico che non lo riduca ad una sola delle sue molteplici dimensioni.Inoltre, pensiamo che oggi l’apprendimento della storia non possa che tenere presenti le esigen-ze di «cittadinanza democratica» del XXI secolo: porsi domande, essere capaci di giudizi critici, comprendere diversi punti di vista e le loro origini sono tutti atteggiamenti indispensabili per partecipare consapevolmente alla vita civile. Una storia viva, in grado di sviluppare la capacità di comprendere i comportamenti umani, la specificità dei contesti in cui hanno luogo e i vin-coli cui sono sottoposti, è dunque l’obiettivo che ci siamo dati. Di qui nasce anche l’attenzione costante che abbiamo rivolto alla storia costituzionale e del diritto, che costituisce l’architettura normativa all’interno della quale gli uomini agiscono, al mutamento sociale e alle biografie dei protagonisti.Infine, questo percorso dentro la storia, attraverso le istituzioni, la scienza e l’economia, si dipa-na non solo all’interno dei confini nazionali, ma anche e soprattutto negli spazi dell’Europa, concepita come una comunità di Stati caratterizzata da processi di integrazione e di mobilità umana. Interazioni, conflitti e «contaminazioni» tra i popoli europei e il resto del mondo, al quale abbiamo continuamente guardato nel corso della trattazione, sono i fili del tessuto con-nettivo del quale è fatta la storia umana.Una storia che sarebbe un peccato limitarsi a memorizzare e che ci sfida a comprenderla.

Gli Autori

Premessa

Page 2: Dentro la storia - edizione arancione

Struttura dell’operaLa trattazione è scandita in unità, a loro volta sud-divise in capitoli. Ogni unità si apre con una doppia pagina in cui è presentata una sintesi dei contenuti.Al di sotto della sintesi è proposto un elenco dei materiali multimediali dedicati ai temi dell’unità e disponibili sulla piattaforma on-line.Un’utile cronologia, che si sviluppa come una linea del tempo, ripercorre tutti gli eventi piú signifi cativi del periodo storico trattato nell’unità.

Sempre collocate nelle pagine dispari dei capitoli arricchiscono il profi lo due tipologie di rubriche che propongono citazioni testuali: «Le fonti della storia», numerate progressivamente e richiamate nella trattazione, propongono «testimonianze dei protagonisti» e «documenti uffi ciali» coevi intro-dotti da un breve cappello; le rubriche «La parola allo storico» propongono un brano storiografi co su temi centrali del capitolo.

Ciascun capitolo è aperto dalla «Questione chiave», che pone una domanda nodale cui l’intero capitolo è chiamato a dare risposta, e da un breve elenco di obiettivi di apprendimento. Al di sotto è proposta un’immagine che esprime visivamente un concetto o evento centrale del capitolo, corredata da un’ac-curata didascalia.

1501-1550

1551-1560

1561-1600

1601-1650

Unità 4I temi dell’unità 3

Il motto «Ecclesia semper reformanda» («la Chie-sa ha sempre bisogno di essere riformata»),

attribuito ad Agostino di Ippona ma probabil-mente coniato nel corso del XII, sintetizzava nella Chiesa la consapevolezza che era necessa-rio riformarsi continuamente, cioè recuperare la propria forma primitiva, quella vissuta dalle prime generazioni cristiane e descritta nei testi del Nuovo Testamento.

Le contraddizioni interne della Chiesa di Ro-ma, che la esponevano alle critiche dei fedeli in-teressati a un suo profondo rinnovamento spi-rituale, esplosero nel Cinquecento a seguito del fiorire di un movimento sorto in Germania per opera del monaco agostiniano Martin Lutero. «Riforma» indicò allora un’esplicita rivolta con-tro Roma. Di fronte all’adesione alla Riforma di

«Ecclesia semper reformanda»

I capitoli dell’unità 4

12 Riforma e Controriforma: la fine dell’unità religiosa dell’Europa occidentale

13 Potenze europee a confronto: guerre di religione e politiche di tolleranza

Materiali on-line

Raccontare gli eventi Linea del tempo interattiva

Punti di vista Primo piano: L’Inquisizione in Liguria: proposizioni ereticali, libri proibiti e incantesimi nella Savona di fine Cinquecento

Mini-saggio Politica e iconografia nell’Inghilterra elisabettiana

Schede Alcune delle 95 tesi di Wittenberg La Pace di Augusta Lutero contro le bande dei contadini La dottrina dei sacramenti di Calvino Il calvinismo e la vocazione professionale La politica religiosa di Elisabetta I

Le mappe concettuali dei capitoli 12-13

importanti príncipi tedeschi, e in seguito di molti sovrani dell’Europa del Nord, la Chiesa si mostrò dapprima incapace di evitare la divisione religio-sa del continente, in seguito reagí rinnovandosi e attuando un vasto impegno di rinascita teolo-gica e pastorale, che prenderà i nomi di Riforma cattolica e Controriforma, per riaffermare l’unità delle nazioni che le restarono fedeli.

Ma sulla scia delle fratture di carattere religio-so si scatenarono profondi conflitti civili tra fa-zioni avverse, che misero in pericolo l’autorità dello Stato moderno in Francia e Inghilterra e fecero tramontare il sogno degli Asburgo di un impero europeo unitario. Dall’epoca delle guer-re di religione l’Europa uscirà solo alla metà del Seicento, quando, sulle macerie della Guerra dei trent’anni, si affermerà necessariamente il princi-pio della tolleranza religiosa e della separazione tra fedeltà allo Stato e scelta di fede.

1517 Martin Lutero redige le 95 tesi

1521 Leone X scomunica Lutero

1521 Dieta di Worms

1530 Dieta di Augusta

1532 Enrico VIII ripudia Caterina d’Aragona per sposare Anna Bolena

1534 Ignazio di Loyola fonda l’ordine dei gesuiti

1534 Atto di supremazia

1542 Paolo III riorganizza l’Inquisizione romana

1545-1563 Concilio di Trento

1553-1558 Regno di Maria Tudor

1555 Pace di Augusta

1556-1598 Regno di Filippo II

1558 Sale al trono inglese Elisabetta I

1559 Pace di Cateau-Cambrésis

1559 Indice dei libri proibiti

1570 Pace di Saint-Germain

1571 Battaglia di Lepanto

1572 Strage di ugonotti, in Francia, nella notte di San Bartolomeo

1588 Nasce l’Invincibile Armata

1598 Editto di Nantes

1600 Giordano Bruno è condannato al rogo per eresia

1610-1643 Regno di Luigi XIII

1618-1648 Guerra dei trent’anni

1624 Il cardinale Richelieu diventa Primo ministro

1633 Galileo Galilei è condannato per eresia

1648 Pace di Westfalia

Giorgio Vasari,

Massacro della notte di San Bartolomeo

(Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Sala Regia,

1572-1573)

Elia Naurizio

(attribuito a), Il Concilio di Trento,

(Trento, Museo Diocesano Tridentino, 1633)

247capitolo 9 - Al di là dell’Europa cristiana

Al di là dell’Europa cristiana

Obiettivi Conoscere l’approssimativa immagine del mondo che gli euro-pei possedevano all’inizio dell’epoca delle grandi esplorazioni geografiche.

Individuare le tre aree culturali (Europa, Asia, Africa) che carat-terizzavano il mondo allora conosciuto e i loro reciproci collega-menti.

Conoscere le principali vicende politiche, economiche, sociali e culturali dei grandi Imperi d’India e Cina, del Giappone e dei regni d’Africa.

Costruire un quadro di sintesi delle civiltà con le quali gli europei si sarebbero confrontati a partire dalla fine del XV secolo.

Questione chiave

Quale conoscenza del mondo aveva-no gli europei nel XV secolo e quali

avvenimenti politici, economici e sociali si svolgevano in quel periodo nelle vaste regioni esterne ai confini del nostro con-tinente?

Capitolo 9

1 Gli europei e i continenti asiatico e africano

1.1 Gli incerti confini di un mondo chiuso

Fino alla prima metà del XV secolo la mag-gior parte degli europei considerava il mon-do un sistema chiuso, delimitato da confi-ni inviolati e inviolabili. Si immaginava la Terra come un’unica massa continentale circondata da un oceano circolare, suddivisa dal Mediterraneo e dai fiumi Nilo e Don in tre aree corrispondenti all’Europa, all’Africa e all’Asia.

A ovest il limite era ancora quello ideal-mente segnato dalle mitiche «colonne d’Er-cole»: un punto insuperabile, pena la morte dell’irresponsabile viaggiatore, come Dante Alighieri, nel suo Inferno, racconta di Ulisse. Se nel X secolo i vichinghi avevano attraver-sato l’Oceano Atlantico e raggiunto la Groen-landia e le coste americane (vedi cap. 1, par. 3.5), le loro rotte, ormai impraticabili, era-no state completamente dimenticate. Il Sud dell’Africa non era mai stato raggiunto via mare e pertanto si ignorava se fosse possibile oltrepassarlo per aprirsi un’altra strada verso l’Oriente. Dell’Australia non si conosceva l’esistenza.

Ma anche sul mondo noto le idee non erano comunque chiare o geograficamente corrette. Sulle terre piú lontane fiorivano leg-gende e fantasiose ricostruzioni, nate a parti-re dalle conoscenze frammentarie contenute nei resoconti di rari viaggiatori e mercanti: celebre fra tutti, il Milione di Marco Polo. È un esempio di tali leggende la persistenza del mito del regno del Prete Gianni, cioè di un regno cristiano che si immaginava collocato al di là del mondo musulmano (vedi Le fonti della storia 1): un sogno forse costruito su va-ghe notizie del regno etiopico, effettivamente di religione cristiana (vedi par. 1.6).

1.2 L’articolazione del «Vecchio Mondo» e i suoi collegamenti

Come già accennato, quello che di lí a poco sarebbe diventato il «Vecchio Mondo» era articolato in tre macroaree, caratterizzate da diversi sistemi economici, politici e sociali:

– l’Europa cristiana, le cui regioni piú intra-prendenti dal punto di vista economico erano tradizionalmente quelle collocate sul bacino del Mediterraneo e sul Mare del Nord;

– il mondo islamico, che svolgeva un ruo-lo di mediazione perché controllava tutti i principali collegamenti dell’Europa con l’Oriente e con l’Africa;

– l’Oriente, dove fiorivano gli imperi mon-goli (vedi cap. 6, par. 1) e la Cina, che estendeva le sue relazioni commerciali fi-no alle coste del Mar Nero. Qui i prodotti cinesi e quelli provenienti dall’area indiana incontravano le rotte marittime europee.

Fino alla metà del XV secolo, tutti gli scambi commerciali avvenivano, dunque, lungo per-corsi terrestri o marittimi che attraversavano territori conosciuti da millenni.

Supponendo di considerare centro del mondo il bacino del Mediterraneo, possiamo ricostruire il sistema di collegamenti noti e utilizzati dagli europei fino al XV secolo:– una fitta rete di vie marittime e terrestri col-

legava il Mediterraneo a est con il Mar Nero e a nord con il Baltico e il Mare del Nord;

– dal Mar Nero partivano le vie della seta, instancabilmente percorse da carovane di

Prima della stagione delle esplorazioni oceaniche europee, i navigatori cinesi conobbero un periodo di grande intraprendenza, durante il quale navigarono lungo tutto l’Oceano Indiano. Nella «Carta di Fra Mauro», una delle mappe quattrocentesche piú pregiate, della quale vediamo qui un particolare, è rappresentata anche una giunca cinese che costeggia l’Africa: nei primi trent’anni del Quattrocento, sotto la guida dell’ammiraglio Zeng-ho, la flotta cinese compí infatti una serie

di spedizioni che la portarono fino al Corno d’Africa, poco a nord della città di Zanzibar. Tuttavia, le esplorazioni cinesi vennero interrotte per volere dei mandarini, che temevano la dispersione delle energie dell’impero ed erano interessati a contenere i rilevanti costi economici che derivavano dall’armare a spese pubbliche le enormi navi, capaci di contenere fino a duecento uomini, che costituivano le flotte di esplorazione (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, 1459 circa).

Colonne d’Ercole: identifi-cate nell’antichità con i pro-montori Calpe e Abila, sullo Stretto di Gibilterra. Secon-do la mitologia greca, l’eroe Ercole vi aveva piantato le colonne che segnavano i confini del mondo e costitu-ivano un limite invalicabile per l’uomo che non avesse voluto sfidare gli dèi.

Il mondo cosí come era concepito dagli europei fino alla metà del XV secolo. In alto, la terra a forma di mezzaluna corrisponde all’Asia. La terra a sinistra è l’Europa, quella a destra l’Africa. Il miniatore ha raffigurato su ogni continente uno dei tre figli di Noè: Sem in Asia, Cam in Africa, Jafet in Europa. Essi, secondo il racconto biblico, sarebbero i capostipiti dei popoli di quelle terre (Bruxelles, Biblioteca Reale del Belgio, 1463).

Le fonti della storia 2Documenti ufficiali

Il Dictatus papae di Gregorio VII

Questo documento è considerato la sintesi del punto di vista del papa Gregorio VII sulla struttura della Chiesa, sulle investiture ecclesiastiche (a cominciare dalla nomina dei vescovi, rivendi-cata dagli imperatori) e sul rapporto tra la Chiesa e la socie-tà civile. È bene ricordare però che non era un testo pubblico, quanto piuttosto un promemoria, forse l’indice di una raccolta di canoni, cioè delle norme stabilite dalla Chiesa in ambito di fede o di morale. Questo spiega la perentorietà e la netta intran-sigenza delle affermazioni. È da sottolineare come il documento miri fondamentalmente a delineare una nuova organizzazione della Chiesa, che il papa vuole fortemente centralizzata e basata sul primato assoluto della sede romana. Non a caso le 27 pro-posizioni del Dictatus riguardano fondamentalmente la defini-zione dei poteri del pontefice e dei suoi rapporti con le piú alte gerarchie ecclesiastiche e solo tre o quattro si riferiscono invece alle relazioni del papato con il potere politico.

1. Che la Chiesa Romana è stata fondata da Dio solo.2. Che soltanto il Pontefice Romano è a buon diritto

chiamato universale1. 3. Che egli solo può deporre o ristabilire i vescovi. 4. Che un suo messo, anche se inferiore di grado, in

concilio è al di sopra di tutti i vescovi, e può pronunziare sentenza di deposizione contro di loro. […]

6. Che non dobbiamo aver comunione2 o rimanere nel-la stessa casa con coloro che sono stati scomunicati da lui.

7. Che a lui solo è lecito promulgare nuove leggi in rap-porto alle necessità del tempo, radunare nuove congrega-zioni, rendere abbazia una canonica e viceversa, dividere un episcopato ricco e unire quelli poveri.

8. Che lui solo può usare le insegne imperiali.9. Che tutti i príncipi devono baciare i piedi soltanto

al Papa.10. Che il suo nome deve esser recitato in chiesa.11. Che il suo titolo è unico al mondo.12. Che gli è lecito deporre l’imperatore.13. Che gli è lecito, secondo la necessità, spostare i ve-

scovi di sede in sede.14. Che ha il potere di ordinare un chierico da qualsiasi

chiesa, per il luogo che voglia.15. Che colui che è stato ordinato da lui può essere a

capo di un’altra chiesa, ma non sottoposto, e che da nes-sun vescovo può ottenere un grado superiore.

16. Che nessun sinodo3 può esser chiamato generale, se non comandato da lui.

17. Che nessun articolo o libro può esser chiamato ca-nonico4 senza la sua autorizzazione.

18. Che nessuno deve revocare la sua parola e che egli solo lo può fare.

19. Che nessuno lo può giudicare.20. Che nessuno osi condannare chi si appella alla San-

ta Sede.21. Che le cause di maggior importanza, di qualsiasi

chiesa, debbono esser rimesse al suo giudizio.22. Che la Chiesa Romana non errò e non errerà mai e

ciò secondo la testimonianza delle Sacre Scritture.[…]26. Che non dev’essere considerato cattolico chi non è

d’accordo con la Chiesa Romana.27. Che il Pontefice può sciogliere i sudditi dalla fedeltà

verso gli iniqui.

Gregorio VII, Registrum, a cura di E. Caspar, Berlino 1920; trad. in Chiesa e Stato attraverso i secoli, a cura di S.E. Ehler-J.B. Morral, Vita e

pensiero, Milano 1958

1. Ovvero che ha il potere sulle chiese di tutta la terra.2. Rapporti.

3. Assemblea ecclesiastica. 4. Ritenuto conforme alle regole stabilite dalla Chiesa.

Il Dictatus papae in una copia manoscritta tramandataci dal Registrum di Gregorio VII, una raccolta dei piú importanti atti

dell’attività di questo pontefice (Città del Vaticano, Archivio Segreto, XIII secolo).

47capitolo 2 - Poteri universali e poteri locali nei secoli X e XI

Proibire la Bibbia alle donne

La parola allo storico

La paura della diffusione delle teorie protestanti indusse la Chiesa cattolica a censurare le traduzioni in volgare della Bib-bia. Ciò allontanò dalla cultura religiosa e da una fede piena-mente consapevole tutti i credenti che ignoravano il latino ed ebbe ripercussioni negative anche in ambito educativo, letterario e artistico. Gigliola Fragnito coglie qui un aspetto specifico del problema: la diminuita crescita culturale delle donne, laiche o religiose che fossero.

L’esigenza di frenare la curiosità dei non dotti era di certo maggiormente avvertita nei confronti delle donne, data la radicale convinzione della loro inferiorità intellettuale e della loro minore attitudine all’esercizio della spiritua-lità. È indiscutibile, infatti, che abbattendosi indiscrimi-natamente su tutti coloro che non sapevano il latino le proibizioni della Chiesa abbiano colpito e abbiano inteso colpire soprattutto le donne, laiche e religiose. […]Che le donne e le loro letture fossero al centro delle preoccupazioni dei censori emerge anche dalle corrispon-denze dei vescovi e degli inquisitori con la Congregazione dell’Indice e dai verbali delle sedute di quest’ultima. Nelle loro lettere alla Congregazione vescovi e inquisitori si rife-rivano a quella che sembrava una concreta realtà: le mag-giori fruitrici dei volgarizzamenti biblici erano le donne, laiche e monache.

In assenza di inventari di «biblioteche» di laiche, è nelle rare descrizioni delle loro specifiche reazioni che cogliamo la rilevanza che la letteratura biblica aveva nella loro reli-giosità. Alessandro Strozzi, uno dei responsabili fiorentini dell’esecuzione dell’indice paolino, osservava che «il levar le Biblie volgari alle donne et gli Evangelii dello anno le confonde et quasi si risolvono a non lo poter credere». […] È, tuttavia, indubbio che il distacco da libriccini dalla forte valenza affettiva, non soltanto per il rapporto inti-mo instauratosi attraverso la preghiera, ma anche perché spesso trasmessi per generazioni da madre in figlia e usati anche come amuleti, dovesse essere traumatico per mol-te donne, indipendentemente dalla loro condizione. […] Fu certamente per questo complesso intreccio di ragioni e sentimenti che le donne non rimasero passive di fronte alle decisioni della Chiesa e diedero prova di una certa audacia in difesa dei loro libri di devozione. Per quanto occorrano ricerche piú estese, i sondaggi già effettuati in-dicano che piú degli uomini esse cercarono di aprire una breccia nel muro delle proibizioni. […]A fine secolo il coinvolgimento degli ordinari dioce-sani, insistentemente sollecitato da Roma, contribuí a rendere piú efficace l’opera di disinfestazione delle biblio-teche dei monasteri femminili. Tra i tanti interventi che potrebbero essere evocati ci si può soffermare su quelli dell’arcivescovo di Firenze Alessandro de’ Medici il quale, pur consentendo di mala voglia che le monache avesse-ro libri, prescriveva nel 1601 che fossero «proportionati a donne e religiose; però si levino le bibbie tradotte e tutti i libri dogmatici perché non gli intendono; similmente tutti i libri vani, come romanzi, sonetti et historie profane. Non si concedano ancora quelli che trattano della vita de’ santi, perché molti non sono a proposito loro […], cascano con essi nella coscienza erronea et imparano delle cose che non è bene che sappiano».Che queste rigorose misure abbiano prodotto una gra-ve disorientamento è confermato dal drastico crollo degli acquisti delle agostiniane e delle francescane fiorentine presso il libraio Piero Morosi […], [che] passarono da 108 libri tra il 1593 e il 1595, a 106 tra il 1596 e il 1598, per ridursi a 60 tra il 1599 e il 1601 e precipitare a 31 tra il 1602 e il 1604.

G. Fragnito, Proibito capire. La Chiesa e il volgare nella prima età moderna, Il Mulino, Bologna 2005

Ana Dorotea, una figlia dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, è qui ritratta in abiti monacali con un libro fra le mani: le donne, laiche o monache,

erano tra i principali fruitori dei volgarizzamenti di testi sacri e liturgici (Londra, Victoria & Albert Museum, 1628).

