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mali che muoiono per il freddo e per la mancanza di cibo? È tutta colpa del destino o c’è anche la mano del- l’uomo che ci ha messo del suo a peg- giorare le cose? S tringe il cuore vedere i nostri con- nazionali della fascia appenninica centrale combattere contro un de- stino cinico e baro che li vuole vittime sacrificali della sua cieca violenza. Ha ragione il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi: ci manca solo lo tsunami e il quadro è completo. Ma il “catacli- sma” questa volta si è palesato con le sembianze di una nevicata più intensa del solito, che però è bastata a sep- pellire interi paesi sotto metri di neve con la terra che continua a tremare. Si può continuare a vivere in queste condizioni? A stare accanto alle pro- prie case che crollano, ai propri ani- Direttore aRTURO DiaCOnaLE Sabato 21 Gennaio 2017 Fondato nel 1847 - anno XXii n. 14 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIBERALE PER LE gARANzIE, LE RIFORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà Anche D’Alema filo-populista, però! V ae Victis!, come diceva quel tale. Forse sarebbe meglio un “Vae Victo!” perché il vinto, il soccom- bente, il perdente è, o sarebbe, anche e soprattutto per l’ultimo Massimo D’Alema sul “Corsera”, Matteo Renzi. Che Renzi abbia perso non c’è il minimo dubbio così come non c’è più, almeno per ora e per l’ex Pre- mier, “trippa per gatti”. No problem, dunque? Beh, qualche problema c’è ancora, precisamente nell’intervista di Aldo Cazzullo ad un D’Alema leg- gendo il quale emerge come e perché al perdente corrisponda un vincente. Che è, al di là di ogni ragionevole dubbio, Beppe Grillo. Il perché si svela, seguendo sempre le risposte di PAOLO PILLITTERI di CRISTOFARO SOLA Continua a pagina 2 dalemiane, ogni qual volta il tema del populismo viene alla ribalta. E se- guendo secondo quella sorta di filo logico che, partendo appunto dalla sonora sconfitta renziana, fa dire ad un cattivissimo Massimo che i “po- pulisti fanno bene in regioni e in città” e che, dunque, per rimediare ai danni dell’ex Premier bisognerebbe al più presto mettersi in sintonia con il popolo. Sembra una correzione ma il termine “popolo” è basico, nel senso che preannuncia, sottintende e prelude se non al populismo a qual- cosa che gli somiglia di molto. Detto poi da un politico di lungo corso, l’invito va un pochettino al di là della violenta polemica con la quale D’Alema spiega il crollo di Renzi ed i, non impossibili, rimedi. Fra cui, ov- viamente e urgentemente, il cambio Dramma della neve: a chi chiedere? Continua a pagina 2 ROMITI A PAGINA 4 Gli apprendisti stregoni della redistribuzione ECONOMIA di ARTURO DIACONALE Rigopiano, la tenacia riaccende la speranza Lo strenuo impegno dei soccorritori consente di mettere in salvo diversi superstiti intrappolati nell’albergo abruzzese travolto dalla valanga ma non cancella le polemiche per la mancata prevenzione Banche, crediti deteriorati e condono tombale N on è il sistema bancario italiano, come ha detto il direttore gene- rale della Banca d’Italia Salvatore Rossi, ad avere un problema che si chiama Npl, ma è l’intero sistema economico nazionale ad avere un problema del genere. Ma di quale problema si tratta? Npl vuol dire “non performing loans”, cioè i cosiddetti crediti dete- riorati formati da mutui, finanzia- menti, prestiti dati dalle banche ai privati e che non vengono restituiti dai debitori incapienti. Dal punto di vista del direttore generale della Banca d’Italia, il pro- blema dei Npl è del sistema banca- rio in quanto le banche debbono in qualche modo ripianare le perdite provocate dall’impossibilità di recu- perare i prestiti, i finanziamenti ed i mutui dati molto spesso in maniera troppo generosa o troppo disinvolta. Di qui la richiesta di soldi pubblici per salvare le banche sull’esempio di quanto avvenuto negli altri Paesi del mondo occidentale, in particolare negli Stati Uniti. Ma dal punto di vista dell’economia nazionale, quale potrà risultare il beneficio provocato dalla salvezza della banche quando poi queste stesse banche saranno ob- bligate ad espellere dai lori sportelli e dal circuito produttivo ed econo- mico del Paese una parte consistente del loro clienti? Il banchiere pensa alle banche. Ed è il suo mestiere. Continua a pagina 2 ESTERI Donald Trump e i possibili vantaggi per l’Europa BORRINI a pagina 5 L’INTERVISTA A LARA COMI (FI) “La vittoria di Tajani? Il primo passo verso una nuova Europa” DI LOLLO a pagina 3 del segretario del Partito Democra- tico. Fatti loro, beninteso, ma anche un po’ nostri, o no? Il cerchio dunque starebbe per chiudersi definitivamente sulla para- bola renziana, almeno a sentire D’Alema, se non fosse che uno dei possibili rimedi avanzati...

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mali che muoiono per il freddo e perla mancanza di cibo? È tutta colpa deldestino o c’è anche la mano del-l’uomo che ci ha messo del suo a peg-giorare le cose?

Stringe il cuore vedere i nostri con-nazionali della fascia appenninica

centrale combattere contro un de-stino cinico e baro che li vuole vittimesacrificali della sua cieca violenza. Haragione il sindaco di Amatrice, SergioPirozzi: ci manca solo lo tsunami e ilquadro è completo. Ma il “catacli-sma” questa volta si è palesato con lesembianze di una nevicata più intensadel solito, che però è bastata a sep-pellire interi paesi sotto metri di nevecon la terra che continua a tremare.Si può continuare a vivere in questecondizioni? A stare accanto alle pro-prie case che crollano, ai propri ani-

Direttore aRTURO DiaCOnaLE Sabato 21 Gennaio 2017Fondato nel 1847 - anno XXii n. 14 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIBERALE PER LE gARANzIE, LE RIFORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

Anche D’Alema filo-populista, però!

Vae Victis!, come diceva quel tale.Forse sarebbe meglio un “Vae

Victo!” perché il vinto, il soccom-bente, il perdente è, o sarebbe, anchee soprattutto per l’ultimo MassimoD’Alema sul “Corsera”, MatteoRenzi.

Che Renzi abbia perso non c’è ilminimo dubbio così come non c’èpiù, almeno per ora e per l’ex Pre-mier, “trippa per gatti”. No problem,dunque? Beh, qualche problema c’èancora, precisamente nell’intervistadi Aldo Cazzullo ad un D’Alema leg-gendo il quale emerge come e perchéal perdente corrisponda un vincente.Che è, al di là di ogni ragionevoledubbio, Beppe Grillo. Il perché sisvela, seguendo sempre le risposte

di PAOLO PILLITTERI

di CRISTOFARO SOLA

Continua a pagina 2

dalemiane, ogni qual volta il temadel populismo viene alla ribalta. E se-guendo secondo quella sorta di filologico che, partendo appunto dallasonora sconfitta renziana, fa dire adun cattivissimo Massimo che i “po-pulisti fanno bene in regioni e incittà” e che, dunque, per rimediare aidanni dell’ex Premier bisognerebbeal più presto mettersi in sintonia conil popolo. Sembra una correzione mail termine “popolo” è basico, nelsenso che preannuncia, sottintende eprelude se non al populismo a qual-cosa che gli somiglia di molto. Dettopoi da un politico di lungo corso,l’invito va un pochettino al di là dellaviolenta polemica con la qualeD’Alema spiega il crollo di Renzi edi, non impossibili, rimedi. Fra cui, ov-viamente e urgentemente, il cambio

Dramma della neve: a chi chiedere?

