Dentice d'Accadia - Tommaso Campanella

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filosofia

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    IL PENSIERO MODERNO '

    C. DENTICE DI ACCADIA

    TOMMASOCAMPANELLA

    VALLECCHI EDITORE FIRENZE

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  • IL PENSIERO MODERNOa cura di E. Codignola

    VII

    e. DENTICE DI ACCADIA

    ' TOMMASO CAMPANELLA

  • Della stessa autrice:

    Schleiermacber, nella collezione / Grandi Pensatori, Pa-lermo, Sandron, 1918.

    Monologhi dello Schleiermacher (introduz. e trad.). Colle-zione Cultura delVanimay Lanciano, Carabba, 1919.

    // razionalismo religioso di E. Kant Biblioteca di CulturaModerna, Bari, Laterza, 1920.

    Storia della filosofia del Windelband. Nuova versione ita-liana condotta sulla 8^ ediz. tedesca ; 2 voli., Palermo,

    Sandron (in corso di stampa).

  • e. DENTICE DI ACCADIA

    Tommaso Campanella

    VALLECCHI EDITORE FIRENZE

  • /A,

    PROPRIET LETTERARIA

    Firoize. 1921 - Stalnliraenti Giafiei Attilio Vallecchi Via RteM^, 8

  • ALLA MEMORIA

    DELLA MIA CAKA NONNA MATERNA

    MATILDE CIMONE DE SIMONEGUIDA AMOROSA E INTELLIGENTE

    DELLA MIA FANCIULLEZZA

    SENZA MAMMA

  • Il senso delle cose,

    Di cervel dentro un pugno io sto, e divorotanto, che quanti libri tiene il mondonon sazian l'appetito mio profondo.Quanto ho mangiato ! e del digiun pur moro !

    Anima immortale{Poesie, ed. Gentile, p. 15).

    Infanzia di bimbo precoce : intelligenza sveglia,potere di attenzione e di concentrazione straordinarioper la sua et, fantasia inquieta e mobilissima, imagi-nazione calda e \dvare, impressionata innanzi tempoe potentemente dai riti e dai simboli della religione,il piccolo Giovan Domenico, quinquenne appena, gitendeva ansiosamente la sua anima a cogliere tuttoquanto intomo a lui si dicesse circa la religione, e adafferrare con avidit ogni insegnamento che i maestrio i familiari gli offrissero *). Dal piccolo mondo do-mestico gli vennero forse soltanto imagini di dolore edi angustie : il padre, Geronimo, trascinava a stentoil peso di numerosa famiglia ; la madre, Caterina Mar-teUo, era una donna rozza e ignorante. Fortementesenza dubbio dovette colpire la sua sensibilit di fan-ci\iUo troppo intelligente e troppo curioso di ogni cosastraordinaria o misteriosa, la_fi^ura della cugina Emi-lia, donna esaltata, convulsionaria, che nelle sue crisi

    ) Thomae Campanellae, De lihris propriis et recta rationestudendi Syntagma, cap. I, art. I, p. 172 (edizione Crenius Dephilologia etc), Lugduni, 1696.

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    si abbandonava ad atteggiamenti da Sibilla, e anti-vedeva il futuro, e largiva rimedi contro le malattie,ed era circondata da un'aureola tra di santa e di strega.

    Gi sul liinitare tra la fanciullezza e l'adolescenza,le doti eccezionali del suo ingegno lo posero in vistanei modesti cenacoli letterari della sua Stilo ; versoi tredici anni gi poetava estemporaneamente e gicoglieva i primi allori di oratore e di scrittore. Maben altri interessi, e pi profondi e pi vasti, germo-gliavano intanto nella sua anima. Forse gi fremevain lui qualcosa del futuro riformatore e del futuroprofeta della Citt del sole. Su uno spirito siffatto, ein tempi come quelli, il chiostro, silenziosa aristocra-tica rocca di austerit, di cultura, di meditazione, nelladilagante marea d' ignoranza circostante, ma ancheunica via che aprisse la possibilit di agire efficace-mente sul mondo, a chiunque non volesse o non po-tesse scegliere quella dell'azione politica o dell'azionearnt.ata, non poteva non esercitare un potentissimo ri-chiamo. Che prese voce e anima per lui nella paroladi un eloquente predicatore, che dinanzi a lui, quasiancora fanciullo, illustrava con ricchezza di colori leglorie dell'ordine domenicano, e raccontava la vita diS. Tommaso e di Alberto Magno, accendendogli nel-l'anima il desiderio di emulare quegli eroici campionidella religione nel campo del sapere.

    Appena quattordicenne (era nato il 5 settembre1568), si rinchiuse nel chiostro *), assumendo il nomedi Tonunaso. Tutta una vita di operosit ideale sicurae tranquilla, forse di tranquilla potenza, di serena lu-minosa gloria pareva dovesse schiuderglisi dinanzi. Einvece lo aspettavano sofferenze, dolori, martirii atro-cissimi. Dedicatosi con ardore allo studio, l'autorit

    ^) Nel convento di Placanica, donde pei pass, come no-vizio, in quello di S. Giorgio, e quindi, tra il 1585 e il 1586,in quello di Nicastro.

  • di Aristotele cominci subito a tentennare nella suamente, e gi ai condiscepoli egli appariva come coluiche contraddicente ad ogni cosa e particolarmentealli lettori sui ; tutti, non occorre dirlo, fedeli aristo-telici. E, insieme con quella di Aristotele, ogni auto-rit tradizionale. C'era gi in lui l'uomo che pi tardidoveva scrivere che il sapere per autorit quasi untangere per niammi alienam e perci non est sapere,sicut manducare ore aliorum non est nohis manducare *),l'uomo che ardentemente aspirava ad un sapere pertactum intrinsecum in magna suavitate ; e che gi di-sprezzava in cuor suo quei sapienti che inter se de omni-bus certant, non de veritate, solleciti soltanto delle sen-tenze di Aristotele che, del resto, ripetono senz^. in-tendere, e non mai di quello che la natura medesimaci rivela ^). E verso un uomo siffatto gi si desta-vano le apprensioni dei frati, che a lui, precocementeassorbito nella lettura attenta ed ansiosa di tutti igrandi filosofi, nell' intento di vedere fino a che puntole loro dottrine concordassero con la natura, codicevivente di Dio, non sapendo opporre ragioni a ragioni,rivolgevano asprissirni, veementi rim^proveri, che giamareggiandogli in tutti i modi la vita, gli facevanoassaporare la volutt di soffrire per la propria idea,accendendogli nell'anima, sempre pi vivo, e semprepi irrefrenabile, l'amore alla verit.

    Quando, nel travaglio interiore del suo spirito ado-lescente, cui un intenso quinquennio di severo stu-dio filosofico aveva certamente resa l'anima pi fortee pi salda, ma forse non aveva ancora dato quelsenso di sicurezza e di solidit interiore, che viene dalsentirsi, non in possesso della verit che sarebbe

    ) Universalis phtlosophiae, seu metaphysicarum rerum.... Pa-iis, 1638, Proemium e 1. I, cap. I, art. i, p. 6 della I parte.') Philosophia sensibus demonsfrata, Praefatto, Neapoli,

    ^591, p. 2.

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    un essere spiritualmente morti per aver gi tutto vis-suto, ma bene orientati sulla via che mena a rag-giungerla ; del suo spirito che, ricco soltanto di un'o-scura fede nel proprio pensiero, privo affatto di altricontatli spirituali che non fossero quelli del chiostro,diffidente ed ostile, forse soffriva talvolta gli smarri-menti della sohtudine, forse dubitava talvolta perfinodella propria verit, poich, come gli dicevano i frati,non c'era che lui che osasse combattere con tanta te-meraria audacia le sentenze dei grandi, cui tutti gliuomini, universalmente, s' inchinavano, ca.dde un gior-no una parola imprudente, che voleva essere di rim-provero, e che invece rischiar d' insolita luce il suomondo intcriore, e rafforz incrollabilmente la sua fede.E questa parola di liberazione gli venne, come suoleaccadere, proprio da coloro che pi si sforzavano dirinserrargli intorno la corazza della tradizione cieca-mente accettata e passivamente seguita, e che invece,non volendo, lo aiutarono a romperne la prima ma-glia, dicendogli, com'egli stesso con semplicit rac-conta, depravatimi esse miki intellectum, qiialis eroi cui-dam Bernardino Telesio Cosentino, quo omnius ad-versahatur Philosophis, praecipue Aristoteli ^).

    Non ci voleva altro per indurlo a partire immedia-tamente alla ricerca di questo filosofo a lui ancorasconosciuto, e pure unito a lui nella comune aspira-zione alla verit, e come lui ribelle al giogo tradizio-nale. Corse a Cosenza, si procur le opere del Tele-sio, le lesse avidamente, con ardore di consenso, ma,quando si disponeva ad avvinarlo di persona, il vec-chio Telesio moriva. Campanella non pot vederlo chemorto ; ma forse, nella grande chiesa austera, nellasacra solennit della morte, quel volto ch'egli contem-pl a limgo con venerazione gli parl con pi sugge-

    *) Philosophia sensibus demonstrata, p. 4,

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    stive parole di quelle che avrebbe potuto dirgli vi-vente ; forse quel primo ed ultimo incontro, suggel-lato dalla morte, acquist per l'adolescente filosofo,gi tendente a scoprire arcane relazioni e misterioseinfluenze soprannaturali negli umani eventi, il valored'una promessa e d'un rito.

    Certo il contatto ideale col cosentino era stato de-cisivo pel suo orientamento spirituale. Telesio avevasvelato a lui, gi spontaneamente ribelle ad Aristo-tele e gi disposto ad invertire le posizioni fondamen-tali della scienza tradizionale (il primo abbozzo delDe investigatione remm ^), che risale al 1586-87 af-ferma risolutamente che la definizione deve essere nonil principio della scienza, ma il suo coronamento '^)

    -un mondo nuovo, non pi remoto, e in fondo indif-ferente, oggetto di studio, intelligibile soltanto me-diante l'applicazione di formule trascendenti tradi-zionali, ma organismo vivo, dotato di leggi proprie, eintelligibile in virtii di queste leggi medesime. Aveva quel eh' pi rivelato a lui stesso la sua possi-bilit di guardare il mondo con nuovi occhi, lo avevabruscamente strappato, con una violenta ondata direalismo, al mondo dell'antica ontologia. La morte delmaestro, sopraggiunta quando appena egli aveva co-minciato a conoscerlo, la coincidenza del punto estre-mo della attivit filosofica di lui col punto inizialedella sua propria, dovettero fargli nascere nell'animail sentimento di una investitura spirituale e di unamissione. Egli dov sentirsi chiamato a difendere ediffondere la nuova filosofia contro il vecchio, ma an-cora tenace, aristotelismo. Con foga giovanile e conentusiasmo neofitico, poco dopo la morte del maestroegli scese in campo in sua difesa. In sette mesi, dal

    *) V. n. 5 della mia Bibliografia degli Scritti di TommasoCampanella (Giornale critico della filosofia italiana, II).

    *) Syntagma, ed. Crenius, cap. I, art. i, p. 175.

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    gennaio all'agosto del 1589, tanti mesi quanti anniaveva impiegato il Marta a scrivere il suo Propugna-culuni Aristotelis adversus principia Bernardini Tele-sii ^) il Campanella scrisse la sua Philosophia sensibusdemonstrata ^), opera di non grande interesse intrin-seco, ma assai significativa per la sua posizione sto-rica nello svolgimento spirituale del filosofo. Fondataancora su basi prettamente telesiane (il caldo e ilfreddo come principii agenti) gi la sua concezionedella natura si rivela pi fortemente animistica diquella telesiana. Accanto a rappresentazioni tradizio-nali e alla ingenua identificazione della volta ce-leste col cielo della rappresentazione religiosa,si delineano concezioni nuove : la fisica terrestre deltempo viene arditamente applicata alle sfere celesti,e il sole vi acquista, in quanto cuore vivo e pulsantedel grande organismo vivente del cielo, in quantocentro di vita capace di generare da s nuovi soli,una posizione cos centrale e cos preponderante, chel'antico Dio, ancora rappresentato in questa visionedell'universo come supremo reggitore del mondo, neresta offuscato e indebolito fino a pallida parvenza,superstite di una cosmologia gi tramontata.

