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Università telematica pegaso DSA: disturbi specifici dell’apprendimento

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 L’INTERESSE AI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO ------------------------------------------ 3

2 COSA SONO I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO? --------------------------------------------- 5

3 DISLESSIA, DISGRAFIA, DISCALCULIA E DISORTOGRAFIA------------------------------------------------- 9

3.1 DISLESSIA -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9 3.2 DISORTOGRAFIA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------13 3.3 DISGRAFIA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------13 3.4 DISCALCULIA ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------14

4 I DSA: COSA PUÒ E DEVE FARE LA SCUOLA --------------------------------------------------------------------- 17

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 19

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1 L’interesse ai disturbi specifici dell’apprendimento

Le difficoltà di apprendimento costituiscono un problema rilevante per la loro incidenza

nella popolazione scolastica, e qualora vengano individuate in ritardo, comportano condizioni di

insuccesso nella scuola dell’obbligo che spesso finiscono per compromettere non solo la carriera

scolastica, ma anche lo sviluppo della personalità e l’adattamento sociale del soggetto.

La tempestività è una della variabili più importanti per l’efficacia di un intervento di

recupero: le difficoltà tendono, infatti ad accentuarsi con il passare del tempo, se non vengono

messi in atto interventi precoci. Ciò si verifica sia perché alcuni apprendimenti dipendono da altri

precedenti, sia per gli effetti negativi reciproci che si creano tra gli insuccessi e le difficoltà

nell’apprendimento da un lato e la motivazione allo studio, l’autostima dell’alunno e le aspettative

dei genitori e degli insegnati dall’altro.

Quindi, benché la diagnosi delle difficoltà di apprendimenti venga posta generalmente nel

corso degli anni successivi, già nella scuola dell’infanzia si possono manifestare dei segnali di

rischio che gli insegnanti dovrebbero essere in grado di capire ed, eventualmente, interpretare come

indicatori di difficoltà.

Negli ultimi anni si è assistito in Italia ad un aumento di interesse per i disturbi specifici

dell’apprendimento, che costituiscono un fenomeno molto complesso, tale interesse si è focalizzato

soprattutto sulla dislessia evolutiva1.

Tale attenzione si è accentuata con la recente approvazione della Legge 170/2010 intitolata “

Nuove norme in materia di disturbi specifici dell’apprendimento in ambito scolastico” che ha

rappresentato il punto di arrivo di un lungo percorso per il pieno riconoscimento dei DSA nel nostro

Paese e per consentire la migliore realizzazione delle potenzialità delle persone che ne sono affette.

In via generale la Legge 170 ha lo scopo di definire dei principi al fine di consentire un

corretto approccio a questi disturbi sia in ambito scolastico sia sanitario.

L’approccio didattico è stato particolarmente approfondito nel primo decreto attuativo del

MIUR, accompagnato da linee guida. Tale decreto stabilisce una serie di interventi deputati a

1 Franceschi S., Savelli E. e Stella G., Identificazione precoce dei soggetti a rischio DSA ed efficacia di un intervento

abilitativo meta fonologico, “Dislessia”, vol.8, n.3, pp.247-266.

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garantire la realizzazione di una didattica personalizzata ed individualizzata ai particolari bisogni

degli alunni con DSA ( come la realizzazione del Piano Didattico Personalizzato).

Bisogna però, sottolineare che l’approvazione di una legge da sola non può risolvere tutti i

problemi, dato che la efficacia è intrinsecamente connessa alla sua corretta applicazione.

Attualmente sono stati oggetto di osservazione alcuni nodi interni alla legge 170, in

particolare si è aperta una questione sull’articolo 3 comma 1 per il riconoscimento del disturbo e la

conseguente applicazione delle misure connesse. Si discuteva sulla validità delle diagnosi e se

avessero validità solo le diagnosi rilasciate dal SSN o anche quelle effettuate da specialisti e

strutture accreditate. Tale questione è stata affrontata nel documento Accordo Stato-Regioni su “

Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei disturbi specifici dell’apprendimento “ che ha

demandato alle Regioni la possibilità “ nel caso in cui i servizi pubblici o accreditati da Servizio

sanitario nazionale non siano in grado di garantire il rilascio delle certificazioni in tempi utili per

l’attivazione delle misure didattiche e delle modalità di valutazione previste e, comunque , quando il

tempo richiesto per il completamento dell’iter diagnostico super i i sei mesi …”di “ prevedere

percorsi specifici per l’accreditamento di ulteriori soggetti privati che devono dimostrare il possesso

di alcuni specifici requisiti.

