Deledda Ritorno del figlio - Sardegna Digital Library...rivista popolare romana «L’Ultima Moda»,...

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SCRITTORI SARDI

A Nuoro, la mia città, la mia forza.

«[…] E, invero, la cerimonia ha un significatoepico: poiché la bocca che morde il fegato ancoracaldo di una vittima non conoscerà mai il gemitodella viltà. Così, tante volte, quando ho piegato ilviso sulla voragine sanguinante della vita, ho ricor-dato il curioso rito degli antichissimi avi […]».

G. DELEDDA, Ferro e fuoco

Opera pubblicata con il contributo della Regione Autonoma della SardegnaAssessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali,

Informazione, Spettacolo e Sport

CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI / CUEC

GRAZIA DELEDDA

IL RITORNO DEL FIGLIO

edizione critica a cura di Dino Manca

SCRITTORI SARDI

coordinamento editorialeCENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI / CUEC

Grazia Deledda Il ritorno del figlio

ISBN 88-8467-299-6CUEC EDITRICE © 2005

prima edizione novembre 2005

CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDIPRESIDENTE Nicola Tanda

DIRETTORE Giuseppe MarciCONSIGLIERI Marcello Cocco, Mauro Pala, Maurizio Virdis

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Le illustrazioni riproducono alcune pagine del manoscritto conservato presso laBiblioteca Universitaria di Sassari.

IL LABORATORIO DELLA NOVELLA IN GRAZIA DELEDDA:IL PERIODO NUORESE E IL PRIMO PERIODO ROMANO

Sono ormai noti gli esordi letterari di Grazia Deledda. Lascrittrice ha diciassette anni quando decide di inviare allarivista popolare romana «L’Ultima Moda», della quale èun’affezionata lettrice, un suo breve racconto intitolatoSangue Sardo. Il pezzo non solo viene pubblicato, ma ildirettore, Epaminonda Provaglio, chiede alla principiantealtri lavori1. Inizia così la sua carriera artistica fino al confe-rimento, il dieci dicembre 1927 (per il 1926), del premioNobel da parte dell’Accademia svedese. Dal 1890, anno dipubblicazione di Nell’Azzurro per i tipi della Trevisini di

1 G. DELEDDA, Sangue sardo, in «L’Ultima Moda», Roma, III (1-8 luglio,1888), 88-89 [Il primo passo. Confessioni di scrittori contemporanei, Firen-ze, Nemi, 1937; Versi e prose giovanili di Grazia Deledda, Milano, Treves,1938; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Roma, NewtonCompton, 1995]. Nello stesso anno, sempre sulla rivista di Edoardo Pie-rino, uscirono il racconto Remigia Helder («L’Ultima Moda», Roma, III(19 agosto 1888), 95) e la prima parte del romanzo Memorie di Fernan-da («L’Ultima Moda», Roma, 12 settembre 1888-2 giugno 1889). San-gue sardo, pubblicato in due puntate, rifletteva le letture romantiche dellagiovane scrittrice e i feuilleton allora di largo successo fra le ragazze. Lastruttura è fra le più tipiche. Il racconto inizia in medias res e l’intreccioha come inizio la parte centrale dell’asse temporale diegetico. La fabulasi sorregge su otto fondamentali microsequenze e il tempo, nella suadurata, si caratterizza per le forti accelerazioni (sostenute da sommari edellissi), con qualche scena e pausa descrittiva nell’abbrivo. Ela, la prota-gonista, ha dodici anni quando si innamora di Lorenzo, un amico delfratello. La fanciulla trascorre lunghi periodi di patimenti perché il ragaz-zo non la corrisponde. Dopo qualche anno, però, quando tutto sembraessere stato superato, «accade una cosa orribile». Ela scopre che Lorenzoama Maria, sua sorella maggiore. Da quel momento inizia a covare versol’uomo un odio smisurato che sfocerà nella sua uccisione su una riva sco-gliosa, lì dove anni prima, in una notte di luglio, aveva giurato vendetta.

Milano2, fino alla silloge Il Cedro del Libano edita postumada Garzanti nel 19393 – oltre le numerose composizioni

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2 G. DELEDDA, Nell’azzurro [Vita silvana (Milano-Roma, Trevisini, 1890;1898; 1929; in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I,Nuoro, Ilisso, 1996); Sulla montagna («Il Paradiso dei Bambini», Roma,18 ottobre-15 novembre 1888; Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898;1929; in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I,Nuoro, Ilisso, 1996); Memorie infantili (con il titolo Cose infantili anchein: «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 14 aprile 1899; Milano-Roma, Tre-visini, 1890; 1898; 1929; con il titolo Ricordi d’infanzia in: Versi e prosegiovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Unaterribile notte («La Sardegna», Sassari, IX (21-30 ottobre 1890), 248-256;Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929; Novelle – I, Nuoro, Ilisso,1996); La casa paterna (Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929;Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996)], Milano-Roma, Trevisini, 1890 [Mila-no, Trevisini, 1898; 1929; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. 3 G. DELEDDA, Il cedro del Libano, [II giuoco dei poveri (Milano, Garzan-ti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); Cuori semplici (Milano, Gar-zanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); Vecchi e giovani (Milano,Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); La gracchia (Roman-zi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); Ferro e fuoco (Milano, Gar-zanti, 1939; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso,1996); Trasloco (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso,1996); Caccia all’anatra (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro,Ilisso, 1996); Il camino (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro,Ilisso, 1996); L’uccello d’oro (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondado-ri, 1959); L’esempio («La Lettura», Milano, 3, marzo 1936); Il posto(Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); Vento di marzo; Lamia amica (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); La sta-tuetta di sughero; La melagrana (Romanzi e novelle – IV, Milano, Monda-dori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995); Agosto felice; Nel mulino; La fugadi Giuseppe (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); La let-tera (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); Ornello; Sottoil pino; Il gallo; Il signore della pensione (anche in: Romanzi e novelle – IV,Milano, Mondadori, 1959); Il cedro del Libano; Ballo in costume; Forzeocculte; Le bestie parlano («Il Fanfulla della Domenica», Roma, XXXII(25 dicembre 1910), 52; L’angelo («Il Corriere della Sera», Milano, 11aprile 1936; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro,Il Maestrale, 1995); I guardiani (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mon-dadori, 1959); Via cupa (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro,

sparse pubblicate in differenti fogli, eddomadari e giornaliletterari – sono venti le raccolte di novelle scritte e pubbli-cate; un corpus di oltre quattrocento testi, imprescindibile alfine di una valutazione critica complessiva della personalitàe dell’opera. Eppure la novellistica pare non abbia incon-trato il favore dei critici che l’hanno, per lungo tempo,incomprensibilmente trascurata o comunque relegata inambiti di interesse marginali, concedendo solo ai romanziuna valenza estetico-letteraria degna di approfondimento edi studio4.

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Ilisso, 1996); Medicina popolare (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mon-dadori, 1959)], Milano, Garzanti, 1939 [Novelle – VI, Nuoro, Ilisso,1996].4 Renato Serra rilevò che le novelle «[...] sono di una mediocrità esaspe-rante, con quella monotonia regionale che non arriva neanche ad averel’evidenza superficiale e chiacchierina del bozzetto di genere». NatalinoSapegno valutò i primi racconti «[...] documenti non inutili per rico-struire la sua formazione, ma, ai fini di un giudizio sulla sua arte, posso-no essere trascurati senza danno». Eurialo De Michelis dedicò alla scrit-trice un importante volume e definì i primi lavori «in tutto di qua dalbene e dal male» e «di bassa e variopinta popolarità o l’uno e l’altro insie-me» le riviste in cui trovavano ospitalità. Emilio Cecchi fu, di quellagenerazione di critici, uno dei pochi che del raccontar breve ne riconsi-derò il valore: «[…] a mezzo della sua produzione, come chiave di volta,la raccolta di novelle: Chiaroscuro. Di tale raccolta è davvero a dirsi che,in seguito, la Deledda poté riuscire in qualcosa di simile, non di supe-riore». Anna Dolfi definì la novellistica un «infelice genere», evidenzian-done la mediocrità delle pagine se non finanche le fragilità formali dialcune raccolte. Neppure in occasione delle giornate di studio tenutesi aNuoro nel 1971 e nel 1986 la novellistica ha sollecitato quella attenzio-ne che forse avrebbe meritato. Solo nel 1996 esce, per i tipi dell’Ilisso diNuoro, la riedizione in sei volumi, curata da Giovanna Cerina, delle rac-colte canoniche. Si vedano a tal riguardo: R. SERRA, Scritti letterari, mora-li e politici. Saggi e articoli dal 1900 al 1915, a c. di M. Isnenghi, Torino,Einaudi, 1974, 433; N. SAPEGNO, Prefazione a G. DELEDDA, Romanzi eNovelle, Milano, Mondadori [coll. «I Meridiani»], 1983, XI; E. DE

MICHELIS, Grazia Deledda e il Decadentismo, Firenze, La Nuova Italia,1938, 16; A. DOLFI, Grazia Deledda, Milano, Mursia, 1979; A.A.V.V.,

La Deledda inizia il suo variegato e duraturo percorso diformazione a partire dal borgo, in quella temperie cultura-le e morale propria del villaggio e di una civiltà agro-pasto-rale le cui pulsioni primordiali, valori condivisi e tipi umanidivengono fonte di ispirazione e oggetto inesauribile discrittura. Durante il periodo nuorese la giovane scrittriceinvia i suoi messaggi ad un mondo lontano e in parte sco-nosciuto. Sono sogni e fantasie, sono i primi acerbi frutti diletture d’appendice assai di moda in quei tempi, che rap-presentano i ripetuti tentativi di una ragazza ‘di provincia’di presentarsi ad un pubblico lontano. È l’opera di trasfigu-

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Convegno nazionale di studi deleddiani, Cagliari, Fossataro, 1974; A.A.V.V,Grazia Deledda nella cultura contemporanea, voll. II, a c. di U. Collu,Nuoro, «Consorzio per la pubblica lettura ‘S. Satta’», 1992. Una rilettu-ra dell’opera fatta con l’ausilio di una strumentazione critica e filologicaaggiornata e concepita dentro una rinnovata concezione della fenome-nologia letteraria intesa come sistema integrato della comunicazione –che si fondi cioè non solo sulla produzione ma anche sulla circolazione ericezione del testo in contesti culturali e situazionali connotati dal poli-centrismo e dal plurilinguismo – potrebbe consentire di riscoprire sottoaltra luce quell’universo semantico e antropologico che sottende il mes-saggio deleddiano. Un’analisi sistematica che, pena la sua stessa ragiond’essere, dovrà essere funzionale alla comprensione profonda dell’opera edell’ambiente in cui essa si è generata e da cui ha attinto la scrittrice nuo-rese; nuove indagini, dunque, incentrate su una personalità singolare, lacui esperienza ha avuto implicazioni molteplici ed ha fornito un contri-buto importante agli studi sulle problematiche della cultura sarda che inquesti ultimi anni hanno assunto una particolare rilevanza. Si tratta per-ciò sempre più «di ridefinire l’identità stessa della letteratura italiana e siè giunti alla conclusione che è più corretto accedere ad un modello sto-riografico che decide per la letteratura degli italiani. L’operazione desanc-tisiana dunque, che muoveva da un presupposto teorico unificante chenon ammetteva le differenze e che tendeva a non apprezzare la ricchezza,la complessità e le diversità delle varie letterature regionali, oggi non èpiù proponibile. Si va affermando invece un orientamento critico chenell’ottica della microstoria tende a superare e a modificare la tradizio-nale prospettiva centralista» (N. TANDA, Un’Odissea de rimas nobas.Verso la letteratura degli italiani, Cagliari, Cuec, 2003, 51-2).

razione in finzione letteraria di un universo peculiare ecomplesso, di una terra ancora incontaminata che, dentro isuoi monti-protezione, è garanzia di continuità ma, in unacerta fase, anche limite, impedimento. Quei primi voliincerti divengono il tentativo di oltrepassare la finestra-limine e proiettarsi nel mondo. L’apprendistato letterarioinizia, dunque, da presto, da quando stringe rapporti di col-laborazione con le tante riviste di consumo che in quelperiodo proliferano ovunque, in Sardegna e fuori5. Lettrice

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5 Quantunque in modo lento e difficoltoso, la scuola si dimostrò fattorerilevante nell’opera di ampliamento dei ceti intellettuali e del pubblicodei lettori. Accanto ad essa risultati niente affatto trascurabili determina-rono i sistemi informativi. Il forte incremento della stampa e il prolife-rare di riviste regionali e nazionali (letterarie, storico-politiche, artistiche,scientifiche) suscitarono a Nuoro e in Sardegna fervore e dibattito. Oltreche straordinarie palestre letterarie, i giornali furono, non meno delleintense relazioni epistolari (nei primi anni si ricordano, tra le altre, quel-le con Stanis Manca e con Angelo De Gubernatis), fondamentali canalicomunicativi in grado di catapultare all’interno di un più ampio e fecon-do reticolo di interscambi. Essi divennero gradatamente le fonti princi-pali di vicende, fatti e opinioni d’oltremare: «[…] Figurati tu una ragaz-za che rimane mesi interi senza uscire di casa; settimane e settimane senzaparlare ad anima che non sia della famiglia; rinchiusa in una casa gaia etranquilla sì, ma nella cui via non passa nessuno, il cui orizzonte è chiu-so da tristi montagne: una fanciulla che non ama, non soffre, non hapensieri per l’avvenire, non sogni né buoni né cattivi, non amiche, nonpassatempi, nulla infine, nulla, e dimmi come può essa fare a nonannoiarsi. I libri...i giornali...il lavoro...la famiglia! I libri e i giornali sonoi miei amici e guai a me senza di loro» (Lettera di Grazia Deledda a Epa-minonda Provaglio, Nuoro, 23 febbraio 1892; la lettera si trova pubbli-cata in: M. CIUSA ROMAGNA (a c. di), Grazia Deledda, Cagliari, Poligra-fica Sarda, 1959, 39). Pur nella carenza cronica di istituti associativi, dibiblioteche, di canali distributivi, non pochi intellettuali riuscirono adinstaurare rapporti con editori della penisola, grazie al sistema delladistribuzione personale. La seconda metà dell’Ottocento vide fiorire ungran numero di periodici. Se fino al 1848 solo ventisei erano le testatesarde, dal 1857 al 1900, su una popolazione di settecentomila abitanti,ne comparvero oltre cento. Nel 1876 uscì a Cagliari il giornale «La Far-

vorace e recettiva colma i limiti del suo autodidattismo for-mandosi sulle opere della migliore letteratura italiana edeuropea. Il matrimonio apre la fase continentale, per certiversi inedita e non solo dal punto di vista letterario. Si puòdire che essa inizi all’insegna della città-simbolo, Roma,sogno ambito e meta irrinunciabile. Qui approda l’undiciaprile del 1900. Il suo orizzonte si allarga, quasi di colpo.Gli anni romani, durante i quali ricerca, trovandoli, input esollecitazioni molteplici, sperimentando soluzioni estetichedifferenti e aggiornando modalità espressive e linguaggi,indiscutibilmente segnano un punto di svolta nella suamaturazione artistica e antropologica6. Entra in contatto

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falla» di Angelo Sommaruga, primo impegnativo esperimento per darealla cultura isolana una dimensione non più regionale, ma italiana. Primadi «La Farfalla» altre riviste avevano cercato di operare come punti di rac-colta degli intellettuali isolani. Si ricordano, «La Meteora» (1878-79),«Stella di Sardegna» di Enrico Costa, «Gioventù Sarda» (1876-77), «Vitadi pensiero» (1878-79), «Vita Sarda» (1891-93) di Antonio Scano, e«Terra di Nuraghi» di Luigi Falchi. Dal 1888 al 1919, anno di pubblica-zione della novella Il ritorno del figlio, la Deledda scrisse nelle seguentiriviste: «L’Ultima Moda» (Roma), «Il Paradiso dei Bambini» (Roma), «LaSardegna» (Sassari), «L’illustrazione per tutti» (Roma), «Vita Sarda»(Cagliari), «La Tribuna Illustrata» (Roma), «L’Avvenire di Sardegna»(Cagliari), «Boccaccio» (Firenze), «Vita Moderna» (Milano), «Natura eArte» (Milano), «Il Fanfulla della domenica» (Roma), «Roma Letteraria»(Roma), «Sardegna Artistica» (Sassari), «La Donna Sarda» (Cagliari),«Nella terra dei Nuraghes», «La Donna di Casa» (Roma), «La PiccolaAntologia» (Roma), «Rivista per le Signorine» (Milano), «La Ricreazio-ne», (Roma), «La Vita Italiana» (Roma), «Il Corriere della Domenica»(Roma), «La Piccola Rivista» (Cagliari), «La Donna Sarda» (Cagliari),«La Rassegna Nazionale» (Roma), «La Riviera Ligure» (Oneglia), «LaLettura» (Milano), «Sardegna Letteraria e Artistica» (Cagliari), «II Seco-lo XX» (Milano), «La Gazzetta del Popolo» (Torino), «Varietas» (Mila-no), «II Ventesimo» (Genova), «L’Unione Sarda», (Cagliari), «Il Conve-gno», (Cagliari), «Sardegna Giovane» (Sassari), «Ichnusa» (Sassari), «L’E-roica» (La Spezia), «La Grande Illustrazione» (Pescara), «Il Giornale d’I-talia» (Roma), «La Domenica Illustrata» (Milano).6 L’affinarsi del suo linguaggio «[…] più che nella direzione sensuale e

con i cenacoli di intellettuali e artisti più famosi e stimo-lanti della capitale. Alla sua formazione etica ed estetica,spirituale, intellettuale e umana, concorrono da un lato lasolida cultura delle origini (agro-pastorale, sardofona,orale)7, dall’altro la cultura di inappartenenza (urbana, ita-

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impressionistica della dilagante prosa d’arte, dipende dalla possibilità chel’analisi della percezione offre in quel momento soprattutto ad artisti epittori. Espressionisti, futuristi e surrealisti, sono in ogni caso, dallaSecessione in poi, gli unici teorici in questo senso. Seguendo la loro lezio-ne estetica la Deledda persegue una forma di narrazione che, pur attra-versando il versante sensuoso e malinconico del linguaggio dannunzianoe crepuscolare, si prosciuga di ogni residuo di esaltazione lirica e di enfa-si, per approdare ad una visione tutta nuova della natura e del soggetto.La struttura della sua comunicazione narrativa si rinnova e diviene origi-nale. Ha sul lettore una straordinaria presa perché produce un flusso diemozioni primitive e intense. È funzionale ad una visione del mondodestrutturata dagli schemi percettivi tradizionali e rinnovata dalle ricer-che sull’arte dei primitivi propria della Secessione e dall’elaborazione diun universo di segni diversamente orientato. La visione antropologica elinguistica del mondo muta e non poggia sull’asse eurocentrico tradizio-nale» (N. TANDA, Dal mito dell’isola all’isola del mito. Deledda e dintorni,Roma, Bulzoni, 1992, 49-50).7 «[…] il porco, rovesciato in terra, impotente a muoversi, sente il peri-colo e urla; ma l’uomo gli affonda il ferro nel punto preciso del cuore, enon una stilla di sangue accompagna l’agonia della vittima. Poi arde ilrogo, in mezzo al cortile, e i due uomini vi dondolano su, come in ungiuoco di giganti, l’animale morto; arde il suo pelame irto ancora didolore, e il fumo appesta i dintorni, richiamando sulla cresta del murodel cortile le faccette diaboliche di tutti i monelli della contrada. Unacena quasi dantesca si svolge adesso intorno alla vittima, che viene rapi-damente raschiata del pelame abbrustolito, poi spaccata dalla gola all’in-guine: sgorgano le viscere fumanti, che vengono versate in un lacre, ilgrande recipiente di legno che serve anche per l’innocente manipolazio-ne del pane; viene scolato il sangue; un solo viscere è lasciato per ultimo,nella voragine ardente del grande ventre vuotato: è il fegato […] E c’è, sì,chi lo morde: una delle signorine la prima; l’esempio è imitato; le pre-ghiere le urla dei ragazzi perché sia permesso anche a loro il rito sembra-no quelle di figli di guerrieri. E, invero, la cerimonia ha un significatoepico: poiché la bocca che morde il fegato ancora caldo di una vittima

liana, scritta). Queste due componenti preparano il terreno– non senza difficoltà, interferenze e contraddizioni – per leopere più mature, soprattutto dopo la lenta evoluzione chesi compie a Roma nel vivace ambiente di casa Cena8.

La prima raccolta di novelle è Nell’azzurro, un volumettodestinato a un pubblico giovane, insignificante per la bana-lità dei temi e la semplicità dei procedimenti scritturali, mautile «per sorprendere i primi passi, le fantasticherie e isogni della scrittrice esordiente»9. Seguono, nella primafase, numerosi altri esercizi letterari pubblicati su rivista oraccolti in volume10. Le trame di questi componimentigeneralmente rispondevano alle esigenze del racconto d’ap-pendice che doveva colpire l’immaginazione dei lettori conintrighi, amori, fughe, agguati, travestimenti e con l’agni-zione, il riconoscimento finale che scioglie tutti i nodi del-l’intreccio11. Si trattava di una narrativa di largo consumo la

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non conoscerà mai il gemito della viltà. Così, tante volte, quando ho pie-gato il viso sulla voragine sanguinante della vita, ho ricordato il curiosorito degli antichissimi avi […]» [G. DELEDDA, Ferro e fuoco (in: Il cedrodel Libano, Milano, Garzanti, 1939; Nuoro, Il Maestrale, 1995), inNovelle–VI, Nuoro, Ilisso, 1996, 157-8].8 A Roma Angelo De Gubernatis la presenta ai suoi amici e la introducenell’ambiente letterario romano. Nella capitale inizia la collaborazionealle riviste di maggior prestigio, in particolare a «La Nuova Antologia»,della quale è redattore Giovanni Cena. Gli amici della scrittrice costitui-scono la punta avanzata della cultura romana di quegli anni; si tratta deipoeti e degli scrittori simbolisti e dei pittori e degli artisti della Secessio-ne: Celli, Marcucci, Aleramo, Prini, Cambellotti, Severini, Boccioni,Balla, Corazzini, Moretti. La formazione antropologica ed estetica dellaDeledda si compie e si consolida frequentando questi gruppi.9 G. CERINA, Prefazione a G. DELEDDA, Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996, 8. 10 Le novelle scritte e pubblicate sino al 1919 anno di pubblicazione deIl ritorno del figlio sono riportate in bibliografia. 11 Di taglio feuilletonistico è la novella Il bambino smarrito. La trama,sentimentale e di destino, è segnata dall’evoluzione degli avvenimenti checoinvolgono il personaggio protagonista, il quale, dopo una serie di cir-costanze incombenti e fatali, recede dalle sue iniziali sofferte decisioni

cui destinazione a un pubblico ampio, eterogeneo e com-posito, non poteva non avere implicazioni sulle modalitàstesse di costruzione degli intrighi. Perciò gli autori tende-vano ad impossessarsi di particolari tecniche narrative pen-sate per catturare e mantenere viva l’attenzione del destina-tario con scene di intensa pateticità e di forte impatto emo-tivo12.

Non sempre nella prima fase del suo artigianato lettera-rio, segnato da un acerbo sperimentalismo, la scrittrice rag-giunge risultati convincenti. Non mancano, infatti, fragilitàformali e ingenuità contenutistiche, figlie naturali del suodemone e del suo sbrigliato autodidattismo. Ciononostan-te è pur vero che le continue letture di opere di autori ita-liani e stranieri, il caparbio e indefesso tirocinio narrativo(‘nulla dies sine linea’), l’affinamento estetico e stilistico e ilcontinuo aggiornamento di modalità tecnico-compositive,

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modificando atteggiamento e attitudini comportamentali. A tal riguardosi veda: G. DELEDDA, Il bambino smarrito [«La Piccola Rivista», Caglia-ri, I (11 dicembre 1899), 23-24, con il titolo L’ostacolo], in La regina delletenebre [Torino, Origlia, 1892; Milano, Giacomo Agnelli, 1902], inNovelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996, 31-45.12 La prima novella della raccolta Nell’azzurro, dal titolo Vita Silvana, ini-zia, ad esempio, una volta che gli avvenimenti che costituiscono unaparte della fabula hanno già avuto inizio. Dopo quattordici microse-quenze – incentrate sul mistero dell’identità di una bambina smarrita,Cicytella (dal sardo Cicita, diminutivo di Francesca) – inizia il recuperoregressivo completivo gestito esclusivamente dal narratore onniscientefino alle ultime due unità funzionali che riportano all’adesso narrativo.Vita Silvana è una novella d’intrigo, proprio perché, come le novelle clas-siche ruota su un fatto o un personaggio (Cicytella e il suo rapimento) eperché si caratterizza per la sua struttura d’intreccio. Il racconto prendespunto dalla descrizione di un particolare tipo umano che è la causa,diretta e indiretta, che muove il racconto. Prevale il discorso narrativiz-zato e il racconto non focalizzato, nonostante, anche per ragioni disuspense, si trovi qualche esempio di parallissi e di focalizzazione internavariabile. A tal riguardo si veda: G. DELEDDA, Vita Silvana, in Nell’az-zurro, Novelle – I…, 29-64.

la conducono gradatamente, già a partire dalle prime rac-colte, a livelli di maturità artistica sempre più incoraggian-ti e lusinghieri fino a sillogi di significativa valenza estetico-letteraria come La casa del poeta, Il dono di Natale e La vignasul mare13.

La fabula-tipo della novella di intrigo si struttura secon-do un modello prevalentemente triadico. La situazione ini-ziale è in stato d’equilibrio sino a quando non interviene unfattore nuovo (complicazione) che la altera profondamente.Dopo varie peripezie la complicazione è rimossa e si tornaall’equilibrio iniziale14. Si tratta ovviamente, soprattuttonella prima produzione, di modelli semplici. Quanto piùforti sono i contrasti tra i personaggi tanto più cresce la ten-sione che, a sua volta, si evolve nel corso del racconto, finoa raggiungere un massimo (spannung) che cade di solitopoco prima dello scioglimento. Cosicché i due modelli ari-stotelici (diadico e triadico) possono anche essere unificati

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13 G. DELEDDA, La casa del poeta, Milano, Treves, 1930 [Milano, Mon-dadori, 1956; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle– V, Nuoro, Ilisso, 1996]; Il dono di Natale, Milano, Treves, 1930 [Mila-no, Mondadori, 1956; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]; La vigna sulmare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Truminelli, 1932 [Romanzi enovelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso,1996].14 La struttura tematica di Vita Silvana, per rimanere nell’esempio, si arti-cola in tre fondamentali unità di contenuto narrativo. Uno spunto d’av-vio (rappresentazione di un evento) con progetto (rapimento di Luisina)– che altera la situazione di partenza (amore e matrimonio di Giacomoe Fosca) –, uno sviluppo, che consiste nel racconto delle conseguenze edegli eventi successivi a ciò che ha mosso l’azione e delle operazioni com-piute da uno o più personaggi (Bastiano, Azzo, Giacomo), per favorire larealizzazione di un obiettivo (ritrovamento e scoperta dell’identità diCicytella o Luisina), una conclusione, consistente nel raggiungimento diuna nuova forma di equilibrio e nel ristabilimento della situazione ini-ziale.

nel triangolo dialettico: esordio (tesi), spannung (antitesi),scioglimento (sintesi)15.

XIXIntroduzione

15 Architettura diegetica a struttura triadica troviamo, ad esempio, nellanovella Le due giustizie. Incentrata sulle disgrazie del protagonista debo-le e inesperto che si riscatta alla fine di una serie di disavventure, l’im-palcatura tematica si sorregge sui motivi tipici della narrativa deleddianaquali quelli della giustizia (umana e divina), dell’infrazione (o presuntatale), dell’espiazione e della redenzione. Il personaggio, indissolubilmen-te legato all’universo antropologico a cui appartiene, è il centro focaledella storia. La sfera pragmatica in cui è coinvolto e il processo evolutivodi cui è suscettibile in quanto vittima delle circostanze, costituiscono ilfilo rosso che tiene l’intera vicenda. Quirico Oroveru, soprannominatoBarabba, «da una volta che aveva rappresentato questo personaggio inuna sacra rappresentazione», è un taglialegna abusivo e analfabeta, «piùpovero degli stessi mendicanti», che un giorno trova sotto un cespuglioil portafogli di Saturnino Solitta, il più ricco del paese, assassinato pocotempo prima mentre rientrava da Cagliari, lì dove era stato per affari. Ilbuon uomo confida tutto all’amico il quale incautamente lo convince ariscuotere i soldi di uno degli assegni ritrovati. Il destino cinico e barovuole, però, che in una bottega di Nuoro Barabba venga scoperto e arre-stato con l’infamante accusa di omicidio. Illuso «che bastasse dir la veritàper essere creduto» e tradito dall’amico che non testimonia a suo favore,il credulone viene così condannato ai lavori forzati a vita. Tradotto nellepatrie galere (la lontananza del luogo – tòpos deleddiano – è prova diredenzione e di espiazione) e resosi amaramente conto di essere vittimadell’ingiustizia degli uomini, il malfatato invoca la giustizia divina. Ledue giustizie, appunto. Dopo molti anni di reclusione ecco accadere l’i-nimmaginabile. Barabba stringe amicizia con un vecchio galeotto dinome Pretu il quale, fra le tante cose, gli parla di un tesoro nascosto. Nelmentre il vero assassino di Solitta, vinto dal rimorso, confessa la sua col-pevolezza e Oroveru è finalmente libero. Al momento della partenzaPretu gli rivela il luogo in cui è nascosto il tesoro e dopo qualche tempo,in un boschetto di pioppi e durante una notte di stelle, Zio Barabba«s’inginocchiò e cominciò a zappare pauroso, in quell’infinito silenziosolitario, dell’unico rumore ch’egli stesso produceva. La terra umida,nera, odorosa, veniva fuori, riversandosi sulle ginocchia del vecchio chesi curvava sempre più. Alla fine la piccola zappa fece un suono metalli-co, incontrando un corpo duro. Zio Barabba sprofondò il braccio, toccòl’ansa della brocca, poi continuò a scavare con ardore selvaggio, e dopoun poco la brocca fu fuori. Egli la scosse. Drin, drin, drin, fecero dentro,

Il lavoro di estrapolazione della fabula consente di accla-rare altri aspetti, alcuni da essa indipendenti, altri invece adessa connessi. Nell’ambito delle istituzioni narrative, perquanto concerne le fonti di emittenza prevale il tipo di nar-ratore onnisciente, extradiegetico ed eterodiegetico, chenon di rado stabilisce un rapporto di complicità col narra-tario. Le sue due principali funzioni, oltre la narrativa (chesi rapporta al cardine proairetico o delle azioni) sono l’eti-co-ideologica e la comunicativa (o fàtica, propria del narra-tore conversatore di tradizione orale). È la voce narrante chepreferibilmente regola il flusso prospettico alternando l’on-niscienza del racconto classico al racconto a focalizzazioneinterna fissa, soprattutto quando adotta il punto di vista delpersonaggio e dice solo ciò che questi può sapere e vedere.La pellicola comunicazionale e segnica di alcune novelle,soprattutto del periodo romano, si caratterizza per il sapien-te intreccio a livelli diversi dei differenti codici culturali estrutturali (cronotopici, proairetici, semico-simbolici) conesiti estetico-compositivi apprezzabili. In non pochi rac-conti dell’età più matura, ad esempio, la prosa si articola in

XX DINO MANCA

le monete. Allora egli si segnò, e col viso sollevato al cielo ringraziò lamisericordia divina. Sembrava un vecchio selvaggio in adorazione dellaluna». L’ordine di successione degli avvenimenti della storia, così comesommariamente vengono qui riportati, non differiscono dall’ordine didisposizione che gli stessi hanno nel discorso narrativo. Peraltro la dura-ta temporale del racconto è intervallata da frequenti accelerazioni ellitti-che (esplicite e implicite) che concorrono a scandire a loro volta le diver-se sequenze narrative, qui intese come unità di contenuto diegetico. Lavoce narrante, esterna alla storia, regola il flusso prospettico alternandol’angolo di visuale illimitato tipico dell’onniscienza classica a focalizza-zione zero alla narrazione a focalizzazione interna fissa. Significativo cisembra il riscontro, tutto narrativo, della vicinanza morale, intellettualeed emotiva del narratore (e/o autore implicito?) al protagonista, vittimadi angherie e soprusi. Personaggio che egli compatisce ed assolve. A talriguardo si veda: G. DELEDDA, Le due giustizie, in La regina delle tenebre,Novelle – II…, 46-58.

sequenze brevi, ben calibrate, godibili, con pause descritti-ve magistralmente incastonate nella intelaiatura diegetica difondo, compresenti o alternative alle unità discorsive e d’a-zione, con sommari, scene e soluzioni ellittiche sapiente-mente dosate e orientate – grazie agli effetti di rallenta-mento, arresto e accelerazione – a cadenzare il ritmo e lavelocità temporale dell’avventura.

Nella lievitazione della scrittura deleddiana sono chiara-mente percepibili le suggestioni e le influenze derivanti daun’intertestualità ampia e stratificata che, a partire dal siste-ma segnico e culturale nuorese, è tutta volta ad estenderesempre più il respiro narrativo della scrittrice e ad accresce-re, aumentando e affinando la sua estrosa versatilità, le mol-teplici possibilità di opzione stilistica. La significativa com-presenza di differenti tipologie formali e di strutture super-ficiali di genere, che si avvalgono per esistere di altrettantavarietà di soluzioni tecnico-espressive e linguistiche, fa dellaproduzione novellistica un vero esempio di sostrato mag-matico letterario ricco di istanze genetiche profonde. Den-tro tale palestra compositiva – segnata, come detto, dallaricerca e dallo sperimentalismo – si trovano, ad esempio, iracconti attinti dal ricco serbatoio della tradizione oralesarda (sos contos), le atmosfere da racconto gotico, i model-li propri della novella d’avventure, d’ambiente – in cui gliesistenti sono strettamente legati all’universo antropologicoa cui appartengono, rimanendone quasi condizionati nelcomportamento e nelle scelte essenziali – della novella sati-rica e fantastica, di quella a sorpresa o di suspense.

In questa ampia gamma di soluzioni narrative, la scrittri-ce si cimenta con possibilità combinatorie diverse, perricreare architetture e tessiture sempre nuove capaci diavvincere e legare a sé il lettore: dalle impalcature diegetichetipiche del racconto nel racconto (con cornice)16, al doppio

XXIIntroduzione

16 Novella attinta dal serbatoio della tradizione orale sarda e che si strut-

racconto con doppia fonte di emittenza narrativa, all’in-treccio a incastro – con struttura temporale complessa,puntellata di anacronie e distorsioni temporali – oppureconcentrico, circolare, a spirale, sino alla linearità fabulisti-ca propria della novella-fiaba.

In altri componimenti ci si trova, invece, dinanzi a unanon trascurabile caratterizzazione dell’orientamento e a unaspiccata valorizzazione del breve episodio, della scena mino-re e del bozzetto descrittivo; sequenze queste che, non tro-vando posto nello schema compositivo della fabula, a voltealterano oltremodo l’equilibrio cronotopico fino quasi alparossismo e alla deflagrazione dell’intrigo, fondando su ciògran parte della loro attrattiva.

Un esempio di doppio racconto con doppia fonte diemittenza narrativa è la novella d’intreccio Di notte, laprima della raccolta Racconti sardi17. Scritta nel 1892 e pub-

XXII DINO MANCA

tura secondo le modalità del racconto nel racconto con una sorta di brevecornice iniziale (anche se in un caso si tratta di una leggenda narrativiz-zata dal narratore di primo grado) è La dama bianca. Il primo narratore,rappresentato e testimone, interrompe il fluire della diegesi principale(funzionale solo a introdurre le narrazioni che seguiranno) per innestarvio fagocitarvi, quasi a mo’ di matrioska, altre microstorie che si muovonosu piani temporali differenti e che della storia principale ne costituisconoil paradigma. In un caso su due il passaggio dal primo al secondo rac-conto avviene in forma trasposta, senza sintagmi di legamento, nel sensoche la fonte di emittenza rimane comunque quella del narratore di primogrado, il quale, pur non rinunciando alla funzione testimoniale e di regia,trasferisce con intento mimetico al primo destinatario una storia appresada altra fonte (un vecchio capo famiglia di nome Salvatore). Alle voci nar-rative che si intersecano (extradiegetiche ed intradiegetiche con testimo-ni indiretti o implicati nelle vicende), specularmente corrispondonoaltrettante figure del narratario (un destinatario sempre rappresentato euditore che rimanda ad un narratore orale). A tal riguardo si veda: G.DELEDDA, La dama bianca [«Il Fanfulla della Domenica», Roma, 29 gen-naio 1893; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini,1913], in Racconti sardi, Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996, 154-63. 17 Raccolta che inaugura la rassegna delle novelle a tematica sarda: G.

blicata su «Natura ed Arte» con il titolo Gabina, dal suotesto fu tratto nel 1921 il dramma pastorale La grazia (conClaudio Guastalla e le musiche di Vincenzo Michetti) e nel1929, per la regia di Aldo De Benedetti, un’opera filmica.La fanciulla Gabina, durante una notte di tempesta, divie-ne suo malgrado e all’insaputa di tutti spettatrice, in unadomo barbaricina rischiarata di luci caravaggesche, di unasorta di processo rusticano. Un processo intentato dallafamiglia della madre, Simona, contro il padre naturale reodi aver dieci anni prima abbandonato la sua donna. Gabi-na, Simona e il padre naturale Elias sono la causa, diretta eindiretta, che muove il racconto; la prima in quanto figliadella colpa, la seconda perché vittima del tradimento e del-l’abbandono e il terzo in quanto responsabile del danno e

XXIIIIntroduzione

DELEDDA, Racconti sardi [Di notte («Natura ed Arte», Milano, 1 settem-bre 1892, con il titolo Gabina; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894;Firenze, Quattrini, 1913; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972;Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Il mago («La Tribuna Illustrata», Roma,28 giugno 1891; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; «Sardinia di Capod’Anno», II, 1, suppl. al n. 8; «La Riviera Ligure», II serie (1906), 86,Genova; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996);Ancora magie (Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini,1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Romanzo minimo («Boccaccio»,Firenze, 31 luglio-1 agosto, 1892; «L’Ultima Moda», Roma, 25 settem-bre-2 ottobre, 1892; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quat-trini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); La dama bianca («Il Fan-fulla della Domenica», Roma, 29 gennaio 1893; Racconti sardi, Sassari,Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996);In sartu (Nel salto) («Roma Letteraria», Roma, 5 luglio 1893; Raccontisardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro,Ilisso, 1996); Il padre («Sardegna Artistica», Sassari, 10, 17 settembre1893; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; La regina delle tenebre, Mila-no, Agnelli, 1902, con il titolo I primi baci; Firenze, Quattrini, 1913;Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Macchiette («Vita Moderna», Milano, 7agosto 1892; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini,1913; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro,Ilisso, 1996)] Sassari, Dessy, 1894 [Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

artefice della propria infelicità. La narrazione, dopo unaserie di eventi, di rivelazioni e di complicazioni, perviene aduna forma di equilibrio sciogliendosi con un evento tantoinatteso quanto provvidenziale. L’‘imputato’, infatti, dopoessere stato condannato a morte dalla famiglia ‘disonorata’,viene alla fine graziato e liberato. La durata prevede un inci-pit con effetto di rallentamento proprio dei racconti anali-tici, seguito da una parte scenica nella quale viene rappre-sentato – con tinte forti, chiaroscurali e mimetiche – il ser-rato dialogo fra i sei personaggi di questa tetra tragediarusticana (Simona, Elias, Simone, Tanu, Pietro, zio Tottoi).A un certo punto s’innesta il racconto secondo (vero e pro-prio racconto nel racconto) la cui esplicazione si dà secon-do la modalità del processo rimemorativo, ossia attraverso ilrecupero regressivo attuato dal personaggio autodiegetico(Elias) che diventa narratore di secondo grado. Una sorta diracconto-sommario sostenuto da un buon ritmo narrativo,fatto di accelerazioni, rallentamenti scenici e rapide pausedescrittive18.

Sulla montagna19 è, invece, un esempio di bozzetto idilli-co dai tratti arcadici e dai tocchi rapidi e vivaci, dove tuttosi addentella chiassoso entro un quadro di incontaminatabellezza: la montagna, i suoi boschi, i sentieri tortuosi, iprofumi, le aperture di orizzonte. La descrizione è pittorica,a tratti oleografica, manierata e convenzionale, a trattiimbevuta di un lirismo suggestivo e ridente. La percezione

XXIV DINO MANCA

18 L’evocazione a posteriori si rileva sia quando Elias racconta al suoristretto uditorio come e perché abbia abbandonato Simona, sia attra-verso il confronto dialogico con gli altri personaggi che interloquisconocon lui entrando nel processo comunicativo. L’analessi è, quindi, esternae omodiegetica, basata sulla stessa linea contenutistica del raccontoprimo, e completiva nel senso che colma un’omissione provvisoria che illettore apprende solo dal racconto di Elias. La chiusa, ovverosia il ritor-no al racconto primo, è tutta scenica.19 G. DELEDDA, Sulla montagna, in Novelle – I…, 65-9.

è totale (visiva, uditiva, olfattiva) e totalizzante. Comeavviene per altre novelle il lettore sembra assistere alla con-templazione tardoromantica di un microcosmo carico diemozioni e suggestioni incantatorie con processi di antro-pomorfizzazione degli elementi naturali. Il paesaggio sidispiega nella sua molteplicità di forme e di colori; formecolte nella loro simultaneità, proposte in rassegna attraver-so un unico punto ottico e prospettico. Verrebbe quasi daparlare, in questa prima produzione, di descriptio a preva-lente funzione ricognitiva ed esornativa, se non fosse chel’orientamento vettoriale e il linguaggio spaziale non stabi-liscano altresì dei percorsi di senso, quasi simbolici20:

[…] Ad est, prima di ricominciare il bosco, vi è ancora uncampo di pietre aride, un pozzo, una capanna rovinata emassi, sempre massi di granito; poi, in fondo, all’ultimolimite dell’orizzonte, quasi velata dall’immensa lontanan-za, una linea pura, disegnata sul confine dei cielo; unalinea che azzurreggia mollemente col colore glauco senzariflessi. È il Mediterraneo!21

Racconto articolato e complesso per struttura tematica esviluppo narrativo è, inoltre, La giumenta nera22. La novella,farraginosa per le tortuose modalità compositive dell’intrec-cio – infarcito oltremisura di motivi liberi, svincolati dallastoria (come le digressioni e le descrizioni circostanziali ecompletive che sospendono il corso del tempo e dilatano,sminuzzandolo, il racconto nello spazio) – presenta tuttavia,e quasi per le stesse ragioni, non pochi elementi d’indubbio

XXVIntroduzione

20 Il Mediterraneo come frontiera, come confine desiderato e anelato(verso est, verso Roma?). Un orientamento orizzontale di sogno e di spe-ranza si distingue da uno verticale, di viaggio e di espiazione. Tutto ilbozzetto è inoltre attraversato da alcuni temi archetipici, connessi con glielementi cosmici primordiali (aria, acqua, terra, fuoco).21 G. DELEDDA, Sulla montagna, in Novelle – I…, 66-7.22 G. DELEDDA, La giumenta nera, in Novelle – II…, 59-92.

interesse. Bellia e Ghisparru, servi di Antonio Dalvy, ricco estimato mercante di giumente e puledri, un giorno incon-trano il vecchio Giovanni Battista, «figlio di Dio e di S.Antonio»23, custode di una chiesa campestre fatta edificare inonore al Santo suo omonimo da una dama liberata daidemoni. Appreso dal vecchio che egli è proprietario di unagiumenta nera ricevuta in regalo un anno prima da un riccosignore – «che è sardo, ma vive in terraferma anzi fuori delregno (forse era il Marchese di Mores)»24 – e che, volendo,essa può essere acquistata, i due servi rientrano nel vicino vil-laggio e informano il padrone. L’indomani, una volta defi-nito il negozio, Giovanni Battista con un pretesto si appartacon Antonio Dalvy e gli chiede di cambiargli con del dena-ro nuovo una somma di biglietti vecchi:

[…] Alla fine furono tutti all’ordine. Antonio Dalvy partìper il primo, col suo ombrello verde aperto – poi s’avvia-rono i servi, a piedi, tirandosi dietro la giumenta nera pic-chiettata di bianco. La povera bestia si ribellava alquanto,gettava la testa all’indietro, scuoteva la coda: pareva sen-tisse la fine della sua libertà. E zio Juanne Battista rimasesolo, all’ombra del portone, davanti al grande paesaggioverde, fiorito e solitario.25

A questo punto la dispositio sintattico-narrativa si compli-ca un po’ nel senso che il paradigma delle unità funzionali(unità fin lì sgranate generalmente secondo un ordine logi-co-cronologico) subisce una soluzione di continuità tempo-rale di tipo ellittico che determina una falla diegetica coneffetto di sospensione, perfino intrigante ai fini del raccon-to-enigma se non fosse però che l’anacronia, nell’assetto

XXVI DINO MANCA

23 Così erano chiamati a Nuoro i figli nati da unione illegittima (G.DELEDDA, La giumenta nera, in Novelle - II…, 62).24 G. DELEDDA, La giumenta nera, in Novelle…, 63.25 G. DELEDDA, La giumenta nera, in Novelle…, 67.

generale del racconto, polverizzi oltremodo l’azione com-plicante relegandola in sede di epilogo e risoluzione. Essainfatti riemerge dall’oblio narrativo solo alla fine dell’in-treccio attraverso un recupero regressivo di tipo dialogicoche satura l’omissione e ricostruisce i tasselli della vicenda.La storia, quindi, a un certo punto sembra deflagrare e per-dersi nei mille rivoli delle unità di contenuto descrittivoautonome, non essenziali ai fini della fabula.

Alla luce della più volte ribadita organicità dell’opera let-teraria, secondo cui i caratteri formali in stretta connessio-ne con i piani di contenuto costruiscono il senso globale deltesto e ne determinano la sua identità semantica, va da séche la palestra compositiva non poteva, nella vasta gammadi soluzioni poste in essere nel telaio narrativo dalla scrittri-ce sarda, non comprendere anche l’aspetto dell’ordituratematica: dalla trama di destino a quella di personaggio e dipensiero, dalla trama d’azione, propria del racconto d’enig-ma, strutturato attorno a un mistero e al suo disvelamento,alla trama melodrammatica e sentimentale, dalla trama diprova a quella di maturazione o di degenerazione.