    Ma questa philosophia sensibus demonstrata adver-siis eos qui proprio arbitratu, non autem sensata ducenatura philosophati sunt, tuttavia ben lungi dal-l'avere il carattere di una ricerca esattamente scien-tifica e freddamente disinteressata, quale si potrebbeconcepirla dal punto di vista della scienza moderna.Muove il Campanella, come del resto tutta quella cor-rente di filosofi rinascenti che, attraverso Pico, Agrip-pa, Cardano, e in un certo senso Bruno stesso, ter-

    *) Romae, typis Bartholomaei Bonfadini, 1587.^) V. Cenno bibliografico I, n. i ; in appendice a questo voi.

    p. 228.

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    mina appunto in lui, non tanto il desiderio di cono-scere i fenomeni dell'universo, quanto l'ansia, com-mossa e febbrile, di dominarli, e di farsene strumentodella propria attivit creatrice. Il loro non un in-teresse teoretico, ma pratico, anzi magico. Sitratta di carpire alla natura, non tanto le sue leggi,quanto i suoi segreti. Il miracolo gi disceso dalcielo nella natura, ma non ancora dalla natura ascesoallo spirito, risolvendosi in esso. La filosofia della ri-nascenza sente con pi o meno di chiarezza i vincoliche stringono, dal minimo al massimo, tutti i feno-meni dell'universo, ma non concepisce questi in unaserie meccanica o teleologica bene ordinata, sibbenein blocco, globalmente, come manifestazioni di vita diquesto animai grande e perfetto , che il mondo.Lo spirito umano, dopo la lunga sfiducia medioevale,confida ormai intensissimamente nelle proprie forze,ma la sua una fede ancora inquieta, confusa, impa-ziente, che ha bisogno di cimentarsi con la natiira,e quasi di sperimentare in essa la propria virt crea-trice. Di cui cerca di misurare l' infinit finitamente,estendendola sempre pi nello spazio, fino a sconfi-nare nei regni del mistero, e attribuendo, con ingenuoantropomorfismo cosmico, a tutte le cose dell'universovoRo, vita, passioni umane. Ecco perch anche gli spi-riti pi robustamente filosofici di questo periodo pie-gano verso Toccultismo e verso la maga, in tutte lesue forme, anche quando protestano di volersi atteneresoltanto ad una magia naturale. Ecco perch il Cam-panella si sente potentemente attirato, fino a strin-gersi d'amicizia con lui, verso un oscuro rabbino, astro-logo e negromante, che ha occasione di conoscere primain Cosenza e poi in Altomonte, dove passato nelnovembre del 1588, poco dopo la morte del Telesio,e dove ha scritto appunto la sua prima opera filosofi-ca

    ;e s'intrattiene con lui in quei frequenti colloqui,

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    in cui la pavida superstiziosa fantasia dei contempo-ranei non tarda a vedere conciliaboli cabalistici e dia-bolici, fino a che, alle prime rimostranze dell'autoritecclesiastica, convinta che l'ebreo sia dotato di spi-riti familiari e preoccupata delle sue relazioni col gio-vine domenicano, il filosofo, gi intimamente inquietoe gi scosso nella fede religiosa tradizionale, rispondeallontanandosi da Altomonte, forse in compagnia delrabbino medesimo, e venendosene, in ambiente sti-mato pi propizio, a Napoli.

    In Napoli, sede dell'Accademia de' secreti, fiorivaquel cenacolo intellettuale che aveva il suo centro inGio. Battista Porta, e col quale il Campanella nontard, forse per mezzo del suo ospite ed amico Mariodel Tufo, ad entrare in relazione. Partito alla ricercadi un metodo che permettesse allo spirito umano diesplicare un'azione efficace sui corpi, e voltasi percianzitutto allo studio dei fenomeni della natura, ilPorta non era tuttavia riuscito a raggiungere una con-cezione organica di questa, e si era arrestato ad unasimpatia e antipatia delle cose, che gli era parsa dif-fusa in tutto l'universo, ma inesplicabile e inintelli-gibile. Incapace di cogliere l' intimo legame dei varimondi, umano, vegetale e animale, egli si era arre-stato ad analogie puramente esteriori, cogliendole fram-mentariamente, nel loro aspetto empirico, senza sa-persele spiegare, e colmando grossamente le lacune consingolari induzioni e singolarissime spiegazioni mira-colose. Il suo De physiognomonia hiimana aveva ten-tato, partendo da somiglianze esterne tra alcuni tipidi uomini e alcuni tipi di animali, di dedurne ana-logie e somiglianze interiori, accennando in tal modo,pur senza avvedersene, aHa necessit d'una revisionedel dualismo medioevale tra l'anima e il corpo, maingarbugliandole sue ricerche e le sue osservazioni concuriose ricette pratiche ed empiriche e con segreti ma-

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    gici, stranamente congiunti con teorie d* innegabilevalore scientifico ^).

    A questo punto gli era venuta incontro a risol-vere, mediante la nuova concezione del sensodelle cose come fonte prima ed unica della uni-versale attrazione e repulsione, il problema che a luiera sembrato insolubile la filosofa del Campanella

    ;

    e in un periodo del suo sviluppo singolarmente pro-pizio alla posizione e alla soluzione d'un problemasiffatto *). Gi la sua adesione alla fisica telesiana ela sua iniziazione occultistica avevano condotto il gio-\ine filosofo a concepire le cose naturali come capacidi azioni e reazioni ai fini della loro conservazione

    ;

    gi, d'altra parte, la ricca corrente di neoplatonismo,che, attraverso Bnmo, Pico, Agrippa, filtra anche inlui, lo spingeva verso la concezione d'una grandeanima del mondo, compenetrante di s tutto l'uni-verso. Le conversazioni col Porta non furono che lacausa prossima alla elaborazione del De sensu rerum.Il quale espone una concezione cosmologica, sostanzial-mente affine a quella del De la causa, e pure intima-mente diversa ; di un panteismo meno vigoroso e menoradicale, e pi, vorrei dire, fantasticamente atomi-stico e animistico. Non una grande anima del mondo,'i principio intrinseco formale, eterno e subsistente :allatto disindividualizzata, universalmente immanentee inerente, come una voce, la quale tutta in tutta

    *) V. Fiorentino, Telesio, Firenze, Le Monnier, 1874,pp. 111-131.

    ^) Non assegnerei all' avvicinamento del Campanella alPorta la genesi che gli assegna il Blanchet. Il quale {Cayn-panella, Paris, Alcan, 1920, p. 201) imagina il Campanella,come colui che, gi in possesso del metodo telesiano, vadain cerca di una scienza reale, fondata sull' esperienza,et doni Vexistence de fati lui permette d'prouver la solidit etla fccndit de la mihode de Teksio.

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    una stanza, e in ogni parte di quella ; perch da pertutto se intende tutta )> *) ;^ ma un'anima universale,quasi franta in innumerevoli anime individuali, cheformicolano su lei e dentro di lei, sicut tennis in ven-tre hominis ^). L'universo di Campanella non quellodi Bruno: uno, infinito, immobile che non ha es-sere ed essere ; e perch non ha essere e essere, nonha parte e parte ; e per ci che non ha parte e parte,non composto ^) ; .ma utia statua di Dio, vivae bene conoscente di cui tutte le parti e particellehanno senso, chi pi chiaro, chi pi oscuro, quantobasta alla conservazione loro e del tutto in cui con-sentono ; una mirabile imagine, tempio vivo e librovivo di Dio, dove ha dipinto li suoi gesti, e scritto lisuoi concetti ^). Al bruniano artefice interno che empie il tutto, illumina l'universo e indirizza la na-tura a produrre le sue specie come si conviene che forma la materia e la figura da dentro, come dadentro del seme o radice manda ed esplica il stipe

    ;

    da dentro il stipe caccia i rami ; da dentro i rami leformate brance ; da dentro queste ispiega le gemme ;da dentro forma, figura, intesse, come di nervi, lefrondi, gli fiori, gli frutti ^) corrisponde nella con-cezione campanelliana, un artefice esterno, un Dio cheadorn il mondo di vive statue, semplici in cielo, emiste e fiacche in terra ^) e che anzi, desidera chenoi ammiriamo, lodiamo e celebriamo queste sue opere

    ) Bruno, De la causa, principio e uno, Dialoghi metafi'sici, ed. Gentile, Bari, Laterza, 1907, pp. 184 e 189, Dia-loga secondo.

    ^) Metaph., 1 I, cap. I, art. i, p. 6 della I parte.^) Bruno, De la causa. Dialogo Secondo pp. 239 e 240,*) // senso delle cose, redaz. ital. ms. Bibl. Naz. di Napoli,

    I D. 54 Titolo (p. i) ed Epilogo del senso dell' Uniuerso, ^,12,^.Cfr. Cenno bibl. I, n. 2, p, 230 di questo voi.

    5) Bruno, De la causa, ed. Gentile, pp. 173 e 174.^) // senso delle cose, ms. citato, p. 236.

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    sicut pictor et poeta sapiens suas ipsorum picturas etcarmina legi volunt, et artis excellentiam inde agnosci,artificemque laudari *).

    Anche nell'universo campanelliano non esiste mor-te, ma soltanto mutazione di essere mutazionidi modi dell'essere, aveva detto il Bruno ; ma imotivi che, nella fermissima fede nel valore assolutodell'unit, rispetto alla vanit del mutare, danno alfilosofo la sua inconcutibile serenit, sono assai di-versi, nell'uno e nell'altro pensatore : Perch questaimita sola e stabile, e sempre rimane ; questo uno etemo ; ogni volto, ogni faccia, ogni altra cosa va-nit, come nulla, anzi nulla tutto lo che fuordi quest' uno aveva detto il Nolano ^) ; mentre perlo Stilese, ogni faccia, ogni volto, ogni linea dellarealt ben viva e salda ed esistente per s, anchese sia profondamente radicata in un armonico disegnocomplessivo in cui si realizza l'unit dell'universo ; ein cui ci che appare male al singolo bene per l'uni-versale :

    e tal mutanza male e morte noi di qualit o d'essenza sogliam dire,eh' del tutto alma vita e bel gioire ^).

    Il mondo dunque tutto senso, e vita e anima....Di nulla cosa si duole ; si fanno in lei tante morti, evite, che serveno alla sua gran vita ; muore in noi lopane e si fa chilo, poi muore e si fa sangue, poi muoreil sangue, e si fa carne, nervo, osso, spirito, seme, epat varie morti e vite, dolori e voluptati, ma allavita nostra serveno, e noi di ci non ci dolemo, ma

    *) Apologia pr Galileo, Francofurti, MDCXXII, cap. ITI,p. 20.

    2) De la causa, p. 243.3) Orazioni tre in salmodia metafisicale, Canz. I, madr. 7,esie, ed. Gentile, Bari, Laterza, 1915, p. 121.

