Delle Antiche Chiese di S Pietro e di S Maria Maggiore ... · PDF file, l ’ altro ag g...

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D E LLE A NTIC"E C"IE S E

PIETRO E DI S. MARIAMAGGIRRE

fleM a @I tîà M @macmwl l a

D I S S E R TA Z I O NE

D E LL'

A VV O C A T O

QÈ@©SÎE BZA ÉÌ©

MEMBRO D E LLA COMMISSIONE AUSILIARE D I BE LLE ARTI E ANTIC"ITA’ NE LLAP ROV INCIA DI

,V ITERBO ; SOCIO D ELLA P ONTIF ICIA ACCAD EMIA ROMANA

D' AR C"EOLOG IA ; D ELL’ ISTITUTO ROMANO DI CORR ISP ONDE NZ A ARC"EO .

LO G ICA ; D ELLA R o ERCOLANESE D I NAP OLI ? D ELLA SOCIETA’ COLOMBARIAD I F IRENZ E D ELLA I E R. SOCIETA’ ARETINA DI SCIE NZ E. LETTER E E D

ARTI ; D ELLA VALLE …TIBER INA TOSCANA ; D EG LI INFECONDI D I P RATO ;D ELLA P R O P E R Z I A N A D E L sumsuo ; D ELLA VOLSCA VE LI

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E R N A ma…A KB E N

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I m u mano

D E D I C A T A

A l la eminenza reverendz'

ssz'

ma del sig nor cardina le

J3e ÈÈA IÈÌÈÌÌÈIÌ

VE S CO VO D I VITE R BO E TO S CA NE LLA

ÈQEQÉÌÈÉÌB& &ÈWÈZBÈEÌEJ ZIÉSQZÈÈM L

P ubblicando og g i questa mia op eretta scritta di questi

g iorni sul le du e antich e chiese di s . P ietro e di 5 . M a

ria di Toscanel la nonp oteva nonfarne ofi‘

erta p er a t

testa to di ossequio a lla L'

. V., che a l ti tolo di mio vesco

vo e bene/ica tore , l’a l tro ag g iung e app ella tivo di p adre e

p rotettore del bene comune di guesta mia p a tria . Né con

questo p enso io sdebitarmi di cor tesia con la E . V. , ma

si a l contrario darle inquel modo ch e p er me si p uò mi

g liore una p ubblica p ruova dell’

antica mia divozione e

p arte di quella g ra titudine ed osser vanza che le debbo.

A ltro a dir vero e p i u voluminoso e p iù elabora to

volume a me si conveni va inti tolare a lla g randezza del la

E . V. p er rendimento di riverenza in testimonianza delle

tante virtù sue ma questo difet to comunqu e g randissimo

che da me nasce e da l la p och ezza dell’ing eg no mio sarà

emenda to dalla molta bontà ed umanità di V. E . che sa

contentarsi dell’

animo'

del dona tore e del suo buonvolere

p iù che della cosa oflerta le a farle onoranza . P erchè p re

sa fiducia , che qua lunque e’

siasi questomio la voro sia p er

riuscire a g rado della E . V. p rostra to a l ba c io della sa

cra p orpora e p reg andola della sua p astora le benedizione ,

ossequ iosamente me le raccomando

D ella E . V. Rma

D i Toscanella 20 febbra io 1852

umo dlîl O obbrfi o servo

sxc ounnuvo A W . c….u un:

CA I’ . I .

D E LLA C OND I Z I ONE D E’cmsrmm E D E LL O STA TO

D E LLE A RTI NE’ PR IM I SEC OL I D E LLA C"IESA .

crivendo degli antichi templi di s . Pie tro e di s. M a

ria edifica ti con tanta S plendide zza di O pera da’ tusca

ni ensi intorno al l’ V I I I e I X secolo come io mi penso

,

del l ’’

era di Cri sto , s timo e ssere u ti le ch e innanz i tra t

to al cun cenno da me si facc 1 a della condi z ione a cu i

erano ridotte l e affli tte cose della chiesa e del le arti in

que’ mi seri e rei anni ch e prevennero lo sta to felice

della travaglia ta rel igione cri stiana . P erciocch è se g iu

dizi i di ri zzati a lla veri tà sogliono essere qu elli ch e noi

caviamo da l la s toria dei tempi ch e and iamo narrando

non è dubbio ch e io movendo da s iffa tto principio e

con tal gu ida ch e quasi mi condu ca p er mano , nonsia

p er dare i .miei al vero conformi , e che amore di p a

tria nonmi facma ve lo a ll’intel le tto . Perchè facendomi

a considerare la tri sta e pau rosa vi ta mena ta da’cristia

ni ne ’ primi — qua ttro secoli de lla chiesa da l l’ imperio di

Nerone a quel di Li cini o ; e le torture , le arsioni gli

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affogamenti , le decapitazioni , g l i esil i i , di ch e mul ta

vansi di continuo i nuovi ba tte zza ti ; nonverrò certo

pensare che si grandiosi e magnifici edifici i si ccome

questi si riz zassero al lora inTuscania quando la cru

del tà delle leggi e di chi comandavale consigl iava mc

gl io a’ credenti recondite e buie caverne ch e pubbliche

sontuosissime chiese . Nè quelle che la p ietà de’ fedeli

aveva innalza te , quetando per poco la persecuz ione

eransi risparmia te da Ma ssimino ne’ tre anni in cui

allago imperio di sang ue cristiano ; né da D ecio al

tresi e dagl i a l tri che vennero di poi infimo a B iocle

ziano , che le rimaste o nu ovamente fabbrica te diroc

cò , arse i sacri l ibri mise a ruba a guasto a di

s truzione quanto portava nome o impronta di Cristo . Nè

vie ti erano 0 scaduti g l i editti di Nerone e di D omi

z iano , ch e Traiano prima , poscia Marco A urel io e

S evero e gli al tri ribandirono co’ quali proibivasi pe

na i l capo, a

’ rigenerat i di raunarsi nelle chiese o rac

col ti in briga te pra ticare inpu bblico o priva to luogo

a tti di religione . Che se i l lungo e S pesso mozzar del

le tes te non g iovò che a fru ttar seme di nuovo e cre

scea l e popolo di fedel i ; i l fabbricar delle chiese a di

spetto di così fiere leggi era un correre aperto cimen

to senza pro . Che se è lodevole e bello ne’ forti azzar

dare la vi ta a tributare onore a D io , D io s tesso ti

v ieta di perderla senza vantaggio . Perchè noi vediamo ,

che a rendergli i l dovuto cul to ch iudevansi di que’ tem

pi cotanto crudel i entro al le cavi tà p iù sotterranee e ri

poste a salvamento della minacciata vi ta che il p iù del

le vol te nonbas tavano così coperti ad aversi s icura .

E comunque la chiesa potesse ris torare larg amen

te i patiti danni sotto Costantino , e crescere ed al lar

garsi e venire in grado di potente ed assolu ta domina

t rice del l’ imperio non tardò lui morto a reintegrar

si la persecuzione contro chi teneva fede di cris tianoda G iul iano l ’ aposta ta ; nè prima ancora minor male

orale venuto addosso dal la eresia degli ariani difesa

e propaga ta da Costanzo , ch e ariano di fede lasciava

conla vi ta la religione nostra santissima a l le prese con

si tri sti e rabbiosi nemici .

Beata e lunga pace donò al la chiesa la morte del

l ’ aposta ta . M a ch i non sa , morto Teodos io ,a qual in

fel ice stato fossero venute le cristiane cose so tto l’ impe

rio di Onorio ; e l e intes tine guerre concita te contra

lu i dall’ ambizioso S ti licone ; e i gravi mal i al tresì ch ea quelle tennero d ie tro nel V secolo e desolarono or

rendamente le terre i tal iane ? D ice di quel primo e sem

pre più crescente al lagamento di barbari , da cui co

minciò ad essere ributta ta d’I tal ia la romana potenza ,

e che pres to fini di sperdere e consumare . E g ià l’au

tori tà e la possa romana eransi da lung oc

tempo gran

demente indeboli te e scemate di forza ; ch é la mollez

za , l’

oziosi tà la corruzione e l ’ orgoglio aveano tra

mutato quei cittadini da si forti una volta e gagliardi

inmolli e snerva ti e impotenti uomini , o meglio an

cora in vi lissime femmine . E ciò ch e qu i dico degli im

bastardi ti romani d ico comunemente di ogni a l tra raz

za di gente i tal iana u g ualmente degenerata ; in cu i g l i

s tessi vizi i erano penetrati perduta a ll'

atto l’ antica sem

p l icità de’ costumi , l

’amore della fatica del la giusti

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zia e del la pa tria . P erchè a non abbassare i l grado e

la d igni tà loro colla indus tria e col commercio i lavo

ri del campo—

abbandonavano ; a lle robuste braccia daara tro e da marra sch iavi infiaceh i ti sosti tu ivano ; i

vas ti e fert ili piani coperti g ià' di biade e rigogl iose

messi vol tavano inmeravigliosi giardini in dile ttevoli

parchi . Fino dal tempo de’ primi impera tori era spopo

la ta l ’ I tal ia , mass ime p er colonie m ili tari ; ma cag io

ne non ul tima di siffa tto e sempre maggiore scema

mento di popolaz ione stava nel d issoluto v ivere d e’ ro

mani e de’ provinciali , ch e ne seg u iano lo e sempio

rotti al la più intemperante lussu ria . La quale era giun

ta a tal grado , ch e g ià p iù non orav i ch i nonabhor

risse , come da peste da l mari taggio ; talche grandis

sima d ivenne la rari tà de ’fi gl iuoli nè p er privi legi ch e

a ttribu ivansi a chi uno pu re ne avesse , si giunse mai

ad es tirpare quel gran vi tuperio . A si misero termine

rido tta la I talia e da tal i d ifensori protetta e di tale

vi rtù , non è meravigl ia che i se ttentrional i non p iù

tra ttenuti dal terrore delle legioni romane , vogliosi di

bottino , d’ oro d ’ imprese e d i pa tria più fortunata e

fel ice le piombassero sopra , la spogliassero , la conqu i

stassero e vi pigliassero s tanza . Rovescia to il governo ,

pre scri tti 1 princip i o incarcera ti o sgozzati , le leggii cos tumi , la religione , la l ingua si mutarono . B uba

to i l buono e il meglio da per tutto , gli invasori fe

cero pure di tu tto undeserto . Nel le province più fio

renti e fra queste la ricchissima Etruria , gli uomini

scontravansi appena , la plebe sveniva per fame 0 mi

grava a l trove in cerca del pane.

D urante il lungo regno di Teodorico ; grazie al la

protezione ch’egli accordò apertamente comunqu e aria

no alla religione ca ttol ica ; i popol i a poco a poco pre

sero a col tivarla ed abbracciarla generalmente : ma del

le calami tà nonera per anco venuta la fine . Imperc ioc

ch è grav issime al certo fu rono que lle, dal le quali‘

fu tra

vagl iata la chiesa nel V I secolo p er le nuove invasioni

de i saraceni , de’ goti , de

’vandal i , degli unni , degli

os trogoti , dei visigoti , de’ longobardi ; sebbene nessu

na superasse qu e l la nu ova e fiera burrasca su sci ta ta le

addosso dal la emp ie tà degli ariani , ch e parve volesse

anne g arla e sobbissarla del tut to . M a fu presta la ma

no di D io a comporre 51 rea tempes ta e convertirla in

bel la e desiderata pace al la chiesa . Videre anche al lora

coloro , ch e come oggi pur vedono , la navice lla di

Pie tro non potere p er forza umana affondare .

S e la i rru zione de ’

long obardi in Ital ia ch e av

venne intorno al l ’ anno 568 del l’ era nos tra ,lasc iò do

vunqu e funes te memorie del la p iù inau di ta barbarie ;e ssendoche agli esi li i , al le confiscazioni , ai roghi , a lle

carce ri segu issero uccisioni di sacerdoti spog liamenti di

chiese , abbru eiamenti di case devas tazi oni di campi

costoro divennero poscia men crudeli e p iù mi ti . A ve

vano essi prima di entrare nelle terre i taliane ah

bracci ato i l cri stianesimo ; ma -e prima e poi avevano

pu r mol to bevu to del dogma degl i ariani ; perchè me

glio ch e cri sti ani g l i erano veramente idolatri . M a do

po ch e i l pontefice G regorio magno fece alla chiesa que l

la grande conqu is ta di Teodolinda e ch e essa meno al

la fede ca ttol ica lo“

sposo suo l a intera naz ione mossa

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da si i l lus tre esempio disertò dalla idola tria e dal l’

aria

nos imo e divenuta ca ttolica promosse i l cu l to ,mol tipl i

cò i templi , di nu ov i e ricch i beni g l i accrebbe , re

sti tu i ti qu el li d i ch e prima l i aveva d ispoglia ti . E la g iu

risdizione al tresi de ’

vescovi crebbe grandemente inque l

secolo ; s iccome fiorirono e dil a taronsi pur mol to gl i ia «

sti tu ti monastici , e mol ti monisteri che più non erano

si fabbricarono guasta ti col ferro e col fuoco , al tri ri

storaronsi ; e quando immense estensioni di terre fino

al lora sterili e d isu sa te dal la coltura furono colle pro

prie mani di que’

cenobi ti col tivate e tramu ta te in ri

denti campi , e ri torna ta quasi che a v ita la spenta agri

col tura .

A nche lo spiri to di rel igione ch’erasi o rallentato

o sopi to od estinto cominciava ormai a entrare inpe t

to a’ cri s tiani . E ringagl iard i ta e rinforza ta la e cclesia

s tica disciplina , al larga ta la legge del celibato e quel

la del la immuni tà di p rivileg ii agl i uomini di chiesa ,da to buon provvedimento a lla is ti tuzione ch ericale e lai

cale la puri tà de ll a morale evange l ica la v irtù de ’ pri

mi fedel i la santi tà de ’ vescovi tornarono a riapparire

inmezzo a un popolo che le eresie gli scism i, le

guerre , tanti secol i di rivoluzioni tanti nuovi e d iver

s i principi e lo i rrompere continuo di popoli si vari i e

si barbari avevano disna tu rato , invili to , intiepid i to nel

la fede . G ià inRoma sul principiare del secolo vn i l

P antheon, tempio gentilesco convertivasi a chi esa ca t

tol ica e da papa Bonifacio I v consacravasi all a Ver

gine e a tu tti i martiri . Nè mai in al tro secolo tanti

e più ins igni templi si videro sorgere in tutta I talia al

i l

cu l to di D io quanto in su lle scorcio di questo e nel

seguente che anzi pareva che di grande e potente non

potesse una città tener nome se grande e magnifica

una chiesa pur non avesse dentro la cerchia del le sue

mu ra . Nè Tuscania , florida allora ed opu lenta p iu‘

che

al tre del pa trimonio di S . P ietro , dovè essere ul tima

a dare op era a quelle su e grand iose fabbriche cristia

ne ch e a ttestano pur og g i ia— quale al tezza di g rado s i

fosse e l la rimasta inqu e’secel i d i barbarie . Nè u l tima

potè rimanersi se fu del le prime ci ttà a professare fe

de di ca ttol ica , vantando a pr imo suo vescovo 5. Tolomeo alunne e discepolo del prime romane p Ontefice

e per serie non interrotta i più chiari e santi vesco

vi ch e vanti la chiesa . Nel determinare la qu ale epo

ca dellaprima edificazione di ques te due cb iése tu sca

niesi tra i l medesimo V…secolo e il rx oltre c iò che

ne d issi e che di rò in seg u i to d iscorrendo la s toria

delle arti di qu e’ tempi , bu ena ragione trovava al tres i

nella confessione di fede che le g g esi ne l se ttimo s inodoecumenico ossia nel secondo niceno ; incu i facendosi

ricordo d’ immagini ricevu te allora nel le chiese , del le

sole tavole a colori dipinte si fa qu iv i parola , non di

figu re scolpite e di statue ; le quali non prima del

787 , quando fu celebrato qu el sinodo , vennero trasfe

ri te al la venerazione de’ fedeli : ossia al lorchè cessate

i l pericolo de lla idolatria,i cri stiani furono bene am

maestrati dai vescovi del cu l to ch e poteva darsi a lle

s ta tue ed al le immagini . Imperciocch è ne’ primi tem

pi del la chiesa essendo sommess i a furore 1 gentil i

centra 1 cristiani,e la superstizione degl i idol i radi

cata al tamente nelle menti degl i uomini ; l’

u so del l e

sagre immagini non fu sì frequente come di poi ; co

munque nonmancassero qu a e colà tavole d ipinte de’

p ri

mi tre secol i ancora , ch e verrebbero a mal d iri tto ne

garci g l i ere tic i . Ch e se al principiare del 1 v secolo nel

concil io di Elvi ra fu con espresso canone vie tato che si

colori ssero figure nelle ch iese ciò ch e al lora si vol le

perchè conservandosi l ’ antica cos tumanza di far rive

renza a siffa tte pi tture non ne p igliassero i gentil i

occas ione di scanda lo e di offesa quel d ivieto stesso

fa fede del vecch io u so di ri trarre in pi ttura ne ’

tem

p l i le immagini de’santi . I l qu ale u se poi che a me

ne fu ridotto i l risch io ch e avesse nuovamente a mac

ch iarsi della idolatria la I tal ia , a poco a poco crebbe

e si distese e d ivenne p iù spesso ; ma poi che la ch ie

sa rivendica tasi in l ibertà potè tu tte allargare dovun

que le grand i sue ale , giunse a tal e che i templ i da

c ima a fondo furono coperti di sagre i ste rie d ipinte sui

mu ri , su le colonne , su gli arch i ; giacchè parve ch e

quel lo fosse mezze a ssa i accencio a promuovere ed ae

crescere la p ietà ne’

fede li .