Un racconto di avventura e prova insieme, il cui titolorinvia a una novella di Cechov è, ad esempio, Una terribilenotte26. La trama è d’azione in quanto si struttura attorno auna serie di difficoltà e di imprevisti da superare, mentre

XXVIIIntroduzione

26 G. DELEDDA, Una terribile notte, in Nell’Azzurro, Novelle – I, Nuoro,Ilisso, 1996, 75-94. Un giorno di ottobre, in uno stazzo della Gallura, unpadre manda il proprio figlio, Ardo, in un villaggio vicino per comprareuna forma di cacio. Ardo promette prudenza ma, arrivato al borgo ecomprato il formaggio, anziché intraprendere subito la via del ritorno siattarda a giocare sino al tramonto. Sopraggiunta la notte egli è costrettoa cercare ospitalità. Da questo momento in poi il fanciullo è vittima diuna serie di disavventure, di beffe e di vicende terribili che lo farannopentire in ultimo di aver disobbedito al proprio padre. Dopo una serie dieventi inattesi e di azioni concitate, si perviene al ristabilimento dellasituazione iniziale e al raggiungimento di una condizione di equilibrio.

per il protagonista è di prova, espiazione e formazione insie-me. Il caso dissemina nel cammino del protagonista, Ardo,responsabile di un’infrazione (disobbedienza), una serie dicircostanze difficili (tentazioni, ostacoli, pericoli) con esitoproblematico, dalle quali alla fine esce indenne. Egli, ine-sperto e ingenuo, ripara scontando la propria colpa conprove severe e dopo alterne vicissitudini (espiazione). Gra-zie a tali eventi purificatori conclude, patendo e soffrendo,il suo percorso simil dantesco («per la piccola ma dirupatachina») di lenta e graduale maturazione (colpa – nemesi –purificazione – lieto fine).

È probabile che la scrittrice abbia guardato, tra i modelliintertestuali, anche alla novella Andreuccio da Perugia. Nontrascurabili risultano essere, infatti, le analogie strutturali(la stessa trama di formazione) e i motivi condivisi (il vaga-bondare, la discesa nella tomba, l’anello). Clamorosa peraltro, in questa come in altre novelle, l’evidenza di unsostrato fiabesco. Le funzioni nell’asse sintagmatico sonoquelle caratteristiche della fiaba: allontanamento (Ardo siallontana dallo stazzo per andare al villaggio e per compra-re il cacio); divieto-infrazione (Ardo, restando oltre iltempo stabilito al villaggio, contravviene ad un ordineimpartitogli dal padre = disobbedienza); tranello (Ardo èvittima di una burla perpetrata da tre donne in una casa dicampagna); persecuzione (Ardo è chiuso prima nellatomba, poi nella botte); danneggiamento (le tre donne sot-traggono il cacio al fanciullo); situazione iniziale (rientroallo stazzo). Le possibilità di combinazione del rapportofabula-intreccio si riducono all’opzione strutturale più sem-plice che predilige, in un parallelismo perfetto senza altera-zioni o distorsioni dell’ordine temporale, il naturale e irre-versibile fluire degli eventi in conformità all’architetturacanonica delle favole27. Anche l’anello (come in Capuana e

XXVIII DINO MANCA

27 La libera dinamica del discorso segue la successione logico-cronologica

Afanasjev) richiamerebbe la tradizione fiabesca, sebbene quila sua funzione sia diversa: non mezzo magico, ma sempli-ce strumento di salvezza.

Quadretto d’ambiente, familiare e idillico, ambientatonella Sardegna di fine Ottocento e incentrato sulle vicendedi una famiglia nuorese benestante, di prinzipales, si trovainvece nella novella I Marvu28. Racconto sostenuto da una

XXIXIntroduzione

degli avvenimenti. Nella struttura segnica prevalgono le unità funziona-li pragmatiche che riguardano i processi che dinamizzano la storia. Di uncerto interesse è la rappresentazione scenica resa efficace da un ritmo nar-rativo sostenuto che corre via senza impaccio. La narratio è intervallatada alcune pause descrittive orientate dal narratore eterodiegetico e daqualche ragguaglio riassuntivo. Il racconto ricorda altresì modalità rap-presentative vicine al componimento gotico (con influenze della novellasatirica e fantastica). La storia, calata dentro cornici ambientali pervase disinistra suggestione, è sostenuta da una particolare tecnica espositivavolta a creare suspense (con focalizzazione sul personaggio nei momenticruciali, senza anticipazioni del narratore e atmosfere preparatorie). Ladescrizione spaziale si connota per sinistri effetti chiaroscurali e per lesignificative contrapposizioni cromatiche (rosso-nero; giallo-nero). Rac-conto popolato di fantasmi (bobbois) e animato da una fauna belluinamultiforme (gatti, cinghiali, diavoli con gli occhi iniettati di sangue) chesi muove in scenari notturni, Una terribile notte catapulta il lettore inatmosfere cupe e angoscianti (crepuscoli, cortinaggi di nuvole, oscurità),fatte di esseri orribili, di presenze e profili inquietanti (diavoli, sepoltivivi, apparizioni, banditi), di profanazioni – al limite del sacrilegio – diluoghi sacri e tombe. L’intreccio, il cui sviluppo è ricco di colpi di scena,si configura come un incubo che si rigenera e dal quale sembra non ci sipossa destare. Un racconto che, fra urla strazianti, risa infernali, sinistririntocchi, luci tremule e misteriosi suoni trasportati dal vento, apparenondimeno intriso di fobie ancestrali: della morte, del buio, dei luoghichiusi, degli anfratti tenebrosi, dei fantasmi, dei tuoni e dei lampi.Novella che, tuttavia – e qui sta la pennellata satirica, di derivazione delracconto di burle e di scherzi – a tratti si stempera per taluni risvolticomici legati ai comportamenti bizzarri e paradossali del suo protagoni-sta e alla risibile performance di altri attori secondari (un esilarante esem-pio riguarda l’episodio della burla del cacio sottratto e dei banditi chefuggono credendo di avere dinanzi il diavolo).28 G. DELEDDA, I Marvu [«Rivista per le Signorine», Firenze, 15 maggio

narrazione movimentata e vivace, caratterizzato dalla messain scena, non priva di forti accentuazioni mimetiche soprat-tutto nelle parti dialogiche, di una umanità multiforme («ilpiccolo gregge»), diversificata per età, sesso e condizionesociale (sorelle, cognati, zii e nipoti, bambini e studenti,padroni, servi e fantesche), calata a sua volta dentro unfascio di relazioni differenziali, per somiglianza e opposizio-ne, e colta significativamente entro una complessità di rap-porti fatti di antagonismo e conflitto, ovvero di dipenden-za, attrazione e solidarietà; relazioni – fattuali e sentimenta-li – intercorrenti fra personaggi comunque inestricabilmen-te legati all’ambiente solido e protettivo della casa e dellafamiglia in quanto dipendenti tutti da una sorta di materfamilias forte e risoluta (Donna Martina Marvu), che inau-

XXX DINO MANCA

1895; «L’Unione Sarda», Cagliari, aprile 1898, con il titolo Una sera d’in-verno; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917], inLe Tentazioni [Milano, Cogliati, 1899], Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996,259-78. Novella convincente da un punto di vista formale, soprattuttoper le sue calibrate descrizioni, venate di un lirismo intenso e vibrante esostenute da un linguaggio più sorvegliato e maturo, è il secondo com-ponimento della raccolta dal titolo Un piccolo uomo. Il racconto prendel’abbrivo in medias res, quando gli avvenimenti della fabula hanno giàavuto inizio. Cassio Longino, giovane sardo dal «volto scarno e dal pro-filo aquilino e dalla barba nera a punta», ama perdutamente una ragazzadel suo paese, Paola. La ragazza è ricca ma orfana. Ella, posta sotto latutela di uno zio che la maltratta e che da subito dilapida il suo patri-monio, ricambia l’amore del giovane tanto che gli chiede di sposarla.Cassio però, nell’intento – prima del matrimonio – di ridare alla fan-ciulla nuova ricchezza e indipendenza, falsifica la firma del tutore chegodeva presso tutti di credito illimitato e acquista a nome della sventu-rata terre e rendita. Una volta scoperto, l’innamorato viene condannato,vilipeso, rinnegato dalla sua famiglia e recluso in un penitenziario dellaToscana (verosimilmente in terra di Versilia). Da qui parte l’intreccio. Uncomponimento godibile, per le sue ambientazioni e per le magnificheaperture di orizzonte rischiarate, nelle rosse aurore e al crepuscolo vesper-tino, di tante vivide luci e di bagliori sanguigni; descriptio pervasa di odo-rose fragranze e satura di colori caldi e luminosi.

gura la ricerca di un tipo di personaggio centrale nei roman-zi della maturità quali «L’incendio nell’oliveto, La madre e, inun ambito regionale diverso, Annalena Bilsini»29.

Una vera trama, incentrata su un’azione complicante chemette in moto la vicenda, non esiste. La materia del rac-conto è quella già incontrata nei romanzi di altri scrittorisardi dell’Ottocento30. Essa consiste nella rappresentazione,prevalentemente descrittiva e a tratti scenica, di oggetti,situazioni e personaggi simultanei e coesistenti nell’intimitàdello stesso ambiente domestico, limitato e circoscritto,confortevole e autosufficiente. Uno spaccato topografico eritrattistico di vita familiare già visto, a volte stereotipato eun po’ di maniera, sorretto dai numerosi arresti contempla-tivi orientati nella visione dal narratore onnisciente chepassa in rassegna, in rapida successione, eventi ed esistenti,in una carrellata riassuntiva e descrittiva in cui le azioni e iprocessi che dinamizzano il racconto si dilatano nello spa-zio o si muovono su un asse di frequenza iterativa. I moti-vi, spesso liberi e svincolati da una storia, sono quelli tipicidei racconti familiari e idillici: l’amore coniugale, l’amorefiliale e materno, la famiglia intesa come comunità primor-diale e come centro di formazione e virtù, il gioco, lemonellerie, le piccole furbizie, le gelosie infantili, i raccon-ti del focolare (sos contos de fochile), ma anche il senso delvivere insieme, dell’appartenenza e della comunità, i valoricondivisi, l’educazione severa e il riconoscimento di un’au-torità rispettata31.

XXXIIntroduzione

29 G. CERINA, Prefazione…, 16.30 S. FARINA, Amore ha cent’occhi, a c. di D. Manca, Cagliari, Condaghes,1997, 287.31 In sartu è un altro esempio di novella d’ambiente. Con essa ancora unavolta la Deledda ci riporta al racconto idillico-pastorale (amoroso, fami-liare, campestre) che si caratterizza per l’adesione dei personaggi ad unpiccolo universo di ferace, incontaminata e idilliaca bellezza. L’azioneruota attorno a pochi elementi: l’amore, prima contrastato poi conqui-

Novella lunga e complessa, per ricchezza di motivi erimandi intertestuali ed extratestuali, è Per riflesso32. Al cen-tro della vicenda giganteggia il protagonista Andrea Verre,per riflesso una sorta di Raskolnikoff isolano, un povero stu-dente di provincia che, come il giovane russo, è costretto adabbandonare l’università per mancanza di denaro. Un gior-no Andrea apprende che sua madre, un po’ come la Dunijadi Delitto e castigo, per aiutarlo si trova costretta a contrarrematrimonio – senza amore e dopo molti anni (da quando«pei maneggi di zia Coanna» era stata rifiutata) – col padrenaturale del ragazzo, il vecchio Larentu Verre, ricco possi-dente del nord Sardegna, un tempo suo padrone ora vedo-vo e alcolizzato. Andrea reagisce con contrarietà e sdegnoall’ipotesi paventatagli per lettera dalla madre:

No! ... Se volete avere un figlio, non pensate di sposare‘quell’uomo’! – 33.

Egli sa che Larentu è suo padre ma vive con vergogna lapossibilità che la madre sposi, per poter salvare lui dall’in-

XXXII DINO MANCA

stato, il lavoro, il matrimonio. Su tutto domina un ambiente tipicamen-te e caratteristicamente barbaricino (agro-pastorale), entro cui si agitauna fauna umana tutta volta, nella sua pragmatica, al raggiungimento diun unico scopo, quello della ricomposizione di un mondo fatto di moltevirtù e di buoni sentimenti. Le unità descrittive si alternano a quelle fun-zionali cadenzandone il ritmo narrativo. In sartu è una novella d’am-biente nel senso che, nell’economia della narrazione, essa dà particolarerilievo al contesto sociale e culturale dentro cui la vicenda è inserita. Glistessi personaggi sono strettamente legati all’ambiente e la natura è par-tecipe del destino degli uomini. G. DELEDDA, In sartu (Nel salto), Novel-le – I…, 164-73.32 G. DELEDDA, Per riflesso [«La Nuova Antologia», Roma, XXXVI (1agosto 1901), 185, con il titolo Un’aberrazione; Milano, Treves, 1917;Milano, Treves, 1929; Milano, Garzanti, 1940], in I giuochi della vita[Milano, Treves, 1905], Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996, 103-44.33 Raskolnikoff a Dunija: « – Una sorella simile non la considererei piùcome sorella. O io o Luzin!...»).

digenza, l’uomo che sino a quel momento l’ha umiliata erespinta34. Per questo il giovane, assalito dal rancore dispe-rato e dall’angoscia febbrile, riprende a covare un’idea allu-cinante e mostruosa che ha maturato da studente dopo averletto con ardente e perversa inclinazione il «terribile roman-zo»: commettere un omicidio per provare i tormenti dellacolpa, studiarne le impressioni e scriverne infine un’operastraordinaria. La vittima prescelta è la vecchia zia Coanna,considerata la principale responsabile delle sue disgrazie. Ilprotagonista vive così la sua visionaria e paranoica espe-rienza d’identificazione con l’eroe dostoevskijano. Al rien-tro dall’università, provato per le sofferenze patite e dopoche il padre gli aveva negato il sussidio, riscopre con mace-razione il suo doppio. In lui si agitano impulsi opposti econflitti laceranti al limite del delirio. Il dualismo fra razio-nalità e irrazionalità, bene e male, diventa sempre più la suaossessione. L’animo di Andrea si presenta come lo specchioin cui si riflettono frammischiandosi i motivi e le sugge-stioni degli autori ‘terribili’ («...Nietzsche, Bourget, Shel-ley...»), le cui dottrine gli fermentavano nella mente «comei semi nella terra»:

Raskolnikoff. Ebbene perché non ammetterlo? In qualchecosa io rassomiglio a lui; ed anch’io vorrei, come lui, com-piere un delitto, un atto di forza, solo per sperimentare ilmio coraggio, per me, solo per me. Ammazzando zia

XXXIIIIntroduzione

34 La figura di padrone irascibile, solitario e ubriacone richiama vaga-mente quella del padre di Dostoevskij, ucciso da alcuni contadini esa-sperati dalle sue angherie, ed altri tipi di relitti umani come l’ubriaconeMarmeladov. Le descrizioni di condizioni patologiche come il deliriumtremens, che si manifesta con movimenti convulsivi e allucinazioni visivee auditive, seppur presenti anche in Delitto e Castigo («– Ma tu hai il deli-rium tremens, che! – si mise a urlare Rasumichin [...]»), trovano tuttaviariscontro anche nell’esperienza familiare della stessa Deledda. Il fratellomaggiore, Santus, fu infatti affetto da alcolismo cronico fino al delirium.

Coanna, però, non spiegherei la forza serena e terribil-mente fredda della mia sola intelligenza, perché l’idea diuccidere la vecchia serva e non un’altra persona, mi haspinto un po’ l’odio. Ho sempre odiato zia Coanna, fin daquando la vidi la prima volta; essa fu poi la causa del miospostamento nel mondo. Ebbene, no, questo delitto nonsarebbe che un delitto di passione, ed io vorrei compiereun delitto semplicemente sperimentale. Ecco, uscire,incontrare un individuo (non importa se uomo o donna,se vecchio o giovane); ecco, un uomo qualunque, maiveduto, che non mi fece mai alcun male, di cui ignoroanche il nome: andargli incontro, togliergli la vita! E poi?Ebbene, e poi?35

Ma proprio quando la vertigine superomistica ed emula-tiva lo sta per spingere definitivamente negli abissi tenebro-si e mefitici della perdizione e dell’incubo, improvvisamen-te nel suo profondo egli ritrova la forza della viltà che disto-glie e redime:

– Ebbene sì, fuggo perché dopo tutto non bisogna fidarcimai di noi stessi; e sarò anche un vile, ma la mia forza èappunto in questa viltà: non farò mai del male, mai ...neppure volendolo! ... E gli sembrava di esser guarito dauna terribile malattia36

XXXIV DINO MANCA

35 G. DELEDDA, Per riflesso…, 137.36 G. DELEDDA, Per riflesso…, 144. La struttura segnica del racconto èconforme al tema trattato. Fra le unità funzionali e pragmatiche signifi-cativamente emergono le eidetiche, riguardanti la processualità interioredel personaggio protagonista (pensieri, immagini, sogni, allucinazioni). Imodi e le tecniche della rappresentazione si avvalgono della presenza diun narratore eterodiegetico, alla cui prima e ineliminabile funzione nar-rativa ed esplicativa se ne accompagna un’altra, più dissimulata, di natu-ra etico-ideologica, soprattutto quando, a mo’ di transfert (voce del per-sonaggio e punto di vista del narratore, come anche in Dostoevskij) eattraverso la tecnica della focalizzazione interna (variabile e multipla),egli, con evidente intento mimetico, interviene imitando e/o plasmandole parole e i pensieri del personaggio. L’incrocio fra prospettiva e voce

La dimensione del sogno, inteso come manifestazionedell’inconscio e come luogo di un’esperienza interiore dallaquale riaffiorano ansie e inquietudini profonde, è quellaentro cui si sviluppa buona parte della breve novella, preva-lentemente scenica, dal titolo Per la sua cratura, terza della

XXXVIntroduzione

narrante ci consegna una sorta di polifonia eterodiretta e orientata da unnarratore immanente. L’autore adotta prevalentemente la tecnica delresoconto, del discorso diretto, con citazione di lunghi pensieri in formalegata (che come da convenzione sostituisce il monologo interiore) e delsoliloquio. Entro questi schemi logici propri del discorso e del pensieroretoricamente elaborati, con cui traduce in scrittura la vita psichica delprotagonista (né monologhi interiori né flussi di coscienza, dunque), eglisembra regolare tuttavia la sua distanza, in senso ideologico e morale,dall’universo rappresentato. La struttura temporale, che presenta qualchedistorsione nel rapporto tra fabula e intreccio con recuperi regressivi eanalessi sia esterne che interne di tipo omodiegetico e completivo (gesti-te sia dal personaggio autodiegetico sia dall’io narrante), si caratterizzaper una certa varietà della velocità e del ritmo del racconto e per l’alter-narsi di dilatazioni descrittive (prevalentemente di natura attributiva eanalitica legate al tempo allucinato della coscienza del protagonista) ecompressioni ellittiche, di pause e sommari, di scene dialogate e feno-meni retorici di ripetizione (anafore e allitterazioni), di racconto singola-tivo e iterativo. Negli eventi narrati (il tempo dell’avventura è di parec-chi anni) si fondono, dunque, aspetti psicologici e focalizzazioni circo-stanziali con accelerazioni pragmatiche proprie del racconto d’azione.Altrettanto varia e composita è la serie di relazioni (fattuali, sentimenta-li e psicologiche) che esiste fra i personaggi e fra questi e gli ambientidescritti. Intorno alla figura di Andrea Verre, personaggio modellato e atutto tondo, gravitano e si muovono entro un reticolo di rapporti dico-tomici di attrazione e conflitto, altri esistenti e comprimari più o menocomplessi e dinamici, come l’amata madre Andreana (dei «Verre poveri»)che «lavorava per campare la vita...così alta e dritta, con la pelle colorrame e il viso un po’ quadrato...pareva rassomigliasse ad una figura egi-ziana», il padre Larentu, uomo tracotante e violento, «piccolino, rossi-gno, dal viso malevolo, che con la sua sopragiacca di pelo rassomigliavaad una volpe maligna», l’odiata e disprezzata zia Coanna, la buona Mil-lèna Ibbas, giovane moglie di Larentu, donna generosa e magnanima,«innocente come una bambina», vittima di un ingrato destino di morte,e infine Giacinto Tedde, stimato maestro di scuola e sorta di guida spiri-tuale («un bel giovine di vent’anni, alto ed elegante, tutto roseo in

raccolta I giuochi della vita37. Ad una madre, la «signoraV***», compare in sogno una ricca dama dall’aspetto miste-

XXXVI DINO MANCA

volto»), prodigo di suggerimenti e consigli e oggetto da parte di Andreadi ammirazione e rispetto. Le attribuzioni e le qualità dei personaggi e lasfera pragmatica in cui essi sono coinvolti rappresentano il cuore dell’u-niverso semantico del racconto. Il sistema è sostanzialmente statico,anche se subisce sensibili cambiamenti con lo sviluppo dell’intreccio. TraLarentu e Andreana, ad esempio, vi è inizialmente conflitto. Solo allafine, dopo la morte di Millèna la relazione fra i due, per ragioni di con-venienza e d’interesse reciproco diviene di attrazione e condivisione discopi (ritrovare entrambi il consenso di Andrea). 37 G. DELEDDA, I giuochi della vita [Per riflesso; Freddo (Milano, Treves,1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II,Nuoro, Ilisso, 1996); Per la sua creatura (Milano, Treves, 1917; Milano,Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996);Pasqua («La Riviera Ligure», Genova, II serie (1902), 38, con il titoloPasqua sarda; Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Gar-zanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); La morte scherza…(«LaRiviera Ligure», Genova, II serie (1904), 56, con il titolo Gli scherzi dizia Morte; Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzan-ti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); I giuochi della vita («LaNuova Antologia», Roma, 185 (16 ottobre 1902); Milano, Treves, 1917;Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV,Milano, Mondadori, 1959; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); PadreTopes (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti,1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Mae-strale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Il vecchio servo (Milano,Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi enovelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995;Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Il fermaglio («La Nuova Antologia»,Roma, 197 (1 settembre 1904); Milano, Treves, 1917; Milano, Treves,1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Monda-dori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996);Lo studente e lo scoparo (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920;Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Colpi di scure(«Sardegna Letteraria e Artistica», Cagliari, 1902, con il titolo Vengono;«Sardegna Giovane», Sassari, I (1909), 1, con il titolo Mentre la forestamuore…; Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzan-ti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Mentre soffia il levan-

rioso («mantellone nero, una pellicciona nera, un cappel-laccio nero tirato sugli occhi...ebbe paura»). La nobildonna,che si presenta con voce gutturale e fare sdegnoso, da «grandama avvezza al comando», propone alla «personcina diafa-na», «anemica», dal «volto pallidissimo», angariata dallamiseria, di poter adottare la sua bambina in quel momentoaffidata per necessità a una balia, figlia del suo giardiniere.Il sogno, presagio di tragici eventi, ben presto si trasformain incubo:

E la signora V*** non fiatava davvero, per la sorpresa, epiù ancora per lo spasimo che provava al solo pensiero didover cedere la sua creatura. La sua creatura! Il suo uccel-lino! La sua vita! Il suo universo! La sua piccina! Ma quel-la straniera era matta, matta da legare. La signora V*** l’e-saminò bene; ma poi ricordò che la straniera non avevafigli e capì come si potevano fare certe proposte.– Ne parlerò con mio marito – rispose, tanto per direqualche cosa. Poi accompagnò la straniera fino alla scala,augurandole fra sé che, nello scendere, s’impigliasse nelmantellone e rotolasse sino in fondo38.

Il concitato colloquio col proprio marito, la possibilità –contemplata amaramente da entrambi – di dover decideredi perdere la propria figlia pur di assicurarle un futuro agia-to e sicuro, caratterizzano l’epilogo che sfuma e si stemperacol risveglio e col ritorno alla realtà. Non sappiamo se laDeledda abbia avvertito in quegli anni la suggestione delleteorie freudiane che iniziavano a trovare applicazione anchein contesti assai distanti da quelli clinici delle origini, anchese è pur vero che lo stesso Freud andava considerando la let-teratura, l’antropologia culturale, la religione e le scienze del

XXXVIIIntroduzione

te (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940;Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996)], Milano, Treves, 1905 [Novelle – II,Nuoro, Ilisso, 1996]. 38 G. DELEDDA, Per la sua creatura, Novelle – II…, 156-7.

linguaggio come altrettanti campi di applicazione e di veri-fica delle ipotesi teoriche psicanalitiche39. La funzione lette-raria dei sogni è strettamente connessa con il valore cultu-rale e antropologico attribuito alla funzione onirica e l’in-terpretazione e la decifrazione del fenomeno è cambiata inmaniera consistente nel corso dei secoli40. Si pensi alla cesu-ra rappresentata dalle indagini dello studioso di Freibergche incidono profondamente nella stessa narrazione lettera-ria. Dopo di lui, infatti, la scrittura si orienta a riprodurrele caratteristiche specifiche dell’attività psichica caratterizza-ta da emozioni, percezioni e pensieri che si strutturano inuna successione di immagini, generalmente non regolatadalla logica, anche se apparentemente reale.

La rappresentazione del sogno nella prima Deledda, inve-ce, avviene secondo procedure narrative tradizionali, lonta-ne dall’eversività compositiva dell’incipiente letteratura dimatrice psicoanalitica, nonostante la stessa novità tematicae la sperimentazione di tecniche rappresentative più ade-guate inizino a palesarsi e ad essere cifra di uno stile. Lascrittrice sembra non aver ancora affrontato gli aspetti tec-nici che tale tematica comporta. Non il linguaggio del pen-siero (diverso da quello scritto e parlato), non la sua ripro-duzione così come nasce (simultaneo, associativo, fluttuan-te), non la tecnica dell’impersonalità, della rappresentazio-ne estraniata, non ancora il tempo interiore, psicologico,soggettivo, della coscienza individuale – in cui il filo deldiscorso si smarrisce nei meandri di un io disgregato inca-pace di cogliere i rapporti di casualità fra gli eventi e didistinguere i confini fra il reale e l’immaginario – ma,

XXXVIII DINO MANCA

39 L’interpretazione dei sogni uscì nel 1899, le novelle di questa raccoltafurono scritte poco dopo, fra il 1901 e il 1905.40 A. PIEMONTI-M. POLACCO (a c. di), Sogni di carta. Dieci studi sul sognoraccontati in letteratura, Firenze, Le Monnier, 2003; S. VOLTERRANI, Lemetamorfosi del sogno nei generi letterari, Firenze, Le Monnier, 2003.

secondo delle collaudate costanti stilistiche ottocentesche, iltempo oggettivo, reale, cronologico, il pensiero mediato,imitato, tradotto in un discorso coerente, coordinato dallamente di un narratore demiurgo, analista, mente giudican-te e figura immanente che interviene, partecipa del destinodei personaggi e asseconda la loro inquietudine, adottandopreferibilmente il loro punto di vista e orientando il lorosguardo interiore41.

I motivi del viaggio, del peccato, della colpa, dell’espia-zione, della passione irresistibile e tentatrice sono, invece, icardini della trama melodrammatica, di degenerazione edisillusione con finale tragico, della novella Padre Topes42.Padre Topes, «il cui vero nome era padre Zuanne», sopran-nominato così «per la sua figurina timida di topo, dal lungomusetto pallido ed i piccoli occhi lucenti», è un giovanefrate francescano al quale un giorno di primavera gli vieneordinato di partire alla cerca per i villaggi circostanti. Il reli-gioso, intrapreso il suo viaggio – mitigato da un tempo per-

XXXIXIntroduzione

41 Spunti di soliloquio e di indiretto libero si trovano nella breve novellaPasqua, anch’essa movimentata da eventi psicologici e incentrata sulloscandaglio interiore di una giovane donna colta dal turbamento in quan-to vittima della superstizione. La mattina del Sabato Santo, giorno dipreparativi per la festa, Apollonia Fara è travolta dall’altalenante dinami-ca delle emozioni per la probabile venuta nella propria casa del giovaneVicario del paese, in visita, come consuetudine, per la benedizionepasquale. Il Vicario è stato un suo vecchio fidanzato, ed ella, che dopoaverlo abbandonato si è sposata con un ricco pastore, adesso teme il peg-gio, «giacché nei piccoli paesi sardi si crede che i sacerdoti possano, permezzo dei libri sacri, scomunicare e maledire con molta efficacia». Lavicenda si scioglie e il personaggio protagonista cambia atteggiamento econvinzioni nella parte finale, quando, con le lacrime agli occhi, com-prende che col suo aspersorio il prete ha semmai profuso l’acqua dellabenedizione e della fecondità nuziale. Si veda a tal riguardo: G. DELED-DA, Pasqua, Novelle – II…, 159-62.42 G. DELEDDA, Padre Topes, Novelle – II…, 209-15.

vaso di voluttuosi tepori e allietato da un paesaggio ine-briante e edenico – a un certo punto del suo fatale andaredecide, stanco e assonnato, di chiedere ospitalità per lanotte. Il destino vuole che egli si imbatta nella casa di unagiovane donna, sola, «alta e bella, bruna con gli occhi azzur-ri», la cui figura è quella della donna perdizione, maga efascinatrice («sguardo lucente e riso beffardo [...] carezzevo-le e insinuante») e la cui sensualità incantatrice e trasgressi-va è simbolo di una femminilità satanica («occhi turchini elabbra rosse […] esalava un profumo di violetta che stordi-va ») e, per il fraticello, causa di sventure e tragedie43. Da

XL DINO MANCA

43 Il microcosmo pervaso di inebrianti tepori, profuma di essenze aroma-tiche e fragranze primaverili. Forte la percezione olfattiva, oltre che visi-va e uditiva. Prevalgono i verbi di moto e si ripropone il motivo del viag-gio come preludio di una disgrazia o di un’avventura (viaggio-perdizionee non espiazione). Il narratore-orale, che si rivolge a un narratario udito-re («Qualche anno fa […] Basta, arrivato infondo alla montagna […]Basta, una notte arrivò […] – Che volete? – chiese ella bruscamente,guardandolo meravigliata. – Così e così – egli disse […]»), ha a suadisposizione una ricca tavolozza dalle tinte forti e dai colori caldi e lumi-nosi. I colori rivestono nella scrittura della Deledda una funzione semio-tica centrale. La loro valenza connotativa e simbolica si lega indissolubil-mente a istanze etiche ed ontologiche profonde. Quasi una sorta di equi-valente spaziale di una dimensione morale. La stessa descrizione del pae-saggio, insussistente nella scrittrice nuorese senza profusione cromatica,assume in questa fase del processo di maturazione artistica una funzionecentrale per la piena comprensione dell’assiologia e psicologia dei perso-naggi. Non di rado, come in questa novella, ambienti, eventi ed esisten-ti sembrano legati da nessi di significativa consequenzialità (natura anti-cipatrice e partecipe degli accadimenti) e da rapporti analogici e simbo-lici profondi («tutto il bosco aveva fremiti, riflessi, mormorii arcani, etutta la montagna pareva assorta in un sogno d’amore? […] un soaveodore di violette e di narcisi avvolgeva il frate, che sorrideva beato […] ilsole già caldo […] inondava di voluttuosi tepori le verdi campagne […]Ma Padre Topes cominciò a turbarsi nel respirare la fragranza delbosco»). Lo sfondo naturale e paesaggistico – percepito su una linea pre-valentemente orizzontale e attraverso una sorta di fissità estasiata e smar-rita a partire da due fondamentali punti ottici e prospettici (narratore e

questo momento in poi il personaggio vive il doloroso con-flitto agonico che dissottera dal campo dell’oblio la suamacchia genetica44. Il fuoco istintuale e incontrollato dellapassione è motivo di macerazione e tormento. Il peccatooriginale, il rimorso, il senso di colpa e la scelta di unaespiazione eterna si avvicendano tumultuosi e si accavalla-no trasfigurandosi in una baraonda di immagini e di pul-sioni autopunitive febbrili («Fu una settimana di marti-rio»). La riparazione del danno, attraverso l’autoflagellazio-ne e il silenzio, tuttavia non basta più. L’espiazione di unacolpa grave ha bisogno, per sublimarsi, del gesto estremo.

L’epilogo, che sancisce un’infrazione alla concezione eticadeleddiana «che lega il peccato d’amore alla scelta salvificadell’espiazione»45, è di quelli tragici:

[...] si levò la corda grigia che gli cingeva i fianchi e la gittòad un ramo. Salito sulla pietra che serviva da sedile, eglifece un nodo scorsoio alla corda, se lo passò al collo e silanciò nel vuoto46.

Il motivo del viaggio e il tema della morte – in questocaso provocata da un destino beffardo – caratterizzanoaltresì la trama di castigo della novella La morte scherza47.Zia Areca, una proprietaria ottantenne col corpo «metàparalitico» e «metà piagato», adagiata in un carro trasfor-mato in letto, durante una notte di luglio intraprende ilpercorso verso il mare. Insieme ai viaggiatori di una chias-

XLIIntroduzione

personaggio) – si tinge, in relazione analogica alla vicenda, dei caldi colo-ri delle passioni.44 Egli è infatti figlio di un bandito. La predestinazione dei figli a pagarele colpe dei padri, uno dei temi centrali del teatro tragico greco, è fre-quente nella narrativa deleddiana.45 G. CERINA, Prefazione…, II, 15. 46 G. DELEDDA, Padre Topes…, 215.47 G. DELEDDA, La morte scherza, Novelle – II…, 163-71.

sosa e variopinta carovana si trovano la nipote Rosa e ilservo Antonio Maria,

[…] un bellissimo Ercole giovinetto, dai capelli crespi efolti come un cespuglio, e il viso sbarbato, grasso, rosso ebruno come una melograna48.

I due giovani si amano, ma la loro precaria condizioneeconomica gli impedisce di contrarre matrimonio. Per que-sto, presi da un’avidità distruttiva, anelano la rapida mortedella vecchia e la risoluzione del testamento in favore dellafanciulla. L’infausto destino, però, riserva loro, fra sinistripresagi e oscure premonizioni, un epilogo tanto tragicoquanto inatteso. Una notte zia Areca, che abitualmentecoglie il sonno all’alba, chiudendo gli occhi prima del soli-to e restando immobile senza più gemere, sembra defunge-re. Gli amanti, travolti da voluttà, avventati e impudenti sidanno alla festa e all’ebrietà. All’alba cala il sipario: AntonioMaria, vittima della sua spregiudicatezza e del suo cinismo,è risucchiato in un vortice fatale dal mare in burrasca, pro-prio mentre l’anziana donna si ridesta:

– Santa Greca nostra, come l’uomo è cieco – disse un gior-no la vecchia bevendo il caffè. Antonio Maria predicavasempre: «Zia Areca, pensate a morire; zia Areca, la mortesta per gettarvi il laccio!». Ed ecco che essa passa e fa unoscherzo: invece di gettare il laccio alla veccia lo getta al gio-vane! Sì, qualche volta pare che scherzi, quella zia Morte!49

Con la novella Sarra, ultima della raccolta La regina delletenebre50, ritornano gli effetti coloristici e folklorici delle

XLII DINO MANCA

48 G. DELEDDA, La morte scherza…, 163-4.49 G. DELEDDA, La morte scherza…, 171.50 G. DELEDDA, La regina delle tenebre [La regina delle tenebre (La reginadelle tenebre, Torino, Origlia, 1892; Milano, Giacomo Agnelli, 1902;Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Il bambino smarrito («La Piccola Rivi-

feste campestri e si specifica meglio, tra le isotopie sememi-che della poetica deleddiana, il motivo del pellegrinaggio.La storia, melodrammatica, di degenerazione e disillusionecon finale triste, ha come protagonista Sarra (Alessandra)Fioreddu fanciulla di Bottuda «alta, fina, un po’ curva, mamolto bella e bianca in viso» che ama vivere e divertirsi.Purtroppo, però, i sogni della giovane sono ostacolati dalpadre e dai fratelli, «uomini rozzi e ubriaconi», che voglio-no darle in sposo Mattia, un ricco pastore del luogo da leienergicamente respinto. Durante il viaggio di ritorno dallafesta di San Costantino, dove si era divertita follemente(«ballò, civettò, fu corteggiata a più non posso»), Sarra,rimasta ultima e indifesa nel sentiero del bosco, cade inun’imboscata tesa dal pretendente che, con la complicità didue servi, la rapisce e la costringe a sposarlo. Il narratore-conversatore, benché esterno alla storia, coerente con la suafunzione comunicativa non esita a manifestarsi come emit-tente del racconto, stabilendo col narratario un rapportodiretto:

[…] i Bottudesi amano assai il loro San Costantino, e pertutto l’inverno sognano di attraversare il bosco, la valle ela pianura, pur di festeggiare il Santo ballando, cantandobevendo acquavite e vino bianco fino a mezzogiorno, eliquore d'anice e vino rosso fino all'ora del ritorno. Ed ègiusto che essi si divertano finalmente. Hanno lavoratotutto l’inverno crudo, dissodando e seminando la terra sel-

XLIIIIntroduzione

sta», Cagliari, I (11 dicembre 1899), 23-24, con il titolo L’ostacolo; Laregina delle tenebre, Milano, Giacomo Agnelli, 1902; Novelle – II, Nuoro,Ilisso, 1996); Le due giustizie (La regina delle tenebre, Milano, GiacomoAgnelli, 1902; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); La giumenta nera (Laregina delle tenebre, Milano, Giacomo Agnelli, 1902; Novelle – II, Nuoro,Ilisso, 1996); Sarra (La regina delle tenebre, Milano, Giacomo Agnelli,1902; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996)], Milano, Giacomo Agnelli,1902 [Torino, Origlia, 1892; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

vatica, guardando le greggie assiderate e magre: ora lepecore hanno la lana lunga, il grano verdeggia sui ciglio-ni, le macchie sono fiorite, il cielo è azzurro. Bisogna rin-graziare San Costantino delle buone promesse della terrae del gregge, e bere e ballare e cantare in suo onore51.

Una trama di castigo con agnizione finale e scacco delprotagonista, responsabile dei suoi guai, si trova, invece,nella novella Freddo52. Imperniato sulle disavventure di unpersonaggio burbanzoso e immaturo messo alla prova incircostanze difficili («Per lui tutto era oggetto di riso, mad’un riso quasi infantile, che non offendeva nessuno»), l’in-trigo si dipana in una Sardegna polare, inghiottita da unabufera di neve e sferzata da un vento glaciale. Il motivo delviaggio, preludio di un’avventura con esito problematico53,sostiene la prima parte della narrazione. Il padroncinoMaureddu decide di partire nonostante il cielo minacci tor-menta e nonostante la propria fidanzata, sua serva, lo dis-suada amorevolmente dal farlo. Il percorso, come previsto,per le avverse condizioni climatiche si dimostra irto di dif-ficoltà e di pericoli e il giovane non tarda a trovarsi solo esmarrito in uno scenario spettrale. Quando il destino sem-bra metterlo sulla via della salvezza, la sua alterigia si ricon-ferma fonte di guai. La descrizione soggettiva dell’ambien-te, non priva di soluzioni analogico-metaforiche (la notte è«[...] senza luce, senz’aria, senza orizzonte» come senza pro-spettiva è il viaggio del protagonista), riporta all’interno deisuoi spazi le istanze diegetiche. La sua funzione esplicativae simbolica, non meramente esornativa e pittorica, si rivelaaltresì nei rapporti di consequenzialità che legano il perso-naggio e la sua pragmatica con il paesaggio umanizzato eantropomorfizzato. La natura diviene quasi un agente, forte

XLIV DINO MANCA

51 G. DELEDDA, Sarra, Novelle – II…, 93.52 G. DELEDDA, Freddo, Novelle – II…, 145-53. 53 Nella narrativa deleddiana il viaggio è spesso simbolo del fato.

di una propria valenza fabulistica, capace, come il fato, digovernare e orientare gli eventi54. In questo caso, fra crisiallucinatorie del personaggio-protagonista e percezioni visi-vo-sensoriali gestite da un narratore-orale («Cammina,cammina...) a focalizzazione esterna, il paesaggio invernalevive in contrasto con la prassi e il volere del giovane smar-giasso che non sa interpretare i messaggi e i presagi rivolti alsuo agire.

Altra trama di destino, melodrammatica, con finale tristeche provoca la pietà del lettore è la novella L’ospite55, chegravita nell’ambito dell’esperienza narrativa del romanzoAnime oneste56. Durante un’escursione sui monti della Bar-bagia, Margherita – diciannovenne, non bella ma intelli-gente – conosce Silvio Boly, avvocato praticante, musicista,ballerino, gran ciarlatano e con le tasche vuote, e se ne inna-mora perdutamente nonostante l’antagonismo di LeandroLeandri, «ufficialetto» amico del Boly. Il fuoco dell’amoreincontra i primi ostacoli. Fra i due innamorati che, comedue «chicchi d’orzo» dentro l’acqua si dividono e si perdo-no, si inserisce un nuovo elemento perturbatore, il riccoAntonio Arau, per la famiglia di lei il predestinato57. Dopouna serie di vicissitudini e di mutamenti che esprimono ilmovimento della vicenda, la fabula sfocia in un epilogoproblematico che non scioglie la complicazione. I contrasti

XLVIntroduzione

54 La tormenta di neve costringerà Mauro a incontrare il cognato.55 G. DELEDDA, L’ospite [L’ospite, Rocca San Casciano, Cappelli, 1898;«La Vita Italiana», Roma, 10 febbraio 1895], in L’ospite [Rocca SanCasciano, Cappelli, 1898], Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996, 193-219. Lanovella qui citata è diversa dalla novella omonima pubblicata nella sillo-ge: Sole d’estate, Milano, Treves, 1933; Romanzi e novelle – V, Milano,Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996, 70-3.56 G. DELEDDA, Anime oneste, Milano, Cogliati, 1895, con una prefazio-ne di Ruggero Borghi. Anime oneste è un romanzo segnato dal tema del-l’amore non corrisposto. 57 Come nei più tipici triangoli amorosi (lui-lei-l’altro).

fra i personaggi, infatti, raggiungono una mesta sospensio-ne e la tensione cade, ma senza la soluzione tanto attesa.Prevarrà la falsa coppia (Margherita e Antonio). Vincerà sututto la rassegnazione e l’infelicità58.

Racconto a sfondo psicologico, nel senso che gli eventisono ridotti ai minimi termini e la trama è legata al dipa-narsi e al succedersi delle emozioni, delle riflessioni e dellereazioni del personaggio, è invece La regina delle tenebre59.La novella, eponima, risente, da un punto di vista stilistico-espressivo, ancora di talune ingenuità compositive propriedella prima fase del noviziato letterario. La trama, di matu-razione e di educazione insieme, è da annoverarsi fra quelledi personaggio e di pensiero. La narrazione prende spuntodalla presentazione di Maria Magda:

A venticinque anni, bella, ricca, fidanzata, senza aver maiprovato un dolore veramente grande, un giorno MariaMagda si sentì improvvisamente il cuore nero e vuoto60.

Maria avverte con angosciato stupore l’inesorabile tra-scorre del tempo e coglie, in un momento della sua pur feli-ce esistenza, il senso della vanità e della caducità d’ognicosa, dell’estrema precarietà della vita e, in ultimo, dell’in-controvertibile approssimarsi della morte. Da tutto ciò sca-turisce la crisi esistenziale, una sorta di coscienza negativadell’io che si esplica, dentro un’aura cupa e malinconica, in

XLVI DINO MANCA

58 I paesaggi sono quelli autunnali e invernali, prevalentemente notturni.La percezione visiva, uditiva e olfattiva accompagna le ampie ricognizio-ni spaziali di tipo esornativo. Una natura incontaminata e partecipe èsublimata qua e là di visioni estatiche dal forte impatto cromatico. Anchequesta novella è attraversata da alcuni temi archetipici, connessi con glielementi cosmici primordiali: il cielo, il mare, il fuoco, le montagne. 59 G. DELEDDA, La regina delle tenebre, Novelle – II…, 27-30. 60 G. DELEDDA, La regina delle tenebre…, 27.

una dolorosa riflessione sulla propria infelicità che sconfinanella misantropia, nell’irrazionalità e nella follia:

L’idea della fine le gelava in cuore ogni slancio, ogni gioia,le essiccava ogni idea di piacere…Cominciò a diventarcupa, raccolta…Ella non uscì più di giorno dalle sue stan-ze: usciva di notte, vagando in carrozza per le campagnedormienti. Vestiva di nero, e sui capelli scuri aveva un cer-chietto d’acciaio con cinque diamanti che brillavano piùche stelle. La chiamarono allora la regina delle tenebre61.

Solo la contemplazione finale, in una notte «interlunare,brillantata di stelle purissime», di una natura sublime, ispi-ratrice e romantica, fatta dalla protagonista davanti a unparapetto che guarda la valle, provoca lo slancio vitalisticorisolutore e l’appagamento morale per uno spirito irrequie-to, folgorato ora dall’energia portentosa dell’immaginazio-ne e dall’arte:

Descriverò questa notte, poi scriverò la storia della miaanima, tornerò al mondo, alla vita, all’amore, e il mondo,la vita, l’amore, ed il mio io, vivranno nell’opera mia. Enulla più ci distruggerà62.

La narrazione, condotta da un emittente eterodiegeticoed extradiegetico che adotta preferibilmente la focalizzazio-ne interna fissa, si snoda attraverso una successione di even-ti interiori, senza uno sviluppo logico e razionale. Del per-sonaggio, modellato e complesso e suscettibile di modifica-zioni, più che lo statuto anagrafico o lo status sociale emer-gono profilo psicologico e assiologia, da cui trova scaturigi-ne la sua prassi, l’attitudine comportamentale che allude alsuo essere63. I luoghi e gli ambienti, presentati attraverso l’o-

XLVIIIntroduzione

61 G. DELEDDA, La regina delle tenebre…, 28-9.62 G. DELEDDA, La regina delle tenebre…, 30.63 Il narratore privilegia l’analisi degli stati d’animo e le riflessioni del per-

rizzonte percettivo di Maria Magda, si traducono in statid’animo e in reazioni emotive. La natura, liricamenteantropomorfizzata, non partecipa solamente del destino edelle emozioni del personaggio, ma diviene spesso causa deisuoi comportamenti e delle sue scelte, oltre che balsamo elenimento di un presente inquieto:

E in certe ore, specialmente nei teneri vespri di viola, ellasi struggeva, come mai, nel desiderio del caro lontano […]Anche la voce dell’acqua, quella notte, aveva una vibra-zione insolita, tenera, come di voce stanca, come di voceche parlasse in sogno. E le montagne lontane ardevano,illuminando la pura notte stellata. Lo spettacolo era subli-me, e nella contemplazione intensa di quella notte arcana,Magda si obliò, sentì cadere la sua tristezza. I fuochi diquei poveri lavoratori lontani parvero illuminare anche letenebre che stringevano la superba fronte gemmata. Unpensiero occulto, forse prima d’allora nato nelle profon-dità misteriose della psiche, brillò e rivelossi improvvisa-mente nella mente tenebrosa. La regina delle tenebre sisentì artista, sentì che racchiudeva nell’anima irrequietauna potenza formidabile; il nitido riflesso della natura edelle cose […]64.