La legge è stata ben accetta e sostenuta sia dalle famiglie che dalle associazioni che si

interessano di tutelare i diritti degli studenti con DSA.

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2 Cosa sono i disturbi specifici dell’apprendimento?

I DSA (Disturbi Specifici Dell’apprendimento) sono disabilità che compromettono

significativamente l’acquisizione delle abilità strumentali di lettura, scrittura e del numero-calcolo

che si manifestano in presenza di adeguate capacità cognitive. In questo caso il temine “Specifici” si

riferisce alla condizione che questi disturbi si manifestano in soggetti indenni dal punto di vista

intellettivo-cogntivo e in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma nonostante ciò

possono costituire una vera e propria limitazione per alcune attività quotidiane.

Questi disturbi sono stati classificati all’interno della Legge 170/2010 e tale classificazione

riprende la distinzione operata in ambito clinico nella Consennsus Conference del 2009 che

differenzia nella categoria dei DSA quattro quadri clinici distinti : Dislessia, disortografia,

disgrafia e la discalculia.

La dislessia è un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà

nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella

correttezza e nella rapidità della lettura;

La disortografia è un disturbo specifico che si manifesta in difficoltà nei

processi linguistici di transcodifica;

La disgrafia è un disturbo specifico della scrittura che si manifesta in

difficoltà nella realizzazione grafica.

La discalculia è un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà

negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione dei numeri.

I DSA possono manifestarsi separatamente o assieme, a tal proposito va sottolineata che la

comorbilità nei Disturbi Specifici dell’ Apprendimento e l’associazione tra loro e altri disturbi è la

regola piuttosto che l’eccezione.

La base neurobiologica dei DSA è oggi ampiamente compresa e riconosciuta dalla

comunità scientifica internazionale e recentemente anche dalla comunità scientifica italiana; infatti

grazie all’impiego delle metodologie di indagine come le neuro immagini tipo la PET ( tomografia

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ad emissione di positroni) o la RMF ( risonanza magnetica funzionale), è stato possibile rilevare un

disfunzionamento di alcune aree della corteccia del cervello delle persone con dislessia.

L’accordo sulla natura neurobiologica del disturbo e sulla modalità di trasmissione genetica

non è tutt’oggi estendibile alla localizzazione precisa delle sedi e delle funzioni responsabili del

deficit. L’ampio consenso delle basi neurobiologiche dei DSA ovviamente non esclude il possibile

ruolo che possono avere i fattori ambientali nel modulare l’espressione del disturbo nel corso degli

anni; ruolo che è stato riconosciuto nella Consensus Conference sui DSA.

Un criterio utile per la definizione di DSA è:

“il carattere neurobiologico delle anomalie processuali che caratterizzano i DSA. È

altrettanto importante sottolineare che i fattori biologici interagiscono attivamente nella

determinazione della comparsa del disturbo, con i fattori ambientali”

(Consensus Conference 2009)

I DSA hanno un carattere evolutivo e si manifestano già nelle prime fasi di apprendimento,

quando il bambino viene a contato con il codice scritto.

Generalmente il bambino compie errori caratteristici nella lettura e nella scrittura come la

sostituzione di lettere (m/n; V/f; b/d; a/e) oppure l’inversione di lettere e numeri (ad esempio

21/12), ha difficoltà ad imparare le tabelline e alcune informazioni in sequenza come i giorni della

settimana; i mesi dell’anno; può fare confusione nei rapporti temporali e spaziali. In certi casi sono

riscontrabili anche difficoltà in abilità fino-motorie, nel calcolo, nella capacità di attenzione e

concentrazione.

La questione della comorbilità nei e tra i DSA soleva importanti interrogativi sia a livello

clinico, per quanto concerne l’inquadramento diagnostico e la progettazione dell’intervento

riabilitativo, che a livello teorico, in relazione allo statuto epistemologico del temine “specifico” e al

modello di architettura cognitiva “modulare” che esso sottende2.