Che se la p i t tu ra , e l e arti sorelle non perirono

allora del tu tto fra qu e’ tanti sc iami di barbari ch e d i la

g arone da ogni parte sopra la misera I tal ia , deg ene

rareno grandemente ; comunque i l loro d iscendere si

inbasso fosse g ià comincia to dagl i u l timi tempi roma

ni , e la barbarie fosse i ta innanzi alla invasione de’

bar

bari . Po ichè qu ella confusa mescolanza di tanti popol i

conqui s tati per forza d ’

armi , diversi di naz ione ,di

costumi di principii , di genio , ch e la romana a l te

l ll

rez za sdegnava da prima di nominare suoi sudd i ti e si

piacque posc ia appellare suoi cittad ini , e senatori e

comandanti .e impera tori pu ranch e ; dovevano"

se non

ad untratto alterare a poco a poco quella unità di di

scip l ina d ’ i sti tuzioni di costumanze , di leggi , che

formarono la potenza e la gloria di qu ella grande na

zione ,animata come un sol uomo della s tessa emula

zione per l ’ eserci z io delle armi per la col tura de lle let«

tere e del l e a rti . Le qual i nel IV secolo avevano de

climate a tante abbassamento di di gni tà , ch e non sep

pesi trovar compenso e modo migl iore a compire l ’ ar

ce di trionfo innalzato a Costantino rimpe tto al colosseo,ch e d is tru ggendo qu ello di Traiano ,

di qu e’

medesimi

m armi e di quelle mal tol te sculture rivestirle,

ed or

nario . D elle quali opere se vorrai far paragone insieme,non tarderai a vedere quanta sia la meschinit à , la sec

c h ezza e lo stente delle une , la eleganza e il bel la

voro de lle al tre . E sebbene quel l’ impera tore protegesse

grandemente i buoni studi i e nu eve scu ole aprisse per

le s cienze e nu ove d ’arch i tettura lettera ti incorag g ian

do e

'

seu ltori e pi ttori e archi te tti con ogni mani era di

p remi i e di oneri , l’arte nonfu mai ricondotta a

suoi

principi i nè i l bello ch e avea perdute seppe mai pm

r i acqu istare ; ché la munificenza de’ principi non bas tò

mai sola a rendere fiorente lo sta to del le arti . G uasta

e corre tta la massa anche i l cara ttere di quel popolo

e le v i rtù pubbl iche e il g enio creatore del le vaghe im

magini greche , delle leggiadre ferme degl i edifici i ven

nere mene . Ne i su ccessori di Cos tantino furono di lu i

più for tunati ristoratori del le arti belle ; ch è corre tte

pm sempre e imbastardi te finirono di rov inare ce lla

rovina del l’ imperie sotto i l dominio de

’ goti e degli

ostrogoti . Ebbe Teodorico in pregio e in veneraz ione

grandissima l ’ antichi tà : i l campidoglio il foro tra iano,

g l i acquedotti , i tea tri , le terme le avevano mnemo

rate di loro bel lezze . Egl i provvide al la conservazione

dei monumenti d ’

arte de ’

be i secoli,delle chiese cat

tol ich e de lla ba sil ica di S . P ietro. M u l tò di grav i . pe

ne i rubatori e mutila tori delle s ta tu e ,siccome rei di

sacri legio ; e dei marmi più pregia ti e p iù rari e di

pi tture inmusaico adornava e abbe lliva gli edific i i ch e

faceva innalzare non su llo s tile p reprie e d’ imi tazione

che dominava al lora presso i popol i goti ; ma sulle for

me e regole dell ’ antica archi te ttu ra . M a c iò non fu as

sa i a tornare in fiore le arti . Le discordie , le ins idie ,le violenze ,

le continue e sanguinose gu erre ch e lace

rarene la inferma I talia dal v al VI secol o, nonpe

tendo assicurare qu el la concordia e quel la pace fra’c i t

tad ini,nè conceder loro quell’ anime l ie te e tranqui l

le ch e sole fa volgere i l pensiero a’ begl i studi i , le

arti non fu rono p iù col tiva te e le opere ch e riman

g ono ancora di quel la re zza e tà a ttes tano i l cattivo g u

sto de’

loro col tiva tori , tanto lontano dal l ’ antico qu an

to qu e’ tempi erano diversi da quell i di A ugu sto . I l bel

le in archi te ttu ra sta tu tto nel l ’ acc‘

orde del le prope r

zioni e nel la reciproca convenienza di tutte le parti . S i

osserv i a modo di esempio il mausoleo di qu esto prin

cipe di Ravenna ,og g i convertito nella chiesa di 5. M a

ria del la Rotonda : fabbrica che appart iene senza dub

bio al la fine del v e al principio del vr secolo ; e s i ?

1 0

canza d i proporzione , la irregolarità del d isegno , i l

capriccio degli orna ti mostravano apertamente al dire

del Tiraboschi ch e i l buon gu s to era to ta lmente p er

duto . Né la scol tura era meno rozza ed informe ; nè

sorte diversa toccò al la p i ttura ; la quale se fu sempre

esercitata in tutti i1 tempi in I talia non le fu certo

p iù fel icemente ch e le du e sorelle .

D el lo s tile di quel la epoca u satonegl i ed1 fizndagli artis ti i tal iani ; poi chè ad essi megl io ch e a

’ longo

bardi medesimi vogliamo ne i a ttribu irle ; i qu al i nes

suna arch i te ttu ra naz ionale recarono di fuori nel p ae

se nos tre ; nè per la barbara loro ignoranza erano in

grado di migliorare e ingentilire comunqu e le i dee di

quegl i archi te tti e riportarli a ll’ antica sempl ici tà e cor

rezione ; di quello stile dico , ch e era p rep rio degl i

archite ttori nostri durante i l regno de’ longobard i in

I tal ia ,molti monumenti avanzano in Pavia e nel ber

g amasce ed‘

al treve ; i qu al i tutti mani festano ancora i

d ife tti di ch e vanno bru tti e deformi . Colonne p rolun

gate dal suolo al la 'semmi tà dell’ ed ificio , che passano

da un p iano al l’ al tro senza arch itrave e cornice biz

zarri capitel li orna ti di figu re d’ uomini e di anima

l i,che mal si distingue se le sieno bes tie e quel li del

genere degl i umani ; p ilastri graci l i , secchi , lung h is

s imi ; quant i tà immensa di accessori i , mal colloca ti

sovrabbondanti rozzi nel la esecuz ione ; una maniera

ne l tu tto pesante , zo tica , sgarba ta nella quale nulla

riconosci de’

buoni precetti del l’ arte ; queste’

era i l ca

ra ttere di quel l’ arch i tettura ; l’uso della quale inco

minciò a introdursi in sul finire del v r secolo , e di

venne universale nei secol i vn e vm . Ch e se durò co

testo stile pressochè generalmente fino al principiare

del l’

x1 , non pu ò negarsi ch e , disfatti i longobardi da

quel potentissimo ch e fu Carlo magno in su l finire

del l’ V…secolo le belle arti nonprincipiassero per lu i

alcunpoco a rifiorire , e migl iorasse specia lmente l’

ar

ch i tettu ra sin verso i l fine almeno del secolo rx . Ebbe

vaghezza qu esto impera tore p iù ch e a l tri mai di contraf

fare nel le nuove su e fabbriche le antiche costru z ioni ; e

p er uno s tesso genio d ’ imi tazione adornavale di antiche

colonne tolte a pubblici edific i i e di a l tre belle spoglie,di ch e andavano g ià ricchi i ve tu s ti templi . Che se i l

capitello non bene innestavasi su l collarino e sommesca

po ; e a l fu so dell a colonna corintia male adattavasi i l

capi tell o dorico ; e se la ra tta di sotto o la cinta era

di un diame tro maggiore del basamento e piedestallo ‘

c iò poco importava a qu e’

poco sime tric i archi te tti e

pu rché la colonna si s tesse ritta , e colla base o sen

za conuno ed al tro capi tel lo giungesse a misu ra sotto

1’ aree ,era p er essi la cosa medesima . Pu re unmi

g l ioramento in parte manifestessi , comunqu e p er poco

tempo , nell’archi tettura sotto il dominio di Carloma

g no ; ma certo non fu tale da ris torare o ring iovanir

l’ arte , ch e a qua ttro o cinque secoli p i u tardi dovea

rimandare i l su o risorgimento . Regnava ancora presso

ch e intieramente negl i edifici i i l cara ttere preprio di qu el

tempo : ornamenti b izzarrissimi vedevansi accoppiati a

membri archi te ttoni ci ed al tri bei resti del l’ antichi tà

arte sfe rzavasi a rialzarsi ; ma nonne aveva la for

za . In qu esta epoca fabbricaronsi le du e chiese inTu

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scania , delle quali farò descrizione inappresso . La im

pronta del loro secolo diresti ch’ è scri tta su quel le mu

ra ; diresti che leg g esi inquella confusa mol ti tudine dibassirilievi , d

’ innumerevoli colonne differenti di marmi

di forme di colore di modulo ; in quelli animal i sim

be l ici , inque’capr1ccms1 fogli ami in que’ pavimenti

a musaico . M a nonvi sono a desiderare pu ranch e avan

z i del buono sti le , nè la regolari tà del la pianta, nè la

bel la dis tribuzione delle parti nè la proporzione delle

pietre la precisione del lavoro la solidità nè unmaes te so insieme e magnifico , che fa quasi dimenticare lamancanza s tessa de’ principii costi tuenti gl i ordini , e i

d ife tti che il ca ttivo gus to avea introdotto nel la scel

ta e nella esecuz ione degl i ornamenti senza convenien

za e senza armonia .

C A P . I I .

D I SPOS I Z I ONE E C OMPA RTIMENTO D E I P I U’ ANTIC"I

TEMPL I cmsrmnr : A BBE LL I M E N '

I‘

I D I TAL I F A BBR Icnc : F O G G I A D I VE ST I RE D E G L I U OM IN I D ED I CAT IA LLA C"IESA .

P rima che io mi faccia descri ttore delle chiese tuscaniesi mi piace a invogl iare e tenere alquanto i miei

leggitori d iscorrere a lcun pece del l’ ordine e collocazio

ne delle parti più antiche e p iù grandi di siffatte epc

re , per cavarne nella s toria nos tra quell’ uti le e quel

dilettamento ch e suole sempre guadagnarsi col far pa

ragone e riscontro d’uno conal tre antico monumento.

4 9

P erch é dire da prima ch e le p 1 u ve tuste e maggiori

chiese ebbero varie forme quando ro tonda quando ot

tang olare , qu ando , e p iù S pesso , a modo delle antiche

basil iche qu ando a cinque qu ando a tre navi secondo

loro capacità. Entravi inunvestibolo, ossia portico, chia

ma to a ltresì il p rimo nartece , i l quale era lungo quantoavea di larghe zza la chiesa nè diverso dai ves tiboli del

le romane basi liche. S e nonch e piacque aggiungervi e

addossarvi talora unnartece esteriore ; unportico cioè se

stenu to da due o p iù colonne sul l’ ingresso dell’ adi to,dove poste giu le bare de’ cadaveri solevansi lasciare

co’ doppieri accesi all’ inte rno fino a che reci tate le

preghiere nonfossero forni ti gl i otli c ii di espiazione.

M a poi che nel conci lio di Nantes del 658 fu a’ mor

ti permesse d’

avere sepoltura in ci ttà , qu ivi i defunti

s ’ interravano termina ti i riti funerali .

D al vestibolo passavi nell’ a trio per le sue tre per

te , che era una vasta area quadra ta chiusa all ’ inter

no da portici , aperta al cie lo nel mezzo , pe rchè tutti

potessero drizzarvi su gl i occhi e contempla tone i l bel

le , benedire al l ’ au tore divino . E qui sorgeva una fon

te dove lavavansi mani e faccia i cristiani prima di

pene trare nel tempio , circonda ta talvol ta‘

da cancelli e

coperta del te tto,che perciò ch iamavano fia la . E l’ ac

qua era lus trale ,che benedicevasi nel di della vigilia

o del la festa del l’ Epifania. Perchè leggevi insu la con

ca e su l’ urna ch e custodiva le sante acque quel le g ra

v i e solenni parole lava i pecca ti e non pure la fac

c ia ch e suvvi scolpivano a greci e la tini cara tteri . Là

sotto i portici dell’ a trio pigl iavano lor poste i p eni tenti

20

del p rimo ordine ; ch e se fra cos toro era reo di capi

tale deli tto , di qu a cacc iavasi al le scoperte nell’ atrio ;chè gente si ffa tta pareva non avesse a meritare unluo

go che le coprisse la testa . Ed eccoti al nartece inte

riore , e specie di portico interno nel tempio ,che un

mu ro divideva dal le navi p er quanto i l tempio era lar

go : là dove per certe v as tissimo porte entravano i catecumeni g l i energ umeni e gli audienti voglio dire di

que’ peni tenti de l secondo ordine così chiama ti dal sentire 1 sermoni e

’l salmeggiare de ’ sacerdoti , e donde

erano prest i a veni r fuori al lorch é i l d iacono intimava

loro d ’ uscirne . E come era v ieta to a costoro di entra

re le porte del tempio così orale vieta to agl i ebre i ,a i gentili , agl i ere tici , agl i scisma tici e a quelli ch e

p er misfare vennero sparti ti e priva ti de’ sacramenti del

la ch iesa ; a’ qual i si dava lu ogo talvol ta ne l na r tece ;

perchè udendo la sposizione del vangelo si dirizzasse

re a ben fare e abbracciassere la rel igione di Cristo .

S e tte porte davano accesso al la nave: una ad austro,a se ttentrione l ’ a l tra cinqu e erano occidentali nell’ ul

tima muraglia del tempio . Qu i dentro e presso alle p er

te trovavi i p eni tenti del terzo ordine de tti sustra ti , ch e

fini ti i tre anni nel pianto e tre pure ne ll’ audienza

se i al tri ne avevano pure a consumare prima ch e pur

gati si ricevessero al la comunione : e quivi c i si s tavano

g inocch ieni aspe ttando ch e i l vescovo uscendo di chiesa

imponesse loro le mani . Nè mol to da que l luog o discosto in su l mezzo della nave sorgeva l

amboue o pul

p i to dove facevasi le ttura della b ibbia e predicavasi

al pepe le , e dove leg g evansi al tresì 1 sacri d i ttici , re

2 1

c i tavansi le omel ie da’ vescovi , dai le ttori i capi tol i de i

sinodi , dai nu ov i converti ti la professione di fede . E ra

la nave così parti ta ch e g l i uomini si s tessero dal ledonne di sgiunti ; e poichè anche il g u atarle o sbirc iar

le era i lleci to nel santo lu ogo , a ter via lo scandalo

rizzavansi da una parte e da ll’ a l tra de l la nave pare ti

di tavole e cancelli , perchè le donne v i si chiudesse

re a destra entrando i l tempio , g l i u omini a sinistra.

Ch e se rel igione avea ridotto a meglio i costumi, non

l i aveva per anco mu ta ti a l fondo ; perchè vedevansi

e leganti donzel le e genti ldonne in s trane portature ed

ab i ti e con al tre assai apparenze grandi ss ime veni re al

la chi esa s iccome a danza e a convito z ed al tre su

cecch i dora ti , vesti te di preziose tuniche e cariche d ianella di armille e di collane fare ostentamento di lo

ro persona , traendo dietro gran codaz zo di schiavi ed

eunuchi come g ià le vani tose ma trone dell’antica Ro

ma . Nè i predicatori erano mu ti ; nè s i tenevano dalriOrdinarle a lla virtù di umi ltà , ch e raffrena l’ a l tezza

del l’ anime e fa spregiare e tenere a vile sè stesso. M a

e’ grida vano a

’ sordi .

D al la nave dividevasi i l coro p er uno o pu i ord ini

di bal austri , dove aveva posto i l cheri ca to . D al coroseparavasi il bema o iL santuario conun chiu so di ta

vole , l à dove aprivansi tre porte e quella di mezzo p iù

ampia dicevasi santa . Qu i sedeva i l vescovo ed aveva

suo trono , e come i l luog o ch iudevasi insemicerchio,dicevasi anche abside o tribuna o ca lcidico. D entro i l be

ma sorgeva l ’ a l tare , che uno era nel tempio ; ma niu

no de ’ sacri minis tri in fu ori poteva colà pene trare

che inaccessibile era a’ p

'

rofani e agli stessi imperato

ri, se non per farvi oblazione . D a questo luogo , sic

come destina to a’ minis tri di D io , s . A mbro g io ribut

to addie tro l ’ imperatore Teodosio ; l a qua l bru sca l icenza g li bas tò a l lora a non entrare più mai nel san

tuario. C into com’era i l santo luog o di tavole ,

-pri

ma della consacrazione tiravasi un velo su l l ’ altare per

levare à’

eatocumeni e agl i infedeli la vista del le arca

ne cose e de’ santi misteri , ne’

ri traèvasi se prima i

diaconi non l i avessero rimanda ti dal tempio . E ra l’al

tare una sempl ice mensa quadrilatera e se vu oi tal

vol ta anche rotonda ,coperta di un panno l ino , nu da

di croce , di cande ll ieri di statue , donde celebrando

il sacerdote teneva rivol te il viso al la plebe. Nè essen

de per anco sciol ta la legge che dava la croce a pe

na de’ malfattori abol i ta da Costantino dip ing evasi

ne ’ primi t emp i della ch iesa i l crocifisso , ma solo della crocé l

’albero , nè prima del I I I secol o sembra ch e

si facessero immagini di N. 8. su l la croce confi tto ; seb

bene i greci , a i qual i ri fuggi animo ri trarlo lacero

e sanguinoso , ve le ponessero a modo di trionfante e

di re colla regia benda e la mitra p entificale sul capo .

Più tardi fu dipinto e scolpito come l ’ uomo di tutti

i dolori ma 1’ unp iede facevasi dal l’ al tro divise e due

chiodi distinti conficcavano un 1’ altro su la trave ;che il sovrapporg l i i piedi si tenne opera di p iù rc

centi eretici . E come i l facevano agonizzante nonmer

to , la corona di spine non g l i assestarono in tes ta , né

al cos tato gl i aprirono la l arga feri ta ; e solo vedeva

si alcuna volta sbarrata su la brece la scri tta ]. N. R . I .

24

e prova ne sono le prime offerte fa tte dai fedel i a’tem

p i degli apos tol i perchè lampade ardessero di conti

nuo nelle chiese ; le qual i offerte crebbero poi a tan

te nella età del Cri sostomo , che nonsi tenne dal farneacerba riprensione a

’ dona tori , che trascu ravano per tal

modo di fare l imosina a’ poveri . Qu indi antichissima

la consuetudine dei lumi ne l la ce lebrazione de’ sacri ri

ti e negli esorcismi . Nè solo davasi e l io comune alle

grandi lucerne , che si appendevano d inanzi alle imma

gini e al le rel iquie de’ martiri e alla 8. Eu cari s tia , ch e

fino al IV secolo conservavasi so tto le du e S pecie di pa

ne - e di vino in vasi a forma di colombe ch e S penzo

lavano di sopra gli a l tari ; o a’ cande labri a p iù brac

ci p rode tti a foggia di alberi e di ghirlande e di cro

ci ; ma si pure e l io prezioso e balsamo che sparge

va pel tempie del iz iosa fragranza. D el res to grande fu

la semplici tà delle prime chiese quando d ipinte conal

cune isterie del vecchio o del nuovo testamento ,quan

do con immagini di santi che patirono per la fede i l

martirio : ché la Vergine col Bambino in grembo non

si ri trasse prima che gli eretici nel v secolo non im

pugnassero la divina ma terni tà ; al lorchè al la salu tazio

ne di Maria fu aggiunta la seconda parte che pur la

saluta madre di D io. Nè sempl ici meno erano le vesti

di che abbi g liavan5i i sacerdoti . Ch è innanzi al IV se

colo nè i vescovi si copri rono il capo di berre tto o di

mi tra tol ta forse dal la infula de’ sacerdoti e g izi i ed el

lenic i ; nè innanz i al secolo V I I I ebbero quel la si al ta

e b ipuntata , che oggi torreggia loro su l la tes ta al mo

do stesso ch e i pontefici nonportarono t iara , ch e li scia

25

e sempl ice era , prima del x , finchè A lessandro 1 1 1 vi

c inse una corona , cu i Bonifacio VI I I al tra ne ag g iun

se e Clemente v la terza . E di legno fu a forma‘

di

grucc ia il p astora le , ri torto in cima , l iscio nel mezzo,puntu to nel calcio : figura del vmcastro , ende i l pasto

re governa su a greggia. I l p a llio , arnese a foggia del

la p ianeta moderna fu ridotto ad una s triscia di lana

segnata di croci e da ta a d istinzione agli arcivescovi .