Continua a pagina 2

ROMITI A PAGINA 4

Gli apprendisti stregoni

della redistribuzione

ECONOMIA

di ARTURO DIACONALE

Rigopiano, la tenacia riaccende la speranzaLo strenuo impegno dei soccorritori consente di mettere in salvo diversi superstiti intrappolati nell’albergo abruzzese travolto dalla valanga ma non cancella le polemiche per la mancata prevenzione

Banche, crediti deteriorati

e condono tombale

Non è il sistema bancario italiano,come ha detto il direttore gene-

rale della Banca d’Italia SalvatoreRossi, ad avere un problema che sichiama Npl, ma è l’intero sistemaeconomico nazionale ad avere unproblema del genere.

Ma di quale problema si tratta?Npl vuol dire “non performingloans”, cioè i cosiddetti crediti dete-riorati formati da mutui, finanzia-menti, prestiti dati dalle banche aiprivati e che non vengono restituitidai debitori incapienti.

Dal punto di vista del direttoregenerale della Banca d’Italia, il pro-blema dei Npl è del sistema banca-rio in quanto le banche debbono inqualche modo ripianare le perditeprovocate dall’impossibilità di recu-perare i prestiti, i finanziamenti ed imutui dati molto spesso in manieratroppo generosa o troppo disinvolta.Di qui la richiesta di soldi pubbliciper salvare le banche sull’esempio diquanto avvenuto negli altri Paesi delmondo occidentale, in particolarenegli Stati Uniti. Ma dal punto divista dell’economia nazionale, qualepotrà risultare il beneficio provocatodalla salvezza della banche quandopoi queste stesse banche saranno ob-bligate ad espellere dai lori sportellie dal circuito produttivo ed econo-mico del Paese una parte consistentedel loro clienti?

Il banchiere pensa alle banche. Edè il suo mestiere.

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ESTERI

Donald Trump

e i possibili vantaggi

per l’Europa

BORRINI

a pagina 5

L’INTERVISTA A LARA COMI (FI)

“La vittoria di Tajani?

Il primo passo

verso una nuova Europa”

DI LOLLO

a pagina 3

del segretario del Partito Democra-tico. Fatti loro, beninteso, ma ancheun po’ nostri, o no?

Il cerchio dunque starebbe perchiudersi definitivamente sulla para-bola renziana, almeno a sentireD’Alema, se non fosse che uno deipossibili rimedi avanzati...

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Se non fosse una storia drammaticae persecutoria questa che narra

dell’accanimento inquisitorio dellapresidente della Commissione anti-mafia Rosy Bindi contro il GrandeOriente d’Italia, cioè la massoneriaufficiale del nostro Paese, ci sareb-bero anche alcuni aspetti comici, otragicomici, quanto meno. Anziquella che si è potuta sentire merco-ledì mattina su Radio Radicale sipuò definire una vera e propria ba-tracomiomachia.

Da una parte il povero Gran mae-stro Stefano Bisi che sembrava Fan-tozzi davanti al mega direttoregalattico che lo cazzia; dall’altra lastessa Bindi - la mega direttora ga-lattica - che con il fare inquisitorioche le garantisce una Commissioned’inchiesta che può avere gli stessipoteri di un ufficiale di polizia giudi-ziaria o di un pubblico ministero, ar-resto compreso, ammoniva alzandola voce il malcapitato reo di non averancora consegnato l’elenco di tutti imassoni d’Italia alla Commissione, oquanto meno quelli delle zone di Si-cilia e Calabria più interessate al fe-nomeno mafioso; e questo perché c’èda dimostrare un corollario e un teo-rema. Quest’ultimo, nel Sud d’Italia,recita più o meno così: non tutti imassoni sono mafiosi, però tutti i

mafiosi sono massoni. Il primo, in-vece, sostenuto dalle voci confesso-rie - interessate ma tutte dadimostrare - di alcuni pentiti di‘ndrangheta e di Cosa nostra, so-stiene che la latitanza di MatteoMessina Denaro, il nuovo erede diTotò Riina, sia stata aiutata dallamassoneria italiana e internazionale;il che fa pensare che presto sarà con-vocato in Commissione antimafiaanche il Gran maestro del rito scoz-

zese o altri degli Stati Uniti eche anche a loro verrà chiestodi consegnare l’elenco com-pleto degli aderenti alle ri-spettive obbedienze o, quantomeno, quello dei cittadini ita-loamericani di origini sici-liane o calabresi. Pena: l’inviodi ufficiali della Finanza nellerispettive sedi per sequestraregli elenchi.

La cosa divertente è che laposizione della Bindi in senoall’antimafia può considerarsi“moderata”, anche se nellaseduta che ognuno potrà sen-

tire su Radio Radicale si rivolgeva almalcapitato (e assai maldestro nelcomunicare e nel difendersi) Granmaestro Bisi con frasi tipo “qui le do-mande le faccio io e lei non si per-metta più di fare considerazioni...glielo dico per l’ultima volta”. E checonsiderazioni faceva Bisi? Quelle ditemere che gli elenchi protetti dallaprivacy in quanto dati sensibili cheriguardano l’appartenenza filosoficadei singoli, equiparata a quella reli-

giosa o politica, finiscanosulle pagine dei giornali. Chiinvece preme perché l’equa-zione massoneria ugualemafia trovi un posto nellaCostituzione italiana oquanto meno nel Codice pe-nale è il vice della Bindi,Claudio Fava, a cui la stessaBindi nel corso dell’audizionesi è rivolta con una benevolabattuta di spirito.

In tutto questo delirio per-secutorio contro la massone-ria, che Stefano Bisi ha difesocome ha potuto (non eccel-lendo in realtà), il garantismo è an-dato a farsi benedire. Così come ilfatto che senza i massoni Garibaldi,Mazzini e Cavour e senza l’appoggiodelle logge inglesi l’Unità d’Italia sa-rebbe stata rinviata a data da desti-narsi. Ma la Bindi pretendeva dalGran maestro che andasse di corsa adenunciare i massoni dipendentipubblici alle rispettive amministra-zioni di provenienza come, a suo av-viso, imporrebbe una recente legge.

L’unica cosa che di fronte a tantafuria inquisitoria il Gran maestro èriuscito a esprimere, balbettando in-timorito quasi come il succitato Fan-tozzi, è che “va sempre ricordatocome a perseguitare i massoni sianosempre stati i regimi autoritari”. Ap-punto. Il fascismo, il comunismo e,“last but not least”, la Santa Inquisi-zione che con un Papa gesuita deveessere ritornata in auge. Come a dire:meglio gay che massoni.