Novella dai risvolti sociali, che si risolve nell’arco di unasequenza scenica e si specifica per la presenza di esistenti

XLVIII DINO MANCA

sonaggio, colto in un momento particolare della sua esistenza. La stessastruttura temporale ne rimane condizionata, nel senso dell’ambiguità edell’indefinitezza. Il verbo all’imperfetto concorre a suo modo a deter-minare un flusso temporale indeterminato, durativo e iterativo. È il nar-ratore che scandaglia attraverso rapidi excursus regressivi, sommari, ana-lessi omodiegetiche ripetitive e flash-back riassuntivi la vicenda psicolo-gia di Maria Magda. È lui che, avvalendosi a volte del discorso indirettolibero, cerca, ricreando un effetto di transfert, di imitarne voce e pensie-ri nel tentativo di ridurre la distanza fra lettore e mondo narrato.64 G. DELEDDA, La regina delle tenebre…, 30.

modellati per statuti dicotomici65 è Lo studente e lo scoparo66.Come suggerisce il titolo la vicenda si impernia sul con-fronto dialogico fra un giovane studente-giornalista dinome Lixia, sconfortato e abbattuto per lo stato di malesse-re sociale ed economico in cui ritrova la sua terra (e ciono-nostante mosso da una convinta tensione verso il cambia-mento) e un vecchio e malazzato venditore di scope, zioPascale, figlio di un’altra mentalità, uomo di oramai incer-te e smarrite convinzioni, il quale, provato dalla miseria edalla fatica rude, rassegnato e avvilito, si trascina, maceran-dosi, in un quotidiano senza speranza. È un confronto fravecchi e giovani, fra tradizione e innovazione, fra genera-zioni diverse, lontane fra loro, proiezione simbolica di unaSardegna che vuole cambiare e di una terra invece diffiden-te e misoneista, irrimediabilmente prigioniera del suo ata-vico immobilismo. La relazione binaria di opposizione eantagonismo che s’instaura tra i due personaggi, acquistadunque una forte valenza sul piano semico-simbolico. Cosìlo scoparo, simbolo di una vecchia Sardegna che muore, s’a-vanza «lentamente», si trascina, «geme», tossisce, parla«come un sonnambulo», risponde «a stento, umile e quasipauroso», scuote «tristamente la testa» e sta ritto sotto ilmuro «con la falciuola in mano come l’immagine dellaMorte». Lixia, portavoce di una dimensione attivistica, èper converso un concentrato tumultuoso di stati d’animo,interessi, curiosità, scopi, abilità; egli si «annoia», si indigna,«s’infervora», salta «a sedere nel muro», domanda, si sente«inspirato», si «dispera», «allarga le braccia», («nega l’elemo-sina», rimane in ultimo «fedele ai suoi principi»). Non esi-

XLIXIntroduzione

65 Statuto anagrafico, status sociale, assiologia e attitudini comportamen-tali alludono all’essere degli agenti e interagendo producono il significa-to letterario del racconto (giovane e vecchio, ricco e povero, istruito eanalfabeta, innovazione e conservazione).66 G. DELEDDA, Lo studente e lo scoparo, Novelle – II…, 239-43.

ste evoluzione, non c’è convergenza. La distanza culturale eideologica, ragione di un’incomunicabilità profonda, allafine rimane67.

L DINO MANCA

67 È difficile a tal riguardo capire da che parte alberghi il sentimento diadesione o repulsione autorale, e dove trovi piuttosto scaturigine un’e-ventuale discriminante in senso morale, intellettuale ed emotivo dell’ionarrante nei riguardi di questo o quel personaggio. L’impianto scenicoinfatti, essendo una forma di rappresentazione mimetica in cui il narra-tore, adottando il discorso riferito, cede direttamente la parola al perso-naggio, tecnicamente si fonda sull’azzeramento della distanza fra narra-tore e creatura letteraria. Non si riscontra nessun significativo riferimen-to all’istanza narrativa, attraverso digressioni, giudizi morali, commenti eosservazioni metadiegetiche (tipiche di una funzione ideologica) cherimandino alla weltanschauungen autorale. Si tratta invece di una voceche si limita a mantenere nei confronti della storia una funzione mera-mente esplicativa, evitando qualsiasi alterazione prospettica che alludaall’emittente di tale voce. Interessante è per altro la figura del giovane stu-dente e l’emergere, attraverso le sue parole – proferite «come ispirato» insede di epilogo al vecchio e più disincantato scopiere – di una sorta diutopia filosofica, filantropica e sentimentale di vaga matrice anarchico-socialisteggiante: «[…] non datevi pensiero! Il mondo cammina. Al di làdel mare, in Continente, gli uomini vogliono diventare tutti uguali; fraventi o trent’anni, forse prima, non ci saranno più né ricchi né poveri,cioè tutti gli uomini lavoreranno e tutti avranno da vivere comodamen-te […] I tempi cambieranno. In tutto il mondo, e quindi anche in Sar-degna, non ci saranno più poveri, non ci saranno più malfattori, più invi-diosi, più farabutti come il mio parente Virdis, più carabinieri, più bam-bini che faranno morir disperati i vecchi infelici. Qui dove crescono lescope, in questi campi desolati, ebbene, vedete, qui, proprio qui, sivedranno verdeggiare le vigne, gli orti, i chiusi...– Ebbene, pazienza, –interruppe il vecchio scoparo, – vuol dire che le vigne e gli orti e i chiu-si saranno dei ricconi: i poveri non avranno mai niente, neppure le scopeavranno, allora! San Francesco mio d’argento [...] E ricominciò a tossi-re». Non è improbabile che la Deledda abbia voluto inserire nella varie-gata galleria dei suoi personaggi questa variante di studente-intellettuale,tenuto conto che il movimento socialista, fra crisi sociale diffusa, motiurbani jacqueries contadine, era in quegli anni d’inizio secolo in Italia,una forza politica organizzata dotata, fra le masse, di notevole virtùespansiva.

Di non trascurabile valenza contenutistica, per riferi-menti extratestuali e per portata simbolica, è Colpi discure68, novella anch’essa largamente scenica69. Zio Cosma,vecchio pastore dall’«aria sacerdotale [...] al quale gli anninon hanno potuto strappare i denti da lupo e i peli rossic-ci» è immerso nella tragica solitudine dell’antica foresta, oraminacciata dalla furia devastatrice degli speculatori venutid’oltremare per spogliare le vette e il cuore delle genti. Men-tre risuonano in fondo al bosco i colpi di scure inferti con-tro le piante millenarie, il vecchio sardo con «gli occhi obli-qui sotto l’ampia fronte solcata da rughe scure», aspettaseduto ai piedi di un elce i nuovi portatori di desolazione edi morte e incide con la leppa, sulla tabacchiera di corno,due fatti eroici della propria giovinezza. Un giovane carbo-naio svizzero, «alto e svelto, col viso sorridente come quel-lo di un bimbo tintosi per ischerzo», sopraggiunge, fischiet-tando «un’aria della Traviata», a interrompere il lavoro soli-tario del pastore e quasi a infrangere un’aura senza tempo,da incanto favolistico. Il paesaggio, trasfigurato in un luogodi evasione mitica, viene percepito come ambiente irripeti-bile, connotato di incontaminata e ancestrale bellezza, dovel’uomo può diventare natura e la natura partecipando allevicende umane sa tendere all’antropomorfismo70; un’anima-

LIIntroduzione

68 G. DELEDDA, Colpi di scure [«Sardegna Letteraria e Artistica», Caglia-ri, 1902, con il titolo Vengono; «Sardegna Giovane», Sassari, I (1909), 1,con il titolo Mentre la foresta muore…; Milano, Treves, 1917; Milano,Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano,Mondadori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995], in I giuochi della vita,Novelle – II…, 244-8. Il taglio del bosco come esempio di devastazionee razzia e come attacco all’autonomia di una terra è un motivo ricorren-te della narrativa sarda. 69 Il racconto, dopo un abbrivo descrittivo e ricognitivo, dove è forte lasensazione del movimento e del susseguirsi delle immagini, si conchiuderisolvendosi nell’arco temporale di un dialogo.70 Anche se i segni della presenza dell’uomo (straniero) si connotanoaltresì di valenze negative.

zione antropomorfica che, per traslato, richiama una natu-ra partecipe:

Mai la foresta fu più bella e fiorita: forse sente giunta lasua ultima primavera e vuole inebriarsi dei suoi tepori edelle sue fragranze, per dimenticare che la morte si avan-za. Sembra che i giovani elci sorgenti sulle rocce si sianoarrampicati lassù per sfuggire all’imminente rovina, equando il vento passa tremano d’angoscia, e quando lasera glauca discende, e la luna cade come una perla sul vel-luto purpureo dell’orizzonte, le giovani piante sbattono lefoglie secche e pare che piangano71.

Un ambiente unico, adesso mortalmente minacciato, èrivisitato attraverso una vibrante partecipazione sensoriale(visiva, uditiva, olfattiva); un natura ferace, tale quale è statasempre descritta, almeno a cominciare dai testi didascalicidel Settecento, «forte di quella forza che si comunica agliuomini e che detta comportamenti coerenti, fieri e genero-si»72. Ecco dunque Zio Cosma, figlio di quel mondo e diquella terra, che dinanzi all’irrompere del giovane straniero,giunto dae su mare per devastare e distruggere, è travolto daun moto d’ira e da un impeto d’emozione. Il cuore delsardo si trasmuta. Come nella foresta cadono le grosse quer-ce, i sugheri vetusti e gli elci secolari, così nel suo animoesplode la ripulsa. Guarda il carbonaio con disprezzo e loaffronta con irosa villania, minacciandolo e riempendolo diimproperi e ingiurie (imprecazioni qui da intendersi anchecome liberazione di strati profondi e incontrollabili dellapsiche). Ma i due non sempre si capiscono. Si assiste allamessa in scena di una sorta di dialogo dell’assurdo dairisvolti grotteschi, che si consuma senza prospettiva e senza

LII DINO MANCA

71 G. DELEDDA, Colpi di scure…, 244.72 G. MARCI, Narrativa sarda del Novecento. Immagini e sentimento dell’i-dentità, Cagliari, Cuec, 1991, 17.

speranza nell’incomunicabilità e quasi nel nonsense. Essipossiedono lingue e mentalità differenti, espressione dimondi e civiltà diverse; un conflitto di codici e un’interfe-renza comunicativa che è discrasia culturale oltre che gene-razionale.

L’impalcatura tematico-contenutistica delle raccolte piùconosciute (La regina delle tenebre, I giuochi della vita,Amori moderni, Il nonno, Chiaroscuro, Il fanciullo nascosto)specifica meglio quelli che saranno i temi e i motivi tipicidel romanzo deleddiano, quali quelli della festa, del viaggio,dell’amore (coniugale, illecito, interessato), della vendetta,della giustizia (umana e divina), del peccato, dell’infrazio-ne, del tradimento, dell’espiazione, della redenzione. Ana-logamente continua a esistere, autonomo o incastonato, ilbozzetto di prevalente valenza folklorico-demologica, fattodi sguardi antropologici, inserti linguistici, arresti contem-plativi e informanti spazio-temporali (che si rapportanooltre che al codice cronotopico a quello culturale e semico-simbolico)73. Tutta l’opera testimonia infatti dell’interesse

LIIIIntroduzione

73 Un esempio ne è la novella Mentre soffia il levante che ruota intorno adun episodio familiare mosso e vario, ricco di rumore e di colore, su unrito che è tanto consueto nei paesi della Sardegna. La sacra ricorrenza delNatale è il filo rosso che lega la vicenda e che fa da sfondo alla pragma-tica di una famiglia patriarcale nuorese piacevolmente coinvolta la nottedella vigilia nei preparativi d’occasione, mentre tutto intorno le campa-ne suonano a festa e l’atmosfera si riempie di profumi casti e di festosoinvito. È un bel quadretto notturno nel quale prevalgono su tutto leimmagini positive di serena operosità e di pace. Gli ambienti, ritratti perricognizioni panoramiche, sono sempre quelli ameni del microcosmoautosufficiente e protettivo (con descriptio ricca di movimento, policro-mie e variazioni ben ritmate del campo visivo). L’episodio trattato non ènuovo. Di ambientazione prenatalizia, con sferzate di tramontana, suonidi campane, canti a disputas, desinare sulle stuoie, messe di mezzanotte,ebbrezze etiliche, si parla, ad esempio, nel sesto capitolo del romanzo Lavia del male. Quattordici verbi sorreggono una sequenza vorticosa di

sistematico della Deledda per la ricerca demologica74. Letradizioni popolari di Nuoro emergono soprattutto grazieallo scrupolo e alla dovizia di particolari con cui la scrittri-ce le fa rivivere traducendole in scrittura artistica. Unacapacità circostanziale e descrittiva che spesso oltrepassa l’a-spetto meramente narrativo e si colloca su una dimensionedocumentaristica e didascalica.

Una delle questioni principali che la Deledda più avverti-ta e consapevole deve affrontare da un punto di vista narra-tivo è come tenere insieme cultura osservata (il mondo nuo-rese e barbaricino) e cultura osservante (sardo-italica); comecostruire un narratore capace di raccogliere lo straordinariobagaglio conoscitivo di un autore implicito figlio di quelmondo e profondo conoscitore dei suoi codici. Un narrato-re che, ponendosi a una distanza minima dall’universo rap-presentato, sapesse nel contempo raccontare l’anima e il vis-suto della sua gente a un pubblico d’oltremare. Una com-pleta estraneità linguistica, culturale e morale rispetto almondo narrato avrebbe, infatti, reso inautentica e soprat-

LIV DINO MANCA

azioni successive che inanellandosi compongono un rapido quadrettod’insieme, rappresentativo di un’antica consuetudine nuorese che vuoleche il fidanzato, nelle occasioni solenni, regali alla propria donna un pic-colo maiale e una moneta d’oro. E poi ancora antiche leggende, comequella che afferma «che il corpo degli uomini nati nella vigilia di Natalenon si dissolverà mai fino alla morte dei secoli», credenze («[…] i mortitornano la notte di Natale a visitare la casa dei parenti»), gare poetiche ecantori estemporanei, norme comportamentali («[…] la moda del paesevoleva che i fidanzati stessero a rispettosa distanza […] dopo cena ledonne, per il rigido volere del padrone, dovevano ritirarsi»), detti popo-lari («s’omine cando est bezzu no est bonu [...]»), costumi e vestimenta. Siveda a tal riguardo: G. DELEDDA, Mentre soffia il levante, Novelle – II…,248-53.74 Iniziò la raccolta di materiale etnografico per la «Rivista delle tradizio-ni popolari» di Angelo De Gubernatis. Divenne socia consigliera per laprovincia di Sassari (che allora comprendeva anche Nuoro) della SocietàNazionale per le Tradizioni Popolari Italiane, antenata della Società Ita-liana di Etnografia, inaugurata nel 1893.

tutto incomprensibile la sua operazione letteraria. Ancheper questo talvolta, per accrescere la naturalezza della resa‘oggettiva’ dell’ambiente, l’autrice attinge dal ricco giaci-mento etnolinguistico, intraprendendo la difficile strada delmistilinguismo, della mescidanza e dell’ibridismo; opzionicertamente più adeguate e rispondenti alla messa in scenadi un microcosmo sardofono75. Perciò ella innesta sul tron-co della lingua di derivazione toscana elementi autoctoni(calchi, sardismi, soluzioni bilingui), procedimenti formalidella colloquialità e termini pescati dal contingente lessica-le della lingua sarda; per corrispondere all’intento mimeti-co di traducere, trasportare, un universo antropologico for-temente connotato dentro un sistema linguistico altro; permodellare o rimodulare il codice letterario di riferimento(quello della tradizione letteraria italiana scritta) su unsostrato linguistico dell’oralità primaria e principale veicolodi comunicazione del tessuto semiotico e dei saperi dellacomunità rappresentata letterariamente. Queste scelte lin-guistiche marcate dal meticciato, determinano per altrouna stratificazione del linguaggio che rompe l’effettomonodico di alcune novelle e prepara la polifonia dei suoiromanzi migliori. E una tale consuetudine tutta mimetica,di riprodurre, modulandole, le cadenze linguistiche delmondo isolano non poteva non investire in prima istanzal’aspetto scenico e drammatico del racconto, ovvero gli attilinguistici di cui sono emittenti e riceventi i personaggi –cuore e motore dell’universo semantico – e specularmente

LVIntroduzione

75 Frequenti nell’opera deleddiana sono i calchi, i sardismi sintattici e letraduzioni dal sardo, i modi di dire e le risposte in rima, i proverbi, gliintercalari, i tentativi di riprodurre intonazioni o di ricalcare gli anda-menti ritmici. Ampiamente scandagliato in senso marcatamente etnolin-guistico risulta essere, inoltre, l’ambito dell’onomastica, della toponoma-stica, dell’arte culinaria e della festa.

le attribuzioni, le qualità e la sfera pragmatica in cui essisono coinvolti:

– Va là, fa il fatto tuo! Saprò arrangiarmi da me! Va[Bae, fache su fattu tuo! M’appo arranzare deo! Bae]

– [...] sta zitto, però: ogni piccola macchia porta orecchie. [… mudu, chi cada tuppedda iuchete oricredda.]76

La Deledda diventa in qualche modo la prima grande ericonosciuta interprete di questa operazione insieme cultu-rale e letteraria. Con lei si realizza quel salto di qualità nel-l’avvio, dirompente per le sue implicazioni, di una profon-da e talvolta ardimentosa opera di adattamento dei model-li culturali autoctoni ai codici, ai generi, alle tipologie for-mali e alle modalità espressive proprie di un sistema lingui-stico e letterario di inappartenenza. Durante il periodonuorese i processi di proiezione verso il continente (In/Es,«A Roma, a Roma!»), che potevano trasformarsi col tempoin introiezioni autolimitanti e regressive, non si risolvono inuno sterile e angusto orizzonte interno; certamente la ten-sione tutta centripeta e conoscitiva cela un’idea dell’insula-rità concepita come limite geofisico (periferia → centro)che verosimilmente si tramuta, per la giovane scrittrice, inmotivo d’inferiorità e di svantaggio. Ma dinanzi al processodi capovolgimento culturale e prospettico (In/Es → Es/In)posto in essere, durante gli anni romani, da una Deleddapiù matura e consapevole, l’Isola, nell’atto stesso della crea-zione artistica, paradossalmente ritorna ad essere centro enon più periferia («ogni punto dell’universo è anche il cen-tro dell’universo» dirà Giuseppe Dessì, nel 1955 riprenden-do Spinoza e Leibniz), luogo mitico e rappresentazionesimbolica, tòpos semantico e archetipo del sentimento liri-

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76 G. DELEDDA, Per riflesso, in Novelle – II…, 103 e 109.

co, scenario primordiale e ragione fondante della propriariconosciuta universalità, oltre che immagine di una terra edi un popolo consegnata all’Italia e al mondo. Tramiteinfatti la sua operazione artistica, la Sardegna entra a farparte dell’immaginario europeo. Una realtà geografica eantropologica si trasforma, come ha efficacemente rilevatoNicola Tanda77, nella terra del mito, metafora di una condi-zione esistenziale, quella del primitivo, che proprio la cul-tura del Novecento aveva recuperato come unica rispostapossibile al disagio esistenziale creato dalla società indu-striale e luogo per eccellenza dove rappresentare le angoscedell’uomo contemporaneo di fronte al progresso scientifico.Solo oggi, da un punto di vista antropologico, diventa age-vole comprendere quell’esotismo nella sua reale portata dirottura dell’orgoglio eurocentrico, e non solo di sogno e dievasione in un passaggio e in una cultura non dominatidalla macchina industriale. La difesa degli antichi saperiantropologici da cui nasce l’equilibrio dei sistemi socialiprimitivi è, secondo Tanda, il primo passo per il recupero diuna vita emozionale pienamente espressa nei modi aggre-ganti e non disgreganti propri delle società rurali, e per lariconquista di quel ‘supplemento d’anima’ che le logicheilluministiche del Positivismo negano, in quel momentostorico, all’uomo. Una crisi che giustifica la necessità cheartisti ed intellettuali avvertono, di andare alla ricerca dinuovi spazi antropici incontaminati, dove l’uomo viveancora secondo le regole di un ethos primitivo in gruppisociali permeati da quella mistica religiosità su cui rifletteBergson e che Gauguin va a cercare a Tahiti e GiacintoSatta, presumibilmente, in Africa. Del resto, anche nel per-corso formativo di Giuseppe Biasi, altro grande amico della

LVIIIntroduzione

77 N. TANDA, Introduzione a Canne al Vento, Milano, Mondadori, 1981,VII-XXIX; Dal mito dell’isola all’isola del mito, Roma, Bulzoni, 1992, 9-41.

Deledda, l’esperienza del soggiorno africano (Algeri, Tripo-li, Tunisi fra il 1924 e il 1927) è fondamentale. Essa rap-presenta il soddisfacimento di un’esigenza ingenerata nellasua mente di giovane artista in parte anche dalle intuizioniestetiche della Deledda e dalle forti analogie fra culturasarda e nord-africana presenti nei suoi testi78:

Leggo adesso i suoi racconti, che, a parte qualche lieveimperfezione giovanile, sono davvero interessanti e pienidi colore locale. Vi si respira l’aria del deserto, e le formeumili ma vive dei personaggi mi ricordano lontanamentele figure primitive e caratteristiche dei poveri pastorisardi...79

L’uso di certe formule grafiche nella rappresentazione difigure umane sintetiche ed essenziali richiama alla menteuna considerazione di Corrado Maltese a proposito dell’ar-te sarda e della rappresentazione mitografica propria di unaciviltà fondamentalmente anticlassica:

Questa schematizzazione dimostra quanto già fosse pene-trata nell’Isola quella tendenza ad impoverire le forme(quasi a mortificare l'antica bellezza classica o forse a ren-derla più simile alle nuove idealità cristiane). La presenzadi una salda componente semitica nell'isola, fortementeaniconica per ingiunzione biblica e legata alla tendenzaschematico-simbolica per eredità fenicio-punica, ebbeverosimilmente di rincalzo l’appoggio dell’aniconismo cri-stiano delle origini, particolarmente vivace nella versione

LVIII DINO MANCA

78 Lettera di Grazia Deledda a Francesco Cucca, Roma 28 marzo 1910.Nella restituzione del testo sono state rese in corsivo le parole sottolinea-te nel manoscritto. La lettera si trova pubblicata in: D. MANCA, Vogliad’Africa. La personalità e l’opera di un poeta errante, Nuoro, Il Maestrale,1996, 182.79 La lettera si trova pubblicata in: D. MANCA, Voglia d’Africa…, 182. Leparole in corsivo corrispondono alle parole sottolineate dalla Deleddanell’autografo.

nord-Africana ed orientale della dottrina. Questa tenden-za tipicamente isolana ad una figura schematizzata e sim-bolica, antinaturalistica e anticlassica perdurò fino allesoglie dell’arte contemporanea80.

Un segno sintetico delinea i personaggi all’interno di unordito ambientale che a prima vista può sembrare oleogra-fico ed esornativo, ma in realtà è, per forme e colori, lo spa-zio ‘dell’esistenza assoluta’ che concorre con gli altri ele-menti, a comporre le immagini mitografiche dell’universosardo deleddiano. A tratti emerge una descrizione pittoricafatta di sensazioni rapide e violente, intrisa di immediatez-za espressiva, in cui risalta la struttura autonoma del quadroe la costruttività del colore puro, la semplificazione delsegno e le superfici piane del modellato tese a raggiungereuna corrispondenza tra suggestione emotiva ed ordineinterno della composizione. Nella stessa direzione opera daparte di molti artisti di quello scorcio di secolo, l’interesseper la scultura dell’Africa e dell’Oceania, basato sulla con-vinzione che nell’arte primitiva si realizzi la sintesi di perce-zione ed espressione perseguita dal pittore Fauve quandoegli fa esplodere sulla tela i blu, i rossi, i gialli, cioè i coloripuri senza nessuna mescolanza di toni. La componenteespressiva del colore emerge in modo puramente istintivo ela scelta dei colori è basata sull’osservazione, l’emozione, l’e-sperienza sensibile81.

La Sardegna di Grazia Deledda richiama alla memoria dellettore immagini di sogno e nostalgia insieme, immaginisorrette da pagine piene di colore e di profumo, vissute e

LIXIntroduzione

80 C. MALTESE - R. SERRA, Episodi di una civiltà anticlassica, Milano,Selecta, 177.81 Grazia Deledda e l’estetica della Secessione: segno, forma e colore in Canneal Vento, tesi di laurea di Pier Francesco Branca, Università degli Studi diSassari, Facoltà di Magistero (relatore ch.mo prof. Nicola Tanda, correla-tore prof. Dino Manca), Anno accademico 1996-1997, 1-160.

fortemente sentite. Il segreto e la forza della sua narrativastanno appunto in questa stratificata e complessa rappre-sentazione dell’automodello sardo, nella stessa proiezionesimbolica del suo universale concreto: l’isola intesa comeluogo mitico e come archetipo di tutti i luoghi, terra senzatempo e sentimento di un tempo irrimediabilmente perdu-to, spazio ontologico e universo antropologico in cui si con-suma l’eterno dramma dell’esistere.

LX DINO MANCA

Ringraziamenti

Desidero qui testimoniare il mio affetto riconoscente a Monica,Edoardo Barbieri, Floriana Fenizia e Giambernardo Piroddi,che hanno riletto e chiosato l’intero testo. Un grazie di cuore aNicola Tanda per i consigli, le segnalazioni e le indicazionibibliografiche fornitemi. Desidero inoltre manifestare la miagratitudine agli addetti della Biblioteca Universitaria di Sassa-ri per la loro cortesia e disponibilità.

IL RITORNO DEL FIGLIO:IL MANOSCRITTO

Il manoscritto autografo della novella di Grazia Deledda Ilritorno del figlio è conservato nella Sala Manoscritti dellaBiblioteca Universitaria di Sassari (Fondo Manoscritti, Ms.258). Si tratta di un cartaceo del principio del XX secoloche si compone di cc. 65 di formato oblungo; ogni cartamisura in media mm. 318 x 110, ottenuta tramite strappoda altra carta più grande. Esso è mutilo, privo delle cc. 36 e37. La carta è uso mano, originariamente bianca (adessocolor avorio o ingiallita dal tempo e da una probabile espo-sizione alla luce solare), dello stesso tipo tranne le cc. I,VIII, LX, LXI, LXII, LXIII, LXIV, LXV a quadretti blu82 etranne le cc. XXVII, XXVIII, XXIX, XXX, XXXI e XXXIIa righe orizzontali tipo protocollo. Lo stato di conservazio-ne è buono, rare le gore d’umido83, rare le abrasioni84 e cor-rosioni. La numerazione è moderna, progressiva, in cifrearabe sempre sottolineate85, a inchiostro nero, riportatadalla stessa mano, nel recto di ogni carta in alto a destra

82 Data la sostanziale configurazione in pulito di talune carte rispetto allagenerale e diffusa presenza di correzioni e cancellature, pensiamo chealcune di esse siano state verosimilmente aggiunte in una fase più tarda,in sostituzione di altre forse troppo corrette e per questo difficilmenteleggibili; la cosa, per altro, attesterebbe quantomeno una tardiva campa-gna correttoria, se non finanche un’ulteriore fase elaborativa. 83 Gore d’umido si riscontrano diffusamente nella c. XXV r., nella solaparte bassa della c. XV r.84 Leggermente abrasa risulta essere la c. XXXI r., in basso a destra in cor-rispondenza di: « – Signora, sa […]»; la c. XXXIX r. in corrispondenzadi: «per portarlo a loro […]»; la c. XLVII r. in corrispondenza di: «Sem-pre là, ai […]». Un taglio di trascurabile profondità si trova nella partebassa del margine sinistro della c. I.85 Con alcune correzioni della progressione numerica a partire dalla c.XXXVIII fino alla c. LIX.

tranne le cc. II, LIX, numerate in entrambi i casi anche nelverso, in alto a destra, rispettivamente XII e VI, a mo’ dirichiamo o rimando.

Il testo è anopistografo86, a piena pagina, tranne qualcheeccezione87. La mano è sostanzialmente la stessa88, la scrit-tura, distribuita in media su 38 righe per pagina, è corsiva,calligrafica, appena angolosa, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, comunque chiara e prodotta con uninchiostro nero89. Il ductus varia per intensità, ampiezza ed

LXVI DINO MANCA

86 Le cc. II, LIX, già citate nel testo, numerate nel verso rispettivamenteXII e VI, riportano, sempre nel verso, un brano depennato. La c. II v.: [–In ↔ + (– Una)] ↔ [– sera d’aprile (su marzo) scorso il (–) ↔| (– / sup.\ – /) Davide d’Elia se ne torna↔|va sul suo calessino dalle fattorie ↔|che possedeva nel piano di]. La c. LIX v.: [– si aveva l’impressione di ↔|essere in tanti: i servi, le serve, ↔| la balia; eppoi c’erano sempre ↔|ospiti. La casa era grande, ↔| con un portico antico: certe ↔| camereerano del tutto disabita↔|te, con dei balconcini di le↔|gno che guarda-vano sulle ↔| valli: tre valli, si vedevano, del↔|la nostra casa; una tuttacolti↔|vata a viti e olivi, le altre ↔| due selvaggie, rocciose, coperte ↔|di rovi e di ginestre.]. 87 Lo specchio di scrittura della c. XXXIV r. non è a pagina piena, mafino a mm. 239 su 318 di altezza disponibili.88 Nelle cc. XIX r., XXI r., XXV r., XXVI r., e LVII r., si trovano dei segnia pastello rosso e blu, quasi sempre da intendersi come indicazioni diriferimento o d’intervento su segmenti di testo, tranne qualche caso diintervento apparentemente non plausibile; comunque segni di difficileattribuzione; forse, nella fase dell’intermediazione tipografica, dovuti ainiziativa di tipografi, curatori, redattori o editor: c. XIX r., segno apastello rosso, a metà foglio in corrispondenza di: [– s’era ↔| fattanorma (…)]; c. XXI r., segno a pastello rosso, in alto a sinistra, in corri-spondenza di: «il bambino in grembo»; c. XXV r., segno correttivo apastello rosso, in basso a destra, in corrispondenza di: «Davide lo guar-dava con»; c. XXVI r., segno correttivo e di riferimento a pastello rosso eblu, in corrispondenza di: «– Davide D’Elia», «– La famiglia D’Eliamantiene», «e rifiuta ospitalità a una creatura smarrita»; c. LVII r., segnoa pastello rosso, in corrispondenza di: «insisteva presso Bona perché».89 Una sorta di nero fumo, scolorito dal tempo e ora tendente al marro-ne, con qualche sbavatura; una evidente si riscontra nella c. XXXVII r.

altezza, soprattutto in corrispondenza degli spazi interlinea-ri utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite, soprascritte oinserite, più raramente, nell’interlinea inferiore.

Le carte, sciolte, sono conservate in duplice custodia: unainterna di cartoncino e un esterna di cartone rivestita inmezza tela blu ad uno stipo e recante nel dorso la scritta astampa: «Grazia Deledda [in nero] Il Ritorno del Figlio [inrosso]». Il manoscritto presenta, come detto, correzioni eaggiunte della stessa autrice, la sua firma in fine e, sul versodi c. LXV, forse di altra mano, la seguente notazione in cor-sivo, calligrafico: «Caro Benincasa se ti è possibile lo fai com-porre stanotte (naturalmente dopo l’orario) – Saluti. Al»; conmatita blu: «Precedenza». Sulla custodia interna un’etichet-ta riporta dattiloscritta la dicitura in nero «Festa del Libro –1° vendita di manoscritti italiani sotto gli auspici de La FieraLetteraria. Grazia Deledda Il Ritorno del Figlio – Racconto.N. 6095».

La Commissione per gli acquisti in antiquariato dellaBiblioteca Universitaria di Sassari, ha acquistato il mano-scritto nel luglio del 1999 dalla libreria antiquaria Lettera-tura Tattile, studio bibliografico del dott. Andrea Galli diRimini. Il manoscritto proviene dalla collezione dello scrit-tore Umberto Fracchia90, che probabilmente lo ricevettedalla stessa Deledda, già privo delle due carte segnalate. In

LXVIIIl manoscritto

90 UMBERTO FRACCHIA (Lucca 1889-Roma 1930) Narratore e giornalista,collaborò alla «Tribuna» e al «Corriere della Sera» dove pubblicò crona-che teatrali e resoconti di viaggi. Nel 1910, con Arturo Onofri e altrifondò la rivista «Lirica». Laureatosi in legge a Roma, si trasferì a Milanodove diresse la rivista «Commedia». Nel 1925 fondò «La Fiera Lettera-ria», diretta fino al 1927, mentre collabora come critico teatrale a «IlSecolo». Scrisse romanzi e racconti: Il perduto amore (Milano, Vitagliano,1921, romanzo); Angela (Roma-Milano, Mondadori, 1923, romanzo);Piccola gente di città (Milano, Mondadori, 1925, racconti); La stella delNord (Milano, Mondadori, 1930, romanzo); Gente e scene di campagna(Milano, Mondadori, 1931, postumo, racconti).

seguito, nel 1959, fu venduto ad un’asta di beneficenzapresso una libreria antiquaria di Lucca, alla quale parteci-parono scrittori e bibliofili amici di Fracchia e collaborato-ri della rivista «La Fiera Letteraria»91. Uno di loro, MassimoDursi92, lo acquistò e fu l’ultimo possessore fino all’acquisi-zione da parte della libreria antiquaria. L’opera è stata inse-rita nel fondo di manoscritti bibliografici che figura nell’in-ventario Sorbelli Mazzatinti93:

La I carta misura mm. 319 x 108 ed è numerata 1, in cifraaraba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destradel recto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenutatramite strappo longitudinale (lato destro) da carta piùgrande. Lo stato di conservazione è complessivamentebuono. Un piccolo strappo si riscontra nella parte bassa

LXVIII DINO MANCA

91 La «Fiera letteraria» iniziò le sue pubblicazioni a Milano il 13 dicem-bre 1925, sotto la direzione di Fracchia. Nel 1928 venne trasferita aRoma sotto la direzione di Giovan Battista Angioletti e Curzio Malapar-te. L’anno successivo mutò il nome in «L’Italia Letteraria» ed uscì fino al1936, diretta tra gli altri da Corrado Pavolini e infine da Massimo Bon-tempelli. Il settimanale nacque come chiara contrapposizione tra il ‘tem-pio’ in cui il letterato ama rinchiudersi e la ‘fiera’, luogo d’incontro doveè ammesso ogni linguaggio stilistico. Lo scopo di Fracchia, comedichiarò nell’editoriale significativamente intitolato Esistere nel tempo, fuquello di «fare un giornale che fosse letto dal maggior numero di perso-ne e sia pure senza rinunciare al culto delle cose belle e buone», in «unaincondizionata adesione e solidarietà con il tempo». Fra i collaboratori siricordano Alberto Longhi, Alberto Francini, Libero de Libero ed ElioVittorini. 92 OTELLO VECCHIETTI, in arte Massimo Dursi, scrittore e drammatur-go, critico teatrale sulle colonne del «Giornale dell’Emilia» e del «Restodel Carlino», fu uno dei protagonisti, soprattutto negli anni Cinquantae Sessanta, della storia culturale bolognese. 93 Il fondo è costituito da opere di carattere teologico, giuridico, storico,ma anche da opere di narrativa e di poesia di autori sardi fra le quali imanoscritti autografi del romanzo L’Edera, della stessa Deledda, delromanzo Amore ha cent’occhi di Salvatore Farina e delle sillogi di liriche,Canti Barbaricini e i Canti del salto e della tanca, di Sebastiano Satta.

del lato sinistro in corrispondenza di «era suo, non gli[…]». Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina,da: «Il ritorno del figlio […]», a: «[…] imprecò, tentandoalmeno di»; il verso reca il timbro della Biblioteca Univer-sitaria di Sassari. Si trovano altresì alcune sbavature diinchiostro e qualche cancellatura. La scrittura, di unamano, è distribuita su 36 righe (compresi gli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa ècorsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolodi 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero(scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductusappare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La II carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore) –110 (nel lato inferiore) ed è numerata 2, in cifra araba, apenna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramitestrappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lostato di conservazione è complessivamente buono. Il testoè contenuto nel recto, a piena pagina, da: «tirarlo indietro:ma il cavallo […]», a: «[…] I bambini poveri, poi, li»; nelverso lo specchio di scrittura è fino a mm. 65 circa su 318,da: «[– In ↔ + (– Una)] […]», a: «[…] che possedeva nelpiano di»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universi-taria di Sassari. Sono presenti alcune cancellature. La scrit-tura, di una mano, è distribuita su 37 righe nel recto; su 4righe depennate nel verso. La scrittura è corsiva, calligrafi-ca, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia-ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempoe ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme perintensità, ampiezza ed altezza.

La III carta misura mm. 318 x 110 (nel lato superiore) –109 (nel lato inferiore) ed è numerata 3, in cifra araba, apenna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramitestrappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lostato di conservazione è complessivamente buono. Il testo,se si eccettuano alcune cancellature, si configura comples-sivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a

LXIXIl manoscritto

piena pagina, da: «riteneva furbi, intesi per istinto […]», a:«[…] perché vi sono cuori»; il verso reca il timbro dellaBiblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di unamano, è distribuita su 40 righe (compresi gli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa ècorsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibrodei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45°circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scoloritodal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus apparegeneralmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza;esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenzadegli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite.

La IV carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 4, incifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «abbandona-ti a sé stessi come terre incolte […]», a: «[…] un po’ inquietil’uomo»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universita-ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 39righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio-ni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appe-na angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinataverso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot-ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten-dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza),in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per lelezioni aggiunte o sostituite.

La V carta misura mm. 317 x 111 ed è numerata 5, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo in entrambi i lati da carta piùgrande. Lo stato di conservazione è complessivamentebuono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto

LXX DINO MANCA

contenuto nel recto, a piena pagina, da: «irritato: finchél’uomo irritato […]», a: «[…] venate di rosso fiorivano»; ilverso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa-ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 44 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appenaangolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata versodestra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta conun inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare generalmente uniforme perintensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza edaltezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza-ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La VI carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superiore) –112 (nel lato inferiore) ed è numerata 6, in cifra araba, apenna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramitestrappo longitudinale in entrambi i lati da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Il testo presenta molte cancellature; esso è tutto contenu-to nel recto, a piena pagina, da: «sulle piccole ginocchia[…]», a: «[…] La strada saliva dolce». La scrittura, di unamano, è distribuita su 45 righe (compresi gli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa ècorsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibrodei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45°circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scoloritodal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (perampiezza ed altezza) soprattutto in corrispondenza deglispazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sosti-tuite.

La VII carta misura mm. 320 x 110 ed è numerata 7, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «mente tra

LXXIIl manoscritto

due bordi di […]», a: «[…] – Andiamo – disse al ca-»; ilverso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa-ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 40 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appenaangolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata versodestra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta conun inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare generalmente uniforme perintensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza edaltezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza-ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

L’VIII carta misura mm. 319 x 105 (nel lato superiore) –109 (nel lato inferiore) ed è numerata 8, in cifra araba, apenna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tramitestrappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lostato di conservazione è buono. Il testo è tutto contenutonel recto, specchio di scrittura fino a mm. 264 su 319, da:«vallo, e il cavallo si rimise a trottare […]», a: «[…] Ma eccola vita ricomparire:»; il verso reca il timbro della BibliotecaUniversitaria di Sassari. Il testo è pulito: nessuna sbavatu-ra di inchiostro né cancellatura. La scrittura, di una mano,è distribuita su 32 righe; è corsiva, calligrafica, inclinataverso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot-ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten-dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza.

La IX carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superiore) –110 (nel lato inferiore) ed è numerata 9, in cifra araba, apenna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenutatramite strappo longitudinale in entrambi i lati da cartapiù grande. Lo stato di conservazione è complessivamen-te buono. Il testo è contenuto nel recto, a piena pagina, da:«[– ricominciò] alberelli con le […]», a: «[…] al portonedella sua casa.»; il verso reca il timbro della Biblioteca Uni-versitaria di Sassari. Sono presenti alcune cancellature. La

LXXII DINO MANCA

scrittura, di una mano, è distribuita su 40 righe (compre-si gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinataverso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot-ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten-dente al marrone). Il ductus appare generalmente unifor-me per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La X carta misura mm. 319 x 110 (nel lato superiore) –111 (nel lato inferiore) ed è numerata 10, in cifra araba, apenna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenutatramite strappo longitudinale in entrambi i lati da cartapiù grande. Lo stato di conservazione è complessivamen-te buono. Il testo, se si eccettua una cancellatura, si confi-gura complessivamente in pulito; esso è tutto contenutonel recto, a piena pagina, da: «> Su, dunque, con passoriaf↔|frettato, per le svolte della strada ↔| solitaria: unrumore d’acqua ↔| canta adesso nel silenzio e ↔| accresce lafrescura della [– notte] ↔| sera: l’odore degli orti e dei ↔|giardini annunzia la vicinanza ↔| del paese. < ↔| Il bam-bino […]», a: «[…] all’altra sull’alto della piazza»; il versoreca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. Lascrittura, di una mano, è distribuita su 38 righe (compre-si gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite); essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa,con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, conun angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchio-stro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone).Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altez-za.

La XI carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 11, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Un ampia parte di testo è depennata. Il

LXXIIIIl manoscritto

testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «cometre sorelle rivolte […]», a: «[…] La strada [– però] si faceva»;il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas-sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 38 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite); essa è corsiva, inclinata verso destra,con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con uninchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in cor-rispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite.

La XII carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superiore) –110 (nel lato inferiore) ed è numerata 12, in cifra araba, apenna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramitestrappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lostato di conservazione è complessivamente buono. Il testopresenta alcune cancellature; esso è tutto contenuto nelrecto, a piena pagina, da: «sempre più ripida, […]», a: «[…]aprì un poco: ap»; il verso reca il timbro della BibliotecaUniversitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distri-buita su 36 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzatiper le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligra-fica, appena angolosa, inclinata verso destra, con un ango-lo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero(scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductusappare generalmente uniforme per intensità, ampiezza edaltezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispon-denza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite.

La XIII carta misura mm. 317 x 111 ed è numerata 13, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i latida carta più grande. Lo stato di conservazione è comples-sivamente buono. Il testo, se si eccettua una cancellatura,si configura complessivamente in pulito; esso è tutto con-tenuto nel recto, a piena pagina, da: «parve, nel vano miste-

LXXIV DINO MANCA

rioso, […]», a: «[…] quello che teneva»; il verso reca il tim-bro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura,di una mano, è distribuita su 38 righe (compresi gli spaziinterlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite);essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridottocalibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolodi 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero(scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductusappare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XIV carta misura mm. 317 x 111 ed è numerata 14, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i latida carta più grande. Lo stato di conservazione è comples-sivamente buono. Il testo, se si eccettua qualche cancella-tura, si configura complessivamente in pulito; esso è tuttocontenuto nel recto, a piena pagina, da: «in braccio era pro-prio un […]», a: «[…] fi↔|gliuolo morto. [– la sua indiffe-] ins. inf. spaz. interv.»; il verso reca il timbro della Biblio-teca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, èdistribuita su 36 righe (compresi gli spazi interlineari uti-lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva,calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei carat-teri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa,chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito daltempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare unifor-me per intensità, ampiezza ed altezza.

La XV carta misura mm. 319 x 111 ed è numerata 15, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Qualche gora compare nella parte bassadella carta. Il testo è contenuto nel recto, a piena pagina,da: «La sua indiffe- […]», a: «[…] profondamente, perché»;il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas-sari. Sono presenti alcune cancellature. La scrittura, di unamano, è distribuita su 42 righe (compresi gli spazi interli-

LXXVIl manoscritto

neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). Lascrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, conun angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchio-stro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone).Il ductus appare generalmente uniforme per intensità,ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza),in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per lelezioni aggiunte o sostituite.

La XVI carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 16, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo, se si eccettua una cancellatura, siconfigura complessivamente in pulito; esso è tutto conte-nuto nel recto, a piena pagina, da: «né l’entrata della vec-chia […]», a: «[…] fanno i piccoli gatti»; il verso reca il tim-bro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura,di una mano, è distribuita su 38 righe (compresi gli spaziinterlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite).La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra,con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con uninchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza.

La XVII carta misura mm. 318 x 111 (nel lato superiore)– 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 17, in cifra araba,a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramitestrappo longitudinale in entrambi i lati da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Il testo si configura complessivamente in pulito; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «gelosi: quan-do fu un po’ […]», a: «[…] com’era a osservare»; il verso recail timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrit-tura, di una mano, è distribuita su 37 righe (compresi glispazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sosti-tuite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso

LXXVI DINO MANCA

destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta conun inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza.

La XVIII carta misura mm. 318 x 111 (nel lato superiore)– 114 (nel lato inferiore) ed è numerata 18, in cifra araba,a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramitestrappo longitudinale in entrambi i lati da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Un breve tratto verticale di matita rossa si riscontra nellato destro in posizione mediana in corrispondenza dellaparola: «moglie». Il testo, se si eccettua qualche cancellatu-ra, si configura complessivamente in pulito; esso è tuttocontenuto nel recto, a piena pagina, da: «il bambino, alquale aveva […]», a: «[…] vecchia delle donne lo servì.»; ilverso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa-ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 38 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara eprodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo eora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme perintensità, ampiezza ed altezza.

La XIX carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 19, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Un breve tratto verticale di matita rossa siriscontra nel lato destro in posizione mediana in corri-spondenza della parola: «[– s’era] e [– nessuno]». Il testo, sesi eccettua qualche rigo depennato, si configura comples-sivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, apiena pagina, da: «Un lume ad olio a tre becchi […]», a:«[…] all’altro mondo.»; il verso reca il timbro della Biblio-teca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, èdistribuita su 37 righe (compresi gli spazi interlineari uti-

LXXVIIIl manoscritto

lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura ècorsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibrodei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45°circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scoloritodal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appareuniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XX carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 20, incifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo si configura complessivamente inpulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«– perché mi guardi così? – […]», a: «[…] – Adesso? – mor-morò la mo»; il verso reca il timbro della Biblioteca Uni-versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui-ta su 37 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati perle lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal-ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte-ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia-ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempoe ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme perintensità, ampiezza ed altezza.

La XXI carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 21, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Un breve tratto verticale di matita rossa siriscontra in alto nel lato sinistro in corrispondenza dellaparola: «bambino». Il testo, se si eccettua qualche ricalco,si configura complessivamente in pulito; esso è tutto con-tenuto nel recto, a piena pagina, da: «glie, che teneva sem-pre il […]», a: «[…] bisogna dimenticarlo, e di tutta»; ilverso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa-ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 39 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,

LXXVIII DINO MANCA

appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare uniforme per inten-sità, ampiezza ed altezza.

La XXII carta misura mm. 317 x 110 ed è numerata 22,in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i latida carta più grande. Lo stato di conservazione è comples-sivamente buono. Un breve tratto verticale di matita rossasi riscontra in basso nel lato sinistro. Il testo presenta qual-che cancellatura e qualche rigo depennato, per il resto siconfigura complessivamente in pulito; esso è tutto conte-nuto nel recto, a piena pagina, da: «la sua accreditata fami-glia, […]», a: «[…] nettamente che non intendeva»; il versoreca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. Lascrittura, di una mano, è distribuita su 37 righe (compre-si gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena ango-losa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata versodestra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta conun inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare generalmente uniforme perintensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza edaltezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza-ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXIII carta misura mm. 318 x 111 ed è numerata 23,in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i latida carta più grande. Lo stato di conservazione è comples-sivamente buono. Il testo si configura in pulito; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «uscir fuoridi notte con un […]», a: «[…] preti o al brigadiere, o»; ilverso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa-ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 36 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni

LXXIXIl manoscritto

aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare uniforme per inten-sità, ampiezza ed altezza.

La XXIV carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore)– 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 24, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenutatramite strappo longitudinale in entrambi i lati da cartapiù grande. Lo stato di conservazione è complessivamen-te buono. Il testo, se si eccettua qualche cancellatura, siconfigura complessivamente in pulito; esso è tutto conte-nuto nel recto, a piena pagina, da: «a qualche donna che il[…]», a: «[…] sputò: sì, la sua coscien-»; il verso reca il tim-bro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura,di una mano, è distribuita su 37 righe (compresi gli spaziinterlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite).La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, conridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostronero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Ilductus appare generalmente uniforme per intensità,ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza),in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per lelezioni aggiunte o sostituite.

