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Domenico Zavattero De monarchia Casa Savoia... giù! www.liberliber.it Domenico Zavattero De monarchia Casa Savoia... giù! www.liberliber.it

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Page 1: De monarchia Casa Savoia giù! - liberliber.it · TITOLO: De monarchia. Casa Savoia... giù! AUTORE: Zavattero, Domenico TRADUTTORE: ... costituzionale i re di tutte le Case e di

Domenico ZavatteroDe monarchia

Casa Savoia... giù!

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Casa Savoia... giù!

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TITOLO: De monarchia. Casa Savoia... giù!AUTORE: Zavattero, DomenicoTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: L’opuscolo in formato immagine è disponibilesul sito della Biblioteca libertaria Armando Borghihttp://bibliotecaborghi.org/.

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: De monarchia - casa Savoia... giù! / Za-vattero. - Bologna : Centro delle Edizioni Germinal,1946. - 16 p. ; 17 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 23 maggio 2018

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TITOLO: De monarchia. Casa Savoia... giù!AUTORE: Zavattero, DomenicoTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: L’opuscolo in formato immagine è disponibilesul sito della Biblioteca libertaria Armando Borghihttp://bibliotecaborghi.org/.

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INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:POL042010 SCIENZE POLITICHE / Ideologie Politiche /Anarchismo

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Catia Righi, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4De Monarchia.................................................................7Casa Savoia... giù!........................................................18

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DOMENICO ZAVATTERO

DeMonarchiaCasaSavoia...giù!

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DOMENICO ZAVATTERO

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De Monarchia

I tre secoli precedenti nella cronologia dell'evo mo-derno il nostro ventesimo già avevano menato colpi discure formidabili al principio monarchico in generale:non solo metaforicamente – le teste di Carlo I d’Inghil-terra e di Luigi Capeto di Francia sono là ad attestarlo.

Il secolo ventesimo mi ha tutta l'aria di volere far ve-dere ai contemporanei la cancellazione definitivadall'«Almanacco di Gotha» e dalla faccia dell'universofin dell’ultimo sovrano. Gli stessi re decorativi ancorasui rispettivi troni sembra non debbano troppo tardareoramai a far fagotto; altro che prepararsi a cinger coronei pochi pretendenti ancora in calor di «regnamento»! Semai, sarebbero per essi corone di spine.

Non è più il caso, oggi, di penetrare nell’intimo delprincipio monarchico onde provarne l'inconsistenza; ciòpoteva essere utile quando l’attaccamento spirituale adesso era largamente diffuso ed urgeva perciò scalzarlonelle sue radici per iniziare idealmente l'opera di demo-lizione.

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De Monarchia

I tre secoli precedenti nella cronologia dell'evo mo-derno il nostro ventesimo già avevano menato colpi discure formidabili al principio monarchico in generale:non solo metaforicamente – le teste di Carlo I d’Inghil-terra e di Luigi Capeto di Francia sono là ad attestarlo.

Il secolo ventesimo mi ha tutta l'aria di volere far ve-dere ai contemporanei la cancellazione definitivadall'«Almanacco di Gotha» e dalla faccia dell'universofin dell’ultimo sovrano. Gli stessi re decorativi ancorasui rispettivi troni sembra non debbano troppo tardareoramai a far fagotto; altro che prepararsi a cinger coronei pochi pretendenti ancora in calor di «regnamento»! Semai, sarebbero per essi corone di spine.

Non è più il caso, oggi, di penetrare nell’intimo delprincipio monarchico onde provarne l'inconsistenza; ciòpoteva essere utile quando l’attaccamento spirituale adesso era largamente diffuso ed urgeva perciò scalzarlonelle sue radici per iniziare idealmente l'opera di demo-lizione.

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Ma oggidì il principio monarchico è condannato daun pezzo: sopravvive l’istituto grazie a quel sentimentodi commiserazione che si prova per gli organismi decre-piti e caduti nella balbuzie dell’infantilismo. Dovremmodunque lasciare in pace gli agonizzanti: cosa che farem-mo forse se non esistesse ancor gente smaniosa di rin-verniciare il principio alla fine dei giorni suoi, per pre-sentarcelo ancora come una utilità storica necessariaallo sviluppo ordinato e graduale dell'incalzante pro-gresso: il quale non ha più affatto bisogno di monarchie,chè anzi sente l'urgenza premente di sbarazzarsene.

* * *

Analizziamolo dunque un istante codesto principiomonarchico, che non sarebbe acconcio chiamare ideolo-gico dal momento che ideologia monarchica non esistese non nell'affaccendarsi dei monarchici oggi superstitiper giustificare a modo loro il prolungamento dell'ago-nia di un principio nell'oggi presente, in cui esso princi-pio si è ridotto più che mai uno stridentissimo anacroni-smo.

«Crollan troni ed imperi...» nell'universo mondo;l'Europa non ha quasi più re, ed il nuovo prossimo suoassetto politico spazzerà certamente via i relitti di unpassato che fu. L'Inghilterra sola continuerà forse per al-cun tempo ancora a berciare il God save the King, Dioprotegga il sovrano. Ma l'Inghilterra è un paese speciale,il paese delle contraddizioni e delle tradizioni medioe-

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Ma oggidì il principio monarchico è condannato daun pezzo: sopravvive l’istituto grazie a quel sentimentodi commiserazione che si prova per gli organismi decre-piti e caduti nella balbuzie dell’infantilismo. Dovremmodunque lasciare in pace gli agonizzanti: cosa che farem-mo forse se non esistesse ancor gente smaniosa di rin-verniciare il principio alla fine dei giorni suoi, per pre-sentarcelo ancora come una utilità storica necessariaallo sviluppo ordinato e graduale dell'incalzante pro-gresso: il quale non ha più affatto bisogno di monarchie,chè anzi sente l'urgenza premente di sbarazzarsene.

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Analizziamolo dunque un istante codesto principiomonarchico, che non sarebbe acconcio chiamare ideolo-gico dal momento che ideologia monarchica non esistese non nell'affaccendarsi dei monarchici oggi superstitiper giustificare a modo loro il prolungamento dell'ago-nia di un principio nell'oggi presente, in cui esso princi-pio si è ridotto più che mai uno stridentissimo anacroni-smo.

«Crollan troni ed imperi...» nell'universo mondo;l'Europa non ha quasi più re, ed il nuovo prossimo suoassetto politico spazzerà certamente via i relitti di unpassato che fu. L'Inghilterra sola continuerà forse per al-cun tempo ancora a berciare il God save the King, Dioprotegga il sovrano. Ma l'Inghilterra è un paese speciale,il paese delle contraddizioni e delle tradizioni medioe-

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vali, con un sistema di monarchia tutto particolare, tuttoarcaico come lo è quel parruccone incipriato da museoche lo speaker inalbera in Parlamento a Westminster. Lamonarchia colà non fa una sua politica a parte; essa è unsimbolo di cosa defunta, simbolo grottesco anzichenò,un'immagine veneranda che il popolino medesimo eperfino il popolaccio adorano anch'essi come da noi lestesse donnicciuole che magari non non vanno più allamessa e sberteggiano il parroco ed il vicario onorano ac-cora (moderne Vestali... così così) del moccolo perennedavanti all'effige delle cento variopinte Beate VerginiImmacolate di questa e quella Consolazione..., o dispe-razione che sia. Uso, costume, ambizione, moda, tuttoquel che volete, ma nemmeno più superstizione, nonchèreligione; abitudine inveterata, che non fa nè mal nèbene: così non fa nè mal nè bene la dinastia del RegnoUnito di Gran Bretagna, Scozia, Irlanda in partibus, edin altri siti.