2 L’OPINIONE delle Libertà SABATO 21 gennAiO 2017Politica

Bisi in Commissione antimafia, cronaca di una batracomiomachia

di ROCCO SChIAVONE

sintetica, ma non lontana dalla verità: che il“sistema” di Beppe Grillo e di Davide Casa-leggio è da accettare.

Giacché il problema di fondo è semprequello, sconfiggere il populismo-giustizialismo-antipartitismo combattendolo democratica-mente o correndogli dietropappagallescamente? Insomma, la messa inmoto grillina del feroce meccanismo antipoli-tica, per di più con i loro stop and go, le con-traddizioni giornaliere, i cambiamentirepentini di opinione anche sui grandi temi in-ternazionali ed economici, è contrastabile ebattibile usando, più o meno, le stesse armi?Delle due l’una e ci troviamo di fronte ad unasvolta storico-politica con l’avvento grillino,oppure abbiamo a che fare, né più né meno,che con una reiterazione tipo “l’Uomo qua-lunque” d’antan, che si è poi risolta in un mi-serevole flop.

Per dirla tutta, il grillismo è una rivoluzioneo una truffa? E che armi ha una normale de-mocrazia come la nostra, non soltanto per op-porsi a questa indubbia novità politica ma pervincere e per mostrarne il volto truffaldino?Personalmente siamo convinti che nessunadelle armi simili a quelle in uso dai pentastel-lati possa, non dico affrontare decentementema costituire una credibile alternativa alla loroconfusa e pericolosa piattaforma. Qui non sivuole entrare nello specifico - che pure sarebbeassai ghiotto ed istruttivo - della recente archi-viazione o quasi da parte della magistratura inmerito alla denuncia a proposito del leggenda-rio contratto con Virginia Raggi e la correlatamulta di 150mila euro in caso di fuoriuscitadal Movimento, anche se la Costituzione èchiarissimamente cogente sul vincolo di man-dato. Ma lasciamo perdere, per ora.

L’essenza, la sostanza, la realtà del problemanon è il nuovo sistema elettorale, non è il Mat-tarellum o il proporzionale, non è l’alleanza omeno con il Cavaliere, non è un nuovo-vecchioNazareno, non è Euro sì oppure no, e lasciamoperdere la post-verità. No, il problema era edè uno solo: la politica. Come sempre. E, comesempre, non bisogna tradirla perché chi lo fa èdestinato a perdere, e a perdere tutto. Eccoperché nelle attente parole di un D’Alema sca-tenato contro Renzi e il renzismo o di ciò chene resta, quello che non può essere, non dicoaccettabile ma nemmeno degno di discussione,è utilizzare, se del caso, modi, stili e proposteprovenienti da un movimento che, a detta per-sino dei suoi, non sa bene quello che vuole malo vuole fortemente.

In realtà noi sappiamo fin troppo bene qualè il vero obiettivo della post-verità grillina: di-struggere ciò che resta del sistema politico incui abbiamo vissuto e vogliamo continuare avivere. Ed è a dir poco curioso che uno che hafatto e che fa politica come D’Alema sia tal-

segue dalla prima

...Ma chi pensa che i debitori inadempienti nonsiano solo quelli numericamente ridotti dellegrandi società ma quelli incredibilmente nu-merosi di un ceto medio posto dall’incalzaredella crisi economica nell’impossibilità di ono-rare i suoi impegni e destinato ad accrescere adismisura la fascia dei paria senza diritti esenza alcuna possibilità di riscatto della societànazionale?

Nel nostro Paese, grazie ad una legislazionenon solo nazionale ma anche europea tutta ri-volta a garantire la sopravvivenza degli istitutibancari, chi non è in grado di restituire mutui,prestiti e finanziamenti viene automaticamenteespulso dal circuito economico e produttivo.Non può proseguire nella sua attività o ini-ziarne una nuova, non può avere alcun rap-porto creditizio di alcun tipo, non habancomat, carta di credito e, naturalmente,non può neppure tentare di compiere un qual-siasi acquisto rateale. È segnato dal marchiodel fallimento ed in quanto portatore di questosegno di riconoscimento indelebile è condan-nato a vivere nel ghetto dei reietti della societàcivile.

In questo modo molti pagano i loro errori.Ma tanti scontano gli errori di governanti chenon hanno saputo né prevedere, né fronteg-giare la crisi. E che, comunque, posti di fronteall’alternativa tra il salvataggio delle banche ela rovina dei cittadini, non hanno avuto alcunaesitazione a cercare di puntare sul salvataggiodelle prime abbandonando i secondi al loro de-stino di paria.

La crisi, però, ha prodotto un fenomeno so-ciale che non può essere ignorato. Il numerodei paria è altissimo. Ed un numero così esor-bitante di cittadini espulsi dal circuito produt-tivo rende impossibile qualsiasi tipo di ripresa.Le banche senza clienti sono destinate a chiu-dere. Ed un Paese che non riesce a compren-dere l’impossibilità di qualsiasi ripresa senza ilconcorso di tutti i cittadini è condannato a pe-rire.

Salvare le banche non basta. Bisogna salvareanche i debitori inadempienti offrendo loro,come negli Stati Uniti, la possibilità di rigene-rarsi. Per ripartire serve il condono tombale.

ARTURO DIACONALE

...sta o starebbe nel ricorso, almeno ogni tanto,a quello stesso populismo che ha fatto stravin-cere Grillo. Ciò porta ad una conclusione, ma-gari sommaria e forse impietosa, certamente

mente obnubilato da un’irrefrenabile idiosin-crasia per Renzi, da non accorgersi che nonpoche delle sue accuse sono facilmente rove-sciabili come un guanto. Intendiamoci, nonsiamo affatto entusiasti del sistema di oggi e,anche a proposito del renzismo di lotta e di go-verno, e spesso dello stesso Pd che ne è stato,più o meno, il pilastro, ne abbiamo purtroppoconstatato i limiti, le arroganze, le promessemancate, i programmi fumosi. Ma la politica èo dovrebbe essere una cosa “altra”, un patri-monio comune da salvaguardare. È lo stessopatrimonio, la stessa politica (ovvero la demo-crazia) che, peraltro, ha consentito a Grillo distravincere, ma non per riparare ai suoi errori,alle sue mancate riforme, ai suoi rinvii, ma perfinirla, distruggerla, calpestandone i principibasilari in nome e per conto di un populismoche, se vincente, produrrà un deserto. E lo chia-meranno pace. Eterna. Per la politica e nonsolo.

PAOLO PILLITTERI

...Non si cerca la polemica a tutti i costi per ilgusto di fare dell’insano sciacallaggio media-tico, tuttavia negare l’evidenza delle responsa-bilità non si può. E non si deve.

