Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu...

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Davide Miceli Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online. Ubuntu Fcm italian group case study.

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Nel nostro studio passeremo in rassegna gli ultimi studi internazionali di socioeconomia legati a internet e alle comunità online, gli ultimi sviluppi del rapporto economia-rete-comunità, analizzando il fenomeno denominato Freeconomy, descriveremo le dinamiche di Crowdsourcing, il dibattito intorno alla questione della mezzadria digitale e del copyright nel web collaborativo, e il recente fenomeno dei makers e dell'atomo open source. Collocheremo la community di FCM proprio in questo contesto e all'interno di questi temi, mostrandone il suo rapporto con Ubuntu e Canonical, la società che supporta questo sistema operativo, i quali rappresentano un 'ibrido', cioè a metà strada tra economia di condivisione e economia commerciale. Completata l'analisi socioeconomica di FCM ci concentreremo sulla prospettiva prettamente sociale e organizzativa, partendo proprio dal concetto di comunità online. Daremo conto delle ricerche sul campo e dei diversi approcci di studio. Nella nostra analisi ci proporremo infatti di analizzare la comunità sotto diverse prospettive. Faremo ricerca etnografica, vivendo e partecipando come membri attivi, studieremo dall'interno la comunità, evidenziando nel secondo capitolo quali sono gli strumenti di interazione, come la motivazione di gruppo incida sulle comunità, senso d'identità di gruppo e senso di appartenenza; nel terzo capitolo, temi quali tempo libero, la concezione di spazio e territorio nelle comunità online, e come il fattore culturale incide nei diversi periodi di stabilità e instabilità della vita delle comunità e, in ciò, quale configurazione culturale potrebbe assumere la dicotomia raymondiana di 'cattedrale e bazaar', e infine come FCM si configuri in una prospettiva di convergenza culturale. Ma affiancheremo e integreremo tutto ciò anche con dati d'archivio. Ciò anche tramite l'approccio della social network analysis (SNA). A tal fine infatti scriveremo noi stessi un software apposito per l'analisi dei dati adoperando il linguaggio di programmazione open source Processing, sviluppato a partire dal 2001 da Ben Fry e Casey Reas del MIT di Boston e, tutt'ora, in grande espansione soprattutto in ambito elettronico, artistico, mediatico nonché accademico. Utilizzeremo Processing infatti proprio perché fortemente orientato alla grafica e all'animazione, multipiattaforma e con forte integrazione web, esportabile cioè anche su browser ed eseguibile anche su dispositivi portabili come tablet e cellulari. Il software che realizzeremo ci permetterà infatti di operare rappresentazioni visuali dei dati raccolti e della stessa comunità in modo interattivo. Le visualizzazioni dei dati sono un supporto infatti per il ricercatore, perché consentono di vedere trend, anomalie, costanti, variazioni, ecc, in modo più diretto che non altre forme di ricerca più discorsiva o basata su semplici matrici di dati e rischiando quindi di fare passare molti di questi elementi inosservati. Tale software è stato rilasciato al pubblico sotto licenza aperta CC-BY-SA 3.0 e in licenza GPL 2.0 su http://www.openprocessing.org/ (un social networks site per professori, ricercatori, studenti e informatici che adoperano questo linguaggio), ciò al fine di poter essere sviluppato, modificato e adoperato da altri ricercatori, così come da chiunque volesse utilizzare questo strumento. Il progetto potrà essere visualizzato presso l'indirizzo: http://openprocessing.org/visuals/?visualID=54025

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Davide Miceli

Socioeconomia, barriera tecnologica elimiti sociali delle comunità online.

Ubuntu Fcm italian group case study.

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Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online.Ubuntu Fcm italian group case study.di Davide Miceli

Pubblicato:Tesi di Laurea in “Sociologia dei processi culturali e comunicativi” presso l'Università di Catania.Prima edizione Marzo 2012.

Questo lavoro è stato pubblicato sotto la licenza Creative CommonsCC BY-NC-SA 3.0 (Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 3.0 Unported)

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Un mio sentito ringraziamento va a

AldoLatino, AlessandroLosavio, AlessandroStagni, AndreaLimongelli, AntoninoArcudi, AntonioAllegretti, AntonioPiccinno, BiancaKwey, CristianoLuinetti, CristinaFranzolini, DarioCavedon, DavidLaMonaca, EdoardoElidoro, FabrizioBrusa, FrancescoCargiuli, Fa-

brizioGiacosa, FabrizioNicastro, FrancescoPlacco, GianfrancoTaormina, GianlucaSantoro, GiulioTani, GiuseppeCalà, GiuseppeDandrea, IreneBonta, LucaDeJulis, LucaSaba, Luigi-

DiGaetano, MarcoBuono, MarcoLetizia, MattiaImpellizzeri, MattiaRizzolo, MirkoPizii, PaoloGarbin, PaoloRotolo, PasqualeDomenicoColaianni, RiccardoVianello, RoaldDeTino,

TeoCocetta, UgoFazzini, ValerioSalvucci, VitoArnetta, VitoTigani,

e a tutto il software OpenSource...

...senza di loro questa tesi non sarebbe stata possibile.

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Indice generale

Introduzione.................................................................................................................5

1. Socioeconomia delle community.......................................................................91.1 Freeconomy.........................................................................................................91.2 Il modello ibrido...............................................................................................141.3 Le comunità come motore del crowdsourcing.............................................211.4 Il ruolo della comunità nell'atomo open source..........................................281.5 Modello Khan Academy..................................................................................331.6 Tirando le somme: Canonical e Ubuntu.......................................................35Bibliografia primo capitolo....................................................................................39

2. Le comunità online..............................................................................................402.1 Cos'è FCM e che strumenti usa......................................................................402.2 Cos'è una community online...........................................................................442.3 Le origini del gruppo FCM.............................................................................462.4 Come la motivazione di gruppo incide nelle comunità online..................562.5 Senso di identità del gruppo e appartenenza................................................70Bibliografia secondo capitolo................................................................................71

3. Cultura e “territorio”........................................................................................723.1 Tempo libero, una risorsa per le comunità online.......................................723.2 Spazio e territorio nelle comunità online......................................................803.3 Cattedrale o bazaar? O solo attrezzi nella scatola?......................................873.4 Convergenza culturale....................................................................................103Bibliografia terzo capitolo....................................................................................106

4. Social network analysis e comunità online............................................107Bibliografia quarto capitolo.................................................................................127

Appendice...................................................................................................................128

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Introduzione

Il nostro oggetto di studio sarà la comunità di traduzione italiana della rivista online “Ubuntu Full Circle Magazine”. Full Circle Magazine, abbreviata FCM, è una rivista internazionale, prodotta attraverso gli strumenti che internet mette a disposizione e software open source, da un gruppo di amatori, che trat-ta come argomento il più diffuso sistema operativo libero Linux, cioè Ubuntu, e del mondo open source in generale. La stessa comunità di FCM, sia quella italia-na che quella internazionale, è parte integrante della più vasta comunità di svi -luppo Ubuntu.

Nel nostro studio passeremo in rassegna gli ultimi studi internazionali di socioeconomia legati a internet e alle comunità online, gli ultimi sviluppi del rapporto economia-rete-comunità, analizzando il fenomeno denominato Freeco-nomy, descriveremo le dinamiche di Crowdsourcing, il dibattito intorno alla que-stione della mezzadria digitale e del copyright nel web collaborativo, e il recente fenomeno dei makers e dell'atomo open source. Collocheremo la community di FCM proprio in questo contesto e all'interno di questi temi, mostrandone il suo rapporto con Ubuntu e Canonical, la società che supporta questo sistema ope-rativo, i quali rappresentano un “ibrido”, cioè a metà strada tra economia di condivisione e economia commerciale.

Completata l'analisi socioeconomica di FCM ci concentreremo sulla pro-spettiva prettamente sociale e organizzativa, partendo proprio dal concetto di comunità online. Daremo conto delle ricerche sul campo e dei diversi approcci di studio. Nella nostra analisi ci proporremo infatti di analizzare la comunità sotto diverse prospettive. Faremo ricerca etnografica, vivendo e partecipando come membri attivi, studieremo dall'interno la comunità, evidenziando nel se-condo capitolo quali sono gli strumenti di interazione, come la motivazione di gruppo incida sulle comunità, senso d'identità di gruppo e senso di appartenen-za; nel terzo capitolo, temi quali tempo libero, la concezione di spazio e territo-rio nelle comunità online, e come il fattore culturale incide nei diversi periodi di stabilità e instabilità della vita delle comunità e, in ciò, quale configurazione cul-turale potrebbe assumere la dicotomia raymondiana di “cattedrale e bazaar”, e infine come FCM si configuri in una prospettiva di convergenza culturale. Ma affiancheremo e integreremo tutto ciò anche con dati d'archivio. Ciò anche tra-mite l'approccio della social network analysis (SNA). A tal fine infatti scrivere-mo noi stessi un software apposito per l'analisi dei dati adoperando il linguaggio di programmazione open source Processing, sviluppato a partire dal 2001 da Ben

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Fry e Casey Reas del MIT di Boston e, tutt'ora, in grande espansione soprattut-to in ambito elettronico, artistico, mediatico nonché accademico. Utilizzeremo Processing infatti proprio perché fortemente orientato alla grafica e all'animazio-ne, multipiattaforma e con forte integrazione web, esportabile cioè anche su browser ed eseguibile anche su dispositivi portabili come tablet e cellulari. Il software che realizzeremo ci permetterà infatti di operare rappresentazioni vi-suali dei dati raccolti e della stessa comunità in modo interattivo. Le visualizza-zioni dei dati sono un supporto infatti per il ricercatore, perché consentono di vedere trend, anomalie, costanti, variazioni, ecc, in modo più diretto che non al-tre forme di ricerca più discorsiva o basata su semplici matrici di dati e rischian-do quindi di fare passare molti di questi elementi inosservati. Tale software è stato rilasciato al pubblico sotto licenza aperta CC-BY-SA 3.0 e in licenza GPL 2.0 su http://www.openprocessing.org/ (un social networks site per professori, ricercatori, studenti e informatici che adoperano questo linguaggio), ciò al fine di poter essere sviluppato, modificato e adoperato da altri ricercatori, così come da chiunque volesse utilizzare questo strumento. Il progetto potrà essere visua-lizzato presso l'indirizzo:

http://openprocessing.org/visuals/?visualID=54025

Prima di iniziare, è necessario fornire alcune informazioni essenziali su Ubuntu, Canoncal e la loro storia. A tal scopo riportiamo un estratto dalla se-zione “storia e filosofia” del sito ubuntu.it che esprime chiaramente le posizioni di Ubuntu:

StoriaNell'Aprile 2004, Mark Shuttleworth cominciò a coordinare un piccolo, ma im-

mensamente talentuoso e motivato gruppo di sviluppatori di software open source per dar vita a una nuova e rivoluzionaria versione di Linux. Basata sul principio di versioni rilasciate periodicamente, sulle solide fondamenta Debian, sul desktop GNOME e con un forte impegno verso la libertà, questo gruppo ha operato inizialmente sotto gli au-spici di http://no-name-yet.com.

La prima versione ufficiale di Ubuntu fu rilasciata nell'ottobre 2004 e fu debi-tamente chiamata Version 4.10, così da introdurre il sistema di numerazione "A.MM". Mentre era ancora in sviluppo, Version 4.10 era affettuosamente conosciuta come The Warty Warthog, letteralmente "il facocero verrucoso", un nome che ha continuato a vi-vere ben oltre i consueti limiti temporali dei nomi in codice dei software in fase di svi-luppo. Da allora, ogni successivo rilascio è stato caratterizzato da un suo particolare nome in codice allitterante.

I primi giorni nella storia del progetto formarono le basi di molte convenzioni di nomenclatura che continuano tutt'oggi. Per esempio, la comunità originaria che pro-vava la Version 4.10 era chiamata The Sounder, derivante dal nome collettivo abbinato a un gruppo di facoceri. La mailing list The Sounder esiste ancora come punto per le li-bere discussioni della comunità, e le versioni di sviluppo hanno sempre un nome deri-vato da un qualche animale.

L'interesse in Ubuntu fu enorme sin dagli inizi. Ci furono circa 3 mila messag-gi nella mailing list ubuntu-users nelle sole prime due settimane, e gli obiettivi comuni

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a tutto il progetto attrassero sviluppatori fondamentali per la sua crescita. Uno dei pri -mi gruppi gestiti dalla comunità, il sempre attivo Documentation Team, fu fondato giù a fine 2004.

Il debutto dell'Ubuntu Developer Summit fu tenuto a Oxford, in Inghilterra in agosto, seguito dalle Mataro Sessions a Mataro, in Spagna a dicembre.

L'anno seguente fu testimone di una crescita vertiginosa della comunità di Ubuntu. Centinaia e poi migliaia di entusiasti appassionati del software libero si ag-giunsero alla comunità. Il gruppo centrale di sviluppo continuò a crescere e volontari motivati da tutto il mondo trovarono nuovi modi di contribuire scrivendo codice, at -traverso la promozione, grafica, documentazione, controllo del wiki e altro.La comunità ebbe un ruolo fondamentale nel delineare il futuro di Ubuntu in occasione degli Ubuntu Developer Summit di Sidney e Montreal.

Ubuntu 5.04 (Hoary Hedgehog) fu rilasciata nell'aprile 2005. Contemporanea-mente, venne rilasciata la prima versione di Kubuntu per la gioia dei fan di KDE nel mondo.

Il ritmo cadenzato di rilascio di versioni continuò a ottobre 2005 con Ubuntu 5.10 (Breezy Badger). In aggiunta alle molto attese versioni di Ubuntu e Kubuntu, fu ri-lasciata la prima versione di Edubuntu, rivolta al settore dell'insegnamento.

Il progetto Ubuntu fece un significativo passo avanti nel 2006, con il rilascio di giugno e la sua prima "LTS" o "Lungo Termine di Supporto". Mentre tutte le versioni Ubuntu sono rilasciate con 18 mesi di aggiornamenti e manutenzione garantiti (e sup-porto commerciale), gli utenti di imprese avevano bisogno di un ciclo di supporto più lungo per far fronte ai loro cicli di aggiornamento. Ecco perché Ubuntu 6.06 LTS (Dap-per Drake) fu rilasciata in giugno. In aggiunta al più lungo periodo di supporto, quella versione segnò anche la prima volta che un unico CD serviva sia da CD di installazione sia da CD "live". Oltre a tutto questo era presente anche una Server Edition.

Da quei primi anni, il progetto Ubuntu ha sempre continuato a crescere, met-tendo a segno nuovi record nella diffusione del software libero, sia nell'ambito desktop che server, tanto da essere ormai uno dei leader del settore. Importanti novità si sono susseguite nel corso degli anni, e tante altre verranno nei prossimi.

FilosofiaIl nostro lavoro su Ubuntu è guidato da una filosofia sulla libertà del software

che ci auguriamo possa diffondere e portarne i benefici ad ogni parte del globo.

Software Free e Open SourceUbuntu è un progetto guidato da comunità per creare un sistema operativo ed

una serie completa di applicazioni con l'uso del software Free e Open Source. Nel cuo-re della Filosofia Ubuntu sulla libertà del software, risiedono i seguenti ideali:

1. Ogni utente di computer deve avere la libertà di eseguire, copiare, distribuire, studiare, condividere, modificare e migliorare il proprio software per qualun-que scopo, senza dover pagare diritti di licenza.

2. Ogni utente deve poter usare il proprio software nella lingua di propria scelta. 3. A ciascun utente deve essere data l'opportunità di usare il software, anche se

affetto da handicap.

La nostra filosofia è riflessa nel software che viene prodotto e incluso nella nostra distribuzione. Per questo i termini di licenza del software che viene distribuito sono ponderati sulla nostra filosofia, usando la "Ubuntu Licence Policy".

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Quando installate Ubuntu, quasi tutto il software installato riscontra questi ideali, e la comunità sta lavorando affinché ogni singola parte di software di cui avete bisogno sia disponibile sotto la licenza che offre queste libertà. Attualmente, specifiche eccezioni vengono effettuate per qualche "driver" disponibile solo nel formato binario, senza il quale molti computer non sarebbero in grado di completare l'installazione di Ubuntu. Questi vengono posizionati in una sezione "restricted" del nostro sistema, che rende banale la loro rimozione qualora non ne aveste bisogno.

Free SoftwareIn Ubuntu il termine "free" in Free Software è principalmente usato con riferi-

mento alla libertà e non al prezzo - sebbene siamo impegnati a distribuire gratuitamen-te Ubuntu. La cosa più importante di Ubuntu non è la sua disponibilità gratuita, ma che esso conferisce all'utente i diritti della libertà del software. Sono queste libertà che con-sentono alla comunità Ubuntu di crescere, condividendo le esperienze collettive per migliorare Ubuntu e renderlo adatto all'uso in nuovi Paesi ed in nuove industrie.Citando il testo "What is Free Software" della "Free Software Foundation", le libertà al centro del Free Software sono definite come segue:

• La libertà di eseguire il programma, per ogni scopo. • La libertà di studiare come lavora il programma, ed adattarlo alle proprie esi-

genze. • La libertà di ridistribuire copie per aiutare gli altri. • La libertà di migliorare il programma, e rilasciare le proprie modifiche al pub-

blico, per offrirne i benefici a tutti.

Il Free Software è stato un coerente movimento per oltre due decenni. Questo movimento ha prodotto milioni di linee di codice, documentazione e una vibrante co-munità della quale Ubuntu è fiera di far parte.

Open SourceOpen Source è un termine coniato nel 1998 per rimuovere l'ambiguità della

parola inglese "free". L'Open Source Initiative ha descritto il software open souce nella Open Source Definition. L'Open Source continua a crescere ed a riscuotere ampi rico-noscimenti.

Ubuntu è felice di chiamarsi Open Source. Mentre alcuni si riferiscono al Free e Open Source come movimenti in competizione con diversi fini, noi non vediamo di -stinzioni o incompatibilità tra i due. Ubuntu è fiera di includere membri che si identifi-cano in entrambi i settori Free e Open Source.

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1. Socioeconomia delle community

1.1 Freeconomy

In questo capitolo analizzeremo il contesto socioeconomico delle comu-nità online. Ciò sarà cruciale per capire il rapporto che la società Canonical in-trattiene con la comunità Ubuntu. Nel panorama attuale del web non si può analizzare una comunità online senza tener conto del rapporto che lega organiz-zazioni e comunità, del contesto economico che le circonda. Inizieremo quindi proprio illustrando quella che il direttore di Wired USA chiama “Freeconomy”.

Chris Anderson in Gratis sostiene che nel ventunesimo secolo si sta pro-filando una nuova rivoluzione costituita da un nuovo modello di gratis. Nel ven-tesimo secolo il gratis era legato al marketing, costituiva uno dei suoi tanti stru-menti. Quante volte abbiamo visto gestori di telefonia mobile che ci regalano il cellulare se ci abboniamo oppure gli omaggi abbinati ai prodotti al supermerca-to. Il modello del ventesimo secolo è un semplice espediente per trasferire soldi da un portafogli a un altro. La nuova forma di gratuità del ventunesimo secolo invece è basata, piuttosto che sul marketing, sull'enorme opportunità di far scendere talmente tanto i costi di beni e servizi da renderli irrilevanti, da ritener-li prossimi allo zero. Secondo Anderson siamo di fronte a un nuovo modello economico, la Freeconomy, l'economia del gratis, che riguarda l'economia del bit in quanto quando qualcosa diventa bit, diventa un prodotto digitale, immateria-le, pensiamo, ad esempio, a un brano in un CD o in un vinile trasformato in mp3, e inevitabilmente gratuito nei costi (o, per meglio precisare, con costi così prossimi allo zero da considerarsi gratuito) e sovente inoltre come valore d'ac-quisto. Infatti questo modello economico è di tipo “deflazionistico” proprio perché i bit costano sempre meno, pensiamo alla legge di Moore del dimezza-mento del prezzo in rapporto alla potenza dei microprocessori, nonché all'ancor minore dimezzamento del rapporto prezzo/spazio di archiviazione o quantità di bit trasmessi per unità di tempo. Al contrario quella degli atomi è “inflazionisti-ca”, cioè i costi sono tendenzialmente crescenti con lo scorrere del tempo. Per quest'ultimo tipo di economia delle cose materiali, se diamo qualcosa gratis

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dobbiamo rifarci da qualche parte della perdita e reincassare quanto perso con qualche altra cosa. Per tal motivo spesso la gente non si fida dei prodotti gratis nell'economia della materia col pensiero che in qualche maniera saranno sempre loro a tirar fuori quei soldi. Nell'economia dei bit invece una cosa può essere realmente gratis e le transazioni sono di frequente non monetarie [Anderson 2009: 15-23]. “Oggi i modelli di business più interessanti” spiega Anderson “consistono nel trovare modi per guadagnare con il concetto di Gratis. Presto o tardi, in un modo o nell'altro, ogni azienda dovrà capire come usare il Gratis o competere con esso” [Anderson 2009: 24].

Gli stessi meccanismi di dimezzamento progressivo del prezzo in rap-porto alle prestazioni della tecnologia sono gli stessi strumenti che hanno per-messo la formazione della cosiddetta “lunga coda”. Cos'è la lunga coda? Imma-giniamo di entrare in un negozio o in un supermercato. I prodotti vengono col-locati in scaffali o comunque occupano un certo spazio fisico che è ovviamente finito. La tendenza di conseguenza è quella di tenere in scaffale prodotti che vendano molto perché lo spazio ha un prezzo ed è soggetto a scarsità. Cioè nel business materiale le imprese cercano di vendere un prodotto o pochi prodotti a un numero quanto più enorme possibile di persone. È questo il meccanismo delle hit, pensiamo al mercato dei dischi di musica o ai libri bestsellers e così via... Nel mondo dei bit non si hanno problemi di spazio, puoi vendere un solo prodotto a milioni di persone ma anche milioni di prodotti diversi una sola volta a una sola persona. Ecco che il prodotto di nicchia, se non amatoriale, nel quale, essendo rivolto solo a pochissimi consumatori, non valeva la pena investirci, di-viene il prodotto su cui puntare per molti servizi e-commerce. In Italia la casa editrice Feltrinelli vende bestsellers accanto a titoli di autori totalmente scono-sciuti che si sono auto-pubblicati tramite il sito ilmiolibro.it e lafeltrinelli.it e or-dinabili da chiunque in qualunque punto vendita LaFeltrinelli a un prezzo che in parte gli stessi autori hanno scelto. Per mettere in vendita il proprio libro biso-gna però almeno acquistarne una copia. È questa la regola. Un meccanismo si-mile è usato da Amazon. Ora, con questo sistema, tra i bestsellers di tutti i tem-pi e l'ultimo libro auto-pubblicato che ha venduto una sola copia, mettendo in ascisse la popolarità del prodotto e in ordinate la quantità di copie vendute, no-teremo una curva, la quale, partendo da un picco rappresentato dai bestsellers degraderà esponenzialmente verso destra teoricamente all'infinito, ma senza toccare mai lo zero. È questa la lunga coda, la coda terminale di questa curva, rappresentata da singoli prodotti conosciuti solo da chi li ha creati e solo dagli stessi acquistati in singola copia. Più il prodotto si fa immateriale, cioè bit, più la coda si allunga verso destra [Anderson 2006].

Ma la lunga coda, così come la freeconomy, non si sarebbero realizzate se ci fossero stati solo gli strumenti senza un bisogno sociale, una cultura che ne fa uso, che ne beneficia. Cioè gli strumenti hanno permesso alla società ciò che

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voleva ma non poteva fare fino a quel momento. È stata abbattuta la barriera tecnologica dando maggiori opportunità agli strati sociali sottostanti. Se non vi fossero quei fenomeni sociali sottostanti nessuno userebbe quegli strumenti, così come le innovazioni tecnologiche. Sempre rimanendo nell'esempio del mercato editoriale, prima dell'avvento di internet moltissime persone che scrive-vano non vedevano mai pubblicate le loro opere nonostante il continuo invio dei loro manoscritti alle case editrici. La barriera all'ingresso rappresentata dai gatekeepers dell'industria culturale, grazie all'innovazione tecnologica e ai nuovi strumenti è venuta meno permettendo a chiunque di pubblicare e vendere i propri lavori. Ciò però, apparte il problema del rapporto qualità/quantità (mol-tissime opere sono scadenti da un punto di vista letterario), ha alzato solo l'asti-cella in fatto di barriere. Il limite tecnologico che è venuto a mancare ha scoper-chiato il limite sociale sottostante, cioè, continuando con l'esempio dell'editoria, non si può avere attenzione per tutti, non si può leggere tutto ovviamente [Shir-ky 2008].

Prima di descrivere i vari modelli di Gratis è bene ribadire una distinzio-ne tanto banale quanto importante sulla parola “Free”. In italiano, così come in altre lingue neolatine, fa notare Anderson, abbiamo due parole per esprimere lo stesso concetto della parola inglese “free” che sono “libero” e “gratis” [Ander-son 2009: 27].

Anderson classifica il gratis in quattro generi, dei quali, due sono più an-tichi, anche se in evoluzione mentre gli altri due, coperti in passato per i limiti tecnologici sono stati portati alla luce grazie all'economia digitale. Tutti i modelli di Gratis sono differenti forme di sovvenzionamento incrociato (cross subsi-dies), cioè il denaro attraversa vari percorsi, anche passando da mercati monetari a mercati non monetari e viceversa.

La prima delle quattro categorie in cui si declina il Gratis sono “i sov-venzionamenti incrociati diretti”. Un esempio sono gli articoli civetta, il prendi due compra uno, ecc... Vi regalano un prodotto, in sostanza, se comprate qual-che altra cosa [Anderson 2009: 34-36].

Il secondo modello è il “mercato a tre vie”. In questo caso, come fa in-tendere la stessa parola, un terzo attore paga il produttore per entrare anch'esso nello scambio col consumatore, creando un mercato a tre vie appunto. Cioè, in altre parole, c'è un produttore pagato da terzi per fornire gratuitamente “conte-nuti, servizi, software e altro” a un consumatore al fine di far acquistare a que-sto i loro prodotti a pagamento. È il solito meccanismo pubblicitario della tele-visione ad esempio, quando un'azienda acquista spazi pubblicitari dei media. Il consumatore paga in modo indiretto. Il web, sostiene Anderson, espande a ulte-riori ambiti questo sistema tipico dei media. Non è solo il caso per cui tutto è gratis perché sovvenzionato solamente dalla pubblicità. Al posto della pubblicità

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ci può essere la vendita di un software per editare file che un software gratuito permette di leggere come nel caso di Adobe, con Reader o con Flash, oppure, come nel caso di facebook, la vendita dei “profili” degli utenti e tantissimi altri modi. Questo modello lo ritroviamo anche oltre il web e i media. In quest'ulti-mo caso i prodotti e i servizi ci sembrano gratuiti anche se non lo sono perché le aziende sono sufficientemente brave a spalmare e a celare le spese [Anderson 2009: 36-38].

La terza categoria citata da Anderson riguarda il cosiddetto “Freemium”, cioè quando uno stesso prodotto ha una versione gratuita e una versione a pa-gamento. È un modello ampiamente impiegato su internet. Un prodotto o ser-vizio ha molti modi di essere freemium, infatti può essere stratificato in tante versioni dal costo crescente, ad esempio il software di progettazione 3D di Google SketchUp base gratuito e SketchUp Pro a pagamento, oppure una più complessa stratificazione come nel caso di Dropbox, con versione base gratis e quattro versioni a prezzo crescente (Pro 50, Pro 100, Teams) o ancora la versio-ne base e le altre con maggiori servizi come nel caso del social network Linke-dIn.

Solitamente viene seguita la “regola del 5%”, cioè il 95% degli utenti può usufruire della versione gratuita grazie al 5% che acquista la versione a pa-gamento. Ciò è possibile perché le spese per fornire la versione gratuita sono prossime allo zero a differenza ad esempio dei campioni gratuiti [Anderson 2009: 38-39].

L'ultima categoria riguarda i mercati non monetari, quando qualcuno fornisce qualcosa senza aspettarsi un compenso monetario, ciò non solo per un determinato gruppo di persone, ma verso tutti. Anderson cita alcune forme di mercati non monetari. La prima, l'economia del dono, per la quale la ricompen-sa non è il denaro ma altri elementi intangibili quali, ad esempio la reputazione, l'attenzione, la soddisfazione, il miglioramento delle proprie competenze e così via, fino a poter essere, dice Anderson, anche non intenzionale o passiva nelle modalità. L'economia del dono è una pratica antica. Con l'internet partecipativo la società ha trovato nuovi modi per manifestare questo tipo di economia. L'e-sempio più banale è Wikipedia. Il secondo tipo citato da Anderson è lo “scam-bio di manodopera”. Ad esempio quando cerchiamo qualcosa su google fornia-mo delle informazioni all'azienda. Il terzo e ultimo tipo di economia non mone-taria è la “pirateria”. Pensiamo alla musica, al software, o qualunque altro conte-nuto protetto da copyright, scaricati da internet [Anderson 2009: 39-41].

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Fig.1

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Produttore

Consumatore

Prodotto 1a pagamento

Prodotto 2gratuito

$$$

Gratis 1: sovvenzionamenti incrociati diretti

Produttore

Consumatore

Spazio per inserzioni(a pagamento)

Contenuti(gratuiti)$$$

Gratis 2: Il mercato a tre vie

$$$Inserzionista Prodotti

(a pagamento)

Produttore

Prodotto base(gratis)

Molti consumatori

Prodotto premium(a pagamento)

Consumatore

$$$

Gratis 3: il Freemium

Produttore

Attenzione,reputazione

Consumatore

Prodotti gratuiti

Gratis 4 : mercati non monetari

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1.2 Il modello ibrido

In Remix, il docente di diritto all'università di Harvard, Lawrence Lessig, parla di due tipi di culture, una “cultura RW” e una “cultura RO”.

RW è l'acronimo inglese di read and write, cioè per questo tipo di cultu-ra si legge e si modifica la propria cultura. La cultura RW è orizzontale, gli indi-vidui contribuiscono alla cultura insieme alla fruizione; i due concetti di leggere e modificare si trovano infatti assimilati a vicenda, non scissi. Pensiamo molto banalmente alle storie tramandate oralmente, quante modifiche e versioni si vengono a creare con la sola “riproduzione” di queste. Ogni riproduzione è una nuova creazione possiamo dire. La cultura RO invece comporta il solo consu-mo, la sola lettura, non la modifica. Pensiamo a chi compra un CD di musica, lo ascolta e lo mette poi da parte. Il consumatore dà per scontato in questa cultura che le riproduzioni vengano solo fruite e non modificate. In passato ciò non è stato sempre scontato, anzi era scontato il contrario. Lessig cita l'esempio delle tecnologie analogiche di registrazione del suono che hanno apportato determi-nati limiti nel modo di fruire la musica che hanno influito sulla cultura portando nella società posizioni più orientate verso l'RO. Prima delle tecnologie analogi-che per ascoltare un'opera musicale bisognava eseguirla, suonarla con gli stru-menti usati anche dagli stessi professionisti, la si doveva ricreare producendo cultura musicale. Situazioni simili sono avvenute in passato, tecnologia e cultura si influenzano a vicenda. Su queste tecnologie analogiche e di conseguenza sui limiti che hanno imposto, si è venuto a creare un modello di economia fondata sul controllo della distribuzione delle riproduzioni dei prodotti culturali [Lessig 2008: 3-27]. “A mano a mano che i business di cui abbiamo parlato crescono” per dirla con le stesse parole di Lessig “non cambiano soltanto loro stessi, ma anche noi. Cambiano la nostra visione dell'accesso alla cultura. Cambiano le cose che diamo per scontate” [Lessig 2008: 21]. Su una barriera quindi tecnolo-gica si è stratificato un modello di business, una cultura più esclusivamente di consumo che ha solo nascosto una retrostante cultura che vedeva fruizione e manipolazione come strettamente connesse, e infine questa situazione si è cri-stallizzata a livello istituzionale, a livello del diritto dei singoli paesi e delle con-venzioni internazionali tramite le stringenti normative sul copyright. La legisla-zione ha reso illegale ciò che i limiti imposti dalla tecnologia analogica non con-

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sentivano, ha reso la pratica di una cultura RW illegale, modificare un brano mu-sicale senza autorizzazione, oltre che difficile e costoso tecnicamente, è un cri-mine. Quando questi limiti della tecnologia analogica furono abbattuti dal digi-tale rimasero solo quelli istituzionali. La tecnologia digitale avrebbe minacciato il modello di business fino a quel momento praticato ed ebbe inizio così nel '95 la guerra del copyright, rafforzata poi da nuove leggi e seguenti attacchi legali, prima rivolti ad altre imprese e poi anche gente comune. Ciò a causa dell'idea di-storta, secondo Lessig, che per non fallire l'industria dei contenuti non avesse altra scelta che bloccare il più possibile la diffusione massiccia del digitale. In realtà il digitale non è una minaccia per l'industria per Lessig, anzi un'opportuni-tà. Non rappresenta la scomparsa della cultura RO, ma anzi l'industria dei con-tenuti deve sfruttare queste nuove opportunità del digitale ripensando il suo modello di business per permettere di far prosperare il meglio delle due culture RO e RW. Steve Jobs in parte ha convinto con il suo iTunes sulle nuove possibi-lità offerte dal digitale [Lessig 2008: 17-20]. “In tutti gli esempi riusciti, il segreto è stato il raggiungimento di un equilibrio fra accesso e controllo che soddisfa-cesse tanto i consumatori quanto i creatori. In breve tempo tale mix di modelli ha convinto l'industria dei contenuti, precedentemente scettica, che la cultura RO avesse un futuro nel XXI secolo”. Tuttavia rimangono gli ostacoli normati-vi, perciò “se tali fardelli normativi verranno ridotti, potrà fiorire una nuova in-dustria basata sulla cultura RO” [Lessig 2008: 20]. Il segreto quindi per soprav-vivere per le imprese culturali non è la falsa scelta di bloccare la cultura RW, ma al contrario sfruttarla per trovare nuovi modelli di profitto (si veda quanto an-che si è detto prima con Anderson). E la cultura RW permette il cosiddetto “re-mix” che costituisce il nuovo, altrimenti non esprimibile senza la combinazione di porzioni di cultura preesistente. Il remix è la manipolazione di contenuti pre-esistenti. Ovviamente ne esistono di scadenti, come di eccellenti. Tuttavia un re-mix lo fanno ogni giorno studiosi di tutto il mondo nella scrittura dei loro testi scientifici tramite le citazioni. Queste citazioni, permesse a livello testuale, sono proibite quando si tratta di immagini, video, musica. Questa barriera legale del remix dei media può soffocare in primo luogo per Lessig “la socializzazione” (spesso i remix nascono e si sviluppano all'interno di community) e “l'educazio-ne” (“rielaborare la cultura, remixarla, è un modo per apprendere”) [Lessig 2008: 29-56]. Lessig esamina alcune differenze tra la cultura RO e RW, infatti esse rappresentano differenti valori. La cultura RO è fatta da professionisti che costituiscono l'autorità, essa costituisce infatti un modello di apprendimento dall'alto. Ciò è importante per Lessig, perché questo professionismo e quest'au-torità è rilevante in alcuni settori chiave che preferiamo non lasciare a dilettanti e permette anche di produrre opere culturali a persone che altrimenti non po-trebbero (l'unico scopo di esistenza per il diritto d'autore secondo Lessig), non-ché la possibilità per l'autore di delimitare un determinato significato alla pro-

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pria produzione. “In questi ambiti il controllo è importante, e non è affatto ma-levolo” [Lessig 2008: 57-58]. La cultura RW invece è offerta per essere messa in discussione. La cultura RO comporta un apprendimento dall'alto, con una ge-rarchia, non per mezzo di dibattito. Il dibattito è il mezzo per l'apprendimento nella cultura RW [Lessig 2008: 60].

Lessig respinge anche quelle che sono le supposte differenze qualitative da parte dei detrattori della cultura RW. Per questi ultimi l'opera-remix è qualita-tivamente scadente, o comunque non potrà mai essere all'altezza delle produzio-ni RO. Che tantissima produzione su internet sia spazzatura non c'è dubbio, del resto molta di questa, se non la maggior parte, non è neanche destinata a un grande pubblico ma ristretta solo a cerchie di amici e conoscenti, tuttavia Lessig risponde che manipolare la cultura è un mezzo per conoscerla e per elevarsi cul-turalmente così come scrivere è un'attività molto importante per la persona ri -spetto al solo leggere. La stessa scrittura è un remix, così come la citazione, solo che questa è permessa mentre il remix dei media no. In alcuni casi anche solo leggendo un remix si possono imparare molte più cose rispetto a un'opera origi-nale, la quale a volte non è in grado di esprimere (tralasciando anche i dubbi estetici sullo statuto ontologico dell'arte “originale”, cioè che non deriva dalla manipolazione di elementi preesistenti, che è tutta da dimostrare), riflettendo su tutti i possibili collegamenti e riferimenti ai quali rinvia. Insomma il remix se-condo Lessig ha un valore estetico al pari delle arti “creative”. Non si può non permettere la cultura RW basandosi sull'argomentazione che questa non è o non potrà mai essere qualitativamente migliore della cultura RO [Lessig 2008: 62-68].

