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18 Discipline bio naturali n. 10 dicembre 2013
ATTUALITÀ
Bio: gli italiani ci credonoci credono
Il biologico in Italia non conosce crisi, e sta conquistando sempre maggiore riconoscibilità. Le aziende aumentano e i consumatori apprezzano, consapevoli dell’importanza della sicurezza alimentare
I l biologico è uno dei rari settori dell’economia
italiana che non ha mai conosciuto crisi. In
questi anni, che come sappiamo hanno visto
disoccupazione e licenziamenti, chiusura e
fuga all’estero di aziende, contrazione di consumi
e assenza di liquidità, il bio ha mantenuto
costante e senza sosta il suo tasso di crescita. Una
tendenza confermata dagli ultimi dati pubblicati
lo scorso settembre:
• più 3% di operatori bio italiani (in totale sono
49.709), e più 6,4% di ettari di superfi cie
(in tutto 1.167.362 ettari), coltivata con
metodo biologico nel 2012 (Sinab, Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica);
A cura di Filippo Piredda,
CCPB – Controllo e certifi cazione
• più 9,2% degli acquisti di prodotti bio nel
luglio 2013 (panel Ismea GFK-Eurisko);
• più 13,6% l’aumento delle vendite nei punti
specializzati dal 2010 a oggi (Osservatorio SANA di Nomisma).
Tutto questo signifi ca che le aziende
aumentano e si allargano, che i consumatori
apprezzano e che il biologico sta conquistando
una sua riconoscibilità sia nei suoi canali
(negozi e mercatini), sia nella grande
distribuzione, dove cerca sempre più di uscire
da una nicchia per conquistare spazi e visibilità.
UN RUOLO DI PRIMO PIANOGli italiani consumando meno, sono più
attenti al prezzo, alla qualità dei prodotti, e
sul rapporto tra questi fattori il biologico off re
garanzie (quasi) ineguagliabili. Un successo
del mercato interno, ma, che è bene ricordare,
si manifesta ancora meglio all’estero: secondo
Federbio le esportazioni del bio italiano
rappresentano circa la metà di un fatturato
totale che si aggira attorno ai 3 miliardi di euro.
Il che fa anche capire come l’Italia, con questi
numeri, giochi un ruolo di primo piano in un
mercato mondiale da 60 miliardi di dollari di
fatturato, con 1,8 milioni di produttori in 162
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Paesi per 37 milioni di ettari coltivati.
Ovviamente non c’è nessun segreto
grazie al quale si è arrivati a simili
risultati. La ricetta è molto semplice:
la qualità dei prodotti, i benefi ci
ambientali, la sicurezza alimentare dei
consumatori. Nel biologico, più che
in altri settori dell’agroalimentare, si
è fatto più forte l’impegno verso la
ricerca e l’innovazione, sia nei metodi
di produzione e commercializzazione,
che nei prodotti stessi.
Il bio in questi anni è stato non solo
più effi cace, ma anche più fantasioso
e creativo. Caratteristiche sviluppate in
coerenza con il suo messaggio di fondo:
un metodo di produzione più salubre
per l’uomo e per la natura. I consumatori
hanno capito che il mangiare, e il bere,
hanno un valore che, oltre la tavola,
va verso la qualità delle nostre vite
nell’ambiente in cui viviamo.
Questo è il passaggio fondamentale:
chi compra bio è interessato anche
a cosa è successo prima del suo
acquisto, durante tutte le fasi
produttive e industriali che l’hanno
preceduto, e a cosa accadrà dopo,
cioè alle conseguenze nutrizionali di
ciò che sta consumando. A questo
aspetto è legato anche il discorso
sulla tutela dei consumatori: non
solo i prodotti biologici sono di per
sé più salubri, ma sono anche i più
controllati in ogni fase della fi liera
di produzione. Una trasparenza che
CCPB, l’importanza della Certifi cazioneCCPB opera come organismo di certifi -
cazione e controllo dei prodotti agroa-
limentari e “no food” ottenuti nel setto-
re della produzione biologica e in quel-
la eco-compatibile ed eco-sostenibile.