* * *

Il mito monarchico poteva contare e valere in tempidel feudalismo, quando cioè la nazione era nebulosa diun mondo in formazione, e nella necessità d'imbrigliaree tenere in soggezione la muta turbolenta dei baroni eloro vassalli occorreva l'autorità effettiva pur sempre in-sidiata e combattuta di un sovrano dal solido pugno.

La monarchia rispondeva allora ad una esigenza realedella situazione; ed una stessa espressione geografica

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vali, con un sistema di monarchia tutto particolare, tuttoarcaico come lo è quel parruccone incipriato da museoche lo speaker inalbera in Parlamento a Westminster. Lamonarchia colà non fa una sua politica a parte; essa è unsimbolo di cosa defunta, simbolo grottesco anzichenò,un'immagine veneranda che il popolino medesimo eperfino il popolaccio adorano anch'essi come da noi lestesse donnicciuole che magari non non vanno più allamessa e sberteggiano il parroco ed il vicario onorano ac-cora (moderne Vestali... così così) del moccolo perennedavanti all'effige delle cento variopinte Beate VerginiImmacolate di questa e quella Consolazione..., o dispe-razione che sia. Uso, costume, ambizione, moda, tuttoquel che volete, ma nemmeno più superstizione, nonchèreligione; abitudine inveterata, che non fa nè mal nèbene: così non fa nè mal nè bene la dinastia del RegnoUnito di Gran Bretagna, Scozia, Irlanda in partibus, edin altri siti.

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Il mito monarchico poteva contare e valere in tempidel feudalismo, quando cioè la nazione era nebulosa diun mondo in formazione, e nella necessità d'imbrigliaree tenere in soggezione la muta turbolenta dei baroni eloro vassalli occorreva l'autorità effettiva pur sempre in-sidiata e combattuta di un sovrano dal solido pugno.

La monarchia rispondeva allora ad una esigenza realedella situazione; ed una stessa espressione geografica

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che ancor non era «patria» nel senso moderno della pa-rola, noverava nel suo territorio magari anche parecchire. Tipica, a questo proposto, la configurazione dellaFrancia, dove regnavano, e governavano di fatto, i pic-coli monarchi, i duchi e conti di Navarra, Bretagna, Bor-gogna, Provenza sotto lo scettro poco più che nominalee molto men che imponente della dinastia installata aParigi e che faceva press'a poco centro: ora alleato, orain conflitto con reucci e duchini periferici.

La storia di quell'epoca è la narrazione della politicafrancese in opera di eliminazione graduale delle Case ri-vali nonchè di riduzione della strapotenza dei nobili ingenerale, a profitto del potere sovrano che si andava ac-centrando per raggruppare il paese tutto intorno ad unsolo trono, ad una sola dinastia dal potere omogeneo:epoca della sovranità assoluta, operante, eterna secondole sue pretese e presunzioni. Allora, monarchia signifi-cava un dominio, anzi un predominio tangibile e volevaessere incrollabile, indivisibile, unica. Il re regnava egovernava solo. I ministri non erano legislatori; eranoesecutori, Luigi XIV poteva dirlo, o si potè fargli dire,se è vera la contestazione del motto: Lo Stato sono Io.

Ma quando dall'influsso incalzante minaccioso delRinascimento prima, della Rivoluzione poi, del '48 infi-ne le Monarchie furono sospinte a mollare il poco – laCostituzione – per salvare il resto, il principio monar-chico firmò la propria sentenza di morte, se pur le mo-narchie sopravvissero. Regna il re e non governa fu la

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che ancor non era «patria» nel senso moderno della pa-rola, noverava nel suo territorio magari anche parecchire. Tipica, a questo proposto, la configurazione dellaFrancia, dove regnavano, e governavano di fatto, i pic-coli monarchi, i duchi e conti di Navarra, Bretagna, Bor-gogna, Provenza sotto lo scettro poco più che nominalee molto men che imponente della dinastia installata aParigi e che faceva press'a poco centro: ora alleato, orain conflitto con reucci e duchini periferici.

La storia di quell'epoca è la narrazione della politicafrancese in opera di eliminazione graduale delle Case ri-vali nonchè di riduzione della strapotenza dei nobili ingenerale, a profitto del potere sovrano che si andava ac-centrando per raggruppare il paese tutto intorno ad unsolo trono, ad una sola dinastia dal potere omogeneo:epoca della sovranità assoluta, operante, eterna secondole sue pretese e presunzioni. Allora, monarchia signifi-cava un dominio, anzi un predominio tangibile e volevaessere incrollabile, indivisibile, unica. Il re regnava egovernava solo. I ministri non erano legislatori; eranoesecutori, Luigi XIV poteva dirlo, o si potè fargli dire,se è vera la contestazione del motto: Lo Stato sono Io.

Ma quando dall'influsso incalzante minaccioso delRinascimento prima, della Rivoluzione poi, del '48 infi-ne le Monarchie furono sospinte a mollare il poco – laCostituzione – per salvare il resto, il principio monar-chico firmò la propria sentenza di morte, se pur le mo-narchie sopravvissero. Regna il re e non governa fu la

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formula adottata per darla ad intendere alla capra in unoai cavoli.

Il re costituzionale non governa più; regna. È passatonel rango delle cariatidi; regge sulla groppa la balconatadello Stato, ma di fatto non è più nulla, non conta piùuna cicca: almeno in principio, chè di fatto è tuttaun'altra storie, differente da quella del re costituzionaledi Buckingham Palace. È – sempre stando al diritto –una tradizione che vegeta, una sottostruttura rappresen-tativa che tira a campà.

È la Nazione che governa: la Nazione a traverso deisuoi rappresentanti in Parlamento, dei suoi ministeri, delsuo governo. Il re si denomina Capo dello Stato, raffigu-ra come una comparsa lo Stato Nazione, è solo esaltatocome un simbolo della compagine nazionale. Ed è tantoevanescente!

Almeno dovrebb'essere così. Dovrebb'essere così indiritto. In fatto poi, le cose procedono altrimenti. In di-ritto il re non governa più, ma in fatto briga perenne-mente con la sua politica personale, quasi tutta segreta;con la sua Corte, col suo ministro della Real Casa chenon è soltanto incaricato di organizzare balli feste e ceri-monie; con i consiglieri suoi, con le sue camarille che locircondano e lo circonvengono: uno staterello aristocra-tico nello Stato. Staterello occulto, dalla politica dinasti-ca esclusivista, subdola, opposta agl'interessi veri e realidella Nazione, della quale la dinastia è nemica, dellaNazione che la dinastia esecra e contro la quale congiu-ra eternamente perchè avendo inghiottito ma non digeri-

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formula adottata per darla ad intendere alla capra in unoai cavoli.

Il re costituzionale non governa più; regna. È passatonel rango delle cariatidi; regge sulla groppa la balconatadello Stato, ma di fatto non è più nulla, non conta piùuna cicca: almeno in principio, chè di fatto è tuttaun'altra storie, differente da quella del re costituzionaledi Buckingham Palace. È – sempre stando al diritto –una tradizione che vegeta, una sottostruttura rappresen-tativa che tira a campà.