Per quanto riguarda le differenze a livello legislativo tra le due culture, Lessig mette in evidenza come la legge sul copyright americana, che regolamen-ta il diritto di copia, stimoli e avvantaggi la cultura RO e dall'altro ostacoli la cul-tura RW. Con le attuali tecnologie però ogni volta che si vuole fruire di un'opera la si deve copiare, dato che essa non è più supporto ma bit, e quindi ogni volta si deve ricevere il permesso dall'autore per poterne fruire. Ma ciò non era nelle intenzioni del legislatore in origine sostiene Lessig, perché non esistevano le presenti tecnologie che comportano la copia per la fruizione. “Tale controllo” da parte del detentore dei diritti “è radicalmente maggiore di quello consentito al detentore del copyright dalla relativa legge nel mondo analogico”. Ad esem-pio “nel mondo materiale, la legge sul diritto d'autore non fornisce a chi detiene il copyright relativo a un libro alcun controllo legittimo sul numero di volte in cui viene letto. Le cose stanno in questo modo perché quando leggi un libro nel mondo reale, tale 'lettura' non genera una copia. E dato che non scatta la legge sul copyright nessuno ha bisogno di un'autorizzazione per leggere il libro, pre-starlo, venderlo o usarlo per fare colpo sugli amici. Nel mondo materiale la leg-ge sul copyright scatta quando porti il libro in una copisteria e stampi 50 copie

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per i tuoi amici, il che senza dubbio rappresenta un utilizzo possibile, ma non comune. Gli utilizzi comuni del libro non sono soggetti alla norma della legge. Gli utilizzi comuni non sono regolamentati”. Il contrario invece nel mondo di-gitale dove anche gli utilizzi comuni sono regolamentati proprio perché tutto è una copia. La legge dovrebbe al contrario per Lessig lasciare liberi questi utilizzi comuni anche nel mondo digitale e per questo motivo la legge sul copyright do-vrebbe essere riformulata. In tal senso ecco spiegato come il quadro istituziona-le tiene fossilizzata in una posizione di dominanza la cultura RO, anche se in modo fallimentare, cercando, non solo di spingere nel sottofondo, ma addirittu-ra di criminalizzare la pratica di una cultura RW rendendola illegale [Lessig 2008: 68-75].

La legislazione inoltre si ripercuote anche sull'economia. Lessig infatti distingue tre modelli economici: “l'economia commerciale”, “l'economia di con-divisione” e “l'economia ibrida”. L'economia commerciale è banalmente la clas-sica economia che prevede di norma che a fronte di un prezzo si ottiene uno scambio di beni e/o servizi. L'economia commerciale si è estesa anche su inter-net, i cui modelli vincenti, sostiene Lessig, si sono affermati (momentaneamen-te) grazie a tre elementi che sono la coda lunga (di cui abbiamo già parlato nel paragrafo precedente), il “piccolo fratello”, cioè un sistema che cataloga i com-portamenti degli utenti al fine di creare valore per l'azienda e per lo stesso uten-te, come può essere finalizzato nella creazione di indici per la ricerca, o più in generale di fornire un servizio sempre migliore, e “l'innovazione LEGOizzata”, cioè la creazione per l'azienda di innovazione decentralizzata fornendo essa stessa elementi che possono essere usati dallo stesso utente, anche modificando-li, ad esempio per il suo sitoweb, nel suo blog, nella sua pagina facebook, ecc. Ma non solo a questi tre elementi è dovuto il successo su internet dell'economia commerciale ma è dovuto anche alla cosiddetta economia di condivisione so-stiene Lessig. Nella nostra vita c'è come elemento portante l'economia di condi-visione, oltre quella commerciale, le quali sono complementari ed è impossibile per la società rinunciare a una di esse per “sopravvivere”. Questa compresenza è un arricchimento per la nostra società. In un'economia di condivisione ciò che regge lo scambio non è il denaro, anzi, dice Lessig, il denaro può avere effetti addirittura controproducenti perché modifica le relazioni, le ridefinisce, anche se ciò comunque sostiene non vale in modo totalmente assoluto. Lessig si inter-roga su quelle che sono le motivazioni alla base della partecipazione in questo tipo di economia di condivisione. Queste motivazioni, dice Lessig, possono es-sere in alcuni casi egoistiche e in altri altruistiche. Le prime sono più facili da spiegare rispetto alle seconde perché spesso le seconde si comprendono in rife-rimento a una situazione più particolare, una comunità ad esempio. Pertanto Lessig chiama le economie di condivisione con motivazioni prevalentemente

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egoistiche “sottili”, mentre quelle con motivazioni in dubbio tra altruistiche o egoistiche “spesse”. Quindi le transazioni sono basate sul beneficio non mone-tario nelle economie di condivisione sottili, mentre nelle economie di condivi-sione spesse entrano in gioco insieme motivazioni egoistiche e altruistiche. Il mix tra le due varia e sottolinea Lessig che “non è necessario che specifichiamo la proporzione tra le due parti. L'unico punto importante è che esistono en-trambe, e più pensiamo che la motivazione sia altruistica, più spessa è la comu-nità” [Lessig 2008: 85-136]. La terza categoria, l'economia ibrida, invece pone le sue basi sia sull'economia commerciale che su quella di condivisione, creando valore quindi tramite l'interrelazione tra queste due economie. L'ibrido può par-tire da un'economia commerciale, appoggiandosi a un'economia di condivisione creando profitto, oppure al contrario può partire da un'economia di condivisio-ne che al fine di ottemperare i suoi scopi non monetari si appoggia a un'econo-mia commerciale creando profitto. Ovviamente gli ibridi in entrambe i casi, è importante sottolineare, sono entità commerciali, creano profitto, tuttavia la correlazione tra queste due economie in un ibrido permane solo se si conserva tra questi due modelli economici la loro diversità, le loro differenti caratteristi-che. “Mantenere una distinzione concettuale è fondamentale per far sì che il va-lore dell'ibrido sia sostenibile. [...] Internet rappresenta l'era dell'ibrido. Tutte le imprese interessanti del settore internet sono già, o stanno diventando, un ibri-do” [Lessig 2008: 137-138]. Lessig continua distinguendo ciò che gli ibridi pro-ducono: “spazi comunitari”, “collaborazioni” e “community”. Per quanto ri-guarda la prima categoria, gli spazi comunitari, dice Lessig, sono uno spazio di interazione tra utenti al fine di condividere ciò a cui sono interessati o delle in-formazioni secondo motivazioni che fanno riferimento all'economia di condivi-sione. Lessig cita come esempi servizi come Flickr e YouTube, i quali fanno leva su spazi comunitari per creare profitto e al tempo stesso per sostenere quegli stessi spazi di interazione [Lessig 2008: 144-153]. Le collaborazioni invece sono spazi in cui la gente collabora tra loro per creare qualcosa, non solo per interagi-re e basta. Il centro dove avviene questa collaborazione è la comunità. Queste collaborazioni si possono manifestare in tante forme. Esempi che porta Lessig di ibridi basati sulla collaborazioni sono Slashdot, Last.fm, Microsoft tramite “la coltivazione” e lo studio della community di supporto su Usenet, Yahoo! An-swers, Wikia e le stesse mayor hollywoodiane quando queste appoggiano le co-munità di fun che creano remix inspirati ai loro film [Lessig 2008: 153-167]. L'ultima categoria invece riguarda le community in senso stretto, cioè come può essere ad esempio, dice Lessig, Second Life, un mondo virtuale popolato da moltissimi utenti che si comportano facendo le stesse cose che si possono fare in qualunque comunità del mondo reale [Lessig 2008: 168-173]. In generale quindi l'ibrido è un modello di successo su internet, però per farlo rimanere in piedi è necessaria la creazione della community alla sua base, un'operazione

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complessa la quale presuppone vi sia un equilibrio tra ciò che si dà e ciò che la community riceve, lasciando inalterata allo stesso tempo la sua identità, non fa-cendole sentire il peso dell'entità commerciale alle sue spalle e lasciandole i po-teri che la community presuppone per non farla sentire semplice manodopera gratuita. Come dice Lessig, “create valore dando alla gente ciò che vuole; create valore studiando ciò che offrite in modo tale che la gente ottenga ciò che vuole e al tempo stesso restituisca qualcosa alla community. Nessuno crea ibridi facen-do affidamento sui sacrifici della community. Il loro valore scaturisce dal fatto di dare ai membri della community ciò che vogliono in modo tale che, al tempo stesso, la community riceva in cambio qualcosa di cui ha bisogno. La compo-nente preesistente di questo approccio è che, all'interno di un mercato competi-tivo, il successo nasce dalla soddisfazione delle richieste dei clienti. La compo-nente inedita è la presa d'atto di una gamma più ampia di desideri, a volte basati su motivazioni egoistiche, altre volte su motivazioni altruistiche, nonché del contributo che la tecnologia può dare per soddisfarli” [Lessig 2008: 174-177].

Al di là dell'ibrido, una considerazione che tiene a evidenziare Lessig è che le due economie, quella commerciale e quella di condivisione, possono coe-sistere parallelamente, e ciò sia in modo volontario, con risultati ugualmente proficui, sia in modo involontario, come avviene per le aziende contrarie alla diffusione peer to peer della loro produzione. Sono stati creati inoltre, e non da parte delle istituzioni, degli strumenti che permettono alle aziende di segnalare il tipo di economia di cui fanno parte: la formula che prevede che tutti i diritti sia-no riservati, per un'economia commerciale affidandosi agli istituti ufficiali che tutelano i diritti di autore, oppure la formula che prevede solo alcuni diritti ri -servati delle licenze Creative Commons se si vuole aderire a un'economia di condivisione. Le licenze Creative Commons permettono a molti creatori di ope-rare in queste due economie diverse senza alcuno svantaggio, se non anzi essere ciò di vantaggio. Ma c'è un altro dilemma che l'ibrido dovrà affrontare col pas-sare del tempo data ancora la sua giovane età, puntualizza Lessig. Nell'economia commerciale i dipendenti vengono, anzi devono essere pagati, mentre nell'eco-nomia di condivisione no, ad esempio non si paga un tuo amico per averti dato un passaggio, anzi essere pagati può essere contrario all'etica di questo tipo di economia e controproducente. In un'ibrido come funziona la questione? Per un'economia di condivisione nell'ambito di un ibrido, se questo non mantiene il giusto equilibrio tra commerciale e non monetario, la gente potrebbe sentirsi di-sincentivata nella partecipazione e ciò sarebbe un grosso danno per l'azienda. Ci vuole quindi la giusta parcella, non monetaria ovviamente, il giusto vantaggio che gli utenti si aspettano. Ma quanto si aspettano gli utenti? Secondo Lessig ciò non si può decidere in assoluto e “unicamente sulla base della logica. Piuttosto, dipenderanno dalle pratiche e dalle diverse visioni delle cose. Vi sono linee di

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demarcazione che le aziende non possono superare. Tali linee sono tracciate dalla visione condivisa dai membri di una community. Gli ibridi cercheranno spesso di comunicare la propria virtù, o l'equità dello scambio che offrono”. Ora questo equilibrio in un ibrido può essere alterato quando queste due econo-mie che lo animano si rifiutano reciprocamente, l'una ignorando gli scambi non monetari e considerando gli utenti solo come da consumatori, l'altra rigettando unilateralmente che la piattaforma di condivisione si possa sostenere tramite un profitto, rendendo perciò impossibile la formazione di ibridi che durino nel tempo. Una ristrutturazione della normativa sul copyright potrebbe aiutare a trovare una soluzione a queste due visioni antagoniste, ma è importante però fare dei distinguo dato che vi è una diversità nella produzione d'autore. Ad esempio Lessig dice che mentre per i contesti “collaborativi”, come una com-munity GNU/Linux, una legge che permetta un uso anche commerciale può andare bene, per i prodotti culturali dove solitamente l'autore è singolo e non ha creato la sua opera collettivamente è più facile che si verifichi la tipica frustra-zione da mezzadria digitale. Perciò è importante secondo Lessig che agli autori sia riconosciuta la proprietà della loro produzione nell'economia della condivi-sione. Se l'azienda si assicura la proprietà della produzione degli utenti non an-drà molto lontano. Il problema non è l'obiettivo del profitto ma come lo si vuo-le raggiungere. Tuttavia anche i contesti collaborativi hanno dei problemi, infatti “un altro aspetto, più problematico, è che il free software in ultima analisi pog-gia su fondamenta economiche traballanti”, cioè “la cosa difficile è credere che, con l'andar del tempo, molte persone continuino a pensare che offrire qualcosa in cambio abbia senso”. Presupponendo, nella peggiore delle ipotesi, che quan-to detto sia vero, Lessig sostiene che le stesse peculiarità del software libero fac-ciano optare ugualmente per un libero accesso al codice, a causa dei costi di ag-giornamento, o, meglio, dei vantaggi che si possono trarre da un aggiornamento del software esternalizzandolo. Ciò quindi rappresenta l'incentivo in questo am-bito, così come la proprietà dell'opera rappresenta l'incentivo nel contesto delle opere culturali. Nella gestione di una community, gli ibridi devono tenere a mente quindi queste distinzioni [Lessig 2008: 179-199].

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1.3 Le comunità come motore del crowdsourcing

Il giornalista Jeff Howe, riferisce Bruno Pellegrini, CEO di BlogTV, ha avuto il merito di aver dato un nome da un punto di vista economico a un'insie-me di fenomeni che riguardano la generazione di valore grazie al web partecipa-tivo. Questo nome è crowdsourcing [Howe 2008: 9]. Ma cos'è precisamente il cro-wdsourcing e quali sono i fattori che lo rendono possibile? Rispondendo alla prima domanda, il crowdsourcing è “l'affidamento (sourcing) di un'attività – tra-dizionalmente svolta all'interno – a una comunità di persone non legate da vin-coli organizzativi e che generalmente non si conoscono tra loro (crowd)”. La parola “crowd” infatti significa “folla” in inglese e quindi letteralmente il termi-ne sta per “affidamento alla folla”. E quindi si differenzia dall'outsourcing, per-ché quest'ultimo appalta quel determinato compito a un determinato soggetto esterno, dall'open source, perché non viene operato dal basso, da un gruppo di individui che collaborano tra loro senza ricevere un profitto, ma da un'azienda, da un'organizzazione, e infine dai “progetti di enterprise 2.0 (il cui termine de-scrive una serie di nuovi modelli organizzativi basati sul coinvolgimento di risor-se interne all'organizzazione) risiede nel fatto che questi ultimi non sono aperti a tutti ma si rivolgono a un target preciso e conosciuto” [Howe 2008: 10]. Da questo punto di vista Pellegrini suggerisce la necessità di istituzionalizzare il cro-wdsourcing nelle discipline economiche e in ambito di business management accanto agli altri modelli di organizzazione [Howe 2008: 12].

Prima di addentarci sulle forme di crowdsourcing, rispondiamo alla se-conda domanda, cioè quali sono i fattori che lo hanno reso possibile. Howe par-la di quattro elementi. Anzitutto il crowdsourcing per esistere ha bisogno della materia prima, l'amatore. Howe sostiene che la vecchia definizione di amatori, come “hobbisti” ed “entusiasti” che hanno “più passione che talento”, non reg-ge più. Oggi in un enorme numero di campi riescono sempre più a competere con i professionisti. Anche famose definizioni del fisco di non professionista, come colui che trae da una certa attività non più di una certa cifra, non è tanto utile su un internet che permette la partecipazione di enormi quantità di perso-ne. C'è bisogno quindi secondo Howe di una ridefinizione del concetto. “Dob-biamo capire che l'amatorialità non è tanto una denominazione, quanto uno

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spettro di elementi”. I progetti di crowdsourcing attirano a sé sia professionisti che non, e inoltre alcuni danno un compenso, come ad esempio InnoCentive, altri ancora, come Wikipedia, invece non danno compensi economici. Tuttavia ciò che li accomuna è il fatto che usano il loro tempo libero per mettere in gioco le loro competenze in qualcosa che gli piace [Howe 2008: 20]. A differenza delle scienze che si vanno sempre più specializzando e settorializzando, le nostre uni-versità conservano ancora, dice Howe, comunque quel tanto di “ideale rinasci-mentale” di ecletticità, secondo il quale “il cittadino modello poteva maneggiare la penna, l'aratro e il goniometro con pari attitudine”, nella formazione dei loro studenti, proponendo materie facoltative, che possono sfociare in futuri interes-si, passioni, una volta terminati gli studi e aver trovato un lavoro. Altre volte, molto frequentemente, gli individui trovano un'occupazione che c'entra poco o nulla con i propri studi. In questi due casi, queste passioni extra-lavorative sono materia prima per il crowdsourcing [Howe 2008: 25-26]. “Il risultato è che un gran numero di persone esercita la propria attività più significativa e gratificante lontano dal posto di lavoro” e la stessa differenza tra professionisti e non pro-fessionisti si è enormemente assottigliata, così come la stessa “fiducia pubblica nei professionisti”. Ciò perché quello che contraddistingueva i professionisti era l'accesso a informazioni alle quali erano esclusi i non professionisti, la possibilità esclusiva dei professionisti di acquisirle e interpretarle. “Detto in parole povere, le persone hanno accesso a sufficiente conoscenza da sbirciare dietro 'la tenda del Mago': gli amatori sono in grado di usare il web per acquisire altrettante in -formazioni dei professionisti” [Howe 2008: 27-28]. Il nostro autore porta l'e-sempio di InnoCentive, una piattaforma che consente di bandire gare su proble-mi insoluti da parte di organizzazioni da appaltare alla “folla”, a chiunque voglia partecipare. Alle gare, tutte altamente settoriali, non c'è requisito di accesso, conta solo chi trova la soluzione per vincere il premio monetario in palio, e, per garantire ciò, rimane sconosciuta all'organizzazione l'identità del vincitore e al vincitore l'identità dell'organizzazione. Quindi due gli elementi sottolineati da Howe, accesso aperto a tutti e pura meritocrazia, i quali costituiscono il motivo di successo nel caso di InnoCentive, così come di altri servizi [Howe 2008: 31].

Il secondo fattore che ha contribuito al modello del crowdsourcing è stato l'open source. È stato questo movimento informatico a fare da esempio, e, secondo Howe, sta a Wales con Wikipedia e al progetto Clickworkers (un'inizia-tiva della Nasa consistente nell'affidare a tutti coloro che volessero attraverso in-ternet la possibilità di catalogare i crateri marziani dividendo l'attività in tante piccole parti), se ne hanno mostrato l'applicabilità e la possibilità di successo an-che in altri campi. “Vent'anni prima gli unici a sostenere un simile approccio erano una manciata di oscuri programmatori informatici, e anche loro non avrebbero mai immaginato che ciò fosse destinato a rivoluzionare il modo di creare qualunque cosa, dai sistemi operativi, alle mappe, alle T-shirt. Ma scrivere

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un programma per computer è molto diverso da, per esempio, sviluppare una mappa open source o creare un servizio per la tv. […] L'open source aveva for-nito un modello per come si possa lavorare insieme – con entusiasmo, compe-tenza e senza essere pagati – a progetti al di là del software. Ma per colmare il divario tra teoria e pratica la folla aveva bisogno di strumenti e della conoscenza su come usarli” [Howe 2008: 32-46]. E ciò rappresenta il terzo fattore. L'acces-so agli strumenti, sia dal punto di vista del prezzo, della facilità d'utilizzo e della conoscenza su come usarli, ha permesso alla gente di fare e diffondere film, li -bri, musica, fotografie cambiando radicalmente il panorama di produzione dei media. E ciò si sta espandendo e sta coinvolgendo anche altri settori. Così il concetto di consumatore sta cambiando, tanto che esso non è da considerarsi più tanto separato dal concetto di produttore. “Questo fiume di creatività da parte di persone un tempo note come consumatori viene indicato con l'espres-sione piuttosto disumanizzante di 'contenuti generati dagli utenti'. […] È anche chiaro che le grandi aziende stanno diventando sempre più abili a ricavarne dei soldi” [Howe 2008: 47-64]. Ma questi tre fattori senza un ultimo elemento non portano da soli al crowdsourcing, ci vuole la comunità, che fa da collante alla folla, ne rappresenta il modo con il quale questa è organizzata per dare il pro-prio contributo. La forma comunità è importantissima per il crowdsourcing, così come per il nuovo volto delle aziende che vogliono usare questa forza data dal contributo della folla. Le aziende che operano in questo mondo devono poggiarsi su comunità e ciò con i suoi pro e i suoi contro. Non si può gestire la comunità con gli stessi metodi aziendali, la comunità infatti ha bisogno della sua autonomia, deve essere in qualche modo libera di decidere e assumersi le pro-prie scelte [Howe 2008: 65-83].

Per fare una sintesi con le stesse parole del nostro autore: “Quattro svi-luppi hanno creato un terreno fertile dove potesse emergere il crowdsourcing. L'ascesa di una classe di amatori è stata accompagnata dalla comparsa di un modo di produzione – il software open source – che è stato di esempio e guida. La proliferazione di internet e di strumenti economici ha dato ai consumatori un potere un tempo ristretto alle aziende con ingenti risorse di capitali. Ma è stata l'evoluzione delle comunità online, con la loro capacità di organizzare con efficacia le persone in unità economicamente produttive, a trasformare i primi tre fenomeni in una forza irrevocabile” [Howe 2008: 65]. Tuttavia è ovviamente da precisare che il crowdsourcing non è nato con internet. Internet ha dato solo uno sfogo a uno sfondo preesistente, a una base culturale presente già nella so-cietà di esprimersi: “Internet non ha inventato il crowdsourcing; lo ha soltanto reso di gran lunga più efficiente” [Howe 2008: 89].

Vi son quattro tipi principali di crowdsourcing secondo Howe. Il primo si basa sull'intelligenza collettiva e assume tre forme: il “mercato delle previsio-ni, o mercato delle informazioni”, che hanno la stessa dinamica dei mercati

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azionari, il “crowdcasting”, che prevede il rendere noto al più grande numero possibile di “potenziali solutori” un determinato problema, “la 'ressa di idee' o idea jams”, uguale al crowdcasting, solo che qui l'organizzazione dà carta bianca chiedendo qualunque tipo di idee nuove in una sorta di lungo brainstorming. Ma importante è anche chiedersi del perché il crowdsourcing in questi ambiti funzioni. Howe ha due risposte a questa domanda. Primo, il crowdsourcing del-l'intelligenza collettiva si avvale della diversità. La folla è piena di gente con co-noscenze diverse, competenze diverse, esperienze diverse, ecc, e ciò è un bene. Secondo, bisogna mantenere però questa diversità. A volte infatti consentire ai membri di una comunità di interagire tra di loro può essere controproducente perché la discussione può portare a condividere conoscenze, a raggiungere pun-ti comuni, a trovare un accordo, e di conseguenza a uniformare la conoscenza all'interno della stessa comunità, assottigliando quella diversità e quella differen-za di vedute. Così come team di ricercatori con le stesse conoscenze e approcci ricevuti durante la loro istruzione, per quanto bravi, hanno meno probabilità di trovare soluzioni rispetto a ricercatori con background differenti. Quindi al con-trario potrebbe essere utile creare per l'azienda che opera il crowdsourcing di questo tipo un contesto competitivo all'interno della comunità al fine di giovare della diversità, della maggiore gamma possibile di approcci diversi nel trovare la soluzione a un problema. Questo perché il crowdsourcing non rischia col falli-mento, anzi è questo un presupposto per trovare la soluzione, le aziende che ge-nerano al loro interno l'innovazione possono tollerare meno serenamente il fal-limento. Ma c'è da sottolineare che questa diversità deve comunque trovarsi al-l'interno di una gamma di conoscenze che permettono di risolvere il problema per assolvere con successo al suo compito. Come dice Howe “in realtà non c'è alcuna magia nella saggezza delle folle, e l'espressione è di per sé un po' fuor-viante […]. Una folla implica un gruppo di persone che agiscono come un'unità […]. La definizione di 'folla' è quella di 'un gruppo di persone unite da una ca-ratteristica comune'. Al contrario, l'intelligenza collettiva si riduce se ci sono troppe caratteristiche in comune, fiorendo viceversa in diretta proporzione con la quantità di diversità contenuta all'interno di un gruppo di persone […]. Per essere saggia, dunque, la folla non può affatto agire come una folla. Vanno sod-disfatte altre condizioni perché la diversità prevalga sull'abilità. Innanzitutto, deve essere un problema davvero difficile […]. Secondo, la folla deve possedere alcune caratteristiche per poter risolvere il problema in esame. Non ci si può certo aspettare che un gruppo casuale di pendolari in metropolitana batta un gruppo di ingegneri nucleari nel progetto di un reattore più efficiente […]. Ter-zo, deve esserci un metodo per raccogliere ed elaborare i singoli contributi […]. Infine, i partecipanti devono provenire da un bacino sufficientemente ampio da garantire una molteplicità di approcci, e la capacità di esprimere la loro indivi-dualità […] non deve essere pregiudicata [Howe 2008: 87-116].

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La seconda categoria di crowdsourcing riguarda la creatività che la folla possiede e può generare. In ambito creativo, a differenza del caso precedente, l'interazione se non è importante è fondamentale. Nelle produzioni creative la comunità deve essere più coesa, possedere un maggior senso di appartenenza secondo Howe e ciò perché la stessa collettività dà un senso alle opere generate dagli stessi membri, le valuta, si scambia informazioni, vuole imparare e allo stesso tempo vuole insegnare. Insomma una macchina che riconosce essa stessa i talenti che ne fanno parte. Ma costruire tali comunità può essere difficoltoso. Un elemento fondamentale è che le persone devono sentirsi proprietarie delle loro creazioni, e ciò in accordo con le stesse idee di Lessig di cui abbiamo parla-to. Anche Howe dice che “nessuno vuole sentirsi sfruttato […]. La folla dà via il suo tempo – la sua capacità in eccesso – con entusiasmo, ma non per niente. Deve essere uno scambio significativo. Il profitto deve stare in secondo piano, o non ci sarà affatto”. Nel costruire una comunità inoltre, per le aziende che non si possono permettere di lasciarle crescere e svilupparsi da sole col tempo, col passaparola, è abbassare l'asticella nelle pretese, non bisogna sopravvalutare la folla credendo che tutti possano e sappiano produrre cose rilevanti, così come che tutti vogliano partecipare alla stessa maniera, ma che vogliano dare contri-buti in differenti modalità. Citando Robin Sloan, colui che ha permesso il rilan-cio di Current, Howe scrive: “La lezione non è tanto dare alla folla dei compiti più semplici da fare, quanto costruire una strategia intorno al fatto che persone differenti sono brave in cose differenti, hanno differenti quantità di tempo a di-sposizione o semplicemente interessi differenti”. La stessa fiducia nella folla non può presupporre che essa si organizzi solamente da sola, ha bisogno di qualcuno anche a cui rivolgersi; inoltre essere molto chiari nelle richieste agli utenti è importante. Se questi poi prendono una strada invece che un'altra non si possono dare ordini alla comunità. Citando Jay Rosen del progetto Assign-mento Zero, Howe scrive che è innanzitutto importante “'dividere il lavoro nel modo giusto'. La maggior parte dei partecipanti ha una quantità di tempo molto limitata per contribuire” e poi “capire le motivazioni dei partecipanti prima di chiedergli di contribuire” [Howe 2008: 117-145].

La terza categoria di crowdsourcing vede invece la folla come filtro. Gli utenti creano una quantità immensa di informazioni, ma sono loro stessi che le selezionano. Ciò in modo cosciente, votando, taggando, così come in modo in-cosciente, ad esempio scaricando contenuti o facendo una semplice ricerca su google che utilizza quest'ultima per perfezionare i suoi algoritmi di ricerca. In-somma se la folla crea talenti, essa stessa permette di trovarli in mezzo alla me-diocrità. Tuttavia ciò può comportare dei rischi. Per quanto le società che basa-no la loro attività di crowdsourcing sulla catalogazione delle informazioni svi-luppino software anticorpi contro altre società che, ad esempio, pagano gli uten-ti su commissione di soggetti interessati per fare andare i risultati delle votazioni

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in certe direzioni piuttosto che altre, ci si troverà sempre nel caso del cane che si morde la coda. Così come un altro rischio, il rischio di pensare che questa situa-zione di partecipazione diffusa porterà a una mediocrità collettiva e alla scom-parsa del professionista. Bisogna tollerare ciò, così come un certo controllo da parte, ad esempio dei servizi web come google, perché ciò consente un contesto maggiormente democratico. L'industria culturale ha avuto fino a poco tempo fa l'ultima parola sulla pubblicazione. Howe non crede che una delle due soppian-terà l'altra ma che entrambe sopravviveranno. Anzi questo contesto porterà va-rietà che è la fonte di democrazia [Howe 2008: 146-161].

L'ultima categoria riguarda il crowdfunding, cioè l'affidarsi ai contributi monetari della folla. Viene chiamato anche “social banking” e permette servizi di microfinanziamento con piccolissimi ma numerosissimi contributi monetari per finanziare, ad esempio, persone del terzo mondo che hanno bisogno di pic-cole somme a cui le banche non presterebbero un centesimo per costruirsi delle piccole attività per vivere, usando lo stesso sistema usato da ebay, cioè la stessa folla come valutatore dell'affidabilità del debitore, così come maggiori somme da destinarsi a gruppi musicali che vogliono produrre il loro album, giornalisti che vogliono fare inchieste molto scomode, gruppi di cineasti amatori che vo-gliono fare film o fun fiction, ecc. In tal caso il crowdfunding ha permesso di rompere la barriera che l'industria culturale opponeva per la produzione, la cui decisione finale di finanziamento dipendeva dal produttore, creando un sistema per il quale il prodotto finale può essere anche diffuso gratuitamente essendo lo stesso consumatore il produttore; il consumatore può essere visto in alcuni casi addirittura come colui che commissiona l'opera. “La decisione di quali film rea-lizzare dipende in definitiva dai dirigenti dei cinque grandi studios di Hollywood […]. Il sistema non solo non è democratico: è inefficiente al massimo […]. Il crowdfunding, viceversa, permette agli artisti di rivolgersi direttamente ai consu-matori […]. Gli artisti sono in grado di interpellare direttamente lo stesso grup-po di sostenitori che alla fine consumerà la loro produzione”. Ma Howe indivi-dua anche un modello di diffusione del crowdfunding: “Il crowdfunding non è nuovo. È la spina dorsale del sistema politico americano da quando i politici ini-ziarono a baciare i bambini. La raccolta fondi via internet cominciò ad acquista-re slancio nel 2000; ma è stato nel ciclo elettorale del 2008 che Barack Obama l'ha trasformata in una scienza, racimolando circa 272 milioni di dollari da più di due milioni di donatori, perlopiù piccoli. E questo solo per le primarie. Internet accelera e semplifica a tal punto il processo di ricerca di grandi bacini di poten-ziali finanziatori che il crowdfunding si è diffuso negli angoli più inaspettati del-la nostra cultura, come la musica e il cinema” [Howe 2008: 162-169].

Una volta illustrate queste categorie, però è importante rilevare che mol-tissimi servizi di crowdsourcing, soprattutto quelli vincenti, sono basati non solo su una, ma su più categorie, se non su tutte [Howe 2008: 186].

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1.4 Il ruolo della comunità nell'atomo open source

Chris Anderson, in un articolo comparso sul numero 32 di Wired Italia dal titolo “Gli atomi sono i nuovi bit”, illustra quelle che sono le conseguenze della democratizzazione dell'industria che abbiamo già sotto i nostri occhi (e ne analizza ciò anche soprattutto in prospettiva futura). Un tempo l'industria era, ed è in parte, in mano a istituzioni come governi, aziende, ecc. Abbiamo spiega-to cosa accade quando qualcosa si tramuta in bit, abbiamo parlato della Freeco-nomy e della coda lunga [§ 1.1]. Tutto ciò, spiega Anderson, si sta verificando anche per gli oggetti fisici. La gente comune oggi può entrare in possesso di quei mezzi di cui si ha bisogno per realizzare prodotti industriali, a quantità in-dustriali. In tal caso, basta solo avere un'idea, un progetto e minime competenze e il prodotto viene creato. Come dice Anderson “gli strumenti necessari alla produzione industriale, dall'assemblaggio dei componenti elettronici alla stampa 3D, ormai sono accessibili a tutti, dai piccoli gruppi ai singoli individui […]. Una persona comune può diventare una micro-fabbrica virtuale, in grado di progettare e vendere prodotti senza nessuna infrastruttura e senza bisogno di inventari; i prodotti possono essere assemblati e spediti direttamente dagli im-prenditori che servono centinaia di questi clienti allo stesso tempo. Oggi, le mi-cro-fabbriche fanno di tutto, dalle automobili fino ai mobili su misura di qual-siasi forma immaginabile. Il potenziale collettivo di un milione di inventori della domenica sta per irrompere sui mercati globali, visto che le idee finiscono diret-tamente in produzione, senza bisogno di finanziamenti o apparecchiature parti-colari”. La produzione di oggetti materiali divengono in tal modo assimilabili a prodotti immateriali fatti di bit, ciò non solo per il fatto che gli stessi bit sono la base del prodotto vero e proprio e dell'elettronica che lo anima, ma anche per la stessa dinamica che ha coinvolto il web come a “disponibilità di piattaforme co-muni, di strumenti facili da usare, della collaborazione e della distribuzione rese possibili da internet”. Due quindi le cause di questo fenomeno che individua Anderson: l'enorme diffusione di mezzi a basso costo e di alto valore qualitativo per la progettazione che siano semplici anche per i profani, e poi la flessibilità, l'orientamento a internet e alla personalizzazione del prodotto da parte delle im-prese, con la conseguente riduzione della produzione e incremento d'introiti,

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comportamenti provocati da un adattamento alla crisi economica. Ciò porterà probabilmente a rompere e a ridefinire gli equilibri dell'industria così come è successo per le major discografiche, il cinema e l'editoria. Lo stesso sistema di-stributivo permetterà di diffondere le produzioni delle grandi aziende come del singolo creatore. Anderson conclude con l'entusiastica affermazione che “la col-laborazione di massa, l'open source, il crowdsourcing, i contenuti creati dagli utenti stessi hanno cominciato ad avere un ruolo fondamentale anche nel mon-do reale, fatto di atomi. Internet era solo l'inizio. Adesso la rivoluzione investe il mondo reale. In pratica, gli atomi sono i nuovi bit” [Anderson 2011].

La serie di articoli speciali sull'argomento di Wired 32 porta molti esem-pi concreti del nuovo “fai-da-te” e del movimento dei “makers”. Per quanto ri-guarda la filiera del processo di creazione, partendo dai programmi di progetta-zione, i software CAD 3D hanno visto un enorme riduzione dei prezzi e un au-mento della facilità d'uso, inoltre troviamo molti prodotti CAD open source che sono anche a costo zero. Si possono usare anche prodotti di modellazione 3D gratuiti come Google SketchUp e Blender, il quale, quest'ultimo, con usi che vanno dal cinema d'animazione ai videogame (si vedano film cortometraggio come Sintel, e videogame come SuperTux Kart e Yo Frankie!). Per trasformare in realtà ciò che si è progettato con i programmi precedenti, si possono utilizzare macchine a controllo numerico o stampanti 3D. Le prime, chiamate anche mac-chine CNC, servono a intagliare, incidere, sagomare il componente in vari tipi di materiale che possono essere legno, metallo, plastica. Anche questi strumenti in versione “da tavolo” hanno visto un ingente calo dei prezzi, sempre che lo stes-so maker non se li voglia costruire da sé spendendo molto meno. Le seconde, in-vece, le stampanti 3D, delle quali ve ne sono vari tipi, stampano letteralmente l'oggetto nelle tre dimensioni fondendo polvere di materiali, ad esempio metallo o plastica. Anche qui i prezzi si stanno enormemente abbassando come è suc-cesso alle moderne stampanti laser che tutti noi abbiamo accanto al nostro pc. Altimenti, se non si vogliono comprare o utilizzare questi strumenti si può be-nissimo caricare il file del progetto su servizi internet che creeranno loro il pro-dotto vero e proprio e lo invieranno a casa e/o lo metteranno in vendita nello stesso sito, sempre se non lo si voglia tenere per sé, regalare o vendere su eBay, o tramite servizi di vetrine virtuali su facebook, ecc [Frauenfelder 2011].