La verità, per quanto in certi momenti possasuonare stonata e sgradevole, va detta. Tacerlanon serve a nessuno e non fa onore alla me-moria delle vittime. Non raccontiamoci balle: ilpiano di prevenzione per mettere le persone insicurezza non ha funzionato. I soccorsi sonopartiti in ritardo. Sebbene i terremoti non sianoprevedibili, delle nevicate è dato di sapere tuttocon sufficiente anticipo. Perché non si è inter-venuto per tempo? Non serve Nostradamusper indovinare che, in pieno inverno, nelle zonedell’ultimo terremoto, sarebbero arrivati nevee gelo. E cosa s’è fatto per prevenire gli inevi-tabili disagi? Dov’erano i mezzi spazzaneve ele turbine per evitare che le frazioni e i borghilaziali, abruzzesi e marchigiani rimanesseroisolati e i loro abitanti lasciati al freddo? Sonogiorni che manca la corrente elettrica: è possi-bile una cosa del genere? L’Enel dov’è? C’è soloal momento di mandare bollette rincarate agliitaliani? La gente, stando alle cronache, ha lan-ciato messaggi d’aiuto disperati per essere sal-vata, chi li ha raccolti? Senza corrente elettricale pompe degli impianti di riscaldamento nonfunzionano e resistere a temperature scese dimolto sotto lo zero è difficile, se non impossi-bile.

La macchina dei soccorsi? Un pianto. Nullada dire dei singoli soccorritori che come sem-pre si sono spesi in modo encomiabile per pre-

Banche, crediti deteriorati e condono tombale

Dramma della neve: a chi chiedere?

Anche D’Alema filo-populista, però!

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stare aiuto alle popolazioni. Le immagini diquei coraggiosi che, inforcati gli sci, si sonolanciati nel buio della notte per tentare di rag-giungere gli sventurati ospiti dell’albergo di Ri-gopiano travolto da una gigantesca slavina,fanno piangere. È la solita, eterna storia: ilcuore grande degli italiani. Ma è il sistema nelsuo insieme che non va. Oggi non si tratta diindividuare questo o quel colpevole di un disa-stro annunciato, ma sul banco degli accusati ènecessario che qualcuno ci salga. D’accordo,non prendiamocela con i governanti di turnoma saremo liberi di dire che questa Italia para-lizzata da una burocrazia asfissiante non va danessuna parte? L’ex presidente del Consiglio,Matteo Renzi, aveva fatto lo sborone annun-ciando, all’indomani del terremoto del 24 ago-sto scorso, che tempo due mesi sarebberoarrivati moduli abitativi temporanei per siste-mare tutti gli sfollati. Siamo alla fine di gennaioe soltanto ieri ad Amatrice sono state assegnatele prime 25 casette di legno. E il resto, dov’è fi-nito? Qualcuno, per cortesia, ce lo dica perchénoi, gente comune, abbiamo una coscienza conla quale fare i conti quotidianamente e andar-sene serenamente a dormire, dopo aver subìtola valanga d’immagini angoscianti dai luoghidella devastazione, diventa impegnativo.

Nessuno ha in tasca la bacchetta magica,ma solo un po’ di semplici domande. Qualcunodi quelli che hanno la responsabilità di guidarequest’umanità dolente ci degnerà di una validarisposta? O se la caverà con il facile rimbalzopolemico del “siete solo sciacalli”?

CRISTOFARO SOLA

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“L’informazione su Internet ri-sponda alle stesse norme

editoriali della comunicazionestampata o televisiva per evitare ildiffondersi di notizie false che, nelmondo di Internet, riescono peri-colosamente a risultare credibili.Un danno per i fruitori, che ri-schiano di essere manipolati, maanche per i giornalisti, che spessovedono la loro professionalitàmessa a repentaglio”.

Con questo obiettivo la sena-trice del gruppo Ala-Sc, AdeleGambaro, vicepresidente dell’as-semblea parlamentare del Consi-glio d’Europa, presenterà il 25gennaio alla Plenaria dell’organiz-zazione internazionale di Stra-sbrugo il rapporto “Media online egiornalismo: sfide e responsabi-lità”, già approvato all’unanimitàin commissione Cultura dai 47Paesi del Coe.

“Si tratta di una battaglia di ci-viltà - spiega la senatrice alla vigi-lia della sessione invernaledell’Apce - che sono sicura il Con-siglio sentirà di appoggiare. Inter-net è uno strumento meraviglioso,che ha accorciato se non annullatole distanze, ma per l’informazioneè un’arma a doppio taglio. Da unlato, infatti, i media on-line hanno

permesso all’opinione pubblicamondiale di venire a conoscenzadelle sofferenze umane che si veri-

ficano in luoghi lontani e ai quali imezzi d’informazione tradizionaliprestano scarsa attenzione. Dal-

l’altro, però, su Internet c’è una li-bertà che nulla ha a che fare con lasacrosanta libertà di parola, ma

diventa solo sinonimo di totalemancanza di controllo laddovecontrollo vuol dire corretta infor-mazione a tutela degli utenti. È in-fatti sotto gli occhi di tutti il dannoche può comportare la diffusione diuna notizia sbagliata e distorta”.

Ed è così, conclude la senatriceGambaro, “che il giornalismo tra-dizionale si ritrova in declino e imedia on-line, non conformi aglistandard professionali, in crescitaesponenziale. Evidenti i rischi perla qualità dell’informazione. C’èun motivo per cui la stampa è re-golata da leggi e carte deontologi-che ed è la tutela dei giornalisti, maanche dei fruitori di notizie. Sitratta quindi di un dibattito fonda-mentale che non può escludere leFederazioni della stampa europee etutti i fornitori di servizi on-line,legati alla diffusione dell’informa-zione, che hanno l’obbligo di coo-perare nella lotta contro icontenuti illegali e distorti, spessodiffusi sul web”.

3l’OPINIONE delle libertàPrimo Piano

“Una vittoria che arriva da lon-tano”. Un successo per il cen-

trodestra e per l’Italia atteso da quasiuna vita: ecco cosa rappresenta l’ele-zione di Antonio Tajani alla presi-denza del Parlamento europeo. LaraComi, europarlamentare di ForzaItalia, ha le idee chiare. Spiega i puntinevralgici con cui FI vuole riaprire igiochi a Strasburgo. E al binomio“meno Europa, meno burocrazia” ri-sponde: “La nostra battaglia è por-tare più Italia in Europa”.

Antonio Tajani è il primo presi-dente italiano del Parlamento Uedopo quasi 40 anni: è orgogliosadella sua nomina?

Molto.Avete combattuto tante battaglie

per raggiungere questo risultato…Assolutamente. Siamo partiti dalle

primarie all’interno del Partito Po-polare Europeo. Nulla è calato dal-l’alto. Nulla è stato deciso a tavolino,ma il buon risultato è arrivato concampagne elettorali e consenso.

Quale sarà il vostro ruolo inquanto parlamentari di Forza Italianel nuovo corso?

La grande scoperta è che solo leforze moderate riescono a vincere.

È la verità?Tajani non ha mai chiesto i voti

all’estrema destra e nonostante que-sto ha ottenuto un ottimo risultato.

Quali saranno le vostre priorità?La fortuna di avere un presidente

italiano è un valore aggiunto. E ce neaccorgeremo, intanto, sugli aiuti aiterremotati del Centro Italia. È par-tita una richiesta immediata di fondiper far fronte al terremoto. Ed ètutto avvenuto subito, in poche ore.A volte è molto più utile essere nellesedi istituzionali che fare una passe-rella elettorale appena è accadutol’evento. Anche per motivi di sicu-rezza. Non è una mancanza di ForzaItalia non essere andati sui luoghiterremotati. Noi eravamo a Stra-sburgo per ottenere soldi per le fa-miglie disagiate.