È la Nazione che governa: la Nazione a traverso deisuoi rappresentanti in Parlamento, dei suoi ministeri, delsuo governo. Il re si denomina Capo dello Stato, raffigu-ra come una comparsa lo Stato Nazione, è solo esaltatocome un simbolo della compagine nazionale. Ed è tantoevanescente!

Almeno dovrebb'essere così. Dovrebb'essere così indiritto. In fatto poi, le cose procedono altrimenti. In di-ritto il re non governa più, ma in fatto briga perenne-mente con la sua politica personale, quasi tutta segreta;con la sua Corte, col suo ministro della Real Casa chenon è soltanto incaricato di organizzare balli feste e ceri-monie; con i consiglieri suoi, con le sue camarille che locircondano e lo circonvengono: uno staterello aristocra-tico nello Stato. Staterello occulto, dalla politica dinasti-ca esclusivista, subdola, opposta agl'interessi veri e realidella Nazione, della quale la dinastia è nemica, dellaNazione che la dinastia esecra e contro la quale congiu-ra eternamente perchè avendo inghiottito ma non digeri-

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to mai il boccone amarissimo della Costituzione si stu-dia sempre di ordire gl'intrighi e favorire le situazioniche le consentano di violare la Costituzione giurata, lar-gita – si dice – ma in realtà strappatale ai tempidell'assolutismo finalmente piegato dai vasti moti rivo-luzionari europei del 1848 e ch'essa agogna di ripristina-re.

Di quanto qui si assevera abbiamo almeno una provarecente: Vittorio Emanuele III, re d'Italia, costituzionaleper solenne giuramento di fedeltà allo Statuto accettò ilfascismo, anzi contribuì a valorizzarlo e potenziarlo atutto danno della Nazione con la sua Politica personale el'ausilio della Regina Madre creatura dei reverendi Padridella Compagnia d Gesù; accettò il fascismo facendostrazio della Costituzione prima con l'atto iniziale dichiamare extraparlamentarmente e di sua sola iniziativapersonale – vero colpetto di Stato – Benito Mussolini alpotere. Lo accettò nella persuasione di farsene strumen-to docile, supino per l'ambita instaurazione aperta e for-male d'un regno assolutista... Ah, se nella sua ottusa in-telligenza avesse afferrato il lato reale degl'intenti fasci-sti!

E fu solo quando gli eventi gli provarono che l'affareera stato affaraccio fallimentare per la dinastia chefece... quello che fece, suggeritogli dalla perfidia atavicae spergiura della sua abietta mentalità di monarca fello-ne.

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to mai il boccone amarissimo della Costituzione si stu-dia sempre di ordire gl'intrighi e favorire le situazioniche le consentano di violare la Costituzione giurata, lar-gita – si dice – ma in realtà strappatale ai tempidell'assolutismo finalmente piegato dai vasti moti rivo-luzionari europei del 1848 e ch'essa agogna di ripristina-re.

Di quanto qui si assevera abbiamo almeno una provarecente: Vittorio Emanuele III, re d'Italia, costituzionaleper solenne giuramento di fedeltà allo Statuto accettò ilfascismo, anzi contribuì a valorizzarlo e potenziarlo atutto danno della Nazione con la sua Politica personale el'ausilio della Regina Madre creatura dei reverendi Padridella Compagnia d Gesù; accettò il fascismo facendostrazio della Costituzione prima con l'atto iniziale dichiamare extraparlamentarmente e di sua sola iniziativapersonale – vero colpetto di Stato – Benito Mussolini alpotere. Lo accettò nella persuasione di farsene strumen-to docile, supino per l'ambita instaurazione aperta e for-male d'un regno assolutista... Ah, se nella sua ottusa in-telligenza avesse afferrato il lato reale degl'intenti fasci-sti!

E fu solo quando gli eventi gli provarono che l'affareera stato affaraccio fallimentare per la dinastia chefece... quello che fece, suggeritogli dalla perfidia atavicae spergiura della sua abietta mentalità di monarca fello-ne.

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Che contrariamente alla formola consacrata del dirittocostituzionale i re di tutte le Case e di tutte le Corti ab-biano sempre continuato a governare in segreto od avervoluto governare, la cosa non corregge nulla alla realtàdi quel principio monarchico nel quale vi è da stupirsiche ai lumi del giorno d'oggi rimanga gente ancora at-taccata sì da esistere ancora partiti politici affermantisiliberali e che tuttavia si qualificano monarchici; e ciòsenza capire o voler capire la flagrante contraddizionedei termini.

Noi vecchi l'abbiamo conosciuto bene in pratica il li-beralismo del regime monarchico dell'epoca prefascista:esso non usava la brutalità costante e dichiarata del fa-scismo, consentiva la libertà di associazione di stampa edi riunione, ammetteva le lotte sociali a pro delle riven-dicazioni operaie e tutto il resto della Carta costituziona-le: ma intanto si accresceva il bagaglio delle leggi ecce-zionali restrittive della libertà individuale, imperversa-vano i regolamenti di polizia e dove questi non bastava-no, gli abusi e le illegalità che dal banco dei ministri ve-nivano costantemente giustificati e sanati; le riunionierano frequentemente vietate, la stampa continuamentesequestrata, le agitazioni sociali represse, gli scioperistroncati con mille artifizi e con barbara violenza. Nonpassava settimana senza qualche eccidio, le condanneper reato di pensiero fioccavano, le carceri erano sempreaffollate di condannati politici, e ciò condito dalla dene-gazione ufficiale che si trattasse di reati politici: questivenivano dichiarati dalla magistratura reati comuni

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Che contrariamente alla formola consacrata del dirittocostituzionale i re di tutte le Case e di tutte le Corti ab-biano sempre continuato a governare in segreto od avervoluto governare, la cosa non corregge nulla alla realtàdi quel principio monarchico nel quale vi è da stupirsiche ai lumi del giorno d'oggi rimanga gente ancora at-taccata sì da esistere ancora partiti politici affermantisiliberali e che tuttavia si qualificano monarchici; e ciòsenza capire o voler capire la flagrante contraddizionedei termini.

Noi vecchi l'abbiamo conosciuto bene in pratica il li-beralismo del regime monarchico dell'epoca prefascista:esso non usava la brutalità costante e dichiarata del fa-scismo, consentiva la libertà di associazione di stampa edi riunione, ammetteva le lotte sociali a pro delle riven-dicazioni operaie e tutto il resto della Carta costituziona-le: ma intanto si accresceva il bagaglio delle leggi ecce-zionali restrittive della libertà individuale, imperversa-vano i regolamenti di polizia e dove questi non bastava-no, gli abusi e le illegalità che dal banco dei ministri ve-nivano costantemente giustificati e sanati; le riunionierano frequentemente vietate, la stampa continuamentesequestrata, le agitazioni sociali represse, gli scioperistroncati con mille artifizi e con barbara violenza. Nonpassava settimana senza qualche eccidio, le condanneper reato di pensiero fioccavano, le carceri erano sempreaffollate di condannati politici, e ciò condito dalla dene-gazione ufficiale che si trattasse di reati politici: questivenivano dichiarati dalla magistratura reati comuni

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commessi a mezzo della stampa per fini politici; e così irei di sovversivismo dovevano attendere il processo nel-le carceri giudiziarie e scontar la condanna nei reclusori,sottoposti al regine mortificante e durissimo dei delin-quenti di diritto comune e nella promiscuità abietta conla peggior feccia di ogni sorta di criminali della malavi-ta.