Il disturbo della lettura è frequentemente associato ad altre condizioni disfunzionali più o

meno evidentemente connesse con l'apprendimento. Da numerose osservazioni si rileva come la

dislessia sia, molto più frequentemente associata ad altri disturbi piuttosto che presentarsi

isolatamente. Una elevata comorbilità è da evidenziare con gli altri disturbi specifici

2 Rice M. e Brooks G., Developmental dyslexia in adults: A research review, NRDC, Institute of Education, London,

2004.

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dell'apprendimento quali la disortografia la disgrafia e la discalculia. Tuttavia oltre alla frequente

comorbilità tra i vari DSA, il disturbo di lettura ad esempio, può presentarsi associato ad altre

condizioni disfunzionali sia di tipo neuropsicologico come deficit della percezione visiva, disturbi

dell'attenzione, iperattività, deficit memoria, disturbi del linguaggio, ,disturbi di coordinazione

motoria e problematiche legate alle prassie, sia di tipo psicopatologico come disturbi d’ansia,

disturbi da separazione e la fobia scolare.

La comorbilità può essere presente anche con disturbi dell’umore e del comportamento.

È importante adottare azioni rivolte all’identificazione precoce dei DSA, e tale aspetto è

stato ampiamente sottolineato all’interno della Legge 170/2010. Essa suggerisce che apposite

iniziative di screening debbano essere attuate già a partire dalla scuola dell’infanzia. Tali condizioni

di screening devono essere messe a punto dal SSN secondo dei protocolli condivisi.

La legge sottolinea come l’attuazione di queste iniziative, volte ad identificare una

condizione di rischio non costituisca l’emissione di una Diagnosi di DSA.

Art.3 comma 3:

“Compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia ,attivare

previa apposita comunicazione alle famiglie interessate ,interventi idonei ad individuare I casi

sospetti di DSA degli studenti, sulla base protocolli regionali di cui l'articolo 7 comma 1.L'esito di

tali attività non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA”.

Art. 7 comma 1

“ Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il

Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le

regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, si provvede, entro quattro mesi dalla data

di entrata in vigore della presente legge, a emendare linee guida per la predisposizione di

protocolli regionali da stipulare entro i successivi sei mesi, per le attività di identificazione precoce

di cui all’articolo 3, comma 3.”

Il principale obiettivo di un azione di screening è quello di E quello di identificare soggetti,

appartenenti a una popolazione generale, che presentino un elevato rischio per un particolare

disturbo e quindi di prevedere e/o anticipare un certo corso di eventi, nel caso specifico l’insorgere

di un DSA, al fine di prevenirlo o ridurne gli effetti intervenendo in maniera tempestiva ed efficace,

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dato che la tempestività sembra essere una delle variabili più rilevanti per determinare l’efficacia di

un intervento di recupero.

Nel nostro Paese nonostante siano proliferate iniziative del genere, non esiste una

metodologia di interventi universalmente riconosciuta e adottata , né strumenti ben validati rispetto

alle caratteristiche di sensibilità e specificità nella loro capacità predittiva. Infatti, ultimamente, in

Italia numerosi studi ritengono che anticipare l’identificazione del rischio all’ultimo anno della

scuola dell’infanzia è una possibilità concreta e rilevante, da cui potrebbero scaturire numerosi

vantaggi, primo tra tutti quello di modulare le strategie di insegnamento sulle specifiche necessità di

questi alunni3.

Per l’ultimo anno di scuola dell’infanzia sono stati costruiti degli strumenti di valutazione

diretta e questionari osservativi finalizzati all’individuazione precoce del rischio di sviluppare

DSA4.

Gli unici strumenti presenti nel panorama nazionale per l’identificazione precoce delle

difficoltà di calcolo sono: per la scuola dell’infanzia, la batteria BIN 4-6, che fornisce un quadro dei

primi apprendimenti matematici in bambini a sviluppo tipico, relativamente alla fascia di età 4-6

anni; per la scuola primaria, l’AC-MT 6-10; per la scuola secondaria di primo grado , l’ AC-MT 11-

14.

Va comunque sottolineato che se da un lato gli screening possono rappresentare importanti

mezzi di prevenzione e conoscenza che consentono un certo grado di affidabilità di anticipare un

decorso di sviluppo e ridurre la sequela di effetti negativi conseguente ad un marcato

riconoscimento precoce delle difficoltà, è altrettanto vero che sono strumenti molto delicati che

devono essere maneggiati da soggetti esperti.