Una domanda più politica. In Eu-ropa, dopo più di sessant’anni, Po-polari e Socialdemocratici hannovotato divisi. Il Ppe si è accordatocon i liberali dell’Alde e con i Con-servatori mettendo a segno qualcosache in molti hanno chiamato un “ri-baltone memorabile”. Cosa cambianegli equilibri comunitari?

Abbiamo dimostrato che anchesenza i voti dei socialisti ce la fac-

ciamo ugualmente. Le principali cariche europee ap-

partengono al Ppe. Qualcuno parladi deficit democratico nell’Ue...

Assolutamente no. La presidenzadel Parlamento Ue, quella dellaCommissione e quella del Consiglioeuropeo sono state tutte assegnate aiPopolari tramite elezioni. Questanon è mancanza di democrazia. Anzi,è la certificazione del fatto che il Pperesta saldamente la prima forza poli-tica in Europa.

Cosa significa la vittoria di Tajaniper il centrodestra italiano?

Innanzitutto darà risonanza alfatto che l’Europa va cambiata. Nonserve uscire dall’Ue, ma bisognacambiare l’Unione europea dall’in-terno. Questo è un passo importante.

Una delle prime battaglie che fa-rete dopo questa apertura a destra?

Sono principalmente quattro.Può elencarle?Terremotati, immigrazione, sicu-

rezza, lavoro. In quest’ordine di im-portanza.

Come giudica, invece, la scelta diMatteo Salvini di virare verso il lepe-nismo?

Contento lui, contenti tutti.Cioè?Non ho ancora capito quali siano

le proposte e le leggi che sono stateapprovate dal partito europeo diMarine Le Pen.

E che ne pensa del binomio:“Meno Europa, meno burocrazia”?

Mi piacerebbe sentire più Italia inEuropa e meno burocrazia. Molti diquesti problemi sono legati a Roma enon a Bruxelles.

Quali possono essere i punti diforza di questa nuova Europa?

Questa nuova Europa deve cam-

biare eliminando gli egoismi nazio-nali. Quando si dice “chiudere i con-fini”, il primo Stato a essere colpito èl’Italia. Quando si dice “non affron-tiamo l’unione fiscale”, il primoPaese a essere colpito è l’Italia che hauna pressione fiscale alta. Quando siha una limitazione della libera circo-lazione dei lavoratori è sempreRoma a essere colpita.

Ma abbiamo davvero bisogno diBruxelles?

Dopo anni di impasse abbiamo fi-nalmente bisogno di un’Unione chesia veramente politica.

di MIchElE DI lOllO “La vittoria di Antonio Tajani? Il primo passo verso una nuova Europa”

sabato 21 gennaio 2017

di REDAZIONE Internet: Adele Gambaro (Ala-Sc), a Strasburgo rapporto per tutela giornalisti

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Come è noto al vertice di Davos,Christine Lagarde, direttore ge-

nerale del Fondo Monetario Interna-zionale (Fmi), ha mandato in brododi giuggiole i nostri numerosissimiapprendisti stregoni di matrice key-nesiota esortando i governi occi-dentali a “mettere in campo unamaggiore redistribuzione dei redditirispetto a quanta ne abbiamo oggi”.

E tra costoro non poteva certa-mente mancare il brillante Seba-stiano Barisoni, conduttore di Focuseconomia su Radio24, il quale hapreso la palla al balzo per incitarel’Italietta a seguire senza indugio ilconsiglio della signora Lagarde,anche a colpi di patrimoniali se ne-cessario, come se di queste ultimenon avessimo già abbastanza.

D’altro canto, il vento politico chespira proprio in Europa e negli Stati

Uniti, con l’avan-zata dei cosid-detti populismi,sembra gonfiareoltre ogni misurale vele dei teoricidella medesimaredistribuzione,al pari di ciò cheaccadeva in Italiaquando la pauradei comunisti ali-mentava dentro ipartiti filo-occi-dentali una for-sennata linea dideficit-spending.

Ma il pro-blema vero per ilnostro Paese, al

di là delle questioni legate al con-senso, è quello di chiedersi se sia fat-

tibile un’ulteriore politica redistribu-tiva, dal momento che già adesso lamano pubblica intermedia benoltre metà del Pil nazionale. Perso-nalmente, da liberale convinto,considero in via di principio tremen-damente discorsivo l’attuale livello dicontrollo delle risorse operato dallastessa mano pubblica, tanto che èproprio l’eccesso della così invo-cata redistribuzione che deter-mina da molti lustri una bassacrescita economica. Figuriamocicosa accadrebbe se si decidesse diincrementare un livello di spesa pub-blica, seppur col nobile intento dicombattere le diseguaglianze, che giàadesso appare incompatibile con unaripresa strutturale dei consumi edegli investimenti.

E ciò, al di là delle opinioni, sem-bra storicamente confermato dai

numeri e dai nessi causali. Su que-sto piano possiamo prendercela conl’evasione, con la moneta unica ocon l’Europa cinica e bara che ci im-pediscono di regalare altri vitalizisotto le forme più disparate. Tutta-via, soprattutto all’interno di unamoderna economia di mercato,spingere una quota crescente di sog-getti a campare di pensioni, sussidi eredditi di cittadinanza non può chedistruggere le principali risorse diuna nazione, ovvero le risorseumane, trasformando un popolo diproduttori in una massa passiva diconsumatori-elettori.

Tutto questo, in ultima istanza,serve molto a far crescere i voti perchi redistribuisce, ma non certa-mente il complessivo valore ag-giunto del sistema economico.Riflettiamoci.

4 l’oPiNioNe delle libertà Economia

di claudio RomiTi

sabato 21 gennaio 2017

Gli apprendisti stregoni della redistribuzione

Per Paolo Gentiloni si è conclusoil primo vertice da presidente del

Consiglio con la cancelliera tedescaAngela Merkel. E non sono passateinosservate le parole del Premier, se-condo cui l’Unione europea adotte-rebbe “una sorta di flessibilità acorrente alternata: molto rigida suidecimali dei bilanci e molto ampiasulle questioni fondamentali comela questione migratoria”.

È, in fondo, la stessa critica che,per tutto il suo mandato, lo stessoRenzi Matteo ha mosso all’Ue. Conun bersaglio preciso: la Germania.Solo che, questa volta, Gentiloninon è un “ambasciatore”, ma il Pre-mier. Il quale deve dare prova al“gendarme d’Europa” che il suoGoverno non è “balneare”, ma so-lido abbastanza da poter affrontarel’attuale situazione esplosiva perl’Unione europea (crescita, migrantie Brexit). Senza dimenticare che bi-sogna, in ogni modo, mettere un ar-gine al populismo montante per lacrescente sfiducia delle personeverso il progetto europeo. Sono tuttidossier complessi, che richiedonoEsecutivi stabili e competenti.

Ma in quel discorso su un’ Eu-ropa con “flessibilità a corrente al-

ternata” fatto da Gentiloni, forse,un rifermento ad un altro dossieraperto per l’Italia c’è. E stiamo par-lando del negoziato in corso traRoma e Bruxelles relativo ad un(eventuale) sforamento del deficitstrutturale del nostro Paese, perpoco più di 3 miliardi di euro. Altermine del vertice, dichiarazioni suquesto argomento non ce ne sonostate. Ma le parole di Gentiloni,oltre a ricalcare le posizioni del suopredecessore, non possono esserecasuali, vista la concomitanza dellecose.