Era una battaglia continua da ingaggiare e continuisacrifizi da affrontare per l'affermazione e la rivendica-zione di diritti pur riconosciuti e proclamati dallo Statu-to del Regno. Eppure il professor Giovanni Borelli,uomo che aveva varcato da un pezzo la cinquantina, sta-va in qualità di capintesta sulla vetta del Partito Giova-nile Liberale Monarchico, ne dirigeva il giornale ufficia-le Il Rinnovamento e scorazzava per tutta Italia a confe-renziare insegnando che la Monarchia era l'unico stru-mento per forgiare la struttura politico-economica dellaNazione e per assicurare alle turbe la quintessenza dellaLibertà, dell'Unità e del Benessere. Piglialo!

* * *

A parte dunque che a uomini illuminati ed onesti do-vrebbe bastare la constatazione degl'intrighi odiosi e deidelitti schifosi imputabili al re del loro cuore per ra-schiar via con nausea dall'anima loro ogni residuo di at-taccamento devoto a sovrani e dinastie, il punto capitaledella questione che dovrebbe con inoppugnabile elo-quenza persuaderli che al giorno d'oggi oramai il meno

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commessi a mezzo della stampa per fini politici; e così irei di sovversivismo dovevano attendere il processo nel-le carceri giudiziarie e scontar la condanna nei reclusori,sottoposti al regine mortificante e durissimo dei delin-quenti di diritto comune e nella promiscuità abietta conla peggior feccia di ogni sorta di criminali della malavi-ta.

Era una battaglia continua da ingaggiare e continuisacrifizi da affrontare per l'affermazione e la rivendica-zione di diritti pur riconosciuti e proclamati dallo Statu-to del Regno. Eppure il professor Giovanni Borelli,uomo che aveva varcato da un pezzo la cinquantina, sta-va in qualità di capintesta sulla vetta del Partito Giova-nile Liberale Monarchico, ne dirigeva il giornale ufficia-le Il Rinnovamento e scorazzava per tutta Italia a confe-renziare insegnando che la Monarchia era l'unico stru-mento per forgiare la struttura politico-economica dellaNazione e per assicurare alle turbe la quintessenza dellaLibertà, dell'Unità e del Benessere. Piglialo!

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A parte dunque che a uomini illuminati ed onesti do-vrebbe bastare la constatazione degl'intrighi odiosi e deidelitti schifosi imputabili al re del loro cuore per ra-schiar via con nausea dall'anima loro ogni residuo di at-taccamento devoto a sovrani e dinastie, il punto capitaledella questione che dovrebbe con inoppugnabile elo-quenza persuaderli che al giorno d'oggi oramai il meno

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che si possa lare è di diventare repubblicani, è il seguen-te:

il principio monarchico è assolutista o non è. Il costi-tuzionalismo del quale esso ha dovuto adornarsi da unsecolo in qua è un non senso. Dal momento in cui ilprincipio monarchico, essenzialmente di diritto divinocome fu sempre gabellato, venne costretto a incidere sucodesta definizione barocca e alla «per grazia di Dio»attaccare la codicella – bugiarda anch'essa – «e per vo-lontà della Nazione», esso ha abdicato alla sua essenza,ha annientato la sua ragion d'essere; ha perduto il suo di-ritto all'esistenza, ha spalancato la porta del salone deltrono ai giacobini ed ai sanculotti, vi ha introdotto lacorrente d'aria del principio repubblicano.

Da quel momento i monarchici si dibattono nella con-traddizione di una dottrina che non professano più, nelmarasma di un mondo che non è più il loro; s’imbraga-no nella palude di un compromesso balordo che non si-gnifica nulla e conta ancor meno. Ivi si dibattono es'imbragano senza costrutto; ivi son condannati senzaremissione ad affogare.

Sarebbero più da comprendere, se non da apprezzaree giustificare, ove dichiarassero arditamente di volere ilripristino dell'assolutismo, e audacemente lavorassero atale scopo. Ma così come si presentano e come si espri-mono, col loro costituzionalismo ed il loro liberalismodi princisbecco non intrappolano più nessuno: le parolefrasi e formole che adoperano da un secolo in qua in unvano tentativo di rabberciare e puntellare quel che vacil-

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che si possa lare è di diventare repubblicani, è il seguen-te:

il principio monarchico è assolutista o non è. Il costi-tuzionalismo del quale esso ha dovuto adornarsi da unsecolo in qua è un non senso. Dal momento in cui ilprincipio monarchico, essenzialmente di diritto divinocome fu sempre gabellato, venne costretto a incidere sucodesta definizione barocca e alla «per grazia di Dio»attaccare la codicella – bugiarda anch'essa – «e per vo-lontà della Nazione», esso ha abdicato alla sua essenza,ha annientato la sua ragion d'essere; ha perduto il suo di-ritto all'esistenza, ha spalancato la porta del salone deltrono ai giacobini ed ai sanculotti, vi ha introdotto lacorrente d'aria del principio repubblicano.

Da quel momento i monarchici si dibattono nella con-traddizione di una dottrina che non professano più, nelmarasma di un mondo che non è più il loro; s’imbraga-no nella palude di un compromesso balordo che non si-gnifica nulla e conta ancor meno. Ivi si dibattono es'imbragano senza costrutto; ivi son condannati senzaremissione ad affogare.

Sarebbero più da comprendere, se non da apprezzaree giustificare, ove dichiarassero arditamente di volere ilripristino dell'assolutismo, e audacemente lavorassero atale scopo. Ma così come si presentano e come si espri-mono, col loro costituzionalismo ed il loro liberalismodi princisbecco non intrappolano più nessuno: le parolefrasi e formole che adoperano da un secolo in qua in unvano tentativo di rabberciare e puntellare quel che vacil-

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la si sgretola e puzza già di cadavere hanno fattoanch'esse il loro tempo.

Aria dunque alla baracca sconquassata; aria nuova esalubre entro i ruderi crollanti del medioevo, e fuoco pu-rificatore se occorra, per incenerirne le vestigia! L'èranuova, che si va aprendo, e che non durerà XXII annisoli, non sa più che farsi di re.

Un re col bastone del comando nominale, con la coro-na di cartone macerato nel sangue, con la porpora che siostina a voler rappresentare almeno un simbolo di re-gnante non governante è una caricatura di re. E noi vo-gliamo lacerarle le caricature; vogliamo quadri originali,vogliamo Arte, Estetica, Natura. Nulla giustifica la so-pravvivenza di una cornice privata della sua tela: e ciò,agli occhi e nello stesso interesse delle caste borghesi,capitalistiche, plutocratiche perfino, dovrebbe apparirecome un salvagente in tempo di burrasca, per il navigan-te che pericola... Esse si acconciano infatti benissimoalla repubblica, e sanno fare lautamente i loro affari edaffaracci anche nel quadro delle forme politiche repub-blicane. La prova ne è fatta da lungo tempo in tutte legrandi repubbliche di due continenti.