    2 Tommaso Campanella

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    godemo; cossi a tutto il mondo tutte cose sono gau-dio e servitio, e ogni cosa fatta per lo tutto, e lotutto per Dio a sua gloria ^) )>. Identit sostanzialenell'apparente mutare, che anche il Bnmo aveva clto,ed espresso quasi con le medesime parole ( Non ve-dete voi che quello che era seme si fa erba, e da quelloche era erba si fa spica, da che era spica si fa pane,da pane chilo, da chilo sangue, da questo seme, daquesto embrione, da questo uomo, da questo cada-vero, da questo terra, da questa pietra o altra co-sa ? ), ma a cui aveva dato un ben diverso significato,concludendo che bisogna dunque che sia una mede-sima cosa, che da s non pietra, non terra, non ca-davero, non uomo, non embrione, non sangue, o al-tro ^). Mentre il Campanella si rappresenta l'unitin modo assai pi corpulento e fantastico. Ciascunacosa, per minima che sia, ha coscienza, pi o menolimpidamente, della propria esigenza di conservazione ;sente se stessa e sente tutto ci che la circonda comeun potere amico od ostile, secondo che favorisca odostacoli il suo conato di perseverare nell'essere. E per-ci si sente attratta verso le cose affini, e respingequelle ostili. Ma fatale che cotesta aspirazione all'es-sere sia contrastata in tutti i modi, e che l'unit uni-versale non possa esser raggiunta, se non attraversoima inesauribile lotta di contrari. Un mondo senza ladistinzione, anzi senza l'antagonismo di queste innu-merevoli infinite sensibilit individuali, si scolorirebbe,e perderebbe ogni sua bellezza, ogni sua armonia :

    Senza lutto se fosse, senza sensosarian le cose e senza godimento,ne l'un contrario l'altro sentirebbe,ne ci saria tra lor combattimento,

    *) Del senso delle cose, ms. citato {Epilogo, p. 235).*) De la causa, Dialogo terzo, ed. Gentile, p. 201,

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    n generazione e il caos immensola bella distinzione assorbirebbe *).

    Il mondo, dunque, nel suo mirabile organismo, nonsarebbe se non ci fosse contrariet.... e se l'uno con-trario non conoscesse l'altro essere suo contrario, con-tra quello non pugnarebbe.... Dunque veracissimo ar-gomento del loro senso l'ordine del mondo e il pro-ducimento delle cose ^).

    Non si pu per altro negare che, accanto a cotestaveramente feconda intuizione fondamentale, che rap-presenta, per la sua energica affermazione dell'unitdell'universo, e per la funzione di vera naturaagente, che essa assegna al senso delle cose, unnotevolissimo progresso tanto sulla concezione delPorta quanto su quella del Telesio, la teoria campa-nelliana conservi tuttavia molto e dell'una e dell'al-tra, soprattutto nella sua radicale incapacit di attin-gere l dov'essa veramente si trova quella unit es-senziale tra lo spirito e la natura, cui essa ansiosa-mente, ma ancora inadeguatamente, tende. Assai in-teressanti a questo riguardo sono le singolarissime ana-logie, ch'egli si sforza di cogliere tra la natura e l'operadell'uomo, e che hanno quel peculiare carattere di in-genuo naturalismo, di grossolano collegamento estrin-seco, di ravvicinamenti arbitrari, di curiose supersti-zioni, che proprio delle ricerche tra naturalistichee magiche della filosofia della Rinascenza, dal Para-celso e dal Cardano fino al Porta : Dunque [l'uomo]ha fatto dice il Campanella, la citt e la casa si-mile al corpo. La testa il Castello... si f' le salecome li ventricelli del celabro, le strade e corridoricome i nervi, l'acquedutti, come le vene e arterie, li

    *) Orazioni tre in salmoda metafisicale congiunte, canz. II,madr. 4. Poesie, ed. Gentile, p. 127.

    ') Del senso delle cose, ms. citato, 1. I, cap. 5, pp. 9 e io:

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    sensi come il fegato, le fornaci e mantici, come ilcuore e il pulmone.... li remi come l'ale, il temonecome la coda, li fanali e spie, auditori come orrec-chie, occhi, la lucerna di notte come il sole di giorno ;trov FArteglierie, come il tuono e fulmine ; 1' Ho-rologgi, come le sfere celesti ^). E ancora, per di-mostrare quanto sia falso il volgare argomento, chetutte le cose non sentono, perch li corpi morti, perquesto si dicono morti, che di senso affatto sono pri-vi : se farai un tamburo di pelle di Lupo, e un altrodi pelle de agnello, e di pecora, e pi di quella, chedel Lupo qualche volta paura hebbe, trovarai che so-nando il Tamburo del Lupo, quello di pecora si rompein pezzi : chiaro argomento che la passione solita nellecose sopita si sveglia, onde la pella si retira e pat,come noi vedendo il nemico ci retiramo ^).

    Dimostrazioni ed esemplificazioni senza dubbio gros-solane e puerili, che tuttavia stanno ad esprimere unprincipio profondo e profondamente vitale nello svol-gimento del pensiero filosofico : F intima unit essen-ziale di tutte le pi varie manifestazioni della realt,naturale ed umana, s che, malgrado la loro frammen-tariet e asistematicit, esse valgono a rivelare unnuovo disegno cosmico, tutta una nuova fsica me-tafsica ^), che si veniva vigorosamente delineando nellospirito del giovine filosofo, appassionatamente assortonella contemplazione di questo universo, che gli ve-niva rivelando la sua intima armonia maravigliosa.

    E in cui, insieme con questa nuova visione cosmica,si veniva maturando altres una nuova concezione del-l'uomo. Avidissimo di letture fin dalla fanciullezza,sensibilissimo, facile a lasciarsi impressionare dalle

    ) Del senso delle cose, redaz. ital. ms. 1. II, cap. 27, pp. 99retro ; e 100 retro.

    *) Del senso delle cose, redaz. ital. ms, 1. IV, cap. 9, p. 184 ee cap. IO, p. 186 retro.

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    pi Opposte dottrine, egli si era, durante il tumul-tuoso periodo della sua rapida formazione interiore,tra l'adolescenza e la prima giovinezza, lasciato impre-gnare dalle pi svariate visioni del mondo e dellarealt. Forse nessuna concezione era passata su luisenza lasciare traccia di s. Forse ciascuna aveva, peruna ragione o per l'altra, suscitato in lui fervore diconsensi e passione di adesione. E tutte si erano giu-stapposte e sovrapposte, nei pi audaci, ma talvoltafelici, raccostambenti e nelle pi imprevedibili fusioni.La granitica costruzione tomistica, con il suo saldis-simo senso dell'unit e con il suo mirabile disegnoteocratico, l'antica passione naturalistica di Pitagora,di Empedocle e di tutti i filosofi-poeti della MagnaGrecia, ch'egli aveva letti e rivissuti dentro di s, colgiovanile orgoglio di chi senta rivivere in s, attra-verso i succhi della propria terra natale, qualcosa deisuoi antichissimi padri *) ; la nuova oh quantodiversa ! passione naturalistica del gran Telesio e degli altri filosofi della Rinascenza, l'entusiasmo mi-stico dei suoi fratelli neoplatonici, dal lontano Plo-tino al vicinissimo Pico, celebratori tutti del sole edella luce, e di un amore a Dio, in cui l'anima, dopolungo errore, ritrova finalmente se stessa, in uno slan-cio di immediatezza intuitiva, le lontane solenni pa-role, dense di significati misteriosi e allegorici, dei pro-feti e dei veggenti delle pi varie tradizioni religiose ;le oscure tentatrici malie dell'occultismo orientale ecabalistico, e della maga quasi contemporanea, dalMagino al Cardano ; tutti questi svariati elementi

    1) Appunto tra il '90 e il '92, contemporaneamente alDe sensitiva rerum facuitale (prima redazione del Senso dellecose) egli aveva composti vari poemetti filosofici [De philo-sophia Pithagoreorum, De philosophia Empedoclis ; De spheraAristarchi) purtroppo perduti. (V. la mia Bibliografia, n. 7 ;io; 12, ecc. (Giorn. crit. , a. II).

  • 22 -

    erano venuti a fondersi nel crogiuolo della sua fantasiamobilissima e della sua anima irrequieta.

    Incapace di fissarsi e limitarsi in una qualsiasisfera particolare della conoscenza umana, disposto anziad aprirsi, avido di sapere, dinanzi alle pi svariatetentazioni di conoscenza, pronto a lasciarsi percorreree dominare volta a volta dai pi svariati interessi,egli non poteva circoscrivere la sua attivit filosoficanell'm.bito vasto, ma chiuso, della ricerca telesiana.Quella medesima multilateralit d' interesse, che, privacom* rim.asta in lui durante tutta la sua vita di di-sciplina di studio e di rigorosa valutazione critica, gliha impedito di costruire a vigoroso e ben saldo sistemafilosofico la sua esuberante farraginosa enciclopediascientifica, filosofica, religiosa, poetica, gli d peral-tro, in tutti i momenti della sua vita, una ricchezzadi atteggiamenti e una multilateralit di visione sem-pre interessantissima dal punto di vista biografico, matalvolta anche feconda dal punto di vista filosofico. questo il caso del Senso delle cose ; lavoro ideatosenza dubbio secondo i quadri della concezione tele-siana, ma via via slargantesi fino ad accogliere in si motivi ideali di tutte le correnti che avevano agitosulla sua formazione, soprattutto di quella platonica,e in cui perci dallo sviluppo di ima fisica na-turalistica, emerge gi chiara la linea di unametafisica, anzi di una gnoseologia, idea-listica ^).

    Partendo, nel I libro del suo volume, dal propositodi fissare il fondamento ontologico di questo senso,ch'egli, con tanto calore di convinzione, sente diffusoin tutto l'universo, il Campanella giunge alla consta-tazione, certo tutt'altro che naturalistica, che il senso

    *) Passaggio, questo, tipico del processo del filosofare cam-panelliano e che si ritrova tal quale, ma anche pi evidente,nella Metafisica (V. cap. V di questo voi.).

  • n

    non solo passione, ma percettione notio-1 a 1 e, che si fa insieme con discorso, tanto presto,ohe non si scorge e che dunque il senso percet*lione di passione, alla quale s' destruttiva e dolo-rosa, si resiste e contrasta, e s' piacevole e conser-vativa s'applaude, segue et ama ^). Che importach'egli continui, nel II libro, durante l'analisi parti-colareggiata della funzione sensitiva, a dimostrare chetutto senso, e che ogni sensazione si riduce a con-tatto ( Tutti gli sensi essere tatto, e li sensori] e modidifferire ) ; e che il senso cognoscenza vera, lamemoria languida, il discorso strano, l' intelligenzalontana ^), quando poi cotesto senso gli si vienevia via identificando con l' intelligenza ( Dunque l' in-tendere senso lontano, e confuso, e *1 senso inten-dere vicino *), e quando dal suo sensismo natura-listico iniziale si viene sprigionando uno dei pi vigo-rosi presentimenti d' idealismo, che la storia del pen-siero ci additi ? Che importa ch'egli non riesca ad or-ganizzare sistematicamente, depurandola delle moltecontraddizioni, la sua nuova intuizione, e che eglis'abbandoni, soprattutto nel IV libro, senza la menomaprecauzione critica alle pi ingenue e mirabolanti su-perstizioni magiche, giustapponendo accenni di vi-gorose concezioni filosofiche a grossolane constatazioniempiriche, e a narrazioni superstiziose, quasi degne diuna donnicciuola *) ? Inserendosi nel cuore della spe-culazione telesiana, e sviscerandone il nucleo, il Sensodelle cose, con una disordinata, ma poderosa, scossa,la supera. Alla concezione tutta naturalistica della pas-sivit dello spirito di fronte al mondo esterno sosti-

    *) Del senso delle cose, 1. I, cap. 4, pp. 8-9 del ras. citato^*) 1. II, cap. 12, p. 50 3) 1. II, cap. 30, p. 105 *) B ') 1. II, cap. 22, p. 77 ^) V. quanto se ne dice qui, alla fine del cap. VI.

  • tuisce quella di una attivit ed originariet interiore,che sia pure intuita pi che dimostrata, afferratadi sbalzo per un lampo di genialit, pi che dedottalogicamente dal contesto delle altre dottrine campa-nelliane, tra cui resta anzi isolata e discorde rappre-senta tuttavia il principio di quella rivoluzione filo-sofica che, attraverso Cartesio e Vico, culminer poiappunto in Kant, che lo Stilese preannunzia rozza-mente, ma energicamente. Il senso non passivit,ma percezione (attiva) della passivit. Non sono que-ste, parole quasi kantiane ? All'angusta concezione delladualit corpo-spirito ^), sostituisce la trinit corpo-spirito-anima. L'anima (mens) qui ancora, vero,una concezione ibrida di tomismo, di neoplatonismo, eperfino, in un certo senso, di naturalismo telesiano

    ;

    ma gi un'attivit originaria dello spirito, che ha uncompito precipuo, che costituisce il suo significato ela sua importanza nella storia della filosofia : raffi-nare e perfettionare ogni cognoscenza ^) ; e accen-dere nel cuore dell'uomo il senso del divino ^).