Perché i 3,4 miliardi di euro, ri-spetto ai 1500 miliardi di Pil del-l’Italia, rappresentano proprio quei“decimali di bilancio” di cui fa men-zione Gentiloni. Ovvero, sono pre-cisamente lo 0,2 per cento delProdotto interno lordo. Soldi, certo.Ma non cifre da far tremare i polsi eda mandare un Governo in crisi, sepur costretto a fare una correzionedi bilancio attraverso una “mano-vrina”.

Anche il sottosegretario all’Eco-nomia, Enrico Morando, ha criti-

cato molto, nei modi e nel merito,l’iniziativa della Commissione euro-pea verso l’Italia. Affermando conforza la sua contrarietà ad una qual-siasi operazione che incida negati-vamente sulla crescita italiana.Perché, se ci sarà, probabilmente lamanovra conterrà solo tasse, vistoche di tagli non se ne parla. E in

tempi dove il voto è sempre dietrol’angolo, ogni centesimo tagliato, otassato, può essere una zavorra peril Governo in carica. Ma l’effettivabassa percentuale (lo 0,2 per cento)del (presunto) aggiustamento, qual-che riflessione in più la fa fare. Per-ché, a prima vista, potrebbe averragione Gentiloni a lamentarsi diuna richiesta del genere, la quale in-cide soprattutto a livello “media-tico”. In un momento, per giunta,decisamente difficile per l’Italia el’Ue.

Ad un aggiustamento, senza tuttoquesto clamore, ci si poteva anchearrivare per altre vie, dando fiduciaall’Italia. Che, in fondo, è un Paese,come ricordato, che produce ric-chezza per quasi cento volte. Ma al-lora, se l’aggiustamento non è“sostanziale”, perché ci è stato com-minato? Forse, come fatto notaredall’economista Michele Boldrin, èuna sorta di “avvertimento” che lafiducia verso il nostro Paese è finita,dopo il credito enorme che l’Unioneeuropea ha dato a Renzi ed al suoGoverno. È il segnale, secondo il

professore della Washington Uni-versity di St. Louis, di “un Paese checontinua a declinare economica-mente, che è incastrato”.

I numeri parlano chiaro, anche sesono sempre interpretabili a se-conda del verso che si sceglie perleggerli. Però l’Italia continua a cre-scere poco, mentre il suo debitopubblico aumenta inesorabilmente.Inoltre, siamo in un anno elettoraleimportante per tutta l’Europa, conil voto previsto in Paesi cardinecome Francia e Germania. Il solodire di voler dare credito all’Italia,sarebbe per chiunque una pessimaidea elettorale. Non siamo ritenutiaffidabili. Anche se sul problemaimmigrazione siamo stati il Paeseche più ha saputo, visti i numeri,dare risposte concrete ed umane.Ma l’immigrazione, si sa, è anchequesto un cattivo tema elettorale,visti i populismi in giro. Ma la cre-dibilità può essere “altro” anche ri-spetto a numeri per noi impietosi. Sela nostra classe dirigente non locomprende, non sarà più questionedi uno “0,2 per cento”.

La credibilità italiana in percentualedi Raffaele Tedesco

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Nel suo stile sfacciato e provoca-torio, con una manciata di di-

chiarazioni Donald Trump è riuscitoa serrare i ranghi dell’Unione euro-pea come mai successo in passato. Inuna sola intervista, il neo quaranta-cinquesimo presidente degli StatiUniti ha elogiato il trionfo della Bre-xit, auspicando una nuova ondata dirotture con l’Europa da parte degliStati membri. Ha accusato poi l’Uedi essere asservita alla Germania e lacancelliera Angela Merkel di colos-sali errori nelle politiche migratorie.Ha chiuso con uno schiaffo al pattoatlantico che ha retto l’equilibriogeopolitico dal dopoguerra ad oggi,definendo la Nato “obsoleta”.

Chiariamoci subito: nonostanteuno stile discutibile e una retoricapoco ortodossa, Trump non è il buz-zurro che i media ripropongono con-tinuamente nell’immagine dell’uomoignorante e impulsivo. Inadatto, peri più, alla presidenza ben oltre qual-siasi altro predecessore nella storia.Le sue uscite a tratti sensazionali esempre roboanti, sottendono in re-altà a strategie geopolitiche precise.

Gli Stati Uniti non hanno maidavvero apprezzato l’idea di un’Eu-ropa unita: osservandola dall’altrolato dell’Atlantico come una minac-cia economica al loro dominio. Inuna recente intervista al Times e allaBild, “The Donald”, in perfetta coe-renza col suo stile, ha espresso libe-ramente questo pensiero: “L’Ue èstata costruita anche per battere gliUsa sul piano commerciale, ok?”. Ef-fettivamente, creando il mercato co-mune gli europei hanno saputoaffermarsi sulla scena economica in-ternazionale, riuscendo a trasfor-mare l’Ue nella seconda potenzaeconomica mondiale. Nella sua lo-gica e nella sua sfacciataggine,Trump non si è però reso conto diaver spinto per davvero gli europei

ad un sussulto. Dura la Merkel, a ve-stire per la prima volta i panni di lea-der europea e non tedesca: “Ildestino degli europei è nelle nostremani, non in quelle di Trump. Mi im-pegnerò perché i 27 Stati collaborinointensamente, guardando al futuro”.

Il capo della diplomazia francese,

Jean-Marc Ayrault: “La miglior ri-sposta a Trump è l’unità degli euro-pei”. E ancora Alfonso Dastis,ministro degli esteri spagnolo:“Trump dovrebbe imparare a cono-scere l’Ue dall’interno, non ci sfalde-remo”. Infine il premier italiano,Paolo Gentiloni, nel primo bilaterale

proprio con la Merkel a suggellare,Uk ormai lontana, un’ipoteticanuova leadership comune: “La colla-borazione con Trump è fondamen-tale, ma ancor di più è rilanciarel’Unione europea”.

Da tempo, insomma, i leader delVecchio Continente non si arrocca-

vano in tal modo in difesa di un ne-mico comune: pensando da europeiprima che da italiani, tedeschi, fran-cesi, spagnoli. Trump, nell’interessedella sua nazione, non ha dichiaratouna guerra commerciale solo controla Cina e il Messico, ma anche con-tro l’Europa: che ora per sopravvi-vere deve imparare a difendersimilitarmente e commercialmente.Toccando del resto anche la Nato,l’Europa tutta si sta accorgendo chel’ombrello militare americano non èpiù garantito. E Parigi e Berlinofanno per la prima volta fronte co-mune, sulla creazione di una difesaeuropea.