Quest'è la tesi che sostengo e che propongo alla di-scussione. Niente presunzione da parte mia ch'essa siainattaccabile; sofismi, cavilli da azzeccagarbugli, sgam-betti curialeschi ne devono pur esistere per sostenere,non dico dimostrare, il contrario. E se fra i monarchicicostituzionali e liberali oggi sopravviventi qualcuno sor-gerà a chieder polemica in argomento, accetto battaglia.

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la si sgretola e puzza già di cadavere hanno fattoanch'esse il loro tempo.

Aria dunque alla baracca sconquassata; aria nuova esalubre entro i ruderi crollanti del medioevo, e fuoco pu-rificatore se occorra, per incenerirne le vestigia! L'èranuova, che si va aprendo, e che non durerà XXII annisoli, non sa più che farsi di re.

Un re col bastone del comando nominale, con la coro-na di cartone macerato nel sangue, con la porpora che siostina a voler rappresentare almeno un simbolo di re-gnante non governante è una caricatura di re. E noi vo-gliamo lacerarle le caricature; vogliamo quadri originali,vogliamo Arte, Estetica, Natura. Nulla giustifica la so-pravvivenza di una cornice privata della sua tela: e ciò,agli occhi e nello stesso interesse delle caste borghesi,capitalistiche, plutocratiche perfino, dovrebbe apparirecome un salvagente in tempo di burrasca, per il navigan-te che pericola... Esse si acconciano infatti benissimoalla repubblica, e sanno fare lautamente i loro affari edaffaracci anche nel quadro delle forme politiche repub-blicane. La prova ne è fatta da lungo tempo in tutte legrandi repubbliche di due continenti.

Quest'è la tesi che sostengo e che propongo alla di-scussione. Niente presunzione da parte mia ch'essa siainattaccabile; sofismi, cavilli da azzeccagarbugli, sgam-betti curialeschi ne devono pur esistere per sostenere,non dico dimostrare, il contrario. E se fra i monarchicicostituzionali e liberali oggi sopravviventi qualcuno sor-gerà a chieder polemica in argomento, accetto battaglia.

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D'una sola cosa mi raccomando: che l’eventuale com-petitore si faccia avanti lui a discutere, invece di manda-re i reali carabinieri.

Questo perchè quei benedetti benemeriti figlioli han-no una maniera intollerabile di polemizzare; ti sortonosenza far motto le manette in luogo di argomenti, e men-tre tu ti attendi l'apertura della tenzone col cortese dibat-tito, essi ti operano la chiusura d'una porta di cubicolosul naso, e quando tu invochi il sole dell'avvenire essi telo donano a scacchi.

E ciò, siccome essi naturalmente rimangono fuoridell'uscio, senza nemmeno la distrazione per te di fareuna partita.

Così discutono – per liberali che siano – i signori ca-rabinieri del re..., quando non ti prendono addirittura apistolettate causa lo sparo di un innocuo razzo appenapoco più che retorico.

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D'una sola cosa mi raccomando: che l’eventuale com-petitore si faccia avanti lui a discutere, invece di manda-re i reali carabinieri.

Questo perchè quei benedetti benemeriti figlioli han-no una maniera intollerabile di polemizzare; ti sortonosenza far motto le manette in luogo di argomenti, e men-tre tu ti attendi l'apertura della tenzone col cortese dibat-tito, essi ti operano la chiusura d'una porta di cubicolosul naso, e quando tu invochi il sole dell'avvenire essi telo donano a scacchi.

E ciò, siccome essi naturalmente rimangono fuoridell'uscio, senza nemmeno la distrazione per te di fareuna partita.

Così discutono – per liberali che siano – i signori ca-rabinieri del re..., quando non ti prendono addirittura apistolettate causa lo sparo di un innocuo razzo appenapoco più che retorico.

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Casa Savoia... giù!

Trattata sia pure con brevità laconica e superficiale laquestione di principio – del principio monarchico – anoi italiani compete in particolar modo l'esame della po-sizione morale (meglio detto sarebbe «immorale») delladinastia sabauda, di Casa Savoia cioè, nei suoi rapporti ipiù prossimi a noi, con l'insieme di quelle terre che for-mandosi a nazione diventarono il suo regno.

Nessun bisogno di risalire i secoli in cui i Savoia era-no conti e duchi; sarebbe interessante dal punto di vistaatavico, poichè già a quelle epoche affioravano alla pel-le di quei principotti le «qualità» che resero distinti iloro regali posteri. Sarebbe interessante dunque comestudio – se si può dire – patologico, ma di nessuna utili-tà per la formulazione dei nostri capi d'accusa. Contro imorti non si procede.

* * *

Per noi, moult infedelissimi sudditi di Casa Savoia laquestione oramai di ordine generale si posa nel suo dop-

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Casa Savoia... giù!

Trattata sia pure con brevità laconica e superficiale laquestione di principio – del principio monarchico – anoi italiani compete in particolar modo l'esame della po-sizione morale (meglio detto sarebbe «immorale») delladinastia sabauda, di Casa Savoia cioè, nei suoi rapporti ipiù prossimi a noi, con l'insieme di quelle terre che for-mandosi a nazione diventarono il suo regno.

Nessun bisogno di risalire i secoli in cui i Savoia era-no conti e duchi; sarebbe interessante dal punto di vistaatavico, poichè già a quelle epoche affioravano alla pel-le di quei principotti le «qualità» che resero distinti iloro regali posteri. Sarebbe interessante dunque comestudio – se si può dire – patologico, ma di nessuna utili-tà per la formulazione dei nostri capi d'accusa. Contro imorti non si procede.

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Per noi, moult infedelissimi sudditi di Casa Savoia laquestione oramai di ordine generale si posa nel suo dop-

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pio aspetto di principio e di fatto, cioè monarchico e di-nastico. Sono questi due aspetti che trattiamo nelle pre-senti pagine, in cui nulla si espone di peregrino, ma cheper quanto ripetizione di quello che è diventato cosacorrente, e urgente da risolvere, richiede una rudeschiettezza, un'assoluta chiarezza ed una vasta pubblici-tà.

L'ora degli infingimenti è fuggita, come quella delladilazione accordata a Cavaradossi: ma chi morrà dispe-rato non saremo noi. Senza che in questo preludio si ab-bia a sfiorare le argomentazioni e le accuse abbastanzasviscerate nel testo, il lettore segua con attenzione quel-lo, e giudichi.

* * *

La monarchia Sabauda non è un'istituzione; essa èun'ignobile camorra organizzata ai danni della Nazione;è un brulicame di parassiti sopra un corpo sano da sug-gere e da pestiferare. Da Cario Felice e soprattutto daCarlo Alberto in giù è mai stata altro.

Già Vittorio Amedeo primo si era bruttato fra l'altrodi sangue patriota nel 1821; Carlo Felice ne aveva conti-nuato la politica forcaiola; Carlo Alberto, carbonaro nelsuo stato larvatico di principe ereditario, una volta sultrono tradì e colpì a morte i suoi antichi compagni di«vendita», soffocò nel sangue ogni conato costituzionalequanto più potè, e solo quando gli fu impossibile perse-verare largì lo Statuto per paura di perdere la corona,

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pio aspetto di principio e di fatto, cioè monarchico e di-nastico. Sono questi due aspetti che trattiamo nelle pre-senti pagine, in cui nulla si espone di peregrino, ma cheper quanto ripetizione di quello che è diventato cosacorrente, e urgente da risolvere, richiede una rudeschiettezza, un'assoluta chiarezza ed una vasta pubblici-tà.