3 Fioravanti B., Franceschi S. e Savelli E., La conoscenza delle lettere nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia come

indice predittivo dell’apprendimento della letto-scrittura, “Dislessia”, vol.9, n.2, pp. 223-245. 2012 4 Marotta L., Trasciani M. e Vicari S., Test CMF- valutazione delle competenze meta fonologiche , Erickson, Trento

2008.

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3 Dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia

3.1 Dislessia

Esistono numerose definizioni di dislessia evolutiva, ma quella che meglio riassume le

caratteristiche e le più aggiornate conoscenze sul problema è quella fornita dall’ International

Dyslexia Association (IDA), un autorevole organo che raggruppa le associazioni nazionali sulla

dislessia. Tale definizione descrive la dislessia come:

“ una disabilità specifica dell’apprendimento di origine neurobiologica. Essa è

caratterizzata dalla difficoltà ad effettuare una lettura accurata e/o fluente e da abilità scadenti

nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà tipicamente derivano da un deficit nella

componente fonologica del linguaggio che è spesso inattesa in rapporto alle altre abilità cognitive

e alla garanzia di un’adeguata istruzione scolastica. Conseguenze secondarie possono includere i

problemi di comprensione nella lettura e una ridotta pratica della lettura che può impedire la

crescita del vocabolario e delle conoscenze generali5”.

Per comprendere cosa sia la dislessia bisogna prima chiarire bene il termine lettura, che non

è semplice decodificazione di segni grafici, bensì è soprattutto la comprensione di un testo scritto

secondo un codice programmato diffuso in una parte del mondo in un dato momento.

La lettura viene acquisita in due fasi successive:

Nella prima il bambino si impadronisce del codice di una lingua, nella seconda il codice di

base serve al bambino per comprendere un testo scritto.

Naturalmente per impadronirsi di questo meccanismo il bambino deve possedere dei

requisiti essenziali e cioè deve avere un adeguato sviluppo intellettivo, una conoscenza buona della

lingua parlata, la possibilità di comprendere e cogliere dei segni nello spazio in successione logico-

5 Lyon G.R., Shaywitz S.E., e Shaywitz B.A., Defining Dyslexia, Comorbidity; Teachers’ knowledge of Language and

Reading: A definition of Dyslexia, “Annals of Dyslexia”, vol. 53, pp. 1-14, trad.it. in “Dislessia”, n.3, vol.1, pp. 265-

275, 2003.

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spaziotemporale, una situazione ambientale favorevole e infine uno sviluppo emotivo sociale

adeguato all’epoca di crescita in cui il bambino comincia a leggere6.

Date queste premesse è naturale che l’età per l’apprendimento della lettura sia molto

variabile, le scuole pedagogiche stabiliscono un’età cronologica diversa per l’inizio di questo

processo, anche se si è stabilito uno standard comune, ovvero l’inizio della scolarizzazione intorno

ai 5-6 anni e quindi ad avere un unico canone di giudizio: a cinque anni un bambino normale deve

essere pronto ad imparare a leggere7.

La dislessia, di solito, si manifesta nel secondo anno scolastico anche se molti dicono che

già dopo i primi tre mesi del primo anno di scuola, ci si può trovare di fronte ad un bambino

dislessico.

Diversi sono i modi in cui la dislessia di presenta, ma gli errori più frequenti sono quelli

originati da confusione.

Il bambino dislessico, di solito scambia tra loro lettere che hanno segni grafici uguali ma

diversamente orientati (p-q, d-b-, u-n) o anche quelle simili come n e m.

Altre difficoltà riguardano il fonema nella sua somiglianza grafica ma anche fonetica come p

e b. A volte molte di queste confusioni sono presenti insieme.

Altra difficoltà è anche l’inversione di lettere in una sillaba (al-la, tra-tar, ecc). Altri errori

riguardano anche la collocazione dei grafemi su un rigo e la difficoltà ad individuare la successione

dei righi in modo veloce e corretto.