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capitolo 12 - Riforma e Controriforma: la fine dell’unità religiosa dell’Europa occidentale

Page 3: Dentro la storia - edizione arancione

Caratterizzano il volume gli «Approfondimenti» di Storia della scienza e della tecnologia e Storia dell’economia e del diritto, collocati anch’essi nelle pagine dispari dei capitoli.

Cartografi a particolarmente chiara e accurata, ori-ginale corredo iconografi co e schemi riassuntivi al termine di ogni paragrafo completano la trattazione.

Al termine del profi lo sono proposti due supporti per il ripasso: una mappa concettuale che schematizza i principali contenuti del capitolo e una sintesi, orga-nizzata paragrafo per paragrafo. Conclude ogni capitolo un ampio «Laboratorio», ar-ticolato in due diverse sezioni: «Per ordinare e com-prendere», che guida all’acquisizione dei contenuti del capitolo, e «Per analizzare e produrre», che richie-de rifl essione ed elaborazione personale.

26 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

del lento organizzarsi del Regno di Francia fi-no all’elezione a re, nel 987, di un discenden-te diretto dei Carolingi di nome Ugo Capeto, l’iniziatore della dinastia regia francese dei Capetingi, detentori del regno fino al 1108.

Venuta meno la dinastia imperiale, i re di epoca postcarolingia dominavano diretta-mente solo sulle terre del proprio feudo e per il resto dovevano sempre fare i conti con le grandi aristocrazie locali e dei territori con-finanti. Nonostante questo limitato potere, di fronte alla popolazione il re era contraddi-stinto da un’autorità superiore a quella de-gli altri nobili, in quanto legata alla memoria del titolo regio di origine carolingia, che veni-va conferito attraverso una cerimonia solenne nella Cattedrale di Reims. L’autorità regia si configurò pertanto come coordinatrice delle forze aristocratiche, come protettrice dei beni ecclesiastici e dei diritti della Chiesa in tutta la Francia, nonché come supremo garante e giudice d’appello nelle azioni giudiziarie.

1.3 La Germania

Anche nel Regno dei «franchi orientali», ossia la Germania, la morte di Carlo il Grosso die-

de origine a una dinastia regia autonoma. Co-me nel caso del regno di Francia, la Germania era divisa in diversi principati che le fonti dell’epoca definiscono in vari modi come co-mitati, marche, ducati. Le aristocrazie di verti-ce dei principati elessero re Arnolfo di Carin-zia, quando Carlo il Grosso era ancora in vita (887). Alla morte di Arnolfo gli succedettero sul trono il figlio Ludovico il Fanciullo, Cor-rado I (911-918) e il figlio di quest’ultimo, Enrico I l’Uccellatore (919-936). Corrado ed Enrico furono rispettivamente il nonno e il padre di colui che, dal 962, tentò di risolle-vare dalle proprie ceneri l’Impero carolingio: Ottone I.

Anche l’iniziale organizzazione politica e sociale del Regno di Germania aveva notevoli somiglianze con quella della Francia. I poteri nel territorio non erano concentrati nelle ma-ni del re, ma sottostavano alle maggiori ari-stocrazie, le quali li esercitavano in maniera piú profonda nei territori in cui possedevano beni personali. Il re, oltre al ruolo di coor-dinamento delle aristocrazie, in Germania poteva contare anche sul controllo di grandi patrimoni fiscali nei vari ducati. Questa pre-rogativa, naturalmente, gli forniva un efficace strumento di controllo sugli altri príncipi del territorio.

1.4 Il Regno d’Italia

Le lotte per la successione al trono d’Italia furono particolarmente dure e videro concor-rere gli esponenti di poche grandi famiglie aristocratiche, detentrici di cariche pubbli-che (conti, marchesi, duchi). Gli esponenti di spicco di queste famiglie, attraverso alleanze con altri clan familiari, si contesero il regno, facendo avvicendare al trono diversi re. La si-tuazione politica parve stabilizzarsi quando riuscí a imporsi sul trono d’Italia uno stra-niero, Ludovico di Provenza, eletto nel 926. Attorno a lui e al figlio Lotario si formò una rete di alleanze che permise loro di riorganiz-zare il regno, fornendogli una stabilità ormai compromessa dai precedenti quarant’anni di lotte. Tale stabilità, però, fu di nuovo messa a repentaglio dalla morte di Ludovico e del figlio Lotario e, soprattutto, dalla presa del potere nel regno da parte del marchese Berengario II, eletto re d’Italia nel 950. Quest’ultimo infatti dovette scontrarsi con la pretesa al trono da parte di Ottone I.

Ottone I nel gesto di offrire il modello della cattedrale di Magdeburgo a Gesú Cristo per riceverne la benedizione. Ottone cercò di ricostituire l’antico Impero carolingio, combattendo la frammentazione istituzionale di Germania e Italia (New York, Metropolitan Museum of Art, 962-968).

Patrimoni fiscali: terre di proprietà dello Stato (de-maniali), che il re poteva dare in dono o alle quali poteva concedere speciali privilegi di carattere ammi-nistrativo e giuridico.

Tra Alto e Basso Medioevo

de origine a una dinastia regia autonoma. Co-Germania

che le fonti dell’epoca definiscono in vari modi come co-mitati, marche, ducati. Le aristocrazie di verti-

Arnolfo di Carin-, quando Carlo il Grosso era ancora in vita

(887). Alla morte di Arnolfo gli succedettero Cor-Cor-Cor

(911-918) e il figlio di quest’ultimo, (919-936). Corrado ed

Enrico furono rispettivamente il nonno e il padre di colui che, dal 962, tentò di risolle-vare dalle proprie ceneri l’Impero carolingio:

Anche l’iniziale organizzazione politica e sociale del Regno di Germania aveva notevoli somiglianze con quella della Francia. I poteri nel territorio non erano concentrati nelle ma-ni del re, ma sottostavano alle maggiori ari-stocrazie, le quali li esercitavano in maniera piú profonda nei territori in cui possedevano beni personali. Il re, oltre al ruolo di coor-beni personali. Il re, oltre al ruolo di coor-beni personali. Il re, oltre al ruolo di coordinamento delle aristocrazie, in Germania poteva contare anche sul controllo di grandi

nei vari ducati. Questa pre-rogativa, naturalmente, gli forniva un efficace strumento di controllo sugli altri príncipi del

Le lotte per la successione al trono d’Italia furono particolarmente dure e videro concor-furono particolarmente dure e videro concor-furono particolarmente dure e videro concor

grandi famiglie , detentrici di cariche pubbli-

che (conti, marchesi, duchi). Gli esponenti di spicco di queste famiglie, attraverso alleanze con altri clan familiari, si contesero il regno, facendo avvicendare al trono diversi re. La si-tuazione politica parve stabilizzarsi quando riuscí a imporsi sul trono d’Italia uno stra-

, eletto nel 926. Attorno a lui e al figlio Lotario si formò una rete di alleanze che permise loro di riorganiz-zare il regno, fornendogli una stabilità ormai compromessa dai precedenti quarant’anni di lotte. Tale stabilità, però, fu di nuovo messa a repentaglio dalla morte di Ludovico e del figlio Lotario e, soprattutto, dalla presa del potere

Berengario IIeletto re d’Italia nel 950. Quest’ultimo infatti dovette scontrarsi con la pretesa al trono da

Attorno a lui e al figlio Lotario si formò una -

zare il regno, fornendogli una stabilità ormai compromessa dai precedenti quarant’anni di lotte. Tale stabilità, però, fu di nuovo messa a repentaglio dalla morte di Ludovico e del figlio Lotario e, soprattutto, dalla presa del potere

Berengario IIeletto re d’Italia nel 950. Quest’ultimo infatti

27

capitolo 2 - Poteri universali e poteri locali nei secoli X e XI

I re d’Italia dovettero condividere il pro-prio potere con potenti conti e marchesi. Tra i maggiori si devono menzionare i marche-si di Toscana. Sia il potere dei re che quello degli altri grandi dignitari italici era fondato essenzialmente su due elementi: la proprietà di ingenti beni fondiari e la raccolta intorno a

sé di grandi formazioni militari, composte da aristocratici di grado minore capaci tuttavia di garantire un servizio militare di alto livello. I soldati, chiamati milites, erano legati al si-gnore attraverso legami di natura personale, di tipo feudo-vassalatico.

Roma

Venezia

PaviaMilano

Amburgo

Magdeburgo

FrancoforteMagonza

Treviri

Frisia

Duc. diBoemia

Moravia

Duc. diBaviera

Lombardia

Aquitania

Contea di Neustria

Guascogna

Narbona

Duc. diBorgogna

Bretagna

Normandia

Fiandre

Maredel

Nord

Mar Baltico

MareAdriatico

MarLigure

OceanoAtlantico

Tolosa

Regnodi Borgogna

Contea diTuscia

Statodella

ChiesaDuc. diSpoleto

Duc. diFranconia

Turingia

Duc. diSvevia

Duc. diBassa Lorena

Duc. diAlta Lorena

Marca diCarinzia

CarniolaIstria

Duc. diSassonia

M. deiBillunghi

LausitzMerseburg

Zeitz

Nordgau

Meissen

Marcadell’Est

Marcadi Verona e del Friuli

M. delNord

Regnod’Ungheria

Regnod’Inghilterra

Regnodi

Croazia

Duc. diBenevento

Regnodi Polonia

Regnodi Danimarca

PomeraniaPrussia

Regnodi

Serbia

Regnodi Navarra

Conteadi

Barcellona

Contea diAragona

Confine dell’Imperonel 972Confine dell’Imperonel 972

Confine dell’Imperonel 1032Confine dell’Imperonel 1032

Regno dei franchiorientaliRegno dei franchiorientali

Regno d’ItaliaRegno d’Italia

Marche dell’ImperoMarche dell’Impero

Repubblica di VeneziaRepubblica di Venezia

Regno dei franchioccidentali

Regno dei franchioccidentali

In questo paragrafo 1

Morte di Carlo il Grosso (888)

Conflitti per la successione al trono imperiale Divisione dell’Impero carolingio

Francia: Regno dei franchi occidentali e nuova dinastia dei Capetingi (Ugo Capeto, 987)

Germania: Regno dei franchi orientali e progetto unificante di Ottone I (962)

Regno d’Italia: divisione tra le principali famiglie feudali e scontri con Ottone I

Roma

Venezia

PaviaMilano

Amburgo

Magdeburgo

FrancoforteMagonza

Treviri

Frisia

Duc. diBoemia

Moravia

Duc. diBaviera

Lombardia

Aquitania

Contea di Neustria

Guascogna

Narbona

Duc. diBorgogna

Bretagna

Normandia

Fiandre

Maredel

Nord

Mar Baltico

MareAdriatico

MarLigure

OceanoAtlantico

Tolosa

Regnodi Borgogna

Contea diTuscia

Statodella

ChiesaDuc. diSpoleto

Duc. diFranconia

Turingia

Duc. diSvevia

Duc. diBassa Lorena

Duc. diAlta Lorena

Marca diCarinzia

CarniolaIstria

Duc. diSassonia

M. deiBillunghi

LausitzMerseburg

Zeitz

Nordgau

Meissen

Marcadell’Est

Marcadi Verona e del Friuli

M. delNord

Regnod’Ungheria

Regnod’Inghilterra

Regnodi

Croazia

Duc. diBenevento

Regnodi Polonia

Regnodi Danimarca

PomeraniaPrussia

Regnodi

Serbia

Regnodi Navarra

Conteadi

Barcellona

Contea diAragona

Confine dell’Imperonel 972Confine dell’Imperonel 972

Confine dell’Imperonel 1032Confine dell’Imperonel 1032

Regno dei franchiorientaliRegno dei franchiorientali

Regno d’ItaliaRegno d’Italia

Marche dell’ImperoMarche dell’Impero

Repubblica di VeneziaRepubblica di Venezia

Regno dei franchioccidentali

Regno dei franchioccidentali

L’Europa nel X secolo

94 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

in sintesi

95capitolo 3 - L’Europa delle città e dei regni

1 MutaMenti econoMici nei secoli Xii e XiiiNel corso dell’XI secolo il sistema curtense subí una profonda trasformazione a causa della sparizione della parte signorile: diminuí il numero dei servi e si sviluppò una classe di affittuari liberi. La popolazione si con-centrò nei villaggi piú grandi e nelle città. A causa della forte crescita economica e com-merciale, inoltre, si sviluppò la classe dei mercanti (mercatores), i quali costituirono, insieme ai piú ricchi artigiani, agli uomini di legge e ad altri professionisti, una classe sociale dinamica e intraprendente, poi detta «borghesia».Lo sviluppo economico favorí la ripresa della circolazione monetaria e si avvalse di nu-merosi progressi tecnici, per esempio nel settore dei trasporti navali. Tali miglioramenti fornirono alle città marinare italiane la pos-sibilità di diventare protagoniste di quella che è stata definita «rivoluzione commercia-le», che coinvolse anche le città dell’italia centrosettentrionale e le fiere del nord europa.Lo sviluppo cittadino coincise anche con le innovazioni nel campo del diritto (sia laico che ecclesiastico), che ebbero il loro esito nella formazione di un diritto comune euro-peo. Contribuí ai progressi giuridici e culturali la nascita delle università, sorte come libere associazioni tra professori e allievi.

2 i coMuni e le signorie in italiaTra XI e XII secolo le città dell’Italia centro-settentrionale (e in misura minore quelle del Sud della Francia) raggiunsero un’ampia autonomia amministrativa, sancita dalla na-scita dei comuni. Questi erano caratterizzati dalla presenza di un’assemblea dei cittadi-ni (cives), che eleggeva i consoli (consules), magistrati deputati alla tutela della vita po-litica e giudiziaria della città per un periodo determinato. Le prime città in cui è documen-tata la presenza di queste istituzioni sono Pi-sa (anni Ottanta dell’XI secolo), Asti (1095), Milano (1097) e Genova (1099).La vita politica dei Comuni tra XI e XIII secolo può essere ripartita in tre periodi: consolare (dalla fine dell’XI alla terzo quarto del XII se-colo), podestarile (dalla fine del secolo XII alla metà del XIII) e popolare (dalla seconda metà del secolo XIII alla prima del XIV). Nel XIII secolo si organizzarono e ottennero una forte

influenza nella vita politica cittadina le cor-porazioni (dette in Italia «arti»), associazioni che riunivano addetti dello stesso mestiere. Durante il periodo popolare le corporazioni delle città italiane raggiunsero il loro massi-mo potere all’interno del governo comuna-le. Dai primi anni del XIV secolo, all’interno delle magistrature comunali si affermarono personaggi appartenenti a famiglie partico-larmente potenti in città, fenomeno che viene detto «signoria» o, nel caso in cui il potere del signore si esercitava almeno formalmente all’interno delle vecchie istituzioni, «criptosi-gnoria» (signoria nascosta).

3 un nuovo scontro tra papato, iMpero e schieraMenti cittadiniDopo la morte di Enrico V, l’impero attraversò un periodo di debolezza politica fino all’ele-zione a imperatore di Federico i di Svevia, fermamente risoluto a chiarire i rapporti tra papato e impero e a reclamare i diritti im-periali, chiamati regalíe, che erano esercitati dalle città. Nelle due Diete di roncaglia del 1154 e del 1158 le richieste regie furono perentorie e la posizione imperiale portò allo scontro sia con il papato che con alcune città dell’Italia centrosettentrionale. A seguito del-la distruzione di Milano nel 1162, nel 1167 si costituí la cosiddetta lega lombarda, che riuscí a imporsi sull’esercito imperiale nella Battaglia di legnano. La pace fu raggiunta solo nel 1183 a costanza: si trattava di un compromesso con cui le città riconoscevano le regalíe come pertinenza imperiale, ma nel contempo l’imperatore le cedeva alle città in cambio di un riconoscimento formale della propria autorità.

4 la nascita dei regni FeudaliDalla metà del secolo XI gli equilibri politici dei regni dell’Europa occidentale comincia-rono a cambiare. il re e la sua corte riusci-rono progressivamente a imporre la propria autorità in tutte le parti del regno. Si parla per questo di «regni feudali», cioè di strutture politiche sempre piú unitarie, entro le quali i poteri dei sovrani erano esercitati con sem-pre maggiore efficacia, sottraendo autorità ai feudatari.Le principali strutture dei regni feudali era-no: il fisco, l’esercito di mercenari, e un ap-parato giudiziario e amministrativo forma-to da funzionari direttamente dipendenti dal re. Grande rilevanza nella scena internazio-nale assunse il Regno di Francia, che ebbe il suo momento di maggior espansione con

Filippo ii augusto (1180-1223), organizza-tore della Cancelleria e del «Consiglio del re», e con luigi iX «il Santo» (1226-1270).In inghilterra il regno si dotò di forti strut-ture amministrative intorno alla famiglia dei Plantageneti, la cui debolezza all’inizio del secolo XIII limitò tuttavia l’espansione ingle-se verso la Francia e portò alla concessione, nel 1215, della Magna Charta Libertatum. Questo documento introduceva ampie limi-tazioni all’autorità regia e creava un Consiglio comune del regno costituito dai rappresen-tanti della nobiltà e del clero con funzioni di controllo sulle decisioni politiche del re.Nella Penisola iberica assunsero un profilo istituzionale autonomo i Regni di portogallo, castiglia e aragona (cui si aggiunse la ca-talogna nel corso del secolo XII). Dall’inizio del secolo XIII, parallelamente a quello dei re di Castiglia, si accrebbe anche il potere dei re catalano-aragonesi. Alla fine del XIII secolo la monarchia aragonese si distinse per un am-bizioso progetto di espansione nel Mediterra-neo occidentale, attraverso la conquista della Sicilia e della Sardegna.

5 la vita religiosa tra Xii e Xiii se-colo Papa innocenzo iii, eletto nel 1198, elaborò una ideologia universalistica, secondo la quale il pontefice, in quanto vicario di Cristo, deteneva entrambi i massimi poteri, spirituale e temporale. Il pontefice formulò anche la condanna dell’eresia come lesa maestà, dando avvio a un’ampia ondata repressiva nei confronti di tutte le forme di religiosità al-ternative a quella approvata e guidata dalla Chiesa romana. Tra XII e XIII secolo, infatti, si verificò un fiorire di «nuove religioni», che la Chiesa di Roma, in alcuni casi (gli umiliati) incorporò nella Chiesa ufficiale. Assunsero una particolare importanza i valdesi e i ca-tari: contro questi ultimi la Chiesa di Roma scatenò una durissima repressione, che ebbe il suo culmine nel 1208 con una vera e pro-pria crociata.Nel medesimo periodo, in Italia prese avvio la predicazione di Francesco d’assisi. Nel 1216 papa Onorio III, approvò la regola dei frati di Francesco, dando origine all’ordine francescano. Una posizione simile a quella dei francescani fu raggiunta dai domenicani, fondati da un canonico regolare castigliano di nome Domenico di Guzman e riconosciuti nel 1215.

mappa concettuale

trasformazioni della civiltà

europea (Xi-Xiii secolo)

Crisi del sistema curtense e crescita della classe dei conta-dini liberi

Trasferimento nelle città di parte della popolazione rurale e dei signori

Sviluppo del sistema produttivo e commerciale delle città Nascita della borghesia e delle corporazioni

economiche e sociali

Nascita delle università Riforma e sviluppo del diritto Ideologia universalistica del papato Nascita di nuovi movimenti religiosi, clericali e laici (umiliati,

francescani, domenicani, clarisse, confraternite) Persecuzione dell’eresia come lesa maestà (valdesi, catari)

culturali e religiose

Nascita dei Comuni nell’Italia centrosettentrionale (fasi: con-solare, podestarile, popolare)

Resistenza dei Comuni ai tentativi dell’impero di riaffermare le proprie prerogative (scontri tra Federico I e la Lega lom-barda e tra Federico II e le città guelfe)

Dalla fine del XIII secolo emergere di criptosignorie e regimi oligarchici

politiche – nord italia e impero

I Regni di Portogallo, Castiglia e Catalogna-Aragona si con-solidano nel XII secolo

Il Regno di Aragona si espande nel Mediterraneo con la con-quista di Sicilia (1302) e Sardegna (1326)

politiche – penisola iberica e sud italia

Francia: crescente potere della monarchia, che indebolisce l’influenza dei re inglesi sui territori di cui sono feudatari

Inghilterra: «impero dei Plantageneti», ma – dopo la sconfitta di Bouvines nel 1215 – il re Giovanni Senza Terra concede la Magna Charta

politiche – Francia e inghilterra

235capitolo 8 - Umanesimo e Rinascimento

Approfondimenti 2Storia della scienza e della tecnologia

La stampa e la carta: innovazioni tecniche vincenti

Un artigiano, intento nella creazione di un carattere mobile, fa colare il piombo fuso all’interno di una matrice; l’introduzione dei caratteri mobili e della carta

nell’Europa del XV secolo favorí un rapido abbattimento dei costi e una larga diffusione del libro stampato (Collezione privata, incisione del XVI secolo).