L'ora degli infingimenti è fuggita, come quella delladilazione accordata a Cavaradossi: ma chi morrà dispe-rato non saremo noi. Senza che in questo preludio si ab-bia a sfiorare le argomentazioni e le accuse abbastanzasviscerate nel testo, il lettore segua con attenzione quel-lo, e giudichi.

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La monarchia Sabauda non è un'istituzione; essa èun'ignobile camorra organizzata ai danni della Nazione;è un brulicame di parassiti sopra un corpo sano da sug-gere e da pestiferare. Da Cario Felice e soprattutto daCarlo Alberto in giù è mai stata altro.

Già Vittorio Amedeo primo si era bruttato fra l'altrodi sangue patriota nel 1821; Carlo Felice ne aveva conti-nuato la politica forcaiola; Carlo Alberto, carbonaro nelsuo stato larvatico di principe ereditario, una volta sultrono tradì e colpì a morte i suoi antichi compagni di«vendita», soffocò nel sangue ogni conato costituzionalequanto più potè, e solo quando gli fu impossibile perse-verare largì lo Statuto per paura di perdere la corona,

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Page 20: De monarchia Casa Savoia giù! - liberliber.it · TITOLO: De monarchia. Casa Savoia... giù! AUTORE: Zavattero, Domenico TRADUTTORE: ... costituzionale i re di tutte le Case e di

tradì ancora il regno Sardo nel 1849 a Novara, e «dai ri-morsi giallo» andò a crepare ad O'Porto in Portogallo.Vittorio Emanuele II aiutò il padre a tradire a Novara eper tradimento fece fucilare in propria vece il generaleRamorino tradendo anche lui con l’indurlo a far da ca-pro espiatorio col giurargli che lo avrebbe salvato con lagrazia, mentre questa giunse, causa «un ritardo» ad ese-cuzione consumata; popolo di bastardi il Piemonte, con-trappose fino all’ultimo la propria politica dinastica allapolitica nazionale di Cavour, pianse quando più non glifu possibile sottrarsi alla «gran balossada» dell'entrata inRoma....

Umberto primo incatenò l'Italia alla Germania eall'Austria costantemente sue nemiche, ambì la coronad'Etiopia contro il netto volere della nazione (il duce,ora petacciato, non ha fatto altro che copiare da lui), di-lapidò il capitale della Banca Romana e ne fece accolla-re la colpa a Giolitti, ordinò i massacri dei siciliani, car-rarini e milanesi nel 1893-94-98 e complimentò e deco-rò i generali Heusch, Morra di Lavriano e Bava Beccarisesecutori degli ordini. Pensò l'anarchico Gaetano Brescinel 1900 a vendicare le vittime della turpitudine.

Queste, per sommi capi, le glorie dei Savoia nel seco-lo scorso. Chiamino pure gli storici aulici, Carlo Albertoil Magnanimo, Vittorio Emanuele Padre della Patria(senza ironia, con tutta quella smalah di figli spuri ingiro), Umberto il Buono; la Storia che non si compra èlà, che brandisce il marchio d'infamia.

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tradì ancora il regno Sardo nel 1849 a Novara, e «dai ri-morsi giallo» andò a crepare ad O'Porto in Portogallo.Vittorio Emanuele II aiutò il padre a tradire a Novara eper tradimento fece fucilare in propria vece il generaleRamorino tradendo anche lui con l’indurlo a far da ca-pro espiatorio col giurargli che lo avrebbe salvato con lagrazia, mentre questa giunse, causa «un ritardo» ad ese-cuzione consumata; popolo di bastardi il Piemonte, con-trappose fino all’ultimo la propria politica dinastica allapolitica nazionale di Cavour, pianse quando più non glifu possibile sottrarsi alla «gran balossada» dell'entrata inRoma....

Umberto primo incatenò l'Italia alla Germania eall'Austria costantemente sue nemiche, ambì la coronad'Etiopia contro il netto volere della nazione (il duce,ora petacciato, non ha fatto altro che copiare da lui), di-lapidò il capitale della Banca Romana e ne fece accolla-re la colpa a Giolitti, ordinò i massacri dei siciliani, car-rarini e milanesi nel 1893-94-98 e complimentò e deco-rò i generali Heusch, Morra di Lavriano e Bava Beccarisesecutori degli ordini. Pensò l'anarchico Gaetano Brescinel 1900 a vendicare le vittime della turpitudine.

Queste, per sommi capi, le glorie dei Savoia nel seco-lo scorso. Chiamino pure gli storici aulici, Carlo Albertoil Magnanimo, Vittorio Emanuele Padre della Patria(senza ironia, con tutta quella smalah di figli spuri ingiro), Umberto il Buono; la Storia che non si compra èlà, che brandisce il marchio d'infamia.

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Per Vittorio terzo lo Spiombi, le faccenduole sono in-finitamente ancor più sporche. Lo Spiombi non ha maisostato nelle sue fatiche di numismatico che per com-mettere una sudiceria politico dinastica, un tradimento,uno spergiuro, una viltà. Accenniamo solo ai casi piùclamorosi.

Ne 1922 cadde tifoso per il fascismo. Già quand'ioero ancor ragazzo era voce corrente che così egli siesprimesse con il suo entourage: «quando sarò io il refarò spazzar via lo Statuto a cannonate».

Oltre a cotali promettentissime predisposizioni giova-nili egli paventava che il duca d'Aosta suo amato cuginoaiutato dai Fasci gli soffiasse la Corona. Ricusò a Factala firma del decreto di stato d'assedio che già il rivaleaccampava a Foligno guatando col suo Stato Maggioreil momento a lui propizio; eppur si sapeva che con quat-tro petardi scoppiettanti sui ponti del Tevere i marc. suRoma se la sarebbero data a tutte gambe imbrattando lemutandine con enorme sollazzo e benefizio di tutte le«bugadere» di tutte le provincie dell'Italia madre di eroi.«Inutil fiat stringer culatte quando cacherella fuget...»,già insegnava Merlin Coccai nel suo latino maccheroni-co. Chiamò Malito al Governo essendosi immaginato difarne il proprio complice e di dominarlo; quando il me-sto Aventino ebbe il tremendo coraggio di portargli indeputazione la protesta scritta contro l'assassinio di Mat-teotti assicurò che l'avrebbe passata al suo Primo Mini-stro (l'avrà afferrata l'Aventino più mesto che mai, labeffarda ironia!?); poi avallò il medesimo assassinio lar-

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Per Vittorio terzo lo Spiombi, le faccenduole sono in-finitamente ancor più sporche. Lo Spiombi non ha maisostato nelle sue fatiche di numismatico che per com-mettere una sudiceria politico dinastica, un tradimento,uno spergiuro, una viltà. Accenniamo solo ai casi piùclamorosi.

Ne 1922 cadde tifoso per il fascismo. Già quand'ioero ancor ragazzo era voce corrente che così egli siesprimesse con il suo entourage: «quando sarò io il refarò spazzar via lo Statuto a cannonate».