Come afferma Minuto: “nella maggior parte dei casi, i dislessici leggono con un flusso

lento, in modo disordinato e approssimativo, deformano le parole, ritornano su quelle già lette,

saltano le linee e le parole, non rispettano la punteggiatura e introducono pause normali. Spesso non

riescono a riassumere il testo letto, in quanto le deformazioni delle parole e gli errori del ritmo

impediscono loro di coglierne il senso globale e, inoltre, perché, tesi nello sforzo tecnico di

decifrazione delle singole lettere e del loro assemblaggio, anche se riescono a leggere correttamente

le parole, ritornano su quelle già lette, saltano le linee e le parole, non rispettano la punteggiatura e

introducono pause normali.

Altri bambini, infine, pervengono a una lettura abbastanza corretta, seppur non rapida, fluida

espressiva, in quanto non sono in grado di rispettare la punteggiatura, il ritmo e l’intonazione8.

6 Boschi F., Psicologia della lettura, Giunti Barbera, Firenze 1977.

7 Cfr. Cardinale G., Giachino U., La lettura, Zanichelli, Bologna 1981.

8 Minuto I., Le patologie del linguaggio, La nuova Italia, Firenze 1994.

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Le sfere interessate in una corretta diagnosi sono quelle della percezione visiva, della

percezione uditiva, del linguaggio, dell’organizzazione spazio-temporale, della psico-affettività e

dell’intelligenza. Per quanto riguarda la riabilitazione cominciare prima significa eliminare prima

il problema. La cosa più importante è collocare il bambino in un ambiente che lo faccia sentire a

suo agio e non lo renda ansioso per il deficit delle sue attitudini. Poi bisogna iniziare un buon

trattamento logopedico.

Qualsiasi trattamento può ottenere ottimi risultati se si avverano tre cose: il bambino deve

voler migliorare (e cioè abbia conoscenza del suo disturbo), la famiglia deve accettare di modificare

abitudini e comportamenti, la scuola deve collaborare9.

La riabilitazione, quindi, si colloca all’interno del processo evolutivo

Questo significa evitare aggressioni terapeutiche indifferenziate e interminabili con il rischio

di medicalizzare il problema che il bambino presenta.

Il bambino quindi:

• ha bisogno di rileggere consegne scritte e testi (quindi impiega più tempo);

• salta il rigo o non riesce a dedicare sufficiente attenzione alla punteggiatura;

• ha difficoltà a comprendere i testi, a fare un lavoro sui testi scritti e a studiare;

• prova meno piacere e sviluppa scarso desiderio, se non vero e proprio rifiuto di leggere o

di impegnarsi in compiti che richiedono lettura e quindi, seguire una lettura fatta insieme in classe,

seguire una spiegazione fatta con l’ausilio di scritte sulla lavagna, copiare dal libro o dalla lavagna,

leggere le consegne degli esercizi sul libro, leggere i compiti segnati sul diario o sul quaderno,

verificare di aver scritto bene qualcosa sul quaderno o nelle verifiche scritte cercare parole sul

dizionario e infine studiare;

• a volte legge e svolge compiti in modo migliore, altre volte (quando deve pensare a più

cose contemporaneamente, quando è più stanco, oppure meno interessato, oppure più in ansia)

legge e svolge i compiti in modo peggiore.

In letteratura internazionale tra i modelli teorici causali della dislessia evolutiva vi sono tre

principali filoni.

Secondo una prima teoria, sostenuta da Brady e Shankweiler, la dislessia evolutiva postula

uno specifico problema nella rappresentazione, nell’immagazinamento e nel recupero dei suoni del

linguaggio. La dislessia è descritta in questo filone di studi come una disabilità derivante da deficit

9 Cfr Kocher F., La rieducazione dei dislessici, Armando, Roma 1965.

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circoscritti all’abilità di processazione fonologica che interferirebbero con l’apprendimento del

processo di lettura con conseguente difficoltà da parte del bambino a fissare le corrispondenze

grafema-fonema10

.

Queste evidenze sottolineano che i soggetti con disabilità di lettura non raggiungerebbero un

sufficiente grado di consapevolezza per la struttura fonemica interna alle parole che impedirebbe o

rallenterebbe l’apprendimento delle corrispondenze grafema-fonema in un sistema alfabetico come

ad esempio quello della lingua italiana.