A nche la stola rappresenta forse la sopravveste chiama tacon qu el nome : i l fazzole tto bianco , col quale si cin

geva i l colle , acciocch è i l su dore nonde turpasse i l ve

stimento e ch e fino al secolo V I I I si tenne dai sacerdoti in chiesa scoperte fu muta to insacro g u ernimen

to , ch e dissero ammitto : nel manip olo fu convertito nel

IV secolo il tovagliuolo che teneva al braccio manco per

pul ire i vasi sacri chi serviva alla sacra mensa , e con

cui il sacerdote asciu g avasi l e lagrime e il vol te nel cc

lebrare i l sacrificio . La casu la e da lma tica è la p enu la

antica che era una veste mennobi le e ristre tta che

serrava l’ uomo a lla vi ta e conuna specie di tasca

quadra ta pendente al la cintura e chiusa intondo fuer

ch è al capo. Quando alla lana sos ti tuirono i fili d’ oro,e s’ aggravarono di

g emme e r1 cam1 treppe pesante

riusciva al sacerdote i l tenerla alzata sul braccio ; ta]

ch e venne fessa ai la ti e formessene la p ianeta . S imi le

nel la forma al la casu la era la cap sa ; ma di lino bian

co ampia e talare senza maniche usa ta dai diaconi fi

no al secolo V I . E dal l’ antica capp a , S pecie di lungo

e largo pallio che scendeva al piede e ‘

si adoperò nel

le processioni in tempo di piova,venne il p iv ia le, ch e

26

ri tenne il nome di cappa fino al secolo x ; qu ando la

sc iò e nome e cappuccio che cangio inun d isco p enzelone e frangia to all e spal le a ll

’al tra capp a cora le che

non abbisognando più a intiepidire i l freddo delle aspre

notti d’ inverno durate da’ sacerdoti nel lungo e con

t inuo salmeggiare , s i fece poscia un addobbo o abbi

g l iamento di persone riguardevol i per d igni tà e grado

d’u ficio. E il salmeggiare fu g ià la del i z ia de

’ primi

tivi cristiani ; ma con poca flessione cantavasi e simile

ad uno che parli con armonia p iù che canti innanzi

che s . A mbrogio e s . G regorio magno vi applicassero

de terminate canti lene . Prima del l’ V I I I secolo dividevasil’ u f ficiatu ra in tre parti ; all

’a lba , a sera p rolung an

dola a notte ed a terza poscia in sette ; e i l popolo

ne fu escluso ; il quale ad ogni pausa del coro scel te

ripeteva prima I’ antifona e canto al terno e g l’ inni co

me ancor oggi a lcuna vol ta si pra tica .

Nè in coro potevasi entrare senza la tunica bian

ca ch e si fece poi camice ,nè senza aver coperte i l ca

po col cappuccio del birre sopramantello che a l lora gl i

ecclesias tici avevano di color rosso ; donde poi la cap

pa breve e mezza , e mazzetta , che dir si voglia ; ve

stendo essi di rosso , di g ial lo , di verde ; finchè depe

i l secolo X I I I fu per legge fatto loro d ivieto d’ ogni al

tro colore ed obbligo di ves tire a nero . E come la ve

ste talare che usavano fuori di chiesa era l’abi to cen

sucte de’ filosofi e degli uomini onora ti nè vani cosìl ’ unico d is tintivo de’ sacerdo ti fu i l radersi i capelli

lasciandone solo una corona , che poi si rappiccini in

una rasura rotonda in sul cocuzzolo del capo ; essen

doch e mol ti de ’monaci e rel igiosi continuassero a per

tare quel la p iù antica cheri ca a modo di corona ce’ca

pelli tonduti di sotto .

C A P . I I I .

DES C R I Z I ONE D E L TE MP I O D I S o MAR IA MA G G I OR E

Bella , maes to sa ornata di colonne e d i scul ture

è la fronte e faccia del temp io con tre grandi porte

che davano entrata al le tre navi ( I ); ché la terza a ri

sparmio di spesa per la imposta fu da que’ buoni ca

nonici delle scorso secolo serra ta con muro ; tanto piùche oggi come al lora per la gente mescolata ogni uscio

è buono che prima non lo era nè femmina sari a en

tra ta in chiesa per quello degl i u omini ch e non fosse

tenuta peggio ch e la versiera D u e lioni di marmo

s tanno guardiani al la porta di mezzo , ch e è de lle tre

la p iù ampia . Questi animali allu dono a que l lione del

la tribù di G i uda , ch e è Cris to ; e a lla vigilanza inch e

dee s tarsi l’ uomo d’ ogni tempo ; sicchè sia degno di

fuggire la ria ventura . Oltre le lunghe e magre colon

ne ch e sorgono di qu a e di là del le pare ti tagliate a

nicchia , su le qu ali gira e s’ incava una volta marmo

rea ornata di fogl iami e di certi ri sal ti a modo di cor

doni sportanti infu ori , vedi le s tatue di s . Pie tro e

s . Paolo fatte di ril ievo e s0 5pese su g l i s tipi ti del la

porta ; qu esto col la spada che g li cavarono dal pu gno,e un ruotolo senza scri tta nella sinistra

'

mano ; qu ello

coll e chiavi ed al tro papiro svol to e tabella , dove le g

28

gi PETRE L I G A ma i l principe degl i apostol i s i

sta qu i a lla sinis tra di lui ; le ch e g ià osservammo al

tre vol te in al tre antiche opere della stessa o più vec

chia da ta scolpite o dipinte. I l Baronio cercando la ra

gione di siffa tto collocamento crede che ne lle cose sa

cre sia s ta to più onora to i l luogo sinis tro e menpre

g ia to i l des tro come pre tende provare col l’ esempio

della benedizione pa triarcale di G iacobbe ; incui mu

tato l ’ ordine de l le cose si cambiò la di ri tta insinis tra

per ragione di degni ta ; e coll’ esempio al tresì de ’

roma

ni , presso i qual i la sinistra parte era stimata di mi

g l ior augu rio . I l Caracciolo p resso l’A lbazio cong ettu

ra che siffa tto’ cangiamento di pos itura che vedesi an

cora nel sigi llo di “piombo da imprentare le bol le papal i venuto inu so nel pontificato di Pasqu ale I I l ’ anno 4 099 colla immagine di s . P aolo a destra del la cro

ce ch’ è sul mezzo e di s . P ie tro a s inistra , sia nato

per’

trascuraggine degli intaglia tori ; i qu al i indicandos . P ietro al la dri tta e alla manca s . Paolo ,nonbadarono ch e nell’ impronte sul piombo venivano quelle te

ste a mutar si to , come è appunto la na tura de’ sigi lli,

che stampano le figure incise dalla parte contraria al la

parte principale d iri tta. I l p . M amach i d i stinguendo irari monumenti che abbiamo in vetro in bronzo in

marmo in pittura inmusa ico ed in avorio dimos tra

come in alcuni vedesi efiì g iato al la stanca s . P aolo

in al tri 5. Pietro , e depo aver confutate l e spieg azio

ni da te da al tri su ce lesta preferenza di s . Paolo, os

serva ch e spesse volte nel le medaglie degli impera toried inal tri monumenti genti leschi e cris tiani quegli s i

29

t iene pm degno ed onora te che rappresentato inat

te di fare qu alche movimento , g esto e cenno ce lla di

ritta si collochi alla sini stra dell’ al tro . Quindi esso ar

g omenta che s . Pie tro , i l qu ale nelle pitture e scel tu

re antiche e nelle al tre memorie de’nostri maggiori sta

al la sinistra di s. Paolo , ma ce lla mano destra messa

per le più e piega ta verso di lui , come pier accennargli a lcuna cosa , fu riputa to p iù eccellente di P aolo.

/E

a questa sentenza noi ci s tiamo contenti ; perchè anche

qui vedesi il capo degli apostoli cedere per la s tessa ra

gione a lu i la diri tta S iccome quello ch e tiene colla

destra mano quel le somme chiavi , allusive alla pentificale autorità o signoria di legare e di sciogli ere , per

la qual e i degni riceve e gl ’ indegni isch iude dal re

g no ; dichiara ta al tresì in quella scritta'

del P etre lig a

che tiene spiega ta nel la sinistra : che se manca qu ella

targa di indicare che per au torità delle chiavi iscioglie ,

siccome lega , forse inqu ella ch e h a da to inma

no l ’ artis ta a s . Paolo doveva leggersi P au le sol ve "

ma egli senza accennarlo conisèri ttura ti fa leggere chia

ramente quel verbo nel fi le della spada ch e nuda ave

vai r ecata inmano. E vagli a il vero : Cris to medesi

me in alcuni monumenti si rappresenta alla sinistra di

s . Pie tro , e del cieco evangel ico ; come 5. Paolo inunoscu de tto inbronzo pubblica to

"

dal G ori sta alla des tradi Cristo : nè per c iò vorrà alcuno dedurre ,

che Nos tre S ignore e a s . Pie tro e al cieco e a s . Paol o fos

S opra architrave del la porta vedesi scolpita in

marmo la Vergine col Bambino ; e da unla to è l ’ ag nel

30

lo e ag nus D ei ; dal l’al tro il sacrificio d

A bramo e

B a laam insu l'

asina ; colle quali figure , che assai p ia

cevansi gl i antichi cri s tiani di ripetere ne’ luog h i cen

sacra l i al cul to divine a ricordo di rel igione e de’ misteri di nostra fede , al ludevano al sacrificio ch e di sè

stesso offerì Cristo a l l’ Eterno Padre ; siccome al la pa

zienza , che l’ uomo non dee mai rinnegare ; essendo

chè ella sia radice e gu ardiana di tutte virtù .

Un portico pens ile formato di piccole colonne e

brevi archi a tutto ses to e sua gronda sostenuta da un

corni cione parimente marmoreo sotto al cu i gocciola

toio vedi molte tes te di varii animal i che fanno u fic ie

di mensola , adorna i l mezzo della faccia ta ; a l di se

pra del qu ale apresi i l grande occhio e fines tra roton

da ricca di colonne tte di marmo e fasce di p eperiho ,

che girano su i capi te ll i e sotto le basi e dentro a qu el

le fasce s’ incassano. E come studiavansi gli antichi ciò

ch e poco fa accennammo di rifl e ttere in emblemati

che rappresentaz ioni e allegorie l e veri tà e le sante co

se rbe i Padri scr1 vevzmo ed insegnavano della rel igio

ne nostra santissm a ; così nel l’aqu i la , nel bue ,

ne l lio

ne e nell’ ang elo vesti te com’ ei pra ticavano al lora di

lunga e increspa ta tunica , scolpi ti in sul prospetto su

periore sono simboleggiati g l i evang elisti . E inque’

g ri

foni a la ti posti a’ la ti es tremi del portico sospeso e l i

brato s iccome inquel l’ aqu i la g ri/‘

ng ua e nell’al tro fic

ro l ione e nel serp ente insieme aggroppa ti e abbrancanti

qu ando unfanciu llo ,quando un v i tel lo , qu ando uomo

barbu to , che pe sano su I’abaco del le du e colonne S p i

ral i a’ fianchi della porta , aventi a basamento 1 due

32

d iedero universalmente l ’ ul time crollo e giacquero rav

VO l te , la pittura S pecialmente e la scol tura , nel la più

misera rovina . E vedra i di fa tto ch e pos teriormente

a lla prima epoca della fabbricaz ione di questo tempio,furono aggiunti due archi nello interno delle navi per

accrescerle ed ampl iarlo al bisogno del la crescente po

polazione ; c iò che dal la epera s tessa o maniera di fab

bricero men fini ta e d iversa si fa a tutti mani feste . E

qui vo’ne tare col d ’A gincourt , che la maggior parte

dei difetti che trovansi in cotes ti intagl i e sopra tutto

la mancanza d’espressione nel l e testo, la monotonia del

la composi zione la nessuna legge di prospe ttiva la

durezza delle a tti tudini e de i -panneggiamenti possono

a ttribu irsi alle rigorose leggi che i l cul to imponeva agl i

artis ti ed insieme alla propria loro ignoranza. Non

potendosi a l lontanare dalle minime regole prescritte lo

ro dalla disciplina ecclesias tica, né da’ cristiani adoperan

dosi pagani artis ti per la esecuzione delle O pere d i cheabbisognavano ( perchè e

’ pareva indecente ch e i loro

templi abbelli ti fossero con lavori di mani ch e puti

vano del l ’ incenso idola trie )si erano g l i artis ti forma

ta una specie di li turgia pi ttoresca , e meccanicamen

te imitavano copiando qu e’ tali modell i che avea l ’ uso

approvato. L’arte presso g l i e tru sci nelle pi tture e fat

ture de’ loro vasi fi ttili che es igeva i l ri to , fu circo

scri tta in s tre ttissimi l imi ti per l a s tessa cagione. Pure

siffatte composiz ioni ; comunque senza grazia e genti

lezza di sorta condotte e d i una invenz ione che sor

passa quanto si può immaginare di strano e bizzarro,h anno unnon so quale carattere di digni tà e maestà

03

Cr.?

insieme , che le t i rende care e preziose e del maggio

re interesse . Erano ques te le prime e poche scinti lle di

qu e l la fiamma ch e grandi ssima doveva sorgere ad i llu

minare i l mondo nei secoli X I I e X I I I mercè del cristianesimo e de lle cure de’ generosi pontefici , ch e favorirono

e sostennero i l risorgimento e i l progresso delle arti .

I l tempio di S . Maria h a di lunghezza palmi 4 4 6

archi te ttonici ; è largo al l’ ingress o pa lmi rom. 84 e

di a ltri qu attro p iù ancora s’

allarga là dove h a prin

cipio i l santu ario a cu i s’ascende per tre grad i . E tre

sono le navi ch e divi dono due ordini di colonne , su cu i

voltano belli e sfega ti archi a punto fermo e su lle qu a

l i si levano al tissime le pare ti della nave di mezzo , non

belle o vaghe d’a l tro fregio ch e d’

una sempl ice corni

ce ch’esce dolcemente dalla dirittu ra del piano ov’ è

affissa poco a l di sopra del cerch io degl i archi , ed a

cu i fanno sostegno p iumacc iuol i o seedoni de lla s tessa

pie tra con sce l tu re di teste animalesche ed a l tre b izzar

rie molte e d iverse . E le colonne furono tutte da pri

ma di pittu re coperte. ; del le qu ali avanza parte delle

intonaco e del le figure , ch e a temp i mol to p iù tardi

presero a colerirvi : ‘e di poca luce furono le fines tre

semici rcolari aperte in su l l’ al to di qu es te pare ti , dal

le qu al i entrava ancora luce p iù dubbia sotto le S p a

zioso te t to , chiuse com’erano in lu ogo di vetri rari

ancora nel secolo XV, da tele bianche inol ia te o da la

s tre trasparenti di marmo . A lla qu ale sempli ci tà tanto

conveniente al la maes tà e purezza del la crist iana rel i

g ione corrisponde la impalca tura , ossia l ’ ordine delle

travi ordina te a reggere i l te tto nudo di soffi tta a re

o’:

seni nè coperto di volte dora te ; i l quale pieve a du e

bande e lascia ch e tu tta si veda e si ammi ri la soli

dità di ques t’ opera : e come inca tenine bene le travi

la forte muraglia e saldo sia i l comignolo e salda la

spina ; e il monaco o trave tta corta piombi di mezzo

al caval letto robusta su l l’ assicciuola o tirante del le tra

vi la maggiore ch’è in fondo passando fra l i due pun

toni e trav i ch e dai la ti vanno ad unirsi nel mezzo

e come infine puntino bene nel monaco e ne ’ puntonii due corti legni , o le razze .

Un ambone (3)orna to d’assai fantasie e di marmo è

sostenu to da qua ttro tozze colonne , su lle qual i posano

a l tre t tanti archi che fan vol ta ad unpiccolo al tare che

al d isotto vi fabbricarono . E l’ ambone sorge a mano

stanca della nave maggiore , largo abbas tanza a capi

re mol ti cantori e le ttori , là dove sono i tre gradi per

ascendere al santuario e bema che vog l ia dirsi . A ven

do noi g i à parlato di co tes te ringhiere o quasi pulpi

t 1 non c1 fermeremo a dirne al tre parole ; nè entran

do nel sacrario descriveremo ciò che era di moderne

vi trovi ; avendo i l luog o mutato l’antico s ta to e la pri

mi tiva su a d isposizione . M a non taceremo del mag nifi

co a l tare , e del ciborio o tabernacolo che qua ttro anti

che colonne , tol te d’a lcun tempio p ag ano , sorreggono

e levano in al to , orna to di buone pitture , comunque

posteriori d’assai al l

’ epoca , in cui fu edifica to . E la

mensa è semplice che s’ innalza su due gradini di pie

tra che g irano a ttorno al gran padiglione , cui fa co

perch ie una grossa pietra quadri lunga assai spertante

da tu tti i lati . L’al tare , parte più eminente della chie

sa quasi a l ta ara , significa G esù Cris to ; e vol taVasi

ad oriente perchè a qu e l la parte solevano pregare i cri

stiani , i qu al i a meglio esprimere la uni tà di Cristo ,e una fede e l ’

una rel igione che dee professars i , uno

e solo ne facevano da prima ne’ templ i ; siccome unse

le sacerdo te ordinavasi per ogni chiesa ; sicchè dal nu

mero del le chiese quello raccog l ievasi de’sacri minis tri .

In progresso di tempo , gli a l tari moltip l icaronsi si fato

tamente , che a’ tempi di s . G regorio tredici g ià ne

contav i inuna chiesa , com’e i s te sse scriveva al vesco

vo Palladio .

E qu i vedi ne lla e s trema parte del sacrario , ch e

ch iudesi in semicerchio , chiamata perciò abside o tri

buna qu asi tribuna l ; perchè ivi era la sedia di mar

me del pontefice i l trono del vescovo che sol levasi

per a lcuni gradi al di sopra del sedile dei preti il

qu ale gira inmezzo cerchio‘

siccome vol ta la muraglia

da l l’ una parte e l’ al tra del trono .

La tribuna , qu esta parte principale d ’ ogni sacro

edificio è dipinta di preziosi affreschi per la s toria

del l’ arte . I l S a lva tore in forme gigantesche ne copre

la vol ta ; g l i ap ostoli la parete più bassa per quanto

s’ incu rva e s’ a llarga . E gli apostoli sono effi g iati scalz i

e co’ libri degli evang el i i inmano ; siccome quel li chedovevano andare pel mondo predicando la dottrina del

S alvatore e la seav ità del g iogo della su a legge divina ;la qu ale non fu divu lga ta appena ch e i popoli p iù fe

roci e barbari ammansarono e abbracciando il cristia

nesimo si s trinsero insieme in quella beata pace edunione che li fece tutti fra telli . l e noncrederà che in

36

qu el l’ usciolo ed armadio aperto nel muro ch’ è di

mezzo alle figure rappresentanti g l i apostol i ,’

si cu sto

disse la s . Eucaris tia , ch e i primi tivi cristiani sicco

me dicemmo , serbavano inuna colomba d ’argento ap

pesa sopra l ’ al tare ; ma che i più tardi conservarono

ia_

somigl ianti armadi i poco l ungi dal maggiore al tare

fm’ oltre la metà del secolo V I ; po ichè so bene che i l

conci lio I I di Tours celebra to nel 567 ordinò che fesse custodi te il S acramento dentro un’

area e sca tola ap

p iè della croce del l’ al tare , abol i to ogni al tro antico co

stume . Là dunqu e avranno colloca te reliquie di santi,

g l i olii benede tti ed al tre d ivozioni e sante cose siffat

te ; poichè la nos tra chiesa fu certo fabbricata p i ù se

col i dopo la sanz ione del canone di quel concil io .