Oltre a cotali promettentissime predisposizioni giova-nili egli paventava che il duca d'Aosta suo amato cuginoaiutato dai Fasci gli soffiasse la Corona. Ricusò a Factala firma del decreto di stato d'assedio che già il rivaleaccampava a Foligno guatando col suo Stato Maggioreil momento a lui propizio; eppur si sapeva che con quat-tro petardi scoppiettanti sui ponti del Tevere i marc. suRoma se la sarebbero data a tutte gambe imbrattando lemutandine con enorme sollazzo e benefizio di tutte le«bugadere» di tutte le provincie dell'Italia madre di eroi.«Inutil fiat stringer culatte quando cacherella fuget...»,già insegnava Merlin Coccai nel suo latino maccheroni-co. Chiamò Malito al Governo essendosi immaginato difarne il proprio complice e di dominarlo; quando il me-sto Aventino ebbe il tremendo coraggio di portargli indeputazione la protesta scritta contro l'assassinio di Mat-teotti assicurò che l'avrebbe passata al suo Primo Mini-stro (l'avrà afferrata l'Aventino più mesto che mai, labeffarda ironia!?); poi avallò il medesimo assassinio lar-

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gendo amnistia ai rei confessi, quasi subito dopo la giàmitissima condanna; qualche anno dopo si ricordò dellafregola di babbo e si diede a strepitare «voio antola,voio antola la Corona, voio antola la Carogna di Etio-pia!...» come nel «Corriere dei Piccoli» strepitava Ciril-lino reclamando il cavalluccio di carta pesta. Volle quel-lo in compenso di tutto quanto aveva ceduto al fasci-smo, cedeva ancora e sempre cedette: tradimento delPaese; violazioni dello Statuto; strappi continuati allasuddetta Carta Costituzionale del Regno perfin nell'ordi-ne della successione al trono; il famigerato patto del La-terano («a Roma ci siamo e ci resteremo – Roma con-quista intangibile») col quale venivano consegnate leterre d'Italia e coscienza ed educazione morale degl'ita-liani, al Vaticano in baratto dell'influenza religiosa deipapi e della tenebrosa Compagnia di Gesù al potere ne-fando dell'«uomo inviato dalla, provvidenza» e dellaturba dei torvi suoi sicari i quali tutti avevano sulla co-scienza gli affronti mortificanti e per i credenti «sacrile-ghi», al «papa brianzolo», l'assassinio del parrocod'Argenta don Minzoni e diecine d'altri men noti ma al-trettanto efferati; la guerra d'Africa dov'era «divertentis-simo» – come faceva stampare nei giornali Mussolinijunior – assistere dall'alto del bombardiere alla fuga di-sperata delle donne e dei bimbi abissini scacciati dai tu-cul sotto la mitraglia ed i gas asfissianti «come immensisciami di brulicanti formiconi»; l'adesione all'Asse chevendeva e incatenava il Paese alla Tedeschia nazistadall'orribile grifo di megera e lo avviava alla totale rovi-

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gendo amnistia ai rei confessi, quasi subito dopo la giàmitissima condanna; qualche anno dopo si ricordò dellafregola di babbo e si diede a strepitare «voio antola,voio antola la Corona, voio antola la Carogna di Etio-pia!...» come nel «Corriere dei Piccoli» strepitava Ciril-lino reclamando il cavalluccio di carta pesta. Volle quel-lo in compenso di tutto quanto aveva ceduto al fasci-smo, cedeva ancora e sempre cedette: tradimento delPaese; violazioni dello Statuto; strappi continuati allasuddetta Carta Costituzionale del Regno perfin nell'ordi-ne della successione al trono; il famigerato patto del La-terano («a Roma ci siamo e ci resteremo – Roma con-quista intangibile») col quale venivano consegnate leterre d'Italia e coscienza ed educazione morale degl'ita-liani, al Vaticano in baratto dell'influenza religiosa deipapi e della tenebrosa Compagnia di Gesù al potere ne-fando dell'«uomo inviato dalla, provvidenza» e dellaturba dei torvi suoi sicari i quali tutti avevano sulla co-scienza gli affronti mortificanti e per i credenti «sacrile-ghi», al «papa brianzolo», l'assassinio del parrocod'Argenta don Minzoni e diecine d'altri men noti ma al-trettanto efferati; la guerra d'Africa dov'era «divertentis-simo» – come faceva stampare nei giornali Mussolinijunior – assistere dall'alto del bombardiere alla fuga di-sperata delle donne e dei bimbi abissini scacciati dai tu-cul sotto la mitraglia ed i gas asfissianti «come immensisciami di brulicanti formiconi»; l'adesione all'Asse chevendeva e incatenava il Paese alla Tedeschia nazistadall'orribile grifo di megera e lo avviava alla totale rovi-

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Page 23: De monarchia Casa Savoia giù! - liberliber.it · TITOLO: De monarchia. Casa Savoia... giù! AUTORE: Zavattero, Domenico TRADUTTORE: ... costituzionale i re di tutte le Case e di

na; la partecipazione al garottamento della Spagna po-polana insorta generosa e ardente contro l'abbominevoleaggressione proditoria di Franco spergiuro e della suaabietta Falange innominabile; l'entrata nel mostruosobagno di sangue che dal 1939 al 1945 ha sommersol'universo in una tragedia apocalittica di devastazione ir-reparabile e di lutti inenarrabili il cui ricordo dalle pagi-ne della Storia, anche se essa durasse in eterno, non sicancellerà mai.

Solo quando fu chiaro che l'Italia andava diritto e sen-za remissione alla catastrofe e – la sola ed unica sventu-ra che lo angustiasse – con l'Italia la sorte della nobilis-sima dinastia, tradì con sbalorditivo candore a lor volta idegnissimi compari del dì prima, fece affondare l'arti-glio poliziesco nel colletto di Mussolini, così, come adun ladruncolo sorpreso in anticamera a frugacchiare in-torno all'attaccapanni. Poco dopo tradì un'ennesima vol-ta (e sarà l'ultima!?...) la comare Germania alleata ed in-timamente amica, e senza la menoma preoccupazione almondo, in luogo di assumere l'atteggiamento di chi tienealla propria dignità regale ed umana si prese le gambettein spalla, pari in ciò al monello che lanciata la palla dineve nel tubino del passante scappa veloce per salvarsidagli scapaccioni.

Ecco in scorcio la figura morale di codesto figuro im-morale della dinastia sabauda nel suo pieno, di colui chene sarà stato l'ultimo re.

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na; la partecipazione al garottamento della Spagna po-polana insorta generosa e ardente contro l'abbominevoleaggressione proditoria di Franco spergiuro e della suaabietta Falange innominabile; l'entrata nel mostruosobagno di sangue che dal 1939 al 1945 ha sommersol'universo in una tragedia apocalittica di devastazione ir-reparabile e di lutti inenarrabili il cui ricordo dalle pagi-ne della Storia, anche se essa durasse in eterno, non sicancellerà mai.

Solo quando fu chiaro che l'Italia andava diritto e sen-za remissione alla catastrofe e – la sola ed unica sventu-ra che lo angustiasse – con l'Italia la sorte della nobilis-sima dinastia, tradì con sbalorditivo candore a lor volta idegnissimi compari del dì prima, fece affondare l'arti-glio poliziesco nel colletto di Mussolini, così, come adun ladruncolo sorpreso in anticamera a frugacchiare in-torno all'attaccapanni. Poco dopo tradì un'ennesima vol-ta (e sarà l'ultima!?...) la comare Germania alleata ed in-timamente amica, e senza la menoma preoccupazione almondo, in luogo di assumere l'atteggiamento di chi tienealla propria dignità regale ed umana si prese le gambettein spalla, pari in ciò al monello che lanciata la palla dineve nel tubino del passante scappa veloce per salvarsidagli scapaccioni.