Thank you, Mr. President: peraverci risvegliato da un lungosonno. L’Europa di oggi è un incuboche non avremmo mai dovuto con-cepire: l’Europa finanziaria, l’Eu-ropa dei numeri che si è limitata aridurre gravi crisi politiche su pianimeramente tecnici, senza nemmenocercarne risposte unitarie o politi-che. Scoprendosi, inevitabilmente eregolarmente, debole e inadeguata.Immigrazione, terrorismo, politicaestera: l’Europa negli ultimi anni siè scoperta debole e marginale alconfronto col mondo. E non ci-tiamo neppure Parigi, Roma o Ber-lino: del tutto ininfluenti su ognicrisi. È ormai evidente che senzaun’unione politica, l’Unione euro-pea non esista più e con lei i suoiPaesi membri. Ci voleva Trump afarci capire, a suon di tweet eschiaffi, che dobbiamo reagire allesfide della modernità.

Il 2016 è stato certamente unospartiacque. Sul piano geopolitico,potremmo scoprire ora giochi di al-leanze che porrebbero fine ai bloc-chi che hanno retto l’ultimo anno distoria. L’Unione europea, da utopia,potrebbe scoprirsi necessaria pernon dissolversi lentamente dallapropria passata grandezza.

Thank you, Mr. President!

5l’oPinionE delle libertà

Donald Trump e i possibili vantaggi per l’Europa di GiorGio Borrini

sabato 21 gennaio 2017

Dopo una breve tregua, il grandefreddo con intense nevicate è ri-

partito di nuovo. L’Italia e, cosaestremamente nuova, l’intero Mez-zogiorno, subisce una nuova ondatadi freddo con gelo che, durante lanotte, arriva a temperature proibitivecon la neve anche in località situate alivello del mare. Il gelo è stato causadella morte di diversi clochard, del-l’aumento delle difficoltà per i terre-motati, molti dei quali vivono inalloggi di fortuna, e mette a duraprova gli anziani soprattutto quelliche vivono in ambienti non riscal-dati.

Le nevicate, comunque, hannopermesso di riflettere su quantoormai è stato assunto come certezzadall’opinione pubblica mondiale,perché proveniente dall’attività di“studio e ricerca” (?) dell’Ipcc, (In-tergovernmental Panel on ClimateChange) carrozzone messo in piedinel 1988 su iniziativa dell’Onu, cheproduce, a intervalli regolari, “rap-porti di valutazione” discutibili suicambiamenti climatici e organizzaconferenze internazionali per contra-stare l’apporto di CO2 prodotto dal-l’uomo, considerato elementodeterminante per quell’effetto serrache viene presentato come base delglobal warming (più semplicemente:surriscaldamento climatico del pia-neta).

Da 19 anni questo gruppo di la-voro “vive” su un assunto (riscalda-mento della Terra) che contrasta conle affermazioni di altri scienziati checonfutano alla base le certezze dei“ricercatori” raccolti attorno all’Ipcce che si avvalgono della cortina di di-

fesa rappresentata dai Paesi che sisono convinti della bontà delle argo-mentazioni del Forum adagiandosisulle loro verità, o che hanno fatto lastessa scelta semplicemente accodan-dosi agli altri Paesi i cui governi nonsono certamente formati da scien-ziati della materia. Non lo era Ba-rack Obama e non lo era e non lo èPapa Francesco.

Il gelo di questi giorni, però, staspingendo l’opinione pubblica a ri-flessioni sull’argomento perché ci sitrova con due verità: una espressa dachi ha interessi diretti nel far vivere il“carrozzone” e poterne sfruttare po-liticamente ed economicamente lavalenza, e un’altra espressa da chinon ha quest’interesse e si muove li-bero e forte delle proprie conoscenzescientifiche. Fra i primi c’era l’am-bientalista, nonché premio Nobelper la Pace, Al Gore (ex vice presi-

dente degli Usa dal 1992 al 2000 conBill Clinton presidente); mentre tragli altri c’è Carlo Rubbia (premioNobel per la Fisica), che ha definito,nel corso di un intervento al Parla-mento italiano, una “bufala” il ri-scaldamento della Terra;e il professor AntoninoZichichi (presidentedegli Scienziati mon-diali), che ha difeso laCO2 senza la quale lepiante morirebbero enon produrrebbero piùl’ossigeno che serve agliesseri viventi del pianeta.

Di Al Gore si ricordache, nel 2007, durante lacerimonia di consegnadel premio Nobel aOslo, nel ringraziare perl’alta onorificenza asse-gnatagli ebbe a dire, di-

nanzi agli sbalorditi reali di Norve-gia, che il Polo Nord era destinato acollassarsi per lo scioglimento deisuoi ghiacciai e ha teso a sottolineareche “ciò potrebbe succedere fra soli7 anni. Sette anni a partire da oggi”disse. Il 2014 è passato e i ghiacciaisono sempre al loro posto. Chi gliaveva assegnato il premio capì l’er-rore fatto perché lo scioglimento deighiacciai dei poli, quando avverrà,avrà bisogno, per realizzarsi, di cen-tinaia di migliaia di anni, altro che i7 anni sbandierati dal ridicolo AlGore.

Anche il Papa, purtroppo, si è ac-codato al luogo comune del surri-scaldamento del pianetagiustificandolo col fatto che la mag-gioranza dei ricercatori era schieratosu tale versante. Stessa identica mo-tivazione fatta da Urbano VIII, chefece processare Galileo Galilei perché

sosteneva la teoria copernicana dellaTerra rotante attorno al Sole e nonviceversa così come scritto nella Bib-bia. Galileo si salvò dal carcere per-ché abiurò le sue convinzioni, con unPontefice che usò come scudo gliorientamenti maggioritari, fra gliastronomi del tempo, che sostene-vano la centralità della Terra nel-l’Universo, ma che era una vera epropria “bufala”.

Trump invece, ci ricorda FrancoBattaglia, vuole “rinvigorire lo sfrut-tamento dei combustibili fossili e ta-gliare ogni sovvenzione pubblica siaalle tecnologie eolica e fotovoltaicache ai programmi dell'Onu sui cam-biamenti climatici, oltre che cancel-lare i recenti accordi di Parigi inoccasione di quella pittoresca carne-valata che è stata la Cop21”. Non cista, Trump, a star dietro ai truffatori,e ha avuto il coraggio di affermarlodurante la campagna elettoralesenza, per questo, scalfire il sostegnopopolare che si stava coagulando at-torno alle sue scelte politico-econo-miche.

di Giovanni alvaro Il gelo e il “global warming”

Esteri

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Giancarlo Fares e Francesco Sala.Li avevamo incontrati insieme

per “Tea Room” (il primo alla dire-zione, il secondo nei panni del pro-tagonista) al Brancaccino prima dellefestività. Tornano insieme in scena,ma questa volta soltanto da unpunto di vista temporale: alla Co-meta Off di Testaccio Fares con “Etu sei bellissima” – da un testo diClaudio Proietti; al Teatro “La Co-munità” di Trastevere, Sala con“Torno alla vita” – opera musicale diToni Fornari con le musiche di DinoScuderi, liberamente ispirato a "Ri-svegli", film del 1990 di Penny Mar-shall con Robert De Niro e RobinWilliams. Entrambi in scena fino adomani.

Apparentemente due opere estre-mamente diverse, che hanno però alcentro le relazioni, amorose e fami-liari, di cui indagano l’estremacomplessità e l’agghiacciante impre-vedibilità.