La XXV carta misura mm. 320 x 108 (nel lato superiore)– 109 (nel lato inferiore) ed è numerata 25, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenutatramite strappo longitudinale (lato destro) da carta piùgrande. La carta presenta diffusamente gore d’umido. Unabreve cancellatura con matita rossa su inchiostro nero siriscontra in basso nel lato destro in corrispondenza dellaparola: «con». Il testo, se si eccettua qualche ricalco, si con-figura complessivamente in pulito; esso è tutto contenutonel recto, a piena pagina, da: «za non gli rimproverava

LXXX DINO MANCA

[…]», a: «[…] un po’ di derisione; > pensò: <«; il verso recail timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrit-tura, di una mano, è distribuita su 38 righe (compresi glispazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sosti-tuite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata versodestra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta conun inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza.

La XXVI carta misura mm. 319 x 112 (nel lato superiore)– 109 (nel lato inferiore) ed è numerata 26, in cifra araba,a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramitestrappo longitudinale in entrambi i lati da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Brevi correzioni fatte con matita rossa e blu si riscontranoqua e là nel testo. Il testo presenta qualche cancellatura;esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– egli pareva di scorgere ↔| + (– L’impressione che quello ↔|‹specchiasse› ogni movimento che quello ↔| faceva-)] – Ades-so sentiremo […]», a: «[…] – io troverò sempre»; nel verso,specchio di scrittura fino a mm. 141 circa su 319, su 19righe da: «[– a sorveglire […]», a: «[…] già chiuso»; il versoè numerato 12, in cifra araba, a penna, sottolineata, nel-l’angolo in alto a destra e reca a centro pagina il timbrodella Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, diuna mano, è distribuita su 42 righe (compresi gli spaziinterlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite).La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, conridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostronero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Ilductus appare generalmente uniforme per intensità,ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza),in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per lelezioni aggiunte o sostituite.

La XXVII carta misura mm. 322 x 109 (nel lato superio-re) – 108 (nel lato inferiore) ed è numerata 27, in cifra

LXXXIIl manoscritto

araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destradel recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo, eccetto una cancellatura, si confi-gura in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a pienapagina, da: «chi mi farà l’elemosina, […]», a: «[…] E così,per quella notte il»; il verso reca il timbro della BibliotecaUniversitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distri-buita su 34 righe. La scrittura è corsiva, calligrafica, incli-nata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare uniforme per inten-sità, ampiezza ed altezza.

La XXVIII carta misura mm. 322 x 109 (nel lato superio-re) – 107 (nel lato inferiore) ed è numerata 28, in cifraaraba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destradel recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo, eccetto una cancellatura, si confi-gura in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a pienapagina, da: «bambino rimase in casa. […]», a: «[…] popo-lavano la camera,»; il verso reca il timbro della BibliotecaUniversitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distri-buita su 32 righe. La scrittura è corsiva, calligrafica, incli-nata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare uniforme per inten-sità, ampiezza ed altezza.

La XXIX carta misura mm. 322 x 109 (nel lato superiore)– 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 29, in cifra araba,a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stata ottenu-ta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta piùgrande. Lo stato di conservazione è complessivamentebuono. Il testo presenta numerose cancellature; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «e sull’uscio e

LXXXII DINO MANCA

sopra il letto […]», a: «[…] che giudicava con apatia ognicosa.»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitariadi Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 32righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio-ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara eprodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo eora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza edaltezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza-ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXX carta misura mm. 322 x 110 (nel lato superiore)– 108 (nel lato inferiore) ed è numerata 30, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stataottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) dacarta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo presenta numerosissime cancellatu-re; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«Domani ci sarà chi […]», a: «[…] sangue prodotta dall’a-lito»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria diSassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, inclinataverso destra, con un angolo di 45° circa, prodotta con uninchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in cor-rispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite.

La XXXI carta misura mm. 322 x 111 (nel lato superiore)– 112 (nel lato inferiore) ed è numerata 30, in cifra araba,a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stata ottenu-ta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta piùgrande. Lo stato di conservazione è complessivamentebuono. Il testo, eccetto una cancellatura, si configura inpulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«del demonio: ma il calore […]», a: «[…] Mi ha chiesto: chiè? quel»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universita-

LXXXIIIIl manoscritto

ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 33righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio-ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara eprodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo eora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme perintensità, ampiezza ed altezza.

La XXXII carta misura mm. 322 x 111 ed è numerata 32,in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingialli-ta, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (latodestro) da carta più grande. Lo stato di conservazione ècomplessivamente buono. Il testo presenta delle cancella-ture; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«santo cieco? […]», a: «[…] – Ricordi, Albina, quando Elis»;il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas-sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 36 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, inclinataverso destra, con un angolo di 45° circa, prodotta con uninchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare generalmente uniforme perintensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza edaltezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza-ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXXIII carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 33,in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i latida carta più grande. Lo stato di conservazione è comples-sivamente buono. Il testo presenta qualche cancellatura;esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «eracosì piccolo e voleva […]», a: «[…] ad afferrarsi i piedini»; ilverso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni-versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui-ta su 39 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati perle lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal-ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte-

LXXXIV DINO MANCA

ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia-ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempoe ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXXIV carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superio-re) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 34, in cifraaraba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destradel recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-ta tramite strappo longitudinale (lato sinistro) da carta piùgrande. Lo stato di conservazione è complessivamentebuono. Il testo presenta qualche cancellatura; esso è tuttocontenuto nel recto, specchio di scrittura fino a mm. 240circa su 317, su 30 righe da: «e portarseli alla bocca. […]»,a: «[…] – Gesù però disse il contrario»; il verso reca a centropagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari.La scrittura, di una mano, è corsiva, appena angolosa, conridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostronero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Ilductus appare generalmente uniforme per intensità,ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza),in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per lelezioni aggiunte o sostituite. Questa carta verosimilmentene sostituisce un’altra eliminata.

La XXXV carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 35,in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo inalto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, èstata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi ilati da carta più grande. Lo stato di conservazione è com-plessivamente buono. Il testo presenta numerose cancella-ture; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«> trario, < – mormorò […]», a: «[…] quasi monacale»; ilverso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni-versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui-ta su 41 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati perle lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva,

LXXXVIl manoscritto

appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, prodotta conun inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare generalmente uniforme perintensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza edaltezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza-ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXXVIII carta misura mm. 320 x 108 ed è numerata38, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in altoa destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stataottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i latida carta più grande. Lo stato di conservazione è comples-sivamente buono. Il testo presenta numerosissime cancel-lature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«[– ta. Se loro ti sentono guai ! ↔| – Che possono farmi? piùnulla ↔| nessuno può farmi. E se non ↔| tengono in casaquel bambino, io ↔| dirò loro questa ed altre cose: poi ↔|me ne andrò. ↔| – Non dubitare: se ti sentono ↔| ti cac-ciano via a bastonate, – ↔| disse Albina indignata, ma infondo ↔| (– gli dava + sup.\continuava a dargli ‹sic›/) ragio-ne, non solo, ma ri↔|pensava alle parole che le pareva ↔|d’aver sentito mormorare al ↔| bambino «chi è ? quel santo↔| cieco ?» (– ‹questi› + sup.\il santo cieco/) le destavasem↔|pre più rispetto.] ↔| Gli chiese […]», a: «[…] pare-va non si ricordasse»; il verso reca a centro pagina il timbrodella Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, diuna mano, è distribuita su 48 righe (compresi gli spaziinterlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite).La scrittura, è corsiva, appena angolosa, con ridotto cali-bro dei caratteri ai limiti della leggibilità, inclinata versodestra, con un angolo di 45° circa, prodotta con uninchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in cor-rispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite.

La XXXIX carta misura mm. 320 x 111 (nel lato superio-re) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 39, in cifraaraba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra

LXXXVI DINO MANCA

del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-ta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da cartapiù grande. Lo stato di conservazione è complessivamen-te buono. Il testo presenta numerose cancellature; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «neppure delbambino perché […]», a: «[…] [– Appena Elisabetta s’acco-stò ↔| poi]»; il verso reca a centro pagina il timbro dellaBiblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di unamano, è distribuita su 48 righe (compresi gli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). Lascrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, conridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostronero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Ilductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenzadegli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite.

La XL carta misura mm. 319 x 111 (nel lato superiore) –110 (nel lato inferiore) ed è numerata 40, in cifra araba, apenna, nell’angolo in alto a destra del recto, corretta suricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta,uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo.Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Iltesto non presenta molte cancellature; esso è tutto conte-nuto nel recto, a piena pagina, da: «poi andò a portare ilcaffè […]», a: «[…] e un’altra: i sogni:»; il verso reca a cen-tro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas-sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 46 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLI carta misura mm. 319 x 111 (nel lato superiore) –

LXXXVIIIl manoscritto

110 (nel lato inferiore) ed è numerata 41, in cifra araba, apenna, cerchiata, nell’angolo in alto a destra del recto, cor-retta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile.La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramitestrappo. Lo stato di conservazione è complessivamentebuono. Il testo presenta cancellature; esso è tutto conte-nuto nel recto, a piena pagina, da: «perché sognava sempre[…]», a: «[…] Ma in fondo ella sapeva»; il verso reca a cen-tro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas-sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 47 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLII carta misura mm. 319 x 113 (nel lato superiore)– 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 42, in cifra araba,a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.,corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggi-bile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tra-mite strappo. Nella parte inferiore della carta, oltre il testomanoscritto si riscontrano sullo sfondo piccoli caratteri astampa. Lo stato di conservazione è complessivamentebuono. Il testo non presenta molte cancellature; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «già il miste-rioso segreto […]», a: «[…] perché oramai anche a»; il versoreca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita-ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio-ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per

LXXXVIII DINO MANCA

ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLIII carta misura mm. 319 x 111 ed è numerata 43,in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur-troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, èstata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione ècomplessivamente buono. Il testo presenta molte cancella-ture; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«lui premessero molto […]», a: «[…] [– guardava il soffittodi legno]»; il verso reca a centro pagina il timbro dellaBiblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di unamano, è distribuita su 44 righe (compresi gli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). Lascrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, conridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostronero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Ilductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenzadegli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite.

La XLIV carta misura mm. 318 x 111 (nel lato superiore)– 112 (nel lato inferiore) ed è numerata 44, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo nonleggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi-vamente buono. Il testo presenta molte cancellature; essoè tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– comecontandone le assi] […]», a: «[…] a constatare un delitto.»;il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni-versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui-ta su 45 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati perle lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal-ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte-ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia-ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempoe ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza

LXXXIXIl manoscritto

ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari uti-lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLV carta misura mm. 318 x 109 (nel lato superiore)– 108 (nel lato inferiore) ed è numerata 45, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo nonleggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi-vamente buono. Il testo presenta poche cancellature; essoè tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Sottoposead un lungo […]», a: «[…] al vecchio dottore che lo»; il versoreca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita-ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 40righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio-ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLVI carta misura mm. 316 x 110 (nel lato superiore)– 109 (nel lato inferiore) ed è numerata 46, in cifra araba,a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.,corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggi-bile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tra-mite strappo. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo presenta molte cancellature; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «accompa-gnava, come aveva […]», a: «[…] e la giudicasse severamen-te.»; il verso reca a centro pagina il timbro della BibliotecaUniversitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distri-buita su 48 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzatiper le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva,calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei carat-teri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa,chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal

XC DINO MANCA

tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLVII carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superio-re) – 112 (nel lato inferiore) ed è numerata 47, in cifraaraba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto adestra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur-troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, èstata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione ècomplessivamente buono. Il testo presenta poche cancel-lature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«Che noja […]», a: «[…] se il cieco non smetteva»; il versoreca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita-ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio-ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLVIII carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superio-re) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 48, in cifraaraba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto adestra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur-troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, èstata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione ècomplessivamente buono. Il testo presenta molte cancella-ture; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«di brontolare […]», a: «[…] sua visita usava offrirgli.»; ilverso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni-versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui-ta su 48 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati perle lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal-ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte-ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia-

XCIIl manoscritto

ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempoe ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezzaed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari uti-lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLIX carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore)– 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 49, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo nonleggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi-vamente buono. Il testo presenta molte cancellature; essoè tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Ellachiamò Albina: […]», a: «[…] prenderla così: o»; il versoreca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita-ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 46righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio-ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza edaltezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza-ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La L carta misura mm. 317 x 112 (nel lato superiore) –110 (nel lato inferiore) ed è numerata 50, in cifra araba, apenna, due volte: una volta la cifra è sottolineata, nell’an-golo in alto a destra del recto, corretta su ricalco su altronumero purtroppo non leggibile; un’altra volta la cifra,sostitutiva della precedente, compare in pulito cerchiata ametà sempre nell’angolo in alto a destra del recto sulla sini-stra rispetto alla precedente. La carta, uso mano, coloravorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di con-servazione è complessivamente buono. Il testo presentamolte cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, apiena pagina, da: «accettare i suoi […]», a: «[…] a che ser-viva parla»; il verso reca a centro pagina il timbro dellaBiblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una

XCII DINO MANCA

mano, è distribuita su 54 righe (compresi gli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). Lascrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, conridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostronero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Ilductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenzadegli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite.

La LI carta misura mm. 317 x 109 (nel lato superiore) –112 (nel lato inferiore) ed è numerata 51, in cifra araba, apenna, due volte: una volta la cifra è sottolineata, nell’an-golo in alto a destra del recto, corretta su ricalco su altronumero purtroppo non leggibile; un’altra volta la cifra,sostitutiva della precedente, compare in pulito cerchiata ametà sempre nell’angolo in alto a destra del recto sulla sini-stra rispetto alla precedente. La carta, uso mano, coloravorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di con-servazione è complessivamente buono. Il testo presentaalcune cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, apiena pagina, da: «re? Le parole degli altri, […]», a: «[…]senza molesta-»; il verso reca a centro pagina il timbro dellaBiblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di unamano, è distribuita su 49 righe (compresi gli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). Lascrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, conridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostronero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Ilductus appare generalmente uniforme per intensità,ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza),in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per lelezioni aggiunte o sostituite.

La LII carta misura mm. 318 x 110 (nel lato superiore) –111 (nel lato inferiore) ed è numerata 52, in cifra araba, apenna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo nonleggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-

XCIIIIl manoscritto

ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi-vamente buono. Il testo presenta alcune cancellature; essoè tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «re nessu-no, allevando con cura […]», a: «[…] Non pare che»; il versoreca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita-ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 45righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio-ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LIII carta misura mm. 318 x 113 (nel lato superiore) –111 (nel lato inferiore) ed è numerata 53, in cifra araba, apenna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo nonleggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi-vamente buono. Il testo presenta molte cancellature; essoè tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– che] ildestino […]», a: «[…] ma le apparve chiara.»; il verso recaa centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria diSassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 46 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza edaltezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza-ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LIV carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore) –111 (nel lato inferiore) ed è numerata 54, in cifra araba, apenna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non

XCIV DINO MANCA

leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi-vamente buono. Il testo presenta poche cancellature; essoè tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Di là ilbambino piangeva: […]», a: «[…] fatta un figlio di nasco-sto,»; il verso reca a centro pagina il timbro della Bibliote-ca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, èdistribuita su 42 righe (compresi gli spazi interlineari uti-lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura ècorsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibrodei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45°circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scoloritodal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus apparegeneralmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza;esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenzadegli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite.

La LV carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore) –111 (nel lato inferiore) ed è numerata 55, in cifra araba, apenna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto.,corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggi-bile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tra-mite strappo. Lo stato di conservazione è complessiva-mente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso ètutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «poi l’haifatto mettere in […]», a: «[…] presso di lui e gli mormora»;il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni-versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui-ta su 47 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati perle lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal-ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte-ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia-ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempoe ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LVI carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 56, in

XCVIl manoscritto

cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur-troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, èstata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione ècomplessivamente buono. Il testo presenta alcune cancel-lature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«delle paroline: e la creatura […]», a: «[…] ma si astennedal»; il verso reca a centro pagina il timbro della Bibliote-ca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, èdistribuita su 41 righe (compresi gli spazi interlineari uti-lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura ècorsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibrodei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45°circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scoloritodal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus apparegeneralmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza;esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenzadegli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte osostituite.

La LVII carta misura mm. 318 x 111 ed è numerata 57, incifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto adestra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur-troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, èstata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione ècomplessivamente buono. Il testo presenta alcune cancella-ture anche di matita rossa; esso è tutto contenuto nel recto,a piena pagina, da: «chiamare il bambino con […]», a: «[…]lo ↔| odorasse. [– per alcun tempo] ins. inf. spaz. interv.»; ilverso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni-versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui-ta su 44 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati perle lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal-ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte-ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia-ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempoe ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

XCVI DINO MANCA

La LVIII carta misura mm. 319 x 109 (nel lato superiore)– 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 58, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo nonleggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu-ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi-vamente buono. Il testo presenta alcune cancellature; essoè tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «per alcuntempo […]», a: «[…] la serva bronto=»; il verso reca a cen-tro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas-sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 46 righe(compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioniaggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica,appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina-ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro-dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e oratendente al marrone). Il ductus appare generalmenteuniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LIX carta misura mm. 321 x 110 ed è numerata 59, incifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto adestra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur-troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, èstata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione ècomplessivamente buono. Il testo presenta numerose can-cellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina,da: «[– lava + sup.\lò/] […]», a: «[…] [– sollevò il viso sor-ridendo anche ↔| a lui.]; nel verso, numerata 6, in cifraaraba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto adestra,specchio di scrittura fino a mm. 106 circa su 321,da: «[– si aveva l’impressione di ↔| essere in tanti:] […]», a:«[…] [– ↔| due selvaggie, rocciose, coperte ↔| di rovi e diginestre.]»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universi-taria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su40 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per lelezioni aggiunte o sostituite) e 13 nel verso. La scrittura ècorsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibrodei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45°

XCVIIIl manoscritto

circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scoloritodal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (perampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli-neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LX carta misura mm. 319 x 106 (nel lato superiore) –111 (nel lato inferiore) ed è numerata 60, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra-mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[–Ma ‹ancora›] […]», a: «[…] tenessero così fra l’unghie per»;il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas-sari. Se si eccettua qualche cancellatura il testo si configu-ra in pulito. La scrittura, di una mano, è distribuita su 39righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra,con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con uninchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza.

La LXI carta misura mm. 319 x 110 (nel lato superiore) –105 (nel lato inferiore) ed è numerata 61, in cifra araba, apenna, due volte: una volta la cifra è sottolineata, nell’an-golo in alto a destra del recto, corretta su ricalco su altronumero purtroppo non leggibile; un’altra volta la cifra,sostitutiva della precedente, compare in pulito cerchiata ametà sempre nell’angolo in alto a destra del recto sulla sini-stra rispetto alla precedente. La carta, uso mano, è a qua-dretti blu, ottenuta tramite strappo longitudinale (latodestro) da carta più grande. Lo stato di conservazione ècomplessivamente buono. Il testo è tutto contenuto nelrecto, a piena pagina, da: «gioco.» a: «[…] la farfalla è giàlontana;»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universi-taria di Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testosi configura in pulito. La scrittura, di una mano, è distri-buita su 41 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinataverso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot-ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten-

XCVIII DINO MANCA

dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza.

La LXII carta misura mm. 321 x 104 (nel lato superiore)– 107 (nel lato inferiore) ed è numerata 62, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra-mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «essitornano a […]», a: «[…] si sarebbero trovati soli.»; il versoreca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. Sesi eccettua qualche cancellatura il testo si configura inpulito. La scrittura, di una mano, è distribuita su 37 righe;essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con unangolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostronero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Ilductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La LXIII carta misura mm. 321 x 104 (nel lato superiore)– 107 (nel lato inferiore) ed è numerata 63, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra-mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«Ondate di un turbamento […]», a: «[…] staccarsi da Bona;ma Bona,»; il verso reca il timbro della Biblioteca Univer-sitaria di Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testosi configura in pulito. La scrittura, di una mano, è distri-buita su 36 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinataverso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot-ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten-dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza.

La LXIV carta misura mm. 321 x 104 (nel lato superiore)– 106 (nel lato inferiore) ed è numerata 64, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra-

XCIXIl manoscritto

mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «ches’accorgeva anche […]», a: «[…] purché l’oggetto amato siafelice.»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitariadi Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testo siconfigura in pulito. La scrittura, di una mano, è distribui-ta su 42 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinata versodestra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta conun inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente almarrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza.

La LXV carta misura mm. 319 x 109 (nel lato superiore)– 108 (nel lato inferiore) ed è numerata 65, in cifra araba,a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra delrecto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra-mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran-de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono.Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da:«Davide s’avanzava guardando […]», a: «[…] GraziaDeledda»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universi-taria di Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testosi configura in pulito. La scrittura, di una mano, è distri-buita su 41 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinataverso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot-ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten-dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità,ampiezza ed altezza. Nel verso: forse di altra mano, laseguente notazione in corsivo, calligrafico: «Caro Beninca-sa se ti è possibile lo fai comporre stanotte (naturalmente dopol’orario) – Saluti. A»; con matita blu: «Precedenza».

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C DINO MANCA

IL RITORNO DEL FIGLIO:DAL MANOSCRITTO ALLA STAMPA

Le questioni di natura filologica che sono state affrontatenon hanno potuto ovviamente prescindere dalle testimo-nianze di cui si dispone. Il censimento ha permesso diaccertare l’esistenza di un manoscritto autografo e di piùcopie a stampa. Più precisamente si possiede una redazioneautografa compiuta (condotta a termine pur con variantiinterne) e una stampa autorizzata del 1919 (realizzata sottoil controllo o comunque con il consenso della Deledda o dipersona da lei delegata) con ristampa del 1921 (anch’essaautorizzata), più riedizione seriore (Nuoro, Ilisso, 1996). Dicodesta tradizione la questione affrontata preliminarmenteè stata di accertare i rapporti reciproci intercorrenti tra tuttii testimoni, di stabilire se esista completa identità redazio-nale tra l’autografo e i testimoni a stampa (o almeno uno diessi), o se per converso le risultanze in sede di collatio rive-lino difformità, come è risultato essere nella fattispecie. Inquesto caso si è cercato di appurare se tale diversità reda-zionale sia stata frutto di volontà autorale o invece sia daattribuire a iniziativa di tipografi, curatori, redattori, editor,consulenti editoriali et alii, nella fase dell’intermediazionetipografica.

Nel caso del nostro testo i dati emersi dalla collatio atte-stano lezioni divergenti tramite l’autografo (da qui in avan-ti Ms) e la prima stampa licenziata dall’autore (Milano, Tre-ves, 1919, da qui in avanti Tr1); lezioni divergenti maugualmente autentiche, ossia corrispondenti, almeno inuna certa fase, alla volontà della scrittrice nuorese. Infatti,come si vedrà, pur nella strutturale conformità alla redazio-ne autografa, i rimaneggiamenti presenti nella stamparispetto al manoscritto sono tali (per natura, tipologia edestensione) che crediamo inverosimile – nella lontana ipo-

tesi queste modificazioni siano state volontariamente intro-dotte da figure altre – essere sfuggite alla Deledda, quantomeno in sede di correzione di bozze; perciò, in quanto talimodifiche da lei in ultima istanza condivise e accettate equindi ritenute meritevoli del suo placet, da considerarsi atutti gli effetti varianti d’autore. Inoltre, configurandosi lesuccessive tirature all’edizione del 1919 come ristampe(sorta di codices descripti), va da sé che, fatte salve le even-tuali mende tipografiche o di battitura, le stratificazioni ediversificazioni redazionali e gli interventi correttori si sianointerrotti proprio con Tr1. Per questa ragione, come sivedrà chiarito anche nella nota al testo, l’edizione criticadella novella riporta l’ultima lezione accettata dall’autore(Tr1, appunto), presentando in apparato la storia geneticadell’opera nei successivi passaggi correttori; un apparatogenetico (o ‘diacronico’ o ‘dinamico’) dove trovano posto levarianti d’autore, ordinate, fin dove è stato possibile, secon-do un criterio cronologico.

Il lavoro ecdotico è stato circoscritto, dunque, alle lezionidivergenti attestate direttamente tramite l’autografo e lastampa licenziata dalla scrittrice. Le varianti interne di Ms equelle intercorrenti fra Ms e Tr1 mostrano un percorso cor-rettorio vario e articolato per tipologia, tempi e modalitàd’esecuzione, fasi elaborative e impianto stratigrafico. Unaprima e importante distinzione concerne prima di tutto lanatura e la portata degli interventi. Benché sussistano inquantità non trascurabile, le revisioni e i rimaneggiamentinon stravolgono tuttavia l’impalcatura diegetica e narrativadel racconto. Se è fuor di dubbio che ogni minima varia-zione degli elementi di un sistema modifichi, sia pur dipoco, l’identità stessa del sistema, è comunque essenzialeper la stessa prassi ecdotica ed editoriale, sottolineare la pre-senza o l’assenza di eventuali trasformazioni strutturali omodifiche di assetto. Nel nostro caso le varianti genetiche

CIV DINO MANCA

(interne ed esterne) riguardano piuttosto elementi comple-mentari e appendicolari (alcuni incorsi currenti calamo),ritocchi interpuntivi, interventi su elementi frastici o seg-menti periodali, al massimo brevi unità descrittive (limita-tissime quelle d’azione, funzionali e pragmatiche), comun-que sempre porzioni minime di scrittura, tranche marginalie completive, autonome e disarticolate, senza dunque gros-se ripercussioni testuali. Una seconda fondamentale distin-zione riguarda i modi di intervento. Non poche risultanoessere, infatti, le lezioni ricavate da altre per soppressione esostituzione, molte meno quelle per aggiunta e permutazio-ne (senza alcuna seria mobilità dislocatoria o di trasferi-mento da luogo ad altro luogo del testo). Una terza diffe-renziazione riguarda i tempi di esecuzione e le fasi elabora-tive. La presenza copiosa di lezioni cassate con correzionisoprascritte in quantità decisamente maggiore di quelleimmediate in rigo, farebbe pensare a numerosi interventitardivi e comunque a più fasi elaborative, anche se l’indiziotopografico non sempre aiuta (soprattutto quando elemen-ti contestuali farebbero per converso sospettare che l’utiliz-zo dello spazio soprastante il segmento depennato, rien-trando nell’usus scribendi della scrittrice, abbia riguardatoanche le modifiche immediate). Ciononostante la realizza-zione di più fasi dell’elaborazione artistica è confermatadalla presenza di varianti sincrone, introdotte contempora-neamente e significativamente in luoghi diversi dello stessosegmento unitario:

CVDal manoscritto alla stampa

Ms

Questa volta, però, suomalgrado era costretto afermarsi, a interessarsi dellacreatura abbandonata nellastrada: lo impressionava lastrana riluttanza del cavallo

Tr1

Questa volta, però, suomalgrado è costretto a fer-marsi, a interessarsi dellacreatura abbandonata nellastrada: lo impressiona lastrana riluttanza del cavallo

Ma ciò che dimostrerebbe l’avvenuta realizzazione di alme-no due importanti fasi elaborative della novella è soprattuttola presenza di un segno rivelatore di natura intratestuale (unasorta di variante-spia) con coincidenti e contestuali indizitopografici. Il segno rivelatore corrisponde all’antroponimo«Bona» che registra otto occorrenze in pulito, senza correzio-ni di sorta, fino alla c. XXXIV; dalla c. XXXV in avanti, inve-ce, lo stesso antroponimo è ricavato o corretto su ricalco di«Gonaria» o di «Gonaria Arquà». Gli indizi topografici, inve-ce, riguardano la numerazione delle carte (che inizia a subirecorrezioni proprio a partire dalla XXXV in avanti, con lacaduta delle cc. XXXVI e XXXVII) e lo specchio di scritturadella stessa c. XXXIV, l’unica di tutto il manoscritto non apagina piena. Un insieme di significativi e convergenti ele-menti di discontinuità, dunque, che inducono a pensare chevi sia stata una riscrittura o stesura – se non proprio radicale,quanto meno significativa – della prima metà del raccontoalmeno fino alla c. XXXIV, lì dove, appunto, sarebbe attesta-ta l’avvenuta soluzione di continuità del testo94.

CVI DINO MANCA

94 Se così non fosse, sarebbe stato sufficiente per la scrittrice correggere

ad andare avanti, e, infondo, ricordava ch’egli eraun uomo celebrato in tuttiquei dintorni per la suascrupolosità di coscienza eper la più rigida osservanzadel suo dovere.Eppoi era anche Sindaco

del paese. Il suo dovere,dunque, era adesso, di nonpassare senza essersi assicu-rato che il bambino è lìmomentaneamente depo-sto da qualcuno che verrà ariprenderlo.

ad andare avanti, e, infondo, ricorda ch’egli è unuomo celebrato in tuttiquei dintorni per la suascrupolosità di coscienza eper la più rigida osservanzadel suo dovere.Eppoi è anche sindaco del

paese. Suo dovere, dunque,è adesso, di non passaresenza essersi assicurato cheil bambino è lì momenta-neamente deposto da qual-cuno che verrà a riprender-lo.

La prima operazione di studio ha riguardato, come si ègià detto, l’individuazione della tipologia, modalità di ese-cuzione e fasi elaborative delle varianti tutte interne a Ms.In un secondo momento l’attenzione è stata rivolta allastampa e al rapporto tra questa e Ms. Partiamo dal mano-scritto. Esso si presenta non come bella copia, esemplarepulito che ci dà soltanto il testo definitivo, ma come esem-plare di lavoro, ancorché in sé compiuto, tuttavia infarcitodi correzioni, aggiunte, varianti marginali o interlineari cheattestano un certo processo elaborativo svoltosi attorno altesto (e nel «farsi del testo») durante il quale la Deledda hatalora abbandonato la lezione primitiva, sostituendola,espungendola, spostandola internamente o modificandolacon una o più correzioni successive.

L’assenza di varianti alternative indica, ovviamente, che,pur se in modo disordinato ed esteticamente tutt’altro cheineccepibile, all’autografo è consegnata una forma dell’ope-ra che l’autore considerava definitiva. Dal punto di vistadella messa a testo, dunque, il caso è in tutto assimilabile aquello dell’autografo in pulito. Infatti da questo manoscrit-to con varianti realizzate sarà procurata la stampa Treves del1919. Ciò non toglie che le varianti rifiutate conservino unloro interesse e una loro funzione precisa, e che pertanto siadoveroso fornirne una documentazione esaustiva. Per altro,per quanto riguarda la novella in oggetto, uno studio dellagenetica del testo, relativo ai processi correttori e ai diversistadi di elaborazione, fino ad oggi non c’è stato95. Eppureuna ricostruzione delle storie redazionali a partire dalle fasidi gestazione può aiutare a capire meglio il rapporto inter-

CVIIDal manoscritto alla stampa

solamente le otto occorrenze dell’antroponimo.95 Si ricorda un lavoro di PATRIZIA ZAMBON e PIER LUIGI RENAI dal tito-lo: La collaborazione di Grazia Deledda al «Corriere della Sera» e le varian-ti delle novelle dall’edizione in quotidiano all’edizione in volume pubblicatoin: A.A. V.V, Grazia Deledda nella cultura contemporanea - II …, 225-66.

corso tra la scrittrice e la sua opera. Nel nostro caso scanda-gliare la documentazione manoscritta di una novella prece-dente all’edizione a stampa e indagare la diversità redazio-nale intercorsa fra i due testimoni tentando di individuarenatura e funzione dei processi evolutivi e stratigrafici, ci haconsentito, pur nella limitatezza del campo d’azione, dientrare dentro il laboratorio deleddiano, dentro quel ‘farsitesto’, appunto, che è proprio di ogni artigianato composi-tivo, di ogni opera d’arte, al di là dei giudizi di valore divalenza estetica.

Già in sede di manoscritto la Deledda avvia quel primoimportante labor limae che attesta, soprattutto tramitevarianti sostitutive96 e soppressive, una chiara esigenza direvisione stilistica e di snellimento dell’impianto narrativotramite cassatura di elementi comunque appendicolari,

CVIII DINO MANCA

96 «come due piccoli specchi che riflettessero quel luminoso cielo del cre-puscolo» → «come due piccoli specchi che riflettessero il luminoso cielodel crepuscolo»; «Egli ricorda di aver letto o sentito dire certe leggende»→ «Egli ricorda di aver letto o sentito raccontare certe leggende»; «i suoiocchi pensierosi fissavano un po’ inquieti l’uomo irritato: finché questi loprese e lo tirò su» → «i suoi occhi pensierosi fissavano un po’ inquietil’uomo irritato: finché l’uomo irritato lo prese e lo tirò su»; «Era la padro-na Bona D’Elia che pensava al suo figliuolo morto» → «Era la madre chepensava al suo figliuolo morto»; «Sente scotta ‹e› sembra di fuoco» →«Sente? Sembra un pane nel forno»; «lo stesso sguardo pensieroso eprofondo [– che aveva] rivolto a Davide quando questi l’aveva sollevatodal sentiero» → «lo stesso sguardo pensieroso e profondo [– che aveva]rivolto a Davide quando questi l’aveva sollevato dalla strada; «»e aspetta-va che la gente se ne andasse, ma altra gente invece affluiva» → «e aspet-tava che la gente se ne andasse, ma altra gente invece veniva a quel (–) ilrumoroso e agitato svegliarsi di questo la svegliò» → «finché il rumoro-so e agitato svegliarsi di lui la riscosse»; «finché Bona non gli prende lamanina e attirando a sé il gatto gliela fa accarezzare tutta» → «finchéBona non gli prende la manina e attirando a sé la bestia gliela fa acca-rezzare tutta»; «Inoltre egli era frustato dalla sventura» → «Infine, poi,l’uomo veramente frustato dalla sventura».

marginali e completivi. I ritocchi per espunzione e perespunzione-sostituzione confermano un tale orientamentocorrettorio vertente alla riduzione di attributi, di informan-ti crono-topici e di arresti contemplativi (quando esornati-vi e didascalici) e alla potatura di ridondanze esplicative checon gli indugi descrittivi dilatano oltremodo le unità prag-matiche d’azione (comprese quelle libere, slegate dall’assediegetico) e nel contempo sacrificano la giusta oscurità eambivalenza del non detto. Una tendenza espuntiva, quin-di, prevalentemente volta alla essenzialità, al sottinteso, aottenere un maggiore equilibrio e ritmo compositivo e fun-zionale al raggiungimento di una scrittura meno pletorica epiù sorvegliata con un’attenzione particolare per la pro-prietà lessicale:

CIXDal manoscritto alla stampa

Ms

fermandosi sui solchi delsuo viso ove subito s’asciu-garono come una lievepioggia estiva su una terrariarsa. [– Mise il bambinoper terra e gli disse di cam-minare. Ancora non sapeva-no s’egli camminava. Eglicamminava: s’avviò, sempreintento a guardare le suescarpette, ma dopo qualchepasso vacillò. la donna sislanciò a riprenderlo; lo con-dusse lei, per le mani: ma,fino all’uscio della stanza: loricondusse verso la panca:quando furono vicini al (–)che tendeva l’orecchio alrumore dei loro passi il bam-bino gli afferrò le ginocchiaper appoggiarsi e sollevò il

Tr1

fermandosi sui solchi delsuo viso ove subito s’asciu-garono come una lievepioggia estiva su una terrariarsa.Ma non voleva farsi vedere

a piangere.

CX DINO MANCA

viso ‹scrutando› (–) : si aveval’impressione di essere intanti: i servi, le serve, labalia; eppoi c’erano sempreospiti. La casa era grande,con un portico antico: certecamere erano del tutto disa-bitate, con dei balconcini dilegno che guardavano sullevalli: tre valli, si vedevano,della nostra casa; una tuttacoltivata a viti e olivi, lealtre due selvaggie, rocciose,coperte di rovi e di ginestre.]Ma non voleva farsi vederea piangere.

Ms

Dunque mise il bambinosotto le coperte, [– poi seb-bene la notte a<+++> faces-se ancora sentire un po’ difresco si cacciò completamen-te nuda nel letto: ‹sos›pirò,sbadigliò, si segnò la fronte eil petto e cominciò a pregare.Il bambino dormiva e non ledava fastidio, nel letto gran-de e duro: solo <++> ellaaveva paura che l<+> cascas-se dal letto sebbene avesserimboccato le coperte, e ditanto in tanto stendeva lamano per assicurarsi ch’era lìimmobile: ma ogni volta chelo toccava le pareva piùcaldo, sempre più caldo,tanto che anche lei si sentivaa poco a poco ardere come

Tr1

Dunque mise il bambinosotto le coperte, poi, sebbe-ne la notte fosse ancora fre-sca, si cacciò completamen-te nuda nel letto: ma di lì aun poco si sentì tutta arde-re: toccò il bambino e leparve che avesse la febbre.Allora cominciò a recitareuna preghiera contro la feb-bre, che dopo tutto è un’a-gitazione del sangue pro-dotta dall’alito del demo-nio: ma il calore continuavae aumentava.

CXIDal manoscritto alla stampa

accanto a un gran fuoco.]Allora cominciò a recitareuna preghiera contro la feb-bre, che dopo tutto è un’a-gitazione del sangue pro-dotta dall’alito del demo-nio: ma il calore continuavae aumentava.

Ms

si gettò dal letto [? imprecan-do, dopo aver buttato in ariala coperta. Allora anche Bonas’alzò: sottile e ancora dritta eben fatta, bianca e coi folticapelli neri pareva una fan-ciulla: solo il viso era vecchio,assonnato, con gli occhi gonfi.E quanto il marito era rumo-roso e impaziente ella erasilenziosa e come smemorata.]– Bisogna dunque che vadaio dal brigadiere, per que-st’accidente di creatura.

Tr1

si gettò dal letto gridando:– Bisogna dunque che vadaio dal brigadiere, per que-st’accidente di creatura.

Ms

Allora Davide si precipitògiù nella camera di Albina,imprecando contro le serve,come fossero state loro a far[– venire la febbre al bambi-no. questo stava tranquillonel letto, con gli occhi spa-lancati; (–) e muoveva un po’le labbra e guardava il soffit-to di legno (–) contandone leassi. Davide] Gli toccò lafronte che scottava,

Tr1

Allora Davide si precipitògiù nella camera di Albina,imprecando contro le serve,come fossero state loro a farammalare il bambino. Gli toccò la fronte che scot-tava,

CXII DINO MANCA

Ms

e il cavallo lo fissava, rico-noscendolo con [– unacerta] gioia

Tr1

e il cavallo lo fissava, rico-noscendolo con gioia

Ms

La strada [– però] si facevasempre più ripida, [– e luisopra il povero cavallo chesudava nonostante la frescu-ra della notte: ma le altezzebisogna guadagnarsele, e, senon altro adesso almeno lasalita era] illuminata dalchiarore che il fanale versa-va dall’alto spandendoloanche sulle siepi e gli alberiintorno.

Tr1

La strada si faceva semprepiù ripida, illuminata dalchiarore che il fanale versa-va dall’alto spandendoloanche sulle siepi e gli alberiintorno.

Ms

per la sola ragione che sivedevano come delle goccied’oro piovere dagli occhidella moglie [– sul corpic-ciuolo del bambino]

Tr1

per la ragione che si vedeva-no come delle goccie d’oropiovere dagli occhi dellamoglie.

Ms

perché una volta da ragaz-za, nel tempo dei tempi, erastata ingannata da unuomo. s’era fatta norma ditutta la vita di non crederepiù a nulla né a nessuno. perconto suo era fidata e since-ra;

Tr1

perché una volta da ragaz-za, nel tempo dei tempi, erastata ingannata da unuomo. Per conto suo erafidata e sincera;

Non mancano gli esempi oltre che di soppressione e sop-pressione-aggiunzione, altresì di soppressione e permutazio-ne insieme. Nella fattispecie si tratta di variante tardiva97

con destituzione e trasferimento in un contesto linguisticoe narrativo diverso di una serie di segmenti finiti («il cales-sino leggero come una grande sedia a ruote»):

CXIIIDal manoscritto alla stampa

97 Il diverso tipo di carta di c. I rispetto alle cc. successive e soprattutto ilriscontro di tale variante tardiva, dimostrano che la Deledda ha riscrittola prima pagina del racconto.

Ms

Era come Gesù che cammi-nava sulle acque del mare[– come gli astri che cammi-navano sui cieli]

Tr1

Era come Gesù che cammi-nava sulle acque del mare.

Ms

Pensò che il bambino loavesse deposto lì qualchecontadina che lavorava neidintorni, e tirò le rediniperché il cavallo passasse adestra della strada: ma ilcavallo, per la prima voltadacché era suo, non gliobbediva; non andavaavanti: sollevava e scuotevala testa seguendo il movi-mento delle redini, ma nonandava avanti. Il padrone, tutto agitatodentro il calessino leggerocome una grande sedia aruote, imprecò, tentandoalmeno di // tirarlo indie-tro: [–] la bestia non inten-

Tr1

Pensò che il bambino loavesse deposto lì qualchecontadina che lavorava neidintorni, e tirò le rediniperché il cavallo passasse adestra della strada: ma ilcavallo, per la prima voltadacché era suo, non gliobbediva; non andavaavanti: sollevava e scuotevala testa seguendo il movi-mento delle redini, ma nonandava avanti.Il padrone, tutto agitatodentro il calessino leggerocome una grande sedia aruote, imprecò, tentandoalmeno di tirarlo indietro:ma il cavallo non intendeva

Nonostante si disponga di una stampa portatrice di unaredazione che è molto vicina a quella dell’autografo (risul-tato, nel suo complesso, delle fasi elaborative di Ms stesso),tuttavia la Deledda ha in sede di pubblicazione, comedetto, apportato altre correzioni innovative senza essersilimitata a sanare le sole mende tipografiche o di battitura.Per quanto riguarda questa diversità redazionale che con-trassegna il rapporto tra Ms e Tr1, il discorso, nel merito,sostanzialmente non cambia. Esistono cioè in Tr1, rispettoa Ms, ulteriori varianti che per natura, portata, modalità,ma soprattutto per orientamento di senso, continuano ilvettore correttorio che in buona parte ha ispirato il lavorodi revisione del manoscritto; semmai con una più stringen-te tendenza sostitutiva e/o espuntiva che sposta il discorsosul versante più strettamente stilistico.

La scrittrice continua, in questa nuova campagna di cor-rezione, la drastica potatura e ripulitura del tessuto narrati-vo, sopprimendo il più possibile gli elementi sovrabbon-danti che appesantiscono, rallentandolo, il flusso diegetico

CXIV DINO MANCA

deva neppure di andareindietro, fermo come se lesue zampe avessero messoradice nel suolo. [– Il cales-sino leggero e agile comeuna grande sedia a ruote siscuoteva tutto con l’uomodentro che si agitava eimprecava ma non andavané avanti né indietro.] Allora Davide gridò albambino di alzarsi e di sco-starsi: la sua voce rudeavrebbe intimorito un bri-gante: la creatura innocentesi contentò di sollevare gliocchi.

neppure di andare indietro,fermo come se le sue zampeavessero messo radice nelsuolo. Allora Davide gridò albambino di alzarsi e di sco-starsi: la sua voce rudeavrebbe intimorito un bri-gante: la creatura innocentesi contentò di sollevare gliocchi.

in direzione di un ritmo più rapido e, a tratti, più incalzan-te e verso una maggiore scorrevolezza e incisività rappresen-tativa:

CXVDal manoscritto alla stampa

Ms

Il cavallo, intanto, perconto suo proseguiva atrottare verso casa: eccopassata la caserma dei cara-binieri, ecco passata la casacomunale, ecco passata laparrocchia, tutte e tre, delresto, attaccate l’una all’al-tra sull’alto della piazzacome tre sorelle rivolted’intesa [? a sorvegliare edominare il paese protesoumilmente ai loro piedi, conle sue case basse e i suoi ortiumidi, triste anche nelsonno. Ma chi dominavaveramente su tutto, più in suancora della chiesa e di unatorre un tempo stata soggior-no di personaggi potenti, erala casa di don Emanuele: ilcavallo va su per la stradaselciata su cui danno i vecchimuri dei giardini abbando-nati intorno alla torre, efinalmente si ferma nel cer-chio di chiarore sparso dallampione infisso a fianco delportone già chiuso] a sorve-gliare e dominare il paese,disteso umilmente ai loropiedi con le sue case basse,le sue stradette ripide, i suoi

Tr1

Il cavallo, intanto, perconto suo proseguiva atrottare verso casa: eccopassata la caserma dei cara-binieri, ecco passata la casacomunale, ecco passata laparrocchia, tutte e tre, delresto, attaccate l’una all’al-tra sull’alto della piazzacome tre sorelle rivolted’intesa a sorvegliare edominare il paese, distesoumilmente ai loro piedicon le sue case basse, le suestradette ripide, i suoi orti-celli umidi, triste anche nelsonno.Ma la strada non si fermavalì, e anche Davide non sifermò lì. Chi era al di sopradi ogni potenza del paeseera lui; giusto, quindi, chela sua casa fosse al disopradi tutte, anche della chiesa.Solo un’altra potenzadominava la sua, ma erauna potenza morta: la torrein rovina di un anticocastello.

Continua, inoltre, nelle varianti sostitutive di Tr1: l’am-modernamento grafico, per lo più limitato alla normalizza-zione della j semiconsonantica in i e delle parole composte

CXVI DINO MANCA

orticelli umidi, triste anchenel sonno. [– A dire il verotutto il paese pareva costruttoin blocco come una sola casa,con una larga e comoda scalacentrale – la strada principa-le, – e altre scalette di servi-zio – le strade minori, –interrotte di tanto in tantoda gradini e pianerottoli sel-ciati su cui davano le portici-ne delle abitazioni dei pove-ri. La scala o strada princi-pale portava al piano nobile,formato appunto dagli edifi-zi pubblici affacciati sulpaese, e dalle case dei ricchitutte strette intorno allapiazza come a un focolaredel quale la chiesa col suopiccolo portico contenuto dacolonne di pietra rappresen-tava il camino.] Ma la stra-da non si fermava lì, eanche Davide non si fermòlì. Chi era al di sopra diogni potenza del paese eralui; giusto, quindi, che lasua casa fosse al disopra ditutte, anche della chiesa.Solo un’altra potenzadominava la sua, ma erauna potenza morta: la torrein rovina di un anticocastello.