Nel 2001 l'istituto Ivrea, fondato da Olivetti e Telecom Italia, attivò per la prima volta nel mondo un master dedicato interamente all'interaction design. Tra i più importanti obiettivi dell'insegnamento previsti c'era quello di insegnare agli studenti a costruire “prototipi funzionanti” insegnando i fondamenti di elet-tronica minimi per far ciò, quindi molta più pratica che teoria. Massimo Banfi, quando venne a insegnare all'istituto si accorse che per la prototipazione gli stu-denti usavano una piattaforma che si rivelò inadeguata sotto vari aspetti per gli

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scopi che il master si proponeva. Così nel 2002 decise di trovare delle soluzioni alternative. “Al mio arrivo all’istituto, pochi mesi dopo la sua apertura, avevo notato che gli studenti avevano iniziato a utilizzare una piattaforma americana nota come 'Basic Stamp', una delle prime a rendere più accessibile l’uso dei mi-crocontrollori. Lavorando sui primi progetti divennero chiari i principali difetti della Basic Stamp: si rivelò, infatti, molto meno potente di altri prodotti sul mer-cato e funzionava solo con Windows. Inoltre, l’importazione dagli Stati Uniti la rendeva piuttosto costosa – 76 EUR – per un oggetto che gli studenti avrebbe-ro dovuto acquistare in quantità per poter realizzare il maggior numero possibi-le di prototipi. E quindi, subito l’anno successivo mi misi al lavoro per trovare un’alternativa che fosse basata su un microcontrollore commerciale e più eco-nomico, un software open source che funzionasse anche su Mac OS X (il siste-ma operativo utilizzato dalla maggior parte degli studenti di design)”. Realizzò così una nuova piattaforma ma che aveva dei limiti, in particolare la mancanza di una community alle spalle che potesse proseguire lo sviluppo e la difficoltà del linguaggio di programmazione necessario per la programmazione dei proto-tipi. Così si rimise al lavoro e con la collaborazione anche di altri colleghi e stu-denti, dopo vari tentativi, arrivò alla progettazione di una piattaforma di prototi-pazione open source chiamata Arduino. Come afferma Banfi “l’idea che mi ron-zava in testa era quella di creare una scheda davvero semplice che, volendo, si potesse realizzare in casa e che costasse 20 EUR […] mi piaceva quindi l’idea che uno studente potesse rinunciare a una cena per comprarsi una scheda in più”. La cosa più interessante di Arduino è proprio il suo essere open source nella totalità del manufatto, oltre che basato su una vastissima community, la quale ha rilasciato e rilascia una documentazione e un numero enorme di pro-getti, così che ogni nuovo utilizzatore si trova la strada già spianata potendosi aggrappare sulle spalle dei progetti precedenti per realizzare il proprio o su un attivissimo forum per un aiuto. Infatti Arduino rappresenta “uno dei primi pro-getti al mondo che fossero open source sia nel software sia nell’hardware”. Massimo Banfi diede pubblicamente i file CAD di progettazione così come ven-ne rilasciato il sorgente del software per controllarlo [Banfi 2008]. Nel sito di ri-ferimento, Arduino.cc, si trovano dei video youtube e le istruzioni su come co-struire la propria scheda Arduino spendendo una decina di euro per comprare i pochi componenti necessari in qualche negozio di componentistica elettronica, oppure se non si ha la pazienza e la volontà necessaria, si può comunque acqui-stare il tutto già pronto e assemblato per 19 euro dallo store del sito se si vuole sostenere la comunità, oppure in tanti store sparsi in tutto il mondo. Altra cosa interessante è che quando lo si acquista, nel pacchettino, molto curato nel desi -gn, si trovano stickers del tipo “I love OpenSource” e altri con il logo stesso di Arduino. Inciso nel retro della board si trova la scritta Made in Italy con accanto l'intera penisola italiana disegnata. Per non parlare della frase “Thank you for

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supporting Arduino” con annesso un lunghissimo certificato di origine che tie-ne a precisare che la scheda è stata prodotta, assemblata e testata interamente in Italia e che garantisce che coloro che hanno lavorato al prodotto sono stati ra-gionevolmente pagati e hanno lavorato in un ambiente sano, che tutti i compo-nenti e le saldature sono compatibili con le normative RoHS, ecc. Ciò rafforza enormemente il senso di appartenenza alla community, l'utente stesso rimane coinvolto nell'acquisto e si sente parte di questa perché lo stesso processo di ac-quisto supporta la comunità, possedere Arduino nelle proprie mani è come una chiave di accesso e un modo per sentirsi parte della comunità.

Ma l'altro elemento da citare è come la gente usa quest'hardware open source. Durante un discorso al Maker Faire New York, Massimo Banfi, afferma che non si aspettava tutto ciò che la gente avesse realizzato con Arduino, citan-do inoltre la storia di due ragazzini spagnoli che hanno realizzato un robot che ha vinto un premio di robo-football e un tizio che ha costruito un satellite spa-ziale [http://www.youtube.com/embed/GbsgFKyI_Mk]. Arduino ha permesso a chi capisce poco di elettronica e programmazione, a studenti, artisti, hobbisti e gente comune di creare i più vari dispositivi elettronici che la testa suggerisce. Arduino sostanzialmente è un microcontrollore (un circuito integrato, un fratel-lo del microprocessore) con dei “pin” a cui si possono collegare dei sensori che si possono comprare anche a pochi centesimi di euro o riciclati da vecchi appa-rati elettronici (ad esempio di luce, di temperatura, di accelerazione, all'infraros-so, di campo elettromagnetico, di pressione, a ultrasuoni, di umidità, di suono, e via dicendo) che vengono elaborati, secondo le direttive del programma che col pc carichiamo nell'unità di calcolo di Arduino tramite il cavo usb, per creare de-terminati eventi con gli attuatori, collegati ad altri “pin”, come possono essere motori, servomotori, luci, casse audio, piccoli display, schermi LCD, TV, anten-ne, e quant'altro la testa suggerisce. Nella sezione “playground” del sito ci sono una miriade di progetti realizzati, si va dal controllo della casa tramite internet con Arduino collegato tramite il cavo ethernet, al mini-server con sd-card, al se-gnalatore luminoso di nuove mail, al robot-artista che disegna con lo spay sui muri, a console da attaccare alla Tv, a sintetizzatori musicali, strumenti musicali che funzionano con i movimenti del corpo o con la luce, sintetizzatori vocali, a navigatori satellitari, tablet LCD touch, strumenti medici di elettromiografia o che percepiscono le onde celebrali, drone, una macchina per mappare il dna ba-sata sugli studi del premio nobel Kary Mullis, ecc. Sul forum c'è anche un pro-getto collettivo per la realizzazione di un pallone sonda. Questa è solo una pic-cola parte di tutto ciò che è stato creato. È impossibile sintetizzare in poche pa-role la vastità dei progetti realizzati con questa piattaforma. Questo è quello che succede quando viene democratizzato l'hardware, come è successo prima per i bit. Sulla base dei feedback della comunità Arduino, attualmente versione Uno r3, si evolve. Massimo Banfi sta lavorando su la versione Due con microcontrol-

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lore a 32 bit, che permetterà, in prims, quindi una risoluzione analogica molto superiore agli attuali 1024 bit di range per i sensori [Arduino.cc].

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1.5 Modello Khan Academy

Esiste in rete un sito chiamato Khanacademy.org. In questo sito troviamo enor-mi risorse video che spaziano dalla matematica alla finanza, alla biologia, alla fi-sica, alla storia e così via. Si tratta di vere e proprie lezioni video dove Khan, il fondatore di quest'organizzazione no profit, insegna una bella porzione di scibi-le umano. Khan, con un passato di informatico, tre lauree, in informatica, in matematica e master in economia, ha iniziato realizzando video per sua nipote, che abitava all'altro capo degli Stati Uniti, la quale aveva bisogno di un aiuto in matematica per la scuola. Khan di notte registrava con un software la sua scher-mata mentre disegnava e scriveva a tutto schermo con una tavoletta grafica col -legata al computer, e a voce spiegava la matematica partendo proprio dalle basi e, video per video, fino a cose sempre più complicate. Questi video poi li ha messi su youtube. Khan ha talento per spiegare la matematica. Notò che i suoi video erano visitatissimi. Da qui decise di lasciare il suo lavoro e fondare una or-ganizzazione no profit per realizzare un portale dedicato a insegnare, in un pri-mo momento matematica ed economia. Successivamente Khan si allargò a bio-logia, fisica, chimica e anche storia. Grazie a Khan molti bambini alle medie già fanno calcolo infinitesimale, ma non sono geni, sono bambini normali come precisa Clive Thompson in un articolo. Sono tantissime le insegnanti che nelle scuole hanno sperimentato i video di Khan. I bambini dei progetti il pomerig-gio vedono i video su youtube di Khan e la mattina fanno gli esercizi sempre sul sito di Khan che prevede dei punteggi, come i videogame, dove ogni bambino cerca di superare il punteggio degli amichetti. I video di Khan purtroppo sono in inglese, tuttavia Khanacademy ha una community di traduttori che lavorano al fine di sottotitolare e tradurre oralmente i video di Khan [Thompson 2011].

Ora, le ripercussioni sull'insegnamento non è ciò che ci interessa in que-sto momento, per quanto importantissima. Khan è un'organizzazione no profit e ha bisogno di fondi per mantenersi. In questo, i primi finanziatori di Khan sono Microsoft e Google [Thompson 2011]. Ora che impatto possono avere queste aziende su una community che supportano? Sono molti i vantaggi per Google, basta solo limitarci a dire che i video di Khan sono su youtube, non su Vimeo. Ma sia che i video siano su youtube che su Vimeo poco cambia al bam-bino che vede la sua lezione o al membro della comunità che partecipa tradu-

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cendo. Guardiamo quali sono i software che, su https://sites.google.com/ a/khanacademy.org/forge/for-translators/reference-page, al momento della nostra trattazione, vengono proposti per creare ex-novo i video da tradurre: ve-diamo due software proprietari a pagamento, e l'unico software opensource gra-tuito, CamStudio, funziona, purtroppo per gli utenti di linux e Mac, solo su Windows. Perché ci chiediamo la lista è limitata solo a software Microsoft-com-patibile? Quest'ultimo forse sarà un caso, anzi sicuramente sarà così, tuttavia esi-stono programmi opensource multipiattaforma, moltissimi linux, che permetto-no di registrare in tutti i formati video da schermo, ma questo era solo un esem-pio per dire che le azioni anche piccolissime che assume un'organizzazione in crowdsourcing possono, anche involontariamente, anche se non arrestare la par-tecipazione, quantomeno poterne ridurne, anche di pochissimo, la possibile po-tenzialità.

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1.6 Tirando le somme: Canonical e Ubuntu

Abbiamo visto fino a questo momento quindi come le aziende si appoggiano alle comunità per creare valore. Adesso vediamo qual è il rapporto che Canoni-cal intrattiene con la comunità. Lessig fa una perfetta analisi di ciò, inquadran-dolo come un perfetto esempio di economia ibrida:

Un elemento fondamentale in vista del successo di un ibrido è la comprensio-ne della community e delle sue norme. E i casi di maggior successo in questa categoria saranno quelli che sfrutteranno al massimo tali norme traducendo la fedeltà alle stesse in duro lavoro.

Probabilmente l'esempio più interessante di tale modello fra quelli più recenti è un'azienda chiamata Canonical Ltd., un'entità commerciale che supporta un altro brand GNU/Linux chiamato Ubuntu Linux. Ubuntu, lanciato nel 2004 dall'imprenditore Mark Shuttleworth, mira a diventare “il sistema Linux più diffuso”. Nelle prime fasi ha posto il focus sui pacchetti di installazione semplici semplici (ho sperimentato una se-rie di pacchetti di installazione di Linux. Questo è stato di gran lunga il più semplice). L'azienda spera che la facilità e la qualità del suo pacchetto (per non parlare del prez-zo) spinga molti più utenti individuali a usare Ubuntu Linux.

Canonical punta a trarre un profitto da Ubuntu, un sistema governato e svi-luppato da una community. La sua vision trae ispirazione da Shuttleworth, che dichia-ra di essere rimasto “affascinato da questo fenomeno di collaborazione attorno a un bene digitale condiviso, dotato di un potente meccanismo di controllo delle revisioni”. Tale collaborazione avviene attraverso una community. L'intenzione di Canonical è “differenziarci per il fatto di avere la community migliore. Di essere l'azienda con cui è più facile collaborare, di essere il gruppo in cui le cose opportune succedono prima e succedono più rapidamente”. “La community” mi ha detto Shuttleworth “costituisce l'essenza assoluta di ciò che facciamo”. Attualmente, le persone che collaborano al pro-getto Canonical sono “migliaia”.

Affinché una simile collaborazione funzioni, come spiega Shuttleworth, devo-no essere soddisfatte almeno tre condizioni in relazione alla community. La prima è che bisogna “rispettare” la community. La seconda è che bisogna “responsabilizzarla”, cioè conferirle per davvero l'autorità che le si attribuisce a parole. “Se non sei disposto a rispettare il fatto di aver offerto alla gente l'opportunità di lasciarsi coinvolgere, e di assumere una posizione di leadership […] è impossibile che si sviluppi un team solido”. La terza – nonché probabilmente la più importante, in ultima analisi – è che bisogna “fare in modo che la gente si senta parte di un progetto significativo”. Questa è una vi -sione che la community incentrata sul free software può sposare facilmente. Le perso-ne che contribuiscono questa community “sentono di essere parte di un progetto gran-de, importante e bello […] Sentono di avere l'opportunità di dedicarsi alle cose a cui vogliono realmente dedicarsi. E questo dà molte soddisfazioni”.

Questa, secondo Shuttleworth, è una caratteristica condivisa da tutti i progetti di successo basati su una community. Se “prendiamo il caso di Wikipedia”, per esem-

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pio, “la gente si sente davvero parte di qualcosa: sta contribuendo allo sviluppo di un archivio delle conoscenze umane, e questa è una cosa incredibile. C'è un'intera gamma di motivazioni nel free software”.

La visione di Shuttleworth è diversa da quella di Red Hat. Ricordatevi che Young non credeva in questa storia della “community”. Essa, invece, riveste un ruolo fondamentale per Ubuntu. […] (parentesi quadre nostre) L'eterogeneità è il suo punto di forza; essa [l'economia ibrida] fiorisce a partire dall'indeterminatezza prodotta da tale eterogeneità [Lessig 2008: 143-144].

Come abbiamo ricordato più volte in questo capitolo, è importante per un'azienda ibrida, o che fa crowdsourcing, non accaparrarsi i diritti esclusivi di ciò che crea la comunità. Come vediamo nel caso Ubuntu, l'azienda Canonical non è proprietaria del sistema operativo, per quanto abbia degli sviluppatori che ci lavorino a tempo pieno aiutati in questo dalla comunità. Ubuntu infatti è rila-sciato sotto licenza GNU GPL e può essere pertanto usato, copiato, modificato e venduto senza dover chiedere il permesso a nessuno. Tanto è vero che esisto-no moltissime altre distribuzioni basate su Ubuntu, prima tra tutte Linux Mint, ricavate modificando l'ultima versione di Ubuntu. Del resto a sua volta lo stesso Ubuntu è un derivato di Debian. Si può dire insomma che Ubuntu è della co-munità, così come è un bene di tutti. Quindi anche se in un futuro dovesse veni-re a mancare Canonical, Ubuntu non morirebbe ma potrebbe essere ancora svi-luppato dalla comunità e da qualche altro “dittatore benevolo”.

Tuttavia il lavoro che Canonical compie per Ubuntu è molto importante, aiuta la comunità infatti anche operando accordi con i produttori per un miglior supporto hardware. Canonical è un'azienda ibrida e guadagna, oltre che da ser-vizi per le imprese, anche da prodotti commerciali. Offre infatti anche un servi-zio di cloud computing, tra cui possiamo inserire il servizio multipiattaforma freemium UbuntuOne, con versione free da 5GB di spazio di memoria, una versione avanzata con 20GB a 2,99 dollari al mese, e infine un'altra da 20GB con possibilità di music streaming a 3,99 dollari al mese. Canonical ha inoltre in-tegrato nel software center, l'UbuntuStore. Le distribuzioni linux spesso, se è già presente, hanno installato un software per la gestione dei pacchetti. In debian, per la gestione dei pacchetti .deb, famosissimo è Synaptic che permette di instal-lare e disinstallare tutto il software open source con un clic. Per chi non ha di-mistichezza con linux, Synaptic, può essere visto come una sorta di App Store per l'iPhone e l'iPad. Molte distribuzioni hanno un software center, come Ubun-tu (Synaptic comunque, se si vogliono funzionalità avanzate, può essere benissi-mo installato dallo stesso software center). Quindi il software center comprende anche l'UbuntuStore con software e magazine a pagamento. Sono infatti soprat-tutto presenti molti videogame e riviste, in primis Linux magazine, Android User, ecc. Vi è anche ovviamente Full Circle Magazine italiano e internazionale. Vi è poi anche l'UbuntuOne Music Store, una sorta di iTunes di Canonical, a cui si può accedere dal riproduttore multimediale open source Banshee, dal quale è

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visitabile anche il negozio mp3 di Amazon.

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Modello Freeconomy di Canonical

Canonical

UbuntuOne base(gratis)

Molti consumatori

UbuntuOne premium(a pagamento)

Consumatore

$$$Ubuntu

Comunità

Servizi(a pagamento)Ubuntu Store,

Sviluppatori,musicisti,

Scrittori, ecc

$$$

SupportoAmatori

Attenzione,reputazione,ecc.. .

Fig. 2

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Bibliografia primo capitolo

Anderson, Chris; 2009, Gratis, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, Trebaseleghe (PD), 2010.

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2. Le comunità online

2.1 Cos'è FCM e che strumenti usa

Full Circle Magazine, chiamato in modo abbreviato anche FCM, è un magazine internazionale indipendente dedicato alla comunità Linux Ubuntu, pubblicato sotto licenza Creative Commons CC BY-SA 3.0 sul sito ufficiale Fullcirclemagazine.org, dove può essere scaricato da chiunque. È tradotto in in-glese, cinese semplificato, tedesco, francese, ungherese, italiano, polacco, russo, spagnolo, indonesiano, galiziano, greco, portoghese, norvegese, persiano, ceco-slovacco, danese e turco. Tratta, com'è ovvio, di tutto ciò che riguarda il sistema operativo Linux Ubuntu e del software opensource. È mensile. Il primo numero è stato pubblicato il 07 giugno 2007, anche se esiste un numero speciale zero del 14 aprile del 2007 che parla della storia delle versioni di Ubuntu. Al momento di questa trattazione, l'ultimo numero è il 57. FCM ogni tanto pubblica degli spe-ciali. Ricordiamo lo speciale sulla programmazione in Phyton, un linguaggio di programmazione aperto, e l'ultimo, lo speciale su Scribus, un software di desk-top publishing opensource, utilizzato anche dallo stesso team FCM per impagi-nare la rivista. Il magazine esce in versione Pdf ed eBook.

L'oggetto del nostro studio sarà la comunità italiana di traduzione di FCM, la quale è parte della comunità italiana Ubuntu, questa, a sua volta, parte dell'ancor più vasta comunità internazionale di Ubuntu. Ubuntu a sua volta è supportato da un'organizzazione, Canonical, che opera in un contesto di econo-mia ibrida, freeconomy e crowdsourcing. Abbiamo chiamato il gruppo di tradu-zione FCM, comunità. E ciò perché rispetta, come mostreremo, i requisiti della definizione operativa che Jenny Preece dà di comunità online.

Prima però di illustrare gli odierni studi sulla definizione di comunità on-line, su cui peraltro non abbiamo l'intento di essere esaustivi, illustriamo breve-mente l'organizzazione attuale e gli strumenti che il gruppo italiano di FCM uti-lizza. Questi ultimi sono mailing-list, wiki, blog, Irc, i servizi di Google, come GoogleDoc e Calendario, e “Launchpad” (https://launchpad.net), una piatta-forma creata da Canonical per la collaborazione software, che facilita quindi la

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segnalazione dei bug, lo sviluppo, la traduzione, l'hosting dei sorgenti, e così via. In Launchpad la comunità italiana di Ubuntu, così come il gruppo italiano FCM ha la sua pagina (https://launchpad.net/~ubuntu-it-magazine) dove sono illu-strati i membri stabili e i nuovi membri che hanno fatto richiesta di member-ship. Con le regole attuali, bisogna collaborare continuativamente per sei numeri per entrare a far parte dei membri stabili. A tutto ciò si aggiungono i software per l'editing materiale della rivista che sono Scribus per il Pdf, Sigil per la versio-ne per eBook reader e Audacity per l'audiolibro. Gli impaginatori per condivide-re i file utilizzano Dropbox, un servizio di cloudstoring. Daremo nella nostra trattazione per scontato la conoscenza di cosa siano questi strumenti e delle loro caratteristiche. Esistono infatti ampissime e numerosissime trattazioni sul-l'argomento. Cercando su Google si possono inoltre trovare amplissime risorse a proposito dei software e dei servizi usati dalla comunità. Descriveremo quindi solo il loro uso da parte del gruppo attraverso l'analisi delle attività svolte nelle varie circostanze temporali.

Per quanto riguarda l'organizzazione delle attività faremo riferimento alla sua pagina wiki (http://wiki.ubuntu-it.org/Fcm). Il gruppo FCM, differenzia i suoi membri in traduttori, revisori, impaginatori pdf e impaginatori eBook. Si può essere contemporaneamente traduttori, revisori e impaginatori se se ne hanno le capacità. Il gruppo supporta molto anche coloro del gruppo che vogliono impa-rare fornendo manuali e risorse sui vari software di impaginazione nel wiki e su Dropbox, così come un membro del gruppo, Aldo Latino, ha messo su youtube dei tutorial che spiegano come impaginare la rivista con Scribus. Vi sono anche piccoli progetti collegati come l'audiolibro, curato da Paolo Rotolo, e l'applica-zione android per leggere la rivista, sviluppata da Mirko Pizii con debugging da parte degli “androidiani” del gruppo.

Come si procede quindi con i lavori? Anzitutto l'amministratore wiki in-serisce i contenuti del nuovo numero, nella pagina edizione del wiki, in una ta-bella, e, l'amministratore Dropbox, i sorgenti scribus in una cartella condivisa dagli impaginatori. Chi vuole tradurre inserisce il proprio nome e cognome nella casella corrispondente all'articolo scelto e, nella seconda casella della riga, inseri-sce il simbolo “in lavorazione”. Una volta finito di tradurre, postata la traduzio-ne nella relativa pagina, modifica il simbolo dello stato traduzione in “completa-ta”. Chi vuole revisionare l'articolo inserisce il proprio nome e cognome nella relativa riga dopo la colonna di stato traduzione, anche se ancora nessuno ha in-serito il suo nome per la traduzione. Inserirà il simbolo “in lavorazione” appena mette mano alla traduzione. Una volta finito, inserisce anche qui il testo revisio-nato nell'apposita pagina dell'articolo sotto il relativo spazio per la revisione. Dopodiché la palla passa a chi impagina che metterà il suo nome nella relativa riga. A differenza delle altre due fasi precedenti, qui l'impaginatore dovrà mette-

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re “in lavorazione” esclusivamente quando solo lui ci sta effettivamente lavoran-do e toglierlo quando non ci lavora più. Non possono infatti più persone lavo-rare sul file contemporaneamente per ovvi motivi, vanificandone il lavoro reci-procamente.

Nella tabella in alto ci sono le date entro cui si deve tradurre, revisionare, impaginare e fare il debugging collettivo dell'alpha e della beta prima della pub-blicazione definitiva.

Come si vede il gruppo è organizzato come una catena di montaggio. L'articolo segue delle fasi standardizzate e predeterminate, anche temporalmen-te, passando di mano in mano fino al prodotto finale. La correzione della bozza alpha e beta è l'unica molto più disordinata ed è uguale al debugging del soft-ware open source. Alle volte questo debugging si estende infatti anche oltre al gruppo; sono capitate, anche se non spesso, segnalazioni di bug da parte dei let-tori. Segnalazioni che vengono prontamente corrette nel pdf già pubblicato.

Uno strumento importantissimo è la mailing-list, il cui archivio, a cui fa-remo riferimento nella nostra trattazione, può essere consultato, prima del no-vembre 2007 su http://www.freelists.org/archive/ubuntu-l10n-it, dopo questa data, su http://liste.ubuntu-it.org/pipermail/ubuntu-it-fcm. I messaggi sono di-visi per anno e mese e possono essere ordinati per membro, data, argomento. Dalla mailing-list passano tutte le discussioni dei membri, i dubbi sulle traduzio-ni, le discussioni sulle attività, le votazioni, anche post scherzosi e off-topic, ecc... Il gruppo usa anche un canale Irc (internet relay chat) #ubuntu-it-fcm sul server irc.freenode.net per le riunioni importanti, ma queste non sono molto frequenti. A volte la usa anche chi volesse parlare in modo contemporaneo, al-cuni membri infatti sono spesso presenti in Irc, ma comunque ciò non è mini-mamente paragonabile all'uso della mailing-list dove passa la quasi totalità del traffico di discussione del gruppo.

Il gruppo ha dei ruoli al suo interno. Questi vengono illustrati nella se-zione “gruppo” del wiki. Al momento attuale, gli amministratori degli strumenti sono Cristiano Luinetti e Marco Buono per Launchpad, mailing-list, wiki e blog, con la collaborazione per il wiki di Alessandro Losavio e Paolo Garbin, il quale aiuta anche per mailing-list, irc e calendario attività. Mirko Pizii e Giulio Tani sono collaboratori per quanto riguarda il blog. Amministratore del calendario attività e di Dropbox è Aldo Latino. Poi ci sono le cariche inerenti alle attività. Coordinatori della rivista sono Cristiano Luinetti e Marco Buono, così come per l'impaginazione. Ebook/DjVu, Aldo Latino. AudioLibro, Paolo Rotolo e Marco Buono. Della traduzione del libro di Jono Bacon, un progetto secondario, Davi-de Miceli e Marco Buono.

Per quanto riguarda invece l'accesso, al momento attuale, il nuovo mem-bro deve iscriversi alla mailing-list del gruppo e seguire le procedure su Launch-

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pad per la firma del codice condotta. Una volta fatto ciò sceglie un articolo, lo traduce e un revisore più esperto ne controlla la correttezza. Se vuole impagina-re, impagina un articolo e qualche altro impaginatore controlla la correttezza del lavoro. L'accesso è libero a chiunque voglia partecipare.

Dal 22 maggio 2011 è inoltre presente anche il blog del gruppo FCM Italia. Scrive Marco nel discorso d'apertura: “Vi comunichiamo che... È con grande piacere, con immensa soddisfazione, con smisurato ed incontenibile appaga-mento che Full Circle Magazine Italiana, apre il suo blog all'indirizzo: http://fc-mit.wordpress.com/. Questa nuova sfida vuole essere un punto d'incontro, di unione, di condivisione ulteriore tra tutti i collaboratori ma, soprattutto, imple-mentando statistiche, dibattiti e feedback, un punto di incontro tra noi che lavo-riamo 'dietro le quinte' del Magazine e il lettore che sarà libero di scriverci consi-gli, proposte e quant'altro! Legando il nostro blog alla miriade di blog presenti in internet in lingua italiana che trattano informatica e, più precisamente di Ubuntu e linux, vogliamo pubblicizzare il nostro lavoro in maniera ancora più incisiva per far in modo che chiunque si possa sentire libero di scaricare la no-stra amata rivista in completa autonomia! Il blog è tuttora in fase di implemen-tazione e per il momento non è stato ancora aggregato a nessun altro blog o sito internet! Volevamo e dovevamo prima condividere Il nostro entusiasmo con chi, quotidianamente, collabora a questo fantastico progetto e dedica parte del proprio tempo a fare in modo che chiunque parli la nostra lingua possa ac-cedere e leggere facilmente anche Full Circle Magazine ricco di informazioni sia di carattere tecnico sia di tipo meno impegnativo! Grazie ragazzi!”.

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2.2 Cos'è una community online

Le due studiose Jenny Preece e Diane Maloney-Krichmar, in una specia-le sezione tematica del Journal of Computer-Mediated Communication sulle comunità online, sostengono quanto sia difficile dare una definizione precisa di comunità on line. Per le persone possiede sempre diversi significati, venendo infatti le co-munità denominate spesso con lo stesso nome del tema o dei membri che han-no per oggetto o della piattaforma tecnologica sulla quale si appoggiano (nel nostro caso, ad esempio, si utilizza per chiamare la comunità il termine “FCM Italia”). I “guardiani” che mantengono attualmente la definizione di “communi-ty” sono sociologi, psicologi e antropologi, attraverso però cinquant'anni di continua revisione del concetto. Le passate definizioni del concetto sono state basate su ristretti gruppi in singole località, che divennero sempre più inadegua-te “man mano che lo sviluppo dei moderni sistemi di trasporto e telecomunica-zione incrementava la mobilità dell'individuo e riduceva i costi di comunicazio-ne a distanza” [Preece, Maloney 2005]. Internet infatti permette di creare vere e proprie comunità on line senza bisogno che i membri si incontrino faccia a fac-cia. Quindi la comunità non utilizza come piattaforma di interazione la realtà fi-sica ma gli strumenti che internet mette a disposizione [Roversi 2004: 117]. Data questa crescente inadeguatezza del termine, si è cercata allora una continua ridefinizione del concetto, ritenendo non più fondamentale la vicinanza fisica ma, al contrario, il tipo e lo spessore dei legami tra persone [Preece, Maloney 2005]. Per trovare una strada alternativa al dibattito scientifico, studiosi hanno seguito l'approccio della Network Analysis, al fine di evitare il concetto di comu-nità, analizzandone i componenti che la costituiscono, i legami sociali [Jankow-ski 2006: 45].

Uno dei primi e più autorevoli studiosi che si sono occupati delle com-munity online è stato Howard Rheingold, il quale mostra come le comunità on-line non sono da intendersi come qualcosa di totalmente diverso, distaccato e separato dal mondo fisico ma i membri fanno tutto quello che farebbero allo stesso modo che in comunità del mondo reale, eccetto l'assenza di contatto fisi-co ovviamente. La comunità online può essere vista quindi per Rheingold come

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una prosecuzione del mondo reale e non come un mondo a sé stante [Rhein-gold 1993]. Risulta abbastanza concorde da parte degli studiosi il fatto che le comunità online nella maggior parte dei casi non si esauriscono solo online ma esistono anche nel mondo fisico, “molte hanno componenti fisiche off-line. Al-tre iniziano come comunità faccia-a-faccia e poi in parte o tutta la comunità mi-gra sui media digitali, o viceversa, membri di una comunità online chiedono di incontrarsi faccia-a-faccia” [Preece, Maloney 2005].

Roversi definisce le comunità virtuali come “luoghi di incontro di perso-ne con gli stessi interessi e passioni e che si avvalgono dell'ausilio della Rete per comunicare in modo sufficientemente continuativo e intenso” [Roversi 2004: 121]. Inoltre l'autore riferisce che “la realtà digitale condivisa da più persone che interagiscono tra loro mediante le conversazioni a distanza crea e sollecita il bi-sogno di conferire una coerenza e una stabilità a questa realtà, dotandola di sen-so, esattamente nello stesso modo in cui si creano le regole della convivenza so-ciale. Ed è proprio il senso di appartenenza che rende le comunità virtuali un fe-nomeno particolare, se non unico. Ma non è sufficiente un gruppo di individui che si connettono alla Rete per definire una comunità virtuale: la collaborazione deve essere intenzionale e finalizzata a creare qualcosa di nuovo e di superiore alla somma dei contributi individuali”.

La studiosa Jenny Preece fornisce in On Line Communities una definizione operativa di comunità on line. Una comunità, sostiene, è composta, da persone che hanno interazioni sociali al fine di soddisfare i loro bisogni oppure speri-mentare ruoli particolari, accomunati da uno scopo comune, di qualunque tipo esso sia, delle norme “in forma di taciti assunti, rituali, protocolli, regole, e leggi che guidano l'interazione della gente”, e infine sostenuta da sistemi informatici che permettono la comunione dei membri [Preece 2000: 9-10].

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2.3 Le origini del gruppo FCM

Prima di addentrarci nell'analisi vediamo come ha avuto origine il grup-po Fcm all'interno della Comunità italiana di Ubuntu.

Un informatico di Trieste, ma da molti anni residente a Pordeno-ne, di nome Paolo Garbin decise nella primavera del 2007 (la data non si sa con certezza) con un suo amico di tradurre la rivista Full Circle Magazine in italiano seguendo le indicazioni che Ronnie, il curatore dell'edizione internazionale, ave-va dato sul wiki della rivista. I dati sui primi battiti di FCM italia sono molto frammentari. Come ci ha spiegato lo stesso Paolo: “Io e un altro amico aveva-mo deciso di sostenere l'impegno di tradurre la rivista, seguendo quanto Ronnie aveva scritto nel progetto FCM. Dopo aver iniziato in proprio a impaginare con Scribus, inviandoci il file .sla via mail (tra me e il mio amico), successivamente ci siamo avvicinati alla Comunità di Ubuntu-it. Io ho preso i contatti con Acquari-ca (alias Antonio Piccinno) e da lì è partita la cosa, contattando successivamente Gwaihir (Milo Casagrande) che era già nel Consiglio. In quella data non era sta-to dato ancora l'ok per creare il progetto 'gruppo FCM' sul wiki. Una volta par-titi con il progetto FCM, abbiamo creato le prime pagine sul wiki (grazie a Qua-drispro) e ci siamo inseriti nell'esistente ML del gruppo traduzione per passare le traduzioni e le modifiche da apportare sull'impaginato”. Le prime discussioni tra Paolo e Antonio avvennero in un forum, al quale i due non riescono più a ri -salire. Da lì il progetto coinvolse il gruppo Ubuntu traduzione.

Il 29 maggio del 2007, alle tre del pomeriggio spaccate Maurizio Morico-ni, un amministratore di sistemi informatici di Roma dal nickname BugMaN, aprì un thread dal titolo “Traduzione Ubuntu Magazine” nella mailing list del gruppo traduzione di Ubuntu, del quale era il coordinatore. Il post recitava: “Vi-sto che di traduzioni imminenti non ce ne sono, se qualcuno è interessato sareb-be carino avere a disposizione la rivista tradotta: https://wiki.ubuntu.com/UbuntuMagazine/TranslateFullCircle. Che ne pensa-te??”. La pagina a cui si riferiva BugMaN era una sezione del gruppo FCM in-ternazionale sul wiki Ubuntu che spiegava, a chi volesse partecipare, come fare per localizzare il magazine nella propria lingua.

Cinque minuti dopo rispose un altro membro, Flavia Weisghizzi, “Se-

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condo me è un'ottima idea... Io sto incasinata ancora per un paio di settimane, poi mi darò davvero da fare... ringraziando il cielo mi è arrivato un po' di lavoro, ma il più è fatto... A presto”. E poi Alessio Treglia “ok! vedo di poter fare qual-cosa, l'idea è interessante ;)”. La mattina dopo Massimiliano Zagaglia chiese “Qualcuno sa dove si possono trovare i font usati da Ubuntu Magazine?” a cui replicò Milo Casagrande “Se usano l'Ubuntu title lo si trova sul wiki di Ubuntu, non so ora se la versione sia anche quella con gli accenti, comunque da qualche parte c'è... Per gli altri caratteri non saprei... meglio chiedere..”. “Grazie. Chiedo subito... forse riesco a ritagliare un po' di tempo ai miei impegni per tradurre la rivista...” rispose Massimiliano. Un altro membro, Nicola Cappellini, intervenne: “Penso che l'editore, Ronnie, abbia le fonti. si traduce con scibus. qualcuno ha mai usato il programma?”.

Massimiliano allora contattò Ronnie e nel pomeriggio, alle 17:05, postò il messaggio “L'ho contattato e mi ha detto dove recuperarle. Nel weekend mi butto sulla traduzione... se ho bisogno d'aiuto vi scrivo :-) Scribus l'ho usato po-chissimo ma spero di non avere problemi...”. Nicola Cappellini scrisse: “Sto la-vorando con Ronnie sulla prossima pubblicazione. Forse per Luglio ci potrebbe essere un articolo sui traduttori italiani. ;-) che ne pensate di fare qualche inter-vista?”. Alle 19 anche Flavia confermò “Secondo me è un'ottima idea. Se posso dare una mano nella redazione dell'articolo, consideratemi disponibile...”. Nicola propose “Io penso che sarebbe facile a mandare un email con delle domande, forse...10? 15? ognuno potrebbe rispondere a ciò che vuole (con un massimo di X parole). dopo, un altro potrebbe scegliere risposte interessanti per l'ultima presentazione”.