Una seconda teoria postula che il deficit risiede in un’ alterazione del funzionamento della

via visiva magnocellulare. Questa teoria indicherebbe che le difficoltà di lettura sarebbero

riconducibili a lievi anomalie in una parte del sistema visivo chiamata appunto magnocellulare,

specializzata nella codifica visuo-spaziale e coinvolta nel controllo dei movimenti oculari. I circuiti

magnocellulari giocano un ruolo importante anche per altre modalità sensoriali e questo potrebbe

spiegare perché vi siano nei soggetti dislessici molto spesso difficoltà nel percepire stimoli uditivi in

rapida successione e di breve durata come le consonanti11

.

La terza teoria, detta anche teoria cerebellare del deficit di automatizzazione, come fattore

causale della dislessia postula che il cervelletto gioca un ruolo rilevante nei processi articolatori del

linguaggio, che a loro volta influenzano le rappresentazioni fonologiche, e che interviene

nell’automatizzazione delle procedure (come il leggere). Tale teoria si fonda sull’osservazione di

scarse prestazioni dei dislessici in compiti che richiedono coordinazione motoria.

Per quanto riguarda la scrittura, molte volte ci si trova davanti a soggetti dotati di

intelligenza normale che non riescono ad imparare a scrivere, cioè a rendere intelligibili a se stessi e

al lettore i segni tracciati e non riescono a rendere il pensiero secondo i codici della parola scritta.

Molti sono anche i disturbi della scrittura. Uno dei più frequenti è la disortografia. Essa ha

un certo legame con la dislessia e spesso i disturbi si presentano addirittura insieme, anche se la

disortografia è molto più frequente della dislessia.

10

Snowling M.J., Phonemics deficits in developmental dyslexia, in “ Psychological Research”, vol. 43, pp.219-234. 11

Stein J. E WalshV., To see but not read: the magnocellular theory of dyslexia; “Trends in NeuroScience” vol. 86, n.1,

pp. 24-53.

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Università telematica pegaso DSA: disturbi specifici dell’apprendimento

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

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3.2 Disortografia

Per acquisire la lingua scritta il bambino deve avere una corretta percezione visiva dei

grafemi, deve riconoscerli e comprendere il loro valore simbolico e stabilire una giusta

corrispondenza tra le forme sonore e quelle scritte. Di solito la disortografia si presenta come un

prolungamento oltre il tempo normale, degli errori in cui incorrono i bambini nel normale

apprendimento. Esistono molte situazioni deficitarie che vanno da un minimo di pochi errori

saltuari a un massimo di non corrispondenza fra la forma sonora e quella scritta: ad esempio la

scrittura ogni volta diversa di una lettera, oppure un grafema completamente inventato e quindi

inintelligibile per primo al bambino stesso.

Un esame diagnostico, anche in questo caso, deve essere precoce, così come la

riabilitazione, tenendo presente che “dinanzi alle difficoltà ortografiche, è poco utile intensificare il

numero di dettati o far copiare le parole diverse volte. Al contrario, bisogna affrontare le difficoltà

direttamente e mettere il soggetto in condizioni di capire i meccanismi implicati negli errori per

poterli individuare, memorizzare e quindi automatizzare. Il bambino deve arrivare a “sentire” la

lingua con immediatezza (al di fuori del dettato o del saggio scritto) e mentre sta scrivendo non

deve riflettere sulle regole: o sa o non sa12

.

Oggi le moderne terapie vanno innanzi tutto nel senso di correggere la forma parlata, poi la

collocazione spaziale e infine la vera e propria scrittura. La diagnosi deve essere veloce, la terapia

immediata e naturalmente ci deve essere anche la collaborazione di scuola e famiglia.

3.3 Disgrafia

Sicuramente meno diffusa è la disgrafia, che è una carenza della scrittura per cui il soggetto

letteralmente non sa tenere la penna in mano, non rispetta la grandezza proporzionale dei grafemi,

non conosce la punteggiatura, l’impaginazione, e così la scrittura diventa illeggibile.

Questo fenomeno si presenta drammaticamente di solito quando il ragazzo frequenta le

scuole superiori. È lì che aumenta vorticosamente la quantità di scrittura e quindi la velocità

richiesta per l’esecuzione.

La pagina del soggetto disgrafico non è centrata nel foglio, le aste delle lettere sono contorte,

non c’è quasi punteggiatura e il quadro generale e tradisce un completo e disarmante disordine.

12

Minuto I., op.cit., p. 11.