    *) E superfluo ricordare che nella terminologia filosoficacontemporanea spiri tus = anima materiale.

    ^) Del senso delle cose, 1. II, cap. 30, p. 113 del ms. citato.y. quanto all' importanza della mens nella dottrina campanel-liana, il cap. V di questo voi.

    3) La religione nel spirito plantare Del senso delle cose,1. II, cap. 30, p. 113.

  • II.

    Naturalismo filosofico, politico,

    religioso.

    cos di gran scienza ognuno amante ;che audace passa dalla morta goraal mar del vero, di cui s' innamora,nel nostro ospizio alfin ferma le piante .

    Al carcere {Poesie, p. io6).

    evidente che tra una filosofia siffattamente orien-tata e la fede tradizionale, il dissidio non poteva tar-dare a scoppiare, e doveva essere tanto pi aspro eviolento, quanta pi era l'audacia e la giovanile pe-tulanza del filosofo, intimamente gi distaccato dal com-plicato armamentario del culto e del rito cattolico,ch'egli aveva completamente smontato e demolito den-tro di s con sconfinata Hbert critica; spregiudicato,ironico, motteggiatore, fremente di vasti sogni innova-tori, ancora forse informi e disordinati, ma gi impla-cabilmente incalzanti come aculei roventi la sua ani-ma giovanile ; orgogliosamente consapevole della pro-pria grandezza, che le profezie dell'ebreo e le sueproprie convinzioni astrologiche gli confermavano stra-ordinaria, quale quella di un uomo destinato adessere monarca del mondo ; impietoso della medio-crit spirituale, delle meschinerie, della ignoranza dc-gH ambienti frateschi, roso da un acre scontento dis, e perci quasi impaziente di misurarsi col possenteorganismo della Chiesa, che egli gi non sentiva pi

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    come la chiesa del Dio vivente )), ma come un mortocongegno, infrenatore di ogni sua attivit e d'ogni sualibert. L'episodio che la tradizione gli attribuisce, diun motteggio verso la scomunica, lanciato con un am-biguo sorriso in un folto gruppo di studenti affollan-tisi nel chiostro di S. Domenico Maggiore in Napoli,quando egli, rileggendo un giorno il breve pontificioinciso sulla lapide murata nel corridoio del chiostro,innanzi alla Biblioteca, che decretava la scomunicamaggiore a chiunque ne avesse tolto libri, senza espressalicenza del papa o del Maestro Generale dell'Ordine,avrebbe detto con un audace frizzo : Com' questascomunica ? ; che si mangia ? *) anche se non vero storicamente, psicologicamente credibilissimo,simbolo vivace, anche se non documento reale, ditutto il suo stato d'anima di quel periodo. La chiesa,del resto, non aveva certo bisogno di una determi-nante siffatta per sentirsi in diritto di agire contro dilui. Gi troppi elementi di accusa gravavano sul fra-te : la sua libert di giudizio e di parola, le sue rela-zioni filosofiche, il suo aperto telesianismo, le sue pra-tiche di maga, erano pi che sufficienti a farlo citarein giudizio. N mancava, ad aggravare tutti questiindizi, la preoccupazione vivissima in un secoloignorante e superstizioso come quello circa le fontidi una cultura gi tanto larga e profonda, e che ap-pariva ancora pi stupefacente per l'agilit intellet-tuale ond'egli, e nelle pubbliche dispute e nelle con-versazioni private, aiutato dalla sua prodigiosa memo-ria e dal suo acume dialettico, sapeva servirsene adebellare in poche battute l'avversario. Sicch la voceche queste fonti fossero diaboliche e che egli posse-desse e uno spirito familiare , se pure non costitu un

    ') Esame agiunto di fra Fr.co Merlino in Amabile, FraT. C, la sua congiura, etc. Napoli, 1882, III, doc, 352, p. 332;

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    capo d'accusa esplicito, non pot non aggravare nell'a-nimo dei suoi superiori ecclesiastici quella preoccupa-zione, gi destata dalla sua vivace opposizione all'ari-stotelico Marta, ritenuto, nelle sfere dei ben pensanti,filosofo grandissimo, a dirittura un Aristotele redivivo,che lo condusse al suo primo processo.

    Lo svolgimento e la conclusione di questo primoprocesso (come, del resto, anche di quelli che gli ten-nero dietro a breve distanza) non sono ben noti.Troppe e troppo gravi ragioni indussero il filosofo ad ar-ruffare durante tutta la sua vita il racconto di questiprimi suoi contatti con i tribunali ecclesiastici; n d'altraparte le fonti di accusa ne danno testimonianze chiaree concordi. Per un pezzo i biografi, a cominciare dalCyprianus e dall' Echard fino al Baldacchini, al D'An-cona, al Berti, confusero in uno i primi quattro pro-cessi anteriori alla congiura del '99. L'Amabile districin parte il viluppo, distinguendoli con esattezza l'unodall'altro, ma credette di poter congetturare un tra-sporto del Campanella a Roma, in catene, avvenutonel 1501 lungo il corso del processo, che si sarebbepoi chiuso l'anno seguente dinanzi al S. Ufficio diRoma, con un veemente sospetto di eresia. Soltantopochi anni fa la questione stata chiarita dal Gen-tile *), il quale ha dimostrato esaurientemente che

    *) V. Gentile, Ti -primo processo d'eresia di T. Campa-nella (Arch. stor. napol. , anno XXXI, 1906, fase. 4, pa-gine 623-631). Il G. fonda la sua argomentazione principal-mente su una lettera del Niccolini, Ambasciatore toscano aRoma, all' Usimbardi, segretaiio di stato del Granduca, dallaquale risulta che il 31 maggio 1592 il Campanella era ancorain prigione, a Napoli ; e pensa che, poich indiscutibilmentenell'ottobre di quello stesso anno egli si trovava a Firenze,dovette durante l'estate abbandonare liberamente NapoU, fug-gendo, corn'egli stesso dice nel Syntagma, gli emuli accusa-tori. Recentemente il prof. Spampanato lia trovato nell'Ar-chivio di Stato di Napoli, tra le carte dei monasteri soppressi,

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    il processo si svolse per intero in Napoli, donde, nellostesso anno in cui fu pronunziata la sentenza (1592),probabilmente nel settembre, il Campanella part vo-lontariamente alla volta di Roma. Non si sa in ognimodo se appunto pi specialmente a questo primo pro-cesso si riferisca il filosofo quando, nella ben nota let-tera allo Sdoppio, accennando a questo primo periododi burrasca della sua vita, dice che ai giudici che glidomandavano quomodo literas scit cum non didice-nt, egli rispose : me plus ohi quam ipsi vini comsum-sisse. Parole che anche queste, se pure non mai pro-nunziate, vogliono essere un simbolo dell'atteggiamentoda lui assunto nell' intimo suo, se pur non airesterno,verso quei giudici indegni, qui in se htinc spiritum nonsentientes, negant aliis quod dant ; et trihiiiint diabolosapientiam, caeteraque dona Dei ^).

    Il soggiorno di Firenze parve essergli, in sulle pri-me, propizio. Il Granduca, cui gi erano giimte pres-santi raccomandatizie a favore del frate, parve gradirela dedica ch'egli gli faceva del suo De sensitiva rerumfacultate, e accoglierne con simpatia l'autore, dandoglibuone promesse per una lettura di filosofia nello stu-

    la sentenza, emanata in Napoli, nell'agosto del '92, da untribunale domenicano, contro il Campanella, invitato ad ab-bandonare le dottrine telesiane per tornare al tomismo, e adabbandonare Napoli, per tornare alla sua provincia. Ricevoquesta notizia, per cortese comunicazione dello Sp., nei mo-mento in cui correggo le bozze di stampa. Riservandomi ditornare pi tardi, e di proposito, sull'argomento, accenno in-tanto a questa sentenza domenicana, che getta nuova lucesulle tenebre del primo processo, il quale sarebbe, secondo loSp., esclusivamente telesiano. (Cfr. Spampanato, Vita di Bruno,ed. Principato, Messina, voi. II, cap. 12, in corso di stampa).

    *) Letiera allo Sdoppio, del i^ giugno 1607, destinata afar da proemio all'A theismus triumphatus, (Amab., Fra T. C.ne' Castelli, Napoli, 1887, II, doc. 184, p. 61).

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    dio di Pisa ^). Ma da un momento all'altro la scenamut : la discussione filosofica con Baccio Valori, cuiil Granduca lo aveva invitato prima di aiMargli lacattedra, lo rivel giovane di senno maturo e di va-ria dottrina e recondita , ma altres antiaristotelico, eseguace ardente delle empie dottrine di Telesio, cheproprio allora Roma aveva condannato ; jnentre lalettera di risposta del Padre Generale dei Domeni-cani al Granduca, pur tacendo della recente sentenzadel Tribunale interno, lasci intendere, tra le righe, chenon c'era da fidarsi : Alquanto dilTerente relazionetengo io del Padre Fra Tommaso Campanella, di quellache stata fatta a V. A. S., per quanto posso com-prendere dalla sua amorevolissima scrittura ^). Sic-ch il filosofo, fiutando nell'aria un vento non favore-vole, a mezzo ottobre lasci Firenze per Padova. Maqui lo aspettavano nuove traverse. Il suo destino, neiriguardi della Chiesa, era ormai gi segnato. Ancoraprima di giungere a Padova, in Bologna, si era vistosottrarre fraudolentemente, da parte dei frati di quellacitt, ma certamente per ordine del S. Ufficio, tuttii manoscritti delle opere da lui fino allora composte,ch'egli portava con s, a prova della sua dottrina, inquesto suo lungo pellegrinaggio da una terra all'al-tra d' Italia, in cerca di libert fiiosofica, e di unacattedra da cui propugnarla. Appena giunto in Pa-dova, vi era stato coinvolto in un torbido processo disodomia, riportandone un'assoluzione per mancanza diprove. Ma tuttavia aveva dovuto risolversi a fermarsialquanto in quella citt, forse nella speranza di tro-varvi lavoro, o come insegnante pubblico, o comepri-

    *) Al Granduca lo aveva raccomandato non Mario del Tufo,come credette 1' Amabile, ma il conterraneo e correligionaiiodel filosofo, Gio. Battista da Polistena.

    *) Amabu-e, Fra T. C. la sua coiig., l, p. 6i

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    vato, forse nella speranza di poter attendere in pacealla rielaborazione delle opere perdute. Di tutto ilprodotto della operosit filosofica da lui svolta fino aquesto momento non gli restava ormai che la Philosophiasensibus demonstrata, stampata in Napoli nel 1591, esfuggita poi sempre all'occhio degl' Inquisitori. Tuttoil resto era perduto. Ma egli, con mirabile tenacia, nonsi dette per vinto, e si accinse a rifarlo, opera peropera, mentre pur scriveva vari nuo\^i lavori a difesadel telesianismo, ed entrava in relazione con alcunistudiosi veneziani, come quell'Andrea Chiocco, cui de-dicava il suo Apologeticits pr Teresio *). Ma la Chiesanon cessava dal vigilare su lui, perch com'eglidice iniquitas non querebat delictiim, sed me faceredelinqttentem, e perch in verit aveva gi fiutato inlui un pericoloso spirito di ribelle e d' innovatole,ma.lgrado non avesse ancora trovato modo di concre-tare in un'accusa legalmente dimostrabile questo suoimpreciso, ma fondamentalmente giusto, timore. Certo che tra il '93 e il '94 egli fu sottoposto ad un terzoprocesso, come supposto autore del De tribus imposto-ribiis, e come aderente alla dottrina di Democrito. Maben presto nuove accuse lo gettarono in un quartoprocesso ; e questa volta la difesa riusc assai pi dif-ficile, come assai pi grave sarebbe riuscita, in casopositivo, la condanna, in quanto lo si accusava for-malmente di eresia e di mancata denunzia di una di-sputa de fide avuta con un giudaizzante.