M a l ’ epera p iù bella p iù s ingolare e pregia ta , e

che sola faria l ’ ornamento d’

una ci ttà me tropol i , è la

s toria del g iudizio uni versa le d ipinta nel l’ al tissima pare

te e,

larga megl io assai ch e 35 palmi romani ch e dri t

ta s ’ alza al d isopra della tribuna e ch e essendo l ’ aspet

to p rimo del nobi le ed ifiz i o si sforzarono sempre g l i

artefici di darle maestà grand issima e decoro . Qu ivi

dunque prese l ’ ard i te d ipintore a figurare i l risorgi

mento de ’ morti ; i l parad iso l’ inferno ; e mentre vedi

là uno scoperchiare di sepolcri , uno S portar di teste ,

unrizzarsi degli a ttoni ti defunti , ti p ar qu a di sentire

i l suono delle angel iche trombe che al G iudizio l i chia

mi : e là vedi angeli cacciare i dannati conlunghe forche

inmano entro un lago di fu oco : e più inal to la corte

di paradiso ,e Cris to nel mezzo c irconda to da angelico

core sedute infra gl i apos tol i ch e h a da to sentenza.

37

In questo giudiz io veg g iamo le opinioni del pi tto

re nonmol to dissimi l i da qu elle del la vi sione …di fra te

A lberi co ed in parte del le stesse D ante A l ighieri ; im

percioch è v’ è figurato un gran dimonie a bocca S pa

lancata entro la qu ale certi d iavole tti infornano con«nu

tridente le anime de’ dannati notanti nel fuoco ; ed egli

addentandole le inghiotte e le rende p el di sotto, don

de precip i tano e si perdono nel la bocca d’un dragone,

ch e chiu de i l piedu ccio de l l ’ arco : la qu al figura del

diavolo divora tore de lle anime ripeteva l’ O rg a gna nel

medesimo secolo p er modo qu asi somigliante nel suo

Inferno in s. Maria nove l la di F irenze , ch e dispose se

condo la invenu one del l’ A l i g h i er1 , e nella storia al tre

si del G iu dizio del campo santo di Pi sa. Perchè lascian

do di prendere argomento dal l ’ unica corona di ch e van

no fregiati i triregni di qu e’santi pontefici fra i beati

qu i raccol ti nel cielo costume ch e rimonta a l la età

di Bonifacio V I I I e di Clemente v i l p iù sicuro argo

mento a portar sentenza sulla vera epoca di questa p i t

tu ra dee pigliarsi dalla pi ttura s tessa , siccome dai ca

ratteri ch e segnati v i sono ; l’una e g l i al tri del la epo

ca del suo . ri sorgimento : cioè a dire di una scu ola i ta

liana , che avea g ià fa tto di grandi prove per l iberar

si dalla imitazione del greco stile ed era pu re riuscita

a lodevole fine . Perchè ognun vede di qu ale interesse

sia cotes ta rara O p era per la scu ola del l ’ arte e inquan

to pregio debb ’essere tenu ta da tu tti coloro che si piac

c iono dello stu dio del disegno e della scienza de l la p i t

tura. Che se in parte la d isposizione le a tti tu dini , i l

di segno , i l panneggiamento e qu ella monotonia coman

38

data forse dallo S piri to religioso del l’ argomento pale

sano ancor qui una certa influenza della scuola greca

sulla la tina ed i taliana , trovo che le carni megl io di

pinte e conmaggior veri tà nonh anno p iù l’

aspetto di

S piacevole prodotte da contorni troppo secchi e neri

quelle pieghe dri tte e mesch ino che p rolung ansi sulleves ti partendo dal l’ al to g irano meglio inparte e terminano conmaggior dignità ; quelle proporzioni esagera

to delle g uancie e del naso sono più aggrazia te e pre

sentano maggior nobiltà nel carattere ; l’a tti tudine e i l

movimento delle figure h anno pure g ià mol to del l’an

tico grandioso p iù espressione nel le tes te p iù correzio

ne nel disegno , più certi g li sguard i , meno monotonole forme . E i colori al tresì sono appl ica ti conqualche

degradazione : meno brune le tinte lumeggiate qu a e

colà con chiaroscuri dis tribui ti talvol ta al l’azzardo

, ma

tratteg g iato alcnn’a l tra con pennello fine e men dure .

E questo fu il princip io del miglioramento del la pittu

ra ia Ital ia ; la quale fu barbara e smanierata quando

più qu ando meno fino ol tre i l 4200 , e nel quale l’ar

te , abbandona ta la G recia , progredi benchè l entamen

te verso la perfe z ione , ch e seppe alla fine raggiunge

re due se col i depe . M a ques ta opera cosi preziosa, ch e

pochi conoscono fuori de’ toscanesi e pochiss imi ne san

no i l valore , abbisognava di una mano benefica e p e

rita ch e ne ristorasse i danni e la ne tta sse del la polvere e del fumo ch e nascondono molte sue bellezze e qu a

s i per intiero non poche fig ure . E a questo provv ide i l

benefico G overno ; il qual e intento sempre alla conser

vazione degli antichi e pregia ti monumenti d’ar te h a già

di delle palme e il giovedì santo gl i erano lava ti i piedi : al saba to i l vescovo , dig iuno e ves ti to di b ianco ,ripetuti gli esorcismi la Imposm one delle mani la un

zione agl i omeri e al pe tto ve l tavalo ad occidente e

ne udiva le tre solenni rinuncie . Professa ta la eroden

za entrava i l candida to decentemente nudo nel l’ acqua .

I minis tri inbianchi arred i g l i sommergevano tre volte

i l capo inmemoria della sepoltura triduana di Cristo ;e il vescovo gli versava sopra l’ acqua colla forme la ri

tuale ; indi baciavalo. A l tro sacerdote ung eva g l i la te

sta del sacro crisma , g l i imponeva i l velo bianco , c in

gendolo talora di fiori di mirto e di palma ; poscia g l i

lavava i piedi , che al cuni neofiti portavano scal zi perotto giorni .

S e femmina doveva ba ttez zarsi , quando al tra va

sca non fosse nel battisterio , la piscina veniva fascia ta

da cortine per modo che solo per via del l’ u di to fosse

i l vescovo fatto accorto ch e la persona era entra ta nel

l’ acqua . Perchè portato i l braccio al di dentro delle

cortine sosteneva egl i p er mano la cand idata , ch e era

tufl'

ata nel l’ acqua dalle diaconcsse cu i prima d ispogl ia

vano , lavavano ,ungevano e rives tivano poi del le ve

s ti . E presa dal vescovo la candela , riceveva nel cavo

della mano des tra coperta d’

un panno l ino al la qu a

le faceva puntel lo della sini stra ,il sacro pane , e ing h iot

ti tolo beveva del calice spor to dal diacono sorbendo con

sottil issima canna ; c iò che fecero anche i fanciull i ;comunque p iù tardi il sacerdote dasse loro a su cchiare

i l dito tinto nel cali ce ; poichè ad essi non d is tribu i

vas i il sacro pane , ma si latte e miele , e inoltre d ieci

l i l

si lique , o che ne i diciamo ag nus D ei . R eei tavasi allora

il principio del vang elo di s . G iovanni ed assis tenti

sempre i padrini garanti del la fede e della vi ta dei neo

fi ti , i l no taio ne reg istraira i nomi negli a tti . I l bat

tezzato schivava per otto di i S olazzi assisteva al la mes

sa , al sermone , alla comunione portava una benda

sulla fronte per ceprire i l crisma : scorso quel tempo

deponeva la vest e bianca , ripigliava i calzari ed era be

nedette . D urarono siffa tte cerimonie secondo 1’ antica dia

scip l ina fino al secolo X I , e nel X I I cessarono del tut

te ; quando s’ introdus se"

l ’ uso di fare i l battesimo p er

infusione ; ossia col versare del l’ acqua che fa i l sacer

dote sul capo del bambino ,come oggi ha in costu

me la chiesa . Cu rioso è il vedere inuncapitello di co

lenna mezzo chiu so entro il muro ch e gu arda i l ba tti

sterie , scolpiti ed effi g iati inmezzo a due dia coni tre

di quegli inferiori ch erici ch e di cevansi suddia coni , let

tori e cantori ; dai qu ali s iccome di più basso grado a

meglio dis tinguere que’ due di maggior digni tà li fece

l’ artista della persona più grandi ch e gli al tri, e que

sti d ’assai umi le e piccina s ta tura . Qu es to monumen

to , comunque rozze è per noi sing olari ssimo serban

de c i l ’ abi to proprio de’ diaconi ch’era la cap sa i

qu al i avevano al tresì la cura di ordinare i l ba ttisterioe preparare l’ Incenso ; v edendosi appunto fra que’ chel‘

I C-l m1nor1 qu el le che reca inmano i l turibi le , nel quale l ’ incenso s’ incende, vestito di quella cotta l ina, ch

’ era

propria di questi dell’ ul timo onore nellaUscendo dal tempio ti vedi davanti una torre qu a

drata , nonal tissima , ma di grave me le che eressero

4 2

qui dirimpetto al la basilica per tenervi sosp ese le c am

pane e chiamare i l pepolo al l’ orazione. Ques ta torre

che fu ’

abbe lli ta di varie apparenze di più piccol i e piùgrandi archi fi tt1 z1 1 sem1c1rcolari h a vari arch i apert i

nel mezzo e nella sua sommità -alle qua ttro facce , per

chè il suono delle campane appiccate sopra cas tell i dilegno uscitone fuori venisse meglio al l

’ orecchio dellegenti lontane . Mol to si questiono g ià del le origini di

questi s trument i ; ch i a ttribuendone la invenzione al

pontefice S abiniane ele tto papa nel 604 ; ch i a s . P ao

l ino vescovo di Nola nel 4 1 0 ; donde vogliono che

pigliassero nome di camp ana e di nola : le che è— s tra

nissime ; e ssendoche il medes imo vescovo descriven

do ne l la X I I le ttera a S u lp icio S evero a parte 3 .

par

te la basi li ca da lui fabbrica ta non faccia men

zione de l le campane e del campani le ; perchè dee ritenersi che la

'

sua basilica non avesse ancora nè le une

nè l’ a l tro. E d icasi lo s tesso del l’ avviso de’ primi ; pe i

ch é non parlando Anas tasio nella vi ta di quel pentefi

ce ch’c i fosse autore di si fa tta invenzione , ognuno ve

dra quanto c i andassero lontano dal vero . Nè megliocer to pensaronoquelli che a S . G irolamo regalarono l

’ ono

rato ti tolo di primo trova tore del le campane ; nè quel

li che a s . S e '

vero vescovo di Napoli , nè quel li che adal tri di qu egli s tessi tempi avendo già provato solen

nemente i l Cance llieri , quante s’ ingannassero coloro che

hanno creduto si antico uso nelle chiese de’ sacri bron

zi . D ico ne lle chiese ; mentre sapevamo che vere cam

pane chiamarono già quei di l asso di Caria al merca

to de’ pesci : che campane furono sospese al mausoleo

di P ersona e udivansi mol to lontano quando il vento

soffiava ; ch e a Roma ve ne aveva puro indicanti I’

era

del bagno ; senza d ire do’ campanel li collocati da A ugu

sto a ttorno a lla cupola del tempio di G iove Capitolino,dei nominati da P lauto , e di quelli ch e addobbarono

g li abiti sacerdotali degl i ebrei .Nuovo non erano dunque cotesto campane prima

ch e portassero siffa tto nome col l’a ltro di nola ne’

soco

l i di mezzo , e che forse venne a ques ti s trumenti da

a lcuna fonderia che fu nella Campania assai nomina ta

per la eccellenza del bronzo. Inquanto a noi lascian-l

do ch e ciascuno creda a suo g rado, stimiamo ch e l’ uso

di questi bronzi non fosse introdotto nelle Ch iese p ri

ma del"

V I I secolo ; quando al dire del Macri fu ore t

te dall’ impera tore Eraclio nel la basi l ica va ticana i l pri

mo campani le , assunto all’ imperio nel 6 1 0 ; S iccomec rediamo che solo nel X e nel X I lo si fosse grande

mente accresciuto quando pu re si principio comune

mente da per tutto a rizzare c ampani li davanti ed al

la to dei templi ; narrando l’A nastasio nella vi ta di s.

L eone IV an. 84 7 siccome cosa assa i rara opera ta

da que l santo pontefice , l’

aver fabbrica te nel la ch iesa

di s . A ndrea i l campanile e sospesavi una campana con

ba ttagl io di ferro , nond’

oro come male scrisse i l P a

c iaudi ; poichè se i l fare uncampani le e nOnpiù d’una

campana non fosse s ta ta cosa di que’ tempi meraviglio

sa e stupenda nonso perchè il biografo ne avrebbe

fa tto que l ricordo speciale d’onore . E poichè siamo

discorrere di campane nOnba ttez za to, del le ba tte zzato di

remo anche una parola ; al le quali, siccome leg g e nella vi

/t —’t

ta di papa G iovanni X I I I ( an. 967)fu egli i l primo a imporre i l nome al l orchè fe ’ ba ttesimo a quella di s . G io

vanni inLaterano . Cio ch e pure è assai remoto dal voi e ;avvertendo bene i l Novaes , che a ssai prima di quell

’ epoca fu in u so que l ri to nella ch iesa ; siccome l

’avver

tono al tresì que ll i che s i appoggiano ai capitolari di Car

lomagne , anteriori di quasi du gou t’ anni a papa G io

vanni , no’ quali s i -parla del le benedizioni dell e campi

no ; o nel l’ avere scri tto A lenino circa l ’ anno 770 non

esser nuovo i l benodirlo l’ ung orle e imporre loro il

nome : le che dimostra chiaramente che un tal ri to si

d i fresco nonera s ta to introdotto

Qual ‘ meraviglia poi se in tempi d’ ignoranza pe

ne trarono negli usi ancora e no’ ri ti del la ch iesa prati

che superstizioso ? Che fosse sopravvissuta la credenza

della magia lo sapevamo'

dai conc i li i e dal le leggi di

Teodosio : sapevamo ancora da lui e da al tri ch e per

al tre reliquie di pagane superstiz ioni veneravansi grot

to e boschi sacri ; che fiducia grandissima avevasi no

gl i indovini e a certi oracoli d ’ incanta tori ; che si p er

tavano amu le ti contro i l fascino e recavansi addosso fe

g l ietti del la bibbia e del vangelo sospendondol i al col lo

do’fanciulli al nascere de’ qual i s’ accendevano mol te

lampade , e da to a ciascuna nemo differente , di qu ella

ch e p iù a lungo durasse app iccavasi i l nome al noo

na te . S apevamo ancora che nel 1 022 il concilio di S e

ling stad tenute a Magonza proibì a"sacerdoti di gettare i sacri corporal i nel fuoco per estinguere gl

’ incen

d i i : ma certo parrà s trano , che i l vestire l e campane

d i ricchi panni , l’appol larle a nome conquanta si avea

4 5

voce in gola addontarne la fune e forte trarla a sè

giovassero a sanare dal malore de ’ denti mog lie che a

scas'

saTl i o spozzarl i ti in bocca , a campare dal fu lmine

e d’a l tra mala ventura .

C A P . IV .

I L C O LL E D I s . P IETRO VEDUTA D E LLA C ITTA ’

B I G ORD I D I S U A A NTI CA G RANDE Z Z A

S al ita la schiena del mente , una vasta e soli taria

pianura i rrigata dal fiume M arta , racchiusa da sel

vag g o e dirupate bal zo ti s i apre davanti . Qu a un’

apor

ta caverna pendente dal la O pposta rupe fu sep olcro agli

antichi toscani ; e di al tri mol ti in quella ru pe incavo

ti vedi ancor gli adi ti aperti , sfaldati ed infranti . Là

un vecchio p onte romano , i di cui avanz i tontarono in

vano di lacerare barbarie o ignoranza , saldo ancor si

rimane al l’ urto della rapida corrente ch e lo percu ote .

E nonson quel lo lo selci del la via Clodia rovesciato e

disperso nell ’ antico lot to ovo già riposareno ? M irano

le sos tru‘

zioni ed i marg 1n1 conservati pur oggi ed in

tat ti : E nonvedi le tracce deg li argini o del val le che

cingevano a ttorno il camp o p retoriano ? l l fragore del

le armi cesse al suono del la bu ccina del tardo pasto

re ; - i l grido di guerra al s i l enz io di morte . D eve so

no le terme si ricche di musaici e di marmi ; d ove i

sacrati , i templi , i simulacri , le s tatue di che s’ab

b olliva questa rocca dell ’ anti ca Tu scania ? M ozzate tor

ri di secoli barbari ; cadenti mu ra di opera tuscanica ;

4 6

arch i direccati d i romano artificio ecco di su a

prisca grandezza i miserabi l i avanz i , che il tempo ro

do a ttorno e consuma per toglierne un g iorno a’futu

ri ance r la memoria.

Or mira la ci ttà sogge tta , una vol ta si popolosa e

po tente. Io nondirò quale ella s i fosse allorchè i len

g obardi da l gotico servag g ie la trassero a tirannica s ig ueria. Fu al lora governa ta da un Casta ldo ch e cosi

chiamavano con.barbarico nome quel primo fra’ magi

stra ti che presiedeva alla milizia e amministrava giu

stizia al pepe le . E bene al tempo di Lu i tprando o di

preciso l’anno 74 2 trovo fa tta menz ione di unR omin

g o casta ldo tuscaniense ; i l quale , allorchè i l re ebbe a

resti tu ire al pontefice S .

Z accaria le quattro ci ttà di ‘

A me

lia , Orte , P olimarzo o B lera tol to al la chiesa da Tra

simondo duca di S pole to , e a lui da Lu i tprando rito]

to , -fu da costui invia to conA g ipardo duca d i Chiusie G rimoaldo a darglielo di nuove inpotere Nè di

rò come i conti lunga pozza la tennero o vi assodare

no il loro d ominie ; o come ce lebri fossero costoro ad

divenuti sia per l’ ampiezza del la loro giurisdi zione , sia

per la potenza e a dir megl io prepotenza loro'

. S olo di

re ch e avanzano ancora le torri che sorgevano a la to

del le case a più palchi de’ nobili e do’ potenti amatori

del la plebe ; cho p o’ frequenti rumori ‘

ch e s i l evavano

a cag ione de’ disordini ing onora ti sempre da

’ governi po

polari , mu tavansi infortezze ; da cui traevano e batta

g l iavano l’uncontro l ’ a l tro i ci ttadini divisi da quel le

perpetuo posti e contaminazioni delle se tte . S ulle quali

al te grandeg g iava il R ivellino , e casa forte colle merla

48

poscia P aolo O rsini ;'

i i quale venute qua nel mese dimarzo del 1 4 17 con duemila solda ti , e come amico

ne lla ci ttà ri tenuto imprevisamente preso a lamentar

si do’ ci ttadini che avessero congiura to di fargl i vergo

g na ; perchè da to mano a l fuoco ed a l ferro , d’arsiò

ni e di rubo e di presure s trazio orrendamente questa

misera ci ttà , ammazzato crudelmente’ grannumero di

abita tori . E seguitando i l saccheggi amento e lo occisioni

più giorni,nè maggior rispetto portando al la maes tà della religione e al l ’ e rrore del sacrilegio che porta to avesse

costui alle vi te e al l’ avere degl i innocenti ci ttadini tutto

mise a g uasto o a devastamento , tutto d isfece disertò .

Nè minor danno pa tì caduta indi a poco nello ma

ni di'

A ng ole Lavelle Tartaglia condottiero i taliano

buen soldato , v a loroso capitano e d’anime intrepi

do a lm'

alag ovel i imprese . I l quale essendosi mantenuto

al . Segu i to di G iacomozzo e G iacomo S forza '

A ttendolo,di — cui

'

era come i l primo luogo tenente , crebbe pressodi lu i in mol ta sti ina e n’ ebbe ricch ezze ed oneri .