Undici giorni dopo, l'11 giugno, Maurizio Moriconi fece una proposta ai membri del gruppo postando una griglia ASCII dove collocare il proprio nome: “Ho letto un po' le varie risposte e visto che è uscito il numero 1 della rivista vorrei porre un mini-censimento per vedere quante persone sono disponibili (ovviamente + siamo e - lavoro c'è da fare). Io e Milo ci possiamo occupare del-la revisione (altro tempo non lo abbiamo purtroppo)”.

Il 12 giugno Maurizio fece il punto sulla situazione:

Allora cerchiamo di fare un sunto:

== Elenco Persone disponibili ==

* Dario Cavedon

* Nicola - Non ho troppo tempo disponibile, ma posso tradurre l'intervista.

* Flavia - Non ho moltissimo tempo, ma una mano la posso dare anche io

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* acquarica - le due pagine (40-41) dei giochi le posso fare io...

* Massimiliano Zagaglia

* Devid Antonio Filoni

Io direi a questo punto di vedere la procedura per la traduzione di un

numero:

1. Install the latest version of Scribus (as I write this, it is 1.3)

2. Download the relevant tar file below. It contains all the files

for that particular issue of the magazine.

3.Notify either [MAILTO] admin@xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx or [MAILTO]

mrmonday@xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx that you want to translate the magazine,

which language you are translating it into and they will register you

with our collaboration software which keeps us organised.

4. Once the translation is done, export the magazine as a PDF file.

5. Upload the PDF and a tar file of the translation to the relevant

project in the collaboration software.

We will then place the PDF file on the full circle web site for download

and announce it where necessary.

NOTE: please DO NOT translate and release through other websites without

releasing it to us first!

Quindi direi che serve cmq un coordinatore che gestisce la cosa e si

occupa di fare da collegamento col team ufficiale.

Chi se ne vuole occupare?

Avevo letto nei messaggi precedenti che Massimiliano aveva contattato

già qualcuno per la traduzione, giusto??

Inoltre possiamo usare la pagina [2] del wiki per dividerci i vari compiti.

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Bella!

BugMaN

[1] https://wiki.ubuntu.com/UbuntuMagazine/TranslateFullCircle

[2] https://wiki.ubuntu.com/UbuntuMagazine/TranslateFullCircle/Italian

Intervenne poi Devid: “Piccola domanda: Scribus nei repository italiani è alla versione 1.2.5 e non apre i file .sla di full circle magazine. Come procedia-mo?” e Flavia che sostenne di non aver capito nulla. Nel frattempo Dario disse che sarebbe stata un'ottima idea, come aveva detto BugMaN, usare la pagina wiki “https://wiki.ubuntu.com/UbuntuMagazine/TranslateFullCircle/Italian” per dividersi i vari compiti: “Mi pare una buona idea, già gli altri team lo fanno!”. A Devid rispose Maurizio BugMaN, “Si scribus è alla 1.2.5 ma i .sla do-vrebbe aprirli, nel caso serva si puo' aggiornare scribus dai loro repository come spiega qui: http://www.scribus.net/index.php?name=Sections&req=viewarti-cle&artid=4&page=1. Fammi sapere se con la versione nuova almeno apre i file”, così come alla confusione di Flavia “In parole povere per tradurre la rivi-sta serve Scribus che è un programma di desktop publishing (un po' come pu-blisher su winzoz). I sorgenti (i file di scribus su cui tradurre) sono reperibili per il numero 1 a questo indirizzo: https://wiki.ubuntu.com/UbuntuMagazine/TranslateFullCircle?action=Attach-File&do=get&target=issue1.tar.gz. Stiamo vedendo che versione di scribus ser-ve perchè hanno segnalato che con la 1.2.5 non si aprono i file”. Al ché Flavia rispose: “Ok! Grazie mille! Resto poi in attesa di sapere cosa tradurre... ma cre-do sia meglio prima riepilogare quanti diamo la disponibilità”. Devid Antonio Filoni nel frattempo confermò che “La versione 1.3.3.9 di Scribus, apre i file”. Acquarica disse: “Se qualcuno dovesse avere dei problemi ad installare Scribus 1.3.3.9: X Ubuntu Feisty aggiungere il repository deb http://debian.scribus.net/debian/ feisty main non-free e poi installare da sy-naptic”. Seguì ancora Flavia: “Mi piacerebbe, se possibile, tradurre le due pagine di news, pagg 4 e 5. Mi dite se può andar bene? Per Bugman: scusa per ieri ma c'è stato un attimo di panico. Comunque ho visto quella pagina però mi stupivo del fatto che non ci fosse scritto nulla, solo una tabella vuota. Grazie comunque dell'attenzione”. Dario Cavedon domandò “Quando chiudiamo il poll per i vo-lontari alla traduzione? Mi sembra che ormai ci siamo tutti. Una volta che abbia-mo tutte le adesioni, possiamo cominciare a lavorarci su... a cominciare dall'ag-

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giornare il wiki relativo e dividerci i compiti sul modello (per esempio) del team spagnolo. Che ne dite?”. Nicola propose a Flavia: “se ne hai voglia, scambiamo i nostri compiti. Puoi fare tu l'intervista, e io le pagine di news?”. Devid chiese di farsi dire una o due pagine che potesse tradurre, così da evitare che ognuno tra-ducesse le pagine degli altri. Inoltre disse che pensava che fossero necessari altri collaboratori: “non è mica un lavoro di niente e molti di noi hanno poco tempo e più siamo meglio è”. Flavia: “Per me non c'è particolare problema, qualsiasi pagina va bene. Vorrei solo evitare come prima traduzione pagine tecniche. per questo avevo pensato alle news, ma quale che vi pare va bene”. Il giorno se-guente, il 15 giugno, Dario Cavedon spronò il gruppo, “Che dite di partire con la traduzione? Su questo progetto siamo un po' fermi... Maurizio, sei tu il leader, possiamo partire?”. Al ché rispose Acquarica “sinceramente io sto gia traducen-do... vabbe vi aspetto... :) comunque apparte gli scherzi vediamo il da farsi...”. E Dario: “Ottimo! Perché non cominci a usare il wiki??? https://wiki.ubuntu.-com/UbuntuMagazine/TranslateFullCircle/Italian. Anch'io volevo cominciare, approfittando del prossimo week end. Se segni cosa stai traducendo io poi mi dedico al resto (e così anche tutti gli altri traduttori!)”, con la risposta di Acqua -rica “ok... appena posso scrivo cosa sto traducendo...”. Intervenne il coordina-tore del gruppo:

Ho visto che gli spagnoli utilizzano il Wiki anche per la traduzione.

Se qualche anima pia inizia a buttar giù il testo in inglese su una pagina

wiki sarebbe l'ideale.

Io per il weekend sto incasinato pero' vedrei a questo punto la cosa così:

- Una persona si occupa di aprire il file originale e travasare il testo sul wiki dividendolo in sezioni per pagine o argomento

- I traduttori si prenotano pezzetti di traduzione e la traducono

- Una persona (può essere anche la prima) si occupa di prendere le traduzione e buttarle sull'originale

- Una persona invia il tutto dove va inviato.

Che ne pensate?

Qui non dovrebbe servire un leader (come da altre parti). Basta decidere la procedura

e poi chiunque vuole può tradurre/contribuire. Sbaglio??

Cmq iniziate intanto a tradurre che non fa male :)

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Ciao

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Maurizio Moriconi

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- System Administator -

- Test Center ECDL & EUCIP -

- Universita' di Roma "La Sapienza" -

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Ubuntu Italian Translator

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D'accordo sulla procedura Acquarica disse “credo che sia questa la cosa migliore da fare..” ma seguito da un altro post con la domanda “ma per wiki in-tendi quello italiano (e quindi la creazione delle pagine) o facciamo tutto su quello inglese?”. Sul fatto che gli spagnoli usavano il wiki anche per la traduzio-ne, Dario Cavedon era convinto come sostenne che fosse un'ottima idea e sul-l'intervento nel wiki da parte di qualcuno, Dario disse di vedere che poteva fare lui nel weekend. Sulla domanda di Acquarica, intanto Maurizio rispose “Su quel-lo italiano abbiamo più poteri per poter cancellare/rinominare pagine. Pero' è indifferente”. Acquarica mandò un altro post: “io sto creando il gruppo sul wiki internazionale... andate e mettete il vostro nome nella tabella nella pagina relati -va a cosa volete fare... Maurizio la mandi tu una mail a loro per comunicare che stiamo iniziando la traduzione? io con l'inglese non ci so fare... :) fammi avere notizie”. Flavia: “Per me è tutto ok, vi seguo con attenzione... Ora per quanto mi riguarda visto che non siamo molti io posso fare le interviste e anche le news, ma ditemi voi. Purtroppo non ho sottomano la mia mail precedente, quindi non mi ricordo chi mi aveva chiesto di scambiare le news x gli articoli... Prima di cominciare vorrei avere un cenno...Sapete che faccio casini di organiz-zazione. Aspetto notizia. Buona lavoro a tutti!”. A conclusione della serata l'in-tervento di Acquarica, “ci sono grosse novità... ma ve ne parlo domani... è tar-di.. :)”. Il giorno dopo intanto un altro membro, Filippo, alias Guglielf, aggiunse alla risposta che aveva dato il giorno prima Maurizio ad Acquarica che “su wi-ki.ubuntu.com non c'è alcuna limitazione alla cancellazione/rinomina delle pagi-ne, quello limitato è help.ubuntu.org”. Quindici minuti dopo Acquarica scrisse :“capito... appena posso sposto la pagina dal wiki italiano a quello inter-nazionale.... ufff...”. Si scusò allora Filippo: “acquarica, la mia mail voleva essere propositiva/informativa, non vi stavo certo ingiungendo di spostarvi di là ;) mi pareva più razionale visto che era già tutto predisposto, senza dover creare un

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fork temporaneo sul nostro wiki...”. L'ultimo post del thread “Traduzione Ubuntu Magazine” fu quello di Acquarica: “guglielf non ci sono problemi a spostarci di la... io sono d'accordo con te e perciò stavo ritenendo giusto spo-starci la.. :)”.

Ciò è quanto emerge dall'archivio della mailing list del gruppo traduzio-ne Ubuntu su Freelist.org (http://www.freelists.org/post/ubuntu-l10n-it/Tra-duzione-Ubuntu-Magazine). Come si vede il gruppo di traduzione italiano di FCM nacque come una costola del più vasto gruppo traduzione di Ubuntu. Sempre in merito alle origini, raccogliamo una dichiarazione scritta da Paolo Garbin in un articolo sulla comunità italiana di traduzione della rivista, dove spiega: “Dopo l'uscita dei primi tre numeri tradotti, abbiamo ricevuto l'invito a portare questo progetto all'interno della comunità italiana di Ubuntu-it, creando di fatto il 'gruppo FCM'. Da quel momento la traduzione dei numeri della rivi-sta è notevolmente migliorata grazie al significativo apporto di tutti gli amici che hanno fatto parte di questo gruppo. Qui sono nati tutti gli accorgimenti, le tec -niche e i metodi usati ancora oggi per tradurre, revisionare ed impaginare que-sto bellissimo mensile. Il resto di quanto è stato fatto è... storia!”.

Secondo quanto ci racconta Aldo Latino, “Il primo referente 'de facto' (nel senso che, per quanto io ne sappia, non c'è stata mai una 'investitura ufficia-le') è stato Milo Casagrande: lo puoi considerare dall'inizio del progetto di tra-duzione fino all'8 giugno 2008. In quel giorno Milo dà le dimissioni e al suo po-sto egli stesso propone Paolo Garbin”:

Ciao a tutti,

è da un po' che non riesco a seguire bene i lavori di traduzione di FCM

e nemmeno i lavori del gruppo FCM stesso.

Assieme a Paolo Garbin ho deciso di lasciare il ruolo di referente del

Gruppo FCM a lui ma per essere ufficiale ci deve essere l'approvazione

del gruppo stesso (è una nuova, diciamo, "procedura", che verrà

ufficializzata con la prossima riunione del Consiglio, ma dato che ci

siamo, meglio metterla subito in pratica).

Se non siete d'accordo con la nomina e/o volete proporre anche qualcun

altro per poi fare un votazione, potete farlo tranquillamente

rispondendo a questo messaggio. Se non ritenete ci siano problemi,

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Page 53: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

lasciate pure un +1 sempre in risposta a questo messaggio.

Grazie a tutti!

PS: mettetemi in CC quando rispondete, sono iscritto, ma non ricevo i

messaggi. Grazie! :)

“In data 19 marzo 2010” prosegue Aldo “Paolo lascia la guida del gruppo, sen-za però indicare un referente”:

Ciao a tutti,

è da molto tempo che il sottoscritto non scrive su questa lista e anche

che non mette più mano in modo sostanziale all'edizione 'mensile' in

traduzione.

I motivi che mi hanno tenuto distante dal NOSTRO gruppo di lavoro sono

esclusivamente privati e riguardano la mia persona e la mia famiglia. Le

cose che ho dovuto affrontare e sostenere si dilungavano sin dall'agosto

scorso e ora sono in via di soluzione.

Inizio a vedere la 'fine del tunnel' dei miei problemi, con grande

speranza.

Non sono qui a parlarvi dei miei problemi ma bensì a cercare tra di voi

una o più persone che intendano prendere con giusta causa e buona

volontà il mio posto, in quanto ho deciso (dopo qualche settimana di

ripensamenti ed indecisioni) di cedere il posto ad un'altra persona che

possa continuare nell'opera da me iniziata qualche anno fa.

Non vi elenco quali siano i posti che attualmente occupo in questo

gruppo, in quanto sono noti a tutti.

Sono intenzionato a lasciare anche gli altri gruppi di lavoro di

Ubuntu-it, in quanto la mia attuale condizione non mi permette di dare

il meglio (o anche il minimo indispensabile...) per portare avanti

qualsivoglia progetto della comunità.

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Page 54: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

Sento la necessità di DOVER riposare per un pò e 'staccare la spina' dal

mondo informatico, dedicando il mio tempo alla mia persona e alle

persone che mi vogliono bene.

A questo punto chiedo a tutti voi, membri stabili e collaboratori, di

trovare tra di voi la persona più giusta che mi possa sostituire tra

breve. Non intendo 'mollare la presa' di colpo, ma vi accompagnerò

ancora per un pò nei lavori, aiutando tutti coloro che intenderanno

impaginare con Scribus, capire come funziona Launchpad per il nostro

gruppo e nelle altre operazioni mensili da svolgere per far funzionare

il nostro progetto.

Ho letto continuamente quanto avete scritto qui sulla ML e sono proprio

soddisfatto di aver visto quanto lavoro i nuovi candidati e ALCUNI

membri stabili abbiano continuato a fare, dietro la GRANDE GUIDA e

CONTROLLO del mio grande amico Aldo, che non ringrazierò mai abbastanza

per quanto ha già fatto.

Non intendo dilungarmi sulla questione, ciò che volevo dire l'ho scritto

e non desidero altro.

Se volete avere altre informazioni sulla mia scelta, scrivetemi in

privato e non qui in ML; vi ringrazio in anticipo.

Un saluto a tutti e ancora buon lavoro.

Paolo

“Il 21 marzo 2010 io propongo Dario Cavedon, che accetta” conclude Aldo. “Questa l'email in cui propongo Dario:”

Come avete letto in lista, il buon Paolo Garbin ha dato le dimissioni da

responsabile del gruppo e, speriamo di no, anche da membro.

Bisogna quindi procedere all'indicazione di un nuovo responsabile, con i

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compiti di coordinatore delle attività e di rappresentanza verso il

Gruppo padre, cioè il Gruppo Traduzione [1].

Ho pensato di indicare Dario per questo compito, perché fra di noi è

quello più partecipe alle attività di Ubuntu Italia, molto attivo nei

Gruppi Traduzione, Promozione e credo anche Web (se ho dimenticato

qualcosa, aggiungi tu, Dario!).

Cosa ne pensate? Siete d'accordo?

Io continuerò a supportare il nuovo responsabile, così come già facevo

con Paolo, nel pochissimo tempo che ormai ho a disposizione.

[1] http://www.ubuntu-it.org/uploads/images/struttura_com.png

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2.4 Come la motivazione di gruppo incide nelle comunità online

Prima di chiederci come influisce la motivazione all'interno delle dinami-che delle comunità su internet e quali sono le motivazioni per le quali la gente vi entra a far parte, è necessario capire cos'è la motivazione.

Lo studio della motivazione è stato uno dei temi più importanti e più af-frontati dalla psicologia in generale, nonché dalla più particolare psicologia del lavoro e dell'organizzazione. La motivazione infatti è stata da sempre considera-ta uno dei più importanti elementi che influiscono sul comportamento degli in-dividui e che contribuiscono a spiegarlo seppur, precisando, in modi che non si devono intendere come deterministici. Per le organizzazioni è fondamentale mantenere alta la motivazione dei componenti al loro interno per raggiungere gli obiettivi che si propongono. Stesso discorso vale per le comunità on line, che anzi ancora di più dipendono la loro stessa esistenza dalla motivazione degli in-dividui nella partecipazione. Quindi cos'è la motivazione? Cortese e Viada, sin-tetizzando le ricerche di molti studiosi, riferiscono come vi sia concordia “nel-l'individuare un campo semantico in cui la motivazione viene concepita come un'energia che alimenta i comportamenti e li orienta verso una meta, e può essere analizza-ta in termini di attivazione (condizioni di avvio del comportamento), direzione (obiettivo a cui si rivolge), intensità (forza dell'investimento energetico) e persisten-za (disponibilità a insistere nel tentativo di conseguire l'obiettivo anche a fronte di difficoltà e ostacoli)”. In un ambito più prettamente organizzativo i due auto-ri citano il lavoro di Quaglino, il quale individuando condotte degli individui fi -nalizzate a svolgere determinate attività e altre finalizzate a “stare in organizza-zione”, descrive la motivazione come “un'energia che si investe sia 'nella realiz-zazione di prestazioni connesse a specifici compiti, orientata verso finalità asso-ciate ai risultati di tali prestazioni' sia 'nella relazione tra individuo e organizza-zione, orientata verso finalità di definizione e consolidamento del legame di ap-partenenza'”. Così come un'altra classificazione può essere data classificando motivazioni estrinseche, che derivano da cause esterne, per esempio una ricom-pensa, e motivazioni intrinseche, che derivano da cause interne all'individuo, ad esempio all'attività in sé anche se collocata all'interno della comunità stessa [Cortese, Viada 2008: 113-115].

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Fig. 3

Cortese e Viada analizzano le teorie che si sono concentrate a definire il contenuto della motivazione, e quelle che si sono concentrate sul processo che permette la manifestazione della motivazione, “che ne governa l'attivazione, la direzione, l'intensità e la persistenza”. Per quanto riguarda il primo tipo, i nostri autori elencano la famosa teoria di Maslow, teorizzata nel '45, secondo il quale la motivazione è costituita da due tipi di bisogni, primari, che sono necessari per soddisfare i secondi, quelli secondari, di tipo psicologico e che possono variare maggiormente da individuo a individuo rispetto ai primi. Dei bisogni primari fanno parte quelli fisiologici, orientati alla sopravvivenza dell'individuo e della specie, come può essere il trovare qualcosa da mangiare, un luogo dove stare, bisogni sessuali e così via, e quelli di sicurezza, orientati al mantenimento della propria incolumità fisica, cura dalle malattie ad esempio, o dalle bestie feroci e via discorrendo. Di quelli secondari fanno parte i bisogni di affetto, i bisogni di stima, sia prima da parte di se stessi che poi da parte degli altri, e infine i bisogni di autorealizzazione, cioè il sentirsi realizzati, il sentirsi appagati nei propri obiettivi, la ricerca della trascendenza così come la creazione artistica. Tutti que-sti bisogni, per come li abbiamo elencati, sono collocati in una scala gerarchica in ordine di soddisfazione, cioè bisogna soddisfare quelli precedenti affinché l'individuo senta importante soddisfare quelli successivi [Cortese, Viada 2008: 115-117].

Per quanto riguarda le teorie di processo illustrate da Cortese e Viada, ci-tiamo la teoria di Locke, confermata da molti studi. Questa teoria riguarda gli obiettivi, un'importante fattore che influisce sulla motivazione. Ci interesserà molto questa teoria perché è una delle tante variabili che secondo noi hanno in-fluito sul grande sprint che ha portato la comunità a recuperare il grande gap di ritardo rispetto all'uscita dell'edizione internazionale, come spiegheremo. Ciò che influenza maggiormente la motivazione sono alcune caratteristiche degli obiettivi, quali la “consapevolezza”, cioè riconoscere l'obiettivo come obiettivo,

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Persistenza Attivazione

Intensità Direzione

ENERGIA

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la “forza, ovvero il valore attribuito all'obiettivo”, “l'aspettativa di successo”, cioè la percezione che si possa portare a termine quell'obiettivo, la “specificità, ovvero la chiarezza e la vicinanza dell'obiettivo, che sollecita una migliore pre-stazione rispetto alla genericità o all'eccessiva distanza temporale”, la “difficoltà, ovvero il grado di sfida che l'obiettivo sollecita” [Cortese, Viada 2008: 121]. La teoria di Locke ha dato un grande contributo nella modalità di management, chiamata “Management by Objectives”. L'elemento interessante è che abbiamo riscontrato un uso di molti aspetti di questo procedimento di gestione dell'orga-nizzazione a fronte di un certo periodo di stagnazione dei lavori nella comunità di FCM, quindi al di fuori dai soliti contesti lavorativi, a conferma quindi che l'MBO può anche avere un'influenza nell'ottenimento di risultati positivi anche in un'economia non monetaria. Prima di spiegare ciò, quindi introduciamo il Management by Objectives, detto anche MBO. L'MBO “è un sistema che impli-ca la puntuale definizione degli obiettivi affidati a ciascun attore organizzativo, unita a un attento monitoraggio e a una sistematica valutazione, prevedendo al tempo stesso la partecipazione del dipendente a ciascuna fase di questo proces-so. Tale formula, proposta da Drucker (1954), ha trovato e trova tuttora ampia applicazione, grazie anche alla possibilità di legarsi a politiche di compensation che, a fianco della retribuzione fissa, prevedono una quota di retribuzione variabile legata alla misura in cui gli obiettivi vengono raggiunti. Tra i passaggi da com-piere per attuare una politica di MBO ricordiamo: l'individuazione condivisa degli obiettivi a partire da un confronto al quale concorrono sia i capi sia i collaborato-ri, che definiscono anche le modalità di misurazione da utilizzare per verificarne il raggiungimento; la specificazione in termini misurabili del risultato atteso, quale per esempio 'consegna del prodotto entro 24 ore' o 'aumento delle vendite del 7,5% su base annua'; l'assegnazione di un traguardo temporale entro il quale l'obiettivo deve essere raggiunto; il monitoraggio a intervalli regolari (per esempio ogni mese) se-guito da un feedback che consenta agli individui di modificare le proprie moda-lità di lavoro”. Si evidenziano inoltre due tipi di obiettivi, quelli di “contributo”, riguardanti le prestazioni del lavoratore sia dal punto di vista del risultato otte-nuto che delle “modalità di svolgimento”, e quelli di “competenza”, cioè l'otte-nimento di conoscenze e abilità rilevanti per raggiungere gli obiettivi di contri-buto, ma “tali competenze fanno parte del 'modello' definito dall'organizzazio-ne, ma non tutte hanno la stessa importanza per ogni individuo: in sintesi non si devono fissare obiettivi di crescita relativi a tutte le competenze, bensì solo per quelle realmente significative per un certo individuo in un certo momento, in funzione della posizione occupata” [Cortese, Viada 2008: 125-126].

Il 24 dicembre 2010, al momento della pubblicazione del numero 37, la rivista FCM italiana aveva accumulato un grande gap con l'edizione internazio-nale, che in quel momento era arrivata al numero 44, pubblicato il 31 dicembre.

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Ben 7 numeri indietro. Il numero 37 era stato pubblicato in inglese il 28 maggio 2010, sette mesi prima del numero italiano. Tralasciando le cause di ciò è bene analizzare la mailing-list di FCM (http://liste.ubuntu-it.org/pipermail/ubuntu-i-t-fcm/). L'8 febbraio del 2011, un utente di nome Marco Buono, invia una mail al gruppo: “Buongiorno a tutti, scrivo questa brevissima e-mail per presentarmi a tutti voi come nuovo iscritto alla vostra mailing list e su consiglio di un vostro collaboratore. Sarei lieto di potervi aiutare nella lavorazione, impaginazione e traduzione di FCM, bellissimo magazine online che ormai leggo da anni. Mi chiamo Marco e sono presente in Ubuntu dal 2008, anno in cui avevo iniziato una collaborazione per la produzione di video screencast (guide video all'instal-lazione di software Ubuntu) ma purtroppo per motivi familiari di particolare gravità sono stato costretto, mio malgrado, a 'mollare il colpo'. Ho già una mia pagina Wiki e da qualche tempo ho ripreso a collaborare con la comunità, nello specifico, traducendo guide che come vedo sono già presenti ufficialmente nel wiki (e che voi con solerzia avete già inserito nella vostra ultima newsletter). Sa-rei lieto di poter dare una mano anche al vostro progetto (FCM o altro); sono a disposizione per qualsiasi chiarimento. Buona giornata a tutti!”. Marco è di Pe-rugia, classe 1971. Il collaboratore che gli aveva consigliato di iscriversi era Cri-stiano Luinetti come si scoprirà dopo alcune mail di risposta. Assolte le proce-dure di rito, Aldo Latino, che in quel momento insieme a Dario Cavedon ammi-nistravano il gruppo, chiede a Marco di prendere in carico una sola traduzione, come avviene per i nuovi membri al fine di valutare la traduzione. Così Marco traduce un articolo del numero 39 sul quale in quel momento si era appena ini-ziato a lavorare. Tradotto in tempi brevissimi, seppur con alcune incertezze nel-la traduzione, Cristiano si prende carico di revisonare l'articolo tradotto dal nuo-vo arrivato, ma prima che completasse la revisione, Marco impaziente chiede di potere tradurre qualche altra cosa. Cristiano lascia allora libero Marco di sceglie-re qualche altra traduzione di sua preferenza tra quelle libere. Interviene Aldo e dice a Marco “prima di continuare con altre traduzioni, preferisco che quella già fatta sia controllata”. Nonché la replica di Cristiano “come non detto, si fa come dice Aldo ((-:”. Marco: “Ahhhh.... ok Aldo... Pensavo fosse meglio portar-si avanti e poi.... revisionare... Ok scusate.... Le procedure esatte le sto cono-scendo ora :D”. Aldo Latino: “Marco, non conosciamo la qualità delle tue tra-duzioni, quindi è necessario verificarla, come abbiamo fatto con tutti gli altri. In ogni caso il tuo entusiasmo è molto gradito! :)”. Teniamo a mente questo entu-siasmo e questa grande voglia di fare di Marco, perché sarà trainante per tutta la comunità più avanti. Aldo Latino, da quanto notiamo spessissimo, incoraggia sempre dopo aver appuntato un partecipante: “Bravo 10+. Abbiamo imparato tutti! Non farti mai mancare questo entusiasmo: servirà a te e al gruppo” scrive a Marco. Da un punto di vista linguistico se analizziamo tutti post, dopo ogni appunto, segue sempre o un incoraggiamento o un emoticon che esprima sere-

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nità, una faccina col sorriso spessissimo “:-)”; sono veramente rarissimi i casi in cui si fa un appunto senza questo tipo di messaggi. Cristiano revisiona l'articolo di Marco e insieme ad Aldo danno il via libera a Marco per altre traduzioni. Marco prende in carico altri articoli. A marzo ancora il gruppo è al lavoro sul numero 39 e sul 40, è il mese in cui in Giappone si scatena il violento terremoto e maremoto e a cui seguirà il disastro nucleare di Fukushima. Giungono nel frattempo nuovi membri. A fine aprile il gruppo di lavoro sta ancora lavorando sui due numeri, il ritardo con l'edizione internazionale era arrivato a 8 numeri di differenza, tanto che il 27 aprile 2011 Cristiano scrisse un thread: “Vista la situa-zione di stallo in cui ultimamente siamo, e mi riferisco in particolar al lato revi-sioni, in irc ho discusso con Marco della possibilità di inserirlo tra i revisori, in modo da dare un'accelerata alla chiusura del n. 39. Se anche tutti gli atri sono d'accordo, direi a Marco di prendere i carico un articolo e di segnalare in un post in ML, almeno per questa prima volta, tutte le correzioni che ha ritenuto opportuno apportare in modo che anche gli altri revisori possano dare un'ulte-riore revisionata”. Paolo Garbin riconosce “Potebbe essere una buona idea, vi-sto come stanno andando le cose...” e prosegue “Ottimo, avanti così... poi ve-diamo come il nuovo revisore ha operato!”. Così come lo stesso Aldo Latino: “In effetti chiunque collabori col gruppo, se pensa di averne le capacità, può an-che revisionare. Se Marco ritiene di poterlo fare, sono d'accordo”. Nel frattem-po Dario Cavedon comunica la sua assenza: “Ultimamente sono assente da que-sto Gruppo, ma l'organizzazione di UP mi sta portando via tutto il (poco) tem-po libero. Conto di tornare a breve a tradurre/revisionare con continuità! Un BRAVO e un grazie a chi è sempre sul pezzo! A presto, Dario”. Marco così ini-zia a revisionare. Poco dopo chiede l'approvazione per entrare a far parte del gruppo dei traduttori stabili su launchpad. Con una votazione Marco viene ap-provato come membro stabile FCM.

Il 13 giugno 2011 compare un nuovo thread in ML dal titolo “Passaggio di consegne FCM”. A mandarlo è Dario Cavedon e recita così: “Ciao a tutti! Da qualche tempo i vari impegni, lavorativi e non, mi distraggono dal dedicare la necessaria attenzione a questo fantastico gruppo. Lo stesso problema affligge Aldo, che amministra il Gruppo insieme al sottoscritto. Questa cosa non va bene, perché il ritmo imposto dalle uscite della versione internazionale di FCM non permette soste. Aldo e io abbiamo quindi chiesto a Cristiano e Marco se erano disposti a sostituirci nel ruolo di coordinatori del Gruppo. Per fortuna nostra, hanno accettato con entusiasmo! Dopo il loro si, siamo quindi a chiede-re a tutto il Gruppo un parere sulla loro candidatura. Se siete tutti d'accordo passiamo a loro l'onore e l'onere di coordinare la squadra e tenere il ritmo delle uscite. Aldo e io ce ne andiamo quindi in pensione! ;-) Scherzo! Restiamo co-munque nel gruppo, a tradurre e revisionare le traduzioni, e dare una mano, se serve, anche per il resto delle attività. Chiediamo quindi il Vs parere sulla nomi-

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na di Cristiano e Marco”, post firmato “Aldo e Dario”. Il gruppo saluta positi-vamente Cristiano e Marco e li vota allegando apprezzamenti sulla positività, entusiasmo e voglia di fare dei due nominati. Cristiano e Marco vengono quindi nominati coordinatore e vice-coordinatore del gruppo. Continua la rimonta al-l'edizione internazionale da parte del gruppo, Marco motiva continuamente il gruppo, esortando tutti e facendo leva sulla compattezza e sull'identità di grup-po. Sono frequenti messaggi di questo tipo, così come tra i vari membri nei post. In tal senso significativo un post di Marco del 13 giugno: “Ciao a tutti..... questa brevissima mail ha l'intento di ricordare a tutti che in qualsiasi momento, per qualsiasi ragione, per qualsiasi problema difficile o facile che sia..... Beh il gruppo FCM Italia è compatto e solido e in ogni momento è collaborante via email sia usando gli indirizzi personali in maniera diretta sia, ovviamente, trami-te la Mailing List all'indirizzo che trovate su questo messaggio! Potrei sembrare noioso e scocciante ma, la cosa che preme di più al gruppo è che, nessuno (e dico NESSUNO!) si senta poco aiutato o addirittura solo! Questo gruppo, lavo-ra, funziona, e vive di condivisione di passione, di voglia di fare, di energia! Condividere queste cose è fondamentale per il gruppo e la sua crescita! Quindi non formalizzatevi troppo e usate gli strumenti a voi più consoni per condivide-re le vostre esperienze che siano il problemino del termine che non riuscite a tradurre oppure il problemone su come gestire al meglio le proprie risorse! Si, ragazzi, anche problematiche particolari perchè magari uno di noi ha già supera-to quell'empasse risolvendo il problema e, sicuramente, riuscirà ad aiutare chi in quel momento è in difficoltà! Se qualcuno ha la possibilità e la voglia di collegar-si anche sui canali IRC (internet relay chat) noi siamo praticamente presenti quasi tutto il giorno nel canale dedicato alla traduzione (il canale #ubuntu-it-trad). Se qualcuno riscontra difficoltà o non sa come accedere a quel canale scri-vete qui in Mailing List e, sicuramente, qualcuno vi aiuterà! A differenza della ML il canale IRC permette una approccio più immediato e veloce rispetto ad una mail ma i due metodi sono comunque complementari. Quindi, ragazzi, da-teci sotto e venite spesso in IRC perchè anche una battuta tra noi permette di conoscerci meglio e lavorare in maniera più cordiale, sincronizzata, condivisa e affiatata! GRAZIE ancora a tutti voi!”. Altri messaggi di questo tipo saranno scritti da Marco nei mesi seguenti. Sicuramente Marco ha avuto una grande par-te nella motivazione del gruppo, il suo entusiasmo trasmesso a tutto il gruppo è stato molto importante. Se leggiamo la sua pagina personale wiki, è presente una citazione esplicita che recita: “Fa' sentire importanti le persone che tu guidi. A chi non piace sentirsi dire di star facendo un buon lavoro? Se volete motivare le persone, allora dovete apprezzarle: apprezzatele, davvero. Non dite loro sol-tanto quello che vogliono sentirsi dire: le persone capiscono quando non siete sinceri e non vi sopportano per questo; se, al contrario, con sincerità voi mo-strate loro il vostro apprezzamento, ciò darà loro una spinta più forte. Inviate al

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gruppo qualche nota di ringraziamento, messaggi di incoraggiamento, mettete in evidenza gli sforzi di coloro che fanno la differenza. Non importa quanto grande o piccolo sia il contributo dato al gruppo: assicuratevi di far sapere alle persone che esse sono importanti e che rappresentano un valore!” [http://wi-ki.ubuntu-it.org/MarcoBuono]. Ciò sintetizza la modalità intrapresa nella con-duzione del suo ruolo di coordinatore all'interno della comunità. Ma vi sono an-che altre variabili che hanno influito sulla motivazione collettiva, tra cui alcuni punti affini all'MBO. Il 18 giugno, Marco scrive un post: “Visti i nuovi sviluppi del Gruppo FCM e l'accelerazione impartita da tutti i contributori al Gruppo, ora più che mai è importante parlare, tutti insieme, di eventuali obbiettivi da fis-sare a breve, medio e lungo termine! Proponiamo quindi di incontrarci su IRC per discutere di tutto quello che concerne FCM. :) Tutti sono invitati a parteci-pare. Esprimete il giorno di vostra preferenza nel poll di seguito. Il sondaggio si chiuderà Sabato 25 Giugno alle ore 20.00. Ciao e... Grazie ancora a tutti!”. È chiaro quindi come la comunità è andata proponendosi degli obiettivi in modo condiviso, acquisendone consapevolezza. Come si vede dai risultati della riunio-ne: “Il 27 giugno 2011 abbiamo tenuto la riunione in IRC nel consueto canale #ubuntu-it-meeting sul server di Freenode. Il log della riunione è consultabile all'indirizzo: http://logs.ubuntu-eu.org/freenode/2011/06/27/%23ubuntu-it-meeting.html. Queste le decisioni prese dal Gruppo in base all'ordine del gior-no. 1. Definire con chiarezza i termini per entrare e uscire dal gruppo. Si è deci -so che la membership viene concessa, previa richiesta del traduttore sia su Launchpad che in mailing list, dopo aver collaborato per almeno 6 numeri con-tinuativi. Il contributo offerto deve essere evidentemente di qualità. 2. Definire quali sono le competenze basi per essere traduttore o revisore. Si votava sulla seguente mozione: 'Dopo un primo articolo di prova, ogni collaboratore è sia traduttore che revisore', ma dopo la votazione si è deciso di rimandare la deci-sione ad altra data. 3. Automatizzare la fase di traduzione/revisione/impagina-zione di particolari articoli. Si è deciso di riservare la traduzione di copertina, in-dice e 'Come contribuire' agli impaginatori. 4. Eventuale Sprint per 'eliminare' o 'ridurre' considerevolmente il gap con Full Circle Magazine inglese. Si è deciso di aggiungere nella pagina Edizione, oltre i due già esistenti, un ulteriore nume-ro consecutivo al precedente in modo da accelerare i tempi di rilascio. 5. Aper-tura del blog italiano di FCM: definizione della struttura e dei contenuti, ricerca di responsabile tecnico della gestione. Vista l'ora e considerato l'argomento, la discussione su questo punto è stata rimandata in mailing list”. Quindi abbiamo, come risulta dalla riunione, politiche di “compensation” non monetarie, rappre-sentate dalla concessione della membership su LP (considerata di alto valore dai nuovi membri, infatti elevato era il numero di richieste da approvare su LP al fine di diventare membri stabili di FCM) solo se si contribuiva per 6 mesi conse-cutivi, anche se comunque più in là si deciderà di dare a tutti la membership una

