Del camminar pensoso: nel disincanto

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  • 7/31/2019 Del camminar pensoso: nel disincanto

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    Duccio Demetrio

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    Agosto 2012

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    Sommario

    Dall'autore de Filosofia del camminare e ideatore del

    Festival dell'Autobiografia, ci giunge l'autorevoleconferma che "solo linquietudine ci rende sentinelleesistenziali".

    Copertina: Il disincanto di Selma

    Fonte: IldisincantodiSelma_article_photo_story.jpg,balcanicaucaso.org

    Tag: duccio demetrio, camminare, inquietudine,

    Indice

    La filosofia fece i suoi primi passi in cammino 1

    Il cammino del filosofare un andare incerto einquieto

    1

    Rieducarci al sensibile per un inusuale raccoglimento 2

    Migliorare la nostra umanit coltivando l'inquietudine 3La forza del disincanto contro il benessere indecente 5

    Un incerto cammino dentro se stessi che ci rende piaccorti

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    Profilo Autore 7

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    La filosofia fece i suoi primi passi in cammino.

    Perch soltanto camminando il filosofo, che non sapevaancora di essere tale, poteva esercitare i sensi e il pensiero.Poteva stupirsi. Dinanzi al bello e allorrore. Poteva mutareluogo ai pensieri precedenti, assecondando il divenire degliincontri inaspettati e della strada. Ci gli consentiva diiniziarsi ad interrogare e ad interrogarsi nella solitudine delviaggio. Avventuroso o quotidiano esso fosse. Non evit lecitt, le agor, i portici, le passeggiate, dove il maestrospiegava allo stuolo di allievi a camminare con la mente.

    Il cammino del filosofare un andare incerto e inquieto

    Il cammino del filosofare, di chi intraprenda il filosofarecome stile di vita, allora come oggi, un andare incerto einquieto. Apprendere, interrogando le cose e dialogando,costituiva un piacere. Un ozio come virt, non come vizio. Il

    piacere supremo, senza pari, di pensare senza scopiimmediati.

    La scuola di Aristotele, di Gustav Adolph Spangenberg

    Fonte: LascuoladiAristotele.jpg, ponzaracconta.it

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    Non un dovere. Non a caso la tensione filosofica nacque -non scordiamolo - insieme alla poesia lirica, al canto e alracconto che un io narrante intonava per sentirsi in

    pensiero. Si perfezion nelle strade di Atene con i dialoghisocratici; nelle dispute sotto i portici della sua accademiacon Aristotele.

    Passeggiando nei giardini di Epicuro, conversando nellepiazze e lungo il lungomare di Alessandria e, in seguito,nella pace contemplativa dei chiostri monacali. Nei soliloquidei romitori. La filosofia apparve quando qualcuno,camminando nella natura, dando un nome alle cose, siaccorse che tutto diviene e si trasforma. Che sortedelluomo il camminare inquieto alla ricerca di Dio, delmistero, dellenigmaticit del tutto. La vita, lesperienza, ilcontatto fisico, la voce diretta, sono sensi. Non surrogati.

    Rieducarci al sensibile per un inusuale raccoglimento

    E indispensabile quindi rieducarci al sensibile proprioiniziando a camminare realmente e metaforicamente.Guardandoci intorno, raccogliendo e rigirando loggetto pisemplice tra le dita, gli diamo la parola, lo sentiamo, lopalpiamo. E corpo, ha consistenza, non ci delude. Maimpariamo cos anche ad accettare le cose in s, ariconoscerle e a rispettarle, ad affrontarle o a piegarci ad

    esse. Il camminar meditabondo genera sempre pensosit,voglia di conoscere, curiosit, inciampi, ritorni al punto dipartenza. Vivendo il camminare, per il solo piacere poeticoe filosofico di camminare a zonzo, secondo letica dellaflanerie, lo si esercita in un altro spirito: ci educa ad altrepercezioni del tempo, alla essenzialit, al silenzio, ascrutare tutto quello che spostandoci in altro modo nonvediamo. In un suo brano illuminante, il filosofo spagnolo

    Ignacio Gmez de Liano, afferma :Tutto ci che lio sa del

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    mondo non proviene dallio, ma dal mondo. Perfino tutto ciche lio sa di se stesso proviene dal mondo e da quella parteviva del mondo che il suo corpo, la carne per questo lio

    pu sentirsi e comprendersi solo mediante le cose che -sente e le cose che-comprende. Il camminare ci insegna acontenere e a mitigare la nostra eccessiva, vorace,arrogante vanit.

    Se il camminare, si declina nel peregrinare, ancor pi cidischiudiamo ai sensi, ad altre forme della percezione. Euninusuale esperienza di raccoglimento interiore, unamodalit riflessiva e contemplativa. Qui, possiamo ritrovarenuovamente le origini stesse del filosofare e del suoincessante riproporsi in quanto manifestazione dellatensione a non smettere di procedere: ora arrancando, oragodendosi la discesa o il piacere della salita. Unameditazione, questa, che non pu che riscoprire, ogni volta,la bellezza dellimperfezione, della mancanza, del passo chepreferisce riposare sulla soglia, piuttosto che varcarlo.

    Poich non si sa mai se, una volta giunti nella stanza piaccogliente, avremo ancora voglia di riprendere il cammino.A quel punto, saremo (forse) pi maturi, pi sazi se nonpingui di saggezza: ma non anche e forse pi pallidi, pistinti, pi spenti?