E come lo î S forza avea ottenuto invi caria to dal p en

tefico Martino V da c ui fu la città assoluta dal la pe

nà di p agare due mi la rubbia di g rano l’anno eb di

mm nefa'

s , di che l’avea mu l tata Bonifacio V I I I,chia

ma tala altresì a magg ior vil ipendio cel diminutivo no

mo di ]‘

usoanella e ‘

la ci ttà S tessa ed al tre moltonel

la marca ed al trove ( le quali fattosi nemico de l paparitenne per forza approfi ttò costui della occas ione per

insignorirsi del paese nostre ch e poi ebbe come cosa

sua. Perchè re tta ogni lega ed amista îcol le S forza, co

me ‘

rottà l ’avea al travol ta nell’ assedio di P i sa nel 1 4 06

o postosi a soldo de’ nemici di lui ; avvenne ch e nel la

ba ttaglia di A vetta dove si trovarono insieme la par

te del Tartaglia fu vinta ,ed e i fa tto prigione , e su l

campo stesso di battagl ia come trad i tore imp icca to. La

qual e novella u di tasi appona por la ci ttà fu p er pub

bl ico decre to ordina te ch e ciascuno do’ ci ttadini i l mal

tol togli dal Tartaglia rivendicasse di propria autorità ;e ssendoche fosse s tato u omo assai crudele e rapacis

simo rubatore della qu iete e delle rebbe al trui , e in

odio e nel l’ abominazione di tutti . D ura ancora Inp i o

di la grossa t erre fabbrica ta da costui , ch e app e llasi

p u r oggi del p roprio comunque corre tto suo nome

che al tissima era e dominava la ci ttà , a memoria e ter

D a di tanta prepotenza e ti rannia ; e du ra ancora il

castello orna to delle imprese di lu i , donde dava sue

leggi al popolo a ssoggetta to e vinto.

Quaranta e più erano le cas tella ch e al trettanti

irosi baroncelli occuparono nel vasto tenitorio del Co

mune del le qu al i restano tuttora qu a e colà dove p iù

dove meno gl i avanzi delle mura dei fossi ch e lo ch iu

devano del le scarpe de’ terrapieni de’ barbacani o

baluardi del le cerche e bales triere e falzabrach e o

ca tera tte ad alzare ed abbassare porto incanalato , o

qu elle le cu i imposto giravano intorno ai cardini . E

dove puro sono quando torrioni dimezza ti qu ando sca

le a chiocciola cascanti , o semiaporto un trabocch et

to in fondo d’una torre o una finestra arenata su

d’ una fossa parete co’ sedi l i'

di pietra ancor saldi nel

vano del muro della sala forse , dove i l signore del

luog o accoglieva a consulta suoi vassalli o la sua schie

ra di ventu ra . S e megl io non era qu el la la stanza

dove appendevansi le armi di tutte specie ; elmi scu

di,palves i , targ h e , rote l le cotto di magl ia ca ta

fra tte , panziore ,cervel l iere , braccial i ed archi e tur

cass i e bales tre e lance e S padoni o s tecchi e rafli o

pennoni e stendardi ed ogni al tro arnese di giostra e

di gu erra . Perchè in alcune di s i ffatti cas tell i vede

vasi ancora non sono mol ti anni la sala dove la men

sa imbandivasi ; là dove 5’apriva que l g rande ed am

p io cammino,a tto a ce prire ce l la immensa gola S por

gente tu tto un eserci to di lance spezza te ; e deve pu

re , al lorchè sul fini re del pranzo recavasi sul tagl iere

o i l fagiano o il pavone a rrosti to,l

innamora to e pro

caval iere sedu te di faccia al la donna de’ suoi affe tti

pronunciava terribilmente sul grasso uccel lo il solenne

vo to di compiere in onore di lei le p iù stupendo e

memorabili imprese Quello'

castella furono abi

ta te da’ loro signorotti fino al secolo xv ; quando p a

p a Eu genio IV deciso di tog l iere di mezzo que’ pro

p u gnacoli di masnadie ri ch e infes tavano le strade

rompevano i traffici e tenevano la ci ttà e lo s ta to

in paure in travagl io ed in guerra lo fece assal ta

re e distruggere dalle genti suo d’armo condotto dal

card . Vi tel leschi , valoroso cap i tano del la chiesa ; e da

que l tempo finirono per sempre quel lo priva to ferle z

zo , che inu ti lmente e rano sta te già al tra volta vieta

te , o ch e a d ispe tto del divie to p iù che scemaro.s’ac

crebbero fin al lora e si afforzarone di nuovo difeso.

M ol ti pensarono che da qu i cominciasse qu esta

ci ttà a cadere in quella trista condizione dove pare

5 1

che abbia di poi invecch iato e incal l ito s iffat tamenteda non potere p iù r isorgere a bello e florido stato .

M a io p iù nel penso : crede anz i ch e que l sistema

pol itico , chiamato da unde tto autore funes ta credi

tà do’ romani ch e negava ogni onere al l’agricol tu ra ,

sia s tata la vera cag ione e potente di tanto abbassa

mento di fortuna . Inol tre l o stab ilimento do’ Comuni

e quel lo della Fou dal i tà se accrebbe il pepolo delle

ci ttà o del le terre , S popolo le campagne ; perchè ina rba tisi i contadini , ed ogni onore e privi legio ristret

to fra le mura del municip io , e dentrov i trasporta te

le manifa tture tutte e le arti , anche lo p iù necessa

rie a i laveri campestri , nè es teso beneficio d i serta

a lla campagna , l’

agricol tura dovea veni r meno o v en

no meno ; i campi in parte inselva tichi rono , in parte

rimasero incol ti , deserti o paludosi o mu taronsi inva

s te fores te . Nè la popolaz ione crebbe ; ch e stiva ta e

chiu sa nel l’ ambi to della ci ttà cinta d ’al to mura e di

fosse , dove le case erano basso nè a più palchi po

tovane alzarlo ch e pochi , e ch i’l poteva ne l vo l le sem

p re Strette e tortu ose o disu gu ali le v ie ; e perc iò

i l soggiorno umido e pieno d ’infau sto esalaz ioni

andava consumandosi invece di moltipl icare , cu i mag

g iormente assottigliavano l ’ epidemi e , lo carestie , lo p e

stil enze , ch e con tanta frequ enza rinnovate disertaronopresso ch e i l mondo . E basterà ricordare qu el la

del

1 34 7 , ch e diminu ì a Verona la ventesima p arte del

la p epolaziono , tolse a Firenze sessanta mila c i ttadi

ni ; mentre a Pisa no uccideva quat trocento o p iù a l

giorno e a S iena a Orvieto e ne l la ci ttà nos tra

d ’ogni dieci ne portò v ia nove ; e bas terà dire del

l ’ a l tra , di cui fanno menzione gli a tti do’ consigli del

Comune del l’

anno 1 4 94 , si micidiale e feroce ch e

modici più non erano ch e volessero assis tere informi ,da’ qual i si fuggivano a campare . la vita gl i s tessi con

giunti . A i qual i malanni quello ag g iung ovasi quasi per

manente della l ebbra ch e avea un fiatoro abomine

vole corruttibile o insepportabi lo ; o la danza di s .

Vi to e i l tarantismo o la l icantrofia per cui gl i

u omini si credevano in lupi cangiati , chiamati anche

oggi volgarmente lup i munari ossiane imag inari i

senza dire di mi lle al tre infermi tà cerebrali e ane

malie nervoso di ch e vanno p ieno le leg g ende di

que’ temp i . E venendo a giorni un poco più tardi non

tacorò quel marciume di mala ttia che regalò Carlo V I I I

alla Ita lia nel suo ri torno dal la conquista di Napoli ;malattia fino al lora ignota e porta ta senza dubbio da

qualche S pagnuolo , siccome pensa il G uicciardini , cui

era s tata comunicata da’ primi compagni del Colombo

ricondotti dal la su a spediz ione de ll’ A merica ; qu ando

quel re , a cui fu bruscamente nega te ing resso nel la

ci ttà nostra la S poglio pu re ed arsol

o fece s trage gran

dissima de’ cittadini ; i quali con urli e grida mi sera

bili venivano trucida ti o senza dis tinzione monati a fi l

di spada . E quando fanciulli svol ti senza pie tà dal

grembo del le tenere madri furono dai soldati squar

tati : g li ammalati ed i vecchi nello ler caso a pezzi

taglia ti : l e fanciulle o le madri violate e date a’ sup

p l izi i e lasciate nude su i bivi i a spavento de’risg uar

danti .

53

Nè il lusso smodato da che principio a scade

re la semplice gonna e i l disadorne mantello , di ch e

contentaronsi le donne fine alla metà del secolo X I I I ,potè meno che le rovine i sacch og g i e lo posti a seen;

c iare lo stato del paese . Perchè cresciuti d’ampiezza

gli abi ti s terminate maniche vi si appiccarono lun-1

g h e e ciondolanti ch e lasciavano vedere di sotto la

ri cca S ottana di drappo di seta o di damasco‘ bianco

orna ta di ricamo e bottonature d’O ro e fodera ta di

armoll ino e di vaio. D i raso o di velluto era la cot

ta , che una larga cintura sprangata d ’ ore‘

smal ta te in

più colori stringeva i l corpo o annodavaSi al la to si

nistro con un lembo pendente o con una ricca borsa

passa ta tramozzo. E questa era la borsa da limosine,che nondovea mancare a gentildonna ri cca di oro e

di

perle con fermagl io pur d’oro ; si ccome non dovea

mancarle i l pi ccolo coltello chiuso , ch e appeso porta

va a sorico nastro. E la camicia era di tela fina e

bianca , cuci ta in guisa ch e dolci ne fossero le orla

tu re o le congiunto es tremi tà con rimesso . F ibbie d ’oro

e d’arg ento ebbero i cal zari , o g l i s tivali e l e scar

pe erano a p iù colori , ch e i p iù squi si ti portavano

nel secolo XV a punta ri al za ta e cosi lunga da anno

darsi fin sopra i l ginocchio con ca tenella d’ oro . P ot

tinato le chiome e dimesso il volo , i cape lli erano

stre t tamente l egati conbianco nastro e talmente col

cati ed appianati su l capo ch e niun capol lo‘

avesse

ad u scire dalla cuffi a di drappo d’ oro intreccia to d i

seta . E di vel luto , di damasco o di raso fu i l cap

puccio da porsi in tes ta ricama to a porle : profuma

56

cia te di fieno di 3 seme di v ino di 25 seme di le

g na , di 4 p aia di p olli , 5 some d’orzo , 3 seme di

p ane , di mezza vi tella e d’

un castra to nè meno furono generosi col conte di Pi tigl iano ,

e con messer

A ng elo da Farnese : al primo de’ qual i donarono 6 se

me d'

orzo 4 boccie di vino e 8 p a ia di g a lline ; o al se

condo 3 some d’

orzo 2 boccie di…o e 4 pa ia di p olli .

D ol rimanente circa il moto della popolaz ione in

ve trovarono maggior probabi li tà di arricchi re e sta

.vansi a buonagio era la sola cag ione che mantenesse

p epe lese le ci ttà e le terre , non os tante le cagioni ch e

vi operarono una perenne diminuzione. S enonche nel

secolo XV i l drizzarsi in stato delle vere o nobil i monarchie , e perciò l ’ ostendersi di una valida protez ione pubblica , e i l progressivo miglioramento della

condiz ione degli uom ini da contado e da villa o la

rovina de’

munic ip i i dal l’un canto del la feudali tà dal

l’ al tro se non inquanto a’ mag g ierasch i , a lmeno in

quanto alla servitù della gleba , giovarono g randemen

te a ripopolare le campagne ingiusta proporz ione ce l

le ci ttà ; ma i l paese nostre continuando infelicemente

a rifornirs i d i sempre nuovi abi ta tori tol ti al la ce l ti

vazione delle terre s i rimase fin d’a llora in quel lo

scemamento di popolo , in cui ancor oggi s i mantiene

o si manterrà sempre se nonh a al tra cura che_

ha

di presento dell ’ agricol tura , che è il fondamento del

la propagazione .

57

CA P . V .

I L TE MP I O D I S . P I E TR O

A lla grandezza della me l e e delle forme , al la se

l idi tà e magnificenza dell’ opera aggiunge questo bel tom

pio la integrità delle sue parti ed una orna ta leggiadria

e vaghezza e luce che vi risplende dalla convenove loz

za di tutte cose ben composto e divisato l ’ una coll’al

tra e tutte insieme , ch e lo t i rende maestoso o vene

rando . S imile a una nave h a lunga la forma , e guar

da l’ oriente ; s iccome a quel la parte è vol to i l taber

nacelo ch e i primi raggi del solo nascente ferisce ed

illumina : onde a quelle che è fontana di tutti i lumi

l ’ al tro sommo o-divino S ole S

’accoppi dendo trae i l

suo chiarore a v ivificaro i l mondo . E ciò chiedeva i l

ri to nel IX secolo ; quando questo temp io fu innalza

to sulle rovine di e truschi e romani monumenti , de’

qu a

l i sono anche oggi semina ti all ’ interno gli avanzi ; cioè

ch e la fronte avesse siccome l’ al tare ad oriente vol ta

to nel la guisa ch e quello di S alomone si fabbricoperchè s i ccome di la ne venne i l p rincip io della lu ce,e fu l ’ oriente l a prima patria nos tra , colà dirizziamola devota preghiera p er farvi ri torno .

In due parti divi desi i l tempio ; nel santuario e

nel la nave e a trio interno ; non essendo qui o vestibo

lo ed a ltro edificio esteriore ch e del temp io pur faccia

parte . I l santuario e sa crario o bema ch e voglia dirsi ,quasi l uogo p iù eccelse o subl ime Soll evasi al to sul

la nave dalla quale le di sgiunge una cinta di la

°

stro di marmo ornato d i croci e di arabeschi d iversi

ape rta nel mezzo per dare accesso a’ sacerdoti . E la

cinta dis tende o prolunga le du e es tremi tà entro i l bema , ch i udendo da tre canti il coro co

’ sedili di marmo eccetto che dal lato del l’ al tare ; i l quale sorgemaes toso in sul mezzo di figura quadra , ch e per la

somiglianza della forma l e diresti un tumu lo ; dove se

no scompartite qua ttro nicch ie ch e serbavano le reli

quie do’ martiri . S os tenuto da qua ttro antiche colonne

di marmo al to si leva sull’ al tare il tabernacolo e tutto

le copro a maniera di pad igl ione . Prez iosa è la memo

ria che leg g esi nella cintura interna a scolpi ti cara tte

ri dell’ anno in cui l’ al tare fu consacra to su l le scorcio

del secolo X I dal vescovo tuscanienso Riccardo ch’era

pur vescovo di Centocelle e di B lera ; e la scritta su e

na in tal i parole

R iccardus p raesu l tuscanus centumcellicus a tque bledanus

S it R iccardus p aradisi sede p ara tus. A men.

"I"E g o P etrusp resby ter hoc op us fieri iussi133A nno ab incarna tione D omini millesimo nonag esimo I I I .

Nel bel centro del l’ abside sta la sedia e cattedra

del vescovo di centro al l’ al tare in luogo assai elevato ,

dendo l’ a l tare e i l pepolo d iri tto scorgeva siccome

nocchiero e re ttor di nave che inpeppa

Viene a veder la g ente che ministra

e a ttorno a cui p iù basso sono ordinate le sedi de’ pre

ti ch e gli facevano corona. E questa era la p arte la

p iù i llustre del tempio ; po ichè inqu e l sena to do’sacor

doti e del vescovo e p resbiterio della ch iesa tutta si sta

va la forza del sacerdozio cristiano.

M ale avvisa chi crede che le due minori tribuno

e absidi ai lati estremi del santuario chiudessero anti

camente unal tare ove si offerisso i l divinsacrificio . Noi

crediamo , nè temiamo ingannarci che fossero la col 4

loca ti i p rottesi , ossiane piccolo mense porta til i dO ve

al lesti vansi conprescri tto cerimonie a mano s tanca le

sacre suppel le t til i che d istintomense ri chiedevano ; o al

la destra le eu log ie ossia i l p ane benede tto offerto da’ fe

del i , ch e distribu ivasi in fine della messa a coloro ch e

non avevano comuni cato ; e dove p reparavansi al tresi I

vasi sacri coperti con vol i o il p ane e il v ino da con

sacrarsi , ch e i diaconi seg ui ti dagli al tri minis tri inor

d inanza recavano a processione sull ’ al tare cantando sal

mi e altro o raz ioni ch e i l ri to rich iedo. Le immagini

d ipinto inqu esto p iccolo tribuno ,goffe com’ erano , mal

d isegnato , poggio colorate , ch e artefice moderno p iù

barbaro assai ch e l ’ anti co fini di de turpare fanno pro

va ch e la pittura sine ol tre i l mi lle e du gento rimase

in I tal ia rozza o salvatica , nè al tro artifi zio orale r i

masto ch e ves tire sgarbatamente S paventose fi g u re .E spa

ventose e deformi lo facevano invero ch e di megl io far

non sapevano recinto intorno d’

unnero profilo , con

occhi S pau ra ti e grandemente aperti , piè ritti inpunta ,

mani agu zzo , bocca chiusa e labbri sovrapposti ; o ag

giungi al tresì un colori to nerastro , rossiccio , condotto

a tratti roz zi e du ri con chiari e lumi di calce bian

ch issima ,secch i , tagl ienti , da ti senza ragione . E que

s to era i l fare di quel rimasugl io di greci ar tefici vo

nuti di Costantin0 poli , i quali molto pi tture continu an

do fecero di quella maniera , come scrive i l Vasari

ch e hanno p 1u del mostro nel l ineamento che effi g ie d i

que l ch’ e’ s i sia . A l le quali sono p u r somigl ianti quel

le al tre figure dip into in sul pi las tro a des tra presso

arco grande o reg io che fa vol ta al ch iuso del sacra

rio sonza preperziene , senza disegno , senza colori to esi brutte e malfa tto , che un imbra t to meglio le direstich e immagini fa tte per via di colori .

Pensano alcuni che da’ greci debba ripu tarsi i l ri

sorgimento de lla pittura in I tal ia . Nè può negarsi ch e

mentre il paese nos tro era occupa to e si gnorog g iato dai

barbari e smarrito avea le tracce del buon disegno , i

greci fino dai primi secol i erano ingrado di provare ,che la loro scuola di scendeva senza interruzione dal

buon antico , e siccome p er g l i a l tri s tudi cosi per

l ’ arte del d ipingere erano pressoche i soli a sapere . S e

no pochi i monumenti che palosano questa veri tà ; mab astano i pochi musai ci e le poch e p ittu re greche di

que’ tempi per indicarci le prove dell

’antico fare gre

co e la tino sino al VI I secolo condotte da greci artefi

ci . S e non ch e per le vicende , alle quali andò sog g et

ta la G recia , la pittura fu ridotta a . tali termini , che

nè più goffamente nè con manco disegno si sarebbe

potuto volendo lavorare di quello che si faceva . E

benvero ch e confrontando lo porto di s . Paolo conle

al tre opere do’sece li inte rno al X vi si trovano anco

ra segni del buongusto che va perdendosi poi nella bar

barie e ch e giudicando dal lo pocho opere di que’ secol i

a noi pervenuto p are che a’ greci si debba il risorgi

mento dell’ arte in I ta lia ; e ciò maggiormente se riflet

tasi che per i l fare inmusaico e per gettare inbronzo

6 1

ricorrevasi inG recia . Pure siccome dopo i l X secolo le

arti del disegno procip i tarono in es trema rovina ; e le

p itture fatte da’ greci dopo questa epoca inI tal ia sono

veramente spaventevoli cose ed orrendo ; siccome ne fan

no fede que’fantocci e quelle g ofi

ezze uscito dalle ma

ni de’ maestri di quegl i s tessi tempi ch e ricordammo

qui sopra ; cosi non crediamo ch e ri storata fosse da au

tori di si ree figuro la pi ttura in I talia ; quando già

p iù graz ia ta era fatta intorno a que ll’ epoca da G u ido

da S iena e da al tri nos tri i tal iani ; i qu al i aiutati inal

cuni luoghi dal la so ttili ta dell’ aria si purgarono tanto,che g iovar poterono grandemente al prog resso della su a

rinasci ta e di quel la s tessa perfez ione dev’ ella risalì

nel secolo XV.