(Ms «annojava» → Tr1 «annoiava»; «abbajò» → «abbaiò»;«stuoja» → «stuoia»; «granajo» → «granaio»; «noja» →«noia»; «casse panche» → «cassepanche»; «di sopra» →«disopra»); una maggiore razionalità segmentatrice e inter-puntiva98, che tuttavia coesiste, sia pur limitatamente, con

CXVIIDal manoscritto alla stampa

98 Frequenti sono i casi in cui la variazione-sostituzione del segno inter-puntivo investe i due punti, soprattutto quando questi rivestono unafunzione sintattico-argomentativa (indicando la conseguenza logica diun fatto) e appositiva (quando presentano una frase con valore di appo-sizione della precedente); in questi casi si trovano sostituiti spesso dalpunto e virgola, dalla virgola e dal punto fermo più di rado: «Cominciòallora a gridare, come chiamando quest’uomo nascosto: l’eco sola rispon-deva» → «Cominciò allora a gridare, come chiamando quest’uomonascosto; l’eco sola rispondeva»; «Osservandolo bene gli pare che non siaancora in età di parlare, sebbene i suoi occhi abbiano qualche cosa distrano, fissi e coscienti : sembrano quelli di un santo o almeno di unuomo saggio» → «Osservandolo bene gli pare che non sia ancora in etàdi parlare, sebbene i suoi occhi abbiano qualche cosa di strano, fissi ecoscienti ; sembrano quelli di un santo o almeno di un uomo saggio».Dell’intervento correttorio se ne fornisce qui l’elenco completo: coscien-ti: → coscienti; | raddoppiarono: → raddoppiarono, | raccapriccio: →raccapriccio; | ginocchia; → ginocchia, | saccoccia; → saccoccia: | fiorite→ fiorite, | nascosto: → nascosto; | l’abitavano: → l’abitavano; | loannoiava: → lo annojava; | collina: → collina; | morta: → morta; | casa,→ casa | abbajò, → abbaiò | vecchia, → vecchia: | mano: → mano, |acceso; → acceso: | riscuotevano: → riscuotevano; | a lui, → a lui; | gelo-si: → golosi; | bambino → bambino, | del solito: → del solito; | dolorefisico; → dolore fisico: | nuda, → nuda: | Elisabetta: → Elisabetta; | sin-cera: → sincera; | vado → vado, | notte; → notte, | parroco: → parroco;| in giro, → in giro, | esitazione, → esitazione | Elisabetta → Elisabetta.| sola, → sola; | nutrite → nutrite, | fumo: → fumo; | passione: → pas-sione, | verbo, → verbo | l’elemosina, → l’elemosina | casa → casa, |prendesse, → prendesse | esterna: → esterna; | Nulla, → Nulla; | picco-lo: → piccolo; | cuore: → cuore, | pranzo: → pranzo; | serio: → serio; |gli altri, → gli altri | amore: → amore; | nero: → nero; | macchiata, →macchiata | osava: → osava; | guerra: → guerra; | dispersi: → dispersi; |vita: → vita. | facile: → facile; | marito: → marito; | mondo; → mondo,| cuore: → cuore; | passaggio: → passaggio; | vossignoria: → vossignoria;| tacere: → tacere; | volta, → volta | l’erba: → l’erba; | bambino: adesso

una libertà di scansione tendente a determinare, soprattut-to in qualche accumulazione, una più sostenuta accelera-zione nel ritmo di scorrimento (Ms «con le mani in grem-bo, oziosa, indifferente» → Tr1 «con le mani in grembooziosa indifferente»); un’opera di dosaggio e una più atten-ta cura e precisione lessicale, che coinvolge l’ambito sinoni-mico o comunque la medesima area semantica, volta prefe-ribilmente a correggere desuetudini, generalizzazioni,approssimazioni e imprecisioni (Ms «la bestia»→ Tr1 «ilcavallo»; «abbassato» → «chinato»; «vesticciuola» → «vesti-tino»; «tronchi» → «fusti»; «gamba» → «coscia»; «palpandola sciarpa del bambino» → «palpando il misterioso fagotto»;«guance insanguinate» → «gambe insanguinate»; «febbre»→ «sudore»); una riduzione degli articoli nelle forme nomi-nali (Ms «Il suo dovere» → Tr1 «Suo dovere»). Mentre nellescelte destitutive, con un caso di soppressione-permutazio-ne, si accentua la volontà di sfrondare le ridondanze espli-cative e descrittive:

CXVIII DINO MANCA

→ bambino. Adesso | parete, → su parente; | disturbo: → disturbo; |appunto → appunto, | frase un sorso → frase, un sorso | disperata: →disperata; | volere: → volere; | figlio: → figlio; | figlio; → figlio: | mori-re. → morire: | speranza: → speranza; | vassoio: → vassoio; | rise: →bambino, | bambino: |.

Ms

I suoi occhietti neri lucenticome quelli di un uccellodistinsero subito l’insolitofagotto che Davide, prende-va dal calesse. ma Davidenon le lasciò → [senzalasciarle] tempo di doman-dare di che si trattava chegià le aveva deposto il bam-bino → [le gettò] fra le

Tr1

I suoi occhietti neri lucenticome quelli di un uccellodistinsero subito l’insolitofagotto che Davide senzalasciarle tempo di doman-dare di che si trattava, legettò fra le braccia, quasi disorpresa e come con l’inten-zione di spaventarla un po’per burla e un po’ sul serio.

CXIXDal manoscritto alla stampa

braccia, quasi di sorpresa ecome con l’intenzione dispaventarla un po’ per burlae un po’ sul serio.

Ms

Che occhi! Grandi, pensie-rosi, di un colore indefini-to, fra l’azzurro il bruno el’oro, brillavano come duepiccoli specchi che nel solle-varsi riflettessero

Tr1

Che occhi! Grandi, pensie-rosi, di un colore indefini-to, fra l’azzurro il bruno el’oro, brillavano come duepiccoli specchi che riflettes-sero

Ms

Ma Davide pensa che il suocuore è duro perché deveessere duro: ben fatto maduro: e se il bambino miste-rioso è Colui che tutto vedene sa il perché

Tr1

Ma Davide pensa che il suocuore è duro perché deveessere duro: e se il bambinomisterioso è Colui chetutto vede ne sa il perché

Ms

quando fu un po’ saziocominciò a battersi una diqueste manine sul petto,senza smettere di succhiare leultime goccie di latte dallatazza: voleva → [per] signi-ficare che tutto ciò che glidavano era buono e gli pia-ceva;

Tr1

quando fu un po’ saziocominciò a battersi una diqueste manine sul petto,per significare che tutto ciòche gli davano era buono egli piaceva

Ms

– E adesso basta con l’in-gozzarlo! Non è un animale,poi! Basta, dico → [Bona!].

Tr1

– E adesso basta con l’in-gozzarlo! Non è un anima-le, poi! Basta, Bona! Ella

Con la soppressione, sostituzione e permutazione di seg-menti di testo, più o meno consistenti – dalla riduzionedelle similitudini, di alcuni connettivi, aggettivi e avverbi dimodo, alla espunzione delle ridondanze di esplicitazione edegli enunciati dichiarativi pletorici – la Deledda si propo-ne di sciogliere costruzioni oltremodo contorte, faticose eantiestetiche per raggiungere una resa più convincente siadal punto di vita narrativo (della storia e del discorso,aumentando ad esempio gli effetti del ritmo e del dinami-smo diegetico) che stilistico. La sistematica eliminazionedella zavorra descrittiva ed esplicativa consente al raccontodi librarsi senza impacci guadagnando nell’equilibrio com-positivo e nell’efficacia rappresentativa di eventi ed esisten-ti, e nel contempo permette al periodo, asciugato degliorpelli, di evolvere, in virtù di ciò, verso una maggiore scor-revolezza e incisività:

CXX DINO MANCA

intanto lo sfasciava dallasciarpa di pelo

Ms

per la sola ragione che sivedevano come delle goccied’oro piovere dagli occhidella moglie [– sul corpic-ciuolo del bambino].

Tr1

per la ragione che si vedeva-no come delle goccie d’oropiovere dagli occhi dellamoglie.

Ms

ma su quel tratto di stradapietrosa non si vedevano

Tr1

ma su quel tratto di stradapietrosa non si vedevano

Gli strappò di mano la tazza,ma gli lasciò un ultimo pez-zetto di biscotto: e il bambinostette quieto a rosicchiarselo,coi piedini nudi abbandona-ti sulla veste nera di Bona.Ella intanto lo sfasciavadalla sciarpa di pelo

CXXIDal manoscritto alla stampa

neppure le impronte delleruote dei veicoli: pareva cheogni segno di vita fosse scom-parso da quella zona di terraarida ficcata come un ciliziofra il dorso e i fianchi colti-vati della collina: e quandola strada pianeggiava unpoco pareva di camminareattraverso un mare pietrifi-cato, tanto le distese di roc-cia erano nude, ondulate,argentee al crepuscolo.D’altronde la luce mancava eritirandosi lasciava al suoposto un silenzio tale cheDavide sentiva lo scricchioliodella ruota e il passo delcavallo echeggiare lontano, tanto cheaveva l’impressione che unaltro calesse con un uomo eun bambino sperduto gliveniva incontro. Ma ecco lavita ricomparire:

neppure le impronte delleruote dei veicoli: quando lastrada pianeggiava un pocopareva di camminare attra-verso un mare pietrificato,tanto le distese di rocciaerano nude, ondulate,argentee al crepuscolo. Maecco la vita ricomparire:

Ms

– Ai tuoi tempi non si tro-vavano ancora né bambininé leprotti, nel mondo nelmondo, >perché< ancora3

non era2 creato → [nato]4 >neppure < Adamo1, > – egligridò serio, aggrottando lesopracciglia in modo che ilsuo viso prese un’aria deltutto diabolica: d’altrondeanche lui non era persuasoche il ritrovamento del bam-

Tr1

– Ai tuoi tempi non si tro-vavano ancora né bambininé leprotti, nel mondo.Adamo non era ancoranato.La serva non insisté, pernon farsi sentire dallapadrona;

Evidente, fra le sovrabbondanze, l’intervento correttoriovolto alla drastica potatura delle interrogative retoriche edelle ripetizioni inutili; iterazioni prive di alcuna connota-zione retorica, perciò senza alcuna funzione né significativa,né estetica:

CXXII DINO MANCA

bino fosse una cosa semplicecome sembrava. < La servanon insisté, per non farsisentire dalla padrona;

Ms

– È un bambino, sì, è unbambino – egli disse,aprendo tutto il portoneper far entrare il calesse. –Non hai mai veduto bambi-ni? L’ho trovato smarritonello stradone

Tr1

– È un bambino, sì, è unbambino – egli disse,aprendo tutto il portoneper far entrare il calesse. –L’ho trovato smarrito nellostradone

I luoghi della rappresentazione e gli spazi del vissutoemergono soprattutto grazie allo scrupolo e alla dovizia diparticolari con cui la scrittrice li fa rivivere traducendoli inscrittura artistica. Una capacità circostanziale e descrittiva,– in precedenti pagine già sottolineata – che oltrepassa l’a-spetto meramente narrativo e si colloca spesso in unadimensione metadiegetica e didascalica. Non sempre peròl’indugio ricognitivo risponde, come dovrebbe, a un taleintendimento:

Ms

Cucina che sembrava unasala; alta, a volta, col pavi-mento di legno, e cassepan-che e madie antiche che

Tr1

Cucina che sembrava unasala; alta, a volta, col pavi-mento di legno, e cassepan-che e madie antiche che

Nell’opera di revisione e di rimaneggiamento, soprattut-to delle unità descrittive, a volte si esorbita in qualchediscutibile ‘sacrificio’ lirico:

CXXIIIDal manoscritto alla stampa

parevano mobili di sagre-stia. Anche i lumi ad olio e icandelieri con le stearichedeposti sulla cappa del gran-de camino avevano qualchecosa di chiesasistico.

Una donna ancora giovanema con gli occhi incavatisotto le palpebre livide etutto il viso fino

parevano mobili di sagre-stia.Una donna ancora giovanema con gli occhi incavatisotto le palpebre livide etutto il viso fino

Ms

era il fanale che il padroneteneva acceso a sue spesedavanti al portone della suacasa. Su, dunque, con passoriaffrettato, per le svolte dellastrada solitaria: un rumored’acqua canta adesso nelsilenzio e accresce la presenzadella sera: l’odore degli orti edei giardini annunzia lavicinanza del paese. Il bam-bino intanto si era addor-mentato,

Tr1

era il fanale che il padroneteneva acceso a sue spesedavanti al portone della suacasa. Il bambino intanto siera addormentato,

***

NOTA AL TESTO

La novella Il ritorno del figlio ci è stata trasmessa attraversoun manoscritto autografo, conservato nella Sala Manoscrit-ti della Biblioteca Universitaria di Sassari (Fondo Mano-scritti, ms. 258), e diverse copie a stampa. Più precisamen-te possediamo una redazione autografa compiuta (Ms) euna stampa autorizzata (Milano, Treves, 1919: Tr1) conristampa anch’essa autorizzata (Milano, Treves, 1921: Tr2),più altre riedizioni (Milano, Mondadori, 1969: Md;Nuoro, Ilisso, 1996: IL). Configurandosi le successive tira-ture all’edizione del 1919 come ristampe, l’editore assumeTr1 come esemplare di collazione al quale rapportare tuttele varianti esibite dal testimone manoscritto che precede epresenta in apparato la storia genetica dell’opera nei succes-sivi passaggi correttori; un apparato genetico (o diacronicoo dinamico) dove trovano posto le varianti d’autore, ordi-nate, fin dove è stato possibile, secondo un criterio crono-logico. I criteri di trascrizione del testo base adottati sonostati di fedeltà diplomatica. Gli esponenti numerici presen-ti nel testo rinviano alle note d’apparato posto a piè di pagi-na. L’apparato critico è positivo: viene prima il riferimentonumerico, la lezione di Tr1, a destra parentesi quadra chiu-sa «]», seguono le lezioni con varianti d’autore (di Ms equelle intercorrenti fra Ms e Tr1) ordinate secondo un cri-terio diacronico-evolutivo. Le diversificazioni redazionali egli interventi correttori, discussi in apparato in modo con-getturale, sono segnati nel modo seguente:

da lezione ricavata da altra per aggiun-ta, sostituzione, inserimento, per-mutazione, soppressione.

stl. lezione sottolineata

su corretta su ricalco su altra

prima lezione cassata che precede

r. prec. rigo precedente

dopo lezione cassata che segue

ins. inf. lezione inserita nell’interlinea infe-riore

ins. sup. lezione inserita nell’interlinea supe-riore

spaz. interv. spazio interlineare bianco o trattodi penna orizzontale che intervalladue annotazioni

ins. pp. sgg. lezione inserita nelle pagine seguenti

l. orizzontale linea orizzontale

<+> una lettera indecifrabile dopo cor-rezione su ricalco su altra o altre

<+ +> due lettere indecifrabili dopo corre-zione su ricalco su altra o altre

<+ + +> tre lettere o parola indecifrabilidopo correzione su ricalco su altra oaltre (appare anche nel testo)

> x < lezione espunta: presente nel mano-scritto non compare nel testimone astampa

→ [x] o → (x) dal manoscritto al testimone astampa lezione corretta in o sostitui-ta con x

CXXVIII DINO MANCA

↔ segue in linea

↔| continua nel rigo seguente

↔|| continua su più righi

↔// continua nella pagina seguente

/b\ b aggiunta in linea

sup.\b/ b aggiunta nell’interlinea superiore

inf.\b/ b aggiunta nell’interlinea inferiore

sup.\\b// b aggiunta nel margine superiore

inf.\\b// b aggiunta nel margine inferiore

lat.\\b// b aggiunta nel margine laterale

[–] o (–) lezione depennata e indecifrabile

[–] ↔|| lezioni depennate e indecifrabiliche si susseguono su più righi

[ ] lezione erasa e irrecuperabile

sup.\ – b/ b depennata ma leggibile in interli-nea superiore

inf.\ – b/ b depennata ma leggibile in interli-nea inferiore

sup.\ – / lezione depennata e indecifrabile ininterlinea superiore

inf.\ – / lezione depennata e indecifrabile ininterlinea inferiore

[– b] o (– b) b depennata ma leggibile

CXXIXNota al testo

+ in sostituzione di

[(–) ↔ + b] b segue in linea in sostituzione dilezione depennata e indecifrabile

[– a ↔ + b] b segue in linea in sostituzione di adepennata ma leggibile

[– a ↔| + b] b segue nel rigo seguente in sostitu-zione di a depennata ma leggibile

[– a ↔ + (– b)] b depennata ma leggibile segue inlinea in sostituzione di a depennatama leggibile

[– a (–)] a depennata ma leggibile seguita dalezione depennata e indecifrabile

[(–) – b] b depennata ma leggibile segue alezione depennata e indecifrabile

[– a (– b)] a depennata ma leggibile seguita dab depennata e leggibile

[sup.\a (–)/] a in interlinea superiore seguita dalezione depennata e indecifrabile

[sup.\(–) b/] b in interlinea superiore segue alezione depennata e indecifrabile

[sup.\a (– b)/ a in interlinea superiore seguita dab depennata ma leggibile

[sup.\(– a) b/] b in interlinea superiore segue ad adepennata ma leggibile

[sup.\(– a) + b/] b in interlinea superiore in sostitu-zione di a depennata ma leggibile

CXXX DINO MANCA

[– a ↔| + (– b)] b depennata ma leggibile continuanel rigo seguente in sostituzione dia depennata ma leggibile

[sup.\ – a (–)/] a in interlinea superiore depennatama leggibile seguita da lezionedepennata e indecifrabile

[– b ↔| (–)] b depennata ma leggibile seguitanel rigo seguente da lezione depen-nata e indecifrabile

[(–) ↔| – b] b depennata ma leggibile segue alezione del rigo precedente depen-nata e indecifrabile

[– / + sup.\b/] b aggiunta in interlinea superiore insostituzione di lezione depennata eindecifrabile

[– / + inf. \a/] a aggiunta in interlinea inferiore insostituzione di lezione depennata eindecifrabile

[– / + sup.\ – /] lezione depennata e indecifrabileaggiunta in interlinea superiore insostituzione di lezione depennata eindecifrabile

[– / + inf.\ – /] lezione depennata e illeggibileaggiunta in interlinea inferiore insostituzione di lezione depennata eindecifrabile

[– a + sup.\b/] b aggiunta nell’interlinea superiorein sostituzione di a depennata maleggibile

[– a + inf. \b/] b aggiunta nell’interlinea inferiorein sostituzione di a depennata maleggibile

CXXXINota al testo

[– a + sup.\ – /] lezione depennata e illeggibileaggiunta in interlinea superiore insostituzione di a depennata ma leg-gibile

[– a + sup.\ – b /] b depennata ma leggibile aggiuntain interlinea superiore in sostituzio-ne di a depennata ma leggibile

[– a ↔ + (– b) + sup.\c/] c aggiunta nell’interlinea superiorein sostituzione di ab depennate maleggibili (con b che segue in linea insostituzione di a)

[– / + (– b) + sup.\c/] c aggiunta nell’interlinea superiorein sostituzione di b depennata maleggibile e di lezione depennata eindecifrabile che precede in linea.

[– a + (sup.\ – b/) + sup.\c/] c sostitutiva in interlinea superioredi ab depennate ma leggibili (con bin interlinea superiore integrata osostitutiva di a)

[– a + (sup.\ – b/) + inf. \c/] c sostitutiva in interlinea inferioredi ab depennate ma leggibili (con bin interlinea superiore integrata osostitutiva di a)

[– a + (sup.\ – /) + sup.\c/] c sostitutiva nell’interlinea superio-re di a depennata ma leggibile edella lezione integrata o sostitutivadi a in interlinea superiore, depen-nata e indecifrabile

[– / + (sup.\ – /) + sup.\c/] c sostitutiva nell’interlinea superioredi prima lezione depennata e illeggi-bile e di seconda lezione integrata osostitutiva della prima inserita ininterlinea superiore e anch’essadepennata e indecifrabile.

CXXXII DINO MANCA

[– / + (sup.\ – /) + inf.\c/] c sostitutiva nell’interlinea inferioredi prima lezione depennata e inde-cifrabile e di seconda lezione inte-grata o sostitutiva della prima inse-rita in interlinea superiore eanch’essa depennata e indecifrabile

[– / + (sup.\ – b/) + sup.\c/] c sostitutivo nell’interlinea superio-re di prima lezione depennata eindecifrabile e di seconda lezioneintegrata o sostitutiva della primainserita in interlinea superioredepennata ma leggibile.

[– / + (sup.\ – b/) + inf.\c/] c sostitutiva nell’interlinea inferioredi prima lezione depennata e inde-cifrabile e di seconda lezione inte-grata o sostitutiva della prima inse-rita in interlinea superiore depenna-ta ma leggibile

‹abc› integrazione o congettura editoriale

a3b1c2 diverso ordinamento (= b c a),segnalato da esponenti numerici

// cambio di pagina nel manoscritto(appare nel testo)

[+++] lezione interrotta per mutilazionedel manoscritto; segnala la cadutaper asportazione traumatica di partipiù o meno cospicue di foglio conperdita di parti del testo

// [+++] // lezione interrotta per mutilazionedel manoscritto; segnala la cadutaper asportazione traumatica (strap-po o altro) di un foglio.

CXXXIIINota al testo

// [+++] ↔// [+++] // lezione interrotta per mutilazionedel manoscritto; segnala la cadutaper asportazione traumatica (strap-po o altro) di più fogli.

| fine rigo

( ) per non ingenerare confusione, laparentesi tonda sostituisce la qua-dra in ogni sua espressione segnicaogniqualvolta questa si trova dentroaltra parentesi quadra.

***

CXXXIV DINO MANCA

Il ritorno del figlio

Fu una sera dell’aprile scorso che il possidente Davide D’E-lia, tornandosene in calesse da una sua fattoria, credette divedere in mezzo alla strada un agnellino sperduto: guar-dando meglio si accorse che era un bambino, avvolto inuna vecchia sciarpa di pelo nero; così piccolo che al soprag-giungere del veicolo non si mosse neppure, tanto che ilcavallo stesso, non facendo a tempo a scansarsi, si fermò dibotto.Davide però non era un uomo curioso, né si turbava facil-mente: adesso poi, dopo la morte in guerra del suo unicofiglio diciottenne, era diventato ancor più duro, col cuorearso da una invincibile ira contro Dio e contro gli uomini.Pensò che il bambino lo avesse deposto lì qualche contadi-na che lavorava nei dintorni, e tirò le redini perché il caval-lo passasse a destra della strada: ma il cavallo, per la primavolta dacché era suo, non gli obbediva; non andava avanti:sollevava e scuoteva la testa seguendo il movimento delleredini, ma non andava avanti.Il padrone, tutto agitato dentro il calessino leggero comeuna grande sedia a ruote, imprecò, tentando almeno di //tirarlo indietro: ma il cavallo non intendeva neppure diandare indietro, fermo come se le sue zampe avessero messoradice nel suolo.Allora Davide gridò al bambino di alzarsi e di scostarsi: lasua voce rude avrebbe intimorito un brigante: la creaturainnocente si contentò di sollevare gli occhi. Che occhi!

1-2. Fu una sera… da una sua fattoria] nella c. 2v. si legge: [– In ↔ + (–Una)] ↔ [– sera dell’aprile (su di marzo) scorso il (–) ↔| (– possidente (supropr) + sup.\ – /) Davide d’Elia se ne torna↔|va sul suo calessino dallefattorie ↔| che possedeva nel piano di] 19. Il padrone, tutto agitato] Ilpadrone, [– tentò di] tutto ↔| agitato 20. imprecò] su imprecava ♦almeno] su di 21. il cavallo] la bestia ♦ prima [–] ♦ di] sup.\di/ 23-24. nel suolo. Allora Davide gridò] da nel suolo. [– Il calessino leggero e↔| agile come una grande sedia a ↔| ruote si scuoteva tutto con l’uo↔|mo dentro che si agitava e im↔| precava ma non andava né avan↔|ti néindietro.] ↔| Allora Davide gridò

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Grandi, pensierosi, di un colore indefinito, fra l’azzurro ilbruno e l’oro, brillavano come due piccoli specchi cheriflettessero il luminoso cielo del crepuscolo.Davide non era uomo da commuoversi neppure per que-sto. Non amava i bambini.Non amava i bambini: e adesso, con rimorso invano nonriconosciuto, ricordava di non aver quasi mai accarezzato ebaciato suo figlio quando era piccolo: e questo rimorso,come tutti i rimorsi veri, rincrudiva il suo disamore pertutti gli altri bambini del mondo che non erano suoi. Ibambini poveri, poi, li // riteneva furbi, intesi per istinto adestare una pietà che loro profittasse: tutti più o menomendicanti. Gettava loro una moneta e tirava avanti.

Questa volta, però, suo malgrado è costretto a fermarsi, ainteressarsi della creatura abbandonata nella strada: loimpressiona la strana riluttanza del cavallo ad andare avan-ti, e, in fondo, ricorda ch’egli è un uomo celebrato in tuttiquei dintorni per la sua scrupolosità di coscienza e per lapiù rigida osservanza del suo dovere.Eppoi è anche sindaco del paese. Suo dovere, dunque, èadesso, di non passare senza essersi assicurato che il bambi-no è lì momentaneamente deposto da qualcuno che verrà ariprenderlo.Osservandolo bene gli pare che non sia ancora in età di par-lare, sebbene i suoi occhi abbiano qualche cosa di strano,fissi e coscienti; sembrano quelli di un santo o almeno diun uomo saggio.Antiche superstizioni sfiorano la mente, se non il cuore, del

4 GRAZIA DELEDDA

27. indefinito] da [– meraviglioso + sup.\indefinito/] 28. brillavano] da[sup. \(– ‹balenanti›) brillavano/] 28-29. come…riflettessero] come duepiccoli specchi che ↔| > nel sollevarsi < riflettessero ♦ il] da [– quel ↔ +il] 34. baciato suo figlio] baciato il figlio 39. avanti.] ins. inf. spaz.interv. 40. è] da [– era + sup. \è/] 42. impressiona] da impressiona[–va] 43. ricorda] da ricorda[– va] ♦ è] da [– era + sup.\e/ ‹sic›] ♦ unuomo] sup.\un uomo/ 44. per] prima [– ‹come›] 46. è] da [– era +sup.\è/] ♦ sindaco] Sindaco ♦ Suo dovere] Il suo dovere ♦ è] da [– era +sup. \è/] 47. adesso] sup.\adesso/ 52. coscienti;] coscienti :

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nostro Davide. Egli ricorda di aver letto o sentito racconta-re certe leggende nelle quali si afferma che Gesù ama spes-so tornare nel mondo a vagabondare sotto spoglia umanaper provare il cuore degli uomini. Perché vi sono cuori //abbandonati a sé stessi come terre incolte: basta smuoverlie seminarli perché diano frutto. Ma Davide pensa che il suocuore è duro perché deve essere duro: e se il bambinomisterioso è Colui che tutto vede ne sa il perché: inutilequindi fingere un turbamento che non si sente. Infine, poi,l’uomo veramente frustato dalla sventura non può piùamare neppure lo stesso Dio.

Intanto, pensa e ripensa, guarda e riguarda di qua e di là, iltempo passava: era quasi sera e Davide pensava anche a suamoglie che s’inquietava profondamente quando egli tarda-va a rientrare. Si decise dunque a scendere dal calesse: d’unbalzo fu in terra, agile nonostante la sua non più giovaneetà, col viso, al quale la pelle scura, le labbra grosse e labarba a punta davano un’aria diabolica, minacciosamentechinato sul bambino.– Ebbene, ti muovi, o non ti muovi, malanno abbia tuamadre che ti lascia andar così?Ma né questa né altre maledizioni riuscirono a scuoterel’innocente: solo i suoi occhi pensierosi fissavano un po’inquieti l’uomo // irritato: finché l’uomo irritato lo prese elo tirò su afferrandolo per l’involto di pelo come un ani-maletto.Allora le imprecazioni e le bestemmie raddoppiarono, cosìterribili che pareva oscurassero le cose intorno.

5Il ritorno del figlio

55-56. sentito raccontare] da sentito [– dire ↔ + raccontare] 58. Perché]perché 59-60. smuoverli e seminarli] smuoverli seminarli 61. perchédeve essere duro: e se] da perché deve essere duro: > ben fatto ma duro: <e se 63. sente] da [– sente provare + inf. \sente/] 63-64. Infine… nonpuò] da [– Inoltre egli era così frustato ↔| dalla sventura che sentiva di nonpoter + (sup.\ – ‹Infine› egli è /) + inf.\ Infine, poi, l’uomo veramente ↔|frustato dalla sventura non può /] 65. Dio] ins. inf. spaz. interv. 67. era]da [– è + sup.\era/] 68. s’inquietava] da [– s’impensieriva ↔ + s’inquie-tava] 70. agile] da [– rigido, smilzo + sup.\agile/] 72. diabolica] prima[– alquanto] 73. chinato] abbassato 78. l’uomo irritato] da [– questi +sup.\l’uomo irritato/] 81. raddoppiarono,] raddoppiarono:

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Perché Davide vedeva alcune goccie di sangue cadere dallegambe scure e dai piedini scalzi del bambino; e ne provavaun senso inesprimibile di raccapriccio; quel sangue inno-cente gli faceva tornare al pensiero Gesù, e il ricordo delsuo figliuolo quasi ancora bambino ucciso dall’odio degliuomini.Si piegò in mezzo alla strada e tenendo davanti a sé drittoil piccolo sconosciuto gli tolse la sciarpa di pelo: e gli pare-va davvero di scorticare un agnellino, tanto il vestitino d’unbianco sporco era macchiato di sangue e ricopriva un corpostrano: non era il solito corpo dei bambini sani, polposo evoluttuoso con le sue pieghe e i suoi pomi di carne: eraquasi un corpo maturo, nella sua piccolezza, con la pelleaderente alle ossa sottili; quasi limato da una lunga soffe-renza interiore: due larghe ecchimosi violette venate dirosso fiorivano // sulle piccole ginocchia, e in mezzo adun’altra, a metà della gamba destra, una ferita dava sangue.Davide però s’avvide subito che questa ferita non era gravené prodotta da arma: gli parve piuttosto che il bambinofosse caduto dall’alto, da un cavallo o da un carretto, o vifosse stato buttato giù. Gli fasciò alla meglio la gamba colfazzoletto pulito che teneva sempre di riserva in saccoccia:poi lo riavvolse nella sciarpa, e lo prese in braccio tentandoancora d’interrogarlo.E gl’indicava i punti estremi della strada chiedendogli

6 GRAZIA DELEDDA

83. Perché] perchè 85. raccapriccio;] raccapriccio: 89. Si piegò] da [–S’accasciò + sup.\Si piegò/] 91. vestitino] vesticciuola 91-93. tanto…strano] da [– : di ‹sotto› apparve una vesticciuola ↔| bianca, sporca,maculata di ↔| sangue, e sotto di questa (–) ↔| (– / + sup.\ – il corpo (–)/) ben ↔| fatto + sup.\tanto la vesticciuola d’un bianco ↔| sporco eramacchiata di ↔| sangue e ricopriva un corpo strano:/] ♦ macchiato] mac-chiata ♦ strano:] su scarno: ♦ dopo [– / + sup.\ – corpo /] 93. polposo]su <+++> 94. voluttuoso] prima [– quasi] 97. ecchimosi] echimosi98. fiorivano] su fioravano ♦ ginocchia,] ginocchia; 99. gamba] su gam-buccia ♦ una…sangue] da [– ferita larga ma poco profonda ↔| dava san-gue + sup.\una ferita dava sangue/] 100. Davide… s’avvide] da [– Davi-de s’avvide + (sup.\ – /) + sup.\Davide però s’avvide/] 101. gli parve] da[– pareva + sup.\gli parve/] 103. Gli] da [– ‹subito› gliela + sup.\Gli/]♦ la gamba] da [– / + sup.\la gamba/] 104. saccoccia:] saccoccia;

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dond’era venuto: di su o di giù? Il bambino, che non s’eralamentato neppure nel sentirsi toccare la ferita, seguiva congli occhi il movimento del dito del suo salvatore, ma nonapriva la bocca pallida.Veniva voglia di batterlo, di rimetterlo per terra e abban-donarlo al suo destino: e per qualche momento Davide nonebbe altra idea.Ma non si decideva, ostinandosi a guardare su e giù per lastrada in attesa che qualcuno apparisse. Nessuno appariva.La strada saliva dolce//mente tra due bordi di rovi e di gine-stre fiorite, di là dei quali, in quel punto, neanche a farloapposta, mentre il resto del versante era coltivato a grano ead oliveti, si stendeva una zona pietrosa, nuda, deserta.Cadeva dunque la supposizione che il bambino fosse statolì deposto da qualche donna che lavorava nei dintorni. Unastizza pungente finì d’irritare Davide: gli pareva che qual-cuno, lì nascosto fra i rovi, lo vedesse col bambino in brac-cio e si beffasse di lui, ma nello stesso tempo gl’impedissedi rimettere il piccolo sperduto sulla polvere della strada, eabbandonarlo di nuovo.Cominciò allora a gridare, come chiamando quest’uomonascosto; l’eco sola rispondeva.Non c’era altro da fare che prendere il bambino e condur-lo in paese e consegnarlo al parroco o ai carabinieri o tener-selo in casa fino a ritrovarne i parenti.E Davide rimontò sul calesse, adagiandosi bene contro ilfianco perché non avesse a cascare un’altra volta quel fagot-tino nero del quale avrebbe volentieri fatto a meno.

7Il ritorno del figlio

108-110. Il bambino…con gli] da [– / + /Il bam-\ ↔| sup.\bino, che nons’era lamentato neppure/ ↔| inf.\nel sentirsi toccare la ferita seguiva congli/] 111. bocca pallida] dopo [– non ↔| s’era lamentato neppure ↔| alsentirsi toccare la ferita, ↔| e adesso pareva (– ‹non› + sup.\neppure/)respirare] 118. fiorite,] fiorite 119. e] prima [–] 121. Cadeva dun-que la] da [– La + sup.\Cadeva dunque la/] 122. dintorni] dopo [– biso-gnava dunque scartarla: e ↔| Davide si decise a scartarla; ma] 123.finì…Davide] da [– lo irrita↔|va + sup.\(– cominciò a) + finì d’irritareDavide/] ♦ gli pareva] prima [–] 129. nascosto;] nascosto: 135.nero…meno.] da [– di cui avrebbe ↔| tanto volentieri fatto a meno +sup.\nero del quale avrebbe ↔| volentieri fatto a meno/]

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– Andiamo – disse al ca//vallo, e il cavallo si rimise a trot-tare rapido per riacquistare il tempo perduto.Davide adesso lo frenava: voleva esplorare la strada, in cercadi qualche traccia che gl’indicasse la provenienza del bam-bino; ma su quel tratto di strada pietrosa non si vedevanoneppure le impronte delle ruote dei veicoli: quando la stra-da pianeggiava un poco pareva di camminare attraverso unmare pietrificato, tanto le distese di roccia erano nude,ondulate, argentee al crepuscolo.Ma ecco la vita ricomparire: // alberelli con le foglie nuoveche tremolavano di gioia bevendosi l’ultima luce del giornos’inseguivano lungo l’orlo della strada, su, su, da una partee dall’altra fino a confondersi nella svoltata: e attraverso iloro fusti sottili si vedevano le pallide distese del grano, ecasupole e capanne nereggiare qua e là, come grandi nidifra le siepi: di tanto in tanto un sentiero sbucava curiososulla strada fermandosi a guardare e invitare il passante.Davide conosceva i luoghi e quasi tutte le persone che l’a-bitavano; ma l’idea di fermarsi e cominciare un’inchiestaforse inutile lo annoiava; era tardi, e la moglie lo aspettava.Tirava dunque dritto senza incontrare nessuno. I lumi delpaese già apparivano, su, in una insenatura quasi in cimaalla collina; pochi lumi rossastri che non riuscivano a illu-minare le cose intorno a loro: solo uno brillava vivo come

8 GRAZIA DELEDDA

141-142. dei veicoli: quando la strada] da dei veicoli: > pareva che ogni↔| segno di vita fosse scomparso da ↔| quella zona di terra aridafic↔|cata come un cilizio fra il ↔| dorso e i fianchi coltivati della ↔| col-lina: e < quando la strada 144-145. al crepuscolo. Ma ecco la vita] da alcrepuscolo. ↔| > D’altronde la luce mancava e ↔| ritirandosi lasciava alsuo ↔| posto un silenzio tale che Davi↔|de sentiva lo scricchiolio della↔| ruota e il passo del cavallo ↔| echeggiare lontano, tanto che ↔| aveval’impressione che un ↔| altro calesse con un uomo ↔| e un bambinosperduto gli veniva ↔| incontro. < ↔| Ma ecco la vita 145. alberelli]prima [– ricominciò] 146. di gioia…l’ultima] da [– all’ultima luce eparevano ↔| sciogliervisi + /di\ ↔| sup.\gioia bevendosi l’ulti-/ ↔| ma]149. fusti] tronchi ♦ si vedevano…grano, e] da [– le ‹chine› coperte di ↔|grano e di olivi luccicavano ↔| lustrate dal crepuscolo + sup.\si vedevano↔| le pallide distese del grano, e/] 150. casupole] su Casupole ♦ nereg-giare] da nereggia\re/ 154. l’abitavano;] l’abitavano: 155. lo annoia-va;] lo annojava: 158. collina;] collina:

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un faro, in alto, sopra il paese: e il cavallo lo fissava, rico-noscendolo con gioia: era il fanale che il padrone tenevaacceso a sue spese davanti al portone della sua casa.//Il bambino intanto si era addormentato, con la testinaappoggiata alla coscia del suo salvatore; e questi lo sostene-va con cura, ma si difendeva sempre da ogni commozionee non vedeva l’ora di deporlo in qualche posto.La sua prima idea di condurlo alla caserma dei carabinierie consegnarlo al brigadiere, adesso però gli sembrava pocoumana; o forse aveva paura di sembrare poco umano lui,facendo così.Meglio andare dal parroco. Ma egli era geloso del parroco,e dei suoi pretini che volevano governare da soli il paese, ein un certo modo vi riuscivano. Consegnare a loro il bam-bino, che l’avrebbero subito preso come il ragno la moscanella sua tela, era diminuirsi di autorità.Il cavallo, intanto, per conto suo proseguiva a trottare versocasa: ecco passata la caserma dei carabinieri, ecco passata lacasa comunale, ecco passata la parrocchia, tutte e tre, delresto, attaccate l’una all’altra sull’alto della piazza // cometre sorelle rivolte d’intesa a sorvegliare e dominare il paese,disteso umilmente ai loro piedi con le sue case basse, le suestradette ripide, i suoi orticelli umidi, triste anche nelsonno.

9Il ritorno del figlio

160. lo fissava] prima [– di Davide] 161. gioia] prima [– una certa]162-163. della sua casa. // Il bambino] da della sua casa. // > Su, dunque,con passo riaf↔|frettato, per le svolte della strada ↔| solitaria: un rumo-re d’acqua ↔| canta adesso nel silenzio e ↔| accresce la frescura della [–notte] ↔| sera: l’odore degli orti e dei ↔| giardini annunzia la vicinanza↔| del paese. < ↔| Il bambino 164. coscia] gamba 169. umana;]umana: 176. conto suo] conto suo, 180-183. a sorvegliare…nelsonno.] ins. pp. sgg. v.26, numerata dalla Deledda 12 (stl.) [– a sorvegliaree dominare il ↔| paese proteso sup.\umilmente/ ai loro piedi, ↔| con lesue case basse e i suoi ↔| orti umidi, triste anche nel sonno. ↔| Ma chidominava veramente ↔| su tutto, (– anche + sup.\più in su ancora/) dellachiesa e di ↔| una torre (– che) un tempo (– era) stata ↔| soggiorno dipersonaggi potenti, ↔| era la casa di don Emanuele: ↔| il cavallo va super la strada ↔| selciata su cui danno i vecchi ↔| muri dei giardini abban-donati ↔| intorno alla torre, e finalmen↔|te si ferma nel cerchio di ↔|chiarore sparso dal lampione ↔| infisso a fianco del portone ↔| già chiu-so]

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Ma la strada non si fermava lì, e anche Davide non si fermòlì. Chi era al di sopra di ogni potenza del paese era lui; giu-sto, quindi, che la sua casa fosse al disopra di tutte, anchedella chiesa. Solo un’altra potenza dominava la sua, ma erauna potenza morta: la torre in rovina di un antico castello.La strada si faceva // sempre più ripida, illuminata dal chia-rore che il fanale versava dall’alto spandendolo anche sullesiepi e gli alberi intorno.Un odore di erica, un silenzio sempre più fitto dànno l’im-pressione di andare su in cima a una montagna. E la casalassù, sul suo spiazzo di pietra, col muro di cinta ricopertod’edera, il portone ferrato, che dà luce col suo fanale, marimane nell’ombra a spiare come con una lanterna cieca, hapiù della fortezza che del palazzo.Un cane abbaiò dentro; poi tacque riconoscendo il rumoredel calessino: tuttavia Davide dovette battere tre volte alportone e far sentire anche la sua voce perché qualcuno sidecidesse ad aprire.E chi apriva non si dava fretta: lo si sentiva levare i ganciche assicuravano meglio i battenti del portone, e tirare ilpaletto e il catenaccio e girare con cautela la chiave nellaserratura.Finalmente uno dei battenti si aprì un poco: ap//parve, nel

10 GRAZIA DELEDDA

183-184. anche nel sonno. Ma la strada] da anche nel sonno. ↔| [– A direil vero tutto il paese pareva ↔| costrutto in blocco come una ↔| sola casa,con una (su la) larga e ↔| comoda scala centrale – la strada ↔| principa-le, – e altre scalette di ↔| servizio – le strade minori, – interrot↔|te ditanto in tanto da gradini e ↔| pianerottoli selciati su cui davano ↔| leporticine delle abitazioni dei poveri. ↔| La scala o strada principale ↔|portava al piano nobile, forma↔|to appunto dagli edifizi pubblici ↔| (–e della chiesa + sup.\affacciati sul paese, e/) dalle case dei ↔| ricchi tuttestrette intorno alla ↔| (– piazza + sup.\piazza/) come a un focolare del ↔|quale la chiesa col (su con) ↔ (– un + sup.\suo/) piccolo ↔| portico con-tenuto da colonne di ↔| pietra rappresentava il camino.] ↔| Ma la stra-da 186. disopra] di sopra 188. morta;] morta: 189. La strada si face-va] La strada [– però] si faceva ♦ più ripida, illuminata] da più ripida, [–lo ↔| sapeva il povero cavallo che ↔| sudava nonostante la frescura ↔|della notte: ma le altezze ↔| bisogna guadagnarsele, e, se non ↔| altroadesso almeno la salita ↔| era] illuminata 192. dànno] davano 193.casa] casa, 198. abbaiò] abbajò, 206. aprì] da [– socchiuse ↔ + aprì]

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vano misterioso, una figurina di vecchia: piccola ma dirittae dura, col viso tutto a punte aguzze circondato da una spe-cie di cappuccio nero, e un mazzo di chiavi in mano, pare-va la custode di un luogo di leggende.I suoi occhietti neri lucenti come quelli di un uccellodistinsero subito l’insolito fagotto che Davide senza lasciar-le tempo di domandare di che si trattava, le gettò fra lebraccia, quasi di sorpresa e come con l’intenzione di spa-ventarla un po’ per burla e un po’ sul serio.– È un bambino, sì, è un bambino – egli disse, aprendotutto il portone per far entrare il calesse. – L’ho trovatosmarrito nello stradone: bada che è ferito. Scostati, Elisa-betta! – gridò poi; ma la vecchia rimaneva come impietritasulla soglia, palpando il misterioso fagotto, e tentando divederlo meglio alla luce del fanale. Pareva non prestassefede ai suoi occhi: non domandava spiegazioni, però, e unavolta accertatasi che quello che teneva // in braccio era pro-prio un bambino, e che non c’era altro da fare che portar-lo dentro, richiuse il portone riassicurandolo col gancio, icatenacci e i paletti, e mentre il padrone staccava il cavalloella rientrò nella cucina.Cucina che sembrava una sala; alta, a volta, col pavimentodi legno, e cassepanche e madie antiche che parevanomobili di sagrestia.Una donna ancora giovane ma con gli occhi incavati sotto

11Il ritorno del figlio

207. vecchia:] vecchia, 209. mano,] mano: 215. po’] po 211-215. Isuoi occhietti…un po’ sul serio.] da I suoi occhietti neri lucenti come ↔|quelli di un uccello distinsero su↔|bito l’insolito fagotto che Davide, ↔|> prendeva dal calesse. ma Davide ↔| non le lasciò < → [senza lasciarle]tempo di domandare ↔| di che si trattava > che già le ↔| aveva depostoil bambino < → [le gettò] fra le ↔| braccia, quasi di sorpresa e come ↔|con l’intenzione di spaventarla ↔| un po’ per burla e un po’ sul serio.216. egli disse] disse Davide 217. far entrare il calesse. – L’ho trovato]da far entrare il calesse. > – Non hai mai veduto ↔| bambini? < L’ho tro-vato 218. nello stradone] da [– in ‹campagna› + sup.\nello stradone/]220. palpando il misterioso fagotto] palpan↔|do la sciarpa del bambino221. Pareva] pareva 225. col gancio] coi ganci 229. cassepanche] cassepanche 230-231. di sagrestia. Una donna] da di sagrestia. > Anche i ↔|lumi ad olio e i candelieri ↔| con le steariche deposti sulla ↔| cappa delgrande camino ↔| avevano qualche cosa di ↔| chiesasistico. < ↔| Unadonna

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le palpebre livide e tutto il viso fino scarno come succhiatoin dentro da un’angoscia insaziabile, stava seduta sullapanca davanti al camino acceso: teneva le mani in gremboe anche quelle mani lunghe, pallide, parevano solcate dacicatrici di dolore; tutta la sua attitudine era di chi aspettapur sapendo che la sua attesa sarà lunga e forse vana.Era la madre che pensava al suo figliuolo morto. //

La sua indifferenza a ogni altra cosa era tale che neppure lavista del bambino che Elisabetta le depose accanto sullapanca la scosse. Solo domandò:– Di chi è?– Adesso, adesso glielo dirà il padrone – disse la vecchiaserva. Poi non poté tenersi oltre: – è un bambino che ilpadrone ha trovato sperduto nello stradone: è anche ferito.Un’altra serva era accorsa dalla stanza attigua e si chinavasulla panca osservando il bambino: anche la padrona sivolse un poco a guardarlo, senza però muover le mani dalgrembo: e la vecchia pareva a sua volta godersi la loro curio-sità.– Come ti chiami? Come ti chiami, bello? Non parli? Nonce l’hai la linguetta? Parla, tesoro: non parli davvero?Il bambino aveva riaperto i grandi occhi serii, ma nonrispondeva: la sua attenzione, più che dalle donne, parevaattirata da un uomo coricato su una stuoia, lungo la pareteall’angolo del camino; o per meglio dire da due piedi chesbucavano di sotto a un sacco buttato in quell’angolo: duegrossi piedi rivestiti di scarponi di cuoio grezzo coi chiodiche luccicavano al fuoco.L’uomo sotto il sacco pareva dormisse profondamente, per-ché // né l’entrata della vecchia serva col bambino, né le

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232. fino] sup. \fino/ 233. insaziabile] prima [–] 234. acceso:] acceso;238. Era la madre] da [– Era la padrona Bona ↔| D’Elia + sup.\Era lamadre/] ♦ morto.] dopo [– la sua indiffe-] ♦ ins. inf. spaz. interv. 243.disse] da [– esclamò + sup.\disse/] 244. Poi] poi 245. sperduto] susmarrito 253. serii] serî 255. stuoia] stuoja 256. da] su dai ♦ duepiedi] da [– grossi + (sup.\ – suoi/) + inf. \due/] 257. di sotto a un sacco]da un sacco ♦ buttato in quell’angolo:] da [– che lo ↔| ricopriva tutto +sup.\buttato in quell’angolo:/]

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esclamazioni delle donne lo riscuotevano; del resto nessunobadava a lui; solo Davide, nel togliersi il cappotto e il cap-pello che attaccò lì accanto, lo guardò dall’alto, con fugaceattenzione: poi andò a sedersi anche lui sulla panca, vicinoa sua moglie.E dapprima parve contento che la moglie si fosse scossa dalsuo torpore doloroso, poi s’irritò perché il bambino, impa-zientitosi finalmente di tutta la curiosità che destava, con-trasse il viso come per ridere e invece si mise a piangere: unpianto nervoso, desolato, di chi è all’estremo delle sue forzee della sua rassegnazione.– E dategli qualche cosa da mangiare, piuttosto! Dico a te,Bona; e tu, vecchia cornacchia, non hai un biscotto da dar-gli?Le due serve si ritrassero: la stessa Bona, come impauritadal grido del marito, prese il bambino in grembo e cercò difarlo tacere. Fu portata una tazza di latte, un biscotto, unaltro biscotto: questi argomenti furono validi più che tuttele moine delle donne a far chetare il bambino.Egli prendeva e beveva e mangiava tutto con avidità, sten-dendo le manine sporche per difender la sua roba comefanno i piccoli gatti // gelosi; quando fu un po’ saziocominciò a battersi una di queste manine sul petto, persignificare che tutto ciò che gli davano era buono e gli pia-ceva; e Bona lo capì subito, perché così faceva anche il suoEliseo quando era bambino. Anche il marito doveva ricor-dare vagamente qualche cosa perché guardò il gesto delbambino, poi guardò la moglie e la vide più pallida del soli-to; allora s’arrabbiò.– E adesso basta con l’ingozzarlo! Non è un animale, poi!Basta, Bona!