La stampa esisteva in Europa anche prima di Gutenberg. Ci si serviva però della tecnica a caratteri fissi, estrema-mente costosa e, dunque, poco diffusa. Le matrici veniva-no infatti realizzate sbalzando le parole su delle tavole in legno (xilografia). Per ogni pagina occorreva una matrice e ciò costringeva il tipografo a un lungo lavoro, sfruttabile per la produzione di un solo e determinato libro. A ciò si aggiunga che le matrici in legno si rompevano facilmente, con grande perdita di denaro, e che una correzione poteva richiedere il completo rifacimento della matrice.

Il carattere mobile, l’innovazione tecnica introdotta da Johannes Gutenberg, si impose per la sua semplicità e pra-ticità. Si trattava di un piccolo parallelepipedo, di solito in piombo, sulla cui sommità spiccava in rilievo la lettera. La metodica di stampa era elementare. I caratteri mobili venivano accostati gli uni agli altri per formare parole, frasi e l’intera pagina. La composizione poggiava su una tavola, a sua volta collocata sul ripiano di un torchio a leva, con le lettere volte all’insú (e disposte al contrario, come in uno specchio). Le lettere erano inchiostrate mediante tamponi; infine, sul testo composto, si abbassava il piatto superiore del torchio, cui era fissato un foglio di carta. All’alzarsi del torchio, il foglio recava stampata la pagina. Dopo di che, i caratteri mobili potevano essere riaccostati in qualsiasi altra maniera, per la stampa di altre pagine e di altri libri. I caratteri in piombo erano resistenti e durevoli nel tem-po e il loro uso non richiedeva alcun lavoro preventivo di incisione sulla matrice: il loro utilizzo era dunque infi-nitamente piú economico di quello dei caratteri fissi e si diffuse subito in tutta Europa.

La rivoluzione non sarebbe però stata completa se al nuovo metodo di stampa non si fosse affiancata la carta, che era a sua volta assai meno dispendiosa della pergame-na, il materiale sfruttato fino ad allora per la produzione di manoscritti e libri. Ogni foglio di pergamena era infatti realizzato con pelle di ovino conciata e lisciata, mentre la carta, che era stata inventata in Cina ed era arrivata in Europa grazie agli arabi, si otteneva da una poltiglia di fibre vegetali: gelso, riso, bambú o canapa. Le fibre erano lavorate in modo da ottenere un foglio di pasta umida, che poi veniva pressato ed essiccato all’aria, cosparso di gelatina animale, di nuovo essiccato e infine lisciato a ma-no. In Europa, la carta fu a lungo reputata un materiale meno resistente nel tempo della pergamena e quindi me-no adatto alla produzione libraria. Ma le manifatture ne migliorarono rapidamente la qualità e la stampa a caratte-ri mobili rese evidente che la carta stessa era in concreto il materiale ideale per la creazione di un volume.

Caratteri mobili e carta resero la produzione di un libro assai piú veloce e conveniente che in passato: ciò permi-

se di incrementare il numero dei libri che uscivano dalle stamperie e che raggiungevano il mercato, a un prezzo unitario inferiore. A sua volta, questo progresso provocò un aumento della domanda di libri da parte del pubbli-co, che diventò piú ampio e si abituò ad apprezzare la lettura e il possesso dei volumi. Si innescò cosí il circolo virtuoso alla base della nuova fruizione della cultura, tipi-ca di Umanesimo e Rinascimento, da parte di una platea composta non piú solo da membri di corte, aristocratici e clero, ma da mercanti, proprietari di manifatture, ammini-stratori, notai, avvocati, medici e piccoli proprietari terrie-ri. Anche le donne, in precedenza ai margini della cultura, iniziarono a sviluppare un particolare gusto per la lettura e custodivano biblioteche e singoli esemplari di libri cui attribuivano un valore affettivo e scaramantico (vedi cap. 12, La parola allo storico, pag. 375).

399

capitolo 13 - Potenze europee a confronto: guerre di religione e politiche di tolleranzaApprofondimenti 1Storia dell’economia e del diritto

Il fisco al principio dell’Età moderna

Attraverso il fisco lo Stato raccoglie dalla popolazione i fondi necessari al funzionamento della sua macchina bu-rocratica e dei servizi essenziali alla popolazione stessa. È cosí fin dagli albori dello Stato moderno ed è per questo che l’individuazione dei tributi e la loro raccolta sono da secoli preoccupazioni precipue di ogni governante. Per lo stesso motivo, e di fronte a necessità dello Stato sempre crescenti, il fisco ha originato infiniti scontri tra il potere centrale e chi doveva pagare: i contribuenti.Nel Cinquecento, al principio dell’Età moderna, la rac-colta fiscale puntava soprattutto sui due cespiti dell’impo-sizione diretta e dell’imposizione indiretta. L’imposizione diretta colpiva il suddito o cittadino personalmente, in quanto individuo, o la sua ricchezza: in questo secondo caso veniva riscossa sul patrimonio, vale a dire sull’insie-me dei suoi beni, o sul suo reddito, vale a dire sulle sue entrate correnti. All’epoca di Enrico IV, l’imposta diretta sulle persone prevaleva perché calcolata in cifra fissa e piú facile da riscuotere, mentre l’imposta diretta sulla ric-chezza era assai piú complicata da applicare: difficilmente si potevano infatti tenere sotto controllo case, terre, altri beni immobili o addirittura il denaro del contribuente. E poiché i nobili e il clero, ovunque in Europa, erano larga-mente esentati dal pagamento dei tributi, l’imposizione diretta andava soprattutto a carico della borghesia e della classi piú umili della popolazione. L’imposizione indi-retta era invece applicata sulle merci: esempio tipico era

il dazio da pagare per le merci che entravano o uscivano dai confini della città o dello Stato. Colpiva dunque chi produceva le merci, chi le scambiava e chi le consumava e appariva piú facile da riscuotere. Dato il notevole incre-mento dei traffici che caratterizzò la prima Età moderna, l’imposizione indiretta assunse inoltre un peso crescente nel sistema tributario statale, fino a sopravanzare quella diretta. E ciò nonostante i tentativi di aggirarla, testimo-niati dalla diffusa pratica del contrabbando, vale a dire lo scambio clandestino di merci sottratte al controllo fiscale del potere centrale.

Nel Cinquecento, in un periodo in cui Parigi, Londra e Madrid dovevano compiere investimenti massicci per l’or-ganizzazione interna degli Stati, per il rafforzamento del potere della Corona e per il finanziamento degli eserciti che si affrontavano sui campi di battaglia, il buon funzio-namento del fisco era essenziale. Proprio a tale scopo la riscossione delle imposte veniva spesso appaltata a privati. Quando acquistavano il diritto di esercitare il servizio, essi anticipavano allo Stato cifre consistenti, corrispondenti a quelle che lo Stato stesso si aspettava di percepire se avesse svolto il compito attraverso i suoi funzionari. Battevano poi il territorio, recuperando grazie alle imposte la cifra anticipata e maggiorandola del proprio guadagno. Il van-taggio per lo Stato era evidente: si risparmiava i problemi e i costi di un servizio esercitato in proprio. Ma altrettanto evidenti erano i rischi: i maggiori erano la corruzione dei burocrati che vendevano l’appalto in cambio di cospicui compensi sottobanco e la vessazione della popolazione da parte di privati che miravano all’arricchimento perso-nale piú che a un’equa ripartizione dei contributi fiscali.

Affinché il sistema tributario funzionasse era necessario che non gravasse troppo sulle spalle dei ceti piú bassi: ciò avrebbe evitato il rischio di scontri sociali. Non doveva inoltre contare su un apparato burocratico troppo esteso e co-stoso e doveva mostrarsi suffi-cientemente libero dal condizio-namento degli appaltatori. Solo cosí la raccolta fiscale sarebbe sta-ta efficiente. Proprio le mancanze in questo campo furono all’origi-ne di buona parte dei problemi finanziari che afflissero la Spagna nel Seicento (vedi vol. 2, cap. 1). Al contrario, l’Inghilterra fu a quell’epoca la potenza europea che meglio di ogni altra seppe or-ganizzare in modo soddisfacente la raccolta dei tributi, con conse-guenti benefici sul funzionamen-to della macchina statale.

Una nobildonna si reca con la sua serva dall’esattore delle tasse per pagare il proprio tributo (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister, Staatliche Kunstsammlungen, 1539).

della civiltà europea

iii secolo)

solare, podestarile, popolare)Resistenza dei Comuni ai tentativi dell’impero di riaffermare le proprie prerogative (scontri tra Federico I e la Lega lom-barda e tra Federico II e le città guelfe)Dalla fine del XIII secolo emergere di criptosignorie e regimi oligarchici

politiche – nord italia e impero

Francia: crescente potere della monarchia, che indebolisce

Inghilterra: «impero dei Plantageneti», ma – dopo la sconfitta di Bouvines nel 1215 – il re Giovanni Senza Terra concede la

del capitolo, e «Per analizzare e produrre», che richie-58 Laboratorio

Organizziamo le conoscenze3. Completa la mappa concettuale sulla fine dell’Impero carolingio.

887

888

887

Seconda metà del secolo IXSi manifestano in maniera evidente le prime ……….......………………………………………………………..…… Le …………………………………..........……………….........................……………..…… si aggravano notevolmente

Carlo il Grosso fallisce nel tentativo di contrasto: – delle ribellioni ………………….………................

- delle incursioni dei ………………………….........................................………………………..L’imperatore si ritira in monastero senza …………………………................………………………………….…......La morte di Carlo il Grosso apre una crisi senza precedenti, che causa:

- la dissoluzione ……………………………………..........……..……………………………….............................……………

- la ……………………………………………………….............……………..……………………………….............................…….

Si manifestano in maniera evidente le prime

Carlo il Grosso fallisce nel tentativo di contrasto: – delle ribellioni

La morte di Carlo il Grosso apre una crisi senza precedenti, che causa:

4. Completa la tabella che segue, trascrivendo nella colonna giusta gli elementi di seguito elencati.

Acquisizione da parte del signore che aveva costruito il castello dei poteri di giurisdizione sul territorio difeso – Potenziamento delle

reti economiche protette dai castelli e migliore organizzazione del commercio locale – Piena fedeltà e impegno alla guardia e alla

manutenzione del castello da parte degli uomini che lo utilizzavano e vivevano al suo interno con le loro famiglie – Mancanza di punti

di riferimento politici per la popolazione – Esigenza di difesa dai pericoli e dalle aggressioni provenienti dall’esterno – Volontà di pro-

teggere e valorizzare i centri curtensi – Diffusione e consolidamento della signoria territoriale – Esigenza di difendersi e di affermare

i propri diritti territoriali nel corso delle lotte interne all’aristocrazia

Il fenomeno dell’incastellamento

Cause

Conseguenze

Page 4: Dentro la storia - edizione arancione

101Le forme dell’autogoverno urbano100 punti di vista Primo piano

Le forme dell’autogoverno urbano

A Daiberto, Il lodo delle torri di Pisa (21 aprile 1088-1092)B Federico I, Federico I ai Pisani (6 aprile 1162)C Bernardo Maragone, Il conflitto del 1182 sulla costruzione di un nuovo ponte sull’ArnoD Lo Statuto del Popolo di Pisa e delle sue compagnie (1302)E Ranieri Sardo, La nascita della signoria di Giovanni Dell’Agnello (1364)

Primo pianoLe forme dell’autogoverno urbanoUno studio di caso: Pisa dalle prime esperienze comunali alla signoria di Giovanni Dell’Agnello

Abbiamo visto nel capitolo 3 come non sia possibile elaborare un modello che spieghi in maniera univoca l’origine e lo sviluppo del Comune e come pertanto sia sempre opportuno procedere a un esame «caso per caso». Malgrado ciò, e tenendo sempre in debito conto l’insta-

bilità delle istituzioni comunali, abbiamo distinto la vita dei Comuni italiani in piú fasi, quella «consolare» e quella «podestarile», trasformatesi poi o in «regimi di popolo» o in «signorie».

Vogliamo adesso ripercorrere tali fasi attraverso uno studio di caso, leggendo e analizzando alcune fonti. Abbiamo scelto la Toscana perché qui il potere centrale, sia pur tra alterne vicende, ebbe una certa continuità (i duchi longobardi di Lucca, poi i conti carolingi, infine il marchese di Tuscia). Questa circoscrizione territoriale resistette pertanto meglio, fino a tutto l’XI secolo, al processo di sgretolamento del potere pubblico che si manifestò nella nostra penisola. Dal 1027 a detenere il titolo marchionale furono i Canossa, il cui rapporto con il papato e con l’impero rappresentò, come abbiamo avuto modo di vedere, un caso esemplare delle tensioni tra le due massime istituzioni del mondo medievale. Nonostante i contrasti con l’impero creassero delle discontinuità nell’amministrazione del potere dei marchesi, il controllo sul territorio toscano esercitato dai Canossa, iniziato formalmente con la nomina a marchese di Bonifacio, morto nel 1052, si protrasse per tre generazioni. Durante il marchesato di Beatrice, infatti, intervenne contro i Canossa l’imperatore Enrico III, e per qualche tempo la marca fu amministrata direttamen-te dall’impero; alla morte del sovrano riprese tuttavia il potere Goffredo, secondo marito di Beatrice, che a sua volta morí nel 1069. Beatrice amministrò il marchesato fino al 18 aprile 1076, quando le subentrò la figlia Matilde, infine deposta dall’imperatore Enrico IV del 1081.

È a partire da quel momento che la marca, priva di titolare, evidenziò un’ampia frammentazione in tante città (civitates) con i loro notabili e un articolato tessuto sociale (famiglie che hanno proprietà nel contado, armatori, mercanti, ecc.), che dettero vita ai Comuni. Fra le diverse città, l’esempio di Pisa, anche se non eccessivamente prodigo di testimonianze scritte, appare paradigmatico. Non si tratta evidentemente qui di tracciare la storia della città, quanto piuttosto di isolare alcuni documenti che possano risultare esemplari al nostro percorso.

Questo documento è una securitas o lodo arbitrale in cui, grazie alla mediazione del vescovo, sono dettate disposizioni relative all’altezza delle torri cittadine, per le quali si era aperta nella città di Pisa un’aspra contesa. È per noi però un documento molto importante, in quanto costituisce un primo atto politico volontario che regolava la convivenza dei pisani. Non è casuale che la studiosa Gabriella Rossetti lo abbia definito la prima carta costituzionale della repubblica pisana. In questo documento infatti possiamo cogliere gli elementi fondamentali che dettero vita al Comune: «La natura generale e pattizia dell’accordo, il

A Il lodo delle torri di Pisa (21 aprile 1088-1092)

Daiberto Il lodo del vescovo Daiberto sull’altezza delle torri, in O. Banti, I Brevi dei consoli del Comune di Pisa degli anni 1162 e

1164, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma 1997; trad. di M. Ronzani

In nome del Signore e Salvatore nostro Gesú Cristo.Io Daiberto, sebbene indegno per provvidenza divina vescovo dei Pisani, con accanto a me in qualità di so-ci gli uomini forti e saggi (strenuis et sapientibus) Pietro visconte, Rolando e Stefano, Guinezone, Marignano e Alberto, considerando l’antica pestilenza della superbia della città di Pisa, dove accadevano quotidianamente numerosissimi omicidi, spergiuri e incesti, principal-mente in occasione della distruzione di domus [casa-torre] e altri numerosi delitti, col consenso degli uomi-ni suddetti, stabilisco e impongo fermamente a tutti gli abitanti di Pisa, dei borghi e di Chinzica, in nome del giuramento che avete fatto, che nessuno impedisca ad altri in alcun modo di costruire o restaurare una domus come la torre di Stefano figlio di Baldovino e di Lamber-to; per quelli che abitano in Chinzica alta come la torre piú alta di Guinizone figlio di Gontolino, né impedisca di farlo con qualche malvagia intenzione sul terreno di sua proprietà o che tiene come suo, eccetto che colui che vuole impedire che ciò sia fatto possa mostrare che il terreno è suo e non di colui che lo tiene, ed eccetto ai capi del ponte. E in terra ecclesiastica nessuno impedi-sca di costruire una domus alle altezze stabilite […].

E se sulla altezza delle torri vi sarà discordia a causa del luogo di costruzione, che in alcuni punti è piú alto che in altri, allora si adeguino in altezza secondo una linea, e nessuno costruisca sopra quella altezza né con legno né in muratura. E se qualcuno tenterà di costruire sopra il limite, voi lo impedirete con la forza. E nessu-no prenda possesso di una domus contro la volontà del proprietario, o la distrugga o danneggi in alcun modo scientemente, se non per decisione comune della città (communi consilio civitis) o della maggior parte dei buo-ni e dei saggi (bonorum et sapientium), né lo consenta ad altro uomo. Se qualcuno, sedotto dal diavolo, impedirà di costruire una domus altri contro le disposizioni che

abbiamo dato fino all’altezza stabilita, o farà impedire o distruggerà scientemente, e non si adeguerà alle altre norme che abbiamo stabilito e se colui che sarà impe-dito, o a cui la casa sarà stata distrutta scientemente, o sulle altre regole disattese si lamenterà presso il comu-ne colloquio della città (commune colloquium civitatis), e se colui che impedisce o ha distrutto scientemente e ha mancato alle regole suddette non recederà da questa superbia entro un mese, allora vogliamo e stabiliamo che aiutiate con la forza colui a cui è stato impedito di costruire la sua domus la cui domus è stata distrutta […], a meno che questo non sia accaduto per decisione comune della città (communi consilio civitis), nel modo che abbiamo sopra detto.

Nessuno dentro la domus o intorno alla domus o in terra faccia bertesca o berfredo1 o altro artificio in le-gno che serva al combattimento, a meno che non lo faccia per l’utilità comune della città. Chi li possiede li distrugga: chi non lo vorrà fare, costringetelo. Le anten-ne, se qualcuno le ha nella domus o ha altri legni utili a costruire bertesche, li getti via entro otto giorni se si trova ora a Pisa. Se non si trova in città in questo mo-mento, lo faccia dopo il suo ritorno. Dalla sua domus, o dalla scala o dal ballatoio, o da qualsiasi parte […] nessuno getti pietra o lancia che possa nuocere dentro una domus , o deliberatamente contro un’altra persona che lí si trovi, o consenta che si lanci dalla sua domus.

Vogliamo anche e stabiliamo che ognuno sia tenu-to a prestare questo giuramento che abbia un’età di 15 anni e che lo faccia entro 15 giorni se si trova a Pisa. Se non si trova a Pisa, sia obbligato a farlo dopo il suo ritorno a meno che non abbia meno di 15 anni. […] Se qualcuno ha ricevuto da altri il giuramento che egli non costruirà la sua domus oltre le 36 braccia di altezza, o piú o meno, senza la sua volontà, stabiliamo che co-stui lo sciolga dal giuramento. Se non lo vorrà fare per

giuramento prestato di attenersi ad una norma comune di convivenza civile che garantisca la concordia e la pace, la volontà di assicurare al patto giurato validità perpetua, espressa nell’impegno di tutti di far giurare lo stesso accordo alle generazioni future, raggiunta l’età legale di quindici anni». In un momento di gravi lotte interne, il lodo ci mostra la fase iniziale del governo comunale, chiarendone i soggetti principali: innanzitutto il vescovo, autorità ritenuta super partes, affiancato dai «soci […] forti e saggi», rappresentanti del colloquium civitatis o consilium civitatis, cioè di quella realtà in cui, parlando insieme (parlamentum), si risolvono i problemi della città.

Il vescovo pone nell’atto tutta la sua autorità (tanto da minacciare alla fine la scomunica per quanti si rifiuteranno di siglare la pace) affinché, in virtú del giuramento collettivo, il ricorso alla violenza sia proibito ai privati e divenga monopo-lio dell’assemblea generale della cittadinanza. Da questo momento in poi i problemi interni alla città si dovranno risolvere insieme; chi si sentirà offeso potrà lamentarsi davanti al commune colloquium civitatis o anche alla partis bonorum et sapientium, un organo piú ristretto di boni («capaci, forti», che hanno cioè una competenza militare) e di sapientes (che hanno competenza giuridica), che agisce in nome del colloquium civitatis nei periodi in cui questo non si riunisce: è probabilmente il gruppo che si trasformerà poi nei consoli, magistrati con potere esecutivo.

1. Ripari in legno costruiti in aggetto o fra le merlature delle fortifica-zioni medievali per poter attaccare gli avversari restando protetti.

A conclusione di ciascuna unità è presente la se-zione «Punti di vista», con percorsi di analisi di documenti storici («Primo piano») e di testi di sto-riografi a su temi di particolare interesse («Percorso storiografi co»). L’«Itinerario di analisi e approfon-dimento», che segue ciascun percorso, propone esercizi di comprensione e spunti di rifl essione sulla questione trattata.

All’indirizzo www.imparosulweb.eu la piattaforma on-line completa i contenuti del testo nella forma del libro misto, offrendo una vasta scelta di mate-riali multimediali, che verranno progressivamente aggiornati. Sono a disposizione degli utenti esercizi di autoverifi ca e di svolgimento di ipertesti e saggi brevi; materiali di approfondimento come mini-sag-gi, schede tematiche e «Punti di vista» supplementa-ri. Nel corso della trattazione vengono puntualmente segnalati al lettore i materiali disponibili attraverso il simbolo segnalati al lettore i materiali disponibili attraverso il simbolo .