Ch e se al la greca mani era sono pure condotto le

pi tture del la grande tribuna sia ch e da greci artefici sia

che da i taliani all iev i di quel lo scuole , la è quel la un’

opera portata a fine negl i ultimi periodi del secolo X e

inque l torno ; quando nè la divozione permetteva al

lontanarsi da qu e’tipi considerati universalmente sic

come sacri , nè I’

arte stessa era ancora si barbara o

insalvatich i ta sebbene rozzissima da contornare di

troppo oscura linea i profili del le membra adoperare

color di fi li g g ine a bru ttarno più orrendamente lo fi g u

ro spalancar loro gli occhi , allungare smi sura tamente

l e mani o le guance , smagrare o intesich iro le di ta

comunque le vesti piegassero g i à conl inee troppo eru

de e taglienti , nè ombre nè attitudine nè scorti nè va

rietà nè invenzione’

avessere quello dipinte i sterie e

contorni pesanti mostrassero o proporz ioni esag erato di

62

vol ti di piedi d’ ogni membro , e le parti ignude come

per la cottura del solo di uncolore ol ivigno . Uno de’sog

g etti p iù frequenti e ripetuti da’ que’ maes tri del l’ arte

era i l S a lva tore , che facevano di forme colossal i a de

notare com’ Egl i è mag g iore di tutti gl i esseri e come

immensa ed infini ta è la grandezza su a . Perchè qu i lo

vedi nel l’ a tto di salire al cielo coninmano il mondo

l ibrate in aria e'

di quelle vas ti ss imo membra ch e di

sopra dicemmo ; ed inol tre g l i ap ostoli ch e dal la bassaterra rimirano la gl oria del loro S i gnore trasfigura to

intorno a cui volano ang eli ch e per al tra imi tazione

de’

g roci di quel tempo sono vesti ti , ma la cu i figura

non term ina come dico di al tre i l Vasari , inaria ; os

sendocho ind iz io qui apparisca so tto quello vesti delle

estremi tà benchè mal piegate e deformi, de’lero corpi .

Nulla dirò di quella immagine del l’ apostolo s.

P ietro nè anti ca nè vecchia che vedi dipinta sul mez

zo o soprasta il trono del vescovo ; ma dirò invece di

quelle due figure di Nostra D onna colori to in su gli

archi che girano sopra al sacrario e fan puntello al le

pare ti del l’

abside ; le qu al i hanno g ià si care fa ttezze

ed aria si soave , ch’e

’ti pare vedervi chiari i princi

p i i del l’arte ch’

era per mala v ia ed or principia a ri

susci tare . Perchè ol tre a quella tal grazia di movenza

nel la Vergine col Bambino le vesti o le al tre cose sono

più vive, natural i o più morbido ch e la pre tta manierado’ greci tutta di l inee e di profili ; e nella Vergine del

p op olo , comunque i tra tti sieno angolos i e regolari per

l e pieghe secche e senza rilievo e i lumi ed i colori

specialmente delle carni vuoti di mezzo tinte e di rifles

64

le vollero a pubbliche speso ristofato o racednciate dai

molti danni ch e più assai che dagli uomini dal tempo

ebbe a patire nel volg ere di‘

si lunghe età :. l’ ultimo

de’ qual i Pio V I I larga somma dall’ orario de llo S ta to

vi profuse a salvarlo da vicina rovina; di che molto i l p ae

se nos tro debbo saper grado al la memoria di qu e’ gran

di suoi conci ttad ini E rcole Consa lve e Fabbrizio Tur

riozzi cardinal i di S . Ch iesa , ch e ne mossero al lora g ra

vi e calde preghiere al munificentissimo P rincipe.

Quanto S’al lunga o s’ allarga pe’ quattro lati i l sa

crario , tanto si distonde°

per ogni verso la ch iesa sot

torrana o confessione ch e al sacrario soggiace ; la cu i

vol ta è sostenuta da ventotto antiche colonne di romani

edifizi i e di svaria ti marmi e graniti , quale col som

moscapo volto a ll’ ingiù quale senza plinto o con

a l te e mastino p iedes tal lo e quale con capi tello piùbreve e p iù grande del diametro della colonna s tessa

or ci lindria era scema , quando gonfia e spi rale , nel

modo appunto ch e p ra ticavasi dagli artefici del secol o

IX e seguenti ; allorchè bastava loro innal zare una'

fab

brica grand iosa se vuoi ancora e ardi tissima senza pun

to osservare ord ino di parti e legge di semmetria . Vo

densi ancora i cerch iol l i di ferro o le anella impernate

nel l’ al to del la vol ta che sostenevano le mol te lampade

a olio , onde i l santo luogo scarsamente rischiara to dal

la fosca luce ch e vi pene trava dalle tole inoliate delle

ang usto ro tonde finestre , si faceva lucido e sereno . E

l’ unico al tare ancora vi dura rivol to al l’oriente nel

quale colebravasi a D ÌO' ÌI sacrifizie . Qua io mi penso

ch e di mezza notte s i recassero i sacerdoti per roci tarvi

i l mattutino ; la quale p ia costumanza durava ancora

nel secolo X e ne ll’ XI ; qu ando da que lla vi ta comune

ch e facevano nel lo lor case presso i l tempio nondiver

sa da lla forma del v ivere monas tico , secondo ch eTi lo

v asi dai conci li i del l’ VI I I e del IX secolo presero al

cuni ch erici ad emanciparsi del tutto ; donde poi il cle

ro si di stinse la prima vol ta in secolare e regolare . E

qu a co’ canonici recavasi i l vescovo ; chè egli pure si

levava di not te per andare al coro alla proce ma ttu ti

na ; la qu ale pigliava principio dal salmo LX I I ch e

ma ttutino ch iamavasi o appresso si facevano le p reg h ie

re inparte dai diaconi dal v escovo in parte po’ ca te

cumeni o i penitenti ; le qu al i erano segui tate da a l tre

per la pace universale , p er la salute dei re , de’ ma

g istra ti , d’ ogni ordine di viventi , frammistovi il g ra

ve e basso canto di dod i ci salmi o di una lezione del

antico una del nuovo testamento ; e qu esto fini to e re

se dal vescovo le dovute g razie a D . 0 . M . pe’ rico

vu ti benefici i , rimandavasi i l popolo inpace colla so

lenne formola proclama ta dal d iacono .

l e non se se le donne ch e no’ primi secol i ora

no sempre presenti a tal i notturno orazioni , ne’ posto

riori quando por costume onesta donzel la non uscivanon pu re di fi tta notte , su l basso del giorno , frequen

tassero la devota usanza ; ma g l i uomini assistevano al

la prima era canonica ; e fini to i l salmo intuonavano

a una voce i l g loria . S e non ch e ces sata nei secoli X IVe XV qu el la vi ta troppo conebi ti ca do’ sacerdoti , cessò

pure la proce notturna , ch e continu ò a fare il cloro

regolare rimasto solo all’ antica disciplina ; ma l e per

66

to del temp io s i chiusero : perchè scadu'

te‘

g ia dal loro

u fic io le diaconesse fino dal X I secolo , ch e a'

vevancu

ra di dar poste a ciascuna femmina nel temp io inpar

te dis tinta e separa ta dagli uomini poteva nascere scan

dalo dal promiscuo mi scuglio del popolo concorso al la

chiesa . E già nel secolo X I I I era vietato ai la ici is les

si di farvi v i g il ia ; ciò ch e dimostra che tri sti e mal

vag i non erano daprima mancati di contaminare di ma

lo e di l icenze quel lo santo congreghe.

Quale del le due scalo tu monti ad uscir fuori del

sotterraneo ti mena dentro al la nave ; la qual e in tre

parti è divisa da due ord ini di colonne ch e reggono

grandi archi a tutto ses to e meglio da un muro di

pietra che di poco si leva sul pavimento mosse a mu

saico e chiudo gl’ intorcolunni ; si cchè niuno potesse sul

des tro e sini stro la to riuscire o nel mezzo se nonp er

gli sbocchi aperti al primo ingresso nella nave . La qu al

p recinziono a meravigl ia serviva a mantoner segrega to

le donne da’maschi , ch e lo diaconesse o i d iaconi al

legavano ciascuno al le proprie lor sedi ; le uno a de

s tra g l i al tri a s inistra secondo 1’ ord ine ch e pr’

escrive

va i l ri to. E nel primo lu og o si s tava la ve rg ine o al

le S pal le d i le i la vedova e la d ivota vecchia ch e an

dava innanzi alle mari ta te a lle quali era fa tto divie

to accomunarsi con donzella d’e tà da mari to . E i g io

vane tti ch’erano nel l

adolescenza vedevansi fra g l i no

mini a parte sedu ti il fanciullo inpiedi a fianco del

padre colla madre se femmina . Ogni segno e g esto

fa tto col la voce o conmani , i l dar d’ occhio i l sede

re con isconcio il susurrare il dormicchiare erano

67

interdetto cos e ed il lec ite ; e guai a’ meno accorti se

g li scorgeva il diacono . G inocchioni i l popolo assi s teva

a l la messa e prono a terra ; sedeva a l la predica del ve

scovo ,qu ando ch iudovansi alcuna vol ta le porte del

tempio , acciecch è nonuscissero quel li che al vangelo

partivano .

I fedel i e i consistenti , così de t ti perchè stavansi

cotes ti peni tenti rit ti in piedi alqu anto di scosto da’ fe

del i presso al santu ario , avevano luogo nella nave as

sai Vi c ino al l’ambone , ch e vedesi qu i innalza to sul p ia

no stesso del santuario ,ma fu ori dei cance l li ossia de l

la cinta di muro ch e le racch iude . A ssi stevano costoro

al sag rifizio ; ciò cho-

agl i al tri peni tenti nog avasi ma

dal le oblazioni e dal la eucari stia erano esclusi pur os

s i . A ’ quali tenevano d ie tro—

i sustra ti , ch e dal gi ttar

si tu tti innanzi g enuflessi in chiesa cosi ch iamavansi . E

i l vescovo e i sacerdoti ginocchiati anch’

essi imponeva

no loro le mani reci tando proci espia torio ; le qu ali

termina to si l icenziavane da l tempio p er dar principio

al le preghiere de’fedeli . Nè a

’ ques to si lasc1 arono pre

senti g li a udienti , vogl io d ire di qu egl i a ltri peni tenti

ch e dal p ianto passavano ad ascol tare in ch iesa lo sa

cre lezioni e le interpre tazioni sol tanto del la S cri ttura;nè i ca tecumeni ch e appresso agl i au dienti v i tenevano

luogo , né gli ere tici e gli infedeli ch e più v icini si sta

vano al l ’ usci ta dal tempio ; a’ qual i comandava i l dia

cono dal l’ a l to del l’ ambone di andarne fuori , comin

c ia to appena le proc i di o5pi au ono. E qu i fu ori al le

porte del tempio vedevi i p iang enti , i quali prostra ti aterra o lagrimosi confessando lore mi sfa tti pregavano I

68

fedel i della lor preghiera a D io ad o ttenerne il perdo

no. Perchè eranvi talvolta grandi p ecca tor1 ; che spar

so i l capo di cenere l ivi do il viso ,coperti di lacera

to e v i l ves timento a l te levavano lo squal li de mani domandando p ietà di che non era cosa p iù scura e dolorosa . Nè la sordida ves te poteva deporsi finchè lo sta

dio non fosse percorso del la peni tenza p ei quattro suoi

grad i , e so tto quel l ’ abito non avesse prima.

il misero

ottenu to la riconci liazione della chiesa . Nè la peni tenzalentavasi , qu ando anche la solenni tà della Pasqua invi

tava tut ti i credenti a ll’al legrezza e a lla lode di D io ,

o quando gl i s tess i anacoret i nOnp i g rivano ne’ loro ore

mi di cantare al leluja . E al lora si bonodicova un agne l

lo cotto ch e era dato a primo cibo a i fedel i dopo il di

g iuno quaresimale , o S p esso si menavano‘

danze ancor

nel le ch iese e ne’c imi terii . M a p iù tardi si svolse quel

l ’ uso che durò lungamente inR oma ed al trove poichè

divenne occasione di scandale .

Ques to tempio ancora ch e h a di lunghezza 207

palmi romani di canna archi te ttonica , 93 di larghezza

per ogni lato fu come l’ al tro di s . Maria posterior

mente al la primi tiva su a fabbricazione accresciuto di due

archi ; siccome vedesi dal la diversa opera di manifat

teri aggiunta quando si edificò pu re la splend ida e ri c

c a facciata che pensiamo assegnare al la fine ci rca del

X . sec . ( 1 2). E ch e vaga e S plendida epora sia questa , ba

sterà dire ch e d i ……bei musaici e di marmi e bassi ril ievi

o scol tu re d ’ ogni maniera la è tutta coperta o adorna

ta ; poichè il timpano che og gi è r imasto nudo di ab

bell imento qu alunque , e un musaico da prima sorba

69

va o unaffresco , ch e i l tempo distrusse . E qu esto tim

pane che rispondeva‘

al Vivo del fregio posa su lla cer

nice del l ’ intavolato con modana ture e mensole e car

tel lo ch e dir s i vogliono ; la quale è sorretta da due

colonne coroli tiche o adorno di fogliami avvol ti attorno

al fusto e al muro addossate, e da du e p i las tri u g u al

mente incassati inmezzo a’ quali gira i l grande oc

chio tutto internamente di pi ccol i rial ti e colonne tte di

marmo, rabeschi e musaici e legantemente ricamato. E i

s imbol i degli evange lis ti lo chiu dono ai la ti e gl i fanno

bell’ ornamento ; siccome vaghi ssimo sono le du e lun

g h e e rotonde finestre che s’ aprono qu a e là al le qu ali

danno as sa i g razia tre colonne ,l’ una solitaria le al

tre a lla muraglia incas trate su cu i girano du e picco

l issimi archi . E le finestre sono cinte dintorno di unra

be5cono o fogl iame intagliato assai capriccioso o bi zzar

re ; inme zzo a’ qual i vedi quando busti umani od ‘

ani

mali entro medagl ioni mcavati ; quando una triplice te

sta g org oni ca dalle cu i bocche e scono fuori qu e’ fog l iu

t i rami e rientrano in al tro‘

bocche di undimonie tri

fauce o ringhioso , a ttorno a lle cui braccia si avvinghia

un serpente , ch e il capo h a ri tto e p ar ch e fi schi , co

me al lora ch’ è in caldo . Co’

qu a li demoni d’

assai fiori

sembianti crediamo noi ch e volesse farsi allu sione

qu o’

protoiformi mali g eni , personifi cazioni del pecca to,del la morte e del l’ abisso vondicatori e puni tori delle

colpo , c h e spesso ripe tevano i cristi ani artefici no’ lere

templ i siccome rappresentanze a tto a far forza negli ani

mi della mol titudine , per cui i l figura tivo linguaggioera veramente di que’ tempi la parola e i l granmezzo

70

dell’ inseg namento. E mblema era questo in effe tto ter

ribile o spaventoso nelle sue"

orrido forme ; ma al tret

tante accencie a dare visibilmente una idea del tremende , nè mai sazio ing e iatore delle anime . Il quale p er

figura di simbolo trasformavasi ta lora inmostri in fiore

e inal tri animali ospi ti degli inferni ; perchè noi pen

siamo ch e quelli a la t i serp ent i , simbolo di di s truzione,ch e correndo tengono die tro al le due c olp i scolpi te di

ri li evo , siccome i dragoni ala ti fra l’ occhio e le due

fines tre des cri tte di sepra al tre non abbiano a sigui

fi caro sotto qu es ta forma di geroglifico figurativo se non

quoi demoni di persecuzione ch e si danno a ttorno avida

monte agli uomini tris ti per tormentarl i ; i qual i egre

g iamente furono simbolegg ia ti nella volp e , animale so

p ra ogni al tro astuto o superbe .

D issi , che di siffatto a llegorie fecero spesso u so i

cristiani a ricordo di'

reli g iono ne’ luoghi consacrati al

culto divino. E ch e al tro significa quel la figura di un

A tlante che sostiene i l mondo ch e vedi ri tratte sotto

al la s inistra fines tra ossia nella parte opposta a l feroce

G org onio , se nonqu e ll’e terno travag l io ch e durano i

malvagi nel l’ al tra v i ta a pena del le loro peccata ? P er

chè pra ticando al tresì i cri stiani di scolp ire vario fi g u

ro di animali p er esprimere i loro affe tti verso D io e

ricordare al cuna pra tica di virtù , crediamo che ne’

du e

torell i o g iovench i ch e addossarono a i pi las tri , su’

…qua

l i posa l ’ archi trave e fregio e la cornice , , S ia d ine

tata la temp eranza , di che è s imbolo ques to animale ;la qu ale è sig nereg g iamente di ragione contro l ibidi

ne e la lussuria o contro g l i a l tri non diri tti impe ti

tre figurazioni di mostri e di guerre crudel issime fra

animali di differenti nature o fra u omini e fiere : nelle

qual i immaginavano que’ mal i demoni ricorda ti d i se

p ra , che l’ uomo vinco , doma e mette a morte : ad

indicare come l e persone spiri tual i e dive te non hanno

mai a temere le ire de’ pravi ch e presto o tardi D io

deprime e punisce o come la forza dell’ inferno non

possa mai prevalere contro la Ch iesa. E di ques to fi g u

ra tivo rappresentazioni , di cui or dicevamo bello e ma

nifesto provo abbiamo inque’ bassiril ievi condotti ing i

ro sull’ arco mag g iore del la gran porta di mezzo ch e

ch iude una nicch ia ; quale aree con al tri minori e di

marmo sono sorretti da sei colonne che l’ accorch iano

e ch e“

appaiono ancor più bello ed eleganti p er la va

rietà do’ musaici che ancora ne avanzano e ch e da pri

ma nonmancavano agli s tipi ti pu re e a lla Soglia . Per

ch è vi vedrai quando l ’ uomo ch e serratosi addesso a un

c ing h ia le ri tto in su l le zampe e conla bocca spalanca ta

lo trafigge d’una spada ; qu ando al tra fig u ra umana ch e

contro una lup a bramosa lanc ia sae tte ; o quando aqu i le

g rifag ne e al tri lup i e al tre belve indomabi li e fiere ;simboli tà tutte di enti maligni e del la possa de

’ crudel i

ministri del male demone , nemici do’ mortali implaca

b ili . M a tutto nonsono ques to lo allegorie , so tto i l ve

lame del le qu al i nascondevano I cristiani artefici i ne

b i lissimi loro condotti ad eserci zio d i morali tà e ch e

fig urarono negl i a l tri bassirilievi intaglia ti nel giro di

qu el l’arco ch e sovras ta la porta . D ove trovi il R eden

tore so tto la fi g ura del buon pastore ch e paseo le su e

agnello ; il quale reca inmano una corona , siccome

73

premio dovuto al virtuoso cristiano e dabbene ; e le trevi pure sotto la fi gura di O rfeo , come talvol ta è Cri

s to chiamato : volendosi conquesto significare , ch e i l

Redentore ce l la su a dottrina le p iù barbaro nazioni e

cru del i di costumi dirozzò o ammaestrò di discipl ina ,

traende le ad abbracciare i l cri stianesimo e a quella pa

co ed unione ch e nutrica l ’ amore . E siccome colla fi

gu ra del mieti tore e del vendemmia tore vollero qu i espresse i l mistero della E ucaristia ; così colla s tessa figura del

vendemmiante ch e ra cconcia la botte e del bottaio che

con la mazza ferra ta dà bò tto ai cerchi e a lle doghe

vollero al tre si si gnifi cata la concordia ; poi chè quel va

se da vino si forma appunto di vari i legni Insieme commessi , s icchè l

’ uno al l’a l tro accestandosi tu tti a vi cen

da si sostengano . E nei p esci rappresentati inal tro bas:

sori lievo vedi pu re i l nome di G . C. fig liuolo di D io S a l

vu tere ciò ch e esprimono le cinque le ttore del greco

IXO YZ ch e cosi inqu ella lingua i l p esce si chiama

E come se nonbastassero ancora quei tanto ripo

tuti conce tti allegorici o emblemi del l’ e roe che di'

so

pra abbiamo notato , a ri trarci lo tremendo fattezz e del

male demone e divora tore delle anime sotto figure di

belve cru cciese ed affamate , anch e su gli archi delle

porte minori vol lero i l favori to mi to repli care sia in

qu ell’aqui la dai grandi artigli sia inquel serp ente e nel

lione e nel la tig re e nel le al tre crudel i fiore ch e vi scol

p irono,se meglio nonpossono dirsi abbozzato alla gros

sa . Le quali porte sono poi di colonne o dri tto e S p i

rali e di fogliami e rabes chi e mille al tre invenzioni

assai abbellito ; e S’aprivano inmezzo a du e colonne

74

piu lunghe di pietra che reggono finti archi , al di se

p ra de’ qual i al tri pur finti ne vol tano p iù piccol i che

sulla schiena sos tengono una cornice dove pesa un

timpano e tamburo tronco e dov’ è pu re da una parte

e l ’ al tra un piccolo occhio e finestra rotonda che dava

luce al le navi la tera li . Qui vedi ancora le tes te di due

lioni di marmo di mol ta mele e d’assai fino scalpello,

lavoro di antico artefice ; i qual i animali che nonsem

pre acconnano a mito achorentice o di male principio;ma talora a lludono al la fortezza tal

’a l tra al la v ig i lanza,

e al — divinRedentore medesimo , chiama to nel le sacre

lettore i l lione della tribù di G iuda ; solevano da’cristia

ni collocarsi al le porte do’ loro templi , affinchè facesse

ro ricordo a chi v’ entrava del timore che debbono aversi

g l’ irriverenti delle sdegno di D io.