Per svolgere le sue attività CCPB è in
possesso di tutti gli accreditamen-
ti e autorizzazioni. Tra questi citiamo
il Ministero per le Politiche agricole,
alimentari e forestali per la conformi-
tà alle norma europea Reg CE 834/07
sull’agricoltura biologica, l’accredita-
mento secondo la Norma UNI CEI EN
45011 e le autorizzazioni negli Usa,
Giappone, Canada, Svizzera, Svezia,
Regno Unito, Germania, Francia, Nor-
vegia, Brasile e Corea.
Oltre il biologico, CCPB opera poi in
conformità ai più importanti standard
internazionali per off rire una certifi ca-
zione di prodotto agroalimentare che
garantisca l’integrazione tra input na-
turali e una riduzione dell’immissione
di sostanze chimiche. Possiamo citare
Globalgap, la Produzione Integrata e
la Rintracciabilità nel settore agroali-
mentare. Sempre nell’ambito della so-
stenibilità propone più schemi di valu-
tazione delle performance ambienta-
li. Nel comparto no food CCPB è attivo
nel settore della cosmesi e della deter-
genza, nel tessile e in quello delle aree
verdi coltivate con metodo biologico
Oggi CCPB certifi ca 5000 aziende, di cui
circa 4000 nel settore biologico, tra cui
aff ermati gruppi industriali, grande di-
stribuzione, piccole e medie imprese,
aziende emergenti. La certifi cazione
può rivestire un signifi cato e un ruolo
fondamentali per la crescita competi-
tiva dei settori produttivi cui è applica-
ta. Come mostrano numerose ricerche
di mercato, la certifi cazione migliora
la qualità del prodotto e il suo impat-
to ambientale, assicura la sicurezza ali-
mentare, rende più effi ciente e virtuo-
so il processo produttivo e costituisce
un insostituibile servizio di garanzia e
fi ducia verso i consumatori.
Per informazioni www.ccpb.it
garantisce tutti, operatori compresi,
tenendo lontane truff e e alterazioni su
quantità e provenienza delle merci.
SI PUÒ MIGLIORAREIl quadro fi n qui descritto è
ampiamente positivo, ma non
possiamo accontentarci, perché
siamo solo all’inizio e sono tanti le
migliorie su cui lavorare. Prima di
tutto sulla produzione. In Italia il
ritmo dell’off erta, seppur buono, non
ha seguito quello della domanda, e
nell’ultimo triennio abbiamo perso
il primato per anni detenuto nella
UE quale primo Paese produttore
a vantaggio di Spagna, Germania
e Francia, che stanno crescendo
più velocemente. Infatti, per alcune
fi liere fondamentali importiamo un
quantitativo di materie prime che con
poco sforzo si potrebbero produrre
anche in Italia.
Bisogna anche ammettere che quel
piccolo gap che oggi rimane nelle
rese rispetto al convenzionale, può
risolversi sviluppando le conoscenze
sulle tecniche agricole e su quelle
di trasformazione. Molto, da questo
punto di vista, è stato fatto negli ultimi
vent’anni, i prossimi miglioramenti
potranno essere altrettanto profi cui.
Qui entra in scena anche il discorso
sui fi nanziamenti pubblici: l’Unione
Europea e molti singoli stati
propongono bandi e incentivi.
L’ultima è la Francia, per ora quarto
produttore europeo, che ha
recentemente annunciato “Ambition
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ATTUALITÀ
bio 2017”, un piano per raddoppiare
le superfi ci agricole coltivate bio,
con investimenti che arriveranno
a 160 milioni di euro l’anno; soldi
che serviranno soprattutto per la
conversione dal convenzionale.