    Il processo si venne ingrossando lungo la via dopoche r imputato fu, verso la fine del '94, mandato daPadova a Roma, sicch dinanzi al S. Ufficio in Romaegli dovette rispondere altres di un sonetto empiocontro Cristo, di opinioni ereticali espresse parecchi^anni prima in Calabria, di possedere un libro di geo

    V. la mia Bibliografia, n. 17 ( Giorn. crit , II).

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    manzia, di avere finalmente esposto nel De sensu re-rum, con l'animazione universale, una teoria da cuidiscenderebbe la conseguenza che anche le anime deibruti e le cose naturali senzienti siano beatificabili.Tuttavia, malgrado l'estrema gravit di queste moltepliciaccuse che la chiesa gli rivolgeva, egli riusc anche perquesta volta, ma dopo parecchi mesi di prigionia, adessere assolto. Liberato cos nel 1595 dal carcere delS. Uffizio ^) fu costretto per altro a rimanere in Roma,ma sotto ima sorveglianza piuttosto larga. Non paretuttavia che i motivi di questa assoluzione possanoessere stati cos semplici come quelli che molti deibiografi, sulla traccia di accenni apologetici del Cam-panella medesimo, adducono : se verosimile ch'egliriuscisse a convincere i giudici che del sonetto empiocontro Cristo era autore non lui, ma Pietro l'Aretino,e che del libro di geomanzia egli era in possesso per-ch si disponeva proprio allora a portarlo all' Inquisi-tore per la denunzia, pare meno credibile che il S. Uf-fizio abbia accettata la giustificazione della dottrinadel De sentii rerum, fondata sulla eterogeneit sostan-ziale delle anime dei bruti dalla grande anima delmondo, e perci sulla impossibilit della immortalitdi quelle ; e meno ancora che esso abbia potuto assol-vere il filosofo della gravissima accusa di aver dispu-tato con un giudaizzante, soltanto in base al vox unius,vox nullius. Pare piuttosto (Amabile) che potentis-sime leve siano state messe in a.zione per salvarlo :r influenza di D. Lelio Orsini, forse dello stesso Com-missario Generale del S. Ufficio, fra Alberto Traga-gliolo, a lui estremamente benevolo ; forse perfino del-l'Arciduca Massimiliano e dell' Imperatore ; o che

    *) Nel quale molto probabilmente aveva avuto compa-gno il Bruno, chiuso in Tor di Nona fin dal 1592, V. Gen-tile, Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, Firenze,Vallecchi, 1920, p. 35.

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    discolpa certamente pi efficace la estrema teocra-zia di opere come la Monarchia Chvistianorum {commen-tarius quibus ariihus res Christiana crevit, crescere et de-crescere solet, et qiiihus recuperanda sii), il De regimineEcclesiae (Ad pontificem, quibus modis non obnoxiisprincipum contradictionihus, ex loto mundo ponti/exmaximus solis armis ecclesiasticis potest efficere unumovile sub pastore uno), i Discorsi universali del governoecclesiastico per far una gregge e un pastore [Secretoal Papa scio con modi non soggetti alla contradittionde' Prencipi), ch'egli era venuto intanto scrivendo ne-gli ultimi mesi del suo soggiorno di Padova e nei primidel suo soggiorno di Roma, abbiano efficacemente con-tribuito alla sua assoluzione *).

    Ma questo primo brusco urto con la realt an-che a non voler tener conto dei motivi puramenteapologetici che, secondo la maggior parte dei biografi,lo a.vrebbero spinto verso il nuovo orientamento aveva in ogni modo senza dubbio suscitato nella suaanima, accanto all' interesse sempre vivo per la puracontemplazione filosofica, un interesse nuovo e viva-cissimo per i problemi politici. Le linee fondamentalidella sua teocrazia ideale : unione universale di tuttii popoli in un solo gregge e sotto un solo pastore, gigli erano apparse energicamente dinanzi allo spirito vi-gile e audace, e forse gi, fin da questo primo istantedella sua attivit politica, si erano composte in quelladuplice figura, che, pur attraverso inevitabili oscilla-zioni, mai non smentirono durante tutto il corso dellasua vita : da una parte la figura ideale di un nuovoregno, affatto puro da interessi mondani e affatto per-fetto, di cui egli si sentiva chiamato ad essere il pro-feta, il sj cerdote, il re ; dall'altra la figura di una teo-

    *) KvACALA, Thomas Campanella und Ferdinand II {Sit-zungsberichte der Kais. Akademie dev Wissenschaften in Wien,J908, philos. histor. Klasse, 159 Band, 5 Abh, p. 6).

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    crazia effettiva della chiesa cattolica, sia pure alquantomodificata, con alla terta il papa, e con una dellegrandi nazioni storiche, quella tra esse che meglio simostrasse atta ad adempiere questa grande missione,e perci prima la Spagna e poi la Francia, come brac-cio armato. Questo interesse politico, o guardato dalpimto di vista pi specialmente ecclesiastico e teocra-tico, come nel De monarchia christianorum, nel De re^gimine ecdesiae e nei Discorsi del governo ecclesiastico,o da un punto di vista pi strettamente politico, co-me nel Discorso circa il modo col quale i Paesi Bassi,volgarmente di Fiandra si possino ridtirre sotto Vohhe-dienza del re cattolico, nei Discorsi ai Principi d' Ita-lia che per bene loro e del cristianesimo non debbonocontraddire alla Monarchia di Spagna, ma favorirla,...,e nel Dialogo politico contro Luterani et Calvinisti etaltri heretici ^), la molla animatrice di tutta la suaattivit letteraria di questo periodo.

    Di cui l'esponente pi significativo, in quanto al-tres espressione tipica della sua posizione verso lareligione positivamente considerata, per l'appunto ilDialogo politico contro Luterani. In cui non vi unasola parola diretta a indagare e valutare il valorereligioso della Riforma protestante, n le causestrettamente religiose che concorsero con quelle poli-tiche d'altra natura nella sua genesi, ma tutto l'e-same e tutta la valutazione sono orientati su un puntodi vista puramente poHtico. La Riforma nata daldesiderio dei popoli germanici, insofferenti per naturad'ogni freno, e avidi di una libert che confina con lalicenza, di sottrarsi alla chiesa di Roma; ed dannosasoprattutto perch porta alla disgregazione anarchicae individualistica del secolare edificio per cui Roma

    *) V. la mia Bibliografia, n. 22, 23, 26, 27, 28 e 29 ( Giorn.crit. , II) e il Cenno bibl., n. 5, 6, 7, 8, p. 235 di questo voi.

    3 Tommaso Campanella

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    fu grande nei secoli ; dannosa, perch, rompendoquello solo che legame saldissimo di unione tra ipopoli, il vincolo religioso, fomenta guerre e inimi-cizie

    ;perch finalmente, annullando il libero arbitrio,

    sottrae Tunica base sicura alla morale degli uominie delle nazioni. La Chiesa ha perci il dovere di com-batterla con tutte le sue forze, e il diritto di adope-rare come mezzi anche l'esterminio e la morte : ucci-dere Lutero, p. es., sarebbe stato, secondo il Campa-nella, il miglior modo di arrestare il movimento in sulnascere. Non solo. Ma egli va tant'oltre in questa suasvalutazione religiosa del Protestantesimo, da giun-gere, forse senza avvedersene, ad ima svahitazione re-ligiosa di tutte le religioni, non escluso il Cattolice-simo, di cui egli si fa qui strenuo difensore; e da rive-lare apertamente la sua concezione puramente natu-ralistica, estrinseca, e perci politica o morale, dellareligione ; come quando, per difendere il valore delladottrina cattolica del Purgatorio, mette innanzi i buonifrutti che quella credenza produce nel mondo (ospe-dali, opere di piet ecc.), e per difendere il valore deiSacramenti, dice che la penitenza pur troppo ne-cessaria alla buona consistenza politica e sociale d*unostato : e cos via. Tuttavia il suo non puro e sem-plice machiavellismo, come sembrato p. es. al Fio-rentino *), e come infatti sembra a prima vista. Lareligione, pur non essendo per lui soltanto un valoreintrinsecamente religioso e individuale, non , per al-tro, un semplice strumento di regno , ma qualcosadi assai pi fondamentale. la radice medesima delregno ; il regno stesso, in quanto, nella posizionelimite della teocrazia solare, essa s' identifica a dirit-

    ') Fiorentino, La riforma religiosa giudicata dal Campa-nella secondo un ms. inedito ( Giorn. nap. di f.los. e lettere '),Napoli, 1875, I, pp. 69-9?; ristampato in Stuai e ritratti ddlaRinascenza, Bari, 191 1, pp. 391-421.

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    I

    tura col potere politico, e nelle posizioni transitorie,storiche, essa se ne differenzia soltanto in quanto fa diquello un suo strumento, un mezzo del suo trionfo finale.

    E non e nemmeno, malgrado g' innegabili puntidi contatto tra Funa e l'altra dottrina *), un sem-plice surrogato popolai'e della verit filosofica, comepel Bruno. Nello spirito del Campanella la distinzionetra la verit esoterica e quella essoterica, tra la filo-sofia, cui soltanto i filosofi possono e la religione,cui tutto il popolo deve attingere, non cos nettae cos precisa come pel filosofo nolano. Il quale certa-mente non sarebbe mai potuto giungere a quel tenta-tivo di conciliazione del naturalismo religioso col cri-stianesimo, e perci d' interpretazione deisticamentefilosofica dei dogmi cristiani, che costituisce inveceuna delle caratteristiche della filosofia religiosa del-VAtheismus triumphatus e, in parte, anche della Me-taphysica '^).

    Ma, quanto al motivo fondamentale della comuneopposizione al protestantesimo, la posizione dei duegrandi filosofi della Rinascenza perfettamente ana-loga 3). Entrambi combattono nella religione oltre-montana il servo arbitrio luterano, dipingendone concrudi colori le pericolose conseguenze per la vita mo-rale e civile dei popoli. Entrambi, fervidi assertori delsacro diritto dello spirito umano alla libera ricercascientifica e filosofica, condannano tuttavia conuna mossa che pu parere frutto d' incoerenza o di

    *) V. Ffxici, Le dottrine filosofico -religiose di T. Campa-nella, Lanciano, 1895 ; Gentile, G. Bruno e il pensiero delRinascimento, Firenze, Vallecchi, 1920, pp. 17-24 e passim ;Blanchet, Campanella, Paris, Alcan, 1920, pp. 364-375.

    ) V. il cap. VI di questo volume.^) E non deriva, come, a proposito del Campanella hanno

    pensato, non senza un ^tantino di passione confessionale, ilFelici (0, e.) e il Kvacala [T. C. ein Refornier, e passim)da persistente incomprensione dello spirito della Riforma.

  • -36-preoccupazioni opportunistiche soltanto agli osserva-tori frettolosi, ma che scaturisce invece da limpidaacuta percezione di quello che deve essere l'elementoessenziale di ogni esegetica reHgiosa le disquisi-zioni e le sottigliezze erudite dei grammatici ^) rifor-matori, come con tono dispregiativo li chiama il Bru-no ; di quegli ignoranti, i quali non han saputo faraltro che qualche nuova glosa sopra la Scrittura ,come dice sdegnosamente il Campanella.