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VIIindice

Unità 1 Tra Alto e Basso Medioevo

Capitolo 1 L’eredità altomedievale 4

1 I poteri universali nell’Alto Medioevo 51.1 La periodizzazione1.2 L’idea di Europa1.3 Impero e papato: i due vertici della società medievale1.4 L’impero nuovamente in Occidente1.5 Il papato: potestas e auctoritas nel Medieovo1.6 La struttura della società: l’amicitia dai legami vassalatici al feudalesimo1.7 La Chiesa nella società feudo-vassallatica

2 Economia, amministrazione e cultura 102.1 Organizzare l’agricoltura: la curtis e il sistema curtense 2.2 Organizzare il territorio: diocesi, marche, comitati2.3 Il monastero, nuovo modello religioso, economico e culturale

3 Ai confini del continente 143.1 I contatti tra culture e religioni nel Mediterraneo3.2 Gli arabi nel Mediterraneo3.3 L’Impero di Bisanzio3.4 Lo Scisma d’Oriente3.5 Il Nord Europa e le esplorazioni dei vichinghi

Le fonti della storia1 Gli obblighi del vassallo 92 Un contratto stipulato all’interno di una curtis 11

Approfondimenti1 La fatica di scrivere nell’Alto Medioevo 15

La parola allo storicoI mille anni del Medioevo 7

mappa concettuale 18 In sintesi 19 Laboratorio 20

Capitolo 2 Poteri universali e poteri locali nei secoli X e XI 24

1 L’impero scomparso 251.1 Morte dell’ultimo imperatore carolingio e lotte per l’impero1.2 La Francia1.3 La Germania1.4 Il Regno d’Italia

2 Lo sviluppo dei poteri locali e l’incastellamento 282.1 Dalla signoria fondiaria alla signoria territoriale2.2 L’incastellamento2.3 La signoria bannale

3 La rinascita delle città 313.1 Incremento demografico e crescita economica3.2 Lo sviluppo urbano3.3 Le città dell’Italia centrosettentrionale e il ruolo dei vescovi

4 Ritorno a Carlo Magno? 344.1 Il papato e Roma in età postcarolingia4.2 Ottone I in Italia e il rinnovamento dell’impero4.3 Ottone II e l’ideologia imperiale di Ottone III

5 Il potere «messo in scena»: l’impero e la società nella prima metà del secolo XI 365.1 Gli imperatori e le aristocrazie locali5.2 La lotta per il Regno d’Italia: Arduino di Ivrea ed Enrico II5.3 Corrado II in Italia e in Borgogna 5.4 Le rivolte nel Regno d’Italia5.5 Il contrasto tra feudatari maggiori e minori a Milano e l’Edictum de beneficiis 5.6 La società divisa in tre ordini

6 Dentro i monasteri la Chiesa si rinnova 406.1 La Chiesa altomedievale: cosa si intende per decadenza?6.2 Cluny e i monasteri riformati 6.3 La riforma monastica in Italia e in Francia

7 Riforma o riforme della Chiesa? 437.1 La «riforma imperiale» della Chiesa7.2 La vita comune del clero e la religiosità popolare7.3 La definizione della riforma7.4 L’armonia si spezza: la morte di Enrico III e l’elezione di papa Niccolò II

8 «Il Sole e la Luna»: la lotta tra impero e papato fino al Concordato di Worms (1122) 468.1 «Non è cattolico, chi non concorda con la Chiesa di Roma»: Gregorio VII8.2 La lotta per le investiture8.3 Dopo Gregorio VII: la lotta continua8.4 Il Concordato Worms

9 La reconquista e le crociate 509.1 La lotta contro i saraceni, la guerra «giusta» e la guerra «santa»9.2 La reconquista in Spagna9.3 L’appello di Clermont di Urbano II: la prima crociata9.4 Gli ordini militari 9.5 La seconda e la terza crociata9.6 La quarta crociata e la conquista di Costantinopoli9.7 Le altre crociate9.8 Le crociate e la cavalleria

Le fonti della storia1 L’Edictum de beneficiis Regni Italici di Corrado II del 1037 392 Il Dictatus papae di Gregorio VII 47

Approfondimenti1 Tra i secoli IX e XII si diffondono gradualmente nuove tecniche per la coltivazione dei terreni 332 Il papato e il diritto internazionale nel Medioevo 49

La parola allo storicoLe riforme della Chiesa 45

mappa concettuale 55 In sintesi 56 Laboratorio 57

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VIII indice

Capitolo 3 L’Europa delle città e dei regni 62

1 Mutamenti economici nei secoli XII e XIII 631.1 La crisi del sistema curtense 1.2 Le città e la nascita della «borghesia» 1.3 Presupposti dello sviluppo: il denaro e la tecnica1.4 La «rivoluzione commerciale» 1.5 La rinascita del diritto e della cultura1.6 Le università

2 I Comuni e le signorie in Italia 682.1 Caratteri principali dei Comuni italiani2.2 I consoli rappresentano i cittadini2.3 Il governo centralizzato: il podestà2.4 Il potere al Popolo2.5 L’organizzazione sociale e produttiva: le corporazioni2.6 Dalle magistrature comunali alle signorie cittadine2.7 Una vicenda politica esemplare: Milano2.8 Un modello alternativo alla signoria: Venezia2.9 Il caso di Firenze

3 Un nuovo scontro tra papato, impero e schieramenti cittadini 743.1 Debolezza dell’impero dopo la morte di Enrico V3.2 L’avvento di Federico I Barbarossa 3.3 Le due Diete di Roncaglia3.4 Lo scontro con il papato e con le città3.5 La morte di Federico

4 La nascita dei regni feudali 784.1 Alle origini dello Stato: che cos’è un regno feudale?4.2 La Francia tra XI e XIII secolo4.3 L’Inghilterra dei Plantageneti4.4. La Magna Charta Libertatum4.5 Le monarchie iberiche4.6 Le isole del Mediterraneo: Sicilia e Sardegna

5 La vita religiosa tra XII e XIII secolo 855.1 Innocenzo III5.2 La religiosità popolare: i valdesi e gli umiliati5.3 I catari e la crociata contro gli «albigesi»5.4 La nascita dei fancescani 5.5 Domenico e i «predicatori»5.6 Ordini femminili e confraternite

6 Federico II, «stupor mundi» 896.1 Il papa, il giovane sovrano e l’eredità «scomoda»6.2 L’unione dei regni e la nuova ideologia imperiale 6.3 Lo scontro con il papato e la scomunica6.4 La disfatta della dinastia

7 Il Mezzogiorno d’Italia alla fine del XIII secolo 927.1 Gli Angioini tra Francia e Italia7.2 La Sicilia e la «rivolta del Vespro»7.3 Gli Aragonesi in Sicilia7.4 La conquista aragonese della Sardegna

Le fonti della storia1 Genova e Pisa nella descrizione dell’arabo al-Idrisi e dell’ebreo Beniamino da Tudela 672 Le astuzie di Gualtieri di Brienne per consolidare il proprio potere a Firenze 753 La Dieta di Roncaglia del novembre 1158 77

4 La Magna Charta Libertatum (1215) 835 La morte di Francesco nella testimonianza del suo primo biografo 87

Approfondimenti1 L’introduzione della bussola in Occidente rende piú sicura la navigazione 652 Lo sviluppo degli strumenti finanziari e la crescente importanza di banchieri e mercanti 73

La parola allo storicoL’ideologia universalistica di Federico II 91

mappa concettuale 94 In sintesi 95 Laboratorio 96

Punti di vistaPrimo piano: Le forme dell’autogoverno urbano 100

Materiali on-lineRaccontare gli eventi: linea del tempo interattiva

Punti di vistaPrimo piano: L’Impero catalano-aragonesePercorso storiografico: «Medioevo». Un solo termine, molte interpretazioni

Mini-saggiDentro il Conclave: da Ottone I ai giorni nostri

SchedeI caratteri del feudalesimo europeoLa dinamica dell’incastellamentoLa società divisa in tre ordiniGli ordini militari: i templariGli ordini militari: gli ospitalieri di S. GiovanniIl dinamismo dei centri urbani e lo sviluppo economicoLa «città delle Virtú»: città e comunità nel MedioevoIl «meraviglioso monarchico»Due giudizi su Federico II

Le mappe concettuali dei capitoli 1-3

Unità 2«L’autunno del Medioevo»

Capitolo 4L’Europa nel XIV secolo: tra crisi e ristrutturazione economica 110

1 La crisi agricola e demografica nell’Europa del Trecento 1111.1 Una sensibile inversione di tendenza1.2 Le carestie

2 Una nuova protagonista: la peste 1122.1 Le origini e il percorso della malattia2.2 Una difficile stima2.3 Mutamenti nella vita delle popolazioni europee2.4 Il movimento dei «battuti»2.5 I «colpevoli» del contagio

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IXindice

3 Trasformazioni economiche e conflitti sociali 1183.1 L’equilibrio tra città e campagne 3.2 L’evoluzione della produzione agricola3.3 La diminuzione della resa economica delle campagne3.4 I conflitti sociali nelle campagne francesi3.5 I conflitti sociali nelle campagne inglesi3.6 Le trasformazioni nelle città: i rischi del settore finanziario3.7 L’evoluzione dell’industria tessile3.8 Le rivolte dei lavoratori della lana

Le fonti della storia1 La carestia del 1316 in Inghilterra nella descrizione di un cronista dell’epoca 1132 Gli ebrei accusati di essere responsabili della diffusione della peste 1173 Il predicatore John Ball 121

Approfondimenti1 I medici e la peste nel Medioevo 1152 Un secolo da interpretare per storici ed economisti: «crisi» o «ristrutturazione» economica? 123

mappa concettuale 124 In sintesi 125 Laboratorio 125

Capitolo 5Dalla Respublica christiana agli Stati monarchici 130

1 Dall’impero «universale» a quello «dinastico» 1311.1 L’impero alla fine del XIII secolo1.2 La sfortunata impresa di Enrico VII in Italia1.3 Ludovico il Bavaro1.4 Il Defensor pacis di Marsilio da Padova e la Dieta di Francoforte del 13381.5 Carlo IV e la «Bolla d’oro» del 13561.6 Massimiliano d’Asburgo «re dei romani»

2 Il papato dalla Unam Sanctam al Concilio di Firenze 1362.1 Celestino V2.2 Bonifacio VIII2.3 La «cattività avignonese»2.4 La Curia papale nel periodo avignonese2.5 Sviluppo del dissenso interno e nuove mentalità religiose2.6 John Wyclif2.7 Jan Hus2.8 La Devotio moderna 2.9 Il Grande scisma d’Occidente fino al Concilio di Pisa (1409)2.10 Il conciliarismo2.11 Il Concilio di Costanza: unificazione e dottrina2.12 Il Concilio di Costanza: la mancata riforma della Chiesa2.13 I Concili di Basilea e Firenze2.14 Il rafforzamento dell’autorità papale

3 La «Guerra dei cent’anni» 1443.1 Cause e prime fasi della «Guerra dei cent’anni» tra Francia e Inghilterra3.2 Terza fase della Guerra dei cent’anni: la crisi della Francia3.3 Il riscatto francese e la fine della Guerra dei cent’anni3.4 La Guerra delle due rose e l’avvento dei Tudor sul trono inglese3.5 Inghilterra e Francia al termine della Guerra dei cent’anni

4 I Regni iberici, il sogno di un Regno borgognone e la nascita della Confederazione svizzera 1504.1 Il consolidamento delle istituzioni monarchiche nella Penisola iberica4.2 Il Ducato di Borgogna e la politica di Filippo l’Ardito4.3 Da Giovanni Senza Paura a Carlo il Temerario4.4 Dopo la Battaglia di Nancy (1477): il tramonto della potenza borgognona4.5 La Confederazione svizzera Le fonti della storia1 L’ideale politico di Dante Alighieri 1332 Il decreto Haec Sancta del Concilio di Costanza (6 aprile 1415) 1433 La condanna di Giovanna d’Arco (1431) 149

Approfondimenti1 Marsilio da Padova e le origini delle moderne concezioni della democrazia 1352 I rapporti commerciali tra Fiandre e Inghilterra e lo scoppio della guerra 145

La parola allo storicoCelestino V e Bonifacio VIII a confronto 137Il ruolo delle assemblee rappresentative nel lento strutturarsi degli Stati moderni 151

mappa concettuale 154 In sintesi 155 Laboratorio 156

Capitolo 6Guardando a Est 160

1 I mongoli, gli ottomani e la fine dell’Impero bizantino 1611.1 Le scorrerie mongole tra XII e XIV secolo1.2 La pax mongolica 1.3 Le origini dell’Impero ottomano1.4 La prima espansione degli ottomani in Europa1.5 L’impero di Tamerlano, nuova guida dei mongoli1.6 La ripresa dell’espansione ottomana1.7 La caduta di Costantinopoli e la sua rinascita come Istanbul1.8 L’egemonia turca sul Mediterraneo

2 L’Europa orientale tra XI e XVI secolo 1712.1 Le origini dello Stato prussiano2.2 La Polonia dal X al XIV secolo2.3 Lo Stato polacco-lituano2.4 Il conflitto tra teutonici e polacchi 2.5 L’Ungheria2.6 Croazia, Bulgaria e Serbia

3 Mosca «terza Roma» 1753.1 I vichinghi e la nascita del Principato di Kiev3.2 L’espansione del Khanato dell’Orda d’Oro3.3 La «Moscovia» fino alla metà del XV secolo3.4 Ivan III e la teoria di «Mosca terza Roma»3.5 La politica estera di Ivan III dopo il 14753.6 Il regime autocratico di Ivan IV3.7 I rapporti con l’Europa

Le fonti della storia1 La reazione del futuro papa Pio II alla caduta di Costantinopoli 1692 Ivan IV giustifica il proprio operato 179

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X indice

Approfondimenti1 La via della seta 1652 Ulug Beg e l’osservatorio astronomico di Samarcanda 167

La parola allo storicoLe tecniche militari dei mongoli 163Si può parlare storicamente della Russia come di uno Stato europeo? 181

mappa concettuale 182 In sintesi 183 Laboratorio 184

Capitolo 7L’Italia degli Stati territoriali 188

1 La nascita dei principati e degli Stati regionali nell’Italia centrosettentrionale 1891.1 Dalle signorie ai principati1.2 Gian Galeazzo Visconti a Milano1.3 Filippo Maria Visconti1.4 L’avvento al potere di Francesco Sforza e l’inizio di una nuova dinastia1.5 L’espansione territoriale di Firenze 1.6 Verso la criptosignoria medicea, fondata da Cosimo dei Medici

2 L’evoluzione delle Repubbliche oligarchiche di Venezia e Genova 1932.1 L’evoluzione di Venezia come potenza terrestre2.2 I frequenti mutamenti istituzionali di Genova

3 Lo Stato della Chiesa 1943.1 Uno Stato formalmente unitario ma frammentato3.2 L’effimera esperienza di Cola di Rienzo3.3 L’opera accentratrice del cardinale di Albornoz

4 Il Mezzogiorno dagli Angioini agli Aragonesi 1964.1 L’incerto potere degli Angiò a Napoli e degli Aragonesi in Sicilia4.2 La riunificazione del regno sotto Alfonso V d’Aragona

5 L’Italia dalla Pace di Lodi alla fine del Quattrocento 1985.1 La Pace di Lodi5.2 La «politica dell’equilibrio»5.3 Gli Stati italiani minori5.4 Il Ducato di Savoia 5.5 Il Ducato di Milano da Francesco Sforza a Ludovico il Moro5.6 La Repubblica di Venezia e la perdita della supremazia nel Mediterraneo orientale5.7 Firenze da Cosimo il Vecchio a Lorenzo il Magnifico 5.8 L’Italia nel 1492: la minaccia straniera prende forma e inizia una nuova epoca

Le fonti della storia1 La capacità di dissimulazione di Filippo Maria Visconti nella Vita di Pier Candido Decembrio 1912 La Pace di Lodi nella testimonianza di Niccolò Machiavelli 201

Approfondimenti1 Le Costituzioni Egidiane e l’amministrazione dei territori della Chiesa 1972 La forte economia italiana alla fine del Quattrocento 205

La parola allo storicoIl «mercato comune» aragonese di Alfonso V il Magnanimo 199

mappa concettuale 206 In sintesi 207 Laboratorio 208

Punti di vistaPercorso storiografico: La crisi del Trecento 211

Materiali on-lineRaccontare gli eventi: linea del tempo interattiva

Punti di vistaPercorso storiografico: Da mercanti a proprietari: crisi economica e trasformazione degli investimenti nel XIV secolo

SchedeLo sconvolgimento economico e sociale del TrecentoLa bolla Unam SanctamUna sessione del Concilio di BasileaMarco Polo testimone dell’Impero mongolo: una pagina del MilioneTamerlano: condottiero spietato o monarca illuminato?I privilegi della nobiltà: la «bolla d’oro» ungherese

Le mappe concettuali dei capitoli 4-7

Unità 3 La nascita del mondo moderno

Capitolo 8Umanesimo e Rinascimento 220

1 L’Umanesimo 2211.1 L’Umanesimo: l’uomo, centro e misura delle cose 1.2 Il nuovo rapporto con il mondo classico 1.3 Le aree e gli ambienti di sviluppo della cultura umanistica 1.4 L’Umanesimo civile: l’influsso della ricerca umanistica sulla società 1.5 Erasmo da Rotterdam e l’Umanesimo cristiano

2 Il Rinascimento 2262.1 La continuità tra Umanesimo e Rinascimento2.2 Il rapporto tra l’intellettuale rinascimentale e le corti dei signori2.3 Il Rinascimento nelle corti italiane e in Europa2.4 Il Rinascimento: all’origine della scienza moderna2.5 Non solo arte: il ruolo delle innovazioni tecniche nello sviluppo dell’economia

3 La rivoluzione di Gutenberg 2333.1 L’invenzione della stampa a caratteri mobili3.2 I motivi del successo della scoperta e le sue conseguenze3.3 Resistenze all’uso della stampa3.4 Produzione della carta e stamperie3.5 La stampa entro il piú vasto processo di modernizzazione3.6 La censura Le fonti della storia1 La dignità dell’uomo nelle parole di un grande umanista 2232 Erasmo da Rotterdam: la Pazzia parla dei papi 227

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XIindice

Approfondimenti1 Le macchine di Leonardo 2312 La stampa e la carta: innovazioni tecniche vincenti 235

La parola allo storicoDagli sviluppi della tecnica l’inizio di una nuova civiltà europea 233

mappa concettuale 239 In sintesi 240 Laboratorio 241

Capitolo 9Al di là dell’Europa cristiana 246

1 Gli europei e i continenti asiatico e africano 2471.1 Gli incerti confini di un mondo chiuso1.2 L’articolazione del «Vecchio Mondo» e i suoi collegamenti1.3 La Cina dei Ming1.4 L’India dei principati e degli imperi1.5 Il Giappone dalla frammentazione feudale all’era Tokugawa1.6 L’Africa dei grandi regni

2 Un continente ancora sconosciuto: le civiltà americane precolombiane 2542.1 Le popolazioni del continente americano2.2 La difficile ricostruzione della storia delle civiltà americane2.3 I maya2.4 La struttura politica e sociale e l’economia dei maya 2.5 La cultura e la religione dei maya2.6 Gli aztechi2.7 La struttura politica e sociale e l’economia degli aztechi2.8 La religione azteca2.9 Gli incas2.10 La struttura politica e sociale degli incas2.11 L’economia degli incas e le grandi opere di ingegneria2.12 La cultura e la religione degli incas

Le fonti della storia1 La lettera del Prete Gianni 2492 La ricca città di Gao nel racconto di un geografo 2533 Gli spagnoli entrano a Tenochtitlan 259

Approfondimenti1 L’accumulazione e la trasmissione dei saperi presso i maya 2572 Le strade e i ponti degli incas 265

La parola allo storicoIl diverso grado d’integrazione dei popoli soggiogati da aztechi e incas 263

mappa concettuale 266 In sintesi 267 Laboratorio 268

Capitolo 10L’Europa alla scoperta del mondo 274

1 Mercanti, esploratori, conquistadores, missionari 2751.1 Alla ricerca di nuove rotte per prestigio e per ricchezza 1.2 I mercanti

1.3 Gli esploratori 1.4 I conquistadores 1.5 I missionari

2 Le esplorazioni portoghesi 2802.1 La monarchia lusitana alla conquista dell’Atlantico2.2 Le prime tappe dell’esplorazione portoghese 2.3 L’impresa di Vasco de Gama2.4 L’estendersi del dominio portoghese2.5 La nascita di un impero coloniale

3 Il «Nuovo Mondo» da Colombo alle aree di spartizione 2843.1 Il progetto di Cristoforo Colombo3.2 L’inconsapevole scoperta di un nuovo continente 3.3 Il passaggio a nord-ovest e quello centrale3.4 Magellano e la difficile circumnavigazione della terra3.5 La spartizione territoriale tra Portogallo e Spagna