13Il ritorno del figlio

262. riscuotevano;] riscuotevano: 263. a lui;] a lui, 274. Bona; e] da[– Albina e + sup.\Bona; e/] 280-281. chetare…prendeva] chetare ilbambino: egli prendeva 282. le manine sporche] le sue manine sporche283. gelosi;] golosi: 284-286. manine…gli piaceva;] manine sul petto,> senza smettere ↔| di succhiare le ultime goccie di ↔| latte dalla tazza:voleva < significa↔|re che tutto ciò che gli davano ↔| era buono e gli pia-ceva; 289. bambino,] bambino 289-290. del solito;] del solito: 292.Basta, Bona !] Basta, ↔| dico.

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Ella intanto lo sfasciava dalla sciarpa di pelo.– Ma è vero ch’è ferito? – domandò con voce sorda: e quan-do vide il vestitino insanguinato spalancò gli occhi, e le suepupille si fecero grandi come per un dolore fisico: ma nonaggiunse parola.Il marito raccontava l’avventura: gli sembrava però ch’ellanon gli prestasse fede; e neppure molta attenzione, intentacom’era a osservare // il bambino, al quale aveva tolto il faz-zoletto dalla ferita. Le serve erano di nuovo accorse, unacon un catino d’aceto, l’altra con delle pezze di tela: e benpresto, per opera di quelle sei mani pietose, la ferita fu lava-ta e fasciata di nuovo. Bona passò la pezza inzuppata d’ace-to anche sulle gambe insanguinate e sulle ginocchia delbambino che aveva arrovesciato sul suo grembo; poidomandò un panno per asciugarlo.Il marito raccontava, e diceva la sua intenzione di conse-gnare il bambino ai preti o al brigadiere: la sua voce eratranquilla, ma d’improvviso stridette di nuovo, irritata, perla ragione che si vedevano come delle goccie d’oro pioveredagli occhi della moglie.– Non l’ho portato subito dal parroco perché avevo fame.Ho fatto male però. Malissimo. E adesso datemi da man-giare: poi penseremo al da farsi. Voi avete già cenato?Avevano già cenato, perch’egli quando tardava a tornarevoleva non lo si aspettasse: andò quindi a sedersi davantialla tavola ancora apparecchiata, nella stanza attigua chepareva il refettorio di un convento tanto era lunga e nuda:e la più vecchia delle donne lo servì.//Un lume ad olio a tre becchi, alto sul suo stelo di ramecome un giglio dorato, rischiarava con la sua luce quieta lepareti imbiancate con la calce e la tavola ricoperta di unagrossa tovaglia di lino: tutto era antico e primitivo lì intor-

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292-293. Basta, Bona ! Ella intanto] da Basta, ↔| dico. ↔| > Gli strappòdi mano la tazza, ↔| ma gli lasciò un ultimo pezzetto ↔| di biscotto: e ilbambino stette ↔| quieto a rosicchiarselo, coi piedini ↔| nudi abbando-nati sulla veste nera ↔| di Bona. < ↔| Ella intanto 293. sciarpa] su st295. il vestitino] la vesticciuola 296. dolore fisico:] dolore fisico; 305.gambe] coscie 310-311. per la ragione] per la sola ragione 312. dellamoglie] dopo [– sul corpicciuolo del bambino] 319. nuda:] nuda, 324.lì] là

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no: la stessa serva vestiva come un’ancella della Bibbia; mail suo viso tutto a punte esprimeva una malizia quasi perfi-da, e il padrone s’accorse subito ch’ella lo guardava aspet-tando, anzi provocando il momento di dirgli che lei noncredeva alla storia del ritrovamento del bambino in mezzoalla strada.Non credeva mai a nulla di quanto le si raccontava, la vec-chia Elisabetta; perché una volta da ragazza, nel tempo deitempi, era stata ingannata da un uomo. Per conto suo erafidata e sincera; i padroni avevano piena fiducia in lei, tantoche era lei, si può dire, la vera padrona di casa: Davide,anzi, la temeva un poco perch’ella influiva molto sul carat-tere già melanconico e sognante di Bona. La temeva ma non la rispettava, perché sapeva che a suavolta Elisabetta non avrebbe abbandonato la casa, dovefaceva il comodo suo, se non per andarsene all’altromondo. //– Perché mi guardi così? – le disse. – Mi pare che diventilosca, ragazza mia. A che pensi?– Penso, – ella rispose sottovoce, perché non la sentisseroquelli che stavano di là, – che ai miei tempi i bambini nonsi trovavano così in campagna come leprotti.– Ai tuoi tempi non si trovavano ancora né bambini néleprotti, nel mondo. Adamo non era ancora nato.La serva non insisté, per non farsi sentire dalla padrona; maDavide aveva voglia di gridare: s’alzò, senza aver finito ilpasto, e ripeté:– Non credere che me lo voglia tenere in casa. Adessovedrai che ci pensi anche tu.

15Il ritorno del figlio

332. Elisabetta;] Elisabetta: 333. da un uomo. Per conto suo] da da unuomo. [– s’era ↔| fatta norma di tutta la vita di ↔| non credere più anulla né a nessuno.] ↔| per conto suo 334. sincera;] sincera: ♦ i] su <+>342. Perché] perché 343. ragazza] ragazzina 344. Penso,] penso, 348-349. nel mondo…insisté,] da nel mondo, > perché < ancora3 non ↔| era2

creato → [nato]4 > neppure < Adamo1, > – egli ↔| gridò serio, aggrot-tando le soprac↔|ciglia in modo che il suo viso ↔| prese un’aria del tuttodiabolica: ↔| d’altronde anche lui non era ↔| persuaso che il ritrova-mento del ↔| bambino fosse una cosa semplice ↔| come sembrava. < ↔|La serva non insisté.

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– Gli oggetti ritrovati si portano in chiesa – disse conaccento ironico, tornando a sedersi sulla panca di cucina. –Dunque, a pensarci bene, questa creatura deve essere pro-prio consegnata al parroco: e questa notte stessa. Bisognache qualcuno vada giù in parrocchia a portarla.– Adesso? – mormorò la mo//glie, che teneva sempre ilbambino in grembo.– E perché? Non è una notte di burrasca per non poteruscire. Io, però, no davvero non ci vado, e tu neppure.Albina ha paura degli spiriti: bisogna dunque che ci vai tu,Elisabetta.Elisabetta non aveva paura di uscir sola di notte, ma capìche mandando lei dal parroco col bambino il padrone vole-va castigarla per la sua malizia e si mise a sorridere. Infondo faceva sempre quello che le piaceva.– Se vossignoria mi manda ci vado, ma dovrò forse tornar-mene col mio carico. Sua reverenza il parroco vorrà parlarecon vossignoria, prima di accettare il bambino; non vorràcredere così subito che...– Elisabetta! – gridò il padrone senza lasciarla finire. –Quando io dò un ordine tu devi eseguirlo e non discutere.Tu devi prendere il bambino e portarlo giù dal parroco; s’e-gli non vorrà accettarlo toccherà poi a me e non a te a prov-vedere.Visto che la cosa si faceva seria, la serva smise di sorridere.A lei, dopo tutto, non importava nulla di condurre ladisgraziata creatura in giro di notte; una serva deve faresempre quello che ordina il padrone; ma le pareva un’azio-ne vergognosa, da parte del padrone, che era anche sinda-co, non bisogna dimenticarlo, e di tutta // la sua accredita-ta famiglia, di scacciare così, come un cane randagio, unpovero bambino ferito.E lo disse, dopo qualche esitazione però, perché avevapaura d’irritare maggiormente il padrone. Del resto, nono-

16 GRAZIA DELEDDA

362. vado,] vado 363. dunque] sup.\dunque/ 365. notte,] notte; 367.sorridere.] sup.\sor/ridere 373-374. finire. – Quando] finire: – quando375. parroco;] parroco: 380. in giro] in giro, 381. che ordina] che leordina 382. sindaco] Sindaco 386. esitazione] esitazione,

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stante la furia di lui di liberarsi del bambino, ella persistevanel credere poco vera la storia del ritrovamento in mezzoalla strada.– Certo, non si tratta di un oggetto, ma di una creatura diDio – mormorò la moglie, già impressionata dalle parole diElisabetta.– E allora tienitelo – gridò il marito.Bona chinò un po’ la testa su quella del bambino, ma sol-levò gli occhi grandi e tristi.– È quello che tu vuoi – disse sottovoce, con un accentomisterioso, come volesse non farsi sentire. Ma tutti aveva-no buone orecchie, tutti sentirono: e Davide scattò conimpeto quasi selvaggio, imprecando e facendo atto di strap-pare alla moglie il bambino che ella strinse a sé, senza piùparlare.Il dibattito continuò allora fra il padrone e la vecchia serva,finché questa dichiarò nettamente che non intendeva //uscir fuori di notte con un fardello così strano.– Vossignoria mi mandi fuori sola; vado in cima al monte,ma con la creatura no.– Allora andrai tu, Albina.Albina si fece il segno della croce, rifugiandosi nell’angolopiù lontano della cucina: lo stesso padrone si mise a ridere,vedendo il suo terrore, poi disse che bisognava si movessepur lui poiché aveva delle serve nutrite, pagate e calzate soloper tener la coda alla padrona e farsi comandare invece cheessere obbedito da loro. Non si moveva, però; anzi avevaacceso la pipa e fumava rabbiosamente mandando di qua edi là il fumo, come ad empirne meglio la cucina, tanto chel’uomo sotto il sacco cominciò a tossire, ma d’una tosse piùdi protesta che veramente causata dal fumo; e il primo

17Il ritorno del figlio

388. di lui] di ↔| questo 393. Elisabetta.] Elisabetta 400-402. distrappare… parlare] da di strappare [– il bambino] alla moglie ↔| [– Ellaperò lo stringeva + (sup.\ – se lo strinse/) più forte + inf.\ il bambino cheella strinse > più < /] ↔| a sé, senza più parlare. ♦ dopo [– , con le ↔| lun-ghe ciglia di nuovo abbassate sulle occhiaje violacee] 404. finché questadichiarò] da finché questa > non < dichia↔|rò 406. sola;] sola, 412.nutrite,] nutrite 413. tener] da [– mante ↔ + tener] 416. fumo,] fumo417-418. d’una tosse più di protesta] da d’una ↔| tosse > ch’era < più diprotesta 418. fumo;] fumo:

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istinto di Davide fu di scansarglielo, poi invece lo mandòdispettosamente tutto da quella parte.Ma la consolazione della pipa non calmava la sua collera:inghiottiva amaro e si pentiva di non aver già consegnato ilbambino ai preti o al brigadiere, o // a qualche donna cheil Comune poi non avrebbe mancato di compensare.La sua amarezza era causata dal ricordo che la moglie finoa poco tempo prima aveva sofferto di gelosia: gelosia muta,rodente, non del tutto ingiustificata, – era uomo delmondo anche lui, – che si manifestava solo nelle lunghe tri-stezze e nei silenzi esacerbati di lei, ma che a volte prende-va una vera forma di malattia e faceva dimagrire e ingialli-re la donna di modo che Albina sospettava si trattasse distregoneria.Il dolore per la morte del figlio aveva assorbito anche que-sta passione, anche perché ella sentiva che il marito rispet-tava la memoria del diletto perduto conservandosi casto efedele a lei. E infatti era così: Davide in fondo aveva l’im-pressione che il figlio dall’eternità lo vedesse in ogni suaazione e in ogni suo pensiero, e ne temeva il giudizio.– Tu vedi, queste donne hanno torto, adesso – gridò fra disé, scendendo nel profondo della sua coscienza e risalendo-vi alquanto placato.Si levò la pipa di bocca e sputò: sì, la sua coscien//za nongli rimproverava nulla; ma il sospetto continuava a soffiar-gli egualmente intorno, con l’alito stesso della donna.– Allora nessuno si muove? Aprimi la porta, Elisabetta, poi-ché dunque devo essere il servo io, in casa mia.– In quanto ad aprire la porta, vossignoria non ha che dacomandarmi – replicò la serva, agitando il mazzo dellechiavi; ma intanto non si moveva.Ed ecco d’un tratto l’uomo che stava sdraiato cominciò adagitarsi stranamente: dapprima buttò via il sacco, scopren-do le grosse spalle rivestite di una giacca da cacciatore; poi

18 GRAZIA DELEDDA

426. gelosia muta,] da > una <gelosia ↔| muta, 432. stregoneria] prima[– malia o] 434. passione,] passione: 437. dall’eternità] sup.\dall’eter-nità/ ♦ vedesse] stl. 439. Tu vedi, queste donne] da Tu vedi > che < que-ste donne 450. sdraiato] sdrajato 452. da cacciatore] prima [– di vel-luto]

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sollevò la testa grossa pur essa e avvolta da una nuvola dicapelli neri polverosi, infine puntò i gomiti sulla stuoia, matosto si lasciò ricadere come impotente ad alzarsi: dopoqualche attimo, però, si volse e si mise a sedere, d’un colpo,con le gambe lunghe distese, le mani aperte appoggiate aterra, la testa così abbassata sul petto che i capelli gli vela-vano il viso grigio e duro come scolpito sulla pietra: avevagli occhi chiusi e tutto un aspetto di Sansone cieco.Davide lo guardava con un po’ di derisione. //– Adesso sentiremo anche il suo verbo – pensò; ma intan-to si rimise a fumare sospendendo la sua decisione di alzar-si e di uscire.– Davide D’Elia, – cominciò a dire l’uomo, dapprimacome parlando fra sé poi a poco a poco alzando la voce e intono alquanto declamatorio, – la sua serva vecchia ha per-fettamente ragione. Manca di rispetto e di obbedienza aisuoi padroni, ma parla secondo la sua coscienza. Non simanda via così una creatura smarrita. Oh, se la famigliaD’Elia non ha un pezzo di pane da dare a un bambinopovero a che è ridotto il mondo?– Ma sta’ un po’ zitto! – gli disse Elisabetta, sebbene egliprendesse le parti di lei.L’uomo parve non sentirla, però proseguì con tono piùdimesso e più sincero:– La famiglia D’Elia mantiene qui sulla stuoia come unCristo deposto il suo servo cieco, buono più a niente, erifiuta ospitalità a una creatura smarrita? Mandatemi via,piuttosto, mandatemi via. Mandatemi via, – ripeté per laterza volta con voce tremante; – io troverò sempre // chi mifarà l’elemosina e non correrò pericolo come può correrloquesta creatura innocente.

19Il ritorno del figlio

461. con] da [– con + sup.\con/] ♦ derisione.] dopo [> : pensò: <] // ↔||[– e gli pareva di scorgere ↔| + (– L’impressione che quello ↔| ‹spec-chiasse› ogni movimento che quello ↔| faceva-)] 462. anche] sup.\anche/♦ verbo] verbo, ♦ suo verbo pensò;] da suo verbo [– pensò (su pensava)con una certa derisone sup.\ – /] 465. Davide] ins. sup.\ – / 467. sua]su tua 468. Manca] su manca ♦ prima [–] 469. ai suoi padroni,] sup.\aisuoi padroni,/ 469-470. Non…smarrita.] da Non si manda ↔| via > daquesta casa < una creatu↔|ra smarrita. 470. se] da [– che + sup.\se/]479. smarrita] prima [–] 482 l’elemosina] l’elemosina,

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– E basta – gridò a sua volta Davide masticando il cannel-lo della sua pipa.E il cieco non replicò. Era del resto un uomo taciturno emite: i D’Elia lo tenevano presso di loro perché egli s’eraaccecato spegnendo un incendio nel loro granaio: non par-lava quasi mai, non s’immischiava mai nei fatti di casa; edera con una certa meraviglia che le donne, adesso, l’aveva-no sentito gridare.Anche Davide si difendeva contro un vago turbamentosuperstizioso: gli pareva che il cieco parlasse meccanica-mente, spinto da una volontà superiore alla sua: come unamarionetta che altri fa muovere. Bisognava non prender lacosa in derisione, ma pensarci su.Il cieco non replicava: rimaneva però fermo nella sua posi-zione, come aspettando che il padrone si alzasse per alzarsianche lui e continuare nella sua protesta. Ma neppure ilpadrone si mosse. E così, per quella notte il // bambinorimase in casa.

La serva Albina lo portò a dormire nel suo letto, poiché Eli-sabetta non volle incaricarsene. Aveva fatto il suo dovere,Elisabetta, rifiutandosi a portarlo fuori di casa, ma nonintendeva perdere il sonno per lui: non aveva pazienza coibambini, d’altronde, fossero pure bambini smarriti e soffe-renti.Anche la padrona era ricaduta nella sua triste indifferenza:lasciò che Albina le prendesse di grembo il bambino già dinuovo addormentato e lei rimase accanto al fuoco.Le serve avevano ciascuna la sua camera, al pian terreno:camere grandi e tristi, arredate con vecchi mobili, armadialti fino al soffitto, casse antiche, letti medioevali.In quella di Albina gli oggetti avevano un aspetto ancor piùgrave, quasi misterioso, illuminati com’erano da una fiam-

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487. i D’Elia] da [– la ↔| famiglia + sup.\i/] D’Elia ♦ tenevano] tene-va/no\ ♦ loro] da [– sé + sup.\loro/] 488. granaio] granajo 489. nons’immischiava mai nei fatti] non s’immischiava ↔| nei fatti 492. unvago] su una vaga 501. in casa] ins. inf. spaz. interv. 503. non volle]su non voleva ♦ prima [– che l<+>i] 504. casa,] casa 509. prendesse]prendesse, ♦ di grembo] sup.\di grembo/

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mella che ardeva notte e giorno entro un bicchiere giallo-gnolo a metà colmo d’olio, deposto entro una nicchia infondo alla quale brillava il vetro di un quadretto sacro.Altre immagini e statuette di santi popolavano la camera, //e sull’uscio e sopra il letto pendevano rami di palme e d’o-livo, ceri, amuleti contro le tentazioni, gli spiriti e i vam-piri.Ciò non bastando, Albina prese una falce e l’attaccò al suouscio, dalla parte esterna; perché il vampiro ha una predi-lezione spiccata per il sangue dei bambini, e, così, se veni-va, si attardava sull’uscio a contare tutti i denti della falce,e non riuscendovi mai, o sembrandole di sbagliare, tornavadaccapo tante e tante volte finché la luce dell’alba locostringeva a fuggire.Così un po’ rassicurata, ella s’inchinò da tutte le parti persalutare le sue immagini; poi cominciò a spogliare il bam-bino guardando per ogni verso le sue povere vestine se tro-vava qualche segno di riconoscimento. Nulla; tranne quel-le macchie di sangue che la impressionavano sinistramente.Ma anche lei non era molto curiosa, e considerava talmen-te vana e di passaggio la vita che giudicava con apatia ognicosa.//Domani ci sarà chi s’incaricherà di scoprire il mistero delbambino sperduto: il brigadiere, certamente, riuscirà asapere tutto: per questo è brigadiere: perché dunque devepensarci lei?Dunque mise il bambino sotto le coperte, poi, sebbene lanotte fosse ancora fresca, si cacciò completamente nuda nelletto: ma di lì a un poco si sentì tutta ardere: toccò il bam-

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520. rami di] sup.\rami di/ ♦ d’] sup.\d’/ 523 prese una falce e l’attaccò]da [– aveva ↔| staccato anche una falce dalla ↔| parete di cucina,] ↔ [–e l’aveva + (– col ↔| inf.\bambino in braccio, l’aveva/) attaccata] +sup.\prese una falce e l’attaccò/] 524. esterna;] esterna: 530. ella s’in-chinò] da [– la ↔| serva entrò nella sua camera sup.\ – / ↔| inchinando-si + sup.\ella s’inchinò/] 531. immagini] Immagini 531-532.poi…guardando] da [– poi depose il bambino sul letto ↔| e cominciò aspogliarlo guardando + sup. \poi cominciò a spogliare il bambino guar-dando/] 533. Nulla;] Nulla,

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bino e le parve che avesse la febbre. Allora cominciò a reci-tare una preghiera contro la febbre, che dopo tutto è un’a-gitazione del sangue prodotta dall’alito // del demonio: mail calore continuava e aumentava. E che cosa avviene ades-so, Signore? L’uscio209 è spinto silenziosamente, un fanta-sma entra; tutte le ombre misteriose della camera si agita-no.Albina ha prudentemente messo la testa sotto il lenzuolo, eproprio in quel momento di paura le sembra – sogno orealtà – che anche il bambino si stringa contro di lei e final-mente parli.– Chi è? Quel santo cieco? – le mormora sul viso.– Albina, – disse nel medesimo tempo la voce sommessadella padrona, – con tutto questo trambusto ti sei dimenti-cata di far bollire il latte; domani sarà acido, certo.La serva mise fuori la testa. No, il trambusto non le avevafatto dimenticare il suo dovere; ma capiva che la padrona,prima di andarsene anche lei a letto, era entrata con quellascusa per vedere il bambino.– Il latte è bollito – rispose; poi abbassò la voce. – Signora,sa che il bambino ha parlato! Mi ha chiesto: Chi è? quel //santo cieco?– Impossibile! È troppo piccolo;214 avrà quindici mesi. Allasua età Elis non parlava.

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542-545. coperte…Allora] da (–) ↔|| (–) ↔ [– poi sebbene la notte ↔|a<+++> facesse ancora sentire un po’ ↔| di fresco si cacciò completamen-te ↔| nuda nel letto: ‹sos›pirò, sbadigliò, ↔| si segnò la fronte e il petto↔| e cominciò a pregare. Il bambino ↔| dormiva e non le dava fastidio,↔| nel letto grande e duro: solo ↔| <++> ella aveva paura che l<+>cascas↔|se sup.\ – dal letto/ sebbene avesse rimboccato ↔| le coperte, edi tanto in tanto ↔| stendeva la mano per assicurar↔|si ch’ era lì immo-bile: ma ↔| ogni volta che lo toccava le ↔| pareva più caldo, sempre più↔| caldo, tanto che anche lei si ↔| sentiva a poco a poco ardere ↔| comeaccanto a un gran fuoco. ↔| Allora + sup.\coperte, poi, sebbene la nottefosse ancora fresca, si cacciò completamente nuda nel letto: ma di lì a unpoco si sentì tutta ardere: toccò il bambino e le parve che avesse la febbre.Allora/] 548. avviene] su a<+++> 549. L’uscio] lat. \\L’uscio// 552.e] da [– / + sup.\e/] 553. le sembra] prima [–] 559. far] da [– cuoce +sup.\far/] 575. sa] da [– / + sup.\sa/] ♦ dopo [– forse] 577. piccolo;]piccolo:

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E di tutte le cose straordinarie di quella notte, quella chepiù impressionò la serva fu il sentire la padrona, che nonparlava mai del figlio morto, ricordarlo a quel modo.Bona intanto era passata dall’altra parte del letto e solleva-va meglio le coperte per vedere se il bambino era sveglio: ilbambino dormiva, rosso in viso, con la bocca aperta, tuttocaldo di sudore.– Sente? Sembra un pane nel forno. E il padrone volevamandarlo via così, di notte.– Gli uomini non hanno cuore, Albina. Se avessero avutocuore...Non proseguì, con la gola stretta dal suo ricordo: ma Albi-na capiva tutto e non insisté; ricordava che la padrona nonamava si accennasse in alcun modo alla sua sventura. Stra-na cosa, però, quella notte lei stessa ne parlava, con vocevelata, come uno che s’è appena svegliato e racconta unsogno.– Ricordi, Albina, quando Elis // era così piccolo e volevadormire con te per accertarsi se quanto tu dicevi delle ten-tazioni e degli spiriti era vero? Era coraggioso fin da bam-bino: ecco perché è andato incontro al pericolo, Albina.Albina, sotto le coperte, frenava i suoi singhiozzi: ricorda-va, sì, e le parole della padrona, pur dette con calma, quasicon indifferenza, scioglievano il gelo del suo cuore, ancheperché le pareva di aver quindici anni di meno e che il bam-bino sconosciuto fosse davvero il piccolo Eliseo.

– Come il tempo è passato! – proseguì la padrona, muo-vendo qualche passo nella camera rischiarata dalla solafiammella nel bicchiere. – Mi sembra ieri ch’egli mosse i

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581. ricordarlo a quel modo] da [– pronunziare + sup.\ricordarlo a quelmodo/] 582. parte] sponda da [– lato ↔ + (– parte) + sup.\sponda/]583. le coperte] la coperta ♦ il] da [– Il + sup.\il/] 585. sudore] febbre586. Sente?…padrone] da [– Sente scotta ! Sembra di fuoco ↔| – E +inf.\Sente? Sembra un pane nel forno. E ↔| il padrone/] 587. di notte.]di notte ↔ l. orizzontale 592. amava] da [– voleva ↔| le + sup.\amava/]597. dormire] prima [–] 600. Albina] da [– La serva + sup.\Albina/]602. cuore,] cuore: 604. Eliseo] non ins. inf. spaz. interv.

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primi passi. Eravamo lì, nella stanza da pranzo; già da qual-che giorno egli si attaccava a tutti i mobili e rideva, rideva,come pazzo di gioia per il miracolo che gli accadeva. Un belmomento si staccò dalla sedia alla quale si appoggiava, estette da solo fermo, serio; poi camminò. Dio, Dio mio!Era come Gesù che camminava sulle acque del mare. Tiricordi, Albina? E quando lo mettevi sul letto egli si diver-tiva ad afferrarsi i piedini // e portarli alla bocca. Era tantobello: come la rosa di maggio. Sembra ieri... Qui in questacamera tutto è come allora – ella aggiunse, sfiorando imobili come per accertarsi ch’erano tutti ancora al loroposto. – Gli oggetti non muoiono e noi moriamo.– Tutto muore; prima o dopo è lo stesso – mormorò Albi-na per confortarla, ma lei stessa piangeva.– Del resto, – riprese la padrona, seguendo il filo del suoangoscioso pensiero, – mio marito ha ragione: non bisognaintenerirsi, non bisogna aver pietà. Ne hanno avuta gli altricon noi? Mi meraviglio, anzi, ch’egli si sia portato appressoquesta creatura.– Era meglio che non la portasse, davvero! Così vossigno-ria non si agitava.– Oh, questo non importa. Anzi a volte l’agitarsi fa bene. Èche proprio bisogna non aver pietà né amore; si vivemeglio.– Gesù però disse il contrario // – mormorò la serva; purricordando che la padrona dopo la disgrazia non era piùstata in chiesa, né soleva far celebrare messe per il suo ragaz-zo morto.Bona intanto si aggirava per la camera, trascinandosi intor-no la sua grande ombra come un velo nero; e continuava a

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608. pranzo;] pranzo: 610. gli] da [– , + sup.\gli/] ♦ accadeva] su suc612. serio;] serio: 613. del mare] dopo [– come gli astri che ↔| cammi-navano sui cieli] 615. portarli] portarseli 617. aggiunse] da [– / +sup.\aggiunse/] 622. del] da del[– la] 624. intenerirsi] da [– com-muoversi + sup.\intenerirsi/] ♦ avuta] avuto ♦ gli altri] gli altri, 630.amore;] amore: 632. – mormorò] prima > trario, < ♦ pur] da [– ma +sup.\pur/] 634. in chiesa] da [– a messa + sup.\in chiesa/] ♦ celebraremesse] dopo [– né preghiere] 636. Bona] su Gonaria ♦ si aggirava] da [–continuava ↔| ad aggirarsi + sup.\si aggirava/] 637. nero;] nero:

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toccare gli oggetti per assicurarsi che c’erano, ch’erano glistessi di quel tempo. Sì, erano gli stessi: tutto c’era, lì e intutta la casa: solo lui mancava.D’un tratto un piccolo gemito, seguito da un pianto som-messo, tremolò nel silenzio, con la luce e le ombre: era ilbambino che s’agitava nel letto, fra le braccia della serva.E Bona vibrò anche lei; le pareva che tutto fosse stato unincubo: e che Dio cancellasse quindici anni dal libro dellavita, e il piccolo Elis sognasse, sfidando ancora, nel lettodella serva, i fantasmi del male.

Albina dormì poco, quella notte. Il calore del bambino sicomunicava al suo corpo duro e legnoso ma sopratutto allasua anima. Era un’anima dura anch’essa e legnosa, che nonaveva mai fiorito: un’anima quasi monacale.[Perché adesso s’inteneriva per questo bambino misteriosoche forse era di passaggio nel suo letto per quella notte sola,mentre non s’era affezionata neppure al figlio dei padroni,e le maggiori sventure del prossimo, come appunto lamorte di Elis, o la disgrazia del servo divenuto cieco anco-ra in giovine età, la lasciavano quasi indifferente?La sorte del bambino la faceva piangere. Chi era, poi?Aveva una madre, un padre? Perché lo avevano buttato inmezzo alla strada come un oggetto inutile?Invano tentò di farlo parlare ancora: egli continuava a dor-mire il suo sonno un po’ agitato, lamentandosi di tanto intanto, in sogno, come se qualcuno lo molestasse e lo faces-se soffrire.

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638. e continuava a toccare gli oggetti] da [– e toccava gli oggetti, come +sup.\e continuava a toccare gli oggetti/] 639. quel tempo] stl. 644.Bona] su Gonaria ♦ vibrò] dopo [– tutta] 646. sfidando] su [– e] sfidas-se ♦ nel] su <+>el 647. male.] ins. inf. spaz. interv. 648. del bambino]prima [– del corpo] 651. monacale.] monacale. ↔// [+++] ↔// [+++]↔// [– ta. Se loro ti sentono guai ! ↔| – Che possono farmi? più nulla↔| nessuno può farmi. E se non ↔| tengono in casa quel bambino, io ↔|dirò loro questa ed altre cose: poi ↔| me ne andrò. ↔| – Non dubitare:se ti sentono ↔| ti cacciano via a bastonate, – ↔| disse Albina indignata,ma in fondo ↔| (– gli dava + sup.\continuava a dargli ‹sic›/) ragione, nonsolo, ma ri↔|pensava alle parole che le pareva ↔| d’aver sentito mormo-rare al ↔| bambino «chi è? quel santo ↔| cieco?» (– ‹questi› + sup.\il santocieco/) le destava sem↔|pre più rispetto.] Gli chiese

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Così Albina dormì poco quella notte: ed era scuro ancoraquando si alzò.Nel rivedere il cieco provò un sentimento nuovo: le parvedi aver maggior rispetto e considerazione per lui; egli inve-ce, appena sentì il calore del fuoco che ella aveva riacceso,balzò di sotto il suo sacco e disse con dispetto:– Senti, se i nostri signori mandano via la creatura me nevado anch’io.– Speriamo di no. Sebbene mi abbia dato tanto fastidio,stanotte: non ho chiuso occhio, e adesso ho la schienarotta.– Perché siete tutti senza cuore, in questa casa; non voletebene che a voi stessi.– Intanto, tu sei tenuto qui come uno di famiglia. Se nonti si fa dormire a letto è perché tu non vuoi; ma cosa timanca, d’altro?– Niente mi manca, è vero; ma chi mi vuol bene, qui?Albina non rispose subito; sentiva che egli aveva ragione.– Loro padroni mi tengono qui perché la gente dica: comesono benefici! E voi serve, mi date da mangiare come si dàal cane: del resto non vi amate neppure fra voi: tu pensi allavita eterna, Elisabetta pensa al suo vecchio corpo; i padro-ni pensano al figlio che non c’è più. Neppure fra loro sivogliono bene: lui solo, Elis, era il ben voluto: tutto l’amo-re era per lui: lui solo esisteva in questa casa, per lui il padree la madre si dimenticavano persino di Dio: per questo ilSignore l’ha fatto sparire.– Taci! – disse Albina atterrita; ma egli proseguì:– È vero però che lui solo sapeva amare. Quanto non mi havoluto bene? L’ho veduto nascere e crescere. L’ho portato inbraccio più che suo padre stesso. E se ho spento il fuocol’ho fatto per lui, perché lui solo mi voleva bene. Mi dice-va sempre: Michele, quando morrai ti chiuderò gli occhi io.E lui me li ha chiusi. E se rimango qui, Albina, sai il per-ché? Perché credo che lui non sia morto. Dopo tutto, il suocorpo non è stato trovato.Disperso! Per dei mesi lo si è creduto disperso o prigionie-ro: poi è venuta la notizia della morte: ma nessuno lo haveduto morire.Albina lo ascoltava turbata.]

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Gli chiese, un po’ timida, se voleva una tazza del caffè cheaveva preparato per i padroni: egli torse la bocca e nonrispose. Dopo i primi giorni della sua infermità nessuno gliaveva più usato tanta gentilezza.E Albina non insisté: cominciò le sue quotidiane faccende,con l’apatia solita che non le impediva di farle con accura-tezza; ma di tanto in tanto un senso di angoscia la distrae-va; pensava al bambino: andò a vederlo, gli rimboccò lecoperte, gli toccò la fronte e le orecchie: scottava meno maaveva sempre la febbre.Anche Elisabetta si alzò, a suo comodo, e pareva non siricordasse // neppure del bambino perché attraversò lacamera di Albina senza fermarsi, e andò dritta dritta a pren-dersi il caffè preparato per i padroni; poi mise sul vassojo letazze per portarlo a loro.– Dirai loro che la creatura ha avuto tutta la notte la feb-bre: e l’ha ancora – avvertì Albina.Elisabetta non credeva se non coi propri occhi: depose dun-que il vassojo e andò ad osservare il bambino. E il bambi-no aprì gli occhi e la fissò: lo stesso sguardo pensieroso eprofondo rivolto a Davide quando questi l’aveva sollevatodalla strada.

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706. egli] dopo [– ma] 707. nessuno] nessuna ↔| [– delle sue serve]709-712. cominciò…al bambino] da [– scopò ↔| la cucina; guardò se lafarina ↔| lievitata fermentava, s’occupò ↔| di altre cose ‹:› come un’in-quietu↔|dine incessante la distraeva; il ↔| suo pensiero si fissava sul +sup.\cominciò le sue quotidiane faccende, ↔| con l’apatia solita che (–però) non le impe↔|diva di farle con accuratezza; ma di tanto ↔| intanto un senso di angoscia la distraeva; pensava al/ ↔| bambino:] 714.febbre.] dopo [– La luce dell’alba penetrava ↔| adesso dal cortile, (– sul +sup. \ – un /) muro ↔| di questo (– si vedeva l’edera + sup.\ si vedeva l’e-dera scintillare /) su ↔| l’erba scintillante di rugiada:] 715. Anche] da[– anche + sup.\Anche/] ♦ alzò] su alzava ♦ a suo comodo] sup. \a suocomodo/ ♦ e] da [– ma + sup.\e/] 718-719. mise…a loro] da (–) ↔| [–portarlo a questo + sup.\mise sul ↔| (–) vassojo (–) le tazze per portarlo aloro/] 721. avvertì] disse 723. osservare] esaminare 723-724. il bam-bino] da [– questo + sup.\il bambino/] 725. rivolto] prima [– che ↔|aveva] ♦ Davide] dopo [– tacque] ♦ questi] da [– , + sup.\questi/] 726.dalla strada] da [– dal sentiero + sup.\dalla strada/]

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Elisabetta ebbe una strana impressione: le parve di ricono-scere quello sguardo; ed esaminando meglio gli occhi delbambino si convinse che rassomigliavano a quelli di Bona,quando ancora il dolore non li aveva appassiti.Poi andò a portare il caffè ai padroni. Appena si avvicinò alletto vide che anche Bona teneva gli occhi aperti, che l’a-spettava – non per il caffè, certo – e che il suo sguardoprofondo e ancora innocente, rassomigliava, sì, a quello delbambino.Il padrone, invece, dormiva ancora, di un sonno pesanteche neppure la voce delle due donne turbò.– È stato agitato tutta la notte – disse la moglie. – Parlavae parlava, litigava col prete e col brigadiere che non voleva-no incaricarsi del bambino. Poi è stato sveglio a lungo:adesso lasciamolo dormire.– Il bambino ha avuto ed ha ancora la febbre; devo dargliqualche cosa?– Fa come vuoi.– La farina è già lievitata: dobbiamo impastarla?– Fa come vuoi.

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727. ebbe] da [– / + sup. \ebbe/] 727-730. le parve…di Bona] da [– adove aveva già veduto ↔| un simile sguardo (+ <+++> quello sguardo /:\)↔| Guardò (+ sup.\ – ed esaminando/) + sup.\ >a< (– ‹lei›) le parve di (–)ricono↔| (– ed esaminando) scere quello sguardo: → (sguardo;) ed osser-vando → (esaminando)/] ↔| (– Guardò) meglio gli occhi del ↔| (– / +sup.\bambino si convinse che >, sì,< /) rassomigliavano a ↔| quelli (–della padrona + sup.\di Bona/) 730. appassiti.] ins. inf. spaz. interv. ↔|[– E andò ‹su› a portare il caffè ↔| ai padroni, d’un tratto pensiero↔|saanche lei.] ↔|| ins. inf. spaz. interv ↔| [– I padroni dormivano in unacame↔|ra eguale a quella delle serve: ↔| gli stessi armadi alti, gli ↔| stes-si cassettoni senza marmo, ↔| la stessa coltre di lana grezza ↔| sul letto.Fucili e carniere ↔| pendevano dalle pareti: (– nella ↔| finestra + sup.\ –sui ↔| vetri/) splendeva il cielo già ↔| rosato dell’aurora. ↔|] ↔|| (– E)Appena Elisabetta s’accostò ↔| poi] 731. Poi] poi 732. anche Bona]da [– la padrona + sup. \anche Bona/] ♦ che] da [– / + sup.\che/] 734.profondo e] da [– pensieroso + sup.\profondo e/] ♦ rassomigliava] prima[– si] ♦ sì,] lat.\\sì,// 736. Il padrone, invece,] Il padro↔|ne invece ♦prima [– Ma non glielo disse] ♦ di un sonno] d’un ↔| sonno 737.turbò] da [– riscosse + sup.\turbò/] 738. Parlava] parlava 740. Poi] poi743. qualche cosa?] dopo [– domandò la serva]

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Fa come vuoi! Un tempo Bona s’alzava prima delle serve edava loro gli ordini e le sollecitava: tutto il giorno su e giùaffaccendata a custodire la roba e far economia: adesso nonsi curava più di nulla: neppure l’oro, neppure il tempo ave-vano più valore per lei. S’attardava a letto, la mattina, anda-va a coricarsi dopo il pasto del mezzogiorno: sì, una cosaancora aveva valore per lei: il sonno; e un’altra: i sogni; //perché sognava sempre di lui, vivo, fiore e anima della casa;e lo vedeva tornare, in sogno, per non ripartire più, ed eglile diceva: ma perché vi siete tanto disperati? ero disperso,ero prigioniero, ma vivo: come potevo morire quando sape-vo che mi aspettavate?Quella notte, il bambino smarrito si era mischiato ai suoisogni un po’ febbrili: portava una lettera nascosta sotto levesti: ma il sangue l’aveva tanto macchiata da renderlailleggibile. E oltre questo, egli aveva da dire qualche cosaa Bona: un segreto che doveva dire a lei sola; e aspettavache fossero soli per parlare; Davide, però, le serve, altragente venuta di fuori non li lasciavano mai soli, e lei nonosava prendere il bambino e portarlo nella sua camera onel cortile, in un angolo ove nessuno potesse ascoltare ilsegreto. Non osava; per timore di apparire meno indiffe-rente a ogni altra cosa che non fosse il suo dolore: e aspet-tava che la gente se ne andasse, ma altra gente invece veni-va; tutta la casa ne era piena, ed erano soldati, eranodonne malate, erano parenti di militari in guerra; tuttivenivano per vedere il bambino, perché s’era sparsa lavoce ch’egli operava miracoli: guariva gl’infermi, sapevadire dov’erano i soldati dispersi; e a tutti parlava, fuori chea lei. Ma in fondo ella sapeva // già il misterioso segreto ch’egli

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747. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 751. più] sup.\più/ 761. mac-chiata] macchiata, 762. E] da [– Ma + sup.\E/] ♦ questo,] la lettera763. Bona:] da [– Gonaria + sup.\Bona/] ♦ un] da [– qualche cosa +sup.\un/] 764. parlare;] da [– dirglielo + sup.\parlare: → [parlare;]/] ♦Davide,] da [– il ↔| marito + sup.\Davide,/] 766. prendere] prenderlo♦ il bambino] sup.\il bambino/ 768. osava;] osava: 770. veniva] da [–affluiva + sup.\veniva/] 772. guerra;] guerra: 775. dispersi;] dispersi:

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doveva dirle; era il segreto stesso del suo cuore, la vana spe-ranza che ancora teneva fresca la radice della sua vita. Cheil figlio non fosse morto.

Perché ella era una donna superstiziosa e sognante. Daqualche tempo, poi, quest’impressione di sogno che l’avevasempre guidata, s’era intensificata fino al punto di farle cre-dere che la vera vita consistesse nel sonno e nel sogno, e l’al-tra fosse solamente un incubo.Per fortuna aveva il sonno facile; la stessa vita monotonache conduceva, in quella specie di fortezza ch’era la suacasa, glielo conciliava.Così, quella mattina, sebbene avesse bevuto il caffè e la lucedel giorno irradiasse la camera, finì col riaddormentarsi: unsonno lieve attraverso il quale sentiva i rumori della casa, ilcanto degli uccelli e il russare del marito; finché il rumoro-so e agitato svegliarsi di lui la riscosse. E dapprima egli siarrabbiò perché l’avevano lasciato dormire tanto: poi per-ché sua moglie s’attardava a letto. Egli ci teneva, ch’ella s’al-zasse presto e sorvegliasse le serve; non perché oramai anchea // lui premessero molto le cose di questo mondo, ma per-ché non voleva che la moglie si sprofondasse in quel suotorpore mortale ch’era peggiore di ogni agitata disperazio-ne.Poi parve ricordarsi di qualche cosa che doveva fare di pre-mura e si gettò dal letto gridando: – Bisogna dunque chevada giù io dal brigadiere, per quest’accidente di creatura.

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778-779. la vana speranza] la vena di speranza ♦ vita.] vita: 780. morto.]ins. inf. spaz. interv. 781. Perché] perché 786. Per] per ♦ facile;] facile:790. del giorno] da [– del (–) ↔| (–) + sup.\del giorno/] 792. marito;]marito: ♦ finché] da [– e solo + (sup.\ – ma finalmente/) + sup.\finché/]793. lui la riscosse] da [– questo la svegliò + sup.\lui la riscosse/] ♦ E]lat.\\E// ♦ dapprima] su Dapprima ♦ egli] da [– Davide (–) + sup.\egli/]795. a letto] prima [– tanto] 797. mondo,] mondo; 801. Poi] poi ♦doveva] da [– / + sup.\doveva/] 802. gridando] da [– impre↔|cando,dopo aver buttato in ↔| aria la coperta + sup.\gridando/] ↔| [– (– AncheGonaria + sup.\Allora anche Bona/) s’alzò: sottile e ↔| ancora dritta e benfatta, bianca ↔| e coi folti capelli neri pareva ↔| una fanciulla: solo il visoera vecchio, ↔| assonnato, con gli occhi gonfi. ↔| E quanto il marito erarumoro↔|so e impaziente ella era silenziosa ↔| e come smemorata.]

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Di’ un po’ alle tue padrone che si affrettino: ne voglio unacon me, per portare il bambino. Che fai lì, imbambolata?– Il bambino ha la febbre: non è da cristiani portarlo ingiro.Allora Davide si precipitò giù nella camera di Albina,imprecando contro le serve, come fossero state loro a farammalare il bambino.Gli toccò la fronte che scottava, e d’un tratto, anche luisentì come un flutto amaro salirgli dalle viscere al cuore;ricordava anche lui il suo bambino quando lo minacciavaqualche malessere e tutti intorno trepidavano.Ed ecco come in quel tempo egli doveva precipitarsi fuoridi casa in cerca del dottore.– Non voglio che mi si ammali in casa, perdio: in casa nonlo voglio, né sano né tanto meno malato – diceva ad altavoce correndo giù per la strada. I ciottoli rotolavano al suopassaggio; pareva avessero timore di lui, ma un timore perburla: perché anche le pietre della strada sapevano cheDavide D’Elia in fondo non era un uomo feroce.