    Avversari accaniti e tenaci del protestantesimo dun-qu.e, e per motivi strettamente dipendenti dalla con-cezione che essi si fanno della rehgione ; ma non certoavversari ingenerosi o parziali, se nel commiato al-Tuniversit di Wittemberg, il Bruno pu salutare isuoi ospiti protestanti, come quelli che incontami-nata serbarono la libert filosofica accogliendo traloro, e lasciando affatto libero di professare dalla cat-tedra le sue credenze filosofiche e religiose, lui, pur cosalieno dalla loro fede *), e se, in un suo Sonetto ca-vato dalla parabola di Cristo, in San Luca ecc., il Cam-panella pu esaltare la figura del tedesco luterano su alcuni indegni ministri della religione cattolica, cheegli dipinge qui a tinte assai crude :

    Da Roma ad Ostia un pover'uom andandofu spogliato e ferito da' ladroni :lo vider certi monaci santoni,e '1 causar, sul breviario recitando.Pass un vescovo, e, quasi noi mirando,sol gli f' croci e benedizioni :ma un cardinal, fingendo affetti buoni,seguit i ladi-i, lor preda bramando.Alfin giunse un tedesco luterano,che nega Topre, ed afferma la fede :l'accolse, lo vesto, lo fece sano.Chi pi merita in questi ? chi pi umano ? ^)

    ') V. su questo punto Gentile, G. Bruno e il pensierodel Rinascimento, Firenze, 1920, pp. 23-29.

    2) Sonetto ecc., Poesie ed. Gentile, p. 94.

  • 37

    Non dunque passione confessionale ; anzi sostan-iale indifferenza verso le varie forme di religioni po-itive

    ;pi completa e radicale nel Bruno, pi par-

    lale e singolarmente contaminata di qualche prefe-enza cattolica nel Campanella. Il quale, di contro allaosizione costantemente estranea a tutte le chiese e autti i culti, che il Nolano serba immutata duranteatta la vita, passer invecie, da questa violenta op-posizione alla chiesa cattoHca e da questa brusca reie-zione di quasi tutte le pratiche del suo culto, attra-verso un intenso sforzo di creazione d'una nuova sin-golarissima chiesa universale e di instaurazione vio-lenta della sua teocrazia ideale, a quell'audace tenta-tivo di innesto tra il suo naturahsmo reUgioso e la re-Hgione cattolica, che rester l'aspirazione costante^ sepure irraggiunta e intrinsecamente irraggiungibile, ditutto un trentennio della sua attivit filosofica, poli-tica e religiosa ^).

    Senza dubbio pi ecclettico del Bruno, senza dub-bio pi intimamente impregnato della tradizione cat-tolica, il Campanella non riesce a conservare mai puroil suo naturalismo religioso. Il quale, anche quando radicale come per pi rispetti, invero, pu dirsidi questo periodo della sua vita non mai esclu-sivo di altre posizioni ; da cui anzi si lascia volentiericontaminare. Anche il vero sapiente, che

    ammira il sol, le stelle e cose elette,per statue di Dio vive e cortigiani

    sente il bisogno di una chiesa :

    Scuola alza e regno a Dio da questi vani :servir a Dio in comunit vivendo, proprio libert di spirti umani *)

    *) V. specialmente il cap. VI di questo voi.*) Fede naturale del zero sapiente, Poesie, ed. Gentilf,

    p. II.

  • -38-Accanto alla concezione schiettamente naturalisticadella necessit politica della religione (Ncque Respu-hlica et coetus hominum uno die absque illa subsisierepossent ^) s' insinuer sempre nel Campanella qual-che elemento pi che naturalistico : Homo enim, co-m'egli dir, con accenti di pacato, ma commosso mi-sticismo, religans se Deo spernit viiam praesentem, ieiu-naty se flagellai, surgit in nocte ad contemplandum etcanendum Deum ; summoque superis inliiat amore ^)

    .

    Altrettanto pu dirsi del suo naturalismo filosofico.Accanto al crudo sensismo materialistico del Prodro-mus ^) tipicamente rappresentativo di questo mo-mento del pensiero campanelliano, come quello che,proponendosi di essere un Compendium de rerum na-tura pr philosophia ttmana, non altro in realt cheun piccolo breviario di fisiologia telesiana, compilatosu uno schemia quasi analogo a quello della Philosophiasensibus dcmonstrata, si de-linea nettamente gi fin daquesto periodo la profonda trasformazione idealistica,ch'egli imprimer al sensismo telesiano. Duce sensupMlosophandum esse existimamus. Eius enim cognitioomnis certissima est, quia fit obiecto praesente. Signumest, quod aliae cognitiones dubiae ad sensum recurrunipr certifUdine, dice il Prodromus ^). Ma contempo-

    *) Metaph. 1. XVI, cap. IV, art. 2, p. 140 della III parte.^) )) )>

    ^) Che, pubblicato, coni' noto, nel 1617 dallo Adamiin Francoforte, ma su una redazione primitiva (del 1595),non pi rielaborata dal Campanella, che invece era venutoa pi riprese rielaborando la sua Fisiologia maggiore, fino adarle la forma ch'essa presenta nella Realis philosophia epi-logistica, rappresenta pi schietta, e senza sovrapposizioni, laprima fase del pensiero del filosofo. (V. la mia Bibliografia.(Giorn. crit. , a. II) n. 24 e n. 25, e il Cenno bibl., n. 304,P. 232.

    *) Prodromi philosophiae instaurandae, Francofurti,MDCXVII, p. 27.

  • 39

    raneamente ^) il senso sapienza, o scintilla di sa-pienza divina, come dice il II libro del senso dellecose* ^) ; e, come con mossa veramente rivoluziona-ria, afferma il I libro, non passione, ma perce-zione di passione. (Il senso essere percet-tione di passione con discorso di cosa esistente in atto,e non informatione di pura potenza ^). Il fugaceaccenno etico, che chiude il Prodromus, cosi inten-samente colorato di naturalismo, da risolvere quasicompletamente l'etica nella fisiologia {Fontes omniumpassionum sunt duo oppositi sensus, voluptas et do-lor.... Hinc et virtutes sumunt ortum, sicut in Ethicisdicemus, quae prut magis conservant, magis virtutessunt ; ut vero magis destruunt, magis vitia dicuntur.Est enim virtus puritas animae ad quam facultas seseservandi sequitur. Vitium vero impuritas, in qua de-struendi vis manet ; sicut purum aurum virtute prae-ditum, impurum vitio dicitur ^). Ma contemporanea-mente, nel Senso delle cose gi spunta, con la dottrinadella 7nens, l'accenno ad un completo superamento diquesta concezione; perch, se vero che la mente.,.,sta nello spirito come la luce sta nello specchio, e nel-l'aria, che rotto lo specchio dispare e che come laluce incorporea si fa nelli vapori dello irride gialla,rossa e verde, e cossi nelle nubi e nel fumo, alla istessamaniera l'anima se inf delle passioni dello spirito pur vero che il Campanella giunge, in questo stessopasso, fino a dichiarare che, quanto alla mente, se

    *) Il Prodromus risale al 1595, ma i primi abbozzi di fisio-logia al '92. La prima redazione del Senso delle cose risale al1590 (V. Cenno hihl., n. 2 e 3, p, 230).

    *) Cap. 30, p. 109 del ms. citato.3) T.. I, cap. 4, p. 7 del ms. citato.*) Prodromi philosophiae instaurandae, Francofurti

    MDCXVII, p. 86.

  • 40

    si lascia vincere, patir pena, perch il freno sta insua mano mentre se vince, rester pura ^). Di-chiarazione di importanza enorme. Il naturalismo eticoche pone nella conservazione nell'essereil sommo bene dell'uomo qui non soltanto fonda-mentale, come in tutta la morale campanelhana, maanche molto crudo, lontano com' da quella quadru-plice differenziazione (conservazione in s;nei figli; nella fama, in Dio) che raggiun-ger pi tardi, nella Realis philosophia epilogistica eche, nella concezione di uno sviluppo progressivo dellatendenza di conservazione, di cui ciascun grado assorbee potenzia il precedente, fino al supremo (amore aDio) in cui il processo culmina, intuisce, se pur nonvede chiaramente, l'esigenza di un persistereche sia insieme procedere. Ma tuttavia il pen-siero di una possibile lotta della mens, con le passioni,e di un possibile trionfo di lei capovolge interamente,con una siffatta concezione dualistica e drammaticadella vita morale, il primitivo naturaHsmo, fino a prean-nunziare, sia pur rozzamente, quella lotta interiore,che costituir, dopo circa due secoli, il pathos del-l'etica kantiana

    ^) Del senso delle cose, 1. II, cap. 30, ms. citato, p. 114.

  • III.

    La teocrazia solare

    Redeunt Saturnia regnaet nova progenies coelo dcmittitur alto

    Edoga {Poesie, p. 195)^

    Uno sprito come quello del Campanella non po-! teva appagarsi della semplice formulazione teorica

    (Fnn programma politico e religioso, e doveva neces-sariamente tendere allo sforzo di tradurlo, comun-que, in realt. Tempra non di sereno e calmo stu-dioso che speculi tranquillamente sulle condizioni po-litiche e sociali del suo tempo, e ne indaghi il corso,e ne denunzi i mali, ma di ardente impetuoso riforma-tore, che ne senta tutta la passione e si senta per cistesso spinto a deviare, sia pure violentemente, quelcorso, il Campanella gi durante gli anni del suo sog-giorno in Roma dov sentire V insofferenza dell' inu-tile attesa, e l'ansiet di una vacta azione. La cittdel sole, ancora inespressa, senza dubbio gli urgevatumultuosamente nell'anima, spingendolo all'azione contanto pi di violenza, quanto pi si veniva accentuandoed esaltando in lui la coscienza di uomo predestinatoa grandi eventi :

    Io nacqui a debellar tre mali estremi :tirannide, sofismi, ipocrisia )

    *) Delle radici de' gran mali del mondo, Poesie, ed. Gen-tile, p. 18.

  • 42

    com'egli doveva pi tardi cantare nelle Poesie ; diuomo, cui gli astri avevano segnato fino in sul nascereun destino pari a quello dei grandi fondatori di reli-gioni, e forse maggiore, com'egli confidava anche alCiarlo, suo compagno di carcere nel S. Ufficio, dicen-dogli di aver avuto sette pianeti ascendenti favore-voli nel momento della sua nascita, mentre Cristo,p. es., ne aveva avuti soltanto cinque.

    All' irrequietezza del suo animo, senza dubbioestrema in questo periodo, egli vedeva sempre picorrispondere la sorda agitazione dei tempi. Un secolofiniva, che era stato fecondo di sterili guerre intermi-nabili, combattute tra stranieri, sul nostro suolo, e dicui le pi tristi conseguenze, devastazioni; saccheggi,pestilenze, carestie, erano ricadute sul nostro popolo,oppresso e dissanguato da esose dominazioni straniere

    ;

    e una turbata fremente atmosfera da millennio si ve-niva formando negli spiriti, che volentieri si abban-donavano, con quella fede nelle profezie, nell'astrolo-gia, nella maga, in tutte le espressioni del pi mi-sterioso occultismo, propria del tempo, alla speranzadi una titanica rivoluzione cosmica, che avrebbe do-vuto non si sapeva come e perch, ma questa stessaignoranza ne accresceva il fascino misterioso in-fluire sugli umani destini, instaurando sulla terra un'eranuova, miracolo di giustizia e di perfezione. E la spe-ranza e la fede si condensavano intorno alla immi-nente fine del secolo, confortate dalle predizioni astro-logiche che annunziavano il 1600 come anno fatale.Il Campanella doveva averne sentito parlare aperta-mente ed entusiasticamente, non pure nelle carceri delS. Ufficio, dove, per ragioni evidenti, la speranza diuna duplice redenzione religiosa e politica doveva ri-gogliosamente attecchire, sollevando gli spiriti dallaforzata inazione e dalle sofferenze presenti, nell'at-tesa di un secolo d'oro e nella facile fioritura di ma-gnifici piani d'azione, ma anche nei circoli letterari e

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    scit'iiliici, ch'egli frequent certamente dopo la libe-razione del carcere, e in cui non solo uomini di dot-trina, ma anche alti prelati dividevano le ansie e lesperanze per la catastrofe che si riteneva immanca-bile. Poi, liberatosi da Roma e tornato a Napoli, versoil novembre del '97, egli doveva aver sentito anchequi analoghi presentimenti e preoccupazioni, e in piun vivissimo fermento di ribellione contro il malgo-verno spagnuolo, diffuso non solo nel popolo, ma an-che tra quei nobili che, come il principe di Bisignano,tuttora carcerato nel Castel Nuovo, il Duca di Vie-tri, e tanti altri, che egli ebbe senza dubbio occasionedi avvicinare, maggiormente avevano sofferto dei so-prusi del conte Olivares.