4 Il colonialismo spagnolo nelle Americhe 2894.1 La facile conquista dell’Impero azteco4.2 Il crollo dell’Impero inca4.3 Il crollo demografico in America centrale e meridionale4.4 Lo «scambio di Colombo»4.5 Il modello coloniale spagnolo

5 Il difficile riconoscimento dell’«altro» 2945.1 L’Europa e gli «altri» 5.2 Uomini, semiuomini o animali?5.3 Il dibattito tra Las Casas e Sepúlveda5.4 Francisco de Vitoria e la «guerra giusta»5.5 Il requierimento 5.6 Altre voci contro le atrocità degli europei

Le fonti della storia1 Le bolle Inter caetera di papa Alessandro VI 2872 Spirito di evangelizzazione e di conquista nel giornale di bordo di Cristoforo Colombo 2953 Alcune argomentazioni di Francisco de Vittoria 299

Approfondimenti1 Tecniche di navigazione, ingegneria navale e sfruttamento dei venti 2772 Gli sviluppi della cartografia tra Medioevo ed Età moderna 279

La parola allo storicoLe malattie degli europei distruggono gli indios americani 291

mappa concettuale 300 In sintesi 301 Laboratorio 302

Capitolo 11L’impero di Carlo V e i nuovi equilibri europei 308

1 Le aspirazioni francesi e le Guerre d’Italia 3091.1 La Francia alla fine del XV secolo e la politica di espansione di Carlo VIII1.2 Gli effetti dell’invasione francese in Toscana1.3 La reazione antifrancese e la fine dell’impresa di Carlo VIII1.4 La politica italiana di Luigi XII1.5 La Lega di Cambrai e la Lega santa1.6 Le ambizioni di Francesco I e la Pace di Noyon

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XII indice

2 L’impero di Carlo V 3142.1 La politica interna di Massimiliano I 2.2 I successi in politica estera 2.3 L’eccezionale eredità di Carlo I, poi Carlo V 2.4 Il progetto politico del nuovo imperatore2.5 Il tentativo di consolidamento del potere in Spagna e nell’area tedesca 2.6 La Prima guerra italiana tra Francia e impero2.7 La Lega di Cognac e il sacco di Roma 2.8 L’egemonia imperiale sull’Italia 2.9 Il conflitto con l’Impero ottomano 2.10 L’abdicazione di Carlo V e la divisione dell’impero

Le fonti della storia1 Savonarola contro papa Alessandro VI Borgia 3112 L’epopea di Carlo V nei versi dell’Orlando Furioso 3173 Il sacco di Roma nella testimonianza di Francesco Guicciardini 321

Approfondimenti1 Il cannone e lo sviluppo dell’artiglieria moderna 315

La parola allo storicoLa fine del sogno imperiale di Carlo V 323

mappa concettuale 325 In sintesi 326 Laboratorio 327

Punti di vistaPercorso storiografico: Rinascimento: continuità o svolta? 331Primo piano: Immagini del diverso: la percezione occidentale degli indios 337

Materiali on-linePunti di vista

Primo piano: Lorenzo Valla e la Donazione di CostantinoMini-saggi

I Fugger: l’ascesa dei mercanti-banchieri La nouvelle couisine del Rinascimento

SchedeLa civiltà degli aztechiI portoghesi e l’apertura dei commerci con l’OrienteCristoforo Colombo e il ritrovamento del Paradiso terrestreRepubblica e cristianesimo in SavonarolaDue diverse interpretazioni dell’impero di Carlo V

Le mappe concettuali dei capitoli 8-11

Unità 4«Ecclesia semper reformanda»

Capitolo 12Riforma e Controriforma: la fine dell’unità religiosa dell’Europa occidentale 348

1 La riforma prima della Riforma 3491.1 L’esigenza di una riforma all’interno della Chiesa1.2 La Chiesa romana e i vertici ecclesiastici fonte di scandalo

1.3 I problemi relativi alla cura pastorale dei fedeli1.4 Le entrate della Chiesa e la vendita delle indulgenze 1.5 I primi passi della Riforma cattolica

2 Martin Lutero e la Riforma 3522.1 Martin Lutero2.2 I princípi della dottrina di Martin Lutero2.3 Le 95 tesi2.4 Dal dissenso all’eresia2.5 La Dieta di Worms e le sue conseguenze 2.6 I rapporti tra Lutero e la società del suo tempo2.7 La rivolta dei cavalieri2.8 La guerra dei contadini 2.9 La dura reazione alla rivolta e il ruolo di Lutero 2.10 Dalla prima Dieta di Spira a quella di Augusta 2.11 Dalla «Confessione» alla Pace di Augusta

3 La diffusione della Riforma in Svizzera 3623.1 Ulrich Zwingli3.2 Il programma religioso di Calvino3.3 La prevalenza delle questioni religiose su quelle civili3.4 La Ginevra di Calvino3.5 Il calvinismo conquista la borghesia

4 I Paesi scandinavi e lo Scisma anglicano 3664.1 La «Riforma dall’alto» in Svezia, Danimarca e Norvegia4.2 Lo Scisma anglicano4.3 La debole difesa del cattolicesimo in Inghilterra4.4 L’Inghilterra aderisce alla Riforma

5 Riforma cattolica e Controriforma 3695.1 Questioni di terminologia5.2 Paolo III e la crescente domanda di riforma5.3 I primi atti del rinnovamento5.4 Verso la rottura con la Riforma protestante: la prima fase del Concilio di Trento (1545-1549)5.5 La seconda fase del Concilio di Trento (1551-1552) e il pontificato di Paolo IV5.6 La terza fase del Concilio di Trento (1562-1563): riformare la Chiesa cattolica

6 La Chiesa cattolica dopo il Concilio di Trento 3766.1 Tra repressione e rinnovamento della vita ecclesiale6.2 La Compagnia di Gesú6.3 Le specificità dei gesuiti6.4 Il collegio gesuitico6.5 Lo spirito missionario dei gesuiti

7 Una nuova disciplina sociale 3807.1 Il confessionalismo 7.2 La disciplina sociale7.3 Un caso particolare: l’intolleranza verso gli ebrei

Le fonti della storia1 Dalla lettera di Lutero all’arcivescovo Alberto di Hohenzollern 3552 Thomas Müntzer contro Lutero 3593 La Confessio Augustana 3614 Dalle Ordinanze ecclesiastiche ginevrine del 1545 3655 L’Atto di supremazia del 1534 3676 Alcuni decreti del Concilio di Trento 3737 Tecniche per la selezione dei candidati nella Compagnia di Gesú 379

Approfondimenti1 Il Tribunale dell’Inquisizione 3712 Le reducciones dei gesuiti in America Latina 381

Page 11: Dentro la storia - edizione arancione

XIIIindice

La parola allo storicoProibire la Bibbia alle donne 375

mappa concettuale 383 In sintesi 384 Laboratorio 385

Capitolo 13Potenze europee a confronto: guerre di religione e politiche di tolleranza 390

1 La Francia da Enrico II alla politica di Richelieu 3911.1 I conflitti tra Francia e impero1.2 Il regno di Enrico II e la Pace di Cateau-Cambrésis1.3 La prima fase dei conflitti religiosi in Francia 1.4 L’inizio della guerra civile e la strage della notte di San Bartolomeo1.5 La ripresa calvinista e la «Guerra dei tre Enrichi»1.6 L’ascesa al trono di Enrico IV1.7 L’Editto di Nantes 1.8 Il regno di Enrico IV dal 1598 al suo assassinio1.9 La reggenza di Maria dei Medici1.10 Luigi XIII e la politica di Richelieu

2 L’Inghilterra di Elisabetta I 4012.1 Elisabetta I e l’iniziale rafforzamento del potere monarchico2.2 Il problema religioso2.3 La Scozia e la vicenda di Maria Stuart2.4 Il caso irlandese

3 La Spagna all’epoca di Filippo II 4033.1 Il giudizio storico complessivo sul «re prudente»3.2 La ricerca dell’unità interna 3.3 La lotta contro i turchi e la Battaglia di Lepanto3.4 Filippo II re del Portogallo3.5 La Guerra anglo-spagnola

4 La rivolta dei Paesi Bassi e la nascita dell’Olanda 4084.1 La relativa autonomia dei Paesi Bassi4.2 La rivolta4.3 La Repubblica delle Province Unite4.4 Olanda: i primi passi di un nuovo Stato

5 La Guerra dei trent’anni e la fine delle guerre di religione 4125.1 La preparazione dello scontro5.2 Le fasi dello scontro e la posta in gioco5.3 La Pace di Westfalia: i problemi religiosi5.4 La Pace di Westfalia: i problemi territoriali

Le fonti della storia1 L’Editto di Nantes 3972 La Dichiarazione d’indipendenza delle Province Unite 411 Approfondimenti1 Il fisco al principio dell’Età moderna 3992 Una «chimica» dell’oro: l’alchimia alla corte di Rodolfo II 415

La parola allo storico«Guerre di religione» o guerre con il pretesto della religione? 393La reale importanza della vittoria di Lepanto 407La Guerra dei trent’anni, primo conflitto generale d’Europa 413

mappa concettuale 418 In sintesi 419 Laboratorio 420

Punti di vistaPercorso storiografico: Controriforma, Riforma cattolica, disciplinamento sociale 425

Materiali on-linePunti di vista

Primo piano: L’Inquisizione in Liguria: proposizioni ereticali, libri proibiti e incantesimi nella Savona di fine Cinquecento

Mini-saggiPolitica e iconografia nell’Inghilterra elisabettiana

SchedeAlcune delle 95 tesi di WittenbergLa Pace di AugustaLutero contro le bande dei contadiniLa dottrina dei sacramenti di CalvinoIl calvinismo e la vocazione professionaleLa politica religiosa di Elisabetta I

Le mappe concettuali dei capitoli 12-13

Page 12: Dentro la storia - edizione arancione

Unità 1I temi dell’unità 1

Nel corso del IX secolo l’indebolimento dell’Impero carolingio, lacerato dalle lot-

te per la successione, portò alla sua disgrega-zione in tre grandi regni e alla riduzione alla Germania e all’Italia centro-settentrionale dei territori formalmente sottomessi alla Corona imperiale. Dal punto di vista politico, il pe-riodo della storia europea che va da questo secolo al XIII fu segnato da due fondamentali dinamiche. La prima fu il progressivo raffor-zamento delle autonomie territoriali, legate sia al crescente potere dell’aristocrazia feudale sia all’affermarsi dei liberi Comuni. La secon-da fu rappresentata dalla lotta tra i due poteri universali, impero e papato, che si contende-vano l’eredità dell’ideale universalistico tardo-

Tra Alto e Basso Medioevo

I capitoli dell’unità 1

1 L’eredità altomedievale

2 Poteri universali e poteri locali nei secoli X e XI

3 L’Europa delle città e dei regni

Materiali on-lineRaccontare gli eventi

Linea del tempo interattiva

Punti di vista Primo piano: L’Impero catalano-aragonese Percorso storiografi co: «Medioevo»: un solo termine, molte interpretazioni

Mini-saggio Dentro il Conclave: da Ottone I ai giorni nostri

Schede I caratteri del feudalesimo europeo La dinamica dell’incastellamento La società divisa in tre ordini Gli ordini militari: i templari Gli ordini militari: gli ospitalieri di S. Giovanni Il dinamismo dei centri urbani e lo sviluppo economico La «città delle Virtú»: città e comunità nel Medioevo Il «meraviglioso monarchico» Due giudizi su Federico II

Le mappe concettuali dei capitoli 1-3

antico dell’unione di tutta la cristianità in una sola Respublica Christiana guidata dal potere spirituale e da quello temporale in equilibrio tra loro. Ma a partire dal XII secolo si assistet-te anche all’iniziale sviluppo delle monarchie nazionali.

Dal punto di vista economico e sociale, in tutta l’Europa che era stata parte dell’Impero carolingio questo periodo vide il consolidarsi del sistema delle curtes, unità produttive che si trovavano al centro di reti di villaggi, che det-tero progressivamente vita alla signoria fon-diaria e al fenomeno dell’incastellamento. La progressiva ripresa della produzione agricola e degli scambi commerciali, unita allo sviluppo dei centri urbani, generò la nascita della bor-ghesia, protagonista di una nuova fase della storia europea.

Page 13: Dentro la storia - edizione arancione

888 Muore Carlo il Grosso, ultimo imperatore carolingio

910 Fondazione del monastero benedettino di Cluny

962 Ottone I incoronato imperatore dell’Impero germanico

987 Ugo Capeto eletto re di Francia

X secolo Sviluppo urbano delle città mediterranee e del Nord Europa

X-XII secolo Passaggio dalle curtes alla signoria territoriale

IX-X secolo

1002 Morte di Ottone III e fallimento della politica della Renovatio imperii degli Ottoni

1037 Edictum de benefi ciis di Corrado II: ereditarietà anche dei feudi minori

1056 Enrico IV diviene imperatore

1075 Dictatus papae di Gregorio VII: piena rivendicazione della supremazia della Chiesa

1080-1099 Pisa, Asti, Milano, Genova si costituiscono in liberi «Comuni»

1085 Guglielmo il Conquistatore, re d’Inghilterra, ordina la redazione del Domesday Book, il catasto delle proprietà immobili

1095 Papa Urbano II indice la prima crociata

1099 I crociati conquistano Gerusalemme

1001-1100

1122 Il Concordato di Worms pone fi ne alla «lotta per le investiture» tra papato e impero

1139 Ruggero II riceve dal papa Innocenzo II la corona di Sicilia, completando la conquista normanna dell’Italia meridionale

1154 Prima Dieta di Roncaglia

1158 Seconda Dieta di Roncaglia

1176 La Lega lombarda sconfi gge Federico I di Svevia, il «Barbarossa», nella battaglia di Legnano

1183 Pace di Costanza: i Comuni italiani sono riconosciuti nella loro autonomia

1101-1200

1209 Francesco d’Assisi ottiene la prima approvazione orale della regola dei suoi frati

1212 In Spagna vittoria di Las Navas de Tolosa e svolta nella reconquista della penisola agli arabi

1214 Battaglia di Bouvines: Filippo II Augusto di Francia ottiene la vittoria sugli inglesi e rafforza la dinastia francese

1215 Giovanni «senza terra», re di Inghilterra, concede ai sudditi la Magna Charta Libertatum

1220 Federico II è imperatore di Germania, conservando anche l’Italia meridionale

1227-1228 Confl itto tra Federico II e i papi Onorio III e Gregorio IX

1266 Carlo d’Angiò, alleato con il papato, sconfi gge Manfredi, erede di Federico II

1270-1272 Ottava e ultima crociata

1201-1300

Contadini intenti a

divellere le radici e a vangare la terra

sotto la protezione della mano di Dio (Stoccarda,

Wurttembergische Landesbibliothek, X

secolo)

Battaglia di Bouvines: Filippo II Augusto di Francia ottiene la vittoria

Magna La Battaglia

di Bouvines del 1214 in una miniatura di Jean Fouquet (Parigi, Bibliothèque Nationale

de France, XV secolo)

Page 14: Dentro la storia - edizione arancione

L’eredità altomedievale

Obiettivi Conoscere le caratteristiche dei poteri imperiale e papale, che lungo tutto l’arco del Medioevo hanno informato la società e la politica in Europa.

Analizzare il concetto di «società feudale», identifi candone i ca-ratteri istituzionali e i protagonisti.

Individuare i principali caratteri dell’economia e i piú signifi cativi cambiamenti culturali altomedievali.

Comprendere le reciproche infl uenza tra civiltà araba, bizantina e occidentale.

Questione chiave

È possibile individuare aspetti distin-tivi della storia medievale, che han-

no caratterizzato tutto il millennio che va dal 476 al 1492 e possono costitui-re le coordinate culturali entro cui leg-gere le origini degli ultimi cinquecento anni della storia europea?

Capitolo 1

L’immagine suggerisce con immediatezza il tipo di rapporto che dovrebbe esistere fra le due massime istituzioni medievali, papato e impero, secondo quella che fu defi nita «teoria dei due soli». I poteri esercitati dal papa e dall’imperatore sono entrambi di origine divina: Dio, seduto al centro della miniatura, consegna la spada al sovrano, simbolo del potere temporale, e la chiave al pontefi ce, simbolo del potere spirituale. Il rapporto dovrebbe quindi essere paritario e a ciascuno viene riconosciuta una giurisdizione di sua competenza. Tuttavia la realtà è molto piú complessa e nel corso dell’Alto Medioevo si scatena un’accesa rivalità fra papa e imperatore, entrambi desiderosi di vedere riconosciuta la supremazia della propria autorità (Parigi, Biblioteca nazionale di Francia, 1314).

Page 15: Dentro la storia - edizione arancione

5capitolo 1 - L’eredità altomedievale

1 I poteri universali nell’Alto Medioevo

1.1 La periodizzazione

Con il termine «Medioevo» si intende, per convenzione, l’arco temporale che va dalla deposizione dell’imperatore Romolo Augu-sto (476) alla scoperta dell’America (1492). Il termine fa riferimento a una «età di mezzo», in quanto chi ha cosí definito questo perio-do della storia voleva evidenziare la sua col-locazione tra i fasti dell’antichità e la nascita del mondo moderno dal secolo XVI in poi. In questa prospettiva, il Medioevo assunse una connotazione essenzialmente negativa, come epoca di decadenza politica, morale e sociale. L’idea di negatività associata a questa fase si è protratta fino a oggi: infatti, capita spesso che nei giornali e in trasmissioni tele-visive popolari il Medioevo sia ancora visto come un periodo violento, senza regole e, tal-volta, fantastico. Tra XIX e XXI secolo la sto-riografia specialistica ha dimostrato la falsità di questi luoghi comuni e ci ha fornito gli strumenti per comprendere in maniera scien-tifica l’epoca medievale.

Dovendosi occupare di circa mille anni di storia, gli storici hanno messo a punto delle ulteriori precisazioni cronologiche, distin-guendo due periodi: l’Alto Medioevo (secoli V-XI) e il Basso Medioevo (secoli XII-XV). A fare da spartiacque tra i due periodi sono la ri-presa dell’economia europea nel secolo XI, lo sviluppo delle autonomie cittadine in Italia e l’inizio della formazione delle monarchie na-zionali in Francia, Inghilterra e nella Penisola iberica (vedi La parola allo storico).

1.2 L’idea di Europa

In questo volume verrà spesso utilizzato il termine di «Europa» per fare riferimento ai territori oggetto del nostro studio. Lo utilizze-remo in senso geografico per indicare l’ampia regione che si estende, da sud a nord, dalla penisola italiana fino ai Paesi che si affaccia-no sul Mare del Nord, e da ovest a est dalla Penisola iberica agli Urali.

Il termine ha origine nelle isole dell’Egeo per indicare la Grecia continentale, ma fin dai primi secoli del Medioevo assume signi-ficati differenti. A questo proposito lo storico francese Robert Fossier ha parlato di «infan-zia d’Europa». All’epoca dell’impero di Carlo

Nel mappamondo disegnato dal monaco Beato di Liebana l’Europa (raffigurata a sinistra) appare molto piú grande rispetto al continente africano (a destra) e a quello asiatico (in alto): la mappa offre un’idea della centralità culturale che l’Europa occupava nell’immaginario degli uomini colti del Medioevo (Parigi, Biblioteca Nazionale di Francia, XI secolo).

Page 16: Dentro la storia - edizione arancione

6 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

Magno l’«Europa» comprendeva l’insieme dei territori che erano sottoposti alla dominazio-ne imperiale. Una volta disgregato l’Impero carolingio passò a indicare l’insieme di Paesi in cui era professata la religione cattolica (la cosiddetta «societas christiana»). Pertanto, tutti coloro che si convertivano, nei Paesi del Nord come nei territori slavi, diventavano «euro-pei». Alla fi ne del Medioevo, l’idea di Europa come unità della cristianità (cattolica), ben-ché dovesse convivere con la formazione e la proliferazione dei territori e delle identità nazionali, si consolidò in opposizione alle regioni occupate dai turchi.

1.3 Impero e papato: i due vertici della società medievale

Tutto il mondo tardo antico e medievale fu contraddistinto dall’esercizio e dall’equili-brio di due poteri: quello dell’imperatore e quello del papa. L’Impero romano era nato prima dell’avvento del cristianesimo e aveva formato strutture amministrative e politiche forti, che ebbero evidenti infl uenze sull’im-pero medievale. Quest’ultimo, però, non può essere compreso senza fare riferimento alle reciproche relazioni che esso ebbe con il pa-pato romano e con le strutture ecclesiastiche.

Infatti, a partire dal IV secolo, si era andata lentamente affermando l’idea che l’umanità costituisse un solo corpo con due anime: quella civile e quella religiosa, unite però nel raggiungimento degli stessi fi ni. Si sviluppò, pertanto, un’alleanza tra il potere «spiritua-le», esercitato dagli ecclesiastici (il papa e i vescovi), e il potere «temporale», affi dato a príncipi laici (in primo luogo all’imperato-re), al fi ne di consolidare l’idea dell’esistenza di un solo vertice politico e di una sola reli-gione. L’imperatore (e in generale tutti i so-vrani cristiani), che secondo l’insegnamento dell’apostolo Paolo derivava il suo potere da Dio, doveva proteggere la Chiesa e favorire la conversione dei pagani. Le vicende che vide-ro protagonisti l’impero e il papato, pertanto, devono essere poste al centro di ogni ricostru-zione storica del periodo.

