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Il libro L’illimite. Incontro con Corrado Calabrò nasce e si sviluppa nell’ambitodel Progetto “. Poeti per la Biblioteca dell’Aquila” che prevede volumettidedicati a poeti famosi e dedicati a poeti abruzzesi. Il Progetto è statopreparato nel dalla dott.ssa Anna Manna , bibliotecaria presso la Facoltàdi Lettere dell’Università La Sapienza di Roma, sotto la direzione scientificadel Prof. Gilberto Mazzoleni.Il progetto ha ottenuto il Patrocinio della Facoltà di Scienze Umanistiche il maggio del (per il Progetto vedi alla fine del libro).

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Anna Manna Clementi

L’illimite

Incontro con Corrado Calabrò

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I edizione: ottobre

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Indice

Miscellanea di giudizi critici

Introduzione

Le tematiche della poetica di Corrado Calabrò

. Poeti per L’Aquila

Bibliografia di Corrado Calabrò

Biografia poetica di Corrado Calabrò

Eventi e recensioni all’estero

Appendice fotografica

Note per le ricerche bibliografiche degli studenti

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“Corrado Calabrò è una voce che si alimenta di un lunghis-simo, abbagliante sguardo. Fra ritmi surrealisti e musichedi derivazione greca antica, Calabrò ci accompagna nell’o-dissea della sua poesia. Ulisside appassionato il cui paesag-gio è sempre dominato da una linea d’orizzonte e da unprofumo di mare, Calabrò seduce con la sua prodigiosafacoltà dannunziana di assimilare tutti gli stili e le influenze.Solitudine sontuosa di corpi di donna, eloquenza robustadel verso, scoperta e teofanie di bellezze improvvise eimpreviste e segrete, lampeggiare di folgorazioni inattese.Ricerca inquieta del miracolo estetico e del valore sacrodella parola intesa come vita e della vita come parola, al-la lancinante scoperta del perenne profumo greco dellatragedia”.

“Nessun poeta dai tempi di Montale aveva instauratoun dialogo meditativo così teso ed endogeno con l’immen-sità equorea, congiungendo l’angoscia e il lenimento chepromanano da essa con la trafitta sofferenza — riflessaspecularmente sul volto eguale e diverso dal mare — perl’alterità irredimibile delle presenze femminili che trascor-rono lungo tutto l’arco di questa lirica. Il mare, dunque,come Eros e come Kronos, come margine lievitante, ma-gico–simbolico, del reale; e come rifluenza del mito, sotto-posto alla forza mutante della deriva epocale. E la donna

. Guido Gerosa — Il Giorno, .

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come epifania e simbolo equoreo della impossedibilitàe inconoscibilità della poesia, che si rintana sfuggente infondali sempre più cupi, quanto viene incalzato «l’esitaredei suoi occhi».

“Il mare mutevole e continuo, con la divagante maattenta odissea che si svolge, ricompone ogni dissidio: e ilsuo respiro rianima la parola”.

“La vera originalità del Calabrò sta nell’essersi staccatodai modelli comuni per inseguire una divers sperimenta-zione poetica. . . Ha cantato non il suo mare, ma piuttostol’idea di un mare eterno e insondabile”.

“Nella generale maestria, due sono le bravure partico-lari da mettere in rilievo: l’uso moderno, con accortezza,dell’endecasillabo, quasi sempre padroneggiato con osse-quio alla norma eppure talora sapientemente deformato adare inaspettate cesure, di ammirevole effetto nella lettura:e la superba impennata delle immagini figurate”.