Ecco in scorcio la figura morale di codesto figuro im-morale della dinastia sabauda nel suo pieno, di colui chene sarà stato l'ultimo re.

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Page 24: De monarchia Casa Savoia giù! - liberliber.it · TITOLO: De monarchia. Casa Savoia... giù! AUTORE: Zavattero, Domenico TRADUTTORE: ... costituzionale i re di tutte le Case e di

Eppure è saltato fuori ultimamente Ivanohe (mical'eroe di Walter Scott, oh'nno!) è saltato fuori dalla listaelettorale fascista della Casa col Campicello – vedi ele-zioni dei 1921 – e dall'onta della fornitura di armi aglisquadristi di quel tempo, per gettare tra i piedi della me-schinella Italietta il superbo e seducente rampollo realein qualità di don Giovanni Luogolasciante del Ragno,devastatore indefesso, fesso, fesso di cuor e di f..., difemmine; l'unica dote che gli sia stata senza contesto ri-conosciuta finora.

Il giochetto è chiaro come buon giorno; non appenagli affarucci in corso si fossero più o meno arrangiati,papà metterebbe di nuovo da parte le sue monete (oh lemonete, antiche e contemporanee, sa metterle da partel'ingordo, andate là!) il Luogocomodo ritornerebbe aisuoi trastulli erotici, e lo Spiombi birbone senza neppurun'ombra di rimorso nè giallo nè verde riprenderebbe ilproprio posterello dorato, se anche amplissimamentescornificato. E l'Italia sarebbe ancora una volta fregata.

Non altrimenti fa lo scribacchino di una Impresa dellepompe funebri dopo di aver messo eppoi congedato unsupplente al proprio tavolino quando si vuol godere unsupplemento di vacanzette fuori turno.

La situazione del vice-reuccio non importa, come nonimporta la sua personcina; essa è talmente insignifican-te, talmente nulla! Se anche diventasse re, probabile chesarebbe e rimarrebbe sempre un re travicello; un re asessantanove gradi setto zero, se non a sedici. E se giovaricordare oggi il vaticinio sgorgato in un lontano giorno

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Eppure è saltato fuori ultimamente Ivanohe (mical'eroe di Walter Scott, oh'nno!) è saltato fuori dalla listaelettorale fascista della Casa col Campicello – vedi ele-zioni dei 1921 – e dall'onta della fornitura di armi aglisquadristi di quel tempo, per gettare tra i piedi della me-schinella Italietta il superbo e seducente rampollo realein qualità di don Giovanni Luogolasciante del Ragno,devastatore indefesso, fesso, fesso di cuor e di f..., difemmine; l'unica dote che gli sia stata senza contesto ri-conosciuta finora.

Il giochetto è chiaro come buon giorno; non appenagli affarucci in corso si fossero più o meno arrangiati,papà metterebbe di nuovo da parte le sue monete (oh lemonete, antiche e contemporanee, sa metterle da partel'ingordo, andate là!) il Luogocomodo ritornerebbe aisuoi trastulli erotici, e lo Spiombi birbone senza neppurun'ombra di rimorso nè giallo nè verde riprenderebbe ilproprio posterello dorato, se anche amplissimamentescornificato. E l'Italia sarebbe ancora una volta fregata.

Non altrimenti fa lo scribacchino di una Impresa dellepompe funebri dopo di aver messo eppoi congedato unsupplente al proprio tavolino quando si vuol godere unsupplemento di vacanzette fuori turno.

La situazione del vice-reuccio non importa, come nonimporta la sua personcina; essa è talmente insignifican-te, talmente nulla! Se anche diventasse re, probabile chesarebbe e rimarrebbe sempre un re travicello; un re asessantanove gradi setto zero, se non a sedici. E se giovaricordare oggi il vaticinio sgorgato in un lontano giorno

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Page 25: De monarchia Casa Savoia giù! - liberliber.it · TITOLO: De monarchia. Casa Savoia... giù! AUTORE: Zavattero, Domenico TRADUTTORE: ... costituzionale i re di tutte le Case e di

dalla improvvisazione oratoria di un tribuno popolare dinostra conoscenza nell'occasione appunto della venutaal mondo di codesta nullità caricaturale fatta persona,non è certo per porre un veto assoluto alla eventuale in-coronazione di un cosino rimasto minorenne a fin di farposto ad un altro. È invece per il fatto che di anacroni-smi storici nel mondo moderno non ne sopportiamo più;di nessun genere, individuale o dinastico. E vogliamofin d'ora incominciare a sopprimerne uno.

Il turno degli altri verrà prestissimo.Stiamo dunque un po' a vedere adesso se questa volta

quei tali terribilissimi flagelli di troni di corone di por-pore e di tutte le altre pagliacciate e furfanterie dellamedesima risma che infestano ed appestano le itale ter-re, minacciando terremoti politici e sociali soltanto a pa-role lascieranno ancor fare: se tollereranno cioè che mo-narchi in pericolo e ministri in foia di terranovismo per-vengano a consumare la truffa dinastica che stanno me-ditando. Per conto nostro, per conto di tutti quanti pos-siedono anima e coscienza, buon senso e dignità di uo-mini, la risoluzione di opporsi alla effettuazione deltrucco indegno è presa. Per tutti noi la parola d'ordineche deve diffondersi vibrante, la prima in ogni più ripo-sto cantuccio d'Italia col suo fremito foriero di altri an-cora più importanti e decisivi eventi ha da essere:

Basta coi ciurmadori e coi loro ciarpami: la monar-chia, giù.

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dalla improvvisazione oratoria di un tribuno popolare dinostra conoscenza nell'occasione appunto della venutaal mondo di codesta nullità caricaturale fatta persona,non è certo per porre un veto assoluto alla eventuale in-coronazione di un cosino rimasto minorenne a fin di farposto ad un altro. È invece per il fatto che di anacroni-smi storici nel mondo moderno non ne sopportiamo più;di nessun genere, individuale o dinastico. E vogliamofin d'ora incominciare a sopprimerne uno.

Il turno degli altri verrà prestissimo.Stiamo dunque un po' a vedere adesso se questa volta

quei tali terribilissimi flagelli di troni di corone di por-pore e di tutte le altre pagliacciate e furfanterie dellamedesima risma che infestano ed appestano le itale ter-re, minacciando terremoti politici e sociali soltanto a pa-role lascieranno ancor fare: se tollereranno cioè che mo-narchi in pericolo e ministri in foia di terranovismo per-vengano a consumare la truffa dinastica che stanno me-ditando. Per conto nostro, per conto di tutti quanti pos-siedono anima e coscienza, buon senso e dignità di uo-mini, la risoluzione di opporsi alla effettuazione deltrucco indegno è presa. Per tutti noi la parola d'ordineche deve diffondersi vibrante, la prima in ogni più ripo-sto cantuccio d'Italia col suo fremito foriero di altri an-cora più importanti e decisivi eventi ha da essere:

Basta coi ciurmadori e coi loro ciarpami: la monar-chia, giù.

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