1.4 L’impero nuovamente in Occidente

Quando si fa riferimento all’impero nei primi secoli del Medioevo, si intende naturalmente l’Impero romano d’Oriente con sede a Co-stantinopoli (detto «Impero bizantino»), in quanto fu solo con Carlo Magno che venne ricostituito l’Impero di Occidente.

Carlo, re dei franchi, incoronato impera-tore da papa Leone III nel Natale dell’800, si presentò ai contemporanei come il rinnova-tore dell’Impero romano. A quest’ultimo, però, era aggiunta una sostanziale nuova caratteristica: l’impero di Carlo Magno era un impero «cristiano» ed era quindi anzitut-to l’espressione politica dell’unità religiosa dell’Europa e il difensore della Chiesa. A sua volta la Chiesa legittimava l’autorità dell’im-peratore, mentre tra vescovi e funzionari pubblici (conti, marchesi) si veniva a realiz-zare una stretta collaborazione. Per esempio, tra i missi dominici – gli inviati dell’imperatore nei territori dell’impero per amministrare la giustizia e salvaguardarne i diritti – venivano reclutati esponenti del clero, e quando un territorio veniva conquistato, accanto al suo rappresentante politico, il conte, l’imperatore si premurava di nominare il vescovo, al quale affi dava l’evangelizzazione e la cura pastorale della popolazione sottomessa.

Per tale motivo l’uomo del Medioevo non percepiva la differenza tra ambito civile e reli-gioso, ma si sentiva parte dell’unica Respubli-

Due messaggeri consegnano a Carlo Magno notizie relative al suo regno; i missi dominici furono istituiti proprio da Carlo Magno per controllare l’amministrazione dell’impero e venivano scelti spesso tra le fi la del clero, consolidando in questo modo l’alleanza fra l’imperatore e il papa (Castres, Biblioteca Municipale, 1375-1379).

Page 17: Dentro la storia - edizione arancione

I mille anni del Medioevo

La parola allo storico

In questo testo Giuseppe Sergi rifl ette sulla necessità, per gli sto-rici, di periodizzare al fi ne di rendere piú facile la comprensione della storia. Non bisogna tuttavia mai perdere di vista il fatto che la periodizzazione è sempre un’operazione culturale, un atto convenzionale che talvolta varia a seconda dell’ambiente cultu-rale e geografi co dello storico che la mette in atto.

«Periodizzare» è un’operazione culturale volta a dare ordine alla comprensione della storia: ripartisce la storia in «periodi» piú o meno lunghi rievocabili in modo suffi -cientemente omogeneo, nell’impossibilità, nella memoria collettiva degli uomini, di entrare nel magma del passato isolandone singoli momenti. La periodizzazione che ha dato luogo all’idea europea di Medioevo è cosí condizio-nata dalla negatività della sua parte fi nale che, per ritaglia-re un lungo periodo tutto negativo, si andò a cercare anche un inizio «buio»: il secolo V, la caduta dell’Impero roma-no, la crisi di riadattamento vissuta allora dall’Europa, non piú inquadrata in una grande dominazione di tipo statale e non ancora preparata a funzionare attraverso localismi, integrazioni etniche, nuove forme di organizzazione.

Oggi gli storici non contestano l’opportunità di conti-nuare ad usare il concetto di Medioevo, troppo presente nell’uso comune per essere abolito. Ma ricordano a tutti noi che il cosiddetto Medioevo è durato ben mille anni (una durata enorme) e che non è possibile che i mille anni siano stati tutti uguali. Possiamo invece individuare qualche coerenza nei cinque-sei secoli centrali del Medio-evo (quelli intorno all’anno Mille), dall’espansione dei Franchi allo sviluppo dei Comuni, intesi come l’infanzia dell’Europa moderna, della sua cultura multietnica (lati-no-germanica, essenzialmente), delle sue forme di convi-venza, dei suoi funzionamenti.

[…] La stessa periodizzazione interna al millennio medievale varia da cultura a cultura: in Italia si distingue «Alto Medioevo» (dal V secolo all’anno Mille) da «Basso Medioevo» (dal Mille al secolo XV), e questa bipartizione ha avuto un certo successo grazie alla diffusione della cul-tura italiana nel secolo scorso. Tuttavia nei paesi di lingua anglosassone si usa spesso «high Middle Age» per indicare il culmine del Medioevo, i secoli XII e XIII. Diversamente articolata è la periodizzazione tedesca, che usa «Frühmit-telalter» (Primo Medioevo) per indicare i secoli V-VIII; «Hochmittelalter» (Alto Medioevo) per i secoli intorno al Mille; «Spätmittelalter» (Tardo Medioevo) per i secoli XII-XV.

G. Sergi, L’idea di Medioevo tra senso comune e pratica storica, Donzelli, Roma 1998

7capitolo 1 - L’eredità altomedievale

ca Christiana, cioè di una società che si identi-fi cava pienamente con la comunità ecclesiale, la christianitas appunto.

Questo ideale unitario si scontrava, però, con il fatto che in tale organismo c’erano due teste, il papa e l’imperatore, entrambe legitti-mate a esercitare la loro autorità.

1.5 Il papato: potestas e auctoritas nel Medioevo

Fino al VI secolo, il papa, in quanto vescovo di Roma, era considerato la massima autori-tà all’interno della Chiesa, ma non il vertice assoluto di essa, dovendo condividere il suo potere con il vescovo di Costantinopoli. A partire dal VII secolo ebbe inizio un lento processo di acquisizione di autorità da parte del papa su tutta la Chiesa, cui fece seguito il costante tentativo dei papi di accreditare il proprio potere (e in generale quello della Chiesa) come superiore a quello dell’impera-tore, il quale doveva dipendere dall’autorità

ecclesiastica perché questa derivava diretta-mente da Dio.

Lungo tutto il Medioevo, a fondamento dell’idea della superiorità del potere spi-rituale su quello temporale venne posta una lettera del 494 di papa Gelasio I, in cui si affermava in maniera netta: «due sono le realtà dalle quali questo mondo viene retto, l’autorità consacrata dei vescovi e la potestà regale: tra queste due tanto piú gravoso è il compito dei vescovi, in quanto dovranno ren-dere conto di fronte al giudizio divino pure per gli stessi re». Bisogna notare che Gelasio I, riferendosi ai vescovi (e quindi anche al pa-pa, che come si è detto era vescovo di Roma), aveva usato il termine «autorità» (auctoritas), mentre per il re la parola «potere» (potestas), che evidentemente era percepita come pro-pria delle istituzioni civili.

Nel corso del Medioevo la Chiesa di Roma tese a sovrapporre i due termini e ad attribuire alle istituzioni ecclesiastiche oltre che l’auctori-tas anche la potestas, cioè la possibilità di inter-venire nell’ambito temporale. Nell’XI secolo,

Page 18: Dentro la storia - edizione arancione

8 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

come vedremo (vedi cap. 2, par. 8), l’afferma-zione della supremazia papale (e quindi del potere spirituale su quello temporale) diven-ne affermazione della ierocrazia. Gregorio VII (1073-1085), infatti, giunse a proclamare il primato assoluto del papa e della Chiesa di Roma accentrata e monarchica, la sola che potesse giudicare i sovrani senza essere giudi-cata da nessuno.

1.6 La struttura della società: l’amicitia dai legami vassallatici al feudalesimo

L’esercizio del potere imperiale (come quello dei vari re) presupponeva, secondo la tradi-zione della tribú germaniche, l’esistenza di un rapporto reciproco di lealtà tra il sovrano e la popolazione di sudditi liberi, che era-no guerrieri e costituivano quindi l’esercito regio e imperiale. All’interno di quest’ultima, però, fi n dai primi secoli dell’Alto Medioevo, cominciò a emergere una cerchia di perso-ne privilegiate, costituita dai «fedeli del re». Questi potevano essere uffi ciali pubblici o semplicemente guerrieri e grandi proprietari terrieri senza incarichi nell’amministrazione, che allacciavano un rapporto diretto con il sovrano (amicitia), costituendo la sua «comi-tiva» militare (da «comites», «compagni», e, per estensione, «compagni d’arme»).

Questo tipo di legame si sviluppò e assun-se una precisa organizzazione con i franchi: esso consisteva in un omaggio (termine che in latino signifi ca l’offerta che un uomo, ho-mo, fa di se stesso) fatto dal sottoposto, o vas-sallo (da «vassus», latinizzazione della parola celtica «gwas», che signifi ca ragazzo), al sovra-no (signore, da «senior», cioè il piú vecchio e quindi il piú importante), cui seguiva un solenne giuramento di fedeltà (vedi Le fon-ti della storia 1). Il sovrano contraccambiava, promettendo protezione e, generalmente, facendo una concessione remunerativa, con-sistente in un reddito (in denaro o in terre) chiamato benefi cio (benefi cium).

Questo tipo di rapporto personale si estese rapidamente a tutte le aristocrazie e divenne il carattere fondamentale dell’intera società altomedievale a tutti i livelli: lo status di si-gnore non era riservato solo al sovrano, ma poteva essere detenuto anche dai membri piú importanti delle aristocrazie, sia laiche che ec-clesiastiche, che venivano cosí a trovarsi a ca-

po di una rete di clientele composta da altri aristocratici che avevano giurato loro fedeltà, come loro l’avevano giurata al sovrano. Infat-ti, poiché il vassallo di un signore poteva, a sua volta, essere lui stesso signore di uno o piú vassalli, si costituí una società vassallatica complessa, formata da una gerarchia di innu-merevoli fedeltà, di cui il sovrano rappresen-tava il vertice.

Nel corso del Medioevo i rapporti vassal-latici furono sempre utilizzati, ma cambiaro-no alcuni loro caratteri, soprattutto riguardo alle modalità di creazione. Infatti, mentre nei secoli altomedievali il benefi cio era per-cepito come una concessione conseguente al giuramento di fedeltà (e quindi secondario e soprattutto revocabile per ingratitudine del vassallo o per la sua morte), con il passare dei secoli esso divenne l’elemento fondamentale del rapporto, prendendo il nome di feudo e divenendo praticamente irrevocabile, oltre che ereditario.

Per indicare l’insieme dei processi ora de-scritti, gli storici usano il concetto di «sistema vassallatico-benefi ciale», cioè di una società fondata su legami feudo-vassallatici.

1.7 La Chiesa nella società feudo-vassallatica

Anche la gerarchia della Chiesa fece parte della società feudo-vassallatica e si adeguò a essa. Infatti, numerosi vescovi e abati avevano

Ierocrazia: forma di gover-no in cui il potere è eserci-tato da una persona o da un gruppo di persone che rap-presentano direttamente il potere divino (per esempio, il papa nella Chiesa) e sono perciò ritenute sacre.

La Fortuna bendata fa girare la ruota su cui si trovano quattro personaggi: un re, un nobile, un chierico e un servo. È dunque la sorte a stabilire il ruolo che ogni individuo occupa nella società (Rouen, Biblioteca Municipale, XIV secolo).

Page 19: Dentro la storia - edizione arancione

Le fonti della storia 1Testimonianze dei protagonisti

Gli obblighi del vassallo

La cerimonia di conferimento del benefi cio è chiaramente co-difi cata nella società medievale, cosí come gli obblighi che essa comporta da parte del vassallo nei confronti del signore al quale si lega: non si tratta però di un vincolo unidirezionale, perché anche il signore, concedendo il feudo, si impegna a garantire al suo vassallo un attivo aiuto qualora ne abbia bisogno. Proponia-mo nel primo brano la dinamica dell’omaggio, descritta dalla cerimonia di concessione del feudo da parte del conte di Fiandra Guglielmo, e nel secondo testo il riepilogo degli obblighi del vas-sallo e del signore, cosí come essi vengono descritti dal vescovo Fulberto di Chartes nel 1020.

Cosí avveniva l’omaggio. Il conte chiedeva a ognuno se voleva divenire in tutto e per tutto il suo uomo, e quello rispondeva «voglio», e, giunte le mani, che venivano stret-te dalle mani del conte, si confederavano con un bacio.

In secondo luogo, colui che aveva prestato 1’omaggio, diede poi la sua fede, con le parole: «Prometto in fede mia che da ora in avanti sarò fedele al conte Guglielmo e os-serverò a lui 1’omaggio, integralmente e contro tutti, con fede buona e senza inganno».

E lo stesso, in terzo luogo, giurò sulle reliquie dei santi. Infi ne lo scettro che il conte teneva in mano, diede 1’inve-stitura a tutti quelli che con questo patto avevano fatto la sicurtà e prestato l’omaggio e il giuramento.

Monumenta Germaniae Historica, in E. Dupré, Italia ed Europa, G. D’Anna, Messina-Firenze 1969

Chi giura fedeltà al suo signore, deve sempre avere pre-senti queste cose: salvezza, sicurezza, onore, interesse. Sal-vezza vuol dire che nessun danno deve patire il signore nel suo corpo. Sicurezza vuol dire che nessun danno deve patire la sua residenza, luoghi forti che la rendano sicura. Quanto all’onore, nulla dev’essere fatto a o della sua giu-stizia o di altre cose che riguardano il suo onore. Quanto all’interesse, nulla che possa nuocere ai suoi beni. Con-viene al vassallo guardarsi dal mancare queste norme; ma

ciò non basta per essere meritevole del feudo. Infatti, non basta astenersi dal male, bisogna fare anche il bene.

Bisogna adunque che nelle cose sopradette egli presti fedelmente consiglio ed aiuto al suo signore, se vuole pa-rere degno del benefi zio e degno della fede giurata.

Anche il signore deve in tutte queste cose rendere la pari al suo vassallo. Se non lo farà, sarà giustamente chia-mato malfi do, e cosí pure il vassallo, se sarà convinto di perfi dia e di spergiuro per avere mancato a una di quelle cose, come agente o come consenziente.

Monumenta Germaniae Historica in A. Saitta, Storia e tradizione. Il Medioevo, Sansoni, Firenze 1964

Miniatura tratta dal Liber Feudorum Maior che raffi gura l’omaggio feudale (Barcellona,

Archivio della Corona d’Aragona, XII secolo).

9capitolo 1 - L’eredità altomedievale

Page 20: Dentro la storia - edizione arancione

10 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

sotto di sé vassalli e provenivano a loro volta da famiglie aristocratiche che costituivano il nerbo del mondo feudale.

Divenne, invece, un problema discusso da-gli intellettuali ecclesiastici la possibilità per vescovi e abati di diventare vassalli di signori laici. Ciò avrebbe signifi cato far dipendere il potere spirituale da quello temporale e sot-toporre l’autorità ecclesiastica a potenti laici. In pratica, però, i grandi ecclesiastici, pur non

sottoponendosi al rito dell’omaggio, presta-vano il giuramento di fedeltà al sovrano, il quale a sua volta dava loro l’investitura del-le chiese e dei loro patrimoni, attraverso la consegna del pastorale (il bastone che simbo-leggiava l’autorità vescovile). Questa pratica, come vedremo (cap. 2, par. 8), divenne ogget-to di aspra contesa tra l’impero e il papato nel corso del secolo XI.

In questo paragrafo 1

– Società strutturata in base a legami personali tra sovrano e vassalli (sistema feudale o «vassallatico-benefi ciale»)

– Partecipazione dei membri della gerarchia ecclesiastica all’amministrazione dell’impero

– Partecipazione dei membri della gerarchia ecclesiastica

Elementi politici

Elementi sociali

Medioevo (476-1492)

Presenza di due poteri universali (papato e impero) nell’unica

«cristianità»

Tentativi della Chiesa di acquisire sia l’auctoritas

spirituale, che la potestas temporale

acquisire sia l’

2 Economia, amministrazione e cultura

2.1 Organizzare l’agricoltura: la curtis e il sistema curtense

Il territorio rurale nell’Alto Medioevo era ca-ratterizzato da vastissime aree incolte (bo-schi, macchie, paludi), che fi no alla fi ne del secolo XI predominavano nettamente su quelle messe a coltura. Dal secolo XII l’incol-to cominciò a diminuire attraverso le opere di bonifi ca delle paludi e i disboscamenti che, insieme a rilevanti progressi tecnici, cambia-rono completamente il volto dell’agricoltura medievale.

Le aree messe a coltura erano detenute in massima parte da grandi proprietari, che a partire dall’epoca franca le organizzarono in curtes. La curtis era una azienda agraria di dimensioni variabili a seconda del luogo e del proprietario. Aveva uno o piú centri di raccolta delle derrate agricole ed era articolata in due parti:– la pars dominica (da «dominus», signore),

amministrata direttamente dal proprie-

Una statua di Benedetto Antelami che raffi gura un contadino impegnato nella mietitura di un campo (Parma, Battistero, XII secolo).

Page 21: Dentro la storia - edizione arancione

Le fonti della storia 2Documenti uffi ciali

Un contratto stipulato all’interno di una curtis

Questo contratto tra il proprietario delle terre di una curtis (in questo caso un monastero) e un massaro risale al 4 maggio 876, nel periodo di grande fi oritura della curtis. Non si tratta di una concessione ex novo, ma della conferma di una situa-zione già esistente in cui si aggiunge al manso, la parte di terre affi data a un contadino in affi tto, parte del bosco dominicale. Il documento è interessante perché mostra la varietà e la com-plessità dei rapporti che si istituiscono tra il proprietario e il destinatario di una signoria fondiaria: i doveri del massaro (la pratica delle corvées, l’obbligo di apportare migliorie), ma an-che l’impegno reciproco al rispetto degli accordi presi, pena una somma risarcitoria.

Io Ostriberto, uomo venerabile, prete e preposto del mo-nastero del Salvatore posto sul Monte Amiata, ho deci-so di installare mediante questa carta di livello te, Gisal-prando, fi glio di Goffredo di buona memoria, nella casa d’abitazione e sue dipendenze appartenenti al suddetto monastero nel casale chiamato «Callemala», dove tu at-tualmente già abiti e per quanto tu già detieni, con la casa, l’orto, la vigna e tutto ciò che tu già detieni. Aggiungo par-te del terreno appartenente al dominicum del monastero, ossia parte del bosco chiamato «Campolungo», secondo questi confi ni: da una parte il limite è il fossato e il bosco di frassini; al di sopra un altro bosco di frassini; dall’altra

parte il fossato che scende dal monte, fi no alla via Franci-gena; e al di sotto lungo il percorso della stessa strada, fi no a ricongiungersi con il primo bosco di frassini. Nella zona del «casale del Paglia» potrai in ogni tempo raccogliere i frutti del sottobosco e far pascolare le bestie. Dovrai fare in modo che la casa e i beni ad essa pertinenti ricevano migliorie e non danni. Su nostro ordine dovrai presentarti a noi […] e eseguire la nostra sentenza, se avremo emana-to nei tuoi confronti un giudizio legale. Nell’arco di ogni anno dovrai prestare a me, Ostriberto prete e preposto, e ai miei successori, in favore del suddetto monastero, una settimana di lavoro su tre, e non di piú, senza possibilità di ulteriori imposizioni.

E se io, Ostriberto prete e preposto, o i miei successori nel monastero imporremo con la violenza nuove presta-zioni a te Gisalprando o ai tuoi fi gli ed eredi, o vi caccere-mo dalla suddetta casa e relative pertinenze, allora dovre-mo pagarvi una pena di cento soldi, e quindi voi uscirete dalla casa con tutte le vostre masserizie, perché questo è il nostro accordo.

Da parte mia, io Gisalprando anche a nome dei miei fi gli ed eredi prometto di rispettare tutte le condizioni precedenti, come voi le avete stabilite. E se non faremo tutto quanto ivi si legge, oppure abbandoneremo la casa suddetta per andare ad abitare altrove, allora pagheremo a voi e ai vostri successori nel monastero la stessa pena, ossia cento soldi, e ce ne andremo lasciando la casa vuota e libera, perché questo è il nostro accordo.

Codex Diplomaticus Amiatinus, I, a cura di W. Kurze, Tübingen 1974, n. 157; trad. di M. Ronzani

11capitolo 1 - L’eredità altomedievale

tario e lavorata da servi, sui quali egli deteneva un potere assoluto. Nella pars dominica con l’uso di poca forza-lavoro stabile, integrata in determinati periodi dai massarii (vedi seguente), si potevano ottenere raccolti abbondanti;

– la pars massaricia, costituita da poderi di diversi ordini di grandezza che veni-vano affi dati a contadini detti massarii, attraverso contratti di affi tto che preve-devano la cessione di guadagni in dena-ro o in natura (vedi Le fonti della storia 2); spesso i contadini erano obbligati a lavorare i campi della pars dominica per alcuni giorni al mese (le cosiddette «an-gariae» o «corvées»).