    Tornato finalmente in Calabria, nel luglio 1598,non poterono sfuggirgli le. condizioni estremamentegravi di quella regione,, in cui la coesistenza di dueforze come la Spagna e la Chiesa, entrambe rappre-sentate da uomini potenti e prepotenti, e con unadelimitazione di attribuzioni tale che non poteva nonprodurre continue contestazioni ; i soprusi dei nobih,la depravazione del clero, le violenze d'ogni specieerano giunte a tal segno, da dover effettivamente in-durre negli animi la previsione di eventi straordinarie catastrofici. I vescovi, spinti da interessi di partito, 1di famiglie ,di persone, entravano in continui aspris-

    \

    simi conflitti giurisdizionali con i rappresentanti del \potere civile, servendosi della scomunica e di tutti 1i mezzi, anche i meno confacenti al loro ministero, jcome di armi nella lotta ; e la S. Sede, lontana e anch'es- 1sa pi che tralignante dai pricipii ideali del cristiane- 'simo, non d'altro sollecita che d'affermare in qualsiasimodo il diritto di priorit sul potere regio, sanciva i 1soprusi e proteggeva i prepotenti. Il clero minore, \corrottissimo nei costumi, abusava ogni giorno pidelle immunit ecclesiastiche, e profanava in ogni modoil suo ufficio. Fazioni avverse contendevano talvolta

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    aspramente tra loro, e non poche lotte erano coronateda omicidi e delitti d'ogni specie. Gruppi di frati sidavano alla campagna, e, forniti di comitive armate,agivano come banditi, senza che il governo riuscissea colpirli. I cosiddetti diaconi selvaggi o clerici coniu-gati, laici tutt'altro che onesti, fatti d'un tratto clericimediante il permesso vescovile d'indossare uno spe-ciale ferraiolo nero, e cos esentati affatto dalle con-tribuzioni fiscali e dalla giurisdizione temporale, com-mettevano abusi e prepotenze a non finire. I nobili ele famiglie private, dilaniate da inimicizie ereditarie,tenevano agitato il paese con combattimenti inces-santi tra fazioni e fazioni. Il gusto della prepotenza,proprio del tempo, l'estrema severit delle leggi, checomminavano la pena di morte per moltissimi delittianche minimi, la procedura dei giudizi, affrettata tal-volta siffattamente che, anche volendo, gl'imputati nonfacevano in tempo a comparire dinanzi ai giudici, eperci senz'altro risultavano colpiti dal bando o for-giudica ; la frequenza delle liti e delle contese, aumen-tavano in maniera preoccupante il numero dei ban-diti. 1).

    Ai pericoli, alle lotte e desolazioni intei'ne s'aggiun-geva il pericolo turco. La flotta turca periodicamenteassaliva di sorpresa, per predarle, le coste della Cala-bria, e il governo si mostrava impotente a difenderle,s che molto spesso borgate, citt e intere provincevenivano saccheggiate, bruciate, ta,lvolta distrutte in-teramente, con grande terrore delle popolazioni. Ap-punto nell'estate del 1598 il famoso Bassa Cicala *);

    ^) Amabile, Fra Tommaso Campanella, la sua congiura etc.,voi. I, pp^ 1 10-134.

    ^) Il Fiorentino, lasciandosi fuorviare da una dupliceillusione anacronistica, tende a fare del Campanella un cam-pione dell' indipendenza d' Italia dallo straniero, quasi un co-spiratore dell' 800 in anticipo ; e del Bassa Cicala un bandito,eroico per amore di libert, che avrebbe abiurato la propria

  • 45

    penetrato nel golfo di Sqiiillace, dopo aver fatto sbar-are al Capo di Stilo pochi uomini per un breve sac-heggio, si era fermato nella fossa di S. Giovannilonde aveva mandato messaggeri a Messina, chiedendo.1 governo vicereale che gli concedesse di riabbrac-ciare la vecchia madre, tuttora vivente in Messina.E il governo, devoto e compiacente, non aveva man-cato di consentire a un cos acerbo nemico l'incontroamichevole da lui chiesto, senza opporgli la menomadifesa o fare il pi piccolo atto di ostilit. Sicch, perquella volta, egli se n'era partito, senza fare ulterioridanni alle coste di Calabria, ma pronto, s'intende, anuovi ritomi e a nuovi saccheggi.

    * *

    Sbarcato a Nicastro, citt in quel tempo interdettadal vescovo, il Campanella, che non era uomo da as-

    religione (egli era, com' noto, d' origine cristiana e di fami-glia genovese, ma nato a Messina nel 1548) abbracciandoil Maomettanismo, che gli dava speranza di vendetta controi feroci oppressori della sua terra (Fioreniino, Telesio, II,P- 133 sgg.). E perci esagera oltre ogni verisimiglianza l'in-fluenza suggestiva che la figura di questo ardimentoso corsaroavrebbe esercitato sul Campanella. Mentre ovvio che i mo-tivi intimi che spinsero alla congiura il filosofo della Citt delsole sono ben altri ; e, quanto al Cicala, i documenti storicilo pongono in tutt'altra luce. (V. Amabile, Fra T. C. la suacongiura, I, p. 134). Luce che se non quella di un transfugareligioso per amor di patria, non per altro, certamente nean-che quella di un uomo, che pur essendosi fatto di cristianomaomettano, avrebbe tuttavia conservato nel profondo del-l'anima tale inconsapevole affetto per l'antica religione daadempiere molto volentieri l'ufficio di correre i mari medi-terranei colla flotta 'per tenere a bada Italiani e Spagnoli eimpedirli di portar soccorso all' Imperatore (!) P. IlarioRiNiERi, Clemente Vili e Sinan Bassa Cicala, Koma., ed. Ci-vilt Cattolica '\ 1898, p. 14. Dove si vede fino a che puntoda una parte e dall'altra si possa giungere, quando non sisappia guardarsi dal pericolo di illusioni soggettive.

  • -46-sistere agli avvenimenti come spettatore inerte e pas-sivo, si trov ben presto coinvolto nelle lotte e negliintrighi che la dilaniavano. Interposti dapprima inu-tilmente i propri uffici di pacificatore presso il Vescovo,fin poi col prendere le parti del Vicario di hii, il che,poi che la lotta si riduceva, in ultima analisi, a unadelle consuete contese tra l'autorit ecclesiastica equella civile, non manc di porlo fin dal primo mo-mento in non buona luce presso quest'ultima. Chedivenne a dirittura cattiva, quando, circa un mesedopo, verso la fine d'agosto,, il Campanella, passatoda Nicastro a Stilo, ebbe a seguire, in qualit di teo-logo, il vescovo di Mileto, Marcantonio del Tufo, inima sua visita verso la marina tutt'altro che gra-dita ai rappresentanti del potere viceregio.

    Ma, dopo questo episodio, il Campanella si ridusse,forse nello stesso settembre di quel 1598, in un piccoloconvento della sua Stilo, dove cominci a vivere unavita in apparenza tranquilla e ritiratissima, adem-piendo puntualmente ai suoi doveri di religioso (cele-brava la messa, predicava; recitava l'ufficio insieme congli altri frati, ma solo si notava che stava astratto ,secondo l'ingenua deposizione di un testimone del pro-cesso), e attendendo ai suoi studi. Oltre a notevoliopere politiche, come la Monarchia di Spagna *) e

    1) La questione circa la data di redazione della Monar-chia di Spagna, ancora assai dibattuta al tempo dell'AMA-BiLE (V. // codice delle lettere del Campanlla, Napoli, 188 1,p. 91, e Fra T. Campanella, la sua congiura ecc., I, pp. 147-148) il quale sosteneva, contro i precedenti biografi, la datadel 1598, dimostrando la insostenibilit delle date del 1600e 1609 da essi assegnate, stata ormai risolta dalla scopertafatta dal Kvacala di numerosi altri manoscritti, sconosciutiall' Amabile, uno dei quali (Bibl. Genevive di Paiigi), veri-similmente autografo, dichiara esplicitamente : e scrivo cinell'anno 1599 V. Kvacala, Ueher die Genese der Schriften

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    una tragedia politica, Maria Regina di Scozia, scritta(( per Spagna contro Inghilterra , risalgono certamenteal periodo di questo suo soggiorno in Calabria. ('gS-'gc))un trattato teologico De predestinatione et gratta can-tra Molinam pr Thomistis, ^), tema di vivo interesseper lui, cos vivace sostenitore anche a costo dicontraddire i principii fondamentali della sua filosofa,pur di salvare l'edificio morale e politico che su quelladottrina si fonda del libero arbitrio ; e il primo ab-bozzo dei Segnali della morte del mondo ^), introdottipi tardi come Articnli prophetales nella sua secondadifesa ; piccolo scritto, che rivela quanto altro maiIo stato di eccitazione e di esaltazione in cui era giuntain questo periodo nel suo animo la febbrile attesa delmillennio. Quanto pi la fine del secolo si avvicinava,tanto pi l'idea della fine del mondo lo turbava e loagitava. Profezie, calcoli astronomici e astrologici,coincidenze misteriose, e anche fenomeni naturali, mastraordinari, come le terribili inondazioni del Po e delTevere, il terremoto di Calabria, il passaggio di una cometa marziale e mercuriale, vicina a terra, chescorrea da levante a ponente gli si colorivano, nellafantasia eccitata ed accesa, di apocalittici colori. che, a dispetto della sua filosofia naturalistica, la suaanima era cos assetata di trascendenza, da vedere nelpi naturale fenomeno, oscure influenze soprannatu-rali, s che il suo stesso naturalismo gli si colora, quasisuo malgrado, di trascendenza. il trascendente, cbe,

    Thomas Campanella, Juriew, Mattiesen, 1911, p. 28 ; Nachtragzu dey Abhandlung Ueber die Genese ; p. Ili, e Neue Nach-trge, 191 3, p. III.

    *) V. la mia citata Bibliografia, n. 40, 37,38 (Giorn.critico, II).

    *) V. la mia citata Bibliografia, n. 42 ( Giorn. critico , II) eil Cenno bibl., I, n. 12, p. 239 di questo voi.

  • -48-scacciato bruscamente da un'immanenza raggiunta dicolpo, e per priva di mediazione dialettica e quindid'ogni terreno solido su cui posare, si rivendica e rien-tra, ospite non richiesto e non desiderato, da tutte leparti ; e assume le forme le pi fantastiche, e si annidain ogni pi remoto angolo del pensiero, e vi spadro-neggia tirannicamente. perci che, mentre il Cam-pa,nella scrive la Monarchia di Spagna, opera di indi-scutibile ispirazione naturalistica (la suprema saggezzaconsiste nel seguire la natura, che l'intima nostraarte divina ->) ; e coerentemente naturalistica fin neiparticolari del disegno di politica interna, leggi, am-ministrazione della giustizia, finanze ecc

    , d opera acreare la sua citt del sole, che anch'essa spiccata-mente colorata di naturalismo, ma che trae il suo va-lore e la sua ragion d'essere dalle profezie e dalle ri-velazioni di Dio stesso. perci che, mentr'cgli rie-sce a vedere, con notevole senso realistico dei problemidella politica e con perspicuo acume storico, la posi-zione veramente decisiva in cui si trovava sul finiredel cinquecento la Spagna, padrona ancora di un im-pero mondiale, ma gi priva di uno spirito di reggi-tore e dominatore, qual'era stato Filippo IT, si abban-dona, senza la menoma preoccupazione critica e conassolutamente inadeguata valutazione degli elementi difatto, all'utopia di poter instaurare di colpo tra i mon-tanari della sua Calabria una repubblica ideale, modellodi razionalit e di perfezione. Del resto, la stessa Mo-narchia di Spagna contiene, accanto ai caratteri na-turalistici, e inconciliate con essi^ stupefacenti afferma-zioni di trascendenza : il primo dei tre fattori dellagrandezza spagnuola e del Suo destino di preminenzamondiale Dio, che si manifestato attraverso le pro-fezie ; la Spagna grande innanzi tutto per motiviprofetici ed astrologici.