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Le cause di questo disturbo sono rinvenibili in una motricità non corretta, una cattiva

organizzazione spazio-temporale, disturbi della parola, personalità problematica. Per quanto

riguarda quest’ultima c’è d adire che molti tipi diversi di personalità possono giungere allo stesso

problema disgrafico: i bambini forti che non accettano la costrizione del banco, della pagina e del

rigo; i bambini iperprotetti che puniscono in questo modo di (la scuola) li tiene lontani dal sicuro

nido materno; i bambini insicuri, quelli traumatizzati dal punto di vista affettivo, i caratteriali, e così

via.

La riabilitazione comincia rimettendo in ballo la metodica con la quale ci si prepara alla

scrittura.

“Attraverso metodiche razionali, adeguatamente lente, progressive e analitiche, il bambino

deve riuscire a comprendere la dinamica del gesto e deve saperla controllare, imparando ad

aspettare, partire, fermarsi, orientarsi, ripartire, ecc.; allo stesso modo, deve capire che anche la

scrittura è un mezzo di comunicazione e una tecnica che richiede gesti diversi, coordinati e legati in

insiemi semantici, mediante un movimento datato di ritmo e di intonazione; e che, infine, le lettere

devono essere segni “leggibili”, che attraverso i legamenti diventano linguaggio e, attraverso lo

svolgimento ordinato, racconto13

.

I tempi ella riabilitazione sono notevolmente più lunghi e una corretta riabilitazione non può

prescindere dalla collaborazione della famiglia e della scuola, che dovrebbe anzi esercitare una

forma di prevenzione.

3.4 Discalculia

La definizione che meglio descrive la discalculia è stata fornita dalla neuropsicologa inglese

Temple, che ha l’ha definito come:

“ un disturbo delle abilità numeriche e aritmetiche che so manifesta in bambini di

intelligenza normale e che non hanno subito danni neurologici: essa può presentarsi associata a

dislessia, ma è possibile che ne sia anche dissociata14

” .

13

Minuto I., op.cit.,p.11. 14

Temple C.M., Developmental cognitive neuropychology, Psychology Press, London 1997.

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Il primo studio sistematico dei deficit specifici dell’apprendimento dei numeri e del calcolo

risale al 1974 ed è opera dello psicologo cecoslovacco Ladislav Kosc. Fu lui ad introdurre

l’espressione “discalculia evolutiva”. Altri ricercatori hanno usato una terminologia differente, di

solito per indicare la stessa cosa, come ad esempio “incapacità di apprendimento dell’aritmetica”,

“difficoltà di calcolo specifiche”, “difficoltà specifiche nell’apprendimento dell’aritmetica”,

“difficoltà di apprendimento della matematica”, “incapacità matematiche” ed altre espressioni

ancora….

È generalmente accettato che i bambini con discalculia hanno difficoltà ad apprendere e

memorizzare i fatti aritmetici e ad eseguire le procedure di calcolo. I bambini con discalculia fanno

inoltre molto più affidamento su strategie immature, come quelle di contare sulle dita per risolvere i

problemi o ancora un problema più grave dei bambini con discalculia evolutiva è la scarsa

performance nei compiti che richiedono la comprensione di alcuni concetti numerici fondamentali,

in particolare quello di numerosità. Ciò incide negativamente persino sullo svolgimento di compiti

molto semplici come il conteggio, o il confronto fra grandezze numeriche. Pertanto è presente una

vera e propria discalculia quando esistono indicative difficoltà (rispetto all’età e al bagaglio

cognitivo generale), a svolgere correttamente e con sufficientemente rapidità uno o più di questi

gruppi di compiti:

• accedere al significato (quantitativo) dei numeri e comprenderne le relazioni;

• enumerare in avanti o all’indietro, scrivere e leggere i numeri;

• calcolo (a mente o scritto).

Questo può accadere per un ventaglio di motivi neuropsicologici diversi. A fronte di

difficoltà

in matematica, si suggerisce di verificare, prima di fare diagnosi di discalculia, che la

stimolazione didattica ricevuta sia conforme a quanto la letteratura sull’ “intelligenza numerica”

suggerisce .