D alle leggi dello X I I tavol e restò vieta to i l seppel

l ire 1 morti dentro il recinto del le città ed anche i p ri

mi cristiani roli g iosamente s i a ttennero a cosiffa tta legge ; ch e parendo volesse iscadore ,

richiamarono a vi ta

A driano e A ntonino P io e più tardi ancora I’ impera

tore Teodosio ; i l quale vietò esmossamento la sepoltura a

’ cadaveri chiusi anche nel le arche dentro le chio

se : divieto che rinfrescò G iustiniano o ch e a’tempi di

Carlo magno eccetto particolari casi , era pienamente

osservato. M a poi ch e le umano cose sono per la na

tura l oro mutabili sempre a poco a poco anche que

s t’ uso si andò cangiando . E come già dal IV e V secolo impera tori e regi vol lero innalzare i loro sepolcri

negl i a trii o ne’ portici del le chiese dove si comin

ciò al lora a deporre sotto gl i a l tari le prime reliquie

do’ martiri ; così un tal privilegio si al largò specialmen

te nol lo S pagne e nelle G allie nel V I secolo , o p iù an

cora noi V I I al pepolo , ch e prese a fare su o tombe

negl i atri i stessi o ne’ portic i o nelle pareti es teriori

de’

templ i . Così i sacerdoti le l oro col locarono al tresi

a ttorno a’ chiostri de lle case , dove v ivevano vi ta comu

ne e regolare o nel portico anteriore delle basi liche

chiama to ancora con fau sto nemo p aradiso ; poichè evi

tavasi sempre , e lo si evi tò generalmente fino al secolo

X I I I di seppellire morti nel le chiese e p er non g u a

staro i pavimenti lavora ti a musai co e per togliere ogni

g rave e lezzoso odore ; comunque fino dal secolo IX

p ermettevasi ch e vescovi abbati e degni S acerdoti e fe

del i laici per ispecial grazia si tumulassero in chiesa .

E di questo costume di deporre i dofunti serra ti entrole u rne addosso alle muragl ie de’ templi assai prove no

avevamo del le qu al i fu certo bellissima quella che

no pe rso le scavamento fa tto nel 1818nel la p arete oc

c idonta le di ques to tempio p er gettarvi le fondamenta

de l le nuove opere a scarpa, ord ina to dalla generosa mu

nificenza del G overno quando p er caso ben s ingolare

venne a scopri rsi la celebre u rna etrusca orna ta di bas

soril iovo e di lunghissima epigrafe che oggi “ è coll oca

ta nel mu seo gregoriano , e del la quale scrivemmo non

h a g u arì al ch . Oriol i una nuova nostra interpre taz ione .

E qu es ta u rna , siccome al tre di peperino o di marmo

ch’erano sepol te lungo quel mu ro esterno della chiesa,

era s ta ta impiegata a serbarci le ossa d’un fedele cri

stiano dopo aver lungamente e prima racchiuse i l ca

davere del pagane A runte.

E poichè senza punto avvodemone siamo trascor

si a far parola de i riti e del le cerimonie funebri de g l iantichi cristiani diremo che nessun a t to pra ticarono

essi con p ietà e cari tà mag g iore e più grande perico

lo della vi ta qu anto questo sia ne’tranqui lli sia no’

ca

lami tosi temp i di persecuzioni o malori ; siccome al lo

ra che nel secolo V I la pos to della ing u inaia nata in

Etiopia o propag atasi inOriente passò inEuropa e

grandeggio tanto inRoma , che uccise pure papa P o

lag io ; e così nel le al tre nonpoch e pestilenze che a que

s te vennero die tro . E come fu sempre tenuto p er co

sa sacra dagli antichi i l chiudere gl i occhi e la bocca

agli estinti ; essi puro religiosamente l i serravano a’ lo

ro morti o no lavavano i corpi ch e spesso empi vano

di aromi , e in bianchi lini gli avvolgevano chiudendo

l i dentro lo arche e componende li supini nello nicch ie

scava te ingrotte natural i e fa tte a mano , su cui spar

govane vie le e rose e fiori purpurei . B ozzo i scriz ioni

ma ingenu e , con cara tteri raccorci , fi tti e d isugu al i

esprimevano la d igni tà e lo s tato del defunto la età

su a , l’anno corrente secondo i consoli o la ind izione ,

o terminavano con formole di speranza . e di riposo .

Una palma au g urio di pace unsorte e p iù di p i

no di cipresso di mirto al lusioni a morte o di vi

te o d’ ulivo emblemi del la cand idezza del l’ anime e

della unione in D io i l monogramma di Cri sto , colom

be portanti ramoscell i a ind izio di pace , erano i sol i

ornamenti , di che si fregiavano ques to nu de tombe .

M ol te i padri della ch iesa sudarono p er tog l iere l’an

tico ri to di bruciare i cadaveri sul rogo ,non paren

de docente annullare col fuoco siccome dice un det

to scrittore , le reliquie de’ cris tiani e d i struggere cor

pi destinati a novel la vi ta ; e a granp ena vi riuscirono .

Ne i primi secol i celebravansi ancora banchetti fu

nerei nelle case del l’ estinto , ch e di cevansi conproprie

vocabolo ag ap i e là parenti , amici e poveri conveni

vano pregando pace dopo il ristoro de ’ cibi all ’ estinto .

A tali cene 1 romani imbandivano specialmente i ceci ,

legume che suole anch e oggi mangiarsi in alcuni luo

g h i a preferenza del la fava i l di de’ morti ; ma come

il p iù del le vol te i l pietoso banchetto finiva inbagordo,leggi eccle siasti che lo vi e tarono siccome avanzo di g on

ti losimo. M a continuò l’ uso delle p reficho ; l e qu al i

prezzola te a far lamento su i cadaveri e a farlo p iù

smoda to se la mercodo era molta cadevano ginocchio

ni e boccone sopra l a bara colla chioma sciolta , nu

da te le braccia battendosi a palma e provo orribi li

facendo di dilaniarsi i l vol to e strapparsi i capell i , as

serdavano la casa di tal i ululati e g rida dispera te da

i sp iri taro i l cimitero . Costoro furono in appresso sban

d i te e con esso quella compagnia di piagnoni o di can

tatrici tante in voga in I talia , paga te anch’ esse a mor

code per encomiare il defunto e piangerlo desolatamente o accompagnarno il mortorio ed empire di omoi o

di piagnistei ogni - cosa . D ella qu ale vecchia usanza nonpochi vestigi avanzarono qu a e là p er le

'

ci ttà i taliano;dove si rinnovano tu tto giorno qu e

’ banchetti mi sti ad

angosciosi gu a i , e quel lo nonie di laudaz ioni o quelle

orribi li armonie di lai — e di querele da vincere i -

g ru

gui ti de’ cinghiali e i barriti degli elefanti . D IS S i' che

78

presso a i templ i erano le case del vescovo e de’ cano

nici ; e qui erano al tempio annosta to ; ricostrui te for

se p 1 u ampio e spaziose , al lorchè g li archi più non'

vol

tavano a tutto sesto ; ma tornarono ad al zarsi a far

punta nel centro , s iccome vedi inquelle fines tre ch esono rimas te nelle vecchie muragl ie archeggia te inacu

to , ch e non d ires ti anteriori al secolo X I I . Nè ve g l ie

conques to asserire ch e l ’ arco acuminato nonfosse g ià

d i più antichi tempi di ques ti do’ qual i parl iamo e

ne’ quali siffa tto sti le si riprodusse ; perchè e sempi cone sco di cos truzioni ciclopiche e romane di antich issi

ma da ta , ch e recano archi di qu e l soste si acu to , che

tornarono p oscia incostume tanto p iù tard i .

Fino al secolo XV I fu questa chiesa la ca ttedrale della ci ttà : quando dal ve scovo card . G ambara ne fu da to

l’ onore a lla nuova ch iesa di s . G iacomo mag g iore apo

stole , dove fu trasportata la cattedra epi scopale e do

ve ancor si rimane . S e io avessi a scrivere og gi una

s toria della mia patria , tutte vorre i raccontare le gran

di ragunate fat te dal popolo dentro questo temp io e

qu el lo de’senatori vesti ti di lucce e del su premo ma

g istrato p er consul tare le p iù gravi faccende del paese,o formar leghe e compagnie con solenni pa tti e a di

fendor sè o —

ad offendere a l trui ; e dove venivano am

bascerie di S ignori e di Comuni a far convenzioni e

paci o treg uo o prendere accordi e concordie con sa

cramento. E qual a l tro luog o p iù au g usto e vene rando

potevano sceg l iere di questo sacro edi fic io ded ica to a

D io e a’

S anti per aver temenza di far p romosso in

isporg iuri ?

80

biamo da un codice manoscrit to del la ch iesa orvietanaillustrati puro dal P apobroch io e ch’ egli s tesso gindi

cò scri tti più secol i depo i l martirio do’ santi ; siccome

gli al tri ch e esis tono nella biblio teca del l ’ archiginnasio

romano della S apienza , e quell i inpergamena nel mo

nistero amiatenso ; quali coll’Usuardo ed a l tri martire

log i riporti amo inparte a l secolo IX e in quel torno,siccome i più antichi ( essendo manifesto che tutti ce

testi esemplari ; nessuno corte contemporaneo a l la mor

to do’marti ri ; siano Opera di temp i di vers i ) a l la metà

c irca del secolo V. Noi crediamo col Tu rriozzi ch e l e

santo reliquie nonfossero qu a reca to prima della me tà

del secolo VI I ; siccome dimostra la epigrafe sebbene

scritta pos teriormente a quel tempo segnata nella la

mina di piombo che legg i entre l’ urna che quello re

l iqu ie racch iude ; e canta così

83 Anno Bni c c c c c cxnvm . Indict. VI . Corp ora S corum

S e. Vi . M ar. et D od. ( S ecundiani ,Viriani , M arcol liani

et D oodati a domo S coru transla ta in civita te ( sic

Tuscana La quale espressione a de ine sanctorum ac

cenna chiaramente al la chiesa dove prima che qu i ri

posarono i corpi de’ santi ; cioè a dire a Centoce lle

ciò ch e meglio gli a tti d ichiarano , e specialmente gl i

e semplari da ti dal S urio e quelli del codice del la Cat

tedrale di Orv ieto ; ne’ qual i leggiamo transla ta iam tum

fu isse E X PR IOR I SEPU LC RO ad‘

ecclesiam tuscanensem

martyrum corp ora , quod saecu lo demam V I I circi ter con

tiqisse credi tar. Vodo ognuno che ne i nessuna fede vo

g l iamo pur ch e si dia a quella lapida di marmo , che

81

si conserva nell’ arch ivio della nostra ca ttedrale consif

fa tto parole

"ic requiescunt corp ora ss. S ecundiani Virioni et

M areelliani M arti A nno D omini C C CXX I I

poi ch e l’ u so qui fa tto , siccome nella prima 1 5cr1z10

ne degl i anni del S ignore ; ch e non fu prati ca to pr ima

di D ionisio I’ Esigue sul principio del V I secolo ma

ch e la ch iesa non adottò se non dopo l’ anno"700 ; la

ci da p er falsissima merce di p iù ignorante autore di

falso memorie .

O ra r i tornando agl i a tti del martirio de’ nostri Santi , ques to sappiamo ch

’c i furono decapitati inColonia ;

il qual luogo di stava LX I I miglia da Roma ; se nonche

della esis tenza di un tal luogo dubi tarono forte i bel

landisti , se meglio non lo h an creduto unsogno di chi

de ttò tal i a tti . Noi proveremo i l contrario ;— o tanto più

volentieri , ch e siamo 1 primi a far cosi buonuffi cio al

paese nostro reinteg randog li i p iù sagri o venerandi

monumenti ch e S’abbia , e ch e la trop po sti tica o s ti

racch iata cri tica di scri ttori d’al tronde de ttissimi im

prontava di nota di tanta bruttura .

I l vi ce Colonia nomina to negl i a tti ch iamavasi an

cor Colomacio ; ciò ch e espressamente dichiarano gli

esemplari ch e ri cordammo del monistero amiatense in

Colomacio , quod dici tur Coloni a i l qual nome di

Colomacio equivalente pure a Colonia è ripetu to nel

cod ice del la ca t tedrale orvietana . O ra io mi p enso che

qu es ta Colonia e Colomacio sia una cosa s tessa conCo

lonna ta o Columna te , vi co anch e ques to e prossimo al

mare , siccome raccolgo dalla be lla Convenit ap osto

82

lica moderamini di papa Eugenio IV , indiri tta al ve

scovo Virobono tu scanienso ; in cu i fra le chiese di

quel vescova to sono ancora p lebs s. Andrene inForo et

p lebs s. M artini inC OLUMNA TA et p lebs s. E rasmi secus

l i tus maris p rop e M ontema ltum cum domz'

bus curtibus etc .

della qual p iove e parrocchia di s . A ndrea inForo, sicco

me dol vico Columna ta a l tra memoria trovo pu re inuna

pergamena dell’ archivio amiatense dell’ anno 775 ; in

cui R aucionus o l l aucisus de Civi t. Tascona abitante delv ice Colomna te vendo tredici ordini di vigna in fundo

Casa le Colomna te cum oliv is vel p omis et terra sauda

cioè soda Using e A bba ti A cta inForo ante eccle

szam s.

.

Andreae.

È costume del le scriniario ch e scrisse quel la be lla

di nominar di segui to i lu oghi vicini e contermini

mantenendo l ’ ord ine del la lorop osiziono geografica dal

ch e arg omentar dobbiamo ch e la parrocchia di s. M ar

tino inColonna ta o quel la di S . A ndrea inForo nonora

no che a poca d istanza da quella di s . E rasmo secus

li tus maris p rop e M ontema ltum ; la qual terra di M ental

to , che nel l’anno M CCXXX rinnovò l ’ antica su a sog

gonone al la ci ttà nostra a tempi di papa G re g orio l x ;

come da pergamena esistente nel l’ archivio del Comune,in cui si leg g e p raedicta iura Commune tuscanum ha

bet , et A NT IQU I TU S habui t in p orta de M urel lis Foce ,

Volta et A urrientu la , et in M ontea lto et'

toto eius di

striata era appunto il confine del vescovato tuscanien

so essendo la v icina ci ttà di Foce oss ia Vu lci g ià da

gran tempo distrutta , al lorchè scrivevasi quella bel la .

83

P osto le cose anzidette , e forme ch e i l v ice Co

lonna ta nella su a posi tu ra di terra e cielo cammini ver

se il mare , resta a vedere verso qual parte presso

Montal to ragg uardasse e inquel la dove s i leva e dove

i l solo si ascende . E qu i è da avverti re , ch e descri

vendo la bolla tutti i confini del vescovato colla massi

ma d istinzione ed esattezza ; siccome provano g l i al tri

documenti del nostro archiv io e g l i s tessi nomi e con

fini delle d iverse contrade ch e in parte durano fino a i

giorni nos tri ; al lorchè discòrro le terre posto da quel

canto di cu i «era intendiamo parlare , assegna p er ter

mine del vescova to i l corso del Tamene fino al la im

bocca tura di questo fiume nella Fiera , e di là i l cor

se della Fiera fino a l l ’ apertura onde s’ imbocca inma

re . D al che è dimostrato che i l vi ce Colonna ta e le chie

se suddetto erano si tuato alla sinistra di quel fiume ; e

ch e è lo stes so a ponente di Montal to . O ra i caratteri

di Coloma ci o o Colonia degl i a tti amiatensi convengo

no o si affanno a merav i glia a l vice Columna ta del la

ci tata bolla : mentre nonmon qu es to ch e qu el lo è po

ste nel la provincia Tuscia , nè men qu ello ch e ques to

si sta in vicinanza del mare , nel quale fu rono g ettati

i corpi de’ santi depo la loro decapi tazione , siccome g l i

a tti del marti rio raccontano ; perchè non resta dubio

che quei nomi tutti di Colonna ta , Colomacio, Colonia ,

e Columna ta o Columna te come scri tti si trovano non

siano al tre ttanto al terazioni d’uno s tesso nome o ad

uno stesso ed unico luogo, ch e è Colonia ,

appartenga

no. I l qual Colonia ch e i bollandisti nontrovarono re

g istrato innessuno storico e autore di qualche rinoman

84

za , è quello stesso nominato da S oste Frontino nel l i

bro deg l i S tra tag emmi là dove i l console Emi lio Papo

scopri l’ ag u ato de’ gall i che inseguiti poscia al le spal

l e o raggiunti da ’ romani a Telamone , siccome Pol ibioracconta , furono intieramente d isfatti .