Per poco non si avverò il sogno di Bona. La voce che c’era

31Il ritorno del figlio

805. lì] li ♦ imbambolata? ↔| – Il bambino] imbambolata? > Su, su, sve-gliati. < ↔| [– /Bona\ Ella s’allacciava le scarpe lenta↔|mente parve ricor-darsi anche lei, ↔| e mormorò, senza sollevarsi:] ↔| – Il bambino 810-811. ammalare…Gli toccò] da [– venire la febbre al bambino +sup.\ammalare il bambino./] ↔| [– questo stava tranquillo nel ↔| letto,con gli occhi spalancati; ↔| guardava il soffitto di legno ↔| e muovevaun po’ le labbra ↔| e guardava il soffitto di legno ↔// come contandonele assi. ↔| Davide] Gli toccò ♦ la fronte…d’un tratto,] da la fronte > : </che\ scottava, ↔| [– E + sup.\e/] d’un tratto, ♦ lui] da [– l’uomo +sup.\lui/] 812. flutto] flotto ♦ cuore;] cuore: 813. lo] da [– ‹lui› +sup.\lo/] 814. trepidavano] dopo [– per la paura che di ↔| un ignotopericolo] 815. in quel tempo egli doveva] da [– allora Davide (–) +sup.\in quel tempo egli doveva/] 816. dottore] Dottore 818-819. dice-va…rotolavano] da diceva ad alta voce [– per la strada] ↔| (– / + sup.\ –/) (– I) ciottoli [– della strada + sup.\correndo giù per la strada >: i < /]rotola↔|vano 820. passaggio;] passaggio: ♦ di lui] da [– del suo piede↔| + di lui] 822. D’Elia] da [– ‹Arquà› + sup.\D’Elia/] ♦ feroce.] ins.inf. spaz. interv. 823. Per] per ♦ Bona…voce] da [– Gonaria, sparsa la+ sup.\Bona./ La]

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in casa quel bambino misterioso fece subito addensaredavanti al portone un mucchio di gente.Ogni tanto Elisabetta doveva adoperare le sue chiavi: equalche persona bisognava pur lasciarla entrare: per esem-pio il brigadiere.Aveva un aspetto tragico, il brigadiere, e compassato; quasiandasse a constatare un delitto.//Sottopose ad un lungo interrogatorio le donne, e anche ilservo cieco, finché Elisabetta non perdé la pazienza.– Ma cosa vuole che ne sappiamo noi? Ne sappiamo tantoquanto vossignoria; forse anche meno.Albina, tutta tremante alle spalle della compagna, le tiravala veste per farla tacere; ma Elisabetta non aveva paura dinessuno.Chi pareva non avesse né paura né altra passione era Bona:aveva ripreso il suo posto sulla panca, e se ne stava con lemani in grembo oziosa indifferente: ad ogni domanda delbrigadiere rispondeva:– Io non so nulla.Non si mosse neppure quando il brigadiere entrò con leserve nella camera attigua: sollevò però la testa nel sentire ilbambino a piangere: che cosa gli faceva il cattivo uomo?Anche il cieco tendeva le orecchie: e domandò con vocequasi minacciosa:– Che, lo portano via?La donna riabbassò subito la testa, sembrandole che il ciecola vedesse: non rispose, non parlò più, neppure quandosopraggiunse tutto agitato e irritato il marito, il quale rac-contava ancora una volta al vecchio dottore che lo //accompagnava, come aveva trovato il bambino, dichiaran-

32 GRAZIA DELEDDA

824-825. fece subito addensare…mucchio di gente] da [– la gente comin-ciò ad + sup.\fece subito addensare/] ↔| [– affluire] davanti al portone un↔| inf.\mucchio di gente./ 829. tragico,] da [– serio + sup.\tragico,/]834. vossignoria;] vossignoria: 836. tacere;] tacere: 838. Bona] suGonaria 840. grembo oziosa indifferente:] grembo, oziosa, indifferente:844. con le serve] sup.\con le serve/ ♦ attigua:] da [– della serva per vede-re il bambino: + sup.\attigua/] 845. il bambino] da [– questi + sup.\ilbambino/] 851. il] da [– suo + sup.\il/] 852. raccontava] prima [–]♦ volta] volta,

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do che s’era pentito di averlo preso e che non intendevaincaricarsene.Il vecchio dottore lo lasciava dire, anzi pareva non lo ascol-tasse neppure: perché era un po’ sordo. Alto, secco, vestitocome un pastore protestante, aveva l’aspetto d’una mario-netta; eppure ispirava soggezione. S’avvicinò a Bona, ches’era alzata per deferenza ma non muoveva un passo nédiceva una parola, e la guardò come fosse lei la malata,facendole cenno di rimettersi a sedere.Ella si rimise a sedere, riabbassando la testa come nonpotesse tenerla su. Il marito gridava:– Ma non prepari neppure il caffè per il dottore? La vede,dottore? Sta sempre così, come una foglia secca sul ramo.– Ella ci preparerà il caffè – disse tranquillo il dottore. –Adesso fatemi vedere il bambino.Il bambino piangeva, taceva, ricominciava a piangere. Bonaprovava un certo fastidio a sentire il chiasso nella camera, edesiderava che tutto finisse presto: che portassero via ilbambino e la lasciassero di nuovo nel suo cerchio di silen-zio, con la sua ombra diletta.Ma in fondo aveva pietà della povera creatura; e le pareva,inoltre, che il cieco spiasse i suoi pensieri e la giudicasseseveramente. //Che noia, anche quel disgraziato! Stava sempre lì, ai suoipiedi, come un vecchio cane lebbroso, e vedeva tutto. E leivoleva esser sola, non spiata, non distolta un attimo dal suopensiero.Che, inoltre, il cieco la giudicasse male, in quell’occasione,se ne convinse subito; perché nel sentire che il bambino

33Il ritorno del figlio

854. che] [– che] 856-859. Il vecchio…soggezione.] da [– Il Dottore →(dottore) (–) ↔|| + sup.\Il vecchio dottore lo lasciava dire, anzi ↔| pare-va non lo ascoltasse neppure: ↔| perché/ ↔| inf. \era un po’ sordo. Alto,secco, (–)/ ↔| (–) vest‹i›to come un ↔| pastore protestante, sup.\aveva l’a-ria → (aspetto) ↔| d’una marionetta; eppure inspirava soggezione./]865. dottore] Dottore 867. dottore] Dottore 868. il bambino] da [–questa creatura + sup.\il bambino/] 869. Il bambino] prima [– Entraro-no di là] ♦ Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 871. e desiderava] prima[– attigua] 877. noia] noja 878 vedeva] stl.

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insisteva adesso nel suo pianto lamentoso, egli disse comefra sé:– Sembra davvero un agnello abbandonato: ma chi se necura? E buttatelo nell’orto, a pascer l’erba; sarà meglio perlui.Lei stava zitta, dura: eppure quel pianto cominciava a darleuna strana impressione: le pareva che il bambino la chia-masse, che se lei si muoveva, se, come la sera prima, loprendeva in grembo, si sarebbe calmato.Ma non voleva muoversi, no: anche perché sentiva un odiosordo contro il brigadiere, che per lei era uno di quei fero-ci personaggi che tutti in blocco rappresentavano la Forzamostruosa che le aveva tolto il figlio di casa per buttarlo neicampi della morte. Zitta, dunque, e dura, anche per prote-stare contro la sorte: perché doveva muoversi a raccogliereil figlio altrui? Lo buttassero nell’orto, a pascer l’erba; e seil cieco non smetteva // di brontolare poteva esser buttatoanche lui fra le immondezze.Il cieco non brontolava più: s’era alzato, però, e stava fermocontro la parete, con le mani aperte penzoloni e il viso sol-levato, coi capelli sulle guancie, come un Cristo schiodatodalla croce e messo lì appoggiato al muro: aspettava coninquietudine che si decidessero le sorti del bambino. Ades-so si sentivano Davide e il brigadiere discutere, e quest’ul-timo non sembrava molto convinto delle ragioni che ilprimo si dava.

34 GRAZIA DELEDDA

885-886. se ne cura?] da se [su si] [– ,] sup.\ne/ cura? 886. E] da [– dilui ? E + sup.\E/] 889-890. il bambino la chiamasse, che] sup.\il bambi-no la chiamasse, che/ ♦ lo] /lo\ 891. in] su il 893. era] da [– rappre-sen↔|tava + sup.\era/] 894-895. rappresentavano…mostruosa] da rap-presenta(– no) → (rappresentavano) [– quella Forza mostruosa, ↔| quel-la Autorità (–)] ↔| [– ,] > quel <la Forza mostruosa 895. aveva] daaveva[– no] 898. l’erba;] l’erba: 899. di brontolare] prima > va < 900.fra le immondezze.] all’immondezzaio. 901. Il cieco] da [– Ma egli +sup.\Il cieco/] 904. messo lì appoggiato al muro:] sup.\messo lì appog-giato al muro: (– pareva)/] ♦ aspettava] su aspettare ♦ prima [– pareva]905. si decidessero] prima [– di là] 905-906. bambino. Adesso] bambi-no: adesso 906. Davide] dopo [– ‹Arquà›] 907. delle ragioni] sup.\delleragioni/

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Infine il dottore dichiarò che la ferita del bambino era pro-dotta semplicemente da una caduta dall’alto, forse da uncavallo, forse da un carretto, come Davide sosteneva: la feb-bre proveniva da cause interne: ad ogni modo era umano eprudente tenerlo lì finché non si fosse trovata una donnaper bene a cui affidarlo.Davide non replicò: e così fu deciso che momentaneamen-te il bambino restasse in casa. Allora il cieco si calmò; anziparve cercar di sparire, per non dar noia alla padrona: andòlungo la parete; uscì nel cortile e per tutta la mattina nes-suno più lo vide né si curò di lui.

Davide, intanto, e il brigadiere, erano andati via: il dottoreinvece, ritornato presso Bona, reclamava la tazza di caffèch’ella un tempo ad ogni sua visita usava offrirgli. //Ella chiamò Albina: ma il dottore, sedendosi sulla pancavicino a lei, le batté una mano sulla spalla come per scuo-terla dal suo torpore:– Lo voglio proprio da voi; su!Ella arrossì, un po’ irritata; ma subito si alzò e rimise la caf-fettiera ancora tiepida sul fuoco.– Sembra ieri, – egli disse, – quando io venivo per vedere ilvostro Elis: e ci venivo spesso, perché lo ingozzavate, gliconsentivate ogni abuso: o, per dir la verità, perché michiamavate ad ogni suo più innocuo disturbo; mi dava piùda fare lui che tutti gli altri malati presi assieme. E conquanta lana lo avvolgevate, d’inverno; era un bel bambino,però! E bello anche da ragazzo.

35Il ritorno del figlio

909. dottore] Dottore 910 prodotta] da [– causata ↔ + pro↔|dotta]911. forse…sosteneva:] sup.\forse da un carretto, come Davide sosteneva:/913-914. non si fosse…per bene] da [– le Auto↔|rità competenti, cioè ilSindaco ↔| e lo stesso brigadiere non avessero ↔| trovato + sup. \non sifosse trovata una donna per ↔| bene/] 915. Davide] dopo [– ‹Arquà›]♦ fu] da [– parve + sup.\fu/] 916. si calmò;] da [– / + sup.\si calmò;/]917. noia] noja 918. parete;] su parente, 919. di lui.] ins. inf. spaz.interv. 920. dottore] Dottore 921. Bona] su <+>ona ♦ dopo [–] 923.dottore] Dottore 926. voi] su <++> 930. vostro] da [– tuo +sup.\vostro/] 932. disturbo;] disturbo: 935. però! E bello anche daragazzo] però! > Bello! < E bello anche da ragazzo

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Mentre il dottore parlava così, Bona si sentiva un sassolinonella gola: avrebbe voluto mettere del veleno nel caffè chegli offriva, eppure desiderava ch’egli proseguisse. Egli pro-seguiva; ma parlava di lei adesso.– Avete l’ombra della morte negli occhi, Bona. Bona, su! Senon volevate soffrire, non dovevate godere: se non volevateperdere vostro figlio non dovevate farlo.Ella scattò.– Lei parla così perché figli non ne ha.– Non ne ho, appunto, perché non ne ho voluto. Némoglie, né figli, né nipoti, né parenti. Solo! La vita bisognaprenderla così: o // accettare i suoi beni e i mali che ne deri-vano, o nulla.– Ma io non voglio più nulla: io non ho più nulla.Egli tendeva l’orecchio per non perdere le parole di lei.– Lo dite voi! E vostro marito non lo avete? E i vostri beni,i vostri parenti, la casa, i servi, non li avete? Siete obbligataa loro, poiché li avete voluti, come io sono obbligato aimiei clienti. Si vive o si muore – egli proseguì, bevendo,dopo ogni frase, un sorso di caffè. – Se si vuol vivere biso-gna compiere tutti i doveri che la vita c’impone; altrimentisi muore.– Come si fa a morire? – ella domandò con voce sorda.– Che cosa?– Come si fa a morire? – ella ripeté esasperata.

36 GRAZIA DELEDDA

936. Mentre…Bona] da [– Mentre (–) parlava così (–) ↔| (–) + inf.\Mentre il Dottore → (dottore) parlava così, Bona /] 940. Avete] da [–Hai + sup.\Avete/] ♦ Bona. Bona, su!] da [– Gonaria! Su + sup.\Bona.Bona, > su, < / su!] 942. vostro] sup.\ – tuo / 943. Ella scattò] dopo [–e gridò] 945. appunto,] appunto 946. Solo!] dopo [– Bona (su Gona-ria) Arquà] ♦ La] su <+>a 947. suoi] su <+>uoi ♦ i mali] da i > suoi <mali 947-948. ne derivano, o nulla.] da [– / + sup.\ne derivano, onulla./] 950. Egli…di lei.] sup.\Egli tendeva l’orecchio per non perderele parole di lei./ 951. dite voi] su dici tu ♦ vostro] da [– tuo + inf.\vostro(stl.)/] 951-952. non…i vostri] da [– lo hai? E i tuoi beni, i tuoi +sup.\non lo avete? E i vostri beni, i vostri/] 952. la casa,] sup.\la (– tua)casa,/ ♦ i servi] i [– tuoi] servi ♦ avete?] da [– hai + sup.\ave↔|te?/] 953.avete] da [– hai + sup.\avete/] 954. proseguì] prosegui 955. frase, unsorso] frase un sorso 958-959. domandò…– Che cosa?] da [– domandòcon voce sorda. + sup.\domandò con voce sorda. ↔| – Che cosa?/]

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– Ci si impicca, ci si spara, ci si getta nel fiume.– L’avrei già fatto, se...“Se non sperassi ch’egli ritorni.„ Il suo segreto, però, leistessa lo sentiva così assurdo che non volle rivelarlo.– Se voi non amaste ancora la vita – interpretò il dottore. –Chi è veramente disperato muore. Ma voi no, non sietedisperata; voi amate ancora l’aria che respirate; il fuoco chevi scalda, la vostra casa, il vostro stesso dolore. E del restoavete ragione: la vita è bella per sé stessa; la vita anche cosìcome voi la prendete, nella forma materiale, come io pren-do questa buona tazza di caffè. Tutto è bello, fuorché lamorte.Ella scuoteva la testa: no, no, egli non sapeva, non potevacapire: eppoi, a che serviva parla//re? Le parole degli altri, eanche le sue stesse, ormai, le sembravano vane come ilrumore del vento. Eppure qualche cosa si agitava nella suacoscienza mentre il dottore proseguiva:– Chi avrebbe ragione di dolersi, se gli fosse possibile,sarebbe lui, il vostro ragazzo, perché morto. Ma egli nonpuò più: e questo è il male più terribile della morte; nep-pure più soffrire. Più nulla! Capite bene questa parola,Bona? Nulla?– È questo... è questo...– No, voi non soffrite perché è morto, soffrite perché nonè più vivo, perché non l’avete più qui, perché non vi vede-te più vivere in lui. In fondo cos’è che si ama nei figli? Noi

37Il ritorno del figlio

963. “Se non sperassi ch’egli ritorni.„] «Se non sperassi ch’egli ritorni» ♦lei] ella 964. rivelarlo] dirlo 965. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ amaste]su amassi ♦ dottore] Dottore 966. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ siete] susei 967. disperata;] disperata: ♦ voi] da [– tu + sup.\voi/] 968. vi] suti ♦ vostra] da [– tua + sup.\vostra/] ♦ vostro] da [– tuo + sup.\vostro/]969. avete] da [– hai + sup.\avete/] 970. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦prendete] su prendi 977. dottore] Dottore 979. vostro] da [– tuo +sup.\vostro/] 981. Capite] da [– Capisci + sup.\Capite/] 982. Bona?Nulla?] da [– Gonaria Arquà? Nul + sup.\Bona? Nul↔|la?/] 984. voi]da [– tu + sup.\voi/] ♦ soffrite] soffri/te\ ♦ soffrite] soffri/te\ ♦ prima [–tu] 985. l’avete] da [– l’hai + sup.\l’avete/] 985-986. vi vedete] da [–ti vedi + sup.\vi vedete/] 986. che si ama] da [– amate + sup.\che si ama/]

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stessi, sempre, fino a che siamo morti o che loro sonomorti. E piangiamo noi stessi in loro, se essi muoionoprima di noi.– Non è questo, non è questo... Non è perché sia morto...è perché è morto così... così... prima del tempo, per manodegli uomini...– Gli uomini sono guidati da Dio. Tutto avviene per suovolere; se il vostro Elis fosse morto di malattia il vostrodolore sarebbe stato lo stesso.– No, no. Non è Dio a volere queste cose orribili. Me l’han-no portato via gli uomini, me lo hanno ucciso gli uomini.Perché? Una famiglia sta in casa sua, tranquilla, senza mole-sta//re nessuno, allevando con cura e onestà il propriofiglio, ed ecco vengono a prenderglielo, questo figlio: loprendono come una cosa, lo fanno servo, lo mandano asoffrire, a morire: perché? Perché?Il dottore sorrideva, guardando dentro la tazza vuota: il suosorriso sarebbe parso cinico senza una lieve piega amaraall’angolo della bocca.– Voi dunque volevate vivere fuori della società, se preten-devate che questa, giunto il momento, non vi avesse chie-sto anche la vita del figlio vostro? Tutto si mette in comu-ne nella società; appunto per questo si chiama società! Essavi regala il brigadiere, il sindaco, il pretore, il prete, vi sal-vaguarda la vita, gli averi, l’onore, persino la salute – poi-ché ha istituito scuole dalle quali escono asini sapienticome me; – e voi non volete darle nulla! Ma lasciamo anda-re queste cose: solo vi ripeto, a proposito della società, ciòche vi dissi per la vita: si accetta o non si accetta: ci si sta

38 GRAZIA DELEDDA

987. siamo] su si‹ete› 988. piangiamo] su piang[– ete] 990. Non è per-ché] da [– ella ↔| disse agitandosi (–) è perché + sup.\Non è perché/]994. volere;] volere: ♦ vostro] da [– tuo + sup.\vostro/] ♦ vostro] da [–tuo + sup.\vostro/] 998. Perché?] perché? 1000. figlio,] figlio: ♦ figlio:]figlio; 1002. morire:] morire. 1003. dottore] Dottore 1006. Voi] da[– Tu + sup.\Voi/] ♦ volevate] su volevi 1006-1007. pretendevate] su pre-tendevi ♦ vi] su ti 1008. figlio vostro] da [– tuo + sup.\vostro1/]fi↔|glio2 1010. vi] su ti ♦ regala] su [–] ♦ il brigadiere, …il prete,] sup.\il Brigadiere→[brigadiere], il sindaco, il pretore, > e < il prete,/ 1010-1011. vi salvaguarda] sup.\vi salva/guarda 1013. voi] da [– tu + sup.\voi/]♦ volete] su ‹vuoi› 1014. vi] su ti ♦ ciò] su ‹che› 1015. vi] su ti

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dentro o fuori. E ditemi una cosa, Bona, – aggiunse poi,rimettendo la tazza sul vassoio che ella teneva fermo sulleginocchia, – perché non vi prendete questo bambino sper-duto?Bona sollevò gli occhi, grandi tristi e pieni d’odio eppureattraversati da un baleno di speranza; ma non rispose.– La vita ricomincia tutti i giorni. E voi siete giovine anco-ra. Su, alzatevi e andate a guardare quel bambino. Non pareche // il destino ve lo abbia mandato apposta in casa comeun regalo, per compensarvi di quello che vi ha tolto?Ma la donna stava ferma, premendosi sulle ginocchia il vas-soio; solo scuoteva la testa china, accennando di no, di no.Non voleva piccoli compensi dal destino, lei; nulla potevacompensare il danno che le era stato fatto.Ma rimasta sola cominciò a ripensare alle parole del dotto-re. E per la prima volta la spiegazione della morte del suofigliuolo le apparve chiara alla mente: non la convinse etanto meno la consolò, ma le apparve chiara. //

39Il ritorno del figlio

1016. E ditemi una cosa, Bona,-] da [– E dimmi una cosa, Gonaria Arquà+ sup.\E ditemi una cosa, Bona,-/] ♦ aggiunse] da [– disse + sup.\aggiun-se/] ♦ prima [– egli] 1017. che ella] ch’ella 1018. vi prendete] su tiprendi 1020. Bona] da [– Ella + lat.\Bona/] 1021. speranza;] speran-za: 1022. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ siete] su sei 1023. e andate] da[– e va + sup.\e andate/] 1024. il destino] prima [– che] ♦ ve] su te1025. compensarvi] su compensarti ♦ vi] su ti ♦ ha] da [– aveva +sup.\ha/] 1026-1027. vassoio;] vassoio: ♦ scuoteva] su s‹q›uoteva 1029.stato fatto] ins. inf. spaz. interv. 1030-1031. Ma…dottore.] da [– – Delresto, Davide non lo vuole, – ↔| disse per tagliar corto alle parole ↔| inu-tili del dottore. – Eppoi, cosa ↔| ne sappiamo che non si ritrovino ↔| iparenti? ↔| – Ah, oh, questo non lo credo (su cred‹evo›) ↔| davvero! Eche Davide non lo ↔| voglia non lo credo (su cred‹evo›) neppure. Se ↔|(– tu lo vorrai, stai pure sicura + sup.\voi lo vorrete, sono anzi certissimo/)↔| che gli farete (– il più + sup.\un/) grande piacere. ↔| – Io non lovoglio, – ella disse con ↔| una certa asprezza; e il Dottore ↔| non insi-stè: (– Ma andato via lui ↔| Gonaria + sup.\Ma rimasta sola, Bona/)comincia a ripensare ↔| (– alle cose che egli aveva detto + sup.\alle cose(–) dette dal Dottore/) che lat.\\in// ↔| fondo, aveva molta grande stima↔| (– per il Dottore + sup.\di lui;/) era un uomo rispetta↔|to da tutti,per la sua onestà, per ↔| la sua vita rigida: molti ricorreva↔|no a lui perconsigli, per ‹+++›: ↔| era anche medico di anime. + sup.\Ma rimasta sola(– ricom) cominciò ↔| a ripensare alle parole del Dottore (dottore)./]1032. chiara] sup.\chiara/

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Di là il bambino piangeva: quanto la sera prima era statoquieto, adesso era agitato: pareva sentisse l’ostilità dellagente intorno a lui. La stessa Albina, un po’ stanca per lacattiva notte passata, sembrava non se ne curasse più. Eli-sabetta diceva:– I bambini bisogna lasciarli piangere: fa loro bene ai pol-moni.Bona però ricordava che quando Elis piangeva, la vecchiaserva correva a porgergli un dolce o un fiore, per farlo che-tare: e di nuovo ella ricadeva nei suoi ricordi, nella suapena, e il pianto del bambino non riusciva che ad irritarla.Poi vennero delle visite: donne curiose, che nella loro fan-tasia trovavano mille spiegazioni alla oscura avventura delpiccolo sperduto: e lo volevano vedere, e trovavano che ras-somigliava a questo, o a quest’altro: qualcuna malignòaccennando anche alle fattezze di Davide; ma Elisabetta,nonostante i suoi dubbi, difese il padrone.– Ma non vedi piuttosto che rassomiglia alla padrona? Glistessi occhi, lo stesso modo di guardare. Allora dovrebbeessere suo!La cosa era così assurda che fece persino ridere le donne:una tentò di scherzare: andò da Bona e le batté la manosulla spalla:– Ah, avevi l’amico, ti sei fatta un figlio di nascosto, // poil’hai fatto mettere in mezzo alla strada perché Davide te loriportasse a casa!Ma Bona non rise; e neppure si offese: più che mai le vanechiacchiere delle donne le sembravano il rumore del vento.Una vecchia signora ricca, vedova e senza figli disse:– Se tu non lo vuoi, come dicono, me lo prendo io.Allora Bona si animò un poco: anzitutto perché la signora

40 GRAZIA DELEDDA

1035. l’ostilità] prima [– il senso del] 1037. se] su si ♦ ne] sup.\ne/ ♦più] dopo [– di lui] 1041. Bona però] da [– Gonaria + sup.\Bona però/]1042. correva] dopo [– invece] 1049. ma Elisabetta] prima [– Arquà]1055. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 1058. Davide] dopo [– Arquà]1060. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] ♦ rise;] rise: 1062. signoraricca, vedova e] da [– riccona, vedova, e + sup.\signora ricca, vedova e/]1064. Bona] su Gonaria

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era amica dei preti, eppoi perché una cosa ancora sopravvi-veva in lei: il senso della dignità.– Chi dice che non lo voglio? – Tutti lo dicono. Eppoi si vede: non ti commuove neppu-re il suo pianto.Bona non discusse oltre; ma andata via quella e soprag-giunte altre donne, come il bambino non cessava di lamen-tarsi, si decise d’andare a vederlo. Era anche lievementecuriosa, dopo l’accenno di Elisabetta, di osservare se i loroocchi si rassomigliavano davvero, ma non le riuscì, perchéil bambino volgeva il viso contratto dal pianto verso laparete e pareva volesse nascondersi.Ella stette umiliata a guardarlo: non ne provava pietà, manon s’irritava più.Poi d’un tratto, mentre lei e le donne stavano di nuovo riu-nite in cucina, il bambino si chetò: Albina andò a guarda-re: tornò presso la padrona.– Sa una cosa? Michele sta presso di lui e gli mormora //delle paroline e la creatura lo guarda incantato e non pian-ge più.

Tre giorni il bambino rimase a letto con la febbre: non silamentava più, ma rifiutava il cibo, finché a Bona venne l’i-dea di farglielo offrire da Michele. Ed ecco Michele conuna tazza di latte in mano: con l’altra mano cerca la testadel bambino sollevato sui guanciali e gli avvicina la tazzaalla bocca: e il malato beve il latte fino all’ultima goccia.– È una cosa strana – mormora Albina, trasognata. – Tuttoè mistero in questa creatura.

41Il ritorno del figlio

1064-1065. anzitutto…perché] sup.\anzitutto perché la signora era amicadei preti, eppoi perché/ 1070. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/]1071-1072. di lamentarsi, si decise] di lamentarsi, > ella < si decise 1073curiosa,] da [– curiosa di guardare i suoi ↔| occhi + sup.\curiosa,/]1073-1074. di osservare…non le riuscì,] da [– alla rassomiglianza con isuoi: ↔| ma non fu possibile vederli bene + sup.\di osservare se i loroocchi si rassomiglia↔|vano davvero, ma non le riuscì,/] 1083. paroline]paroline: 1083-1084. non piange più.] dopo [– Michele era il servocieco] ♦ ins. inf. spaz. interv. 1085. letto] letto, 1086. Bona] da [–Gonaria + sup.\Bona/] 1088. una] la 1089. sollevato] su <++>llevato1090. malato] malatino

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Ma il dottore al quale le serve raccontano il fatto, spiegache la simpatia del bambino per il cieco è una cosa sempli-cissima: tutti i bambini sentono per istinto chi loro vuolbene e chi loro vuol male; e Michele vuol bene al piccoloEliseo.– Eliseo? Si chiama Eliseo anche questo? Come lo sa, lei?– Giacché non sappiamo altro nome chiamiamolo così.Allora cominciarono a chiamarlo Elis. Albina credeva chela padrona protestasse o piangesse: la padrona non protestòné pianse, ma si astenne dal // chiamare il bambino conquel nome. Del resto non se ne curava più che tanto: pare-va ricaduta nello stato di prima, e lasciava fare agli altriquello che volevano.Così, il cieco passava silenzioso lungo la parete della cuci-na, poi di quella della stanza da pranzo, penetrava nellacamera di Albina e si metteva accanto al letto dov’era ilbambino, e lo toccava timidamente, gli parlava sottovoce,poteva star lì finché voleva.Il brigadiere, intanto, indagava: e naturalmente non riusci-va a saper nulla. Il dottore veniva spesso: non insisteva pres-so Bona perché ella tenesse il bambino, ma ogni volta lechiedeva una tazza di caffè e lo voleva da lei.Il quarto giorno consigliò alle serve di far alzare il nuovoElis. Lo alzarono. Albina gli aveva lavato il vestitino, e gliravviò i capelli fini ondulati e lunghi. Era bello, adesso,d’una bellezza bruna e un po’ melanconica come quelladella viola.

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1093. dottore] Dottore 1095. tutti] prima [– che + sup.\ – come/]1095-1096. chi loro vuol bene] prima [– chi (– loro + sup.\gli/) vuol benee chi (– loro + sup.\gli/) vuole ↔| male, e che Michele, si vede, vuol ↔|bene all e quindi questo si] 1098. Come lo sa, lei?] dopo [– do↔|mandòAlbina spalancando gli occhi] 1109. bambino,] bambino: 1111. enaturalmente] sup.\e naturalmente/ ♦ prima [– ma] 1112. dottore] Dot-tore 1113. Bona] su Gonaria ♦ tenesse] prima [– si decidesse] 1115.Il quarto] Al quarto ♦ nuovo Elis] da [– bambino + sup.\nuovo Elis/] ♦il vestitino] la vesticciuola 1118. d’una bellezza] prima [– sebbene palli-do] ♦ bruna] da [– fresca + sup.\ bruna/] 1119. della viola.] da [– di unfiore bianco + sup.\della viola./]

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La serva lo portò in cucina, lo mise a sedere sulla panca,accanto alla padrona. Questa non si scuoteva, mentre ilcieco, dall’altro lato del camino, protendeva il viso quasiansioso ma come illuminato da un sorriso interno: nonosava parlare né toccare il bambino, in presenza dellapadrona, ma pareva l’odorasse.

Per alcun tempo rimasero soli tutti e tre.Anche Bona guardava il bambino ma non lo toccava: egli asua volta pareva non curarsi di altro che dei suoi piedinicon uno dei quali giocava un po’ irritato, come volesse stac-carselo per averlo meglio fra le mani. D’un tratto si agitòtanto che fu per cadere dalla panca. Allora Bona lo preseper le spalle, se lo attirò contro il fianco: egli sollevò gliocchi a guardarla in viso, come sorpreso dell’atto di lei ecurioso di vedere chi ella fosse: e quello sguardo la turbòfino al profondo delle viscere. Sì, anche lei aveva vedutoaltre volte quegli occhi: ma Elisabetta sbagliava dicendoch’erano simili ai suoi: erano gli occhi del suo Elis bambino.

Disse subito a sé stessa che si sbagliava anche lei: si offesedella sua illusione, del suo turbamento: le pareva di rubarequalche cosa al suo vero Elis commovendosi per questofalso Elis.Ma già lo strato della sua indifferenza s’era incrinato: omeglio, era come quando il gelo si scioglie sul prato e qual-che filo d’erba pare che nasca dalla neve.

43Il ritorno del figlio

1122. del camino,] del bambino 1125. l’odorasse.] lo ↔| odorasse. ♦dopo [– per alcun tempo] ♦ ins. inf. spaz. interv. 1126. Per alcun tempo]per alcun tempo ♦ ins. sup. spaz. interv. 1127. Bona] da [– Gonaria +sup.\Bona/] 1131. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 1132. se loattirò] lo attirò ♦ il fianco] il suo fianco 1135. Sì, anche lei] da [– Ella+ sup.\Sì, anche lei/] 1137. del suo Elis bambino.] ins. inf. spaz. interv.1138. Disse subito a sé stessa] Disse subito > però < a sé stessa 1140.vero] sup.\vero/ 1142. della sua indifferenza] dell’indifferenza 1143. ilgelo] da [– la ↔| neve + /il\ ↔| sup.\gelo/] 1144. qualche] da [– i primi+ sup.\qualche/] ♦ filo] su fili ♦ che nasca dalla neve.] da [– che spuntidalla (–) neve + sup.\che nasca dalla neve./]

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Bona chiamò Elisabetta per mandarla a comperare un paiodi scarpette per il bambino: la serva bronto//lò, perchéaveva da fare; allora Michele si offrì di andare lui; e tornòpresto, come avesse corso, con un ottimo paio di scarpette.Il bambino, mentre Bona gliele calzava, guardava chino,curioso: d’un tratto sollevò il viso e sorrise alla donnamostrando i suoi otto dentini lucidi: poi tornò a piegarsi erise forte, senza più osare di toccarsi i piedi.E finalmente, finalmente la donna sentì come due pietresciogliersi entro i suoi occhi: lagrime quasi di voluttà le sce-sero, fermandosi sui solchi del suo viso ove subito s’asciu-garono come una lieve pioggia estiva su una terra riarsa. //Ma non voleva551 farsi vedere a piangere. Da chi se nonc’era altri che il cieco? Appunto da lui, che appoggiato allapanca pareva, al solito, odorasse, con le narici un po’ aper-te, le cose intorno.– Adesso che siamo calzati, possiamo andare a spasso – elladisse mettendo il bambino per terra. – Sei buono a cam-minare?

44 GRAZIA DELEDDA

1145. Bona] da [– Ella + sup.\Bona/] ♦ paio] pajo 1146. la serva] prima[–] ♦ brontolò] da bronto↔// [– lava + sup.\lò /] 1148. paio] pajo1148-1149. scarpette…Bona gliele] da scar↔|[– pette: gialle, giuste aipiedi del bambino. ↔| E questo mentre Gonaria gliele + sup.\scarpette. Ilbambino, mentre Bona gliele./] 1151. otto dentini lucidi] bei dentinilucidi 1152. i] da [– suoi + sup.\i/] 1156 terra riarsa.] dopo [– Mise ilbambino per terra ↔| e gli disse di camminare. ↔| Ancora non sapevanos’egli ↔| camminava. Egli camminava: ↔| s’avviò, sempre intento a guar-da↔|re le sue scarpette, ma dopo ↔| qualche passo vacillò. ↔| la donnasi slanciò a riprender↔|lo; lo condusse lei, per le mani: ↔| ma, fino all’u-scio della stanza: ↔| lo ricondusse verso la panca: ↔| (– Michele +sup.\quando furono vicino al cieco che/) tendeva l’orecchio al ↔| rumoredei loro passi (– quando) ↔| il bambino gli afferrò le ↔| ginocchia perappoggiarsi e ↔| sollevò il viso sorridendo anche ↔| a lui.] ↔// [– siaveva l’impressione di ↔| essere in tanti: i servi, le serve, ↔| la balia;eppoi c’erano sempre ↔| ospiti. La casa era grande, ↔| con un porticoantico: certe ↔| camere erano del tutto disabita↔|te, con dei balconcinidi le↔|gno che guardavano sulle ↔| valli: tre valli, si vedevano, del↔|lanostra casa; una tutta colti↔|vata a viti e olivi, le altre ↔| due selvaggie,rocciose, coperte ↔| di rovi e di ginestre.] 1157. Ma non voleva] primains. sup. spaz. interv. ↔| [– Ma ‹ancora›]

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Ancora non avevano provato a farlo camminare.– Su, Elis, su, coraggio, va.Era la prima volta che lo chiamava così; ma Elis rimanevaattaccato a lei; allora lo riprese in braccio e andò fuori, nelcortile erboso, dietro la casa, dove al disopra del muro sivedeva la china verde della collina.Uno stupore di sogno regnava nell’aria tiepida; sul cieloturchino le nuvole s’erano fermate e pareva dormissero.Ogni foglia, ogni filo d’erba era nel suo pieno rigoglio,gonfio, lucido di felicità.Sul ciglione sopra il muro alcuni vecchi tronchi, con solopochi rametti in cima simili ad artigli, s’erano anch’essicoperti di ciuffi di verde e pareva avessero strappato dell’er-ba e la tenessero così fra l’unghie per // gioco.Bona sedette sull’erba, stese il lembo della sottana e videpose il bambino; e il bambino cominciò ad arricciare ilnaso indicando col ditino un ranuncolo che splendeva lìaccanto: lo voleva, voleva odorarlo; qualcuno gli aveva giàinsegnato a odorare i fiori.E Bona che credeva di non dover più mai cogliere un fiore,colse il ranuncolo e glielo mise fra le ditine, più belle e deli-cate dello stelo del fiore. Il bambino allora allungò il brac-cio e le accostò al naso il fiorellino: in quell’attimo ella ebbel’impressione confusa che la vita e la natura volessero ricon-ciliarsi con lei.Ma ecco il “Mau„, il gatto nero che si avanzava molle esilenzioso e le ruba subito l’attenzione e la tenerezza delbambino.Dapprima i due si guardano, con curiosità diffidente, pois’intendono subito. Il bambino offre esitando il suo fiore adodorare al gatto; il gatto odora, ma non si commuove. Isuoi occhi verdi come due foglie si sollevano con indolen-za a guardare una farfalla che passa volando: anche il bam-

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1168. disopra] di sopra 1170. Uno stupore di sogno] prima [– una pacequasi] 1171. le nuvole] prima [– ove] 1173. lucido] sup.\lucido/1175. anch’essi] sup.\anch’essi/ 1179. bambino;] bambino: 1189.“Mau„] sup.\Mau/ ♦ si avanzava] si avanza 1192. curiosità] prima [– unsenso] 1193. esitando] da [– subito + sup.\esitando/] 1194. al gatto;]al gatto: 1195 con indolenza] sup.\con indolenza/

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bino la guarda; tutti e due hanno un lieve fremito, un desi-derio di conquista; ma la farfalla è già lontana; // essi tor-nano a guardarsi; il bambino allunga il suo piccolo indiceper toccare il musino umido del gatto: non osa, però, fin-ché Bona non gli prende la manina e attirando a sé la bestiagliela fa accarezzare tutta. Allora il bambino ricomincia aridere di piacere, di gioia, e pronunzia finalmente una paro-la:– Tata!– Tata! Chi è? La nonna, la zia, la balia? La mamma nonpuò essere, perché la mamma si chiama solo col suo nome.Mamma!– Di’ mamma, Elis, mamma.Il bambino non lo sa dire: dunque nessuno glielo ha inse-gnato: forse mamma non ne ha avuto, non ne ha certa-mente avuto: una mamma non lo avrebbe lasciato sperder-si così nel mondo.

– Di’ mamma, di’ mamma. Mamma? – continuava a insi-stere Bona, sottovoce, guardandosi attorno per paura diessere sentita.E ricordava qualche cosa di misterioso, di confuso, unascena alla quale aveva assistito da poco ma non ricordavadove, come, perché. Ah, ecco, il sogno, il segreto che ilbambino doveva dirle appena si sarebbero trovati soli. // Ondate di un turbamento ch’era fatto ancora di doloreardente ma anche di amore, la investivano tutta, così, ditanto in tanto, per ogni gesto ed ogni grido del bambino.Forse era la primavera, col suo alito materno, a scioglierlequel gran dolore che le aveva pietrificato il sangue nellevene; il fatto è che ella non cedeva una goccia sola di que-sto dolore e non voleva più neppure piangere per non per-derlo con le sue lagrime, ma se lo sentiva diverso, scorrerledentro le vene, caldo, vitale.La sua folle speranza la riprendeva tutta.

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1200. gatto:] gatto; 1201. la bestia] da [– il gatto + sup.\la bestia/]1213. così nel mondo.] ins. inf. spaz. interv. 1224. alito materno,] alitomaterno 1226. vene;] vene:

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– Egli tornerà, egli tornerà. Se io prendo questo bambinoper figlio, Dio mi compenserà col suo ritorno.

Così il marito, di ritorno dal Consiglio, la trovò ancora nelcortile, col bambino, il “Mau„ la farfalla che si divertiva perconto suo intorno a loro.Anche il cieco era venuto piano piano a mettersi in unapiega del muro, cercando di non farsi vedere per non irri-tare la padrona, ma odorando ogni cosa. Il bambino, a suavolta, sentiva che Michele era lì, e tendeva a staccarsi daBona; ma Bona, // che s’accorgeva anche lei della presenzadel cieco, provava un senso di gelosia e teneva il piccolostretto a sé cercando ancora di farlo divertire col gatto.Oramai però i due amici s’erano stancati di desiderarsi, ecominciavano anzi a guardarsi con ostilità. La coda delbuon “Mau„ si gonfiava di stizza, le sue unghie apparivanoe scomparivano in cima alle dolci zampette: finché coglien-do l’occasione della comparsa di Davide, col quale nonaveva molta confidenza, s’allungò e sgusciò dalla mano diBona.Davide sembrava, al solito, di cattivo umore, cosa che, delresto, non impressionava più nessuno: piuttosto ci si sareb-be impressionati a vederlo di buon umore.Ma anche lui non s’impressionò e finse di nulla, nel vedereBona col bambino: qualche cosa però dovette passargli nel-l’anima perché si divertì a tormentare il cieco.– Che fai lì in agguato? Pare abbi litigato con Dio tanto hail’aria confusa.L’altro non aprì bocca: potevano fargli quel che volevano,quel giorno, tanto era contento, d’una gioia un po’ doloro-sa di innamorato che è pronto a sacrificare anche il suoamore, purché l’oggetto amato sia felice. //

47Il ritorno del figlio

1232. col suo ritorno.] ins. inf. spaz. interv. 1234. nel cortile,] da [– / +sup.\nel cortile,/] ♦ “Mau„] Mau stl. 1237. cercando] prima [– stava là]1245. “Mau„] Mau 1246. scomparivano] sparivano da [– scompaiono+ sup.\sparivano/] ♦ dolci] sup.\dolci/ ♦ finché] prima [– di] 1248.aveva] da [– ha + sup.\aveva/] 1259. contento] da [– felice + sup.\con-tento/] ♦ gioia] da [– felicità + sup.\gioia/]

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Davide s’avanzava guardando il suo orologio.– Lo sai, moglie mia, che ora è? Manca un minuto a mez-zogiorno. E le tue padrone ancora non hanno preparato latavola.Bona fu pronta ad alzarsi, sorreggendo il bambino.– Ah, ah, siamo già calzati! Bisogna camminare, dunque. Eparlare anche.Il bambino diede un grido:– Tata!– Curioso, non sembra più lui. È come ringiovanito: ades-so è un bambino. Cammina, su, giovinotto.Davide s’era piegato a stendere le braccia ad arco invitandoil bambino a staccarsi da Bona. E Bona lasciò libero il bam-bino: no, del marito non poteva esser gelosa... Eppureun’ombra le attraversò il cuore... Sì, era ancora gelosa per-ché era ancora viva.Ma il miracolo al quale assisteva le rischiarò di nuovo ilcuore.Il bambino camminava.Andava dritto dritto rapido a Davide: inciampò, ma l’uo-mo fu pronto ad andargli incontro facendo: – Ah, bravo! –e l’accolse fra le sue braccia. Il bambino gli sorrise. Davideallora si volse a pochi passi dal muro e lasciò andare il bam-bino: e il bambino andò dritto dritto rapido dal cieco; gliafferrò una gamba per appoggiarsi e sollevando il viso sor-rise anche a lui.

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1264. padrone] prima [– gentili] 1274. lasciò libero il bambino] lolasciava libero, adesso 1276. il cuore...] da [– la ↔| mente… + /il\ ↔|sup.\cuore.../] 1284. muro] da [– cieco + sup.\ muro /] 1285. bambi-no:] bambino; 1287. anche a lui.] ins. inf. Grazia Deledda

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BIBLIOGRAFIA DEI RACCONTI E DELLE NOVELLE1

Sangue sardo, «L’Ultima Moda», Roma, III (1-8 luglio, 1888), 88-89 [inIl primo passo. Confessioni di scrittori contemporanei, Firenze, Nemi,1937; Versi e prose giovanili di Grazia Deledda, Milano, Treves, 1938;Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; in Controcanto, Roma,Sovera, 1991; Roma, Newton Compton, 1995].

Remigia Helder, «L’Ultima Moda», Roma, III (19 agosto 1888), 95.

Memorie di Fernanda, «L’Ultima Moda», Roma, III (12 settembre 1888– 2 giugno 1889).

Sulla montagna, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 18 ottobre-15 novem-bre 1888 [in Nell’azzurro, Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929;in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro,Ilisso, 1996].

Cose infantili, «Il Paradiso dei Bambini», Roma 14 aprile 1889 [con iltitolo Memorie infantili in Nell’azzurro, Milano-Roma, Trevisini,1890; 1898; 1929; con il titolo Ricordi d’infanzia, Milano, Virgilio,1972; con il titolo Memorie infantili in Novelle – I, Nuoro, Ilisso,1996].

La pesca miracolosa, «La Sardegna», Sassari, VIII (16-18 aprile 1889), 89-91.

Il castello di S. Lor, «La Sardegna», Sassari, VIII (19-25 aprile 1889), 93-98.

Eleonora d’Arborea, «L’Ultima Moda», Roma, III (22 giugno 1889), 191.

Don Smeraldo, «L’Ultima Moda», Roma, III (15-22 settembre 1889),151-152.

Martella, racconto, «L’Ultima Moda», Roma, III (25 settembre - 6 otto-bre 1889), 153-154.

Amori fatali (Povera e ricco), «L’Ultima Moda», Roma, IV (7, 14, 22 set-tembre 1890 – 6, 11 marzo 1892), 202, 204, 221, 226 [in appendice

1 Bibliografie dei racconti e delle novelle di Grazia Deledda si trovano in: E. DE

MICHELIS, Grazia Deledda e il decadentismo, Firenze, La Nuova Italia, 1938; R.BRANCA, Bibliografia deleddiana, Milano, L’Eroica, 1938; A. GUARINO, Bibliogra-fia per la Deledda, «Ichnusa», III, Sassari, Gallizzi, 1951; A. DOLFI, Grazia Deled-da, Milano, Mursia, 1979; P. MURA, Le novelle di Grazia Deledda. Appunti per unabibliografia (A-I), «Portales», 2, Agosto, 2002, 123-135; (L-Z), «Portales», 3-4,Ottobre 2003 - Aprile 2004, 206-222.

al romanzo di P. FÉVAL, Il sorriso della vergine, Roma, Perino, 1892insieme a La leggenda nera e Il ritratto].

Novelle d’autunno - Il palazzo dello zio (Ricca e Povero), «L’Ultima Moda»,Roma, IV (28 settembre 1890 – 24 maggio 1891), 205, 209-210,215-216, 218, 237-239.

Una terribile notte, «La Sardegna», Sassari, IX (21-30 ottobre 1890), 248-256 [in Nell’azzurro, Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929;Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Nell’azzurro [Vita silvana; Sulla montagna Memorie infantili; Una terribi-le notte; La casa paterna], Milano-Roma, Trevisini, 1890 [Milano, Tre-visini, 1898; 1929; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Sulle montagne sarde, «L’Illustrazione per Tutti», Roma, 8-15 marzo 1891[in appendice a: V. BERSEZIO, Potessi farlo vivere!, Roma, Perino,1892].

Vendette d’amore [con dedica «A Enrico Costa»], «Vita Sarda», Cagliari, I(1 e 10 maggio, 7 giugno e 4 luglio 1891), 3, 4, 6, 8.

Sulla neve, «L’Illustrazione per Tutti», Roma, 17-24 maggio e 7-14 giu-gno 1891 [con il titolo di Amore regale nel volume omonimo, Roma,Perino, 1891].

Il pretore [con dedica «Alla mia gentile amica Elda di Montedoro»],«L’Ultima Moda», Roma, V (21 maggio - 7 giugno 1891), 240- 241.

Nello studio, «L’Ultima Moda», Roma, V (14-21 giugno - 5 luglio 1891),242-243, 245.

Il mago, «La Tribuna Illustrata», Roma, 28 giugno 1891 [in Raccontisardi, Sassari, Dessy, 1894; «Sardinia di Capo d’Anno», II, 1, suppl. aln. 8; «La Riviera Ligure», II serie (1906), 86, Genova; Firenze, Quat-trini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Sull’Agri, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 1-8 ottobre 1891 [in Amoreregale, Roma, Perino, 1891; da: Stella d’Oriente, Cagliari, Tipografia di«L’Avvenire di Sardegna», 1891].

Il ritratto, «L’Illustrazione per Tutti», Roma, 18-25 ottobre 1891 [inappendice a: P. FÉVAL, Il sorriso della vergine, Roma, Perino, 1892,insieme a: Amori fatali e La leggenda nera].

Il castello di Sant’Onofrio, «La Sardegna», Sassari, X, 7 novembre-24dicembre 1891 [anche in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio,1972].

Paesaggi, «Vita Sarda», Cagliari, I (6 dicembre 1891), 19 [con il titoloPaesaggi e figure in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972].

52 IL RITORNO DEL FIGLIO

Il Natale in Sardegna, «L’Ultima Moda», Roma, 27 dicembre 1891.

Amore regale, Roma, Perino, 1891.