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volta completata la rimonta. Si deciderà poi di estendere la votazione sulle deci-sioni anche ai membri non stabili, ciò porterà a un maggiore coinvolgimento anche dei nuovi membri con ovvi riflessi positivi. Dichiara Aldo Latino: “Come ben sapete, riguardo alla possibilità di voto il wiki è chiaro e dice che i traduttori stabili, oltre alla consueta collaborazione, potranno partecipare alle votazioni del gruppo. Quindi solo gli approvati su Launchpad ( = traduttori stabili) possono votare. Nella riunione di ieri, come sapete, abbiamo votato su 4 questioni. Al momento del primo voto, però, ci siamo chiesti se potessero votare, invece, tutti i membri di FCM, compresi quelli non approvati. Al momento della votazione ci è sembrato naturale che chi stesse partecipando alla riunione (approvato su Launchpad o meno) potesse dire la sua votando. A questo punto mi chiedo se sia da cambiare definitivamente questa cosa o debba restare com'è adesso. Dia-mo, cioè, la possibilità a tutti gli intervenuti nella riunione (sempre che siano tra-duttori di FCM) di votare le mozioni? La domanda si estende ovviamente anche alle votazioni in mailing list. Il lato negativo di dare a tutti la possibilità di votare è il togliere un incentivo a partecipare di più nel gruppo e a dare contributi co-stanti: gestire il gruppo votando e aiutandolo a prendere decisioni dovrebbe es-sere una cosa interessante per chi ne fa parte. Non so, per me vanno bene en-trambe le cose”. Non mancano la specificazione in termini misurabili del risultato atte-so e l'assegnazione di un traguardo temporale. Verranno infatti inclusi nella pagina wiki per ogni edizione i termini di completamento dei lavori, inclusi quelli delle singole sezioni di traduzione, impaginazione, revisione, versione beta e alpha. Ciò a partire dalla proposta di Marco il 3 luglio 2011 intitolata “Chiusura di FCM n. 40 e votazione sullo Sprint!”: “Come vi spiegavo durante la riunione su IRC, la cosa è fattibile! Potremmo veramente agganciare FCM Internazionale. Ma dobbiamo studiare una ROAD MAP che ci consenta con degli step succes-sivi di recuperare il terreno perso e riportarci alla pari. In questi ultimi giorni ho pensato molto a questa cosa e vorrei proporvela! Con uno sforzo minimo... (mi permetto di dire minimo perchè non è nulla di più di quello che già stiamo fa-cendo!) possiamo tradurre gli articoli di un numero in una settimana (veramente in questo ultimo periodo abbiamo impiegato di meno!) e nella settimana succes-siva provvedere alla revisione, impaginazione e pre-release in versione beta del numero in lavorazione chiudendolo ed inviandolo ad FCM internazionale entro e non oltre la fine della seconda settimana! Quindi, ragazzi, ogni 15 giorni un numero nuovo di FCM. In poco tempo raggiungiamo ed agganciamo FCM in-ternazionale! Solo dieci numeri ci separano dall'obbiettivo! (noi praticamente al 40 loro al numero 50). Con questa road map in cinque mesi gli saremo a ridosso e con due ulteriori mesi li abbiamo agganciati! Per l'inizio del 2012 siamo alla pari e ci facciamo il regalo di natale! Pensiamola ancora più in grande...... Faccia-mo il regalo di Natale ai nostri lettori che (anche se non ve ne rendete conto e su questo ci sto lavorando) sono tantissimi...... e saranno sempre di più! :) Nel

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nostro blog vengono postate tutte le novità che il gruppo sforna! Bene, nono-stante sia nuovissimo come Blog, è visitato quotidianamente da tantissime per-sone che prelevano i file PDF di FCM o leggono i contenuti direttamente dal Blog! :) Blog giovanissimo ma già molto cliccato! Stiamo anche facendo una azione di pubblicizzazione 'virale' (chissà chi è 'sto pazzo, vero Aldo? :D, o 'sca-vezzacollo' vero Dario? :D ) per far aggregare il nostro blog a quelli di maggior successo e lettura in Italia e nel mondo! Uno dei tanti.... http://www.linux-feed.org/2011/07/02/. Questo per pubblicizzare ancora di più il nostro lavoro e permettere la lettura e l'accesso alle informazioni di FCM da parte di tutti quelli che possono leggerlo solo in italiano! Mi scuso se mi sono dilungato ec-cessivamente ma vi posso garantire che ho scritto solo una parte delle cose che vorrei comunicarvi! :) In base alle informazioni che vi ho riportato vi chiedo di valutare queste opzioni, suggerire tempistiche o metodologie diverse e miglio-rative e votare successivamente questa idea! Ovviamente il voto è considerato non solo come espressione di opinione in merito ma anche un " Io ci sto! Con-sideratemi!" riguardo tale programmazione! :) Grazie ancora a tutti..... Grazie FCM Italia!”. Come si vede anche la specificità e l'aspettativa di successo sono alti. Si percepisce l'obiettivo vicino e che si possa riuscire a portarlo a termine, perce-zione che Marco con le sue esortazioni ha contribuito a infondere nel gruppo. Inoltre, il lavoro di ogni membro verrà costantemente monitorato controllando-ne le scadenze e se ancora qualche elemento non sarà stato concluso entro la data prefissata, si esorterà il membro a concludere il lavoro, come risulta dalle nostre osservazioni dirette e dalla mailing-list. In caso esso non possa riuscire a completare il lavoro, questo verrà affidato a qualcun altro o in caso negativo, tradotto, revisionato o impaginato d'ufficio dal vice-coordinatore. Come si rile-va, anche se operata probabilmente in modo inconsapevole, molti elementi di un modello di gestione per obiettivi, ha avuto crediamo una sua parte nella mo-tivazione della comunità e può avere una sua influenza sulla motivazione in co-munità online.

Venerdì 28 ottobre, finalmente, in appena sei mesi di strenuo lavoro, con l'uscita del numero 53 di FCM in italiano, il gruppo riesce finalmente a raggiun-gere la meta che si era preposta. Ronnie, il responsabile FCM internazionale, si complimenta con tutto il gruppo e i membri scriveranno un articolo collettiva-mente, che Ronnie pubblicherà nel numero 55, scrivendo ognuno alcune righe tramite GoogleDoc, per festeggiare il risultato.

In base all'articolo uscito sul numero 55 di FCM, di ben 5 pagine, pos-siamo avere un interessante riscontro di quelle, o per lo meno di alcune, delle principali motivazioni che hanno animato i membri di FCM sia nella fase di sprint, ma che soprattutto li hanno spinti a partecipare e a entrare a far parte del gruppo. Prima di analizzare però l'articolo, è bene vedere cosa alcuni studi han-

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no proposto in termini di ragioni per le quali gli individui partecipano a una co-munità online.

Secondo Preece, le ragioni sono molteplici. “Alcuni vogliono informa-zioni o supporto, interagire con gli altri, divertirsi, incontrare nuova gente, o dare voce alle proprie idee. Perfino i partecipanti casuali vengono per qualche ragione”. Gli obiettivi della comunità se sono dichiarati in modo chiaro favori-scono l'avvicinamento di persone che posseggono finalità simili. Così ritrovia-mo in comunità spesso persone che partecipano per le stesse finalità, favorendo in tal modo un ambiente stabile e meno ostile. Anche il tipo di comunità in-fluenza l'interazione nella stessa da parte dei membri, alla stessa stregua dei pro-positi che si pone la comunità, rappresentandone, insieme a questi ultimi, uno dei principali fattori [Preece 2000: 80-81].

In riferimento alla motivazione nelle comunità online, sono invece tre i generi di motivazioni che più di altri, secondo Roversi, spingono alla partecipa-zione attiva in una community. Motivazioni “strumentali”, cioè incentrate su particolari attività, motivazioni di tipo “espressivo”, cioè la voglia di far parte di un gruppo e la ricerca di nuove modalità sociali tramite il web, e l'ultima, la “sperimentazione dell'identità”, cioè il voler provare nuovi modi in cui possia-mo manifestare la nostra identità. Inoltre, una comunità online condivide con le comunità tradizionali, continua Roversi, peculiarità quali “condivisone di inte-ressi”, cioè le persone si riuniscono in base a interessi comuni, “condivisione di valori”, cioè i valori di base per quella comunità che la mantengono unita, “ca-pacità di attenzione e di relazione interpersonale”, una caratteristica di propen-sione gli uni agli altri che è tipica dell'economia del dono, “capacità di discussio-ne”, il fatto di poter discutere e decidere liberamente nel senso più alto del ter-mine grazie anche a norme autoposte e accettate dai membri stessi, e infine “l'e-sistenza di una morale” [Roversi 2004: 124-125].

Vediamo adesso quindi quali sono le motivazioni dichiarate da parte dei membri nella partecipazione. Seguendo l'ordine dei membri in base all'articolo, partiamo da Cristiano Luinetti. Egli afferma che “non avendo uno skill infor-matico, spesso mi sono trovato in dubbio a decidere di passare a Linux, ma la comunità di Ubuntu mi è stata di grandissimo aiuto in questo, e così un bel giorno ho deciso di fare il grande salto. Così, visto che avevo ricevuto moltissi -mo aiuto dagli altri membri della comunità ho deciso che avrei dovuto contrac-cambiare, e navigando per l'immensa comunità italiana di Ubuntu mi sono im-battuto nel gruppo FCM. Prima di allora non avevo mai sentito nominare Full Circle Magazine, così ho scaricato qualche numero e me ne sono subito inna-morato, e ho deciso di voler dare anch'io un piccolo aiuto al preziosissimo lavo-ro di traduzione della rivista. È così che ho conosciuto questo fantastico gruppo di persone entusiaste e sempre piene di nuove idee, che hanno reso il gruppo FCM italiano il primo a livello di uscite. Amo questo gruppo, non lo lascerò

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mai”.Per Marco Buono “aiutare nel coordinamento di questo fantastico grup-

po è stato per me motivo di crescita personale, di valutazione delle capacità per-sonali e del gruppo. Insomma, io ho donato un poco del mio tempo a questo gruppo ma posso affermare di aver ricevuto indietro tutto quello che ho donato moltiplicato per mille”.

Da Paolo Garbin si nota il profondo attaccamento emotivo al gruppo, essendo stato lui il fondatore, anche se essendo poco attivo in alcuni periodi ha rivestito sempre un ruolo di detentore di quei valori originari della comunità, è lui il padre fondatore del gruppo.

Fabrizio Nicastro dichiara di essere un fun di FCM dal primo numero, tuttavia ciò che gli ha fatto rompere gli indugi a partecipare sono state le parole di un suo amico: “Tutto quello che sto leggendo su FCM è interessante, ma completamente diverso da quanto è installato sul mio PC ” e quindi ha deciso di aiutare il gruppo a colmare il divario con l'edizione inglese.

Stesso motivo per Giuseppe D'Andrea il quale aggiunge “Comunque sia, ragazzi, io penso che gente come questa sia un toccasana per lo spirito di Ubun-tu e la filosofia FOSS”.

Motivi quale il diletto sono quelli che hanno spinto Irene Bontà: “Ho sempre letto con molto piacere ogni edizione di FCM, così che pochi mesi fa ho deciso di unirmi al gruppo di traduzione italiano. Credo che, oltre al fatto che la rivista è ottima, FCM Italia sia un insieme di persone veramente fantastiche, con le quali si lavora benissimo, ma con le quali è anche un piacere parlare e scherza-re distogliersi un po' dalla noia delle proprie giornate. Rendersi utili e divertirsi: unendosi a FCM Italia si può!”.

Dario Cavedon invece ha iniziato a partecipare perché pensava fosse “una buona idea, e volevo che anche gli altri italiani ci potessero trovare qualco-sa di interessante. Adesso do il mio piccolo contributo, gli altri stanno facendo un lavoro molto buono, e FCM è ora migliore che mai”.

La rivista in sé e colmare gap, con annessa la sfida che quest'obiettivo of-fre, sono i motivi che ha animato Gianluca Santoro. Attualmente per lui la sfida adesso è tenere il ritmo: “Colmare il divario era allo stesso tempo una necessità e una scommessa, dato che nessuno ama leggere articoli superati. La scommes-sa è stata vinta, ora non resta che tenere il ritmo”.

La diffusione della cultura libera invece rappresenta la profonda motiva-zione di Aldo Latino che dal 2007 non ha mai interrotto la sua collaborazione. Poi aggiunge: “Ma quello che ancora oggi mi stupisce è che non so se abbia ri -cevuto più il gruppo da me o se invece sia stato io a ricevere tantissimo dal gruppo. Ad ogni modo: grazie, Gruppo FCM!”

Per Roland De Tino “A volte può essere difficile abbandonare i comodi lidi del software proprietario per tuffarsi nel mondo del software libero: io mi

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sono deciso circa tre anni fa, passando ad Ubuntu per poi diventarne un accani-to sostenitore di questo sistema con all’attivo almeno 5 proseliti! E, una volta dentro, il passo logico successivo non poteva essere che dare il mio contributo in qualche modo: non capendo nulla di computer e programmazione, la scelta è stata facile... unirmi al fantastico gruppo di traduzione di FCM! E la mia soddi-sfazione è sapere che, se oggi si è raggiunto questo traguardo, il merito è, seppu-re in piccolissima parte, anche mio! ”.

Per Francesco Gargiuli, i motivi che l'hanno spinto verso il gruppo sono stati il gap nonché il sistema libero Ubuntu con la sua filosofia di condivisione di fondo, segue una sua considerazione: “Che dire del gruppo FCM Italia. Sono superfiero di farne parte perché esiste un clima così bello da farlo assomigliare a una vera grande famiglia!”.

Anche per Alessandro Losavio il clima positivo è un elemento degno di nota del gruppo, affermando inoltre che: “Questo sprint, questo obiettivo che ci siamo posti, è stata la molla che ci ha spinti ad essere ancor più compatti, più af -fiatati, cosa che (io prima) non percepivo. Oltre ad esserci conosciuti e uniti gli uni con gli altri, offriamo a tutti gli amanti di Linux in Italia un magazine libero, gratuito e aggiornato. Cosa si può avere di più dalla vita? Ultima cosa, ma non la meno importante... Grazie a tutto il gruppo FCM!”.

Giulio Tani mette anche lui in evidenza la sua voglia e il suo obiettivo di informare la gente sul software libero, aggiungendo: “Fare parte del gruppo di traduzione di FCM mi è sembrato un ottimo modo di mettere le mie capacità al servizio di un obiettivo comune. Perché la forza della community sta proprio nel fatto che tutti possono dare una mano, a seconda delle proprie abilità”.

Mirko Pizii: “Sono un ragazzo che da molto tempo usa Linux (Ubuntu).. Sinceramente è poco conosciuto da noi italiani, nessuno conosce la parola opensource.. Ho provato a convertire tutte le scuole, soprattutto la mia (ITIS) verso Ubuntu perché è un sistema operativo speciale, gratuito, sempre aggiorna-to e non ha bisogno di antivirus... È completamente SICURO senza aver paura di qualsiasi intrusione...Ma queste scuole a quanto pare non hanno voluto cre-dermi.. Dopo aver usato Ubuntu un giorno mi chiesi: 'Ma perché non aiutare la comunità italiana di ubuntu?'. Fu così che iniziai quasi per scherzo.. Iniziai col gruppo Ubuntu-it- test... Mi accolsero a braccia aperte e poi mi basai su Ubun-tu-it-promozione... Per motivi di salute, fui costretto ad assentarmi più volte per lunghi periodi, ma al ritorno sempre a braccia aperte mi hanno accolto (da invi-diare, dalle altre parti queste cose te le potevi sognare! :D) Ora invece mi trovo anche su Ubuntu-it-fcm. Mi son integrato subito, ambiente davvero accogliente e tutti simpatici! Insieme facciamo un bel lavoro e sono fiero di poter dare an-che il mio piccolo contributo! Good Job Guys! :D. Soltanto un'ultima cosa.. UN GRAZIE DI CUORE A TUTTO IL GRUPPO DI FCM <3 ”.

Riccardo Vianello ha scoperto FCM grazie a un articolo di una rivista di

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informatica che parlava di Ubuntu. Visitando il sito ha appreso dell'esistenza di FCM. Inoltre dichiara: “sono un fan dei software opensource e freeware il quale mi piace testare i software per trovare gli eventuali problemi, inoltre mi piace far migliorare la qualità delle traduzioni in italiano dall’inglese di questi. Sono entra-to a far parte di FCM italia per revisionare gli articoli del magazine rendendoli più professionali ma anche non presentando ai nostri lettori eventuali refusi”.

Queste invece le dichiarazioni di Antonio Allegretti: “Li ho sempre se-guiti dall'esterno e il loro stupendo e preciso lavoro ha fatto sì che mi scattasse la molla come per dire: voglio esserci anch'io con loro!!..... e mi sono subito iscritto nel gruppo! Partecipo attivamente nel gruppo-test, ma voglio dare un mio contributo nelle mie possibilità anche qui, perché la Comunità di ubuntu se lo merita ed altresì anche questi ragazzi! Il loro spirito di collaborazione è altissi-mo.... quindi io ci sto!! Complimenti a tutto il gruppo FCM!!”.

Marco Letizia mette in evidenza, oltre i vari motivi, anche il migliora-mento delle sue competenze: “Tutto è cominciato con Ubuntu 6.1 0 Edgy Eft ed è finito col travolgermi in poco tempo... Cavolo sono passati 5 anni! Cercavo un SO da usare al posto di Windows, e sono stato introdotto al mondo Linux da un mio amico, anch'egli parte di FCM. Da qui, prendendoci gusto, la voglia di collaborare e condividere la filosofia Ubuntu; ma ahimè non sono un pro-grammatore, quindi l'unica possibilità era lavorare come traduttore, un buon modo per tenermi allenato e ricambiare in qualche modo la disponibilità della comunità! Così quello stesso amico mi ha fatto conoscere FCM, ed ecco come è entrato a far parte della mia vita. Non abbiamo saltato un numero, ma come succede ai volontari ad un certo punto abbiamo cominciato ad arretrarci, ed era frustrante tradurre articoli riguardanti programmi che magari, nemmeno c'erano più! Ma molte storie hanno un lieto fine e la schiera dei supereroi di FCM, infar-cita di nuove leve, ce l'ha fatta! ”.

Luigi Di Gaetano, infine, pone in modo molto chiaro tra i motivi l'ac-cento anche lui sulle competenze, oltre che sull'obiettivo di colmare il gap: “Sono passati ormai più di 2 anni dal momento in cui sono entrato nel gruppo italiano di traduzione di FCM. In quei giorni stavo iniziando la mia migrazione ad Ubuntu, volevo quindi contribuire alla comunità e allenare il mio inglese. La mia esperienza è stata eccezionale, le persone del gruppo sono fantastiche e, in questi anni, sempre più persone ci hanno raggiunto. Sono fiero di essere parte di questo gruppo, che è stato in grado di raggiungere un grande obiettivo: tra-durre, ad oggi, tutte le edizioni. Voglio ringraziare i mie compagni traduttori e augurargli buona fortuna. Siamo grandi ragazzi! ”.

Tiriamo quindi le fila del discorso. Da tutte queste dichiarazioni sponta-nee anzitutto notiamo un forte senso di reciprocità nel gruppo, cioè il voler re -stituire al gruppo ciò che si è ricevuto [Preece 2000: 179]. E la reciprocità è pro-

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prio uno degli elementi che secondo i network analyst rende un gruppo una co-munità [Preece 2000: 174]. Per i nuovi membri è anche più accentuato il senso di sfida e l'esigenza di poter “creare” e non solo leggere FCM, secondo quella cultura del remix di cui Lessig parlava [§ Cap. 1], nonché il tentativo di prosecu-zione dell'esperienza estetica della lettura della rivista interrotta dalla lentezza del gruppo nel fornire i numeri aggiornati. Emerge anche significativamente la partecipazione al gruppo per aiutare la diffusione del software libero. L'uso del software libero crea in molti membri la sensazione di sentirsi in debito con la comunità che lo sviluppa, come è lampante in molte di queste dichiarazioni, e ciò spinge coloro che non hanno le opportune conoscenze informatiche, a par-tecipare in altro modo, aderendo, come nel nostro caso, al gruppo FCM. Ciò lo hanno espresso in modo perfettamente chiaro le dichiarazioni di Ronal De Tino e Marco Letizia. Ma anche al di là dell'uso di Ubuntu, questa sensazione di debi-to la può provocare anche il solo leggere una rivista libera, come FCM, favoren-do questa voglia di dare una mano.

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2.5 Senso di identità del gruppo e appartenenza

Ciò che esplicitamente ci fa comprendere l'esistenza di un senso di iden-tità di gruppo e di appartenenza a questo è il costituirsi di un “noi” collettivo. Come affermano Kaneklin e Metitieri: “Nella prospettiva della psicologia socia-le, l'origine della consapevolezza emotiva dell'appartenenza a un piccolo gruppo si fonda sulla percezione dell'esistenza di un 'noi', inteso come entità collettiva in cui ciascun membro può riconoscersi e rispecchiarsi, condividendo con altri ideali e scopi comuni, e da cui può derivare un comune senso di sicurezza e pro-tezione. Affinché il sentimento del 'noi' possa crearsi, è necessario che l'intera-zione nel gruppo venga percepita come affettivamente intima, caratterizzata da spontaneità e familiarità, così da contrastare il senso di dispersione ed estraneità che la più allargata appartenenza societaria comporta” [Kaneklin, Metitieri 2009: 189].

Tutto ciò è lampante se si guarda la mailing-list. Questa caratteristica di spontaneità e familiarità che si nota nella mailing-list, non solo per i non nuovi, ma anche espressa verso chi per la prima volta manda un messaggio al gruppo chiedendo di entrare a farne parte, ad esempio, prendendone uno a caso della gestione Luinetti-Buono: “Ciao a tutta la lista, mi sono appena iscritto e deside-ro comunicare la mia partecipazione alla traduzione di FCM. Grazie a presto. Fabrizio”, risposta: “Ben arrivato Fabrizio. http://wiki.ubuntu-it.org/Fcm/Par-tecipare qui trovi le informazioni di cui hai bisogno! :D”, e, una volta entrato il nuovo membro, seguono sempre liste enormi di messaggi di benvenuto da par-te di tutti.

Nei post della mailing-list di FCM, così come nelle riunioni su Irc, sono frequentissimi casi di verbi alla prima persona plurale. Ma la parola “noi” viene espressa nella sua più totale pienezza ed enorme frequenza in Marco Buono, ciò per ovvi motivi. Marco certamente è il vice-coordinatore. Abbiamo contato cin-que “noi” nella riunione del 2 novembre del 2011 (http://irclogs.ubuntu.com/2011/11/02/%23ubuntu-it-meeting.txt). Apparte-nenza e identità in modo molto forte sono state poi espresse esplicitamente an-che da parte di tutti nell'articolo del numero 55 di FCM sul gruppo italiano come abbiamo avuto modo di vedere.

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Bibliografia secondo capitolo

Cortese, Claudio G.; Viada, Laura; 2008, La motivazione, in Argentero, Piergiorgio; Corte-se, Claudio G.; Piccardo, Claudia, a cura, Psicologia del lavoro, Raffaello Cortina Edi-tore, Gravellona Toce (VB), pp. 113-135.

Kaneklin, Cesare; Metitieri, Laura; 2009, Gruppi e intersoggettività, in Argentero, Piergior-gio; Cortese, Claudio G.; Piccardo, Claudia, a cura, Psicologia delle organizzazioni, Raffaello Cortina Editore, Gravellona Toce (VB), pp. 187-206.

Jankowski, Nicholas W.; 2006, Fare comunità con i media: prospettive storiche, teoriche e di ricerca , in Lievrouw, Leah A.; Livingstone, Sonia, a cura, Capire i new media, Hoepli, Trento, pp. 37-66.

Preece, Jenny; Maloney-Krichmar, Diane; 2005, Online Communities: Design, Theory, and Practice, in “Journal of Computer-Mediated Communication”, Vol 10, n.4.

Preece, Jenny; 2000, Online Communities: designing usability, supporting sociability, John Wiley & Sons, USA.

Roversi, Antonio; 2004, Introduzione alla comunicazione mediata dal computer, Il Mulino, Bolo-gna.

Rheingold, Howard; 1993, The Virtual Community: Homesteading on the Electronic Frontier, in “http://www.rheingold.com/vc/book/”.

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3. Cultura e “territorio”

3.1 Tempo libero, una risorsa per le comunità online

In questo capitolo analizzeremo il periodo pre-sprint della comunità, cioè quel periodo precedente il numero 37, in particolare le cause che hanno ge-nerato il grande ritardo in quel momento rispetto all'edizione internazionale.

Abbiamo chiesto a tutti aprendo un thread apposito (http://liste.ubun-tu-it.org/pipermail/ubuntu-it-fcm/2012-February/009456.html), quali sono se-condo loro le cause che hanno determinato il grande ritardo prima della fase di sprint: “Precedentemente allo sprint, perché era presente un gap con l'edizione internazionale? FCM lo aveva maturato dai primi numeri e/o è stato accumula-to col tempo?”. Abbiamo ricevuto due risposte. La prima da Luigi Di Gaetano: “La mia risposta potrebbe non essere al 100% corretta, chiedo conferma ai più 'anziani'. 1) Siamo partiti dopo, quindi con un gap in partenza. 2) Il gruppo all'i-nizio era formato da pochi membri, quindi il carico di lavoro era alto. 3) I meto-di di selezione erano tali da non favorire l'ingresso veloce e le contribuzioni (a mio parere non è un caso se lo sprint si è avuto dopo qualche mese dall'introdu-zione delle nuove regole). Quindi il gap esisteva e si ampliava di mese in mese (se non ricordo male ad un certo punto rinunciammo a mettere delle scadenze perché di volta in volta non venivano rispettate). Credo di aver colto i motivi, ma ripeto correggetemi se sbaglio”.

Analisi ripresa e puntualizzata da Aldo latino. A proposito del primo punto: “Il gap fisiologico di questo gruppo è sempre stato di un numero, per evidenti ragioni” riguardo il secondo invece: “Nei primissimi numeri certamen-te, ma poi subito il gruppo ha ricevuto adesioni sufficienti a tenere il ritmo di un'uscita mensile”. A proposito del terzo: “Vero. Ed è per questo che a un certo punto, dopo un vissuto thread sul forum proposi al gruppo, che accettò, una nuova serie di regole che resero libera la partecipazione ai lavori. Si poteva (e si può tutt'oggi) partecipare ai lavori in piena libertà di tempo. [...] E proprio Luigi Di Gaetano è stato il primo a non sostenere alcun 'esame'!”, e ciò proponendo-mi anche i link delle discussioni a cui faceva riferimento. Sull'ultima affermazio-ne di Luigi, Aldo sottolinea che “il gap è sopraggiunto ad un certo punto per ra-

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gioni che non ricordo con esattezza. Andò aumentando sempre più fino a rag-giungere la distanza di quasi un anno di uscite”.

Prima di analizzare gli interessantissimi dati emersi dalle discussioni del forum che Aldo ci ha indicato a supporto della sua analisi, analizziamo detta-gliatamente la fase pre-sprint e quantifichiamola con la seguente tabella:

Numeri Data uscita FCM Italia Data uscita FCM Inglese Ritardi0 22 lug 2007 14 apr 2007 +31 27 lug 2007 07 giu 2007 +15 24 ott 2007 27 set 2007 +110 03 apr 2008 28 feb 2008 +215 23 set 2008 24 lug 2008 +220 03 mar 2009 27 dic 2008 +225 05 ago 2009 28 mag 2009 +230 30 gen 2010 30 ott 2009 +335 06 set 2010 20 mar 2010 +540 10 lug 2011 27 ago 2010 +1145 14 ago 2011 26 gen 2011 +7

Fig.4

Per i ritardi evidenziati in grassetto, vediamo più in dettaglio:30 30 gen 2010 30 ott 2009 +331 12 apr 2010 26 nov 2009 +532 08 mag 2010 30 dic 2009 +533 05 giu 2010 30 gen 2010 +534 06 lug 2010 26 feb 2010 +535 06 set 2010 20 mar 2010 +536 25 ott 2010 29 apr 2010 +537 24 dic 2010 28 mag 2010 +738 14 feb 2011 25 giu 2010 +839 26 giu 2011 30 lug 2010 +1140 10 lug 2011 27 ago 2010 +11

Fig.5

In ciò che ha rallentato il gruppo ha avuto anche una grande influenza un limite sociale importante: il tempo libero, soprattutto quello dei coordinatori.

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Se guardiamo tutti i passaggi di consegne vediamo che tutti sono stati dettati principalmente da motivi di tempo da dedicare all'incarico, e inoltre, come risul-ta chiaro dal passaggio di consegne del coordinamento nelle mani di Marco Buono e Cristiano Luinetti, al contrario una grande presenza dei coordinatori nelle attività può avere effetti benefici per l'assolvimento del compito del grup-po. Come vediamo infatti il grosso dei ritardi si è verificato non progressiva-mente, ma a grandi sbalzi, raddoppiando di colpo da fine 2010, a giugno 2011, a 11 mesi di ritardo, come si vede dalla tabella sopra, periodo coincidente col pas-saggio di consegne causa mancanza di sufficiente tempo libero, come abbiamo appena detto.

Il tempo libero costituisce un importante elemento di ricerca non solo per la sociologia in generale ma anche per quanto riguarda gli studi sui media di-gitali. Ma come si è configurata innanzitutto la nozione di tempo libero nel cor-so della storia? A questa domanda risponde Lo Verde che, dopo aver precisato come sia difficile da definire il tempo libero, preferisce l'uso del termine leisure, e ricostruisce tre sfere di significato del termine. La prima vede il leisure come tempo dell'“otium”, il classico concetto di otium letterario e filosofico, “dunque come unico momento in cui si può articolare il libero pensiero filosofico. […] In epoca medievale e moderna, da una valenza etica che invece ha visto attribui-re, sia all'otium sia al suo contrario, diverso significato sociale in termini ora posi-tivi, ora negativi, in ragione della diversa cornice culturale e religiosa entro la quale venivano interpretati. Secondo alcuni autori” nell'analisi de “le pratiche della leisure class americana”, l'otium non ha lo stesso significato della classicità ma è visto come una pratica “solo per chi 'vive nell'agiatezza'”. Studi rintracciano anche un tipo di condotta simile anche nelle società primitive, per le quali il tempo libero era discriminante di distinzione, all'inizio di genere, e poi di status sociale. La seconda accezione, sviluppatasi sul finire del 1800, vede il leisure non soltanto in riferimento al lavoro ma “soprattutto come tempo liberato dal lavoro”, come modo per riprendersi dopo l'attività lavorativa e tornare a questa con nuo-vo vigore produttivo. Tuttavia ciò ha comportato una lettura politica del leisure, da un lato, come tempo improduttivo, tolto ai processi produttivi e al lavoro, dall'altro come tempo “da liberare” da fenomeni di alienazione causati dal mon-do industriale e dei consumi. L'ultima accezione riguarda invece il leisure “inteso come tempo o condizione finalizzata 'alla realizzazione di sé', cioè un tempo do-tato di senso individuale, prima che collettivo, il cui valore è fondamentalmente at-tribuito dall'individuo, che varia in funzione delle diverse forme di regolazione dei tempi sociali e la cui diffusione, in termini di istanza individuale e di pratiche svolte, coincide con la crescita, per un verso, della cosiddetta cultura e di una so-cietà 'di massa' a cui si faceva riferimento prima ma, per altro verso, con la cre-scita delle teorie – non sempre immuni da tanto palesi quanto solo apparente-

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mente 'intransigenti' retoriche – sulla centralità dell'autonomia individuale come capacità di autodeterminazione dell'attore sociale. In questa accezione, pur es-sendo il leisure time un tempo altro da quello lavorativo, può diventare il conteni-tore di un'altra attività con caratteristiche tipiche della prestazione lavorativa, ov-vero di un tempo in cui si svolgono attività tipicamente inserite nella categoria dello svago, ovvero ancora di attività fra le quali può rientrare il 'non far nulla', o il 'dedicarsi a sé' nelle diverse forme e pratiche anche in senso comunemente in-teso, dalla 'cura di sé' di cui diceva Foucault alle 'pratiche espressive' nelle diver-se forme artistico-poietiche” [Lo Verde 2009: 11-16]. Conclude il sociologo af-fermando che “queste tre accezioni […] convergono nell'evidenziare come si sia intrapreso un percorso della semantica del leisure sempre più orientato verso una sua deistituzionalizzazione e individualizzazione nonché una sua complessificazione e differenziazione avvenuta dalle sue origini ai giorni nostri” [Lo Verde 2009: 16]. Una costatazione simile, cioè un'allontanamento sociale e un'individualizza-zione delle pratiche di leisure, è stata espressa da Clay Shirky in Surplus Cognitivo, seppur, come vedremo più avanti, essa rappresenti solamente un contesto che sta per diventare passato poiché attraversato da cambiamenti che stanno trasfor-mando il semplice tempo libero in una nuova risorsa dalla quale la società po-trebbe trarre beneficio: “questa risorsa non è solo il nostro tempo libero cumu-lativo, aumentando vertiginosamente dapprima grazie all'avvento della settimana di quaranta ore e poi, dopo la Seconda guerra mondiale, grazie a una popolazio-ne più numerosa e più sana, alla maggior possibilità di studiare e a un benessere più diffuso. Tutto quel tempo libero non era ancora un surplus cognitivo, per-ché ci mancavano i mezzi per sfruttarlo. Anzi, mentre il tempo libero complessi-vo del mondo sviluppato stava crescendo, molte delle vecchie strutture sociali che ci avevano unito – dai picnic ai circoli di quartiere, dalle associazioni di bo-wling allo shopping – stavano scomparendo. Quella riduzione di opzioni di par-tecipazione fece sì che la gestione del nostro tempo libero diventasse un affare personale e, più che come usarlo, il problema divenne come esaurirlo” [Shirky 2010: 153].

Lo Verde illustra inoltre uno schema per l'analisi del leisure, il quale si concentra “su come alcune pratiche di leisure contribuiscano a costruire una 'so-ciabilità' ('la capacità umana di formare reti attraverso le quali le unità di azione, individuali e collettive, fanno circolare le informazioni che esprimono i loro in-teressi, i loro gusti, le loro passioni, le loro opinioni; vicinati, spazi pubblici, sa-lotti, circoli') e una 'socialità' ('la capacità umana di tenere i gruppi e le reti insie -me, di assicurare loro la coerenza e la coesione che li costituiscono in società: queste forme di solidarietà, vale a dire la tribù, la città, la nazione, ecc. si posso-no chiamare morfologie') che possono essere sia il risultato occasionale di un'op-zione – mi reco in una località e qui costruisco e/o intrattengo relazioni – sia il risultato intenzionale di un'opzione – mi reco in un luogo proprio perché voglio

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costruire o intrattenere relazioni o perché fa parte delle mie pratiche consuetu-dinarie, poiché costituiscono alcune delle attività comprese nella mia particolare forma di serious leisure. In entrambe i casi, differenti modalità di context e location istituzionalizzano sistemi di pratiche di leisure che, a loro volta, circolarmente con-tribuiscono a dare un senso istituzionale al context e alla location in relazione al lei-sure” [Lo Verde 2009: 104].

Lo schema di Lo Verde ha due dimensioni, le ascisse sarebbero la di-mensione spaziale della location, intesa come spazio sociale dove avviene la prati-ca del leisure, lo spazio fisico viene definito come on location, in ambiente privato o pubblico. In ordinata abbiamo i modi possibili di pratica del leisure, cioè in for-ma collettiva o in forma privata [Lo Verde 2009: 105].