“Calabrò insegue un sogno d’amore senza fine. È l’amo-re a dare alle sue espressioni un’intensità verbale inedita,la sensazione di un ricamo della lingua. Grida struggentie visioni scultoree che a tratti evocano la poesia a tuttotondo di Garcia Lorca. Calabrò op molto vicino ai poetidi grande rappresentazione, a quelli che inseguono so-gni di grande luce mediterranea, come il magnifico DinoCampana. L’esorcismo dell’Arcilussurgiu è un esempio di

. Aldo M. Morace — La deriva dei miti e la memoria dell’acqua — Siscrive, Dicembre

. Mario Luzi, Prefazione a Deriva, Il Gabbiano, Messina, .. Carlo Bo, Prefazione a Rosso d’Alicudi, Mondadori, Milano, .. Luciano Satta, La Nazione, febbraio .

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prodigiosa magia verbale, che proietta i sogni e gli amoriin un laboratorio linguistico di affascinante alchimia. L’im-maginazione si sfrena qui in modi di conquista barbarica,in contorsioni della fantasia, in azioni misteriche. Da Pe-trarca a marino a Gongora si sviluppa qui l’arte sottile diun violatore delle parole, dei suoni e dei ritmi,che abbigliacon acrobazie verbali l’ignoto dell’espressione. Un magicopredatore della parola perduta, a caccia proustiana dellamemoria”.

“Dotato della purezza di tocco dei lirici greci (o di unArturo Benedetti Michelangeli), e insieme di una sensibili-tà modernissima, Corrado Calabrò entra nell’anima persempre. La donna, bellissima e sfuggente, sempre sul pun-to di essere afferrata e perduta, viene indagata da Calabrònei suoi recessi con l’esattezza crudele del chirurgo e conla struggente dolcezza dei trovatori”.

“È un’antologia, quella di Calabrò, che talora ha i modiurgenti e taglienti di una chirurgia interiore, senza aneste-tici, senza pietà. Una confessione infinita. Di che cosa? Diquali colpe, omissioni, arrese, patteggiamenti col demoneo coi demoni dell’esistenza? In questa poesia così colta,compromessa coi linguaggi e le specializzazioni intellet-tuali più raffinati del nostro tempo, la pagina di Calabròtestimonia una condizione umana a tutti comprensibileperché da tutti vissuta (eterno è poesia): in ognuno di noi èinfatti avvenuta, all’origine della sua storia narrabile, quellacaduta sull’asfalto, quell’inizio di esilio, quello straniamen-to nei labirinti della storia, ch il mito di Lucifero sintetizza a

. Guido Gerosa — Il Giorno, .. Guerino Giorgetti, Prefazione a Mittente sconosciuta, Ricordi, Milano,

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priori, metafisicamente; e che i migliori poeti, i più grandipoeti, rappresentano oltre la loro personalissima avventu-ra umana. Calabrò insegue, con una tensione sia lirica chespeculativa, la propria confessione assoluta,ma intanto larinvia e la evita con raggiri compiaciuti fino al labirinto, aldoloroso manierismo dei maniaci di verità. Ed è, infine,il mare — navigato e temuto, ascoltato e mimato, accoltocome metafora di liberazione e come maschera dell’abissopsicologico — è appunto il sempre mutevole mare chedetta a Corrado Calabrò pagine (tese su cordami di nervi,ossessive come i suoi flussi e i suoi venti), degne davverodi figurare dopo e oltre questa raccolta in un’ideale antolo-gia della poesia marina. Il mare, deserto di inquietudine edivinità di paura, palpita e «pensa» in queste liriche controdannunziane: in esse il poeta dà fiato e orchestrazione avertiginosi concerti mentali di un sentimento spietato del-l’esistere, dell’amare, del tempo. In fondo alla scrittura, allimite del silenzio, c’è il divino dell’uomo. È solo il poeta— lui solo, fra tutti — che, talora, lo rivela e lo affronta”

. Piero Cimatti, Idea, .

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Vasco Graca Moura

. Le pagine fotografate sono tratte dalla Prefazione al volume: CorradoCalabrò, A penùria de ti enche–me a alma. Poesia –, Lisboa, Vasco Rosa, .Per gentile concessione del poeta Corrado Calabrò e dell’editore Vasco Rosa.