Lo spettacolo di Fares è una com-media, anche se dal retrogustoamaro, che vede al centro della scenaCristina e Paolo – Claudia Campa-gnola e Matteo Lucchini – un uomoe una donna che, a circa tre annidalla separazione, si rincontrano ca-sualmente in una cittadina di pro-vincia. A separarli incomprensioni etradimenti. Nonostante il tempo tra-scorso e nuove vite ormai avviate, laferita tra i due risulta ancora aperta.Insicura, nevrotica e a tratti istericalei, più razionale, spavaldo e finan-

che squallido lui. Si ritrovano a di-scutere della vita che avrebbero vo-luto, dei figli che non sono riusciti adavere mentre dall’ospedale giungonole note di un pianoforte che annuncial’arrivo di ogni nuova vita. Sono en-

trambi infelici, ma Cristina di frontealle nuove avances di Paolo sostiene“con gli anni si preferiscono solu-zioni in grado di garantirci meno do-lore”. Ed ecco la realtà, la vita verache, anche se apparentemente celata

tra le battute dei due personaggi avolte troppo calcati, trasuda ed“esonda” dagli argini del palco.

Sala si avventura invece nelle sab-bie mobili della malattia e della disa-bilità all’interno di una famiglia

apparentemente normale. Una storiacontemporanea, una riflessione suitemi della vita, della morte, sulla spe-ranza di nuove cure sperimentali esulla reale incapacità di fronteggiarequalcosa di atteso ma sconosciuto.

Michele si trova in uno stato ve-getativo da 15 anni. Sua madre Luisanon si arrende, lo porta in giro, lo ac-cudisce e gli parla ogni giorno comese lui potesse sentirla. A vivere conlei Giacomo, l’altro figlio e Marco, ilnuovo compagno scelto dopo la per-dita del marito, particolarmente cri-tico verso gli atteggiamenti dellamoglie. Le speranze sono poche, maun medico appassionato ricerca daanni un farmaco che possa consen-tire un risveglio a coloro che vivonoin quelle condizioni. A seguito di ec-cellenti risultati sulle cavie, il medicopropone a Luisa la sperimentazionesu Michele, in maniera illegale, al-l’infuori di protocolli medici che tar-derebbero ad arrivare. Ma le spesesono a suo carico, e lei ipoteca lacasa senza informare né Marco néGiacomo. Michele intanto si risve-glia, ormai uomo, e il suo “ritorno”,unito alla sua insofferenza farannoaprire un vaso di Pandora, determi-nando un vero e proprio corto cir-cuito e l’incrinarsi di dinamicheormai consolidate, con un epilogoamaro quanto inaccettabile.

Due storie difficili, raccontate consapienza e con uno sguardo acuto emai banale sulla società contempo-ranea e sui suoi tanti limiti, soprat-tutto comunicativi.

7L’oPinionE delle Libertàsabato 21 gennaio 2017

Cometa Off e La Comunità: Fares e Sala da non perderedi ELEna D’aLEssanDri

Cultura

“Architettura invisibile” è il ti-tolo della mostra allestita

presso gli spazi espositivi del MuseoCarlo Bilotti (all’interno dell’Aran-ciera di Villa Borghese), che dal 19gennaio fino al 26 marzo mette inparallelo i movimenti architettonicid’avanguardia italiani e giapponesidegli anni Sessanta e Settanta con-frontandoli con giovani architetti,che si pongono nel solco di quei mo-vimenti di mezzo secolo fa, rielabo-randone le istanze di fondo in undibattito architettonico ed urbani-stico contemporaneo. È un propostadi alto livello culturale, da non per-dere, promossa dalla Fondazione Ita-lia-Giappone, che ha il merito divoler “creare un punto di riferimentoper le generazioni più giovani di pro-gettisti emergenti”.

La curatrice della mostra, Rita El-vira Adamo, con notevole finezza haselezionato rari materiali prodottidalle avanguardie giapponesi (i “me-tabolismi”) e italiane (i “radicali”),offrendo, anche al visitatore più ine-sperto, un quadro facilmente deci-frabile. Emergono affinità edifferenze tra i due movimenti. E leaffinità - nonostante l’evidente di-stanza geografica - risultano senz’al-tro più significative: “Uno strenuotentativo di cambiare la società, conun approccio radicale e provocatorioed una sensibilità nuova, in armoniacon culture vecchie di secoli”, deno-tando una comune sensibilità perl’ecologia, il rispetto del territorio edel paesaggio; temi che nella culturaarchitettonica avevano già moltopeso negli anni Sessanta e che, an-cora oggi, permangono attualissimi.

Per le differenze, circa l’impattoconcreto nella società del risultatoprodotto dalle avanguardie, “mentregli architetti giapponesi mantengonoancora un ruolo da protagonista

nella società in cui operano, gli ita-liani hanno avuto una piccola possi-bilità di condizionare con il loroimpatto la società”. È importante ri-cordare che, sia i radicali italianiquanto i metabolisti giapponesi, fal-lirono nel loro intento, senza mairealizzare i loro utopistici ed ambi-ziosi progetti. Il loro messaggio ci ècosì pervenuto solo attraverso “i loroprogetti ed i loro scritti” però, “dopogli anni Settanta, tali idee hanno au-mentato gradualmente l’impattosulla società e sulla cultura, influen-

zando tanto il designquanto i nostri con-cetti di progettazionee stile di vita nellospazio urbano”.

Perché un’archi-tettura “invisibile”?Andrea Branzi chia-risce il motivo: “Èl’architettura nel-l’epoca della globa-lizzazione, perchéimmersa in una Me-tropoli Merceolo-

gica”, piena di tutto, dove però “nonesistono più fondamenta definitive,dentro ad un mercato illimitato,privo di confini”.

Il percorso espositivo, nella suaparte centrale, si articola lungo trearee tematiche principali - Ambiente,Tecnologia, Abitare - determinantiper la progettazione che evidenzianoil punto di vista centrale per en-trambi i movimenti: le istanze socialie la necessità di un’architettura chele sappia ben rappresentare. I “Radi-cali” italiani ed i “Metabolismi”giapponesi esprimono entrambi lanecessità di dare risposte sul benes-sere e sul futuro nelle rispettive so-cietà. Risultato: guardano lontano edanno risposte di ampio respiro, cosìda risultare ancora attuali e di note-vole interesse sociale, oggi, nell’epocadella globalizzazione. Si tratta di undato assai significativo, rafforzato

dalla forte connessione intercultu-rale, ben messo in evidenza dalla cu-ratrice della mostra e sottolineato daAndrea Boragno (vice presidentedella Fondazione Italia-Giappone epresidente ed amministratore dele-gato di Alcantara Spa, società par-tner dell’organizzazione dellamostra; Progetto Alcantara inoltresarà presente al Maxi di Roma dalprossimo 3 febbraio con “Un viag-gio intorno al mondo da Nord aSud attraverso i progetti di ottodesigner internazionali”): “L’in-terculturalità rappresenta la sfidafondamentale nel processo di globa-lizzazione delle imprese” ed è “im-portante contribuire a rafforzare ipunti di contatto tra due culture geo-graficamente distanti, che si possonoavvicinare sempre di più mediante lacontaminazione culturale e le attivitàdi business”.

di Laura Bianconi

“Architettura invisibile” al Museo Carlo Bilotti

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