    Migliorare la nostra umanit coltivando l'inquietudine

    Nel rifuggire linquietudine, perseguendo le neo a-tarassie (la calma) o le a-patie (la sofferenza) che tanto vanno dimoda, si spegne la nostra migliore umanit. Si ferma quellandare incerto che elegge l incertezza a metodo delsapere. Per questo il filosofo non pu che essere inquieto, lasua serenit, paradossalmente, qui. Non possiamo usarela filosofia come un sonnifero, un antidoto, un lenitivo. La

    filosofia provoca linsonnia della ragione, entra nella

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    pesantezza e nella drammaticit della vifarmaci. Poich, se la sua una inesauribilricerca del senso, il senso svelato, ammess

    sempre inquietante poich ci conduce dinacrinale: alle domande sulla morte, il nulla, il

    Viaggio della vita

    Fonte: ilTrenoDellaVita.gif, sangiorgiomarti

    Solo linquietudine ci rende sentinelle esistescabre. Rifuggiamo perci le edulcorate, sdoldi talune pratiche filosofiche odierne che,anche per ragioni di mercato dellozio e dei psi svendono allestetismo delle comunit (filosofiche) che vogliono stare bene ad ogni c

    ta, non cercae ed inesausta

    che lo sia,

    nzi allestremoacuo.

    re.com

    ziali. Ruvide einate, versionicletticamente,iaceri interiori,nche sedicentisto.

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    La grandezza della tradizione filosofica mediterranea larinuncia alla pace interiore. Gi nella esikia (lassoluto statodi tranquillit) della meditazione neocristiana, le tracce

    dellOriente si riverberarono su una cultura che, da Socratein avanti, seppe invece porre la tragedia al centro dellaumana essenza. La tragicit del vivere, poich il vivere transeunte e sfuggente ad ogni significato definitivo, nonpu essere barattata con una seduta di yoga o con unasettimana in convento per ricaricarsi dimenticando.Quando occorrerebbe invece caricarsi di vita, interrogarela propria memoria, la propria storia. Mai svuotandosi, ma

    riempiendosi di problemi.

    La forza del disincanto contro il benessere indecente

    A questi movimenti dopinione che perseguono il benessere,quando esso indecente, se non dato a tutti gli uomini,occorre reagire con la forza del disincanto: un sentimento

    che attraversa pi volte la nostra vita. Si insinua dentro dinoi lentamente, altre volte irrompe inaspettato. E la fine olo sbiadirsi di un incantesimo, di una malia, di una passione,di una fiducia riposta in qualcuno. La sensazione didisagio, disorientante. Eppure, al contempo, ci sentiamo picresciuti. Ci coglie quando, una dopo laltra, vengono menosicurezze, miraggi, attese. Non per sinonimo didisillusione. Laltra emozione che ci apre gli occhi,

    riportandoci alla realt. Abbandonandoci alla nostalgia diquanto non abbiamo potuto avere od essere. Le illusionisono dolci trappole nelle quali caschiamo; gli incanti sonoinvece stati di coscienza brevi o lunghi necessari alla mente.Per questo il disincanto pu dar luogo ad un incontro pimaturo con le cose e noi stessi. E unesperienza evolutiva.Venuto meno lincantamento, non facciamo altro che

    attendere che ritorni. Per pi accorti e sapienti di prima.

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    Il disincanto unapprossimazione alle verit pi crude checi piacciano o meno. E occasione di raccoglimento. Rendepi profondo il nostro pensare. Ispira voglia di pausa, di

    meditazione, di riflessione. La propria storia, le sceltecompiute, gli atti mancati ne sono loggetto. La speranzanon gli nemica. Vivere con disincanto non cessare diattendere. Superato lo spaesamento, accediamo ad unrisveglio della coscienza, ad uno stadio pi alto diconsapevolezza Capiamo che lincanto nemicodellattenzione vigile, della prudenza, della carit. Quando,distratti, ci dimentichiamo del mondo, degli altri.

    Un incerto cammino dentro se stessi che ci rende piaccorti

    Entrare ed uscire da questa dimensione accettare dirinnovarsi; mantenersi curiosi, lucidi, indisponibiliallautoinganno. E apprendere larte del discernimento

    delle cose, una per una. Nella loro peculiarit e differenza.Contro ogni finzione, il disincanto ci educa a ridimensionarei nostri sogni. E una vocazione che ci rende pi adulti, picapaci di ribellarci alle trappole dei tanti venditori diillusioni e dei venditori di certezze. E un cammino incertoinnanzitutto dentro se stessi, ci rende pi forti e pi umani.E alla base di unazione anche politica, nel ritrovamento diunetica civile austera, non effimera, parca e antica.

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    Profilo Autore

    Duccio Demetrio professione ordinario di Filosofiadelleducazione e di Teorie e pratiche della narrazione

    allUniversit degli studi di Milano-Bicocca.Ha fondato e dirige la Libera Universit dellautobiografia diAnghiari (www.lua.it.) e lAccademia del silenzio.

    Ha scritto pi di recente: Filosofia del camminare. Esercizidi meditazione mediterranea (2005); La vita schiva. Ilsentimento e le virt della timidezza (2007); La scritturaclinica (2008); Leducazione non finita. Idee per difenderla(2009); Ascetismo metropolitano. Linquieta religiosit deinon credenti (2009); Linteriorit maschile (2010); Lareligiosit degli increduli (2010); Perch amiamo scrivere(2011); I sensi del silenzio(2012).