Da noi ci sono molti fi nanziamenti
promossi dalle Regioni, e che spesso
rientrano nei Piani regionali di sviluppo
rurale, ma senza un carattere così
sistemico. Se l’Italia vuole mantenere
fi liere effi cienti, che poggino su solide
basi produttive, occorrono non solo
più aiuti nel passaggio al bio, ma anche
più ricerca, assistenza tecnica, strutture
commerciali in grado di concentrare
l’off erta, con meno passaggi e una
maggiore effi cienza che distribuisca
valore suffi ciente a tutti gli attori della
fi liera.
SNELLIRE LE PROCEDURESe il mondo della produzione
agricola non viene adeguatamente
remunerato, il rischio è quello
che rimangano sul mercato le
imprese “peggiori”, spesso non
in condizione di off rire la qualità
richiesta e le garanzie minime in
termini di credibilità. Ma i soldi, si
sa, non sono tutto: in un settore
così fortemente regolamentato,
l’effi cienza passa anche attraverso i
servizi e la burocrazia della Pubblica
Amministrazione, che possono e
devono essere snelliti e velocizzati.
Fra i servizi rientra, anche e
soprattutto, l’attività di controllo e
certifi cazione: dal nostro punto di
vista è facile pensare a quanto questo
servizio, al pari dell’innovazione,
della divulgazione, dell’energia o del
capitale, possa essere centrale per
dare competitività al settore.
Intervenire in questi ambiti
permetterebbe di sfruttare meglio
quel 79% di cittadini europei che
secondo la recente consultazione
pubblica dell’Unione Europea
hanno fi ducia nel biologico. Dalla
stessa indagine emerge che il 58%
acconsentirebbe a maggiori controlli,
anche a costo di un aumento dei
prezzi. L’interesse c’è, manca anche
la capacità di comunicare: il 94%
degli europei vorrebbe maggiori
informazioni sul biologico e il 59%
ancora, purtroppo, non conosce il sito
web dell’UE dedicato al settore bio
(ec.europa.eu/agriculture/organic).
SOSTENIBILITÀ, CARTA VINCENTEDa dove può partire allora un
marketing e una comunicazione più
capillare e appetibile? Ovviamente
dalla sostenibilità. Il biologico
da sempre si è connotato per la
compatibilità ambientale e per
l’ecosostenibilità: il rispetto delle
risorse ambientali, intese come un
valore collettivo e sociale da cui
dipende il benessere presente e
futuro del Pianeta. NBD MAG
AZIN
E
Quest’anno, per il nostro
venticinquesimo compleanno, ci
siamo chiesti e abbiamo chiesto a
partner, esperti, operatori, giornalisti,
se e come il biologico può sfamare
il mondo. Il bio ha già l’ambizione di
dare una risposta: a oggi possiamo
dire che è un’esperienza riuscita
tecnicamente, organizzativamente ed
economicamente proprio perché off re
già una soluzione per la sostenibilità.
Il biologico garantisce un equilibrio
alto tra diversi fattori. Ad esempio, l’uso
delle risorse: rispetto al convenzionale,
o ad altre tecniche, il biologico non
usa concimi né fertilizzanti chimici e
assicura un rispetto, e quindi anche un
futuro, per il suolo e i terreni.
Le regole che normano il biologico
sono quindi perfettamente conciliabili
con tutti gli aspetti della sostenibilità: il
rispetto dell’ambiente, dei diritti sociali
e del lavoro, il successo economico.
Perché è importante sempre ricordare
che il settore, come già detto, si regge
da solo, va bene e produce ricchezza
in tutto il mondo. Senza questi risultati,
ottimi anche in periodo di crisi, qualsiasi
iniziativa, seppur meritevole e generosa,
sarebbe destinata a durare poco.
Insomma il modello del bio ha ampi
margini di miglioramento, c’è tanto da
lavorare per raggiungere i produttori
convenzionali e soprattutto il grande
pubblico, che ancora non lo conosce
bene o non lo trova vicino a casa.
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