La discalculia può essere presente se il soggetto:

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• svolge molti compiti di matematica in modo più scorretto (specialmente o solo quando

va di fretta, quando deve pensare a più cose contemporaneamente, è più stanco, meno

interessato, oppure più in ansia);

• si affatica di più quando affronta compiti che comportano aspetti matematici;

• ci mette più tempo a svolgere compiti di matematica;

• prova meno piacere e sviluppa scarso desiderio (se non vero e proprio rifiuto ed

evitamento) di svolgere compiti di matematica o di impegnarsi in compiti che la richiedono;

• variabilità maggiore delle prestazioni: a volte scrive e svolge compiti di matematica in

modo migliore, altre volte li svolge in modo peggiore15

.

15

Libretto DSA - Disturbi specifici di Apprendimento

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4 I DSA: cosa può e deve fare la scuola

I disturbi specifici dell'apprendimento sono un problema complesso che richiede, per essere

efficacemente affrontato la messa in atto di comportamenti sinergici tra diversi attori (scuola,

famiglia e servizi sanitari) che a vario titolo sono coinvolti nelle diverse fasi di gestione

dell'intervento con alunni con DSA. Pertanto nasce un importante documento intitolato: “le linee

guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbo specifico di

apprendimento” esso è particolarmente dettagliato e pone l'accento sul ruolo fondamentale assunto

dall'insegnante, che si trova in una posizione privilegiata per osservare lo sviluppo e l'evoluzione

delle abilità e quindi cogliere eventuali anomalie negli apprendimenti.

Alle attività di identificazione precoce e di osservazione delle prestazioni atipiche che fanno

emergere difficoltà nell'apprendimento della lingua scritta, non devono seguire segnalazioni di

consultazione specialistica bensì attività di potenziamento e recupero.

Il potenziamento riguarda lo sviluppo tipico ed è l’insieme degli interventi volti a favorire e

promuovere l’acquisizione e il normale sviluppo di una funzione non ancora esercitata al meglio.

Nella progettazione e nella realizzazione di queste attività di potenziamento è necessario

tenere in considerazione le abilità fonologiche dell'allievo in modo da potervi proporre stimoli adatti

alle sue capacità. Inoltre il lavoro di potenziamento deve considerare la gradualità di acquisizione

della lingua scritta così come descritto dalla Frith nel suo modello gerarchico di letto-scrittura. Tale

modello vede dapprima gli stimoli di livello alfabetico, che consentono ai bambini con difficoltà di

esercitarsi con parole in cui il numero di fonemi corrisponde al numero di lettere, e solo

successivamente, quando si è raggiunta una buona stabilità con questo livello, introdurre i livelli

più complessi della fase ortografica e della fase lessicale in cui le mappature non sono più

biunivoche16

.

La scuola deve garantire in sinergia con gli altri attori l'attuazione di una didattica

personalizzata e individualizzata attraverso la stesura di un piano didattico personalizzato attraverso

l’impiego di strumenti didattici e tecnologici.

16

Frith U., Beneath the surface of developmental dyslexia. In K.E Patterson, J.C. Marshall e M. Coltheart (a cura di),

Surface dyslexia, London, Routledge & Kegan Paul, pp. 301-330, 1985.

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La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere

l’alunno per potenziare alcune abilità, per acquisire specifiche competenze, anche nell’ambito delle

strategie compensative e del metodo di studio. Tali attività individualizzate possono essere

realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le

forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente.

La didattica personalizzata si basa su una varietà di metodologie e strategie didattiche tali da

promuovere le potenzialità e il successo formativo di ogni alunno.

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Bibliografia

Fioravanti B., Franceschi S. e Savelli E., La conoscenza delle lettere nell’ultimo anno della

scuola dell’infanzia come indice predittivo dell’apprendimento della letto-scrittura,

“Dislessia”, vol.9, n.2.

Franceschi S., Savelli E. e Stella G., Identificazione precoce dei soggetti a rischio DSA ed

efficacia di un intervento abilitativo meta fonologico, “Dislessia”, vol.8, n.3.

Lyon G.R., Shaywitz S.E., e Shaywitz B.A., Defining Dyslexia, Comorbidity; Teachers’

knowledge of Language and Reading: A definition of Dyslexia, “Annals of Dyslexia”, vol.

53, pp. 1-14, trad.it. in “Dislessia”, n.3, vol.1

Marotta L., Trasciani M. e Vicari S., Test CMF- valutazione delle competenze meta

fonologiche, Erickson, Trento 2008.

Rice M. e Brooks G., Developmental dyslexia in adults: A research review, NRDC, Institute

of Education, London 2004.