Poiché la produzione all’interno delle curtes era estremamente varia ed esse si trovavano al centro di una rete di villaggi (villae), la sto-riografi a ha a lungo affermato che il sistema curtense fosse caratterizzato da un’economia autarchica, cioè chiusa, perché fondata sul ba-

ratto e gli scambi locali, in cui era assente la circolazione di uomini e denaro. Gli studi piú recenti, invece, hanno evidenziato alcuni dati fondamentali:– vi era circolazione di denaro, dato che gli

affi tti non erano pagati solo in natura;– esistevano mercati locali e di medio e cor-

to raggio, posti soprattutto lungo le arterie stradali e fl uviali. Le compravendite che vi venivano effettuate presupponevano anche scambi in denaro;

– gli uomini erano solitamente legati alla terra che lavoravano, ma avevano una certa possibilità di spostamento e, in alcuni casi, di abbandono delle aree in cui risiedeva-no.

Dal secolo X si assistette in tutta Europa a un mutamento sostanziale del sistema curtense, in quanto la pars dominica diminuí fi n quasi a scomparire e far posto defi nitivamente alla sola pars massaricia, che il proprietario affi t-tava totalmente ai contadini, dando luogo

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12 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

alla cosiddetta «signoria fondiaria» (vedi cap. 2, par. 2.1). Questo fenomeno causò anche l’omogeneizzazione dello stato dei contadini liberi e di quello dei servi, perché in pratica i massarii dipendevano totalmente dal signore fondiario. Diminuí quindi la piccola proprie-tà, perché i piccoli proprietari rinunciarono a essa per affidarsi ai grandi, dotati di mezzi di protezione e delle possibilità materiali di disporre di strumenti tecnici per lo sviluppo delle coltivazioni.

2.2 Organizzare il territorio: diocesi, marche, comitati

Dal punto di vista amministrativo, il territo-rio nelle diverse parti dell’Europa non era or-ganizzato in maniera univoca.

Fin dalla tarda antichità, comunque, le città, che avevano subito una decadenza a partire dal III secolo d.C., continuavano a es-sere il fulcro dell’organizzazione territoriale e, spesso, i centri amministrativi piú impor-tanti. Dal IV secolo la presenza del vescovo (capo della diocesi, il territorio ecclesiastico facente capo alla sede vescovile) contribuí a mantenere alla città la sua importanza poli-tica e amministrativa. La struttura ecclesiasti-ca compí un’opera organizzativa anche nelle campagne attraverso le pievi, chiese principali dove veniva celebrata la messa domenicale e impartito il battesimo. In esse, di solito poste in un’area facilmente raggiungibile, confluiva-no le popolazioni residenti nei villaggi delle campagne.

Sia il territorio cittadino che quello rurale erano sottoposti anche al potere di funzio-nari pubblici, nominati dal sovrano, che si occupavano di compiti militari e giudiziari e della riscossione dei tributi. L’efficacia e il potere di questi funzionari variò a secon-da delle epoca e delle dominazioni. Carlo Magno costruí un solido apparato ammini-strativo, dividendo l’impero in comitati e mar-che. Il comitatus era un’unità amministrativa, normalmente con un centro cittadino, che veniva affidata a un conte (comes). Quest’ul-timo, generalmente un aristocratico legato da rapporto di fedeltà all’imperatore, esercitava i poteri giudiziari e di coordinamento militare, in collaborazione con il vescovo. L’unione di piú comitati nelle mani di un solo conte o an-che solo un grande comitatus posto in area di confine vennero chiamati marca, alla cui testa

stava il marchese (marchio). Come avremo occasione di vedere piú approfonditamente (vedi cap. 2), quando, venuto meno l’Impero carolingio, i funzionari pubblici cominciaro-no a esercitare un potere signorile autonomo dall’impero su quella che era stata la loro cir-coscrizione pubblica (o su parte di essa) si co-stituirono le cosiddette contee (e marchesati, nel caso di marche). Si trattava di aree su cui il conte esercitava un potere di tipo pubblico sugli abitanti, pur non essendo nominato di-rettamente dal re o non avendo legami diretti con il sovrano.

2.3 Il monastero, nuovo modello religioso, economico e culturale

Il monachesimo cristiano ebbe le sue prime manifestazioni tra la metà del III e il IV secolo in Egitto, Siria, Palestina e Cappadocia. Le esperienze monastiche si svilupparono in piú modelli: alcuni monaci sceglievano di vivere in solitudine, altri formavano delle comunità condividendo i tempi di preghiera, studio e lavoro. Il funzionamento delle comunità mo-nastiche venne sempre piú organizzato attra-verso l’introduzione di norme comportamen-tali comuni, dette regole.

Ben presto il monachesimo arrivò anche in Occidente nelle forme in cui si era presenta-

L’imperatore affiancato da un conte (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, fine dell’XI secolo).

Page 23: Dentro la storia - edizione arancione

13capitolo 1 - L’eredità altomedievale

to in Africa e in Medio Oriente. Il monastero si presentava come luogo dove poteva essere espressa una fede pura e dove poteva essere condotta una vita di preghiera lontana dai confl itti del mondo. Ciò non ostacolò, co-munque, la perfetta integrazione tra i monaci e le gerarchie ecclesiastiche uffi ciali (i vesco-vi), che talvolta favorirono lo sviluppo dei monasteri.

In Italia si ebbe la piú importante espe-rienza monastica dell’Alto Medioevo, che in-fl uí sullo sviluppo di tutto il monachesimo europeo. Infatti, nel 529, a Montecassino, Benedetto da Norcia, dopo varie esperienze, diede origine a un grande monastero, desti-nato a divenire il capostipite del principale ordine monastico occidentale, ancora oggi esistente: i benedettini. Negli ultimi anni della sua vita, Benedetto portò a compimen-to la sua fondazione, dotandola di una rego-la che raccoglieva e rinnovava tutte le regole monastiche esistenti. Si trattava di una serie di norme, semplici e relative a tutti i campi della vita comune, portatrici di una spiritua-lità nuova: il monastero doveva costituire il luogo fondamentale della preghiera, attuata da persone che dedicavano la loro vita solo a quella attività, rinunciando a ogni proprietà personale. L’elemento innovativo era conte-nuto nelle modalità con cui il monastero, luogo per eccellenza dell’isolamento dal

mondo, doveva sostenere la comunità mo-nastica e fare sentire la sua azione nel mon-do: tali modalità si possono esprimere con la formula ora et labora (prega e lavora). Bene-detto, infatti, dedicò molti capitoli della sua regola all’organizzazione del lavoro (grande espressione di virtú monastiche) all’interno della comunità e a defi nire precisamente le attività quotidiane e le conoscenze che i mo-naci dovevano possedere al fi ne di scandire ogni parte della giornata attraverso la pre-ghiera.

Le comunità che seguivano la regola di Benedetto, organizzate rigidamente al loro interno, svilupparono una grande rete mo-nastica. I monasteri benedettini divennero ben presto i promotori di una nuova e piú effi ciente organizzazione agricola e com-merciale, perché riuscirono a creare grandi proprietà, acquisite attraverso l’accumulo di donazioni dei fedeli, e a organizzare delle reti commerciali. Molti monasteri divennero cosí degli importanti proprietari fondiari, aventi alle proprie dipendenze moltissimi contadi-ni, cui affi ttavano le terre per essere lavorate.

Un altro ruolo di primo piano ricoperto dai monasteri benedettini fu quello della tra-smissione della cultura. Infatti, al loro inter-no operavano monaci dotati di una buona alfabetizzazione, in grado di produrre e tra-scrivere i libri (vedi Approfondimenti 1).

In questo paragrafo 2

Europa medievale Organizzazione amministrativa

Organizzazione culturale

Organizzazione economica

Organizzazione amministrativa

Terre di grandi proprietari, organizzate secondo il sistema della curtis

– Nelle città risiede il vescovo, a capo della diocesi

– L’amministrazione civile è affi data a conti e marchesi

Monastero: modello religioso, economico e culturale caratteristico dell’Alto Medioevo

Pars dominica (coltivata dai servi del signore) e pars massaricia (divisa in appezzamenti concessi in affi tto)

In seguito conti e marchesi tendono a diventare indipendenti e a esercitare un potere pubblico pur senza essere in contatto con il sovrano

– Preghiera, lavoro e studio– Nei monasteri si conservano e si copiano testi sacri e opere

della cultura classica

organizzate secondo il sistema della

del signore) e (divisa in appezzamenti concessi

economico e culturale caratteristico dell’Alto

– Nei monasteri si conservano e si copiano testi sacri e opere

e a esercitare un potere pubblico pur senza essere in contatto con

Page 24: Dentro la storia - edizione arancione

14 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

3 Ai confi ni del continente

3.1 I contatti tra culture e religioni nel Mediterraneo

L’Alto Medioevo occidentale fu profonda-mente infl uenzato dalle civiltà araba e bi-zantina, che contribuirono a creare uno spazio politico, religioso ed economico mol-to complesso e articolato nel bacino medi-terraneo. Nel corso dell’VIII secolo, nello scenario politico internazionale si presentò una terza forza saldamente coesa: l’Impero carolingio, erede dell’antico Impero romano, nonché principale protettore della Chiesa di Roma. Nel corso del secolo IX le tre entità politiche si resero protagoniste di relazioni reciproche molto fl uide, contraddistinte sia da scontri violenti sia da rapporti economici e diplomatici amichevoli. Nei secoli X-XIII, dopo il crollo dell’Impero carolingio, i regni dell’Occidente non poterono sottrarsi ai rap-porti con le due grandi forze politiche orien-tali, le quali continuarono a far sentire la lo-ro infl uenza nel Mediterraneo fi no alle soglie dell’età moderna.

3.2 Gli arabi nel Mediterraneo

La nascita e la diffusione dell’islam, a parti-re dai primi decenni del VII secolo, segnò un mutamento sostanziale degli equilibri politici ed economici, sia per l’Oriente che per l’Oc-cidente. La nuova religione fu capace di uni-re diverse tribú arabe nomadi che nell’arco temporale di circa un secolo, prima sotto la guida di Maometto, poi dei califfi suoi suc-cessori, costituirono un impero vastissimo, che si estendeva dagli odierni Arabia e Yemen fi no alle coste dell’Africa settentrionale, alla Mesopotamia e alla Spagna. L’Impero arabo ridimensionò fortemente quello bizantino e arrivò a colonizzare regioni geografi che ai confi ni dell’Europa, costituendo cosí una ter-za potente forza politica, sociale ed economi-ca che seppe insinuarsi e condizionare le altre due, l’Impero bizantino e il Regno franco.

Gli arabi giunsero ben presto a solcare il Mediterraneo occidentale, cambiandone completamente le dinamiche politiche ed economiche. Le relazioni con i popoli occi-dentali, e in particolare con il Regno franco, furono improntate alla contrapposizione du-ra, che, oltre che per motivi politico-economi-ci, era originata anche da motivi religiosi. Tale contrapposizione militare tra regni cristiani e mondo islamico caratterizzò tutto il Medioe-

Califfo: dall’arabo «khalifa», che signifi ca «successore», designava originariamente le guide della comunità musulmana dopo la morte di Maometto. I califfi con-centravano in sé il potere amministrativo, militare e giuridico: essi applicavano nei territori controllati una legislazione di stampo religioso che ritenevano provenisse direttamente da Dio e perciò non erano considerati legislatori.

Roma

Toledo

Tangeri

Al Qayrawan

Tripoli

Barqa Alessandria

Rey

Merv

Bassora

Taškent

Kabul

Multan

Al Fustat

Medina

Sana

Parigi

CordovaLas Navas de Tolosa

Costantinopoli

Baghdad

Samarcanda

La Mecca

Damasco

Jerez 711

Poitiers732

Tahuda683

Yarmuk636

Rodi654

Qadisyya637

Badr624

Nilo

Indo

Sicilia(agli Arabinel IX sec.)

Arabia

Persia

Egitto

Regnodei

Franchi

Impero bizantino

PersicoGolfo

Mar Mediterraneo

Mar Nero

MarCaspio

OceanoIndiano

OceanoAtlantico

Espansione arabadal 632 al 650Espansione arabadal 656 al 750

Direttricidell’espanzionePrincipalibattaglie

L’espansione dell’Impero arabo dal VII all’XI secolo

Page 25: Dentro la storia - edizione arancione

Approfondimenti 1Storia della scienza e della tecnologia

La fatica di scrivere nell’Alto Medioevo

La scrittura nell’Alto Medioevo era una pratica quasi esclu-sivamente riservata ai chierici e in particolare ai monaci, che nelle sale deputate dei monasteri (dette scriptoria) svol-gevano la loro attività per diverse ore al giorno, sfruttan-do il piú possibile la luce del sole che veniva fatta entrare nella stanza da strette e lunghe fi nestre poste in alto nella parete, al fi ne di ottenere una illuminazione ottimale. Il lavoro dei monaci altomedievali era concentrato sulla tra-scrizione di testi liturgici per la preghiera comune, patristici (opere dei padri della Chiesa) e agiografi ci (opere relative alle vite, passioni e miracoli dei santi), ma non escluse la produzione di manoscritti di opere dell’antichità classica, sia fi losofi che che storiche e naturalistiche, che altrimenti sarebbero andate perdute.

Oggi siamo abituati a pensare l’atto della scrittura co-me del tutto quotidiano, spontaneo e, talvolta, gradevole, ma negli scriptoria medievali non era cosí. Le immagini di scrittori dell’epoca tramandate dalle miniature e da opere pittoriche, e alcune sottoscrizioni di amanuensi che al no-me aggiungevano un piccolo commento sull’impegno e la pesantezza dell’attività da loro svolta, ci informano delle enormi fatiche del mestiere di scrittore (in latino scriptor), sia a livello fi sico che mentale.

Lo scrittore è raffi gurato nell’iconografi a dell’epoca se-duto su una panca di legno, quasi sempre senza schienale, ricurvo completamente in avanti, verso le pagine del libro da scrivere, che erano poste su un leggio inclinato. I piedi erano appoggiati su un supporto di legno per equilibrare il corpo, costantemente in tensione, per via della posizione e per il modo di tenere la penna. Quest’ultima infatti, di solito d’oca o di legno, veniva tenuta con tre dita, con il braccio piuttosto rialzato e doveva essere mossa con estre-ma attenzione, per evitare sbavature, macchie o effetti di

chiaroscuro poco equilibrati, frequenti nella stesura dell’in-chiostro sulla pergamena.

La pergamena era un foglio ricavato da pelle animale (agnello, montone, vitello, asino) depilata e trattata con so-stanze che la rendevano bianca e opaca o lucida, a seconda dell’uso cui era destinata. Era in uso dal II secolo a.C., ma sostituí il gran parte il papiro – un foglio di origine vegetale piú leggero e assorbente, ma anche piú deperibile, che anti-camente veniva esportato in tutto il Mediterraneo dall’Egit-to – solo dal III-IV secolo. Talvolta la pergamena era refrat-taria all’assorbimento dell’inchiostro, perciò l’amanuense doveva scrivere e ripassare ogni lettera. Uno dei vantaggi di questo materiale era che, a differenza del papiro, poteva es-sere scritto su entrambi i lati. I testi piú preziosi erano scrit-ti su pergamena di migliore qualità, il cosiddetto vellum di vitello o di agnello di pochi giorni, che a volte veniva immerso in un preparato di porpora e poi scritto in oro o in argento. I testi piú importanti erano inoltre decorati con disegni a colori molto ricchi, detti miniature. Alcuni mo-naci si specializzavano proprio in questa parte del lavoro. Nella mano che non utilizzava per scrivere, lo scrittore di solito teneva un piccolo coltello, che serviva a temperare la penna quando necessario e a raschiare la pergamena – per poi riscriverci sopra – in caso di errore.

Piú fogli di pergamena di uguale misura, scritti e miniati su entrambi i lati – il recto e il verso – e poi cuciti insie-me formavano un codex (codice), cioè un libro di aspetto rettangolare simile a quelli che conosciamo, in uso dal I secolo d.C. (mentre fi no ad allora si scriveva su una sola facciata e si componevano con piú fogli lunghi rotoli ai quali i latini davano il nome di volumen).

La produzione di un libro, comunemente affi data a di-versi amanuensi, poteva durare anche diversi mesi e, con il passare degli anni, poteva causare agli scriptores forti do-lori articolari e, in alcuni casi, cecità, per via del protrarsi del lavoro in condizioni di bassa luminosità. Ogni libro costituiva ovviamente una copia unica, il che spiega l’alto valore di ciascun codice fi no all’invenzione della stampa, nel XV secolo, e alla conseguente diffusione di libri identici in piú copie.

A sinistra, un foglio tratto da un manoscritto astrologico con le immagini del Sole e della Luna (Boulogne-sur-Mer, Biblioteca Municipale, fi ne del X secolo). A destra, una miniatura raffi gurante un amanuense impegnato nella scrittura di un codice (Bruxelles, Biblioteca Reale, XIV secolo).

15capitolo 1 - L’eredità altomedievale

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16 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

vo, come dimostrano gli scontri navali sulle coste laziali e liguri nei secoli IX e X e le cro-ciate nell’XI-XIII (vedi cap. 2, par. 9). Sarebbe, però, inesatto descrivere i rapporti tra arabi e regni occidentali solo come scontri bellici: l’incontro tra le due civiltà diede infatti origi-ne anche a scambi culturali e commerciali importanti, che contribuirono a far giungere in Occidente i prodotti pregiati dell’Oriente islamico (olio, cereali, papiro, spezie) e un gran numero di innovazioni culturali.

Per quanto riguarda il territorio italiano, gli arabi conquistarono la Sicilia nel secolo IX. La dominazione araba nell’isola contribuí a una veloce evoluzione commerciale e cul-turale di questo territorio, che fu alla base del grande sviluppo delle città (Siracusa, Paler-mo) e di intensi traffici con le coste italiane, spagnole, francesi e africane.

3.3 L’Impero di Bisanzio

Dopo il 476 l’Impero romano d’Occidente cessò di esistere e la sua eredità fu interamente raccolta da quello orientale. Da quel momen-to, Costantinopoli divenne il centro politico principale dell’area mediterranea, anche gra-zie all’autorità raggiunta da imperatori come Giustiniano. A Roma, ormai spogliata di ogni

Costantinopoli: la città di Bisanzio venne fondata dai Greci nel VII secolo a.C. sullo stretto dei Dardanelli e sulle sue fondamenta venne edificato nel 330 dall’imperatore romano Costantino un nuovo abi-tato, denominato appunto «Costantinopoli». La città divenne capitale dell’Impe-ro bizantino e centro della Chiesa ortodossa e assun-se dopo la conquista turca il nome di Istanbul.

potere politico, persisteva l’autorità religiosa piú importante, in quanto la città rimase il centro della cristianità, poiché il suo vescovo, il papa, fu riconosciuto come la suprema au-torità spirituale.

Nel corso dell’Alto Medioevo, l’egemonia dell’Impero bizantino fu messa fortemente in crisi, prima dallo sviluppo dei Regni roma-no-barbarici, poi dalla pressione araba, infine dalla presa del potere dei Carolingi nel Regno dei franchi e dalla loro espansione. Questi ul-timi rinnovarono l’impero in Occidente, ridi-mensionando il potere bizantino.

Le relazioni tra i due centri imperiali non cessarono mai, ma furono caratterizzate da una costante instabilità politica, in parte ripor-tata all’equilibrio sotto il regno di Ottone II, il quale sposò una figlia dell’imperatore bi-zantino (vedi cap. 2, par. 4.2). I rapporti tra Bisanzio e l’Occidente si incrinarono notevol-mente anche a causa del crescente contrasto tra la Chiesa romana e quella greca.

3.4 Lo Scisma d’Oriente

L’apogeo della tensione tra Chiesa occi-dentale e Chiesa orientale fu raggiunto nel 1053, quando il patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario, ordinò la chiusura del-

L’imperatore di Bisanzio assiso in trono fra i suoi dignitari: egli rappresentava la massima autorità civile e religiosa d’Oriente (Madrid, Biblioteca Nazionale, X-XI secolo).

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17capitolo 1 - L’eredità altomedievale

le chiese di rito latino. Egli contestava alla Chiesa di Roma il diritto di esercitare la sua autorità sulle diocesi orientali e anche errori dottrinali. Nel 1054 ci fu un tentativo di conciliazione voluto sia dall’imperatore bizantino che da gran parte degli ambienti ecclesiastici romani, ma l’intransigenza del capo della delegazione pontificia e dello stesso patriarca fece fallire l’accordo e si giunse a uno scisma destinato a durare fino a oggi.

I rapporti commerciali e di reciproca col-laborazione tra Bisanzio e le città marinare italiane ripresero, comunque, nel corso del secolo XI e si intensificarono durante le prime crociate (vedi cap. 2, par. 9).

3.5 Il Nord Europa e le esplorazioni dei vichinghi

Alla fine dell’VIII secolo dalle coste della Scandinavia iniziò l’espansione di quelli che vennero chiamati nell’Europa continentale «uomini del Nord», normanni, ma che defi-nivano se stessi «vichinghi», dal termine fri-sone «vik», che significa «baia».