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Giulia Lanciani

. Le pagine fotografate sono tratte dalla Postfazione al volume: CorradoCalabrò, A penùria de ti enche–me a alma. Poesia –, Lisboa, Vasco Rosa, .Per gentile concessione del poeta Corrado Calabrò e dell’editore Vasco Rosa.

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Introduzione

Il bibliotecario racconta il poeta con le parole degli altri, attra-verso lo scandaglio della ricerca del Soggetto vero e metaforico,obbligato nella gabbia critica di limiti precisi che, se da unaparte lo irregimenta in un rigido percorso ad ostacoli, dall’al-tra lo porta inevitabilmente ad una verità ultima. Che forseè monca, che forse non è completa, che forse non è abbastanzaprofonda, ma che è una verità imprescindibile. Così ogni etichetta,ogni nave che porti nelle onde terribili dell’esistenza un bagagliosconosciuto di naviganti, siano essi umani o cose, fiori o rifiuti, maleo bene, ebbene alla fine dovrà fare i conti con indicazioni precisee legare la scelta del nome dell’identificativo con la realtà. Che èpovera cosa ma è pur sempre l’ancoraggio più concreto.

Nella nave del poeta Corrado Calabrò il bagaglio del-la donna, dell’amore, della mancanza, della nostalgia, delpaesaggio, del mare tutto, dell’universo cercato ed anelatosi ricompone alla fine in una compostezza classica, in unatmosfera armoniosa dove il baratro, l’angoscia non è l’ap-prodo ma soltanto il passaggio di un’anima che ha accettatoi limiti ed il senso dell’umano esistere. In questa umiltà cherende Ulisse simile a tutti noi, non c’è mai la superbia del-l’intellettuale, ma il servizio alla ricerca della verità ultimae lo sguardo a ciò che è più in alto. In quest’ottica ho sem-pre considerato la religiosità come l’essenza più importantedella poesia di Corrado Calabrò. E mi piace legare questaubbidienza, questo ricomporsi nell’armonia, al rapportovissuto nell’infanzia con la sua terra adorata, al rapportoimportantissimo con la figura materna.

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Introduzione

In punta di penna mi permetto di ricordare un episodio:la madre nel momento del distacco dall’umana avventurachiese come ultimo desiderio di sentire il profumo di unarosa.

La natura, la rosa, il profumo, l’incontro con la natura,come passaggio, legame tra il terrestre ed i cieli.

In quell’immagine, incredibilmente triste ed incredibil-mente bella, ritrovo il senso del Noli me tangere.

La frase famosissima che sentì la Maddalena nel Sepol-cro.

La Maddalena si reca al Sepolcro e vede Cristo risorto.È la prima che lo vede. Non capisce neppure cosa siaavvenuto. Lo vede e l’occhio della donna crede subito inun evento positivo. Non immagina che sia un miraggioo una visione.Vuole toccarlo e si avvicina per toccare lapersona, la realtà. Ma allora dal labbro del Risorto vieneformulata la frase più bella che sia stata detta in tutti i tempidel mondo:“Noli me tangere”.

Spesso questa frase è stata tradotta “Non mi toccare!”come un distanza posta tra il divino e l’umano, come unaddio deciso ed un ordine preciso che ponga la differenzatra chi ancora è in terra e chi ormai non appartiene piùalla terra. Ho approfondito questo aspetto e sono rima-sta totalmente affascinata da altri più ampi significati: nolime tangere, non toccare me, nel senso di non trattenerminell’umano, non tentarmi con il ricordo dell’umano, nonimpedire con il laccio dei ricordi umani la mia missioneche ormai non è più di questa terra. È una frase di unadolcezza infinita, una risposta di una gentilezza sublime,una comprensione del dolore di chi è rimasto, un sostegnoa chi rimane dopo il distacco, dopo la tragedia e nello stes-so tempo un riconoscere l’infinita bellezza dell’esistenzacapace addirittura di trattenere, anche se per un attimo,