Fig. 6

Lo Verde divide il grafico nei suoi quattro quadranti. Nel primo qua-drante inserisce quelle pratiche come gli sport di squadra ad esempio, cioè prati-che che avvengono in ambiente pubblico e in forma sociale. Da un punto di vi-sta storico rientrano in questo quadrante pratiche ritualizzate di leisure tipiche di società antiche che svolgevano riti collettivi, come possono essere quelli di tipo religioso o propiziatorio, operati in modo collettivo e in uno spazio pubblico.

Nel secondo quadrante rientrano attività di leisure condotte da soli e in un ambiente pubblico, come può essere una passeggiata al parco o sport indivi-duali, svaghi come andare a pescare, ecc. Questo tipo di pratiche individuali in luogo pubblico si sono diffuse in particolar modo dalla metà del 1700 a partire dalle grandi città.

Nel terzo quadrante invece vi sono pratiche di leisure, dice Lo Verde,

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privato pubblico

in formaindividuale

in formacollettiva

3° quadrante 2° quadrante

1° quadrante4° quadrante

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svolte soprattutto nel nostro periodo contemporaneo, pratiche operate in am-biente privato e in modo individuale: “mediamente, nei paesi a sviluppo avanza-to, la maggior parte del leisure time a disposizione sia speso in attività di passive lei-sure e comunque soprattutto di fruizione attraverso tecnologie di comunicazio-ne, ad esempio guardare la televisione, navigare in internet, chattare, giocare con i videogames. Cioè in un ambiente privato e da soli”.

Infine il quarto quadrante riguarda le pratiche in forma collettiva ma in ambiente privato. “La disponibilità a stare insieme ad 'altri identificabili', di cui conosciamo la biografia, con cui intratteniamo relazioni sulla base di un vissuto già 'sedimentato' e 'corroborato' in un ambiente privato quale l'abitazione, costi-tuisce l'attività a cui è destinata la quota maggiore di tempo libero nell'arco della settimana, dopo la fruizione televisiva. […] Anche in questo caso, come per le attività che rientrano nel primo quadrante, intervengono vincoli esterni, quali la disponibilità di altri a volere spendere insieme questo tempo” [Lo Verde 2009: 107-117].

Tuttavia in Surplus cognitivo Shirky illustra come la pratica del tempo libe-ro attraverso le tecnologie digitali, ma anche attraverso i media tradizionali, so-prattutto al decrescere dell'età, si stia avvicinando sempre più a forme di parte-cipazione collettiva che non a forme di pratica individuale del leisure. Anche nel-la stessa fruizione mediatica, le persone non fruiscono solamente dei media, ma interagiscono con essi e con gli altri in modo non passivo. Usando le parole di Lessig, c'è un uso mediatico più RW che non RO. E la cultura RW viene operata anche attraverso un'interazione sociale e in modo non fintamente collettivo. Dalla seconda guerra mondiale, sostiene Shirky, a causa della crescita del Pil, della vita media e dell'istruzione, la società industrializzata si è dovuta confron-tare con un tempo libero cresciuto a dismisura. Questo tempo libero è stato as-sorbito nel dopoguerra sempre più in larga parte dalla televisione con “una me-dia di venti ore abbondanti alla settimana, a livello mondiale”. Il problema, con-tinua Shirky, non è tanto il motivo per il quale la gente ha guardato la tv, ma ri -guarda la quantità di consumo, nonostante le critiche scientifiche volte a provare che un uso eccessivo porta effetti negativi, sulla socialità ad esempio, tendenza registrata anche da Lo Verde come abbiamo detto prima. Attualmente si sta ve-rificando un fenomeno opposto che interessa le giovani generazioni. I giovani guardano sempre meno tv, avvicinandosi ai media che non comportano un sem-plice consumo e, se guardano la tv, ne fanno un uso non passivo ma più sociale. “Gli americani guardano circa duecento miliardi di ore di tv l'anno. Questo si-gnifica che, con quello stesso tempo, ogni anno si potrebbero fare duemila pro-getti come Wikipedia”. Possiamo concepire il tempo libero dei cittadini istruiti di tutto il mondo alla stregua di un enorme “surplus cognitivo”. Ciò che con-traddistingue il periodo attuale è che possiamo considerare questo surplus come

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“un vantaggio sociale generale utilizzabile per grandi progetti collettivi”, piutto-sto che un insieme di momenti da trascorrere, anche se in modo piacevole, da soli. Si tratta di un surplus, ci dice Shirky, proprio perché inizialmente la società non ha idee precise di come impiegare un surplus. L'impiego di questo surplus è allo stesso tempo un insieme di scelte piccole (individuali) e grandi (collettive), le quali ultime sono il frutto della somma di singole scelte [Shirky 2010: 3-12]. “L'attuale trasformazione del tempo libero in surplus cognitivo non dipende solo dai nuovi strumenti sociali. Anche se i media che consentono la partecipa-zione, la condivisione e la discussione pubblica sono una novità, senza una mo-tivazione i mezzi per condividere non significherebbero molto. Qualsiasi attività volontaria deve offrire opportunità che sfruttino delle motivazioni umane reali. […] Mezzo, movente e opportunità creano – insieme – il nostro surplus cogniti-vo, a partire dal materiale grezzo del tempo libero. Il vero cambiamento nasce dalla nostra consapevolezza che questo surplus crea opportunità senza prece-denti, o meglio, permette per la prima volta nella storia di crearci queste oppor-tunità a vicenda. I bassi costi di sperimentazione e l'enorme base di potenziali utenti fanno sì che chi abbia un'idea che richiederebbe decine (o migliaia) di par-tecipanti possa ora metterla alla prova, a costi decisamente ridotti e senza dover chiedere il permesso a nessuno. Tutto ciò è già successo. È nuovo e sorprenden-te, ma il cambiamento fondamentale è completato. Quel che ancora non è suc-cesso, quel che tuttora è una questione aperta, è quale vantaggio deriverà dalla nostra capacità di trattare il surplus cognitivo mondiale come una risorsa condi-visa e cumulativa. L'esplosione di comportamenti creativi e generosi, potrebbe indurci a dare per scontato che se ne farà buon uso. Ma non è sempre vero. […] All'estremità civica dello spettro, invece, non possiamo pensare che si creino da soli nuovi tipi di attività socialmente vantaggiose. Creare una cultura della parte-cipazione con benefici più estesi per la società è più difficile che condividere foto divertenti. Saremo in grado di comprendere quel cambiamento sociale?” [Shirky 2010: 153-154]. E ancora: “La tecnologia continuerà a migliorare, e la popolazione continuerà a crescere, ma il cambio di rotta verso una maggiore partecipazione ormai c'è stato. Quel che più conta adesso è la nostra immagina-zione. Abbiamo davanti a noi, come individui e come collettività, un'opportuni-tà immensa; cosa ne faremo dipenderà in larga parte da quanto saremo capaci di immaginare e di premiare la creatività, la partecipazione e la condivisione pub-bliche” [Shirky 2010: 175-176]. Questi gli interrogativi che si pone e le soluzioni che cerca di proporre Shirky dopo avere analizzato gli ultimi sviluppi nella prati-ca del tempo libero oggi sempre più investito in tecnologie digitali. Preoccupa-zioni simili vengono espresse anche da Bennato in chiave “tecnoetica” chieden-dosi, una volta registrate queste odierne pratiche sociali delle tecnologie digitali, come possano le scienze sociali intervenire per uno sviluppo più etico non solo dei media digitali, ma della tecnologia stessa, in riferimento soprattutto al tema

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“delle regole deontologiche alla base delle professioni legate alla tecnologia”, “un tema piuttosto interessante destinato a crescere di importanza a mano a mano che si farà sentire in maniera sempre più forte l'influenza dei tecnici nella progettazione di relazioni sociali tecnologicamente mediate” [Bennato 2011: 123-151].

Precisato questo sviluppo nell'uso del tempo libero attraverso la tecnolo-gia digitale – ormai tanto studiato e condiviso in ambito accademico da far con-centrare molti studi anche su altre problematiche e preoccupazioni ad esso cor-relate, sull'etica, per esempio, come abbiamo appena visto – entriamo ancor più nel concreto del nostro caso ricalibrando il modello proposto da Lo Verde e mostrandone l'applicazione per vagliare pratiche di leisure tramite la tecnologia digitale che ne possano evidenziare, ad esempio, trend storici così come è stato fatto per i passati modelli sociali. La pratica di leisure dei membri di FCM è svol-ta in un ambiente pubblico o privato? È svolta in forma individuale o collettiva? Se fosse svolta in maniera individuale non avremmo bisogno del gruppo FCM, mentre invece per creare l'edizione italiana della rivista abbiamo bisogno degli altri e della sua struttura organizzativa, infatti si è in parte vincolati dai tempi del gruppo, come quando ci si dà appuntamento con gli amici per uscire o per an-dare a praticare qualche sport insieme o riunirsi a casa di qualcuno (ci sono delle scadenze da rispettare, le riunioni in Irc avvengono a una certa ora di una certa giornata, ovviamente decisa insieme, bisogna controllare la mailing-list almeno ogni tanto), in poche parole FCM Italia non è un'attività che si fa da soli. Così come la stessa location è un ambiente pubblico o privato? La location in cui si im-piega il tempo libero in FCM è più che altro un insieme di ambienti sociali di in-terazione, alcuni in parte pubblici, visualizzabili da tutti, come ad esempio la pa-gina del wiki “edizione” per la prenotazione delle attività di lavorazione, ma la maggior parte privati, su tutti la mailing-list e la cartella condivisa Dropbox. Par-leremo comunque della “territorialità” nelle community online proprio nel pros-simo paragrafo. Da quanto detto, le pratiche di leisure su internet, in base alla ti-pologia di attività, possono benissimo essere collocate su diversi quadranti e non solo nel terzo. Sarebbe interessante sviluppare una geografia evolutiva del-l'uso sociale e dell'investimento di leisure da parte degli individui in questi stru-menti. In particolare la pratica specifica di leisure di partecipazione a FCM po-trebbe essere collocata nello schema proposto da Lo Verde nel quarto quadran-te, cioè come attività svolta in ambiente privato ma in forma collettiva, come può essere l'andare a casa di amici a giocare a carte, e non collocata nel terzo quadrante, come potrebbe essere ad esempio l'attività di lettura di libri a casa propria.

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3.2 Spazio e territorio nelle comunità online

Paolo Garbin il 2 ottobre 2008 apre un thread nella sezione Community Council italiano nel forum della comunità italiana di Ubuntu dal titolo “Presen-tazione del gruppo di lavoro FCM” [§ Appendice]. Nel post d'apertura Paolo chiede espressamente che venga avviata la procedura di riconoscimento del gruppo FCM come ufficiale all'interno della Comunità italiana di Ubuntu. Paolo poi divide il messaggio in due punti. Nel primo presenta il gruppo. Prima traccia una breve storia del gruppo aggiungendo che “il gruppo non disponeva, ancora, dei mezzi di collaborazione attuali, quali il wiki e, ultimo in ordine di tempo, Launchpad, ma la volontà di contribuire era molto forte. Nel volgere di pochi mesi il gruppo si allargò e gli fu affidata, da parte di Milo Casagrande, una sezio-ne dedicata del Wiki in cui potessero essere definite le prime regole e procedure di lavorazione. Da allora queste ultime vengono affinate e adattate alle esigenze del gruppo (in continua evoluzione) e rese pubbliche nelle pagine del Wiki. Ogni momento della procedura di traduzione e l'organizzazione del gruppo sono stati documentati con chiarezza e trasparenza al fine di garantire a chiun-que di poter continuare questo progetto”. Dopodiché descrive il gruppo nel suo presente: “15 membri attivi e due in fase di valutazione. Di questi membri attivi, alcuni hanno ruoli di amministrazione su Launchpad, altri sul Wiki, altri sulla mailing-list. Ma - aspetto che riteniamo importante - non ci sono figure di co-mando all'interno del gruppo: tutti i membri sono allo stesso livello e colui che guida e coordina il gruppo è un 'primus inter pares'. Il gruppo FCM è un grup-po aperto a chiunque abbia una buona conoscenza dell'inglese e dell'italiano e tanta buona volontà, come specificato nella pagina 'Partecipare'. A tal fine colo-ro che si presentano come candidati, dopo aver firmato il Codice di Condotta, aver creato una pagina personale sul wiki e dopo essersi iscritti alla mailing-list del gruppo, devono superare una prova di ammissione prima di essere definiti membri effettivi: la prova consiste nel dimostrare di essere in grado d'interpreta-re correttamente i testi originali e a proporli in un buon italiano. Se non riesco-no a dimostrare queste capacità, i candidati vengono respinti: il tutto solo per

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salvaguardare l'ottimo livello di qualità della rivista Full Circle”. E poi presenta gli strumenti di lavoro in quel momento usati, in primis la mailing-list: “il grup-po si coordina attraverso l'uso della mailing-list. […] L'uso di questo strumento è as-solutamente essenziale e imprescindibile: attraverso di esso si è certi di poter raggiungere tutti i membri e organizzare al meglio il lavoro e costituisce il primario strumento di comunicazione con il gruppo. […] Il gruppo ha una sezione dedicata nel wiki che, oltre che per la presentazione delle attività e delle procedure, viene utilizzato intensamente per coordinare le prenotazioni di traduzione, revisione e impaginazione. Da alcuni numeri il lavoro di impaginazione e produzione del PDF finale viene portato avanti in maniera collaborativa da più persone anziché una sola. Chiunque nel gruppo può dare il suo contributo impaginando gli articoli tramite Scribus e in-viandoli su Launchpad in un apposito branch; da quest'ultimo gli altri impagina-tori possono prelevare tramite Bazaar il file dell'impaginato aggiornato e gli eventuali nuovi file. Il gruppo degli impaginatori si coordina tramite il wiki per prenotarsi le pagine da lavorare. A tutt'oggi abbiamo nel gruppo ben quattro impaginatori, che consentono un'agevole e rapida lavorazione su Scribus” (Il corsivo è nostro). Il secondo punto si intitola “Richiesta di avvio della procedu-ra di riconoscimento”, Paolo dichiara: “intendiamo chiedere che il gruppo, in quanto tale, sia ufficialmente riconosciuto dalla Comunità italiana di Ubuntu . […] Riteniamo im-portante questo traguardo. […] Il gruppo FCM, oltre al riconoscimento della sua ufficialità all'interno della Comunità italiana di Ubuntu, chiede di poter rimanere come sottogruppo del gruppo 'Traduttori Italiani di Ubuntu' e accanto all'altro sottogruppo 'Traduttori Italiani del software di Ubuntu', così come emerge dalla pagina relativa dei membri dei 'Traduttori Ita-liani di Ubuntu'. Non chiede un canale IRC separato, perché #ubuntu-it-trad è un ottimo punto di incontro con i traduttori del software, e al contempo chiede che rimanga intatta la mailing-list attualmente in uso”.

Il consiglio però aveva forti resistenze e dubbi, seppur con diverse sfu-mature all'interno di esso, nel rendere ufficiale e autonomo dal gruppo traduzio-ne il gruppo FCM (tanto da accendere un infuocato dibattito con i membri del gruppo FCM e non solo), come si vede dalla dichiarazione di Mdke: “Dall'inizio del gruppo, ho sempre pensato che sarebbe stato molto meglio che il gruppo non fosse ne' un gruppo separato ne' un sotto gruppo. Questo lo penso tutt'ora. Credo che i lavori di traduzione della rivista dovrebbero rientrare nello scopo del gruppo traduzione stesso. Credo che sia molto importante utilizzare la mai-ling list del gruppo traduzione. […] a me sembra inefficace che le due cose si sono sviluppate separatamente. Alla fine la rivista è un'iniziativa di traduzione come un'altra: ce ne potrebbero essere tante”. Rinforzato dall'altro membro del consiglio Saltydog: “Il punto principale è questo: la traduzione di FCM è un la-voro di traduzione vero e proprio, quindi sono d'accordo sull'impiegare le risor-se comuni. Laddove si differenzia FCM è nell'impaginazione grafica, e per que-

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sto è giusto che per tali funzioni specifiche sia un progetto del gruppo traduzio-ne”. Milo Casagrande, un altro membro del consiglio, ha una posizione a metà strada: “È necessario tenere conto di molti fattori […] e valutare fino a che li -vello di 'unione' si può arrivare”. Posizioni ancora più rinforzate da un'altra di-chiarazione di Mdke: “Si, secondo me sarebbe opportuno unificare le due mai-ling list. Capisco la preoccupazione di Milo, ma come ho detto sopra, a mio av-viso il problema si potrebbe evitare riducendo il traffico di messaggi in lista. Anzi, secondo me il passo di unire le due mailing list darebbe un ottimo incenti-vo a chi contribuisce a FCM di ridurre il traffico”.

La discussione si anima e i membri del gruppo FCM rivendicano che il loro sia riconosciuto come ufficiale. Forkirara: “Sono dell'idea che l'etichetta 'uf-ficiale' non sia solo un'etichetta. I volontari lavorano per poter contribuire a un progetto comune ma un riconoscimento è sempre apprezzato. Il contrario to-glie il divertimento e la motivazione al lavoro. Questo vale in un ambiente di vo-lontari ma anche in un ambiente lavorativo :)”. Saltydog replica: “Sono d'accor-do con te, in una comunità volontaria il riconoscimento è spesso l'unico ele-mento di remunerazione e di soddisfazione, pertanto è fondamentale. […] Occhio a non cadere nel tranello di scambiare il riconoscimento per un'affannosa ricer-ca di personale gratificazione. […] Ritengo che il lavoro svolto dal progetto FCM sia stato ampiamente riconosciuto e posto in visibilità da ubuntu-it. […] Sinceramente, rispedisco al mittente la tua accurata supplica di riconoscimento”. Forkirara replica ancora esprimendo il concetto, frainteso da Saltydog, in modo perfettamente limpido: “Probabilmente sono io che non mi sono spiegata bene. Con 'riconoscimento' non intendevo minimamente 'un'affannosa ricerca di per-sonale gratificazione' (addirittura 'affannosa'... non siamo mica messi così male:) ) ma un riconoscimento del gruppo in quanto tale. […] Ci congratuliamo fra di noi (è grave?). […] Comunque vediamo se riesco a spiegarmi. Quello che noi chiediamo è di essere inseriti come gruppo paritetico del gruppo Traduzione del software, presente all'interno dell'Ubuntu Italian Team (https://edge.launch-pad.net/~ubuntu-it/+members) cosa che non è”. Saltydog continua a non ca-pire: “Circa il discorso gruppi e launchpad, non lo capisco ancora (vedrò di do-cumentarmi meglio) e soprattutto non vedo come questo potrebbe essere un 'ri-conoscimento'”. Un altro membro Lydya rinforza e cerca di convincere il consi-glio sul rendere il gruppo FCM ufficiale basandosi sull'argomento dell'utilità: “- faccio parte del gruppo FCM italiano da qualche mese e non ho di certo l'inten-zione di andare a vedere le vicende passate. - non conosco come funzionano gli altri gruppi. - pensiero e obiettivo su cui mi baso sono: 'fcm tradotto in italiano è UTILE, soprattutto per gli utenti nuovi e/o che non sanno l'inglese'. E che: - il gruppo di fatto ha già spazio e strumenti della/nella comunità ubuntu italia, siamo ben citati nella pagina del gruppo traduzione (!), ma a quanto pare il no-

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stro non è ufficiale”. La discussione si prolunga e interviene anche Aldo Latino: “Accetto la critica, al contrario, secondo cui qualcuno non segua la listiquette (addirittura iniziare una nuova discussione all'interno di una diversa); ma questo è un problema personale, non del gruppo. Non mi sembrano motivi sufficienti per non dare quel giusto riconoscimento al lavoro paziente e faticoso che il gruppo compie ogni mese”. E con botte e risposte tra membri di gruppi diversi anche. Alessio: “Non me ne vogliano i traduttori di FCM ma... se il progetto non è ufficiale, perché il gruppo che se ne occupa dovrebbe essere citato come 'ufficiale'?” A cui risponde Leobloom: “Alessio è esattamente quello che vorrei sapere XD tu sei membro sia del gruppo doc sia del gruppo trad se non sbaglio, uno è ufficiale e uno no, giusto? Che cosa cambia tra i due? Il progetto FCM in-glese non è ufficiale ma noi effettuiamo le traduzioni in italiano. Stando a http://www.ubuntu-it.org/index.php?page=Struttura_Com, che a quanto scrive Luca è la sola pagina affidabile, noi siamo ancora dipendenti dal gruppo trad. Ora, un cambiamento di status per il gruppo trad tocca anche noi?”, a cui repli-ca ancora Alessio: “No Vito, sbagli: sono entrambi ufficiali, come puoi vedere, tutti e due i gruppi sono presenti qui” (corsivo non nostro). Conclude infine Aldo cercando di portare a frutto la discussione: “L'essere riconosciuti come gruppo ufficiale (nel senso che questo gruppo di lavoro è un gruppo di Ubun-tu-it che va aggiunto tra i membri di questa pagina) in realtà non porterà benefi-ci sconvolgenti, ma renderà merito all'operato svolto e da svolgere. […] Comun-que, io proporrei di arrivare a un punto di convergenza, sennò non ne usciamo. Cosa ci viene chiesto per essere riconosciuti come gruppo ufficiale? Mi pare che siano questi i punti (se non ne scordo qualcuno): 1) Rapporti col gruppo tradu-zione del software: rimanere un gruppo di attività di questo gruppo. Secondo me, va bene. Inquadriamoci come un'attività del gruppo Traduzione del soft-ware. D'altra parte non vedo alcuna difficoltà. Sempre che questo non pregiudi-chi il riconoscimento del gruppo in questa pagina [https://launchpad.net/~ubuntu-it/+members]. 2) Rivedere le regole, per un generale snellimento. È un lavoro che comporta tempo e impegno. Significa per noi rimettere in discussione delle procedure consolidate. Se si tratta di riscrivere e snellire le pagine wiki, la cosa è più semplice. Per l'accesso ai candidati ci pare che far fare loro due prove sia sufficiente per una valutazione. Magari accorpare le due traduzioni in un unico turno e senza tener conto della tipologia dell'arti -colo (uno tecnico e uno colloquiale). 3) Corretto uso degli strumenti. Sono pie-namente d'accordo per la mailing-list e la listiquette deve essere sempre e co-munque rispettata, evitando di aprire argomenti nuovi dentro argomenti che non c'entrano nulla o ancora evitando di riportare per intero la citazione di in-terventi precedenti, firme comprese: ragazzi, usate il copia e incolla e il tag <snip> o [cut] :-). Per Launchpad, permetteteci di continuare ad usarlo per l'impaginazione collaborativa. Chi lo sta usando per condividere quanto fatto su

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Scribus è una manna. Potremmo rivedere il sistema della segnalazione dei bug, tornando alla mailing-list oppure ad altri strumenti come l'osticket in prova per le segnalazioni del wiki. 4) Risolvere la conflittualità. Soluzione unica: "State buoni, se potete!" :D. 5) FCM != Ubuntu. Sì, certo: lo scriviamo in ogni numero della rivista! Ma un conto è la rivista, un conto è il gruppo italiano che traduce: mi sembrano due cose distinte. Io proporrei di sorvolare su questo punto, se ho ben capito la questione, per il motivo appena detto. Voglio dire: la Comunità ita-liana riconosce questa attività come sua, a prescindere dal fatto se Full Circle sia un progetto di Ubuntu o no”. Il consiglio a questo punto conclude la discussio-ne per prendere una decisione: “Ora propongo una cosa: il Consiglio produrra' un breve documento in cui elenchiamo quello che chiediamo dal gruppo. Terre-mo conto di tutte le osservazioni che sono state fatte su questo thread, e cer-cheremo di arrivare alla soluzione migliore. Per il momento chiudo questo th-read ma ovviamente se qualcuno ha delle domande particolari, puo contattare direttamente il Consiglio tramite email”.

Il gruppo FCM in sostanza vuole avere riconosciuta la sua identità come gruppo in sé. Ciò certo sempre come sotto-gruppo del gruppo traduzione ma comunque sempre come differente e autonomo da questo all'interno del portfolio di gruppi che compongono la Comunità italiana di Ubuntu. E in ciò inoltre es-sere riconosciuto dal coniglio, come uno stato che vuole essere riconosciuto dalla comunità internazionale. Ciò in che modo? Ciò è manifestato attraverso un simbolo, il disegno sul sito web della Comunità italiana di Ubuntu, che mostra accanto il gruppo traduttori anche quello FCM, e tramite l'inserimento in lista sulla pagina Launchpad della comunità italiana della voce gruppo FCM accanto agli altri gruppi (https://launchpad.net/~ubuntu-it/+members).

Fig.7

E per ribadire la sua identità di gruppo, questa sua ufficialità, il gruppo andrà anche ad apportare cambiamenti a sé stesso, come espresso nell'ultimo

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ConsiglioComunità

web

forumtrad

fcm

promo

mail

press

irc dev

test

doc

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post di Aldo. Inoltre ciò anche, come abbiamo letto, si è espresso con la rivendi-cazione di un'autonomia degli strumenti, sopra tutti la mailing-list. La mailing-li-st è uno spazio di comunicazione del gruppo, nonché di interazione del gruppo. I gruppi esistono perché tra gli individui esistono spazi di interazione, che pos-sono essere luoghi fisici o immateriali, come nel caso degli strumenti digitali. I luoghi fisici, come quelli digitali, sono piattaforme di interazione, un mezzo di interazione dove i singoli e i gruppi interagiscono. Comunque il mezzo esercita una certa influenza sugli individui e sui gruppi così come questi ne esercitano sul mezzo, indirizzandone la mutazione o usandolo in modi propri. Lo spazio di interazione del gruppo corrisponde all'ultimo punto della definizione operativa che Preece ha dato di comunità. Preece parla infatti di “environment” nella sua trattazione, cioè di ambiente fisico o digitale che sia, e dice che per essere un gruppo una comunità deve esserci anche “un contesto condiviso di convenzioni sociali, linguaggio e protocolli” e “avere accesso a risorse condivise e politiche per determinare l'accesso a queste risorse”. In particolare dice anche: “'Ambien-te fisico condiviso' evoca immagini di villaggi, città e luoghi locali di riunione. Ciò è una forte componente in molte definizioni e gli sviluppatori devono con-siderare cosa ciò significa per le loro comunità online” [Preece 2000: 13-14].

Sintetizzando quindi in modo figurato, il thread del forum si può vedere come una rivendicazione di autodeterminazione di un gruppo sociale che riven-dica la sua autonomia che si manifesta nell'indipendenza anche di un suo terri -torio dal gruppo madre, del possesso di questo, rappresentato da strumenti pro-pri, sopra tutti una mailing-list. E questo supporto tecnologico deve restare di proprietà del gruppo FCM.

FCM si estende non solo nei suoi confini di numero ad accesso limitato di membri, ma anche sulla mailing-list e su Dropbox. Dropbox è considerato un sotto-spazio degli impaginatori. Ma questo spazio si deve adattare a tutti per permette la convivenza di tutti e l'espressione dei proprie inclinazioni personali. È per questo motivo che è stato scelto Dropbox, nonostante lo spazio fornito gratis dal servizio, 2GB, sia inferiore ai 5GB del servizio di cloud offerto da Ca-nonical, Ubuntu One, che si integra perfettamente con Unity e Gnome 3. Ma per avere Ubuntu One bisogna installare “mezzo gnome” come ha scritto una volta Aldo Latino in mailing-list. Il sistema desktop è un'espressione dei gusti del singolo e, per non influire in scelte così personali, i membri hanno scelto di usare Dropbox perché installabile su tutti i sistemi desktop di Linux. Per chi non è abituato a Linux, troverà strano ciò, ma su Linux infatti esistono molti si -stemi desktop diversi, come le macchine di formula uno con motore uguale ma telaio differente. I più noti sistemi desktop sono Gnome, KDE, che (in modo maggiore KDE) sono anche i due che drenano più risorse di memoria ram, poi vi è un più leggero Xfce, e il leggerissimo LXDE e il peso piuma Fluxbox, i quali permettono anche a vecchissimi computer efficienti prestazioni. Lo stesso

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Ubuntu, tradizionalmente con Gnome, si declina in Kubuntu con KDE, Xu-buntu con Xfce, Lubuntu con LXDE. Attualmente a causa della nuova versione Gnome 3, ancora non ritenuta sufficientemente stabile, Ubuntu ha optato di de-fault per un suo sistema desktop chiamato Unity. Ciò ha scontentato molti uten-ti. Tuttavia ciò non ha impedito agli utenti di installare le altre versioni desktop di Ubuntu o di migrare su Linux Mint. Comunque il sistema desktop è molto personale, dipende prima di tutto dai gusti personali, così come dal tipo di com-puter che si ha o delle prestazioni che si vogliono avere. Anche le stesse persone su diversi computer hanno installati diversi sistemi desktop. La stessa variabilità di desktop è presente tra i membri di Fcm e per salvaguardarla i membri hanno deciso di non passare a UbuntuOne per quanto questo sia un “prodotto Ubun-tu” e abbia più spazio gratuito di archiviazione. Il territorio-tecnologia in tal modo si piega per lasciare che il gruppo esprima in libertà i gusti dei suoi mem-bri.

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3.3 Cattedrale o bazaar? O solo attrezzi nella scatola?

Il Consiglio però contesta a Paolo e al gruppo un altro elemento interes-sante. Prima infatti che il consiglio si esprimesse sulle richieste del gruppo avan-zate da Paolo, Saltydog chiede: “A lucro di tempo potresti intanto dirci come (e a chi) sono distribuiti i grant di amministrazione degli strumenti che impiegate (ML, Wiki, LP, ecc.)? In particolare, noto che l'apposito branch su launchpad-code è inaccessibile, pertanto è chiuso ai membri (ritengo). Chi amministra an-che questo?”. Paolo allora scrive a Saltydog che lo avrebbe aggiornato via mail. Al ché Saltydog: “Perchè via mail? Le amministrazioni degli strumenti sono e devono essere note a tutti, credo”. Paolo così posta anche nel forum il messag-gio inviato in privato al membro del consiglio: “Per quanto riguarda la ML: I due amministratori, pari livello sono Paolo Garbin (paolettopn) e Aldo Latino (aldolat). Non ci sono altri grant ( tipo moderatore, ecc..) per i restanti membri e sottoscrittori del gruppo di lavoro. Per quanto riguarda Launchpad: I tre ammi-nistratori, pari livello sono Paolo Garbin (paolettopn), Aldo Latino (aldolat) e Mara Sorella (maruscia). I restanti membri del gruppo sono normali utenti LP, senza altri grant”, poi sulla rilevazione che l'apposito branch su launchpad-code era inaccessibile: “Esatto, è stato fatto per proteggere i dati della lavorazione in corso. La scelta è stata fatta con una regolare riunione del gruppo”. Interviene poi l'altro membro del consiglio Mdke: “Avendo seguito da un po la mailing list e letto attentamente le varie pagine sul wiki, a mio avviso le procedure del grup-po sono un po' troppo complicate. […] La procedure per accesso di nuovi candidati e' troppo formale secondo me: ha scadenze, dei turni rigidi, e comporta delle votazioni. Secondo me una procedura cosi "militare" non e' utile per valutare se una persona ha le abilita' neces -sarie. La procedura del gruppo traduzione dove degli amministratori valutano i suggerimenti di traduzione dei candidati e' piu sciolto e piu sano secondo me. Per questo motivo l'unio-ne con il gruppo traduzione porterebbe dei vantaggi perche' la procedura po-trebbe essere la stessa. Per me questo aspetto e' molto importante perche' facili-tare nuovi contributori e' una delle cose piu importanti a cui dobbiamo pensare durante questa discussione” (Il corsivo è nostro). Stesso parere sulle regole, Sal-tydog: “Occorre semplificare un processo eccessivamente appesantito da regole e scambio di comunicazioni, rendendolo per quanto possibile più snello e meno resource-demanding. E questo probabilmente si può ottenere ereditando dal pro-

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cesso padre (gruppo traduzione), le regole e le modalità di lavoro”. A queste af-fermazioni replica Forkirara: “Io sono abbastanza nuova del gruppo e non ho trovato affatto le regole complicate :). Piuttosto le ho trovate organizzate, il che denota un'attenzione ai particolari e alle procedure per la riuscita, nei tempi, del-la rivista. […] La traduzione del software e della documentazione è molto differente da quella di FCM. Nel software o nella documentazione non troverai mai slang o espressioni colloquiali. Il fatto di avere una mailing list separata ci agevola non poco. […] Io sono stata sottoposta a queste regole che tu definisci 'formali' e le trovo efficaci. Nella prima prova bisogna tradurre un articolo tecnico, nella se-conda uno colloquiale con slang. Queste prove assicurano una valutazione com-pleta del candidato. Anche dare delle scadenze è necessario. Bisogna ricordarsi che FCM esula dalle altre traduzioni del gruppo traduzioni in quanto ha delle scadenze strette di 28 gg. tra inserimento pagine, traduzione, revisione, impagi-nazione e pubblicazione. Se le persone del gruppo dimostrano di non saper ri-spettare le scadenze, è meglio che migrino verso altri progetti con tempi un po' più dilatati”.