Nonostante fossero già in contatto con i ro-

mani, fu solo negli ultimi secoli dell’Alto Me-dioevo che questi popoli si spinsero aggressi-vamente al di fuori della Penisola scandinava, spinti probabilmente da un forte incremento demografico – che richiedeva una maggiore estensione di terre coltivabili – e dalla ricerca di nuovi rapporti commerciali. Le loro spe-dizioni ebbero una marcata connotazione militare, sia per i saccheggi che compirono quando raggiunsero ricchi centri abitati, sia perché prestarono opera di mercenari per i re europei e per gli imperatori bizantini: partico-larmente importante fu il loro stanziamento nell’Italia meridionale, dove arrivarono come mercenari al servizio delle aristocrazie locali e divennero in seguito vassalli del papa (vedi cap. 2, Approfondimenti 2).

Le loro spedizioni navali si spinsero in Inghilterra, Scozia e Irlanda, ma anche in Francia – dove raggiunsero Parigi attraverso la Senna nell’845 – e in Germania, dove ar-rivarono a partire dalla seconda metà del IX secolo. Nello stesso periodo, inoltre, raggiun-sero la massima espansione a sud, toccando le coste della Spagna e quelle della Toscana e della Liguria, e a est, in direzione della Russia (vedi cap. 6, par. 3.1). Le loro navi, strette e lunghe, dotate di remi e vela quadra e di chi-

Due navi commerciali vichinghe: rispetto alle navi da guerra, si contraddistinguono per l’assenza di rematori e la propulsione a vela. Nell’Alto Medioevo i vichinghi intensificarono i commerci con l’Europa: esportavano ambra, pesce e pietre dure per scambiarli con armi, argento e spezie arabe (Mosca, Galleria Statale Tret’jakov, XIX secolo).

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18 unità 1 - Tra Alto e Basso Medioevo

mappa concettuale

glie rafforzate, si prestarono anche alle esplo-razioni oceaniche e appare oggi certo che i vichinghi arrivarono alle coste americane (in una terra ribattezzata Vinland e corrisponden-te alla Penisola del Labrador), facendo scalo in Groenlandia, dove stabilirono effi meri in-

sediamenti tra la fi ne del X e l’inizio dell’XI secolo. Nell’Europa occidentale si dedicarono inizialmente solo a scorrerie, per insediar-si stabilmente sulle coste a partire dal 911, quando divennero vassalli del re di Francia e si stabilirono in Normandia.

In questo paragrafo 3

Culture ai confi ni dell’Europa Impero bizantino

Clan vichinghi

Impero arabo

L’espansione araba nel Mediterraneo indebolisce l’Impero bizantino, crea confl itti con l’Occidente cristiano, ma anche scambi commerciali e culturali

– Fino al IX secolo è l’unico erede dell’Impero romano– Rapporti continui e in parte confl ittuali con i regni d’occidente – Contrasti religiosi (fi no allo scisma del 1054) tra Chiesa

d’Oriente e Chiesa d’Occidente

– Originari della Scandinavia, dall’VIII secolo si dirigono in Europa e America alla ricerca di nuove terre e contatti commerciali

– Abili navigatori e guerrieri, si prestano come mercenari per i potenti europei

– Dall’ XI secolo stabiliscono insediamenti fi ssi

bizantino, crea confl itti con l’Occidente cristiano, ma anche scambi commerciali e culturali

– Abili navigatori e guerrieri, si prestano come mercenari per i

All’interno dell’unica cristianità: l’impero ha il potere temporale (potestas) e serve e protegge la Chiesa la Chiesa esercita il potere spirituale (auctoritas), ma rivendica la supremazia

sul potere temporale il territorio imperiale è amministrato da conti e marchesi che acquistano pro-

gressiva indipendenza

Politica

L’Alto Medioevo (V-XI secolo)

Il monastero rappresenta un modello di vita nuovo La Chiesa conserva e trasmette la cultura attraverso i libri copiati nei monasteri Il clero contribuisce all’amministrazione della giustizia (missi dominici)

Società

Sono considerati europei coloro che sono cattolici In Europa, accanto ai Regni romano-barbarici, nasce l’Impero carolingio Impero arabo: Medio Oriente, Nord Africa, Spagna e Sicilia (dal IX secolo) Impero bizantino: ai confi ni dell’Impero arabo, indebolito dagli arabi è in rap-

porto confl ittuale anche con l’Occidente Scorrerie e insediamenti vichinghi nel Nord Europa, verso la Russia e in Italia

meridionale (dall’VIII secolo)

Geografi a

Le terre coltivabili appartengono a grandi proprietari terrieri, che le organizzano nel sistema della curtis

La curtis è articolata in pars dominica e pars massaricia La pars massaricia è di affi ttuari, che pagano per l’utilizzo in denaro, in natura e

con prestazioni di lavoro

Economia

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in sintesi19capitolo 1 - L’eredità altomedievale

1 I POTERI UNIVERSALI NELL’ALTO ME-DIOEVOIl Medioevo (età di mezzo) è il periodo iden-tifi cato per convenzione dagli storici tra il 476 d.C. (deposizione dell’imperatore Romolo Au-gusto) e il 1492 (scoperta dell’America) ed è diviso (dalla storiografi a italiana) in Alto Medioevo (V-XI secolo) e Basso Medioevo (XII-XV secolo). Si parla di Medioevo d’Euro-pa, indicando con questo ultimo termine la regione geografi ca che si estende da sud a nord dalla Penisola italiana fi no ai Paesi che si affacciano sul Mare del Nord e da ovest a est dalla Penisola iberica fi no agli Urali. In quest’area, durante l’età tardo antica e medievale ebbero principale rilevanza due poteri, in stretta relazione reciproca: quello dell’imperatore e quello del papa. L’alleanza tra il potere spirituale ecclesiastico (il papa e i vescovi) e il potere temporale (imperatore) serví a consolidare l’idea dell’esistenza di un solo vertice politico e di una sola religione. Solo dopo l’800 venne ricostituito l’Impero di Occidente, con Carlo Magno, il rinnovatore dell’Impero romano e difensore della Chiesa. Seppur sempre mantenendo una stretta rela-zione con i sovrani, fi n dal V secolo il papato accentuò l’idea della superiorità del potere spirituale su quello temporale, cosa che nel secolo XI condusse a uno scontro aperto tra impero e papato.L’esercizio del potere imperiale (come quello dei vari re) presupponeva l’esistenza di un rapporto reciproco di lealtà tra il sovrano e la popolazione di sudditi liberi, tra cui spic-cavano gli aristocratici fedeli del re. Questo sistema di fedeltà si sviluppò anche tra i membri delle aristocrazie, e fu chiamato «vas-sallatico-benefi ciale»: si basava su un giu-ramento di fedeltà di un vassallo al signore (re o membro delle aristocrazie), cui il primo garantiva un servizio (generalmente militare), ricevendo in contraccambio protezione e beni mobili e immobili (feudi). Anche la gerarchia ecclesiastica si inserí pienamente nella so-cietà feudo-vassallatica.

2 ECONOMIA, AMMINISTRAZIONE E CULTURANell’Alto Medioevo, i territori messi a coltura erano detenuti in massima parte da grandi proprietari, che li organizzarono in curtes, aziende agrarie di dimensioni variabili, di so-lito al centro di una rete di villaggi e articolate in due parti: la pars dominica (da dominus, signore), amministrata direttamente dal pro-prietario e lavorata da servi, e la pars massa-ricia, costituita da poderi di diversi ordini di grandezza che venivano affi dati a contadini, detti massarii, attraverso contratti di affi tto che prevedevano la cessione di censi in de-naro o in natura.Dal secolo X in tutta Europa il sistema cur-tense si modifi cò, poiché la pars dominica diminuí fi n quasi a scomparire e far posto de-fi nitivamente alla sola pars massaricia, che il proprietario affi ttava totalmente ai contadini.Nell’Alto Medioevo le città continuavano a essere il fulcro dell’organizzazione territoriale e centri amministrativi, carattere accentuato dalla presenza del vescovo. I villaggi delle campagne facevano capo alle pievi, chiese principali dove veniva celebrata la messa domenicale e impartito il battesimo. Sia il territorio cittadino che quello rurale erano sottoposti al potere di funzionari pubblici, nominati dal sovrano, che si occupavano di compiti militari e giudiziari e della riscossione dei tributi. Assunsero grande rilevanza il con-te (comes) e il marchese (marchio).Un fenomeno particolarmente importante nell’organizzazione sociale, ecclesiastica e territoriale dell’Alto Medioevo fu il monache-simo cristiano, le cui prime manifestazioni tra la metà del III e il IV secolo si ebbero in Egitto, Siria, Palestina e Cappadocia. Le co-munità monastiche divennero sempre piú organizzate attraverso l’introduzione di norme comportamentali comuni, dette regole, e si diffusero anche in Occidente. In Italia la piú importante esperienza monastica dell’Alto Medioevo fu quella di Benedetto da Norcia, fondatore del principale ordine monastico occidentale, ancora oggi esistente: i bene-dettini. Il fondamento della regola di Bene-detto può essere sintetizzata nella formula

ora et labora (prega e lavora). I monasteri benedettini divennero ben presto i promotori di una nuova e piú economica organizzazione agricola e commerciale e assunsero un ruolo fondamentale nella trasmissione della cultu-ra, in quanto al loro interno, nello scriptorium, si producevano e trascrivevano libri che con-tenevano anche opere dell’antichità.

3 AI CONFINI DEL CONTINENTELe civiltà araba e bizantina infl uenzarono profondamente il territorio occidentale, cre-ando uno spazio politico, religioso ed econo-mico molto complesso e articolato nel bacino mediterraneo. Oltre alle lotte, determinate da questioni religiose e da contrapposizioni po-litiche, vi furono, infatti, scambi culturali e commerciali importanti, che contribuirono a far giungere in Occidente i prodotti pregiati dell’Oriente islamico (olio, cereali, papiro, spe-zie) e un gran numero di innovazioni culturali.Le relazioni tra i due centri imperiali cristia-ni (Bisanzio a Oriente e Impero carolingio e poi germanico a Occidente) non cessarono mai, benché caratterizzate da una costante instabilità politica, causata anche dal contra-sto tra la Chiesa romana e quella greca. Tale contrasto portò al cosiddetto «Scisma d’Oriente» nel 1054, di cui fu protagonista il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario. I rapporti commerciali tra Bisanzio e le città marinare italiane comunque non cessarono ed anzi crebbero durante le prime crociate.Alla fi ne dell’VIII secolo dalle coste della Scandinavia iniziò anche l’espansione dei normanni, che defi nivano se stessi «vichin-ghi»: essi si spinsero aggressivamente al di fuori della Penisola scandinava, spinti da un forte incremento demografi co e dalla ricer-ca di nuovi rapporti commerciali. Nell’Italia meridionale giunsero come mercenari e di-vennero in seguito vassalli del papa; le loro spedizioni navali si spinsero in Inghilterra, Scozia e Irlanda, ma anche in Francia, in Ger-mania, sulle coste della Spagna, della Tosca-na e della Liguria e, a est, in direzione della Russia. Nell’Europa occidentale si insediaro-no stabilmente sulle coste della Normandia a partire dal 911.

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20 Laboratorio

La Questione chiave

Per ordinare e comprendere

1. Prova a rispondere alla domanda posta dalla Questione chiave in apertura di capitolo.

Trasformazioni e permanenze

2.Completa la tabella, indicando se le seguenti affermazioni individuano delle trasformazioni (T) o delle permanenze (P) nel passaggio dall’età imperiale romana all’epoca medievale.

Diffusione del cristianesimo

Sistema vassallatico-beneficiale

Grandi proprietà terriere

I monasteri sono centri di cultura

La lingua latina è parlata e scritta da tutte le persone colte

T P

Organizziamo le conoscenze

3.Come era organizzata la curtis medievale?

Pars massaricia:

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Pars dominica:

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CurtisCurtis

Pars dominica:

Le immagini raccontano

Il lavoro dell’amanuense4.Osserva l’incisione e rispondi alle domande che seguono.

a)A che tipo di lavoro è dedito il monaco rappresentato in questa incisione?

b)A quale ordine monastico, i cui membri ebbero un ruolo molto importante nella trasmissione della cultura, potrebbe appartene-re?

c) Come si chiamava il luogo di studio e di lavoro dove i monaci svolgevano i lavori di copiatura?

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21

Tempo e spazio

5.Quali sono gli estremi cronologici del Medioevo?

6.Definisci gli estremi cronologici dei due periodi in cui viene diviso il Medioevo da parte degli storici.Alto Medioevo: ……………………………….

Basso Medioevo: ……………………………….

7. Quali elementi fanno da «spartiacque» tra il periodo dell’Alto e quello del Basso Medioevo?

8.Quali territori venivano identificati con il termine Europa: a)all’epoca dell’impero di Carlo Magno …………………………………………………………………………………………… b)dopo il crollo dell’impero carolingio ………………………………………………………………………………………....……

Lavoriamo sul lessico

9.Scrivi, accanto a ciascuna definizione, il termine cui è riferita.Ierocrazia – potere temporale – potere spirituale – Respublica Christiana – califfo

Società che si identificava pienamente con la comunità ecclesiale.

Il potere esercitato dagli ecclesiastici, il papa e i vescovi.

Il potere affidato a príncipi laici e in primo luogo all’imperatore.

Forma di governo in cui il potere politico è stabilito su base religiosa e chi lo esercita è ritenuto sacro.

Nei territori controllati dagli arabi, ufficiale che deteneva il potere amministrativo, militare e giuridico.

Riflettiamo per rispondere

Per analizzare e produrre

10. Che cosa si intende per «economia autarchica»?11. Per quale motivo, a partire dal IV secolo, i vescovi acquisirono un’importanza anche politica?12. Che cos’era il comitatus, istituito da Carlo Magno? 13. Che cos’erano le marche?14. Dove e quando si svilupparono le prime esperienze monastiche?15. Che cosa erano le regole monastiche?

Scienza, economia e diritto

16. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

Nell’Alto Medioevo la piccola proprietà terriera era molto sviluppata.

La pars massaricia era la parte della curtis che il proprietario affittava al contadino.

La pars dominica era lavorata direttamente dal padrone.

Le corvées erano prestazioni gratuite di lavoro da parte dei contadini ai padroni.

La curtis era la corte imperiale.

V F

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22 Laboratorio

Lavoriamo sui testi

1054: l’occidente si stacca da BisanzioNon ci si può impedire, accostandosi alla storia dell’Europa occidentale alla metà del secolo XI, di pensare a una data e a un testo. La data è il 1054, ed è quella di un avvenimento che s’inserí in una lunga tradizione di incidenti e che ai contempo-ranei apparve senza dubbio come un semplice fatto di cronaca: la disputa fra il papa di Roma e il patriarca di Costantinopoli. Il pretesto sembra quasi futile, giacché la controversia riguardava soprattutto divergenze liturgiche: l’impiego, per la confezione delle ostie, di pane lievitato da parte della Chiesa bizantina, di pane azzimo da parte della Chiesa di Roma. […] Ma questa volta la separazione sarà non semplicemente duratura, bensí definitiva. È cosí consacrato il divorzio tra due mondi che, dopo la grande crisi dell’Impero Romano nel III secolo e la

fondazione, all’inizio del IV, di Costantinopoli – la nuova Ro-ma – si sono andati sempre piú allontanando l’uno dall’altro. Vi saranno, d’ora, innanzi, due cristianità, l’una occidentale e l’altra orientale, ciascuna con un suo complesso di tradizioni e un proprio ambito geografico e culturale, separate da una frontiera che corre attraverso l’Europa e il Mediterraneo e di-vide in due gruppi gli slavi, una parte dei quali (Russi, Bulgari, Serbi) è attratta nell’orbita bizantina, mentre l’altra (i Polacchi, gli Slovacchi, i Moravi, i Cechi, gli Sloveni, i Croati) non può sfuggire […] all’attrazione occidentale. Tagliati i legami con Bisanzio, la cristianità occidentale si affretta ad affermare la sua individualità nuova.

J. Le Goff, Il basso Medioevo, Feltrinelli, Milano 1988

Dopo aver letto con attenzione il brano, rispondi alle domande.

22.Quale ragione fu assunta come pretesto della controversia tra il papa di Roma e il patriarca di Costantinopoli?

a)La Chiesa bizantina confezionava le ostie con pane azzimo b)La Chiesa di Roma confezionava le ostie con pane lievitato c)La Chiesa bizantina confezionava le ostie con pane lievitato

23.Quali popolazioni slave, dopo lo scisma, rimasero nell’orbita bizantina?

a)Russi, Bulgari, Serbi b)Polacchi, Slovacchi, Moravi, Cechi, Sloveni, Croati c)Tutte queste popolazioni balcaniche rimasero nell’orbita bizan-

tina

24.Quali popolazioni slave, dopo lo scisma, furono attratte dall’Occidente?

a)Russi, Bulgari, Serbi b)Polacchi, Slovacchi, Moravi, Cechi, Sloveni, Croati c)Tutte queste popolazioni rimasero nell’orbita bizantina

25.Quanto a lungo durò lo scisma tra le due Chiese? a)fu un episodio passeggero, che rientrò nel giro di un paio d’anni b)fu un fenomeno duraturo, che divise le Chiese fino alla Rifor-

ma c)fu un fenomeno duraturo, che non si riassorbí piú

Tema storico

Nell’epoca medievale, in cui tutte le certezze che avevano accompagnato l’epoca tardo-antica iniziano a sgretolarsi l’una dopo l’altra, due soli restano i pilastri della società: il papato e l’impero. Sulla base di quanto hai studiato nel capitolo e di una tua ricerca personale, approfondisci questa tematica, spiegando quali erano le funzioni e le caratteristiche di questi due poteri forti, destinati a entrare ben presto in conflitto tra loro.

Trattazione sintetica di argomenti

17. Spiega, in maniera sintetica, a quali princípi si ispirava la regola monastica dei benedettini. [4 righe]18. Evidenzia, in un breve testo, quale fu il ruolo svolto dal monachesimo nella trasmissione della cultura in epoca medievale.

[6 righe]19. Indica quale città divenne il centro politico principale dell’area mediterranea e per quale motivo. [4 righe]20.Spiega in maniera sintetica in cosa consisté il Grande Scisma tra la Chiesa occidentale e quella orientale. [6 righe]21. Dopo aver spiegato chi erano e da dove provenivano i normanni, analizza e descrivi il processo attraverso il quale questa popola-

zione si lanciò alla conquista dell’Europa. [6 righe]

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Saggio breve

Leggi con attenzione i seguenti documenti: il primo è un testo letterario di epoca medievale, tratto dalla Chanson de Roland (Canzone di Rolando), un poema epico generalmente attribuito al chierico Turoldo e composto tra il 1098 e il 1110. Il poema racconta la disfatta dell’esercito di Carlo Magno a Roncisvalle per mano degli arabi (778 d.C): nel brano proposto si narra la morte dell’eroe franco Rolando. Il secondo testo invece è tratto da un libriccino divulgativo del medievista Giuseppe Sergi, nel quale lo storico sfata una serie di luoghi comuni sul Medioevo, rivendicando per quest’epoca un carattere sperimentale e dinamico, che non può essere compreso attraverso rigide e generiche semplificazioni concettuali.Dopo aver letto i testi rispondi alle seguenti domande, sotto forma di saggio breve:a) quali aspetti del primo testo lo rendono «figlio della propria epoca»?b) perché l’eroe Rolando, nel momento della morte, getta il suo guanto al Signore? c) a che cosa è stata dovuta secondo Sergi la fortuna del concetto di feudalesimo? Quali rischi sono connessi al successo di questa

categoria interpretativa?d) Alla luce delle risposte che hai dato alle domande precedenti e del capitolo appena concluso, rifletti sul concetto di feudalesimo e

di rapporto vassallatico in epoca medievale.

Sente Rolando che la morte di lui s’impossessa,giú dalla testa sul cuore gli discende.Sotto un pino è andato di corsa;sull’erba verde là s’è disteso prono;sotto di sé mette la sua spada e l’olifante;volse la sua testa verso la pagana gente:per ciò l’ha fatto, perché egli vuole, secondo è vero,che Carlo dica, e tutti quanti i suoi,che il nobil conte è morto vincitore.Recita il suo Mea culpa e fitto e sovente;per i suoi peccati a Dio offrí il suo guanto.

Turoldo, La canzone di Rolando, UTET, Torino 1953

Al medioevo è frequentemente applicata l’etichetta di «età feu-dale», usata come corrispettivo qualitativo di una definizione cronologica. [...] Il termine feudalesimo ha due caratteri che ne spiegano la fortuna: uno lessicale e uno concettuale. Il caratte-re lessicale vincente risiede nella sua peculiarità, in una sorta di esotismo temporale che lo rende ben diverso dal troppo comune «signoria». Il carattere concettuale vincente è la sua

onnicomprensività: un’etichetta con nome specifico da appli-care a un contenitore ampio, una nebulosa di concetti anche molto diversi fra loro. L’idea di feudalesimo è parte integrante dell’idea di medioevo.

G. Sergi, L’idea di Medioevo, Donzelli Editore, Roma 2005