Amore…lontano, in Amore regale, Roma, Perino, 1891 [con il titolo Dal‘Giornale’ di una pittrice in «L’Illustrazione per Tutti», Roma, aprile-maggio 1892; con il titolo Dal ‘Giornale’ di una pittrice in «Boccaccio»,Firenze, aprile-maggio 1892].

Ignorata, «L’Ultima Moda», Roma, 10 gennaio 1892.

La leggenda nera, «L’Ultima Moda», Roma, 21 febbraio 1892 [in appen-dice a: P. FÉVAL, Il sorriso della vergine, Roma, Perino, 1892, insieme a:Amori fatali e Il ritratto].

Nell’abisso, «L’Ultima Moda», Roma, VI (13 marzo – 10 aprile 1892).

Fuoco, «Vita Sarda», Cagliari, II (27 marzo 1892), 4 [in appendice a: A.ALBALAT, Il direttissimo del mattino, Roma, Perino, 1892].

Giaffàh [con dedica «A l’amico G. M. Lupini»], «Il Paradiso dei Bambi-ni», Roma, 5,12,19,26 maggio – 9,16 giugno 1892 [in opuscolo, coll.«Per il mondo piccino», Palermo, Sandron, 1899; Palermo, Sandron,1921].

Romanzo minimo [con dedica «A Enrico Butti»], «Boccaccio», Firenze,31 luglio - 1 agosto 1892 [«L’Ultima Moda», Roma, 25 settembre - 2ottobre 1892; poi in Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze,Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Macchiette, «Vita Moderna», Milano, 7 agosto 1892 [in Racconti sardi,Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Versi e prose giovanili,Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Bambini, «Vita Sarda», Cagliari, II (7 agosto 1892), 14 [«L’UltimaModa», Roma, 4 settembre 1892].

Piccoli poemi, «Vita Sarda», Cagliari, II (21 agosto 1892), 15.

Gabina, «Natura e Arte», Milano, 1 settembre 1892 [col titolo Di nottein Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Versie prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso,1996]. Nel 1921 da questo racconto fu tratto un dramma pastoraleintitolato La grazia e musicato da Vincenzo Michetti. Con lo stessotitolo nel 1929 fu realizzato un film per la regia di Aldo De Benedet-ti.

Gonare, «Vita Sarda», Cagliari, II (16 ottobre – 25 dicembre 1892), 19-20, 22-24 [in La via del male, Torino, Speirani, 1896].

Tre amici, «Boccaccio», Firenze, 1 novembre 1892 - 2 gennaio 1893.

53Bibliografia

Nostra Signora del Buon Consiglio, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 3-10-17 novembre 1892 [«Il Paradiso dei Bambini», Roma, 9-28 dicem-bre 1893; in opuscolo, coll. «Per il mondo piccino», Palermo, San-dron, 1899; Palermo, Sandron, 1921; in: Giaffàh, Palermo, Sandron,1931].

Da un vecchio albo, «La Terra dei Nuraghes», Sassari, I (31 novembre1892), 5.

Natale, «Natura e Arte», Milano, I (15 dicembre 1892), 2.

La dama Bianca, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 29 gennaio 1893[in Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913;Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Quaresima [dedica «A Vincenzo Boccafurni»], «Roma Letteraria», Roma,5 febbraio 1893.

Il nemico, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 16 febbraio 1893.

Fantasia grigia, «Vita Sarda», Cagliari, III (19 marzo 1893), 4.

Luisa Maria, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 6 maggio 1893.

Cani, gatti, pulcini e altri animali, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 29giugno 1893.

In sartu (Nel salto), «Roma Letteraria», Roma, 5 luglio 1893 [in Raccon-ti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I,Nuoro, Ilisso, 1996].

Viaggio di nozze, «Sardegna Artistica», Sassari, I (23 luglio 1893), 1 [L’in-domabile ? La via del male, Torino, Speirani, 1896; Versi e prose giova-nili, Milano, Virgilio, 1972].

Il padre [con dedica «A la duchesse D’Este pur souvenir»], «SardegnaArtistica», Sassari, I (10 -17 settembre 1893), [Racconti sardi, Sassari,Dessy, 1894; con il titolo I primi baci in La regina delle tenebre, Mila-no, Agnelli, 1902; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilis-so, 1996].

Gaja, «Il Fanfulla della Domenica», Roma 1 ottobre 1893.

Le disgrazie che può causare il denaro [dedica «A Mario Manca»], «Il Para-diso dei Bambini», Roma, 23-30 novembre 1893 [in opuscolo: coll.«Per il mondo piccino», Palermo, Sandron, 1899; Palermo, Sandron,1921; in Giaffà, Palermo, Sandron, 1931].

Leggende Sarde, «Roma Letteraria», Roma, 25 novembre 1893 [«VitaSarda», Cagliari, III (10 dicembre, 1893), 23; con il titolo I tre tali-smani in «La Donna Sarda», Cagliari, 10 dicembre 1893; con il titoloI tre talismani «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 14-28 dicembre

54 IL RITORNO DEL FIGLIO

1893; «Natura e ed Arte», Milano, III (15 aprile 1894); «Roma Lette-raria», Roma, 25 novembre 1895; con il titolo I tre talismani coll. «Peril mondo piccino», Palermo, Sandron, 1899; 1922; con il titolo Leg-gende di Sardegna in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; ilmanoscritto autografo è conservato presso l’Istituto Superiore Regio-nale Etnografico di Nuoro].

Mal occhio, «Natura e Arte», Milano, 15 dicembre 1893 [Mal occhio, inNotti di dicembre. Racconti di Natale, Palermo, Sellerio, 2001; bozza distampa con correzioni autografe è conservata presso l’Istituto Superio-re Regionale Etnografico di Nuoro].

Racconti Sardi [dedica «Ad Angelo De Gubernatis»], [Di notte; Il mago;Ancora magie; Romanzo minimo; La dama bianca; In sartu; Il padre;Macchiette] Sassari, Dessy, 1894 [Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

La marchesa, «La terra dei Nuraghes», Sassari, III (4 febbraio 1894), 3.

Due miracoli, «Roma Letteraria», Roma, 5 febbraio 1894 [in L’ospite,Rocca San Casciano, Cappelli, 1898; Novelle – I, Nuoro, Ilisso,1996].

La chicchera, «La Donna di Casa», Roma, 15 marzo 1894.

Sos verbos, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 11 maggio 1894.

Peppe parente, «L’Ultima Moda», Roma, 10 giugno 1894.

Don Sidru Lay, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 17 giugno 1894.

L’assassino degli alberi, «La Piccola Antologia», Roma, 22 luglio 1894 [«IlCorriere della Domenica», Roma, 8 marzo 1896; in Le tentazioni,Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916;Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano,Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Le rive1azioni, «Roma Letteraria», Roma, 15 agosto 1894.

Alla distribuzione dei premi, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 23 agosto1894.

L’arrivo, «Rivista per le Signorine», Firenze, 1-15 ottobre 1894 [AnimeOneste, Milano, Cogliati, 1895].

Zia Jacobba, «La Piccola Antologia», Roma, 14 ottobre, 20 dicembre1894 [«Il Corriere della Domenica», Roma, 14 ottobre, 20 dicembre1895; Milano, Cogliati, 1895; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto SanGiovanni, Madella, 1917; «La Novella per Tutti», Milano, I (1926), 1;Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

I primi giorni, «Rivista per le Signorine», Firenze, 1 novembre 1894[Anime Oneste, Milano, Cogliati, 1895].

55Bibliografia

Un giorno, «Roma Letteraria», Roma, 15 novembre 1894 [in L’ospite,Rocca San Casciano, Cappelli, 1898; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

I crepuscoli: l’alba, il vespro, «Rivista per le Signorine», Firenze, 1 dicem-bre 1894.

Donna Josepa, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 45, 11 dicembre1894 [con il titolo Donna Jusepa in Le tentazioni, Milano, Cogliati,1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze, Quattrini,1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion, 1921;Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Le storielle della sera, «La Ricreazione», Roma, 10 gennaio, 1895.

L’ospite, «La Vita Italiana», Roma, 10 febbraio 1895 [in L’ospite, RoccaSan Casciano, Cappelli, 1898; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Giuochi infantili sardi, «La Ricreazione», Roma, 28 febbraio 1895 [inTradizioni popolari di Nuoro, Roma, Forzani, 1895].

I Marvu, «Rivista per le Signorine», Firenze, 15 maggio 1895 [con il tito-lo Una sera d’inverno in «L’Unione Sarda», Cagliari, aprile 1898; in Letentazioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella,1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella,1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Don Evèno del Ruo, «Natura e Arte», Milano, 1 novembre 1895 [con iltitolo Don Evèno in L’ospite, Rocca San Casciano, Cappelli, 1898;Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

I malati, «Roma Letteraria», Roma, 10 dicembre 1895 [La giustizia,Torino, Speirani, 1899].

La passeggiata di Elena, «Roma Letteraria», Roma, 10 gennaio 1896 [Iltesoro, Torino, Speirani, 1897].

San Giovanni bello, «Natura e Arte», Milano, parte I (1 marzo 1896),fasc. V.

L’assassino degli alberi, «Il Corriere della Domenica», Roma, 8 marzo1896 [«La Piccola Antologia», Roma, 22 luglio 1894; in Le tentazioni,Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916;Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano,Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

La bardana, «Roma Letteraria», Roma, 25 luglio 1896 [Il tesoro, Torino,Speirani, 1897].

A San Francesco, «Natura e Arte», Milano, 15 ottobre 1896 [«La PiccolaRivista», Cagliari, II (25 febbraio 1900), 2-3; Il tesoro, Torino, Speira-ni, 1897].

56 IL RITORNO DEL FIGLIO

La taglia, «Il Corriere della Domenica», Roma, 20 dicembre 1896 [Iltesoro, Torino, Speirani, 1897].

Pellegrinaggio, «Rivista per le Signorine», Firenze, 15 febbraio 1897 [Lavia del male, Torino, Speirani, 1896].

Sardegna-Paesaggio [frammento], «Rivista Letteraria e Artistica», Caglia-ri, II (24 ottobre 1897), 1.

La montagna, «Natura e Arte», Milano, 1 dicembre 1897 [Il vecchio dellamontagna, Torino, Roux e Viarengo, 1900; con il titolo Capanna sul-l’Orthobene parzialmente ripubblicato in Versi e prose giovanili, Mila-no, Virgilio, 1972].

Un piccolo uomo, «Natura e Arte», Milano, 15 ottobre 1898 [in Le tenta-zioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915;1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917;Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

La giustizia, «Rivista per le Signorine», Firenze, 1 novembre 1898 [Lagiustizia, Torino, Speirani, 1899].

L’inevitabile, «Rivista per le Signorine», Firenze, fasc. 15-16, 1898.

Le tentazioni, «La Nuova Antologia», Roma, 162, 16 dicembre 1898 [inLe tentazioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella,1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella,1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

L’ospite [L’ospite, Un giorno, Don Evèno, Due miracoli], Rocca San Cascia-no, Cappelli, 1898 [Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Da un romanzo in preparazione, «La Piccola Rivista», Cagliari, I (31 gen-naio 1899), 4.

Domani, Palermo, Sandron, coll. «Per il mondo piccino», 1899 [in Ilflauto nel bosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilis-so, 1996].

Da la giustizia, «La Piccola Rivista», Cagliari, I (29 aprile 1899), 9 [Lagiustizia, Torino, Speirani, 1899].

L’ostacolo, «La Piccola Rivista», Cagliari, I (11 dicembre 1899), 23-24[con il titolo Il bambino smarrito in La regina delle tenebre, Milano,Giacomo Agnelli, 1901; 1902; 1903; Novelle – II, Nuoro, Ilisso,1996].

Il sogno del pastore, «Natura e Arte», Milano, parte I (15 dicembre 1899),fasc. II (1899-1900) [in Il nonno, Roma, Nuova Antologia, 1908; Cat-tive compagnie, Milano, Treves, 1921; Novelle – II, Nuoro, Ilisso,1996].

57Bibliografia

Il dolore, «La Donna Sarda», Cagliari, II (20 dicembre 1899), 12 [Versi eprose giovanili, Milano, Virgilio, 1972].

Le tentazioni [I Marvu, Un piccolo uomo, L’assassino degli alberi, ZiaJacobba, Donna Jusepa, Le tentazioni, Nel regno della pietra], Milano,Cogliati, 1899 [Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze,Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion,1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996].

Sogni invernali, «La Donna Sarda», Cagliari, III (15 Febbraio 1900), 1-2.

Cagliari, «Natura e Arte», Milano, parte I (15 maggio 1900) fasc. XII.

Colomba, «La Rassegna Nazionale», Roma, XII (16 luglio 1900), vol.CXIV [in Amori Moderni, Roma, Voghera, 1907; Novelle – II, Nuoro,Ilisso, 1996].

Sepolcri imbiancati, «Natura e Arte», Milano 1 settembre 1900.

Un’aberrazione, «La Nuova Antologia», Roma, XXXVI (1 agosto 1901),178, fasc. 711 [con il titolo Per riflesso in I giuochi della vita, Milano,Treves, 1905; 1917; 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle– IV, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

La montagnola, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1901), 32, 1901.

La regina delle tenebre [La regina delle tenebre, Il bambino smarrito, Le duegiustizie, La giumenta nera, Sarra], Milano, Giacomo Agnelli, 1901[Milano, Giacomo Agnelli, 1902; 1903; Novelle – II, Nuoro, Ilisso,1996].

Il battesimo d’Adamo, «La Lettura», Milano, II (1 aprile – 31 maggio1902), 4-5.

San Michele Arcangelo, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1902), 35[in Onoranze a Grazia Deledda, a c. di M. Ciusa Romagna, Nuoro,1959].

Pasqua Sarda, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1902), 38, [con iltitolo Pasqua in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; 1917; 1920;Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

Passeggiata, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1902), 44.

I giuochi della vita, «La Nuova Antologia», Roma, 185 (16 ottobre 1902)[in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; 1917; 1920; Milano,Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959;Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

Vengono, «Sardegna Letteraria e Artistica», Cagliari, 1902 [con il titoloColpi di scure in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; con il tito-lo Mentre la foresta muore…in «Sardegna Giovane», Sassari, I (1909),

58 IL RITORNO DEL FIGLIO

1; con il titolo Colpi di scure in Milano, Treves, 1917; 1920; Milano,Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959;Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

Piccolo romanzo tratto da una leggenda, «La Riviera Ligure», Genova, 50,1903.

Odio vince [bozzetto drammatico in un solo atto], «La Nuova Antolo-gia», Roma, 194 (1 marzo 1904) [Roma, Ripamonti e Colombo,1904; in appendice al romanzo Il vecchio della montagna, Milano, Tre-ves, 1912].

Gli scherzi di zia Morte, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1904), 56[con il titolo La morte scherza in I giuochi della vita, Milano, Treves,1905; 1917; 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilis-so, 1996].

Amori moderni, «II Secolo XX», Milano, luglio 1904 [con una incisionedi Ballerini in Amori moderni, Roma, Voghera, 1907; Novelle – II,Nuoro, Ilisso, 1996].

Il fermaglio, «La Nuova Antologia», Roma, 197 (1 settembre 1904) [in Igiuochi della vita, Milano, Treves, 1905; 1917; 1920; Milano, Garzan-ti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

La vera salute, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1905), 66.

Vita primitiva, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1905), 76.

I giuochi della vita [Per riflesso; Freddo; Per la sua creatura; Pasqua; Lamorte scherza; I giuochi della vita; Padre Topes; Il vecchio servo; Il fer-maglio; Lo studente e lo scoparo; Colpi di scure; Mentre soffia il levante],Milano, Treves, 1905 [Milano, Treves, 1917; 1920; Milano, Garzanti,1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il Natale di un malato, «Varietas», Milano, III (1 febbraio 1906), 22 [«LaDomenica Illustrata», Milano, I (27 dicembre 1914), 2].

Il servo, «La Gazzetta del Popolo», Torino, 13 febbraio - 6 giugno 1906[La via del male, Torino, Speirani, 1896].

Il nonno, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1906), 85 [in Il nonno,Roma, Nuova Antologia, 1908; Roma, Colombo, 1909; Novelle – II,Nuoro, Ilisso, 1996].

La consegna della bacchetta, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1906), 89.

Rivalità, «La Riviera Ligure», Genova, III serie (1907), 7.

Il ciclamino, «II Ventesimo», Genova, 1 marzo 1907 [in Il nonno, Roma,Nuova Antologia, 1908; Roma, Colombo, 1909; «L’Unione Sarda»,

59Bibliografia

Cagliari, 21 giugno 1959; «Il Convegno», Cagliari, XVI (luglio-agosto1963), 7-8; «Il Convegno», Cagliari, aprile-maggio 1971; Novelle – II,Nuoro, Ilisso, 1996].

Ozio, «La Lettura», Milano, VII (aprile 1907), 4 [in Il nonno, Roma,Nuova Antologia, 1908; in Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921;Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

Amori moderni [Amori moderni, Colomba], Roma, Voghera, 1907[Cagliari, GIA, 1989; Sassari, Delfino, 1998].

Ziu Sorighe, «La Riviera Ligure», Genova, III serie (1908), 17 [Sino alconfine, Milano, Treves, 1910].

Il nonno [Nonno, Solitudine!, Novella sentimentale, Poveri e ricchi, L’appa-rizione, Ozio, Ballora, Il sogno del pastore, La lepre, Cattive compagnie,Il ciclamino, La medicina], Roma, Nuova Antologia, 1908 [Novelle –II, Nuoro, Ilisso, 1996].

Novella sentimentale, in Il nonno, Roma, Nuova Antologia, 1908 [Vene-zia, Scarabello, 1912; con il titolo Novella romantica in Cattive compa-gnie, Milano, Treves, 1921; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996].

Paura, «La Riviera Ligure», Genova, III serie (1909), 30.

Il ritorno, «La Riviera Ligure», Genova, III serie (1909), 36.

La porta aperta, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 novembre 1909 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; «Rivista Sarda», Roma, II (1919-1920), 1; Milano, Treves, 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori,1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

Il maialino di Natale, «Il Giornalino della Domenica», Firenze, IV (26dicembre 1909), 52.

Le tredici uova, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 gennaio 1910 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon-dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Le tredici uova, in Novelled’autrice tra Otto e Novecento, Roma, Bulzoni, 1998; Novelle – III,Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

Il pastorello, «Il Giornalino della Domenica», Firenze, V (1910) [in Ildono di Natale, Milano, Treves, 1930; Milano, Mondadori, 1956;Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

Padrona e servi, «Il Corriere della Sera», Milano, 7 marzo 1910 [in Chia-roscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondado-ri, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

60 IL RITORNO DEL FIGLIO

Il nostro padrone, «L’Illustrazione Italiana», Milano 1910 [Il nostro padro-ne, Milano, Treves, 1910].

Libeccio, «Il Corriere della Sera», Milano, 25 luglio 1912 [in Chiaroscu-ro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori,1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

Chiaroscuro, «Il Corriere della Sera», Milano, 21 agosto 1910 [in Chia-roscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondado-ri, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

I sette fratelli, «Il Giornalino della Domenica», Firenze, V (novembre1910), 47 [con il titolo La fanciulla di Ottàna in Il dono di Natale,Milano, Treves, 1930; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il cinghialetto, «Il Corriere della Sera», Milano, 8 dicembre 1910 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon-dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso,1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

Le bestie parlano, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, XXXII (25 dicem-bre 1910), 52 [in Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939; Novelle– VI, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il Natale del consigliere, «Il Secolo XX», Milano, X (gennaio 1911), 1 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon-dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso,1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

La porta chiusa, «Il Corriere della Sera», Milano, 5 febbraio 1911 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon-dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso,1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

Un grido nella notte, «Il Corriere della Sera», Milano, 19 marzo 1911 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon-dadori, 1968; Un grido nella notte, Chieti, Solfanelli, 1992; Vimerca-te (Milano), La Spiga, 1994; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III,Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

I tre vecchi, «Il Giornalino della Domenica», Firenze, VI (21 maggio1911), 21.

La scomunica, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 luglio 1911 [in Chia-roscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondado-ri, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

61Bibliografia

La volpe, «La Lettura», Milano, XI (agosto 1911), 8 [in Chiaroscuro,Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968;La volpe, in L’Amore al femminile, Milano, Mondadori, 1987; Nuoro,Il Maestrale, 1994; La volpe e altre novelle, Milano, Opportunity Book,1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

Un po’ a tutti, «Il Corriere della Sera», Milano, 7 settembre 1911 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon-dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso,1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

L’uomo nuovo, «Il Corriere della Sera», Milano, 21 settembre 1911 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon-dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso,1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

L’ultima, «Il Corriere della Sera», Milano, 26 ottobre 1911 [in Chiaro-scuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori,1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

La festa del Cristo, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 novembre 1911[illustrata da Giuseppe Biasi in «La Lettura», Milano, XII (7 luglio1912), 7; in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; «Ichnusa», Sas-sari, fascc. I-II,1951; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968; Milano,Edizioni Scolastiche Mondadori, 1972; Nuoro, Il Maestrale, 1994;Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; in Racconti italiani del Novecento,Milano, Mondadori, 2001; Nuoro, Ilisso, 2004].

Lasciare o prendere?, «Il Corriere della Sera», Milano, 25-26 dicembre1911 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Mila-no, Mondadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III,Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

L’edera [dramma in tre atti con dedica «A Evelina Paoli e a Bella Starace-Sainati mirabili di verità e di dolorosa passione sotto le spoglie di‘Annesa’»], Milano, Treves, 1912.

Le scarpe, «Il Corriere della Sera», Milano, 28 gennaio 1912 [in Chiaro-scuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori,1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

La cerbiatta, «Il Corriere della Sera», Milano, 18 febbraio 1912 [in Chia-roscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondado-ri, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

62 IL RITORNO DEL FIGLIO

I tre fratelli, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 marzo 1912 [in Chiaro-scuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori,1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996;Nuoro, Ilisso, 2004].

La vigna nuova, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 giugno 1912 [inChiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon-dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso,1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

Il voto [diversa dalla novella omonima pubblicata nella raccolta Il dono diNatale, Milano, Treves, 1930], «Il Corriere della Sera», Milano, 1 set-tembre 1912 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920;1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

L’amico [diversa dalla novella omonima pubblicata nella raccolta La casadel poeta, Milano, Treves, 1930], «Il Corriere della Sera», Milano, 24settembre 1912.

Ritorno, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 ottobre 1912 [in Il fanciul-lo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale,1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il cuscino ricamato, «Il Corriere della Sera», Milano, 10 novembre 1912[in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il primo viaggio, «Il Corriere della Sera», Milano, 15 dicembre 1912 [inIl fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Emigranti, «L’Eroica», La Spezia, II (31 dicembre 1912), vol. II, fasc. 7,1912.

Chiaroscuro [Chiaroscuro, Le tredici uova, Un grido nella notte, Il cinghia-letto, La porta aperta, La porta chiusa, Il Natale del consigliere, Padronae servi, Le scarpe, Al servizio del re, La scomunica, L’uomo nuovo, Lascia-re o prendere?, La volpe, La cerbiatta, La festa del Cristo, Un po’ a tutti,Libeccio, La moglie, I tre fratelli, L’ultima, La vigna nuova], Milano,Treves, 1912 [Milano, Treves, 1921; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novel-le – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004].

La croce d’oro, «La Lettura», XII (gennaio 1913), 1 [in Il fanciullo nasco-sto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995;Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Dramma, «Il Corriere della Sera», Milano, 1 febbraio 1913 [in Il fan-ciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestra-le, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

63Bibliografia

Fiaba, «Il Corriere della Sera», Milano, 5 marzo 1913 [in Il fanciullonascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale,1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Scampoli di vita, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, XXXV (9 marzo1913), 10.

La martora, «Il Corriere della Sera», Milano, 13 aprile 1913 [in Il fan-ciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestra-le, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il tesoro [diversa dalla novella omonima pubblicata nella raccolta Il flau-to nel bosco, Milano, Treves, 1923], «Il Corriere della Sera», Milano, 13giugno 1913 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920;1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

La veste del vedovo, «La Nuova Antologia», Roma, 249, 16 giugno 1913[Roma, La Nuova Antologia, 1915; in Il fanciullo nascosto, Milano,Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III,Nuoro, Ilisso, 1996].

La morte e la vita, «Il Corriere della Sera», Milano, 24 luglio 1913 [dalromanzo Il vecchio della montagna, Torino, Roux e Viarengo, 1900].

La parte del bottino, «Il Corriere della Sera», Milano, 14 settembre 1913[in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

La potenza malefica, «Il Corriere della Sera», Milano, 8 ottobre 1913 [inIl fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

La porta stretta, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 novembre 1913 [inIl fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il padrone, «Il Corriere della Sera», Milano, 21 dicembre 1913 [in Il fan-ciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestra-le, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Sotto l’ala di Dio, «La Grande Illustrazione», Pescara, I (gennaio 1914)[in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Quello che è stato è stato, «Il Corriere della Sera», Milano, 9 marzo 1914[in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

L’usuraio, «Il Corriere della Sera», Milano, 3 maggio 1914 [in Il fanciul-lo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale,1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

64 IL RITORNO DEL FIGLIO

Il fanciullo nascosto [con illustrazioni di Giuseppe Biasi], «La Lettura»,Milano, XVII (luglio 1914), 7 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves,1915; 1920; 1928; Romanzi e novelle – I, Milano, Mondadori, 1980;Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

L’augurio dei mietitore, «La Grande Illustrazione», Pescara, I (agosto1914), 2 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928;Palermo, Edizioni Bodoniane, 1943; Nuoro, Il Maestrale, 1995;Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Lo spirito del male, «La Grande Illustrazione», Pescara, I (dicembre1914), 2 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928;Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Selvaggina, «La Nuova Antologia», Roma, 259, 16 febbraio 1915 [in Ilfanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Mae-strale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Un uomo e una donna, «La Nuova Antologia», Roma, 285, 1 maggio – 1giugno 1915 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920;1928; Romanzi e novelle – I, Milano, Mondadori, 1980; Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il fanciullo nascosto [Il fanciullo nascosto, Il tesoro, Sotto l’ala di Dio, Laparte del bottino, La porta stretta, La martora, Il padrone, Ritorno, Ilprimo viaggio, La veste del vedovo, Il voto, L’usuraio, La croce d’oro,Dramma, Quello che è stato, La potenza malefica, L’augurio del mietito-re, La casa maledetta, Il cuscino ricamato, Lo spirito del male, Selvaggi-na, La fattura, Fiaba, Un uomo e una donna, Le prime pietre], Milano,Treves, 1915 [Milano, Treves, 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995;Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996].

La mia casa ed io, «La Riviera Ligure», Genova, IV serie (1916), 51.

La donna e Dio, «La Riviera Ligure», Genova, IV serie (1916), 55.

La villa dei ciechi, « La Riviera Ligure», Genova, IV serie (1916), 58.

Al telefono, « La Riviera Ligure», Genova, V serie (1917), 5.

Il bacio del gobbino, «La Tribuna», Roma, 1 dicembre 1917 [«Vita Fem-minile», Roma, IX (1 dicembre 1927), fasc. XII; in La casa del poeta,Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori,1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

La bambina rubata, «Nuova Antologia», Roma, 285, fascc. 1135-1137,1 e 16 maggio, 1 giugno 1919 [Roma, La Nuova Antologia, 1919; inIl ritorno del figlio, La bambina rubata, Milano, Treves, 1919; 1921;Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – IV,Nuoro, Ilisso, 1996].

65Bibliografia

Il ritorno del figlio, La bambina rubata, Milano, Treves, 1919 [Milano,Treves, 1921; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969;Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il cane impiccato, «Il Tempo», Roma, 17 gennaio 1921 [in Il flauto nelbosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Vertice, «Novella», Milano, III (11 luglio 1921) 13 [in Il flauto nel bosco,Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Dio e il diavolo, «Novella», Milano, III (ottobre 1921) [in Il flauto nelbosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Un dramma, «Novella», Milano, III (dicembre 1921) [in Il flauto nelbosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

La grazia [dramma pastorale in tre atti], Milano, Ricordi, 1921.

Il cane, «Le Cronache d’Italia», Roma, I (1922), 5-6 [in Il flauto nel bosco,Milano, Treves, 1923; 1928; «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio –31 agosto 1963), 7-8; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il cipresso, «Novella», Milano, V (1 gennaio 1923) 1 [in Il flauto nel bosco,Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Lo stracciaiolo del bosco, «La Lettura», Milano, XIII (gennaio 1923), 1[«La Lettura», Milano, XXII (gennaio 1932), 1; in Sole d’estate, Mila-no, Treves, 1933; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969;Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il flauto nel bosco [Poveri, Brindisi, Il flauto nel bosco, Un dramma, I benidella terra, Il toro, La madonnina degli involti, Vertice, Dio e il diavolo,L’agnello pasquale, L’anello che rende invisibili, Tregua, Domani, Giusti-zia divina, Il cane impiccato, Il tesoro, I due, La lettera, Amicizia, One-sto, Il nostro giardino, Dichiarazioni, Discesa dalle nuvole, Cura, Carbo-ne fossile, Il cipresso, Il cane], Milano, Treves, 1923 [Milano, Treves,1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il tesoro degli zingari, «Il Corriere della Sera», Milano, 30 aprile 1924 [inIl sigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III,Milano, Mondadori, 1959; Il tesoro degli Zingari e altre novelle, Mila-no, Edizioni Scolastiche Mondadori, 1973; Ferro e fuoco, Nuoro, IlMaestrale, 1995; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

A sinistra, in «La Donna Italiana», Roma, I (1924) [in appendice alromanzo La danza della collana, Milano, Treves, 1924].

Piccolina, «Novella», Milano, VI (maggio 1924) [in Il sigillo d’amore,Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Monda-dori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

66 IL RITORNO DEL FIGLIO

Cura dell’amore, «Il Secolo XX», Milano, giugno 1924 [in Il sigillo d’a-more, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano,Mondadori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Ecce Homo, «Il Giornale d’Italia», Roma, 14 dicembre 1924 [in Il sigillod’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano,Mondadori, 1959; Ferro e fuoco, Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle –IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

La sedia, «Novella», Milano, VI (1924), 12, [in Il sigillo d’amore, Milano,Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori,1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il padrone del cavallo, «Le Grandi Firme», Torino, II (1 febbraio 1925).La rivale, «Le Grandi Firme», Torino, II (1925) [in Il sigillo d’amore,

Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Monda-dori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Lo spirito dentro la capanna, «Novella», Milano, VII (1925), 12, [in Ilsigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III,Milano, Mondadori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il segreto dello zio Dionisio, «Il Secolo XX», Milano, 1 gennaio 1926.Ritratto di contadina, «Il Corriere della Sera», Milano, 26 gennaio 1926

[Annalena Bilsini, Milano, Treves, 1927].Il leone, «Il Secolo XX», Milano, 28 marzo 1926 [in Il sigillo d’amore,

Milano, Treves, 1926; Milano, Treves, 1929; Romanzi e novelle – III,Milano, Mondadori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il sigillo, «Il Secolo XX», Milano, 11 aprile 1926.I morti, «Il Secolo XX», Milano, 6 maggio 1926. Il fidanzato scomparso, «La Nuova Antologia», Roma, LXI (16 luglio

1926), 326, fasc. 1303 [Roma, La Nuova Antologia, 1926; in La casadel poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mon-dadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

La sciabica, «Il Secolo XX», Milano, 15 agosto 1926 [in Il dono di Nata-le, Milano, Treves, 1930; Milano, Mondadori, 1956; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

L’arco della finestra, «Il Secolo XX», Milano, 14 novembre 1926 [in Lavigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932;Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

L’aquila, «Il Secolo XX», Milano, 7 dicembre 1926 [in La casa del poeta,Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori,1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

67Bibliografia

Il sigillo d’amore [Il portafoglio, A cavallo, Deposizione, La rivale, La sedia,La terrazza fiorita di rose, La palma, La tartaruga, Uccelli di nido, Curadell’amore, Un pezzo di carne, Ecce homo, Il nome del fiume, Biglietto perconferenza, Piccolina, Il nemico, Il tesoro degli zingari, Viali di Roma, Ilvivo, Il pastore di anatre, Il figlio del toro, Lo spirito dentro la capanna,La prima confessione, Il leone, Acquaforte, Strade sbagliate, Mattino digiugno, Il sigillo d’amore], Milano, Treves, 1926 [Milano, Treves, 1929;Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – IV,Nuoro, Ilisso, 1996].

I figli del signor Forni, Palermo, coll. «Per il mondo piccino», Palermo,1927.

Le trecce di seta, Palermo, coll. «Per il mondo piccino», Palermo, 1927.

Il ritorno di Luca, «Il Secolo XX», Milano, XXVI (1927), 7.

Cose del mondo, «Le Seduzioni», Torino, 1927 [con il titolo La sorgente inLa casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Mila-no, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il voto [diversa dalla novella omonima pubblicata nella raccolta Il fan-ciullo nascosto, Milano, Treves, 1915], «Il Giornalino della Domenica»,Firenze, XV (29 maggio 1927), 21 [in Il dono di Natale, Milano, Tre-ves, 1930; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il cieco di Gerico, «La Nuova Antologia», Roma, 333, fasc. 1332, 16 set-tembre 1927 [Roma, La Nuova Antologia, 1927; in La casa del poeta,Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori,1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

Viaggio di nozze, «La Lettura», Milano, 2, 1 febbraio 1928 [è diversadalla novella omonima pubblicata in «Sardegna Artistica» il 23 lugliodel 1893].

Tramonto, «Il Corriere della Sera», Milano, 12 settembre 1928 [dalromanzo Stella d’Oriente, Cagliari, Tipografia dell’Avvenire di Sarde-gna, 1891].

Il gallo di montagna, «Il Corriere della Sera», Milano, 19 agosto 1929 [inLa vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932;Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

Tramonti, «Il Corriere della Sera», Milano, 12 ottobre 1929 [in La casadel poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mon-dadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il sesto senso, «Il Corriere della Sera», Milano, 6 novembre 1929 [in Lavigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932;

68 IL RITORNO DEL FIGLIO

Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

Denaro, «Il Corriere della Sera», Milano, 26 novembre 1929 [in La casadel poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mon-dadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

La principessa, «Il Corriere della Sera», Milano, 2 marzo 1930 [con iltitolo Il rifugio, «L’Illustrazione Italiana», Milano, dicembre 1930; inLa vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932;Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

La Roma nostra, «Il Corriere della Sera», Milano, 21 giugno 1930 [in Lacasa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano,Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

I primi passi, «Il Corriere della Sera», Milano, 29 giugno 1930 [in Lavigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; conil titolo Il primo passo, Firenze, Nemi, 1937; Romanzi e novelle – III,Milano, Mondadori, 1959; con il titolo Il primo passo parzialmente inVersi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – V, Nuoro, Ilis-so, 1996].

Filosofo in bagno, «Il Corriere della Sera», Milano, 30 novembre 1930 [inLa vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932;Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

Voli, «Il Corriere della Sera», Milano, 25 dicembre 1930 [in La vigna sulmare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi enovelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso,1996].

La casa del poeta [Il fidanzato scomparso, Il bacio del gobbino, La leggendadi Aprile, La promessa, Il sicario, Battesimi, La casa del poeta, Famigliepovere, Vetrina di gioielliere, Feriti, Storia di un cavallo, Cose che si rac-contano, Borse, L’aquila, Il lupo nel baule, Pace, Il terzo, Denaro, Tra-monti, L’amico, La sorgente, Il cieco di Gerico, Compagnia, La mortedella tortora, Semi, La Roma nostra, La nostra orfanella, La fortuna, Laghirlanda dell’anno], Milano, Treves, 1930 [Romanzi e novelle – V,Milano, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996; Novelle –V, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il dono di Natale [Il dono di Natale, Comincia a nevicare, Forse erameglio…, L’anellino d’argento, La casa della luna, Il pane, Il cestino dellozibibbo, Il voto, Mirella, Il pastorello, La storia della Checca, Il mio

69Bibliografia

padrino, I ladri, Chi la fa l’aspetti, La fanciulla di Ottàna, Il vecchioMoisè, La sciabica], Milano, Treves, 1930 [Milano, Mondadori, 1956;Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996].

I diavoli nel quartiere, «Il Corriere della Sera», Milano, 116, 15 maggio1931 [in Sole d’estate, Milano, Treves, 1933; Milano, Garzanti, 1940;Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI,Nuoro, Ilisso, 1996].

Nidi, «Il Corriere della Sera», Milano, 9 giugno 1931.

Il piccione, «Il Corriere della Sera», Milano, 6 luglio 1931 [in La vigna sulmare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi enovelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso,1996].

Retroscena del mestiere, «La Nuova Antologia», Roma, 16 ottobre 1931[con il titolo Elzeviro d’urgenza in Sole d’estate, Milano, Treves, 1933;Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori,1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996].

Inverno precoce, «Il Corriere della Sera», Milano, 17 ottobre 1931 [in Lavigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932;Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

Tesori nascosti, «Pegaso», Firenze, III (novembre 1931), 10 [in La vignasul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzie novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso,1996].

Racconti a Grace, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 novembre 1931 [inLa vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932;Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

L’avventore, «Il Corriere della Sera», Milano, 25 dicembre 1931 [in Lavigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932;Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

Son Giaffà o non Giaffà?, «Giaffà», Palermo, Sandron, 1931.

Ultime avventure di Giaffà?, «Giaffà», Palermo, Sandron, 1931.

Il tappeto, «Il Corriere della Sera», Milano, 24 febbraio 1932 [in Sole d’e-state, Milano, Treves, 1933; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novel-le – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996].

La Madonna del topo, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 marzo 1932

70 IL RITORNO DEL FIGLIO

[in Sole d’estate, Milano, Treves, 1933; Milano, Garzanti, 1940;Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI,Nuoro, Ilisso, 1996].

La vigna sul mare [Il rifugio, Tesori nascosti, La vigna sul mare, La donnanella torre, Festa nel convento, Il vestito di seta cangiante, Il piccione,Natura in fiore, Giochi, Voli, Il gallo di montagna, Mezza giornata dilavoro, L’arco della finestra, Filosofo in bagno, Il sogno di San Leo, L’av-ventore, La casa del rinoceronte, La zizzania, Racconti a Grace, I primipassi, Partite, Il segreto di Mossiù Però, Il sesto senso, Contratto, Invernoprecoce, Ritorno in città], Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli,1932 [Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V,Nuoro, Ilisso, 1996].

Sole d’estate [Bonaccia, Cinquanta centesimi, Lo spirito della madre, Lunasettembre, Una creatura piange, Il vestito nuovo, Il moscone, Cacciaall’uomo, Occhi celesti, Scherzi di primavera, La Madonna del topo, L’o-spite, Leone o faina, I diavoli nel quartiere, Nozze d’oro, La tomba dellalepre, Storia d’una coperta, L’anello di platino, Elzeviro d’urgenza, Lostracciaiolo nel bosco, Il tappeto, La chiesa nuova, La grazia, Numeri,Théros] Milano, Treves, 1933 [Milano, Garzanti, 1940; Romanzi enovelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso,1996].

L’uomo nel nuraghe, «Il Corriere della Sera», Milano, 214, 9 settembre1934.

Pane quotidiano, «Il Corriere della Sera», Milano, 12 agosto 1935.

Agosto felice, «Il Corriere della Sera», Milano, 30 agosto 1935.

Il primo volo, «Il Corriere della Sera», Milano, 19 settembre 1935 [Cosi-ma, Milano, Treves, 1936].

Festa in montagna, «Corriere della Sera», 11 novembre 1935 [in Cosima,Milano, Treves, 1936].

Pane casalingo, «Il Corriere della Sera», Milano, 19 gennaio 1936.

L’esempio, «La Lettura», Milano, 3, marzo 1936 [in Il cedro del Libano,Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996].

L’angelo, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 aprile 1936 [in Il cedro delLibano, Milano, Garzanti, 1939; Romanzi e novelle – V, Milano, Mon-dadori, 1959; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996].

Il segno, «Scena Illustrata», Firenze, 51 (1-15 luglio 1936), 7.

Il gatto nero, «Il Corriere della Sera», Milano, 17 ottobre 1936.

L’infuso magico, «La Nuova Antologia», Roma, 1 maggio 1938.

71Bibliografia

Cedro del Libano [Il giuoco dei poveri, Cuori semplici, Vecchi e giovani, Lagracchia, Ferro e fuoco, Trasloco, Caccia all’anatra, Il camino, L’uccellod’oro, L’esempio, Il posto, Vento di marzo, La mia amica, La statuetta disughero, La melagrana, Agosto felice, Nel mulino, La fuga di Giuseppe, Lalettera, Ornello, Sotto il pino, Il gallo, Il signore della pensione, Il cedrodel Libano, Ballo in costume, Forze occulte, Le bestie parlano, L’angelo, Iguardiani, Via cupa, Medicina popolare], Milano, Garzanti, 1939[Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996].

Agosto felice [diversa rispetto alla novella omonima pubblicata, in «Il Cor-riere della Sera», Milano, 30 agosto 1935], in Cedro del Libano, Mila-no, Garzanti, 1939 [Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996].

Vecchia leggenda musicale, in Onoranze a Grazia Deledda, a c. di M. CiusaRomagna, Nuoro, 1959.

Sardegna mia, «Il Convegno», Cagliari, I (1 luglio – 31 agosto 1946), 7-8; 1959; 1963.

Di me stessa [autobiografia], «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31agosto 1963), 7-8.

Il cane e il pettirosso, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto1963), 7-8.

Il morto e la vedova, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto1963), 7-8.

L’usignolo, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8.

Noemi, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8[dal romanzo Canne al vento, Milano, Treves, 1913].

Solitudine, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8 [dal romanzo Colombi e sparvieri, «Nuova Antologia», Roma, 241-241 (1 gennaio-1 marzo 1912)].

Vittoria, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8[dal romanzo Le colpe altrui, Milano, Treves, 1914].

72 IL RITORNO DEL FIGLIO

BIBLIOGRAFIA CRITICA

Qui forniamo una bibliografia essenziale relativa alla critica sull’opera diGrazia Deledda:

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75Bibliografia

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Tra i contributi di testi relativi alle celebrazioni deleddiane si ricordano:numero unico di «Il Convegno», Cagliari, I, 7-8, luglio-agosto 1946;Onoranze a Grazia Deledda (a c. di Mario Ciusa Romagna), Nuoro,1959; numero unico di «Ichnusa», Sassari, Gallizzi, n. 1-11, 1951; Attidel Convegno nazionale di studi deleddiani, Cagliari, Fossataro, 1974; Attidel Convegno promosso dall’Istituto della Enciclopedia Italiana, GraziaDeledda. Biografia e romanzo (Roma 19-20 giugno 1987), Ist. della Enc.Italiana, Roma 1988; Catalogo della mostra, Grazia Deledda-Biografia eromanzo, allestita nelle sale della Biblioteca Nazionale di Roma 18 giu-gno-19 luglio 1987, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1987;Grazia Deledda nella cultura sarda contemporanea. Atti del seminario diStudi su «Grazia Deledda e la cultura sarda fra '800 e'900», Nuoro 25-26-27 settembre 1986 (a c. di U. Collu), voll. I-II, Cagliari, STEF, 1992;AA. VV., Grazia Deledda: ritorno a Galte, a c. di G. Zirottu, Galtellì(Nuoro), Amministrazione Comunale di Galtellì, 1994.

76 IL RITORNO DEL FIGLIO

INDICE

Introduzione pag. IX

Il manoscritto LXV

Dal manoscritto alla stampa CIII

Nota al testo CXXVII

Il ritorno del figlio pag. 3

Bibliografia 51

Volumi pubblicati

SCRITTORI SARDI

1) Domenico Simon, Le piante, a cura di Giuseppe Marci2) Francesco Ignazio Mannu, Su patriota sardu a sos feudatarios, a cura

di Luciano Carta 3) Antonio Cano, Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu,

Prothu et Januariu, a cura di Dino Manca4) Giuseppe Cossu, La coltivazione de’ gelsi e propagazione de’ filugelli in

Sardegna, a cura di Giuseppe Marci5) Proto Arca Sardo, De bello et interitu marchionis Oristanei, a cura di

Maria Teresa Laneri6) Salvatore Satta, L’autografo de Il giorno del giudizio, edizione critica

a cura di Giuseppe Marci7) Giuseppe Manno, Note sarde e ricordi, a cura di Aldo Accardo e

Giuseppe Ricuperati, edizione del testo di Eleonora Frongia8) Antonio Mura, Poesia ininterrompia e Campusantu marinu, a cura di

Duilio Caocci9) Giovanni Saragat, Guido Rey, Alpinismo a quattro mani, a cura di

Giuseppe Marci10) Giuseppe Todde, Scritti economici sulla Sardegna, edizione delle

opere a cura di Pietro Maurandi, testo a cura di Tiziana Deonette11) Giovanni Delogu Ibba, Index libri vitae, a cura di Giuseppe Marci12) Predu Mura, Sas poesias d’una bida, nuova edizione critica a cura di

Nicola Tanda con la collaborazione di Raffaella Lai13) Francisco de Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardeña (7

voll.), a cura di Francesco Manconi, edizione di Marta GaliñanesGallén

14) Vincenzo Sulis, Autobiografia, edizione critica a cura di GiuseppeMarci, introduzione e note storiche di Leopoldo Ortu

15) Antonio Purqueddu, De su tesoru de sa Sardigna, a cura di Giusep-pe Marci

16) Sardus Fontana, Battesimo di fuoco, prefazione di Aldo Accardo,introduzione di Giuseppina Fois, edizione del testo a cura di Eleo-nora Frongia

17) Andrea Manca Dell’Arca, Agricoltura di Sardegna, a cura di Giusep-pe Marci

18) Pietro Antonio Leo, Di alcuni antichi pregiudizii sulla così dettasarda intemperie e sulla malattia conosciuta con questo nome lezionefisico-medica, a cura di Giuseppe Marci, presentazione di AlessandroRiva e Giuseppe Dodero, profilo biografico di Pietro Leo Porcu

19) Sebastiano Satta, Leggendo ed annotando, edizione critica a cura diSimona Pilia

20) Il carteggio Farina - De Gubernatis (1870-1913), edizione critica acura di Dino Manca

21) Giovanni Arca, Barbaricinorum libelli, a cura di Maria Teresa Lane-ri, saggio introduttivo di Raimondo Turtas

22) Antonio Baccaredda, Vincenzo Sulis. Bozzetto storico, a cura di Simo-na Pilia, introduzione di Giuseppe Marci

23) Giovanni Saragat, Guido Rey, Famiglia alpinistica. Tipi e paesaggi,a cura di Giuseppe Marci, introduzione di Giuseppe Garimoldi

24) Efisio Marcialis, Vocabolari, a cura di Eleonora Frongia

TESTI E DOCUMENTI

1) Il libro sardo della confraternita dei disciplinati di Santa Croce diNuoro (XVI sec.), a cura di Giovanni Lupinu

2) Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, a cura di Maurizio Virdis3) Il Condaghe di San Michele di Salvennor, a cura di Paolo Manin-

chedda e Antonello Murtas4) Il Registro di San Pietro di Sorres, introduzione storica di Raimondo

Turtas, edizione critica a cura di Sara Silvia Piras e Gisa Dessì5) Innocenzo III e la Sardegna, a cura di Mauro G. Sanna6) Il Vangelo di San Matteo voltato in logudorese e cagliaritano, a cura di

Brigitta Petrovszki Lajszki e Giovanni Lupinu7) Il Condaghe di San Gavino, a cura di Giuseppe Meloni8) I Malaspina e la Sardegna, a cura di Alessandro Soddu