Su questo l'aspra reazione di Saltydog che esprime un'analisi molto im-portante: “Non temo smentite nel sostenere che NESSUN gruppo (ufficiale o meno) di tutta la comunità sottopone i candidati a due 'sessioni di prova d'esa-me' per l'adesione. Per accedere a un posto di dipendente pubblico, forse ne ser-vono meno... Mi piacerebbe, tra l'altro, conoscere quali sono i requisiti dei com-ponenti la Commissione Giudicatrice, visti quelli richiesti ai candidati! Ti faccio l'esempio del Gruppo Web. Dopo aver verificato la rispondenza del candidato con i requisiti di base scambiamo alcune chiacchiere con lo stesso e lo mettiamo subito al lavoro, in una situazione di "prova sul campo". Sarà lo stesso candida-to così a dimostrare la sua validità per il processo produttivo del gruppo. Dopo un breve periodo, una mail in ML è sufficiente per metterci tutti d'accordo sul-l'accettazione del nuovo candidato. Mi sembra semplice, efficace e soprattutto non incute al candidato un inutile e inesistente timore reverenziale verso una struttura che - secondo me - ritiene troppo pesante. Qui siamo nel bazaar, non nella cattedrale! Se tu ritieni 'semplici' le procedure di ingresso in FCM, probabil-mente non hai partecipato ampiamente ancora a questa comunità, come devo supporre visto che questo è il tuo primo messaggio sul forum, elemento centra-le di discussione, di confronto e di supporto”. Forkirara replica: “Per quanto ri-guarda le regole di entrata mi sembra che tu non stia tenendo conto della pecu-liarità di FCM. Tradurre un articolo tecnico è molto diverso da tradurne uno colloquiale. Se aggiungi anche il fattore “tempo” le cose si complicano. Le pro-cedure di ingresso in FCM ci permettono di valutare tutti e tre gli aspetti. Non potremmo dare due articoli nella stessa edizione, da fare in 10 giorni, perché sa-rebbe troppo. Quindi si diluiscono in due edizioni (sempre per la variabile tem-po). Non mi sembra, comunque, che qualcuno si sia mai intimorito. L'esempio

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che riporti del gruppo Web non è applicabile al nostro gruppo. Fare “quattro chiacchiere” con il candidato non ci dice nulla sulla sua capacità di traduzione (sia tecnica che colloquiale) né sulla sua velocità di consegna. Nel gruppo Web, inoltre, la valutazione è più basata sulla tecnica (questo lo presumo perchè, es-sendo chiuso ai volontari, non ho potuto verificare le regole di accesso). Inoltre non esiste una “Commissione Giudicatrice”. Tutti i traduttori ufficiali devono leggere le prove dei candidati e dare un giudizio in ML (+1 o -1). Tieni conto che anche noi siamo sottoposti a revisione. Un membro del gruppo traduce e poi il testo viene revisionato da un altro membro. E quando esce l'edizione beta, tutti i membri ricontrollano gli articoli e segnalano eventuali bug in Launchpad o in ML. Sembra più complicato dirlo che farlo. Però devo ammettere che il tut-to funziona benissimo :)”. Riprende il discorso anche Deindre: “Riguardo le re-gole di ingresso, è vero sono molto articolate. Voglio ricordare in questa sede che le prove così articolate sono nate successivamente alla fondazione del grup-po, a seguito di problemi nelle traduzioni. Sebbene sia stata una delle promotrici di questo sistema, che reputo quindi valido, confido che, nel caso di un auspica-to rientro in seno al gruppo traduzione, chi di dovere abbia gli strumenti per va-lutare le capacità di traduzione e resa linguistica di coloro che vogliono parteci -pare al progetto”. Alle quali si aggiungono le osservazioni di Ic3d, “Le procedu-re per l’accesso sono state codificate nel corso del tempo, migliorandole varie volte. Sono del parere che tradurre articoli di una rivista sia diverso da tradurre messaggi: il livello della traduzione deve quindi essere superiore ad una normale conoscenza dell’inglese (che basta per tradurre messaggi di programmi). Non è opportuno rinunciare alla qualità della traduzione: se una rivista è tradotta male, nessuno la legge. Il timore, mio come del gruppo, è quello che semplificando l'accesso, la qualità delle traduzioni si abbassi. Si potrebbe consentire l'accesso a tutti i traduttori (in ottica di miglioramento comune di tutta la comunità dei tra-duttori), però qui ci scontriamo con la seconda differenza, il tempo a disposizio-ne: FCM esce ogni mese, Ubuntu ogni 6 mesi. Essere 'veloci' e 'precisi' nella tra-duzione sono i primi crucci: 'veloci' perché una rivista vecchia non la legge nes-suno, 'precisi' perché sennò il revisore deve buttare l'opera del traduttore e ri-scrivere l'articolo da zero. Non corrisponde al vero comunque che il tempo sia impiegato a far rispettare le regole, piuttosto che al lavoro stesso. Per verificare questo, basta 'fare un giro di rilascio' su FCM per un numero o due”. Ancora un altro membro Lydya: “Trovo che il metodo applicato finora per l'ingresso nel gruppo sia adeguato (valutazione di alcune prove = "prove sul campo" e poi possibilità di voto da parte di tutti i membri = "democratico"); perché vi sembra "militare"? per quanto riguarda i tempi tenete conto che essendo in pochi abbia-mo deciso di prendere solo due candidati per volta e che rispettiamo le scaden-ze di pubblicazione che ci autoimponiamo per cercare di seguire "ad un passo di distanza" la cadenza mensile della versione originale”. E poi Elw0od: “Ben ven-

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gano consigli e proposte per la risoluzione dei problemi se servono a migliorare il lavoro e l'ambiente del gruppo, ma di preciso a cosa ci si riferisce?Di fatto è la mia prima esperienza in una realtà simile e non ho altri termini di paragone per farmi un'idea più chiara. Se si riferisce al discorso delle due prove lascio in breve la mia esperienza, relativamente recente, a riguardo. Senza ripetere i diversi ac-cenni alla qualità già fatti da altri, vorrei precisare che effettivamente le prove sono due, ma non vedo la rigidità esagerata di cui si è parlato. Mi ha sempre la-sciato positivamente impressionato il fatto che non si tratta né di un giudizio saccente che si da al candidato né di una sorta di "bocciatura", basti pensare che le poche prove dei candidati che non sono state ritenute positive sono state ugualmente inserite nell'iter che porta alla revisione. Le mie prove non sono sta-te diverse dal lavoro che poi mensilmente mi trovo tra le mani. Il fatto di essere due tra l'altro permette di misurarsi con articoli e quindi con una lingua con un taglio ed un registro diversi, che magari non sempre si riesce a trovare in un solo numero di FCM. Più che una strettoia per me è stato un aiuto”. Leobloom: “Regole d'accesso marziali: bene, essendo io finora l'unico membro FCM che, salvo rare emergenze, si occupa solo ed esclusivamente delle revisioni (senza al-tri incarichi) posso scrivere e ripetere mille volte che un articolo tradotto male è inservibile, mi è capitato troppe volte, specie agli inizi, di dovere riscrivere da zero un articolo già tradotto e consegnato (molto spesso in ritardo). Volendo posso essere d'accordo sul modificare le modalità di traduzione e revisione (chi ha un metodo migliore della wiki si faccia avanti ma se queste funzionano bene perché cambiarle?) ma non sono assolutamente d'accordo nel cambiare di una virgola i modi di giudizio di un candidato. Nei commenti sopra hanno già scrit-to molti punti a favore del nostro metodo, non li ripeto. Aggiungo solo che, a differenza della traduzione di una guida dalla wiki internazionale (cosa che molti ragazzi del gruppo traduzione fanno), noi di FCM abbiamo tempi molto più ri-gidi e stretti da rispettare e se facciamo un errore quello è e quello rimane. Una pagina wiki può essere cambiata e aggiornata al volo e anzi chi la usa sa già che questa è una particolarità della wiki, un pdf purtroppo è molto più rigido e a meno che non si tratti di errori clamorosi non vorrei dover contattare Ronnie per far sostituire il pdf ogni volta”. Infine, nella sintesi finale, Aldo propone una convergenza da ambo le parti, del consiglio e del gruppo, sul rivedere le regole per “un generale snellimento”. “È un lavoro che comporta tempo e impegno” riconosce Aldo, “Significa per noi rimettere in discussione delle procedure con-solidate. Se si tratta di riscrivere e snellire le pagine wiki, la cosa è più semplice. Per l'accesso ai candidati ci pare che far fare loro due prove sia sufficiente per una valutazione. Magari accorpare le due traduzioni in un unico turno e senza tener conto della tipologia dell'articolo (uno tecnico e uno colloquiale)”.

Insomma la discussione parla da sé, non c'è molto da chiarire. Spiegano

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già tutto i partecipanti alla discussione. Il gruppo FCM si è costruito spontanea-mente con strumenti partecipativi, in un contesto di economia del dono, all'in-terno di una grande comunità open source, sotto molti aspetti come stile catte-drale ma rimanendo per altri stile bazaar – usando la terminologia di Raymond – rispetto agli altri gruppi della comunità italiana di Ubuntu [Raymond 1999]. E sottolineamo in modo spontaneo. Procedure rigide nelle varie fasi e restrittive politiche di gatekeeping all'accesso per i nuovi membri, rispetto alla partecipa-zione in un processo di progettazione del software. Saltydog riconosce la diver-sità, così come gli stessi membri di FCM (seppur da un punto di vista opposto), rispetto al modo di lavorare degli sviluppatori web e dei traduttori del codice, i quali presentano un modo molto più informale e disordinato di partecipazione. Ma FCM non è un software, come rivendicano gli stessi membri FCM, ma un prodotto culturale, una rivista. La fase più bazaar di tutte era, ed è ancora, la creazione della versione alpha e beta della rivista, mentre la fase più a cattedrale era l'accesso al gruppo. Nella correzione della fase alfa e beta, tutt'ora c'è la massima libertà, infatti nel gruppo chi vuole, se vuole e quando vuole, contem-poraneamente agli altri, senza prenotarsi o dirlo a tutti, può segnalare i bug di traduzione nella mailing-list. Per le altre fasi le procedure sono molto più rigide, avendo scadenze, procedure di prenotazione e altre norme nello sviluppo del la-voro, organizzato come una rigida catena di montaggio come si vede nella pagi-na “edizione” del wiki. Osserviamo che la cosa che hanno rinfacciato i membri al consiglio è che con questi aspetti stile cattedrale “il tutto funziona benissimo”. Una delle motivazioni di ciò, come si vede dalle affermazioni, è il voler ridurre i fallimenti provocati da un accesso totalmente aperto. Insomma il gruppo rivendica che sia necessario il bisogno di un controllo più alto rispetto agli altri modelli di gestione del lavoro nel software, giustificato in ciò dalla na-tura del prodotto stesso.

Anche se non immediatamente, a seguito della discussione il gruppo co-munque si è ricalibrato spostandosi un po' più verso un modello bazaar nelle politiche di accesso al gruppo, riformulando in parte le sue regole ma mante-nendo la sua struttura di catena di montaggio e la sua autonomia dagli altri gruppi. Il 28 maggio del 2009 infatti, Aldo Latino, apre un thread dal titolo “[ubuntu-it-fcm] Ripensamento regole del gruppo e wiki”. Di seguito riportia-mo il testo:

Ho in mente da diverso tempo di rivedere tutte le procedure del nostro gruppo in base a quanto alcuni mesi fa il Consiglio ci fece notare nel thread del forum [1] in cui chiedevamo il riconoscimento del nostro gruppo come ufficia-le insieme agli altri. Non hanno torto quando ci dicono che certe procedure sono da rivedere per eccessiva richiesta di tempo e di risorse e che alcune regole sono troppo prolisse: sì, penso che debbano essere più flessibili, come notavo già a suo tempo a fine thread.

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Voglio precisare che questi cambiamenti che vi propongo non sono tesi all'e-saudimento della richiesta che facemmo: a prescindere da essa, ritengo che il gruppo vada ripensato un attimino.

Inoltre, per quanto riguarda il wiki stesso, ci sono un bel po' di cose da aggiornare perché obsolete.

Vi scrivo per avere un vostro parere: si intende che sono solo idee in gesta-zione.

1. Accesso al gruppo FCM

Per accedere al gruppo, oltre ad aver preso visione della struttura della Co-munità Ubuntu-it, alla firma del CdC e alla creazione di una pagina wiki per-sonale, semplicemente basta fare richiesta di affidamento di un articolo nel-la mailing-list. Si verrà introdotti subito da un amministratore nel turno in corso se c'è spazio. Viene quindi eliminato il concetto di due turni di prove necessari così come che l'articolo debba essere di un certo tipo: un articolo qualsiasi e un turno sono sufficienti. Alla fine della traduzione, il reviso-re espone un giudizio in mailing-list e l'amministratore valuta se assegnar-gli un ulteriore articolo. Non esiste più il concetto di votazione all'inter-no del gruppo. Considerate anche il fatto non proprio edificante quando un revisore valuta positivamente una traduzione e un altro revisore negativamen-te: uno dei due generalmente sbaglia.

2. Leziosità e traffico spesso superfluo nelle email

Evitiamo per quanto possibile nella mailing-list messaggi di complimenti, sa-luti, felicitazioni, ecc. Limitiamoci allo stretto necessario per il lavoro, mettendo in pratica al massimo la Listiquette.

Per i complimenti possiamo scrivere in privato. La mailing-list sia usata come strumento di lavoro e basta.

Suggerimento personale extra: semplifichiamo al massimo le firme apposte in calce ai messaggi diretti alla lista. :)

3. Riunioni

La pagina delle riunioni va riscritta di sana pianta. Non deve esistere il concetto di riunioni in mailing-list: in mailing-list si lavora per le tradu-zioni e le comunicazioni di servizio. Le riunioni vanno convocate per discu-tere e per confrontarci "dal vivo". Questa email, ad esempio, doveva essere oggetto di riunione.

4. Revisioni in mailing-list

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Ci è stato proposto di tornare alle revisioni in mailing-list. Non sono d'ac-cordo con le revisioni di tutti i membri via email, ma di quelle degli aspi-ranti traduttori forse sì. Anche se devo dire anche che l'attuale metodo fun-ziona bene. Tra l'altro ci è stato detto che produciamo un alto traffico inu-tile (non "alto traffico", ma "alto traffico inutile"): se passiamo le revi-sioni in ml, lo decuplichiamo.

Non ho ancora maturato una convinzione su questo punto. Cosa ne pensate?

5. Integrazione con tutta la Comunità di Ubuntu-it

Sinceramente questo è il rilievo che più mi fa male (credo non sia stato ri-levato dai membri del Consiglio): i precedenti sono note tecniche facilmente risolvibili. Dire che non siamo integrati suscita un po' di preoccupazione, anche perché non è - credo - nella mente di nessuno lavorare distaccati dalla Comunità di Ubuntu-it. Noi esistiamo in essa e lavoriamo per essa. Non saprei sinceramente in cosa diamo l'idea di essere "a prescindere": se avete idee per migliorare questo aspetto che ben vengano.

Una, forse, potrebbe essere quella di comunicare, una volta uscita la nuova traduzione, agli admin di forum e web il nuovo numero?

Probabilmente avrò dimenticato qualche punto. Verrà in mente col tempo.

Se rispondete, per favore quotate esclusivamente il titolo cui fate riferi-mento e/o la frase precisa, non tutto il punto! :)

[1] http://forum.ubuntu-it.org/index.php/topic,221374.0.html

Anche il consiglio fu avvisato il 22 luglio 2009:

Ciao a tutti,

con questa email, che mando in CC al Consiglio, riapro la discussione non an-cora conclusa per presentarvi in maniera più precisa le mie idee di ripensa-mento delle regole del gruppo.

A queste idee si unisce anche Paolo Garbin, con cui ho discusso a lungo.

Considerate che i gruppi di Ubuntu-it non hanno prove di ammissione con due turni e soprattutto non hanno alcun automatismo (cioè due turni di prove con successiva, immediata, necessaria votazione).

Dopo essermi documentato sui vari gruppi, ho capito che anche per FCM si pos-sono adottare regole simili, più semplici, che qui sotto vi propongo.

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PROGETTO DI MODIFICA ALLE REGOLE DEL GRUPPO FCM

INTRODUZIONE

Il progetto FCM, così com'è impostato adesso, appare come un gruppo retto da eccessive regole e norme che limitano l'accesso *libero* di chiunque voglia dare una mano, anche una soltanto. L'idea che si debbano sostenere due prove e che quindi si verrà approvati solo dopo almeno due mesi è un forte demoti-vante per coloro che invece vorrebbero partecipare anche solo per qualche nu-mero oppure saltuariamente.

Da più parti, poi, tra i membri di Ubuntu Italia, sono stati sollevati rilie-vi su diversi aspetti: pensate solo alla discussione del forum in cui si chiedeva l'ufficialità.

Ritengo necessario un ripensamento delle impostazioni del gruppo.

La mia idea è di semplificare l'accesso al gruppo dando a tutti la

possibilità di intervenire senza particolari procedimenti burocratici e prove da affrontare.

Chiunque può dare il suo aiuto, fosse anche uno soltanto, senza alcun obbli-go: quando ha tempo e voglia può sempre partecipare alla traduzione. Per in-tenderci, possiamo chiamare questi volontari come "collaboratori".

Nel gruppo, poi, ci sono i "membri stabili", quelli che, sacrificando un po' più di tempo per il progetto, hanno dimostrato di partecipare attivamente a quasi tutti i numeri della rivista. Anch'essi sono ovviamente su base volon-taria e sono anch'essi collaboratori, ma hanno l'intenzione di dare una forte spinta per l'uscita mensile della rivista italiana.

Coloro che tra i collaboratori dimostrano nel tempo di voler dare un contri-buto continuativo saranno successivamente e senza alcun

automatismo considerati "membri stabili" (secondo le modalità che vi spieghe-rò) e quindi approvati su Launchpad: quello che deve interessare è sempre e solo il lavoro di traduzione.

La differenza che corre tra collaboratori e membri stabili è che i secondi revisionano e votano.

Da quanto detto, spero che emerga che tutti coloro che collaborano anche sal-tuariamente e la cui traduzione viene giudicata positiva dai revisori sono considerati traduttori della rivista: i nomi di tutti coloro che hanno dato il loro aiuto saranno inseriti nel PDF finale.

Al contrario, quindi, di come funziona adesso in cui bisogna entrare tra i

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membri ufficiali per essere considerati traduttori.

Si pensi, poi, al caso di una persona che volesse dare una mano solo per im-paginare. Di certo sarebbe un aiuto prezioso. Ma come conciliare la sua ri-chiesta col fatto che bisogna sostenere due turni di prove? Per impaginare non serve saper tradurre articoli "in stile colloquiale" o "di tipo tecnico".

ATTUALI MEMBRI STABILI DEL GRUPPO

Coordinatore:

* Paolo Garbin

Membri stabili:

* Aldo Latino

* Antonino Arcudi

* Antonio Piccinno

* Cristina Franzolini

* Dario Cavedon

* Fabrizio Giacosa

* Gerardo Di Giacomo

* Lidia Pellizzaro

* Luca De Julis

* Luca Saba

* Marco Letizia

* Michele Azzolari

* Mirco Paronetto

* Quinta Tien

* Teo Cocetta

* Vito Tigani

La figura del "Responsabile delle comunicazioni" viene abolita, perché non se ne vede la necessità. Se il suo compito è solo quello di inviare una email all'amministratore di FCM internazionale, questo compito può farlo benissimo uno degli amministratori su Launchpad.

Per cui Maurizio può decidere se rimanere nel gruppo come membro

stabile, attivo in uno dei settori, con le stesse norme che regolano l'appar-tenenza.

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APPARTENENZA AL GRUPPO

L'appartenenza al gruppo si intende per un anno. L'elenco dei membri stabili è tenuto solo su Launchpad. Chi tra i membri stabili dimostra durante l'anno impegno costante, verrà rinnovato alla scadenza.

I SETTORI DI ATTIVITÀ

È sufficiente impegnarsi in una di queste attività per essere

considerati collaboratori:

* traduzione

* revisione

* impaginazione.

COME PARTECIPARE AI LAVORI

Per i "membri stabili" non cambia nulla. Continueranno a dare il loro contri-buto come sempre.

Viene abolita, invece, la figura del "Candidato". Non c'è alcuna

promozione da fare né esami da sostenere. Quello che preme sottolineare è evitare in ogni modo l'automatismo del passaggio da collaboratore a tradutto-re "ufficiale", quasi fosse qualcosa di guadagnato e di cui si abbia dunque diritto: quello che interessa al gruppo è che soltanto si facciano le tradu-zioni/revisioni e che si impagini; tutto il resto è solo appesantimento e inutilità. Chiunque sappia tradurre dall'inglese può liberamente partecipare.

I requisiti per partecipare sono:

* firma del Codice di Condotta;

* creazione di una pagina sul wiki;

* iscrizione alla mailing-list.

Si presenterà in mailing-list e dirà di voler contribuire. Gli si dirà di prendersi un articolo ancora libero nel wiki e di consegnarlo entro una certa data, tenendo conto che dovrà seguire ancora la revisione.

Del wiki, tutte le pagine saranno pubblicamente accessibili (compresa quella Edizione), escluse quelle con il testo delle traduzioni e revisioni: non è bello che un testo ancora acerbo sia di pubblico dominio.

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Quando il collaboratore avrà finito, invierà in ml il testo e uno dei tradut-tori stabili lo incollerà nella pagina wiki dell'articolo. Il testo verrà re-visionato come al solito.

Nei mesi successivi, i collaboratori, che hanno già partecipato ad un numero e che vogliono ancora contribuire, non dovranno più presentarsi, ma essi stessi potranno prenotarsi nella pagina Edizione.

PASSAGGIO A MEMBRO STABILE

Quando il collaboratore avrà dimostrato di partecipare in maniera

continuativa e seria ai lavori del gruppo (traduzioni, revisioni, aiuto in mailing-list, ecc.), potrà fare richiesta di ingresso tra i membri stabili. La sua richiesta sarà vagliata con votazione dei membri stabili e, se avrà esito positivo, continuerà comunque a fare quello che ha sempre fatto come collaboratore (con la possibilità in più del voto per le decisioni comuni e delle revisioni).

Questo sistema ci garantisce che non ci sfugga un possibile collaboratore che magari si spaventi davanti al fatto che deve affrontare delle prove oppure che qualcuno (bravo, magari) possa collaborare per un periodo soltanto. Il fatto di dover sostenere delle prove è un deterrente per l'ingresso; magari per noi non lo sarà stato, ma per altri sì.

Se si prende ad esempio il caso della Quinta Tien, questo sistema sarebbe stato perfetto: non c'era bisogno di far diventare membro stabile del gruppo una classe scolastica (che per sua natura cambia di continuo), ma comunque avrebbe partecipato attivamente alla traduzione.

Con questo sistema, qualunque classe scolastica potrebbe partecipare, senza orpelli burocratici ma semplicemente proponendosi in mailing-list.

ANNUNCIO DELLA PUBBLICAZIONE

Quando il PDF italiano sarà stata pubblicato sul sito internazionale, si av-viseranno le mailing-list web, forum e promo perché venga pubblicizzata nei rispettivi settori, cioè l'home page, la striscia degli annunci del forum e la Newsletter.

FREQUENTLY ASKED QUESTIONS (F.A.Q.)

D. "Togliendo le prove di ammissione, la qualità del lavoro scenderà."

R. La qualità del lavoro non può scendere perché nel gruppo ci sono membri di alto livello. Chi desidera collaborare alla traduzione, collaborerà traducen-do, non revisionando. L'unica ragione per tenere ancora le prove è quella di soddisfare il nostro desiderio di poter giudicare qualcuno.

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D. "Ma in questo modo rischieremmo di dover fare un immane lavoro di revisio-ne!"

R. No, perché se quel testo non fosse stato tradotto dal collaboratore, in ogni caso qualcuno dei membri stabili lo avrebbe dovuto tradurre di sana pianta. Quindi i casi sono due:

1. Il testo è tradotto bene: la revisione non sarà un problema.

2. Il testo viene tradotto male: la revisione sarà più impegnativa, ma non sarà più difficile di una traduzione solita. Se quel collaboratore non si fosse presentato, i membri stabili l'avrebbero dovuta tradurre lo stesso.

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Ubuntu. Linux for human beings. ;)

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Quindi dopo una discussione con votazione, le regole furono modificate, sem-pre con un messaggio di Aldo Latino del 30 luglio 2009:

Ho appena finito di completare la modifica delle nostre pagine wiki che ora riflettono le nuove procedure.

Tutte le pagine del nostro wiki sono accessibili a chiunque, tranne quelle degli articoli. Come avevo detto, soltanto i membri approvati su Launchpad ora possono leggerle e modificarle, gli altri non hanno accesso alcuno.

Vorrei però la conferma che Luca_De_Julis e Mirco_Paronetto riescono ad acce-dere in lettura e scrittura alle pagine degli articoli (basta che proviate con uno soltanto). Fatemi sapere in risposta a questo messaggio.

Per quanto riguarda Luigi Di Gaetano, possiamo già partire con te con le nuo-ve regole. Luigi, tu non devi sostenere più alcuna prova: *sei già parte del gruppo*. Se vorrai, potrai partecipare ogni mese alla traduzione o comunque quando vorrai. Se decidi il prossimo mese di contribuire ancora, potrai pre-notarti direttamente nella pagina Edizione perché già ti sei presentato. Quando finisci, invia la tua traduzione in un messaggio in mailing-list. Al resto ci penseranno i membri stabili, che fanno anche da revisori.

Se darai prova di continuità e qualità nel lavoro, potrai fare richiesta di ingresso tra i membri stabili. Trovi ogni informazione sul wiki.

Infine, siamo in attesa di completare il trasloco della mailing-list al nuovo dominio. A breve riceverete comunicazione anche di questo. Vi terremo infor-mati.

Buon lavoro a tutti. :)

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La forma attuale del gruppo, la sua cultura è il frutto di una storia, di cri-si, ripensamenti, dibattiti accesi, scontri con “entità” istituzionali come il Consi-glio, si concretizza in membri fondatori, come Paolo Garbin, che diventano il simbolo di quella continuità e che incarnano i valori del gruppo.

Come dice la Swidler la cultura è come una “cassetta degli attrezzi”, dalla quale gli individui ricavano gli attrezzi in base alla circostanza per affrontare le situazioni della vita. “Una cultura, quindi, non è un sistema unificato che spinge l'azione in una direzione coerente, ma piuttosto somiglia a una 'cassetta degli at-trezzi' o a un repertorio da cui gli attori estraggono elementi diversi per costrui-re linee d'azione. Sia gli individui sia i gruppi sanno infatti muoversi diversamen-te in circostanze diverse”. Se “la cultura fornisce gli strumenti grazie a cui le persone costruiranno linee d'azione, allora gli stili o le strategie d'azione saranno più durature, più stabili degli scopi e gli attori terranno in considerazione quegli scopi per cui il loro equipaggiamento culturale è adeguato”. In ciò Ann Swidler distingue tra due modelli che rappresentano due momenti per una società. Un primo momento detto “vite instabili” che riguarda un periodo caratterizzato da mutamenti sociali. “I periodi di trasformazione sociale sembrano fornire la pro-va allo stesso tempo più e meno significativa dell'influenza della cultura sull'a-zione sociale. […] In questi momenti, le ideologie – sistemi di significato esplici-ti, articolati ed estremamente organizzati di tipo sia politico che religioso – stabi-liscono nuovi stili o strategie d'azione. Infatti, mentre le persone stanno imparan-do nuovi modi di organizzare l'azione individuale e collettiva facendo pratica di consuetudini a loro estranee finché non diventano familiari, la dottrina, il sim-bolo e il rituale modellano direttamente l'azione. Presupposto di questo modello è l'esistenza di un continuum dall'ideologia alla tradizione, al senso comune. Un'ideologia è un sistema rituale consapevole molto articolato che aspira ad offri-re una risposta unica ai problemi dell'azione sociale. Potremmo pensare l'ideolo-gia come una fase nello sviluppo di un sistema di significato culturale. Le tradi-zioni, invece, sono credenze e pratiche culturali articolate ma date per scontate, al punto che sembrano essere inevitabilmente parte della nostra vita. Varie piut-tosto che unificate, parziali piuttosto che onnicomprensive, non sempre ispirano un consenso entusiastico. Tuttavia, le tradizioni […] sembrano istituite nell'ordi-ne delle cose. […] Uno stesso sistema di credenze, ad esempio una religione, potrebbe essere considerato da alcuni un'ideologia e da altri una religione, e allo stesso tempo una tradizione può, in particolari circostanze storiche, trasformar-si in un'ideologia. Il senso comune, infine, è un insieme di assunti a tal punto in-consapevoli da sembrare istintivamente, chiaramente, innegabilmente parte della struttura del mondo” [Swidler 2009: 64-67]. Tutto ciò è molto importante per spiegare le dinamiche appena viste di trasformazione sociale del gruppo FCM.

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“Nei periodi in cui modalità contrastanti di organizzazione dell'azione si stanno sviluppando o stanno lottando per il predominio, si verificano fermenti di attivi-smo ideologico. […] Nelle vite instabili i rituali acquisiscono una simile rilevan-za poiché un loro mutamento riorganizza tacite consuetudini e modalità dell'e-sperienza. Le persone impegnate nello sviluppo di nuove strategie d'azione di-pendono dai modelli culturali per imparare nuovi stili a livello di identità, rela-zione, cooperazione, autorità e così via. […] Queste culture esplicite possono certamente essere classificate come sistemi che […] aspirano ad offrire non so-luzioni molteplici, bensì un'unica risposta all'interrogativo su come gli esseri umani dovrebbero vivere. […] In secondo luogo, in un periodo di trasformazio-ne culturale è l'ideologia che si modella sull'ethos e non viceversa” [Swidler 2009: 67-68]. Ricordiamoci a tal proposito come l'ideologia espressa dal Consi-glio, che si opponeva al modello consolidato di accettazione dei nuovi membri da parte del gruppo FCM, si basava sul modello di comportamento del gruppo di traduzione software e di sviluppo web. “In terzo luogo” prosegue Swidler “queste ideologie, […] modellano alternative per regolare l'azione e strutturare le comunità umane, ma nel fare questo sono in accesa competizione con altri schemi culturali: sicuramente con il senso comune, ma solitamente anche con tradizioni e ideologie alternative. […] La cultura esercita un'influenza causale au-tonoma in periodi di instabilità culturale poiché rende possibili nuove strategie d'azione costruendo attori (individui, famiglie, imprese), plasmando gli stili e le competenze con cui questi ultimi agiscono e modellano forme di autorità e coo-perazione. Tuttavia, sono le situazioni concrete in cui questi modelli culturali operano a determinare quali sono destinate a mettere radici e fiorire e quali in-vece avvizziranno e si estingueranno” [Swidler 2009: 69-70]. Al contrario invece, in periodi di stabilità questa relazione causale tra l'azione e la cultura cambia perché le diverse ideologie non dirigono più l'azione, ma si trovano sedimentate a livello di tradizione o di senso comune e queste ultime vengono ripescate di volta in volta dagli individui in base alle situazioni che si trovano di fronte, cioè la cultura fornisce strumenti per comportamenti anche opposti ma che convivo-no entrambe a un livello implicito, latente. Detto altrimenti con le parole della Swidler: “Le relazioni causali tra cultura e azione sono molto diverse in periodi di stabilità culturale. La cultura fornisce la materia a partire da cui singoli e gruppi costruiscono strategie d'azione. Si tratta di risorse diversificate e normal-mente gli attori vi fanno appello in modo selettivo, attivando stili e abitudini d'a-zione diversi in situazioni diverse. Le culture stabili, quindi, supportano molte-plici modelli d'azione, nascondendo l'influenza autonoma della cultura. In questi periodi, il tentativo di stabilire il ruolo causale della cultura è reso più complesso dal 'legame debole' esistente tra cultura e azione. […] In periodi culturalmente stabili, quindi, cultura e struttura sociale sono allo stesso tempo troppo compe-netrate e troppo disgiunte per permettere un'analisi semplice. […] Questo si ve-

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rifica perché l'ideologia si è diversificata – attraverso l'adattamento a varie circo-stanze di vita – e allo stesso tempo è scesa sotto la superficie, pervadendo l'e-sperienza ordinaria al punto da sfumare impercettibilmente in assunti di senso comune su ciò che è vero. Le culture stabili sono pertanto più inclusive delle ideologie, non essendo in aperta competizione con modelli alternativi di orga-nizzazione dell'esperienza. […] Una simile cultura non impone un solo, inglo-bante modello d'azione, nel senso che non impone norme, stili, valori o scopi sui singoli attori. Essa, piuttosto, vincola l'azione mettendo a disposizione di in-dividui e gruppi un insieme limitato di risorse con cui formulare strategie d'azio-ne. […] Costruire effettivamente una strategia implica selezionare alcuni ele-menti culturali – sia impliciti come atteggiamenti e stili, talvolta, espliciti come rituali e credenze – e attribuire loro significati specifici nelle concrete circostan-ze di vita” [Swidler 2009: 70-71].

Come si è visto fin qui, il gruppo FCM ha vissuto un periodo di relativa stabilità in cui aveva una politica di accesso a cattedrale, seguito da un periodo di forte instabilità, rappresentato dallo scontro con il Consiglio, nel quale si tro-varono contrapposte due ideologie, o comunque due tradizioni esplicitate a li-vello di ideologie. Una visione di accesso stile bazaar aperta a tutti contrapposta un'ideologia, la resistenza al cambiamento, volta al mantenimento delle regole consolidate di accesso ai nuovi membri. Il gruppo FCM era resistente al cam-biamento perché non si sentiva equipaggiato culturalmente per affrontare il nuovo contesto di un accesso più libero, temendo la non possibilità di tolleranza del fallimento tipica di sistemi bazaar dello sviluppo di software open source. Questo riequipaggiamento della cultura era visto come costoso. Alla fine l'ideo-logia di un accesso stile bazaar ha avuto un maggiore influsso, soppiantando l'i -deologia di un accesso tipico di sistemi a cattedrale. Attualmente il gruppo è in una fase di stabilità dal punto di vista delle politiche di accesso. Queste ultime si sono sedimentate nello sfondo culturale del gruppo e vengono date per sconta-te, non sono più messe in discussione, quindi passando da uno stato di ideolo-gia esplicita, verso uno stadio più basso, verso tradizione e senso comune.

Riprendendo le parole della Swidler: “Quando determinate risorse di-ventano più importanti in un dato periodo e vengono ulteriormente investite di significato, esse ancorano le strategie d'azione sviluppate dagli individui. Questo genere di influenza culturale può essere osservato nel fenomeno del 'ritardo cul-turale': le persone non traggono prontamente profitto da nuove opportunità strutturali che richiederebbero loro di abbandonare sistemi di vita consolidati. Questo non dipende da un attaccamento ai valori culturali, ma dalla riluttanza a lasciare strategie d'azione familiari per cui esse posseggono già un adeguato ba-gaglio culturale. […] In secondo luogo, l'influenza della cultura in periodi di sta-

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bilità è particolarmente incisiva nello strutturare le situazioni non istituzionaliz-zate ma ricorrenti in cui le persone agiscono di comune accordo” [Swidler 2009: 71].

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3.4 Convergenza culturale

In Cultura convergente, Henry Jenkins si scaglia contro una concezione di convergenza solamente tecnologica e operata dall'alto e a tavolino. Una conver-genza cioè tramite l'unione in una sorta di scatola nera di tutta la tecnologia me-diatica che ne racchiude tutte le funzioni e possibilità. In realtà non sono le cor-poration dall'alto a decidere dice Jenkins e allo stesso tempo i vecchi media non sostituiranno i media più moderni. Jenkins dice che si sta verificando piuttosto una convergenza culturale, nel senso che sono i contenuti a viaggiare tra media differenti: “per 'convergenza' intendo il flusso dei contenuti su più piattaforme, la cooperazione tra più settori dell'industria dei media e il migrare del pubblico alla ricerca continua di nuove esperienze di intrattenimento. 'Convergenza' è una parola che tenta di descrivere i cambiamenti sociali, culturali, industriali e tecno-logici portati da chi comunica e da ciò che pensa di quello di cui parla. […] Nel mondo della convergenza mediatica, ogni storia importante viene raccontata, ogni marchio viene venduto e ogni consumatore viene corteggiato attraverso le molteplici piattaforme mediatiche. […] Parte di questa circolazione è il frutto di precise strategie delle corporation, […] un'altra sua buona parte, però, dipende dalle tattiche di appropriazione grassroots”. Con “grassroots” Jenkins intende fe-nomeni informali, dal basso, di appropriazione e manipolazione dei contenuti da parte della gente stessa. “La diffusione di tali contenuti […] si deve molto alla partecipazione attiva dei consumatori. In questa sede voglio contestare l'idea secondo la quale la convergenza sarebbe essenzialmente un processo tecnologi-co che unisce varie funzioni all'interno degli stessi dispositivi. Piuttosto, essa rappresenta un cambiamento culturale, dal momento che i consumatori sono stimolati a ricercare nuove informazioni e ad attivare connessioni tra contenuti mediatici differenti. […] L'espressione “cultura partecipativa” contrasta con le vecchie nozioni di spettatore passivo. Anziché continuare a parlare dei produt-tori e consumatori come se occupassero ruoli diversi, oggi potremmo conside-rarli come interagenti, secondo dinamiche di azione che nessuno di noi ha anco-ra chiaramente capito. Non tutti i partecipanti si equivalgono, le grandi aziende, e gli individui al loro interno, possono ancora esercitare un potere maggiore ri-spetto ai consumatori singoli o anche aggregati. E alcuni di questi ultimi hanno

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maggiori abilità nel partecipare a questa cultura emergente rispetto ad altri. La convergenza non avviene tra le attrezzature dei media […] ma nei cervelli dei singoli consumatori nonché nelle loro reciproche interazioni sociali. Ognuno di noi si crea una sua personale mitologia dalle unità e dai frammenti di informa-zione estratti dal flusso mediatico e trasformati in risorse da cui trovare il senso della propria vita quotidiana. Visto che abbiamo a disposizione, su qualsiasi tema, più dati di quelli che ognuno di noi può immagazzinare da solo, siamo maggiormente incentivati a parlare tra noi dei media che fruiamo. […] Il consu-mo si trasforma in un processo collettivo. […] L'intelligenza collettiva può esse-re vista come una fonte alternativa di potere mediatico. Stiamo imparando a usare questo potere attraverso le interazioni quotidiane all'interno della cultura convergente. In realtà, finora lo abbiamo usato solo per scopi ricreativi, ma pre-sto saremo in grado di svilupparlo per obiettivi più 'seri'” [Jenkins 2006: XXV-XXVI].