Che il Colonia degli a tti del monte A mia ta fesso

pur esso alla s ini s tra del fiume F iora non solo per

quello che si è dimostra to del vice Columna ta s i tua to

dentro i confini del vescova to tuscanienso , ma provas i

per l’ autori tà al tresì di ques ti a t ti , che lo pongono in

sito distante m iglia 1 .X I I da Roma. O ra pigliando da

R oma tale distanza sulla via A urel ia che camminava

inquelle parti poco p iù poco meno invi cinanza del

mare , o da cui per conse g uenza nondoveva Colonia e

Colonnata rimanere di molto lontana , sarà forza collo

carla al di qu a di Cento cel le nei dintorni di Comete

fra la M arta e l a Fiera ; si to prossimo ugualmente‘

a

M ontal to e più al mare . E qui noto che anche inCor

note si venera s iccome prote ttore del la ci ttà 5 . S econ

diano , uno do’nestri tro martiri ; di cui quella chiesa

crede di possedere unbraccio e di averlo o ttenute fino

dal tempo , incui furono d iscoperti i corpi loro e tra

sporta ti a Tuscania.

Ved i era con l ’ i tinerario d’A ntonino per qual i

spazii s’ al lontani da R oma quel Coloni a e Colonna ta

che andiamo cercando.

Via A urelia a R oma p er Tusciam

Loria M . P . X I I .A d Turres M . P . X .

P yrg os M . P . X I I .

Castrok

novo M . P . VI I I .

Centumcellis M . P . V .

ch e sono migl ia XLV I I alle qual i se agg iungi al tre XV

migl ia ,quante ne corrono da Centocel le al punto da

noi de termina to inmezzo a i du e conflu enti la Marta

e la F iera ch’ è pure alla medesima di stanza da Cor

ne te e da Montal to e a ssa i prossimo al mare ; o a me

glio d iro fra le due antiche stazioni mari ttime Qu intia

na e 'M a ltano a cinqu e e più miglia 1’ una e l’ al tro

da l la foce della Marta e della Fiera , avremo appunto

la distanza delle LX I I miglia che gli a tti ricordano .

Centumcellis

G raviscas M . P . V I .

M a l tano M . P . I I I .

che compiono le XV miglia richi este , quante ne man

cavano al novero delle LX I I . D a ciò pertanto res ta dimostra to , ch e Colonia e Coloma cium giaceva alla

_

S inistra della F iera ,

siccome i l vice Columna ta : ch e l’ uno

e l ’ al tro di stavano u gualmente miglia LX I I da R omao ambedu e erano s i tuati p rop e M entema ltum non secus

li tus maris ; perchè pare dover conch iudore che siano

ambedu e unmedesimo luogo unvico—

solo ed identico .

D i ssi che di questo Colonia ignoto ai bollandi sti

foce parola S esto Frontino ne ’ suoi S tra tag emmi ; narrando come nonmol to lungo da quel vico misero i g al

l i a g uato di lor g ente ch e rese vane i l console L. E mi

lie ; o dissi anc0 ra come narri Polibio la is toria di quel

la mieidial guerra fra romani e gal li ; 1 quali rag g iun

86

ti presso a Telamone d ’

E truria dal le legioni del con

solo ch e teneva lor dietro , e presi inmez zo dal l’ al tro

consolo Caio A ttilio , ch e venuto dalla S ardegna a Pi sa

prosegu iva i l cammino verso Roma ; furono colà scon

fi tti,rimas ti in sul campo m

‘orti di loro quarantamila ,

presi nonmeno di d iecimila , fra’ quali i l re Come l i ta

no. O ra se i l Colonia di Frontino è lo s tesso , come io

mi penso , ch e i l Columna ta del la bel la ed i l Colonia

degli a tti , dovea essere situato alla sini stra della Fio

ra. Ve g g asi dunque nel la tavola peu ting eriana l ’ inter

val lo che era dalla F iera a Telamone là dove segui

la grande ba ttagl ia e la disfa tta de’ gal l i per vedere, se

potevano costoro conuna sola giornata camminare tan

to viaggio , e cosi veni re al fine delle nostre ricerche.

A rmeni ta fl . E ques ta la F iera

A d Nonas I I I .

P or tus"ercu lis XX .

Cosa VI I I I .

A lbinia [l .

Telamone 1 1 1 1 .

ch e sono XXXV I migl ia di strada . Ninno poi verrà ne

garmi , ch e l’ A ureli a non si al lungasse in qualche si

nu osi tà sia a cagione della posi tura del luogo sia a cau

sa dol comodo pubblico come suolo avvenire nello gran

di s trade ; tal che l a ritira ta de’

g al l i ( non essendo al

loro tempo quella s trada fabbrica ta non difi lasse in

più re tta l inea facendola men lunga’

di 36 migl ia . Nèpotrà pur ne g armisi a l tra detrazione da quella d is tanza ,quando si consideri ch e non sotto Telamone , ma si in

vicinanza - di quel promontorio fu i l campo di ba ttagl ia;

88

niente dubbiosi di appropriarla a quel santo pontefice

poi che del valore e del l’ autori tà del la bolla sol tanto

gl i indiscre ti potrebbero dub i tare nè i l Ma rini ne mosse

s0 5petto fu suo avviso , che a Leone IX megl io cheal IV di questo nome potesse a ttribu i rsi p er ragioni

ch’ egli va di cendo in una sua l e ttera alla eminenza delcard . G erampi pu bblica ta nel Commentario deg li ancd

doti del g rande fi lologo dal ch . Marino Marini ; delle quali la somma è ques ta ; che la data nonconviene a

temp i

del I V Leone ; poichè la indizione V non ista bene col

1’anno V I del suo p ontifica to ed è p iù p rossima a ll

anno

VI di s. Leone I X , nel qua le correva la V I e la V I Iavendo di du e sor ti di indizioni fa tto uso qu el p ontefice.

E seguo D ello scriniario Niccolo‘

non sapp iamo nu l la,onde da l nome di lu i nonp ossiam trarre a lcuna p rova

benne ho io una g randissima nel p rimicerio Leone , che

sicuramente ta le nonera nell’

852. M onsig nor G a l let ti c idà un Tiberio p rimicerio nell

'

850 io trovo che questi

era ta le anche nell’

851

Nè io ve rrò negare col Mar ini ch e errata nonsia

la data di questo esemplare della bolla di s. Leone IV,ch e abb iamo nel reges to d ’ Innocenzo siccome non

potè negarlo i l G alle tti , ch e la indizione V acconciata

a questa copia tramutò siccome errore facilmente einendabi le in xv ; ciò ch e s tava ed istà benissimo col

1’ anno V I del pontifica to di Leone IV e col l’anno al

tresi 852 ; nonmica ce l l’

84 7 come pensa i l Tu rriozzi,ch’ era i l primo anno del di lui pontifica to , nel quale

correva la indizione X . E che appunto inquell ’ anno

852 i l vescovo Virobono reggesse la chiesa tuscanienso

89

è manifes to da questo che del suo successore G iovanni

non trovasi memoria anteriore al l’

853 nel quale anne

intervenne al romano conci l io del medesimo s . Leone I v ;siccome non trevasone del di lu i antecessore G odem

"

on

da se non depo l’ anno 826 , al lorchè intervenne que

s to vescovo al l’al tre romano conc i l io celebrato da pa

pa Eugenio I I perchè a rag ione concludiamo , che al

tro vescovo non fosse dell’ 852 inTuscania , che Viro

bono , a cu i la bolla fu indirizza ta .

C h e se i l Marini no avverte , ch e dell’ 850 e 51

era primicerio della s . S ede unTiberio , nonvede per

chè nell’ anno seguente non poteva essere insu a voce

unLeone ; essendo ch e siano i primiceri i pur ossi dei

mortali e II ’ anno inanno possano veni r meno per mor

to , si ccome qualunqu e al tro degl i uomini . I l muover

dubio pertanto sulla esis tenza di qu el Leone nomina to

nella be l la senza produrre una prova ch e ei nonfosse

veramente in quel l ’ u ficio , o c h e veramente vi s tesso un

Tiberio , non è provare ch’e i non v i stesse ; che anzi

i l non poter dimostrare ch e de l l ’ 852 Tiberio fosse primicerio , come lo fu ne

’duo anni anteriori , prova per

me ch e a l tri non tenesse que l grado di Leone infuori ,di cui fa nome la bol la .

M a ciò che assai mi maraviglia è qu e l dono ch e

i l Marini vuol fare di tal be lla a Leone IX quando

egli stesso sapi entissimo com’era e inogni maniera di

d iplomatiche erudizioni vorsatissime sapoa più ch e al

tri che comunque nel l ’ V I I I secolo si cominciasse a ve

dere inqualche rara bolla conta ti g l i anni da l la incur

naz ione del S ig nore , fu propio a’

temp i di ques to san

90

to pontefice che l’ u so ne d ivenne comune il quale fu

forse il primo a numerare g l i .anni ab incarna tione, che

h anno i l principio da l 25 di marzo ; perchè se della

bolla nostra autore fosse stato quel pontefice ,nonan

drebbe spogliata di quella cara tteris tica di ch e egl i

impronto presso ch e tutte le pubbl iche le ttere , che bel

lava del suo sacre su g ol le . Né la ind izione V I potevacorrispondere al l

’anno X de l pontificato di s . Leone IX,

correndo più veramente la V I I sebbene il M arini pen

s i il contrario ; perchè a diri tte concludo che sicco

me la bolla di che parliamo nonpuò ascriversi al

pontefice s . Leone IX , nessuna al tra ragione è di mez

ze , onde non s ’ abbia ad attribu ire a s . Leone I v ;

corrotto quell’ errore di data , s iccome fece i l G alle tti,ch e al copia tore della bolla del 1208, ossia nel l

’anno X

del pontifica to di papa lnnocenzo I I I non al l’antico

scriniario , che la scrisse nol l’ 852 , devo a ttribuirs i .

S criveva i l Marini al suo dotto Mecena te i l card .

G arampi , ch e entra to egl i era inquel sospe tto che non

fosse di Leone IV la controversa bolla , perchè soprap

p iù vi leggeva i l nome di Vi terbo ; del qua l luog o noncredeva si p otesse concludentemente p rovare esistenza nel

secolo IX . M a qui ancora l ’ uomo sap iente nonparlò i l

vero ; o senza rimandarlo agli scri tti del mio de ttissi

mo Oriol i ch e il contrario gli previ , gli andrò d icen

do , ch e inun documento dell’ archivio amiatense del

768 corto Ulmone de castello V ITERBO fece convenzio

ne conunmonaco di s . S alvatore de terris cu l l is et in

cu ltis s. D ona ti de ci vi ta te tuscana ; che l’anno 769

l ’ abbate di Farfa permuta col l’abbadessa di 5. S alva

9 1

tore di Brescia a liam cel lam infinibus VI TE R B I E N

S IUM in loco , qu i dicitur Fag ianus qua liter ab An

selmo de VE TE R B O et A imone fu it p ossessa ; senza

ricordare la conferma data nel 74 2 dal l’ imperatore al

pontefice , in cui leg g esi d is tintamente Viterbum e la

oblazione di certe Vime e Pie tro di lui figl io abitanti

castri Vi terbu del 774 rammenta ta dal Muratori , o I’al

tra del 775 dal G al le tti sop ra a lcuni vescovi di Viterbo,

incui A imo Voltarias habi ta tor castri VITE R B I I dona

omnes p ecunias , substantias , et p ertinentias tam h ic

inV I TE R B I O quamque inTuscana ecc . a ctum in castroVI TE R BI I ; per nondire infine degl i a tti del martiriodo’ ss . Valentino ed I lario

,che comunque non contem

p eranei al la morte loro , sono per fermo anteriori d’as

sai a l I X secolo ; negli esemplari de’ quali es tra tti dal

Nardini nella biblioteca val l icollena e riprodotti nel

codice g al loniano si fa più vol te menzione di Vi terbo.

E ciò bas ti p er ora delle cose del mio paese ; che

tornerò , se a D io piace , a discorrere a lung o , quan

do n’abbia il tempo e la vogl ia narrandono la bella,

piacevole onorata is toria .

93

N O T E

I )‘

V. la Tav . annessa .

(a)I g enerosi e de t ti canonic i ch e ne h anno la cura daranno,

S periamo l’

ant ica u sc ita ed entra ta a qu esta porta ch iusa da’lo

ro antecessori di trop po sot til v i ta .

(5) V. la Tav . ag g iunta .

(4 ) I toscanesi ne sanno g rado al benemerito M inistro del

Commerc io sig . commend. J acob ini a i due ch iarissimi professori cemend. M inardi o Tenerani e a i de t ti component i la Commissione consul tiva di Belle A rti , e rendono lero pubb liche azie

ni di g razie p er tanto o si g ranb enefi c io.

(5) Qu este temp io fu consacra to l’anno 1 2 0 6 dal vescovo

tuscanienso R anie ro a cu i fu indiritta la celebre decre tale a l

c a p . R ay nu t ius de testament is. Qu ivi conservavasi una ant ic acroce di prezioso me tallo assai b ella ed orna ta dove inuna p ic

cola lastra d’arg ento erano inc ise le seg uenti p arole inlet tere g o

t ich e 558 D e R e l iqu i is sanc torum S imonis e t J uda e san

c torum La u rent i i e t ss. M a r ty rum Corne l i i e t P ant iani pp .

a l S . Ch ry st ina e v irg inis e t ma r ty r is . "anc c r u c em f a

br i c a v i t ma g is ter G u ig l ie lmus de B or e l l is de A lex andr ia su b

annis D omini mi l lesimo c c c c vm EB a d h onor em O mnip ot ent is

D e i e t B ea ta e M a r ia e Virg inis e t B oa taram P e tr i e t P a o

l i sic e t bea t i L a u rent ii A men. M a se qu esto ric co me

numente sic come tante al tre S p lendide sup pelle t til i e di nob ildiseg no s

ebbero con la ing ordig ia loro ing h io t ti to e trang u g ia toi cag ne t ti della v ecch ia repubblica resta a questo ant ico tempioassa i care p eg no

inque’

XXIV. corp i di santi mart iri ch e ancora

conserva fra’

qual i veneriamo quelli ricorda ti nella sc ri t ta della

9 4

croce anzide t ta de’ pp. Cornel io e P onziano e di s. Crist ina la

c u i au tent ica reca la ep ig rafe seg uente "E "ic r equ i esc i t c or

p u s s . Ch r ist ina e 9 . e t m. ji l ia e Urbani de c iv i ta te Ty r i .

(6) La camp ana mag g iore d i qu esta b asilic a reca nella sua

ep ig rafe l’

anno M c c c c xxn t emp ore D omini M a r t ini V ; alla

quale al tra ne fu a g g iunta ne l 1 655 , ed una terza nel 1 7 1 6 .

Forse non fu quella la prima c ampana ch e fu sospesa inqu ellatorre fabbrica ta c erto p rima del xm se colo.

(7) D : unBenvenu to Cu lerzo C a s ta ldo c iv . Tu sc anen. tro

vo fa t ta menzione inuna perg amena dell’

arch iv io seg re to del Comune del 1 2 70 .

(8) A lla tranqu ill ità pubb lica dentro la c erch ia delle muraprov vedeva ancora il Comune con assai dil ig enza . O g ni ing iu

ria anch e v erb ale era punita d’

una mu l ta ; v ie ta to il p ortod

armi ;‘su ona ta l ' u l t ima squ illa niuno senza lume po tea teri

tare d’

usc ire di c asa o con lumi . Vedine le condanne , ch e io

trovo nelle mie sch ede , cop ia te da p ubbl ic i a t t i ch e si conser

v ano nell ’ arch iv io del nostro Comune.

die 1 8 M a r t i i 1 455R ic c io A ntonu M a r t ini de Ca s t . s. N icola i comi ta tus

fi orent ine e o quod f u i t inv ent a : p or ta re a rma p er c i v i t a tem

t u sc anam solo . in to tum sol . 33. 0 9 .

2 4 M a r t i i

J a cobo P e tr i A ng e l i qu od inventu s f u i t i re de noc te p erc iv i t a t em solo . sol . 6 . den. 8.

S imi l i te r p ost ter t ium sonam c amp ana e sine lu

mine .

(9)V . i diseg ni ch e diamo di du e di qu esti Caste lli sog g ebt i al la sig noria de l Comune nostro ; l

A nc a r ano e i l C a s te ll a zzo o C a s te l la c c ia come og g i si ch iama.

( t o) C arni d i b ue di c ing h iale , di capriol i di montone cap

poni g all ine fa g iani ed a l tri u cce ll i rari erano la sostanza de lle imbandig ioni porta te dinanzi alla tavola di qu e

’nostri eroi …o

arrost i ti o lessi o col ti in teg g h ia o in teg ame con S ap ori e p a

sticc i e tor te e manicare tti conbuone S pezie assai e sal se verdi e

( ri ) P erma provvedevasi con g rande e g elosa cura dal Co

mune e con l eg g i coerc i t ive al la pol i tezza e ne t tezza interna ; sicc ome rac colg o da alc une c ondanne de l P odestà del 1 453 ch e

p iaccmi di riferire ; e sonquested ie 7 ma r ta

…I o/zanne J u lu P a u li e o quod p roiec i t a qu am immundam

solvente in to tum sol idos X I e t den. tres.

L eona rdo F rede l l i eo qu od du a e e iu s best ia c va c c ina e

invent a ef u erunt inf osso c ommunis iux ta p a la t ium p ot esta t is .

1 7 ma r t i i

M a g is tra A ng e lo de R oma qu ia ex tendi t fi la tum sen

in c anna solv . in to tum sol . XI den. tres.

1 8 d .

J a cobo J u st ini qu ia p roi e 0 i t l e t amen instra ta p u b l ic a

solv . sol . 1 5 h a b i t a g ra t ia de medie ta te .

( 1 2 )V . il diseg no .

( 1 3) Nel 1 32 2 certo Vanne fi g l io del q. Nino laS C I O consuo

testamento corp u s suum sep e l i endum ap ud e c c le siam s . P e

t r i de c iv i ta te Tusc ana e . Nel 1 334 N icola c iv is tu sc aniensis

fece u g u ale testamentaria disposizione ; e lo stesso ordinò col suo

testamento nel 1 377 pre te G iovanni del q . P aolo c anoni c a .; e c

c lesia e Tu sc anen. siccome imparo dalle perg amene esistentinell ‘ arch iv io della Ca t tedrale . Nel secolo x 1v adunqu e nonsep

p el livansi cadaveri entro la c h iesa ,nè pu re qu elli de’

c anonic i

della ch iesa stessa .

( 1 4 ) S crip tum p er manus Nicolai notarn a tqu e reg ionarn,

e t scrinarii s. nostrae romanae ecc lesiae mense februarii indic t io

ne v . D a tum vm Kal . mart ii p er manus Leonis p rimicerii su rn

mae apostol icae sedis anno D eo p r0 p itio pont ili catus nostri domini Leonis pp . xv in sacra t issima sede 5. P e tri apostoli sexto ,

mense indic tione suprascrip ta v .

E ÈÌ ID II ©È

CA P . I . D ella condiz ione d'

e’ cris tiani e dello

s ta to delle arti ne’ primi secoli della chiesa p ag .

CA P . I l . D isposizione e compartimento d ei più

antichi templi cris tiani A bbellimenti di tal i

fabbriche Fogge di vestire de g l i uomini de

dicati alla chiesa

CA P . l l l . D escrizi one del tempio di s . M aria mag

g iore

CA P . IV. I l colle di s . Pie tro Vedu ta della

ci ttà R icordi di su a antica grandezza

CA P . V. I l tempio d i s . Pie tro

CA P . VI . A tti del‘

niartirio dei santi protettori

della ci ttà R ispos ta ai Bolland is ti

M O NTEFIA S CO NE

D alla Tipografia del S eminario

P resso S avini e S orcim'

J O S E P"CA N . G msrt

P ro-Vic a r ius G en.