    Posizione questa, non limitata alla Monarchia, maestesa a quasi tutte le sue opere, perch la posizione

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    medesima del suo spirito, e che indispensabile tenerpresente per la intelligenza della genesi ideale dellacongiura, che scaturisce appunto da una singolare fu-sione di conati naturalistici e razionalistici, e di cre-denze profetiche e astrologiche. Alle mutazioni straor-dinarie che egli prevedeva, egli credeva che fosse do-vere degli uomini di contribuire in tutti i modi, conle loro umane forze ; ma l'origine prima dei muta-menti era in qualche cosa di pi che umano. N que-sta sua fede egli smenti mai durante i processi, quandogiunse fino a negare tutta Fattivit esterna da luimessa in opera per preparare la congiura, ma non maiquesta ua fede nelle grandi mutazioni , che anzitent di corroborare e giustificare, mediante il ricorsoad autorit canoniche. Nessun dubbio dunque per hiiche il mondo dovesse veramente finire, e che prima diquesta fine un secolo d'oro . dovesse realizzarsi. Quellastessa idea che, verso il mille, aveva suscitato nel-r anima medioevale rinnovate fiammate di mistici-smo, disperati propositi di rinunzia e scettiche dene-gazioni della vita, suscitava in lui, vero uomo dellaRinascenza, una vivace affermazione di vita. Vivacee piena, ma non nel senso del carpe diem oraziano,nel senso di un godimento individuale, pi o menosquisitamente e raffinatamente sensuale, anzi nel sensodi un novis ordo universale, di una repubblica ideale S^ ^^governata secondo le leggi naturali, in cui alla reli- \\gione cattolica si sarebbe sostituita una nuova reli- '\gione, pi conforme alla natura, ma anch'essa non '

    esente da forme singolari di culto e da una singolaregerarchia teocratica ; all'amor proprio, egoistico, dei

    ;

    singoli, un amore universale ; in cui, posti in comunetutti i beni, e cessato ogni motivo di dissidio tra gliuomini, una nuova era di pace e di giustizia si sarebberealizzata nel mondo. Giustizia non egalitaria, anziproporzionata al valore dei singoli : nella citt del soleil pi sapiente sarebbe stato insieme monarca, legisla-

    4 Tommuso Campanella

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    tore, sacerdote, avente diritto all'obbedienza assolutadi tutti i sudditi, in virt del principio estremamentearistocratico che chi pi sa, deve governare, e che,quanto agli altri, assai sa chi non sa, se sa obbedire .

    Profondamente convinto di questa idea, animatodalla sua tenacissima fede, entusiasta, ma, nello stessotempo, circospetto, lungimirante fino a sconfinare au-dacemente nella utopia e, insieme, intento a tracciarecon cura minuziosa anche le pi piccole linee del suodisegno (et havea stabilito alli congiurati nova sortedi vestiti, cio una tabanella bianca fino alle ginocchiecon maniche lunghe et un coppolicchio ligato a mododi turbante di Turcho , secondo la caratteristica de-posizione di uno degli imputati nel processo ^), Cam-panella lavorava con tutte le sue forze a prepararel'avvento della citt solare ch'egli sognava. E, dap-prima nelle conversazioni private, di poi nelle predi-che, consapevole dall'ascendente che la sua parolaesercitava sugi' individui e sulle masse, intonando consottile abilit le sue esortazioni e i suoi incitamentiai differenti toni delle singole anime cui si accostava,egli ordiva nell'ombra la sua trama. Uomo senza dub-bio fuori dell'ordinario, appariva agli ignorantissimicontemporanei, superstiziosi e orientati verso il sopran-naturale, diabolico, dotato di spiriti familiari e di po-teri magici. E questo accresceva il suo credito e con-tribuiva ad allargare la sua fama. Il popolo lo circon-dava a poco a poco di un alone taumaturgico : glichiedeva rimedi per le malattie, e ne aspettava fidu-cioso la salute del corpo e quella dello stato.

    N egli esitava ad assumere la veste di vero e pro-prio riformatore religioso : senza dubbio al credo cat-tolico dovette contrapporre, con piena coscienza della

    *) Amabile, Fra T. C. e la sua congiura, ecc., voi. Ili,4oc. 244, p. 139 e passim, in moltissime deposizioni.

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    sua eresia, un suo proprio credo naturalistico, che la-sci predicare dai pi fidi seguacf, e clie forse predicegli medesimo : non esservi morte, ma soltanto muta-zione di essere ; non esistere i regni oltremondani coscome la tradizione cattolica se li rappresenta ; essereil valore della religione riposto soprattutto nella ra-gione di stato ; non essere peccato l'atto che conducealla generazione ; molti dei miracoli attribuiti a Cri-sto essere assurdi ; Cristo stesso essere non altro cheun uomo, ecc. Appena dopo la sua cattura, al rimpro-vero del Signor Carlo Spinello che gli ricordava quanto erano inconvenienti alla professione d' unCattolico Christiano simili false opinioni, con che simaravigliava molto eh' un literato suo pari de' buoningegno, e figlio d'una Religione come la Domeni-china, che fu sempre bastone degli heretici, cos si la-sciasse correre in simili heresie, quali mai andornoper pensiero alli heresiarchi antichi, come fu Ario,Sabello, et ultimamente Lutero, Calvino, et altri, ri-spose il frate arditamente, che si maravigliava del si-gnor Carlo che l'andava comparando con simili igno-ranti, quali non han saputo far altro che qualche gosasopra la Scrittura, o dare un intelletto a qualche passodi essa a lor modo, o pure stiracchiare li sensi di quellaa beneplacito, ma che pari suoi non attendevano a ci,ma a fare nuove leggi da per se, et ordinare de nuoveregole al vivere, che questa era la propriet d' huo-mini grandi, massime di lui, che come nuovo Messiaera venuto al mondo, per salute dell' huomo ^).

    Non mi pare invece ch'egli possa aver assunto unaposizione di vero e proprio rivoluzionario politico, eche il motivo intimo della sua azione sia stato, come

    *) Ragguaglio de* movimenti suscitati in Calabria dajra To-masso Campanella; ed. per la prima volta dal Kvacala, TjC, und Ferd. II, 1908, p. 30.

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    vorrebbe il Kvacala ^), piuttosto che la fede nelleprofezie e l'astratta speranza d' instaurazione dellacitt eliaca, l'ardente desiderio di trasformare radi-calmente, mediante una rivoluzione di tutti gli orST-namenti politici del tempo e del luogo, le condizioni^politiche e sociali del suo paese. Il Ragguaglio gli fadire, vero, nel momento in cui, scoperta la congiura,egli vien tratto in. arresto : almeno da questo impa-reranno li Signori a governare bene li vassalli, e noneccederanno, mentre vedranno, che li popoli si risen- ;tono 2). Ma, anche a non voler considerare il fattoche l'anonimo narratore del Ragguaglio potrebbe averaccentuato questo lato, senza dubbio pili chiaro di-nanzi alla sua mentalit di uomo che e tanto lon-tano dall' intendere l' intimo movente della predica-zione campanelliana, da non riuscire a vedere nelleparole e negli atti del frate altro che l'opera di un pazzo;non mi pare sia da dare troppo peso a una siffatta di-chiarazione. vero che la sua predicazione rivoluzio-naria nel senso politico, non come; secondo me, atorto, ha pensato l'Amabile frutto di un semplicecalcolo circa le maggiori probabilit di riuscita delmovimento in un terreno che fosse stato gi erosopoliticamente e religiosamente ; ma non nemmeno,come hanno pensato tutti coloro che hanno volutofare del Campanella quasi un patriotta nel senso delsecolo XIX, fine a se stessa La ribellione alla Spa-gna non tanto la rivolta contro lo straniero invasoredella terra d' Italia, ma il primo indispensabile passonel sovvertimento delle istituzioni gi esistenti, cheporter alla felice teocrazia solare.

    Del resto, quanto all'edifcio pohtico, il Campanellanon doveva affaticarsi troppo per minarne le basi,

    ') KvACALA, T. C. und Ferd. II. Wien, 1908, p.8.') Ragguaglio de' movimenti suscitati in Calabria ecc. T. C,

    und Ferd. II, Wien, 1908, p. 32,

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    gi pi che rse. Alle condizioni generali del paesesi aggiungeva, e le aggravava, lo stato d'animo deifuorusciti, spesso in guerra aperta tra loro, trascinantinella lotta intere famiglie e talvolta intere citt ; sem-pre covanti nell'anima un fiero rancore verso la Spa-gna

    ;pronti, per la loro speciale condizione, a tutto

    tentare e tutto osare. Il contatto con alcuni di questi,che la lotta tra le due famiglie dei Contestabili e deiCarnevalari port ad avvicinare il Campanella, fu un'al-tra delle tante cause che accelerarono ed allargaronoil lavoro preparatorio della ribellione. Il piccolo con-vento di S. Maria di Ges, gi, come luogo d'asilo,ritrovo abituale di fuorusciti, divenne rapidamentecentro di numerosi sottili fili che in breve avvolseroin un' unica trama tutta la terra di Calabria e fin l'e-stremo lembo della Sicilia verso il continente. Fuoru-sciti, frati, laici animosi, tutti insofferenti del duplicegiogo religioso e politico, venivano a lui. Ed egli, concircospezione, ma con caJore ed entusiasmo, e conquella forza persuasiva a cui era fama e realt che nessuno sapesse resistere ( e dicono che con tantaefficacia imprimevasi il suo parlare negli animi altrui,che al primo ragionamento li metteva il cervello inbarazzo, nel secondo cattivava l' anime ^) accen-deva gli spiriti. Gli infervorati, infervoravano a lorovolta ; e con viaggi frequenti nei centri principali dellaprovincia, allargavano il movimento. Senza dubbio, esisteva un vasto, sebbene non

    in tutto coerente, piano di organizzazione della con-giura. Maurizio de Rinaldis, giovine fuoruscito ani-mosissimo ed esperto di armi, che aveva abbracciatocon entusiasmo e con ardore V ideale politico del filo-sofo e assimta su di s la preparazione di tutto quanto

    *) ^(^gg^^glio, ed. KvACALA, T. C. und. Ferd. II, Wien,1908, p. 30.

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    si riferiva all'azione da esplicarsi con le armi, avrebbe,con un pugno d'uomini, occupato Catanzaro. Dal marei Turchi (secondo accordi che pi tardi i congiurati elo stesso Campanella negarono, ma che sono invecepi che verosimili ^) avrebbero protetto i rivoltosi eimpedito l'arrivo di rinforzi per mare alle truppe delgoverno, con la facolt di occupare essi, sia pure tem-poraneamente, le terre del litorale. Scoppiata l' insur-rezione, il primo nucleo di armati in Catanzaro si sa-rebbe venuto come si sperava rapidamente in-grossando per concorso di uomini da ogni parte dellaprovincia, dove l' idea della congiura aveva suscitatonumerose adesioni.

    La realt delle forze su cui i congiurati potevanocontare non era certo commisurata alle sterminateforze di una potenza come la Spagna ; ma appuntoper questo essi fidavano sulla coincidenza dei grandimovimenti previsti per la fine del secolo, e sul con-corso valido ed efficace dei turchi. Gli altri aiuti dicui, a misura che il tempo stringeva e le esigenze dellapropaganda crescevano, favoleggiarono alcuni tra gliorganizzatori della trama, erano illusori, o esageratineil' intento di suscitare maggior fiducia nell' impre-sa : si parl di signori come Don Lelio Orsini, i DelTufo, il principe di Bisignano, di cinque o sei vescovidella Calabria, tra cui quello di Mileto e quello di Ni-castro ; si accenn anche con insistenza all'aiuto delPapa. N gli animi esaltati e impazienti potevanoavere la calma di considerare quanto vi fosse di assurdo

    *) Ma sui quali insiste con troppa compiacenza il Ri-nieri, che nel suo animus clericale giunge fino a manifestarequasi maggior simpatia pel