Jenkins descrive i fenomeni di appropriazione mediatica da parte del pubblico, il quale elabora quei contenuti per aumentare l'esperienza estetica de-gli stessi, come hanno fatto i fan di Starwars con le fun fiction, i bambini con un numero enorme di racconti ambientati nel mondo di Harry Potter, costruendo una sorta di letteratura parallela non ufficiale. Il consumatore non consuma e basta quindi, ma adesso ha maggiori possibilità con gli strumenti tecnologici, per la voglia di prolungare la fruizione estetica e influire sull'oggetto culturale che ha davanti, rielaborandolo in modo partecipativo e condividendo i derivati di quest'elaborazione. Ciò in un rapporto non sempre lineare tra utenti e corpo-ration, le quali spesso tentano di bloccare o porre vincoli a quest'appropriazio-ne. Ma ciò avviene in una dinamica ancora più complessa nel contesto non di prodotti di corporation, ma tra prodotti grassroot. Fcm è un esempio di ciò. Può essere visto come il frutto di un desiderio di prolungamento dell'esperienza estetica dell'uso del sistema operativo Ubuntu e del mondo open source. Ma sono molti i prodotti creati dalla folla, sui quali si verificano procedimenti di ap-propriazione, a volte con combinazioni incredibili. Un altro esempio su cui ci vorremmo soffermare è un videogame di nome SuperTuxKart. Questo video-game multipiattaforma, attualmente alla versione 7.3, è un gioco di corse kart, poco realistico, ma creato proprio per essere divertente, i cui personaggi sono i beniamini del mondo opensource, da Tux il pinguino, alla mascotte Beastie di Bsd, al pesce palla di OpenBsd, passando dalle mascotte di altre distribuzioni fino ai volti di software opensource come Wilbert di GIMP, il famosissimo pro-gramma di fotoritocco simile a Photoshop, come l'arci noto tirannosauro Mod-zilla e il pinguino viola di Pidgin, il software per gli instant messenger e i social networks, con l'apparizione anche dell'elefantino del Php, il linguaggio aperto di programmazione web, ecc... c'è perfino il robottino verde di Android e perso-naggi nascosti come la mascotte di GNU. Arbitro delle gare è l'uccello blu di

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Thunderbird, il software di posta elettronica della famiglia Modzilla. Il videoga-me è creato da una grande comunità di amatori che lo aggiorna continuamente per un'esperienza di gioco praticamente infinita. L'intelligenza artificiale del computer, così come la grafica e gli effetti, creati con Blender, il software di mo-dellazione 3D opensource, evolvono e migliorano di versione in versione. Un sacco di persone partecipano continuamente scrivendo codice, segnalando bug, inviando nuove colonne sonore, suoni, ma soprattutto nuovi tracciati e nuovi personaggi. Ma c'è anche gente che invia semplici feedback di quello che vor-rebbe vedere in futuro. Ci sono un numero enorme di ragazzi che fanno grafica al computer di altissimo livello. Molte di queste creazioni vengono inviate e poi migliorate anche a più mani da altri “artisti digitali”. Sono così tanti i contributi che la comunità riceve che, per farsi un'idea di quali scegliere, è stata inserita nell'ultima versione anche un menù apposito dove il giocatore con un click può scaricare e aggiungere il tracciato e il personaggio che desidera. Quelli più scari-cati probabilmente saranno implementati nel nuovo rilascio. Si vuole lavorare nelle prossime versioni anche sulla possibilità di fare gareggiare gli utenti tra loro attraverso internet e non solo in sfide contro il computer. Il videogame non è solo una prosecuzione dell'esperienza estetica dell'opensource ma anche di altri popolari giochi di kart con i personaggi della Nintendo.

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Bibliografia terzo capitolo

Bennato, Davide; 2011, Sociologia dei media digitali, Laterza, Bari.

Lo Verde, Fabio Massimo; 2009, Sociologia del tempo libero, Laterza, Bari.

Jenkins, Henry; 2006, Cultura convergente, Apogeo, Milano, 2007.

Preece, Jenny; 2000, Online Communities: designing usability, supporting sociability, John Wiley & Sons, USA.

Raymond, Eric S.; 1999, The Cathedral and the Bazaar: Musings on Linux and Open Source by an Accidental Revolutionary, O'Reilly Media, USA.

Roversi, Antonio; 2004, Introduzione alla comunicazione mediata dal computer, Il Mulino, Bolo-gna.

Shirky, Clay; 2010, Surplus cognitivo, creatività e generosità nell'era digitale, Codice edizoni, Tori-no, 2010.

Swidler, Ann; 2009, Cultura: che cos'è, come funziona, in Santoro, Marco; Sassatelli, Roberta; a cura, Studiare la cultura. Nuove prospettive sociologiche, Il Mulino, Bologna, pp. 57-81.

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4. Social network analysis e comunità online

Come sostiene la Preece, le comunità si fondano per la loro crescita sulle relazioni. Tuttavia alcuni sociologi sostengono che per definire una comunità è necessario che vi siano relazioni a lungo termine nonché reti di relazioni, per al-tri bastano anche relazioni a breve termine. Molti studiosi per evitare di definire il concetto di comunità, essendo questo poco chiaro, si sono orientati a studiare la comunità come reti di relazione. Ma anzitutto cos'è una rete sociale? Una rete sociale è fatta di reti di relazione, tra amici, o come scambio di informazioni tra individui, o tra colleghi di lavoro, di sport, ecc. Insomma una rete sociale è co-stituita da un insieme di relazioni sociali. Come scrive la Preece “comunità e grup-pi comprendono reti sociali di persone o organizzazioni o altre entità sociali”. Vari tipi di relazioni sociali si possono manifestare all'interno dei gruppi sociali, così come ogni individuo al loro interno può avere anche differenti tipi di rela-zione con altri individui esterni. “I network analyst usano il termine 'gruppo' in un modo piuttosto particolare. Loro confidano sui loro dati per determinare il grado in cui un gruppo è una comunità. Gruppi che condividono importanti ri-sorse, forniscono supporto sociale, e mostrano reciprocità sono considerate co-munità. […] Capire la forza dei legami che sostengono queste relazioni è anche utile. Persone che intrattengono legami forti, come relazioni familiari, condivi-dono molte risorse e dipendono l'uno dall'altro. Tipicamente, coloro con i quali siamo strettamente legati sono i primi che ci offrono aiuto in tempi di malattia o in altri momenti difficili. […] Al contrario persone che hanno legami deboli ten-dono a condividere risorse meno numerose e dipendono meno dagli altri, spe-cialmente emozionalmente. La persona media probabilmente ha alcune centina-ia di legami deboli, confrontati con molto pochi legami forti. Ciò non per dire che le relazioni basate su legami deboli non sono importanti. Infatti, tali legami sono importanti per imparare riguardo nuove idee, acquisire informazioni, in-contrare nuova gente, e molte altre ragioni” [Preece 2000: 173-174]. Un'altra do-manda alla quale Preece risponde è se i legami forti sono possibili anche online. La risposta è sì ovviamente, sono moltissimi gli studi infatti che lo confermano. Addirittura esistono persone che vanno online addirittura in cerca di legami for-ti. Molti infatti cercano supporto sociale e stringono fortissime relazioni che proseguono anche offline. Tuttavia i legami interni di molte comunità sono de-boli [Preece 2000: 177-178].

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Oltre il tipo di legami come elemento di distinzione tra gruppo e comu-nità, c'è quello di reciprocità. La reciprocità si esprime in una forma di norma generale che consiste nel ripagare gli altri o la comunità intera quando abbiamo ricevuto qualcosa da questi quantomeno per assicurare che anche gli altri possa-no usufruire dello stessa pratica. La reciprocità è collegata all'identità di gruppo. Secondo alcuni studiosi infatti, nei gruppi dove si sviluppa una forte identità si è lieti di restituire supporto anche non rivolto alla stessa persona che ce l'ha offer-to. Ricerche mettono in evidenza come basta poco per creare un senso di iden-tità di gruppo online, ad esempio possedere un interesse in comune. Preece af-ferma inoltre che la reciprocità può essere forte anche online anche se vi sono legami sociali deboli [Preece 2000: 179-181].

Un altro elemento che Preece ovviamente sottolinea è che i confini, sep-pur non geografici, esistono anche nelle comunità online. Infatti le comunità spessissimo sono delimitate da particolari condizioni di iscrizione ed è necessa-ria una registrazione per entrare a farne parte. Ancora più limitate ad esempio sono le comunità intranet. I confini online limitano ovviamente anche il numero dei legami deboli e inoltre in alcuni casi, grazie alla formazione dell'identità di gruppo, possono favorire la creazione di legami forti [Preece 2000: 181].

Dopo avere illustrato questo modo di vedere la comunità da parte dei network analyst, vediamo di definire quella che è la Social network analysis. L'SNA è insieme di tecniche volte a studiare le relazioni tra persone e gruppi, ponendo quindi l'attenzione alle relazioni sociali che sono basate su diversi tipi di legami, ad esempio, deboli, forti o nessuno dei due, cioè in quel caso avremo assenza di legami. Nel caso in cui le relazioni tra gli individui sono molteplici, queste vengono chiamate “Multiplex” [Preece 2000: 183-184]. Galton, Hay-thornthwaite, Wellman, in un articolo volto a descrivere “l'uso dell'approccio della rete sociale per comprendere l'interazione tra le reti di computer, CMC e i processi sociali”, sostengono che “quando una rete di computer collega persone o organizzazioni, questa è” anche “una rete sociale”. L'approccio della social network analysis ha visto un notevole sviluppo, in modo particolare nelle scien-ze della comunicazione e nella sociologia, dalla fine degli anni '70 ad oggi. A dif-ferenza della CMC, quest'approccio studia le relazioni tra individui rapportan-doli alle reti sociali e non in in modo isolato. Insomma l'unità di analisi in que-st'approccio è la relazione come abbiamo detto. Le relazioni presentano direzio-ne, forza e contenuto. “Il contenuto di una relazione si riferisce alla risorsa che è scambiata. In un contesto CMC, diadi scambiano differenti tipi di informazione, come comunicazione su questioni amministrative, personali, di lavoro o sociali. Relazioni CMC includono l'invio di file di dati o programmi di computer così come il fornire supporto emotivo o l'organizzazione di un incontro”. Le rela-zioni vengono definite come dirette, cioè direzionate, che hanno una direzione e

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quindi valgono solo in un senso, come il supporto sociale, oppure indirette, cioè non direzionate, come l'amicizia. Infine possono essere definite, queste relazio-ni, anche dalla loro forza, la quale si può declinare nella ricerca in varie maniere in base, ad esempio, alla quantità di informazione scambiata e alla frequenza. Per quanto riguarda il legame tra due individui, questo è costituito da varie rela-zioni se non da una sola. Come abbiamo detto anche prima con la Preece, quando le relazioni sono molte, il legame viene chiamato multiplex. Quindi più relazioni ci sono in un legame, più multiplex è quel legame. Come nel caso delle relazioni, i legami vengono discriminati sulla base del contenuto, della direzione e della forza. In quest'ultimo caso si parla di legami forti o deboli, “anche se la definizione di cosa è debole o forte potrebbe variare in contesti particolari”. Questi legami vengono studiati dalla social network analysis sotto due prospetti-ve: “Un set di relazioni o legami rivelano una rete sociale. Esaminando percorsi di relazioni o legami, gli analisti sono in grado di descrivere le reti sociali. Tipi -camente gli analisti studiano le reti sociali in due modi. Un approccio considera le relazioni riportate da un individuo focale. Queste reti ego-centrate (o 'perso-nali') forniscono una visione Tolemaica delle loro reti dalla prospettiva delle per-sone (ego) nei centri delle loro reti. I membri delle reti sono definiti dalle loro specifiche relazioni con l'ego. Gli analisti possono costruire un'immagine della rete calcolando il numero di relazioni, la diversità di relazioni e i collegamenti tra alters nominati nella rete. Quest'approccio ego-centrato è particolarmente utile quando la popolazione è vasta, o i confini della popolazione sono difficili da de-finire. […] Il secondo approccio, più Copernicano, considera un'intera rete ba-sata su qualche criterio specifico di confini come un'organizzazione formale, di-partimenti, club o gruppo di affinità. Quest'approccio considera entrambe il ve-rificarsi e il non-verificarsi di relazioni tra tutti i membri di una popolazione. Un'intera rete descrive i legami che tutti i membri di una popolazione manten-gono con tutti gli altri in quel gruppo. Idealmente, quest'approccio richiede ri-sposte da tutti i membri sulle loro relazioni con tutti gli altri nello stesso am-biente, come l'ampiezza di comunicazione email e video in un gruppo di lavoro. Tuttavia sono disponibili metodi per maneggiare set incompleti di dati, quest'e-sigenza pone limiti sulla dimensione delle reti che possono essere esaminate. Il numero di possibili legami è uguale alla grandezza della popolazione (n) molti-plicata per (n-1) e divisa per 2 se il legame non è direzionato” [Galton, Hay-thornthwaite, Wellman 1997].

Una rete può avere diverse caratteristiche in termini di varietà, ad esem-pio “nella grandezza e nell'eterogeneità”, in termini di centralità e in termini di ruoli [Galton, Haythornthwaite, Wellman 1997]. Come dicono Trobia e Milla “il concetto di centralità è uno dei più importanti nell'ambito della SNA. Lo studio della centralità serve a individuare e valutare la posizione reticolare degli attori in un'ottica sistemica e mira a valutare in che modo i singoli attori si legano l'u-

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no all'altro all'interno dei modelli relazionali. In termini sociologici, l'analisi della centralità riguarda il potere, la prominenza e la subalternità, la dominanza e la dipendenza, l'influenza o il prestigio degli attori. Le misure di centralità permet-tono di esaminare questi fenomeni sociali, tutti di natura intrinsecamente rela-zionale, sia come caratteristiche degli attori. Le misure di centralità permettono di esaminare questi fenomeni sociali, tutti di natura intrinsecamente relazionale, sia come caratteristiche degli attori sia come proprietà dell'intera rete. […] La SNA, negli anni, ha prodotto diverse definizioni del concetto […] che non si escludono a vicenda, e anzi risultano complementari. […] La scelta della misura più adatta è determinata dagli scopi della ricerca. È comunque possibile affer-mare, in termini generali, che la nozione di centralità è legata a caratteristiche strutturali che pongono in condizioni di vantaggio chi le possiede. […] Le misu-re di centralità più diffuse sono tre: il grado (Freeman's degree), la vicinanza (closeness) e l'intermedietà (betweenness). Da esse derivano, poi, una serie di altre misure”. In particolare “il grado […] si fonda sull'idea che gli attori che intrattengono un numero maggiore di relazioni con gli altri membri della rete godano di una posi-zione di vantaggio. La centralità, in questo caso, aumenta col crescere dei lega-mi” [Trobia, Milla 2011: 41-42]. Galton, Haythornthwaite e Wellman riferiscono che questo concetto, per la prospettiva di CMC, è utile per analizzare come varia la centralità dei membri a seconda del tipo di media usato. Inoltre, per quanto riguarda l'eterogeneità in riferimento alle comunità, i tre studiosi scrivono che “le reti sociali più grandi hanno più eterogeneità come caratteristiche sociali dei membri della rete e più complessità nella struttura di queste reti. Piccole, omo-genee reti sono caratteristiche dei tradizionali gruppi di lavoro e delle comunità di villaggi; queste sono buone per conservare le risorse esistenti. […] Le reti grandi ed eterogenee (come quelle che si trovano spesso online) sono buone per ottenere nuove risorse”. Un'altra dimensione importante è la densità della rete, costituita dalla totalità di possibili legami tra gli individui rispetto ai legami effet-tivi [Galton, Haythornthwaite, Wellman 1997].

Contestualizzando quindi tutto ciò alle comunità, si può operare un'ana-lisi integrale della comunità, così come di un solo gruppo significativo di utenti nel caso di comunità molto vaste. Nel primo caso, efficace per comunità piccole e ben definite, vengono registrate le relazioni di ogni utente, o di un gruppo rappresentativo di utenti, chiedendo a ognuno di loro con quali altri membri della comunità intrattengono delle relazioni sociali. Nel secondo caso invece si parte dagli “ego” rappresentati dalle reti sociali di determinati utenti, cioè si chiede a utenti “chiave” di tracciare le loro reti di relazioni e partendo da queste si traccia il network della comunità. Queste due analisi possono essere svolte usando svariati metodi per raccogliere i dati: “questionari, interviste, diari, os-servazioni, monitoraggio tramite computer ed etnografia. […] Molti ricercatori sono concordi che una combinazione di questi approcci dia i risultati migliori.

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Vari ben conosciuti strumenti software sono anche disponibili per tale proposi-to” [Preece 2000: 184-185]. Tra questi software Trobia e Milia citano UCINET, Pajek, NetMiner, MultiNet, Stocnet, ma esistono anche molti tool online per mappare le reti sociali tramite i servizi di social networks, così come NodeXL, un'estensione di Microsoft Excel, che permette ad esempio di mappare dati pro-venienti da e-mail, utenti e tag di Flickr, utenti e video di Youtube, utenti e paro-le usate su Twitter, mentre da Facebook solo l'ego-network da un singolo ac-count [Trobia, Milla 2011: 131-132]. Oltre questi strumenti esiste anche il lin-guaggio di programmazione open source Processing, fortemente orientato alla visualizzazione grafica di dati complessi [Fry 2008].

Una volta raccolti i dati, per la social network analysis si parte dalla ma-trice di dati. La matrice di dati è una tabella con righe e colonne, all'incrocio del-le quali sono inseriti dei dati. Questi dati possono essere espressi in forma bina-ria di 1 e 0, o in forma analogica, con valori che vanno da 0 a più o meno infini-to. Le più tradizionali sono le matrici di “adiacenza” (sociomatrici), rappresenta-te da matrici con valori binari per l'identificazione di legami tra attori inseriti in righe e colonne. A seconda poi se queste relazioni sono direzionate o no, pos-siamo avere matrici orientate, o asimmetriche, oppure matrici non orientate, o simmetriche [Trobia, Milla 2011: 31].

Con la nostra ricerca ci proponiamo di fare una whole network analysis del-la comunità, cioè un'analisi intera della comunità, ciò perché abbiamo accesso all'intera lista dei membri della comunità, lista presente nella pagina contributi (http://wiki.ubuntu-it.org/Fcm/Edizione/Contributi). E ciò mettendo in rela-zione centralità e contributi. Considereremo per la nostra ricerca dati ricavati dal numero 37 e al numero 56 di FCM.

Per quanto riguarda la centralità dell'attore, la operazionalizzeremo scomponendola in due concetti, considereremo infatti l'importanza dell'incarico e i ruoli assunti nell'ambito della comunità. Gli incarichi riguardano il controllo degli strumenti della comunità e sono tre, coordinatore, amministratore e colla-boratore, mentre i ruoli sono traduttore, revisore, impaginatore pdf e impagina-tore eBook. Incarichi e ruoli sono ben definiti nella comunità, infatti gli incari-chi li troviamo anche nella pagina “gruppo” del wiki (http://wiki.ubuntu-it.org/Fcm/Gruppo). Da questa pagina wiki abbiamo ricavato i dati riguardo gli incarichi. I ruoli invece sono stati ricavati da un questionario posto in mailing-li-st. A differenza degli incarichi e dei contributi, per i quali abbiamo dati comple-ti, non tutti i membri purtroppo hanno risposto alla domanda sui ruoli. Quindi abbiamo contrassegnato nella rappresentazione i membri con particolari segnali, ove i dati erano carenti.

La definizione operativa di contributi invece riguarderà il numero di par-tecipazioni alla singola edizione, cioè se un membro ha partecipato o meno a

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quel numero di FCM. La somma totale di contributi darà il valore di contributi per quel membro. I dati sono completi riguardo tutta la comunità e sono stati ri-cavati dalla pagina http://wiki.ubuntu-it.org/Fcm/Edizione/Contributi.

Misureremo e metteremo in relazione questi due concetti di centralità, incarichi e ruoli, e contributi, insieme all'ego-network del membro che ha la maggiore centralità di incarichi per la comunità, Marco Buono, attraverso la messa in matrice dei dati. I dati dell'ego-network di Marco sono quelli ricavati dalla sua rete di amici presente sul social networks site Facebook. Abbiamo rile-vato inoltre tramite questionario anche il sistema desktop usato. Daremo quindi poi una rappresentazione grafica di ciò e trarremo da questa le nostre osserva-zioni.

Riportiamo quindi i valori della nostra matrice dei dati:

Colonne: 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 |------------------------------| |1 1 0 1 1 2 1 0 1 0 5 19 0| // 0 AldoLatino |1 1 0 1 1 1 0 1 0 1 10 17 4| // 1 AlessandroLosavio |0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 15 2 5| // 2 AlessandroStagni |0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 20 1 5| // 3 AndreaLimongelli |0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 25 0 5| // 4 AntoninArcudi |0 0 0 0 1 0 0 0 0 5 30 4 5| // 5 AntoniAllegretti |0 0 0 0 0 0 0 0 0 6 35 1 2| // 6 AntonioPicinno |0 0 0 0 1 0 0 0 0 7 40 19 0| // 7 BincaKwey |1 0 0 0 0 6 2 0 0 8 45 5 5| // 8 CristianoLuinetti |1 0 0 0 0 0 0 0 0 9 50 0 5| // 9 CristinaFranzolini |0 0 0 1 1 0 0 0 1 10 55 12 5| // 10 DariCavedon |0 0 0 0 0 0 0 0 1 11 60 2 5| // 11 DavidLaMonaca |1 1 0 1 1 0 0 0 1 12 65 14 2| // 12 DavideMiceli |0 0 0 0 0 0 0 0 0 13 70 0 5| // 13 EdoardoElidoro |0 0 0 0 0 0 0 0 0 14 75 6 5| // 14 FabriziBrusa |0 0 0 0 1 0 0 0 0 15 80 10 2| // 15 FrancescGargiuli |0 0 0 0 0 0 0 0 0 16 85 0 5| // 16 FabrizioGiacosa |1 0 0 1 1 0 0 0 0 17 90 15 0| // 17 FabrizioNicastro |0 0 0 0 0 0 0 0 0 18 95 3 5| // 18 FrancescoPlacco |0 0 0 0 0 0 0 0 0 19 100 0 5| // 19 GianfrancoTaormina |0 0 0 0 1 0 0 0 1 20 105 15 1| // 20 GianlucaSantoro |0 0 0 0 0 0 0 1 0 21 110 14 5| // 21 GiulioTani |0 0 0 0 1 0 0 0 0 22 115 19 0| // 22 GiuseppeCalà |0 0 0 1 1 0 0 0 0 23 120 15 2| // 23 GiuseppeDandrea |0 0 0 0 1 0 0 0 0 24 125 15 4| // 24 IreneBonta |0 0 0 0 0 0 0 0 0 25 130 3 5| // 25 LucaDeJulis |0 0 0 0 0 0 0 0 0 26 135 0 5| // 26 LucaSaba |0 0 0 0 0 0 0 0 1 27 140 10 5| // 27 LuigiDiGaetano |1 0 0 1 1 5 4 0 0 28 145 18 7| // 28 MarcoBuono |0 0 0 1 1 0 0 0 0 29 150 16 8| // 29 MarcoLetizia |0 0 0 0 0 0 0 0 0 30 155 0 5| // 30 MattiaImpellizzeri |1 0 0 0 1 0 0 0 0 31 160 3 2| // 31 MattiaRizzolo |1 1 0 0 0 0 0 1 1 32 165 4 2| // 32 MirkoPizii |1 0 0 0 0 0 0 4 1 33 170 14 5| // 33 PaoloGarbin |1 0 0 0 0 0 1 0 0 34 175 1 9| // 34 PaoloRotolo |0 0 0 0 1 0 0 0 0 35 180 4 3| // 35 PasqualeDomenicoColaianni |1 0 0 1 0 0 0 0 0 36 185 910| // 36 RiccardoVianello |0 0 0 0 0 0 0 0 0 37 190 20 2| // 37 RoldDeTino |0 0 0 0 0 0 0 0 0 38 195 0 5| // 38 TeoCocetta |0 0 0 0 0 0 0 0 0 39 200 1 5| // 39 UgoFazzini |0 0 0 1 1 0 0 0 0 40 205 1211| // 40 ValerioSalvucci |0 0 0 0 0 0 0 0 0 41 210 0 5| // 41 VitArnetta |0 0 0 0 0 0 0 0 0 42 215 0 5| // 42 VitoTigani

Le righe rappresentano i membri, mentre le colonne rappresentano ri-spettivamente, partendo da sinistra:

0) Se si ha un ruolo di impaginatore.

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1) Il ruolo di impaginatore eBook.

2) Il ruolo di impaginatore Pdf.

3) Il ruolo di revisore.

4) Il ruolo di traduttore.

5) Numero di incarichi di responsabile (valori analogici).

6) Numero di incarichi di coordinatore (valori analogici).

7) Numero di incarichi di collaboratore (valori analogici).

8) Ego-network di Marco Buono.

9) Indice nome utenti (non ai fini della ricerca).

10) Coordinate Y (convenzionali, non ai fini della ricerca).

11) Numero totale contributi (valori analogici).

12) Sistema desktop usato (valori analogici).

Dove manca la descrizione tra parentesi del tipo di valori, questi saranno digitali.

Per i nostri scopi utilizzeremo il linguaggio di programmazione open source Processing, che ci permetterà per la rappresentazione grafica di applicare alla matrice algoritmi a nostra discrezione, quindi con possibilità innovative e personalizzate di visualizzazione dei dati e un maggior controllo per la manipo-lazione degli stessi rispetto a software predeterminati. Processing è stato svilup-pato inizialmente da Ben Fry e Casey Reas del Massachusetts Institute of Tech-nology e attualmente mantenuto da un piccolo gruppo di volontari. Come dice Fry: “Il progetto Processing è iniziato nella primavera del 2001 e fu per la prima volta usato a un workshop in Giappone quell'agosto. Originariamente costruito come un'estensione di specifico dominio del Java indirizzata ad artisti e desi-gner, Processing è un semplice ambiente di programmazione che fu creato per rendere più semplice sviluppare applicazioni visivamente orientate con enfasi sull'animazione e per fornire feedback agli utenti tramite interazione. Non appe-na le sue capacità si sono estese oltre i passati sei anni, Processing venne ad es-sere usato per un lavoro di più avanzato livello di produzione in aggiunta al suo ruolo di sketching”. Con “sketching” si intende la velocità di scrittura del codi-ce, riferendosi alla pratica degli artisti di fare schizzi su un foglio, grazie alla vici -nanza allo scripting di certe istruzioni. Infatti con Processing si possono dise-gnare linee e forme sullo schermo con poche righe di codice a differenza di altri linguaggi di programmazione che richiedono invece righe e righe di codice pri-ma di vedere qualche pixel muoversi sullo schermo. Tuttavia Processing presen-ta limitazioni sotto molti altri aspetti, ma del resto ogni linguaggio di program-mazione serve per determinati scopi piuttosto che altri, sapendo fare meglio cose che altri linguaggi non sanno fare altrettanto bene. Processing essendo ba-

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sato sul Java ha il vantaggio di essere multipiattaforma [Fry 2008], cioè essere eseguito su Windows, Mac e Linux nonché di essere incorporato in pagine web, blog, social network, ecc come applet java o, tramite il tag html “<canvas>”, in javascript, così come essere eseguito su iPhone, iPad e cellulari e tablet Android.

Nei linguaggi di programmazione informatica per rappresentare una ma-trice viene utilizzato l'array. L'array lo possiamo immaginare come una sorta di raccoglitore di valori numerici o testuali ai quali si ha accesso tramite un numero di indice. Cioè la memoria del computer archivia tramite un numero di indice dei valori dello stesso tipo. L'array è un concetto fondamentale per l'informatica e ha un vastissimo campo di applicazioni, dalla gestione dei database, alla finan-za, dalla genetica, alle scienze fisico-matematiche, ad esempio per calcoli multi-dimensionali, fino alle scienze sociali e all'elettronica, permettendo di inviare, ad esempio, serie di 1 e 0 ai “pin” di registro dei circuiti integrati per modificarne la logica interna al fine di modificare il comportamento dei flussi di informazione nei pin di input e di output. Nell'uso di Processing in campo elettronico, ad esempio, si possono rappresentare graficamente vettori di valori provenienti dai sensori del microcontrollore Arduino o fare interagire il software con il mondo fisico tramite attuatori. Per far comprendere ancora l'importanza, abbiamo uti-lizzato un array monodimensionale, nel nostro software di Sna, anche per creare la GUI grafica, in particolare per veicolare comandi ai pulsanti del nostro menù.

Ogni linguaggio di programmazione ha un modo diverso di definire gli array. Ad esempio nel C++ possono venire assegnati i valori all'array con l'istru-zione int myArray [ ] = {valore0, valore1, valore2, valore3, valore4, ecc..} , in Python invece con myArray = [valore1, valore2, valore3, valore4, ecc..]. Nel nostro caso, in Processing, l'array viene invece definito con int[ ] myArray = {valore0, valore1, va-lore2, valore3, valore4, ecc..}. La sigla “int” sta per “integer”, cioè numero intero, in pratica tutti i valori dell'array sono numeri interi. Se vogliamo che siano, ad esempio, numeri a virgola mobile, useremo “float” al posto di “int”. Per asse-gnare a una variabile un valore contenuto in un array basta scrivere per esempio x = myArray[8], dove 8 sta per l'indirizzo di memoria dove è allocato il valore. Nei casi appena citati abbiamo a che fare con array a una dimensione. Cioè avremo una matrice di una sola variabile con il suo vettore di valori. Come se in una rappresentazione grafica avessimo solo i valori delle ascisse X con il valore Y fisso (perché assente nell'array). Per avere una matrice a due dimensioni dob-biamo adoperare gli array a due dimensioni, quindi con righe e colonne. Proces-sing definisce questo tipo di array tramite l'istruzione int[ ][ ] myArray = {{valo-re0, valore1, valore2, valore3, ecc..} {valore0, valore1, valore2, valore3, valore4, ecc..} {va-lore0, valore1, ecc..}{valore0, valore1, valore2, valore3, ecc..}} e ciò in base a quante ri-ghe e colonne vogliamo avere. Infatti un array a due dimensioni, come si vede, è un array di un array, e quindi per una miglior lettura del codice sorgente, si usa di solito portare a capo le varie righe:

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int [ ][ ] arrayEsempio = { {11,10,44,3},

{33,90,10,1,50,999},

{80,20,67,0},

{75,58,39,6},

};

Il valore di una determinata cella viene richiamato dalle coordinate, ad esempio x = myArray[3][25]. Come esistono gli array a due dimensioni esistono array anche a tre, quattro, cinque, sei, sette, e così continuando, dimensioni. In questo caso il valore dell'array avrà, nel caso ad esempio di cinque dimensioni, cinque coordinate x = myArray[1][90][39][75][82]. Con tre dimensioni possia-mo rappresentare oggetti tridimensionali aggiungendo una variabile Z agli assi cartesiani X e Y. Infatti gli array a tre dimensioni sono array di array di array. Con più di tre dimensioni non si possono più rappresentare in assi cartesiani gli oggetti, ma bisogna trovare altri metodi di rappresentazione, tuttavia grazie agli array si possono fare facilmente operazioni complesse in modo automatico su oggetti multidimensionali che prescindono la nostra esperienza sensibile dal momento che ovviamente possiamo percepire solamente oggetti a tre dimen-sioni, o quantomeno a quattro se consideriamo anche la variazione del tempo. Ad esempio in fisica si è parlato anche di oggetti a undici dimensioni se pensia -mo alla teoria delle stringhe, seppur essa sia un argomento molto controverso (Si legga, se si vuole approfondire, l'interessante opera divulgativa del fisico Brian Greene dal titolo “The elegant universe”). Per scrivere tutti i valori di un array vengono usate le azioni cicliche degli operatori logici loop for [http://www.-processing.org/learning/2darray].

Riportiamo di seguito il codice sorgente del software della nostra social network analysis:

int oa = 0; // Colonna 0: Impaginatori totale int Ia = 200;

int ob = 0; // Colonna 1: Ebook/Sigil int Ib = 50;

int oc = 0; // Colonna 2: Pdf/Scribus int Ic = 50;

//:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: // LEGENDA MATRICE DATI SNA FCM //:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: // Singificato Codici Valori Colonna //------------------------------------------------------------------------------------------------ // Binari > | NO = o | SÌ = I | // (lettera precedente serve solo per differenziare i valori per colonna) // // Analogici > | Valori interi da 0 a + infinito | //------------------------------------------------------------------------------------------------ // Codici Valori Colonna //------------------------------------------------------------------------------------------------ // Impaginatori/Dropbox = 0 // Ebook/Sigil = 1

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// Pdf/Scribus = 2 // Revisori = 3 // Traduttori = 4 // Posizioni di responsabile = 5 // Posizioni di coordinatore = 6 // Posizioni di collaboratore = 7 // Ego networks MarcoBuono = 8 // Indice nomi = 9 // Posizione Y Utenti = 10 // Contributi edizioni = 11 // Sistema desktop = 12 //---------------------------------------------------------------------------------------------------- // * * // n° colonna: 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 // n° riga int[][] matrice = { {Ia, Ib, Ic, 1, 1, 2, 1, 0, 1, 0, 5, 19, 0}, // 0 AldoLatino {Ia, Ib, oc, 1, 1, 1, 0, 1, 0, 1, 10, 17, 4}, // 1 AlessandroLosavio {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 2, 15, 2, 5}, // 2 AlessandroStagni {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 3, 20, 1, 5}, // 3 AndreaLimongelli {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 4, 25, 0, 5}, // 4 AntoninoArcudi {oa, ob, oc, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 5, 30, 4, 5}, // 5 AntonioAllegretti {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 6, 35, 1, 2}, // 6 AntonioPiccinno {oa, ob, oc, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 7, 40, 19, 0}, // 7 BiancaKwey {Ia, ob, Ic, 0, 0, 6, 2, 0, 0, 8, 45, 5, 5}, // 8 CristianoLuinetti {Ia, ob, Ic, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 9, 50, 0, 5}, // 9 CristinaFranzolini {oa, ob, oc, 1, 1, 0, 0, 0, 1, 10, 55, 12, 5}, // 10 DarioCavedon {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 1, 11, 60, 2, 5}, // 11 DavidLaMonaca {Ia, Ib, Ic, 1, 1, 0, 0, 0, 1, 12, 65, 14, 2}, // 12 DavideMiceli {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 13, 70, 0, 5}, // 13 EdoardoElidoro {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 14, 75, 6, 5}, // 14 FabrizioBrusa {oa, ob, oc, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 15, 80, 10, 2}, // 15 FrancescoCargiuli {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 16, 85, 0, 5}, // 16 FabrizioGiacosa {Ia, ob, Ic, 1, 1, 0, 0, 0, 0, 17, 90, 15, 0}, // 17 FabrizioNicastro {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 18, 95, 3, 5}, // 18 FrancescoPlacco {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 19, 100, 0, 5}, // 19 GianfrancoTaormina {oa, ob, oc, 0, 1, 0, 0, 0, 1, 20, 105, 15, 1}, // 20 GianlucaSantoro {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 1, 0, 21, 110, 14, 5}, // 21 GiulioTani {oa, ob, oc, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 22, 115, 19, 0}, // 22 GiuseppeCalà {oa, ob, oc, 1, 1, 0, 0, 0, 0, 23, 120, 15, 2}, // 23 GiuseppeDandrea {oa, ob, oc, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 24, 125, 15, 4}, // 24 IreneBonta {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 25, 130, 3, 5}, // 25 LucaDeJulis {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 26, 135, 0, 5}, // 26 LucaSaba {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 1, 27, 140, 10, 5}, // 27 LuigiDiGaetano {Ia, ob, Ic, 1, 1, 5, 4, 0, 0, 28, 145, 18, 7}, // 28 MarcoBuono {oa, ob, oc, 1, 1, 0, 0, 0, 0, 29, 150, 16, 8}, // 29 MarcoLetizia {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 30, 155, 0, 5}, // 30 MattiaImpellizzeri {Ia, ob, Ic, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 31, 160, 3, 2}, // 31 MattiaRizzolo {Ia, Ib, Ic, 0, 0, 0, 0, 1, 1, 32, 165, 4, 2}, // 32 MirkoPizii {Ia, ob, Ic, 0, 0, 0, 0, 4, 1, 33, 170, 14, 5}, // 33 PaoloGarbin {Ia, ob, oc, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 34, 175, 1, 9}, // 34 PaoloRotolo {oa, ob, oc, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 35, 180, 4, 3}, // 35 PasqualeDomenicoColaianni {Ia, ob, Ic, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 36, 185, 9,10}, // 36 RiccardoVianello {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 37, 190, 20, 2}, // 37 RoaldDeTino {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 38, 195, 0, 5}, // 38 TeoCocetta {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 39, 200, 1, 5}, // 39 UgoFazzini {oa, ob, oc, 1, 1, 0, 0, 0, 0, 40, 205, 12,11}, // 40 ValerioSalvucci {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 41, 210, 0, 5}, // 41 VitoArnetta {oa, ob, oc, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 42, 215, 0, 5}, // 42 VitoTigani };

// Codici Matrice Righe: NomeCognome membri .......................................................... String[] NomeCognome = { "AldoLatino", "AlessandroLosavio", "AlessandroStagni", "AndreaLimongelli", "AntoninoArcudi", "AntonioAllegretti", "AntonioPiccinno", "BiancaKwey", "CristianoLuinetti", "CristinaFranzolini", "DarioCavedon", "DavidLaMonaca", "DavideMiceli", "EdoardoElidoro",

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"FabrizioBrusa", "FrancescoCargiuli", "FabrizioGiacosa", "FabrizioNicastro", "FrancescoPlacco", "GianfrancoTaormina", "GianlucaSantoro", "GiulioTani", "GiuseppeCalà", "GiuseppeDandrea", "IreneBonta", "LucaDeJulis", "LucaSaba", "LuigiDiGaetano", "MarcoBuono", "MarcoLetizia", "MattiaImpellizzeri", "MattiaRizzolo", "MirkoPizii", "PaoloGarbin", "PaoloRotolo", "PasqualeDomenicoColaianni", "RiccardoVianello", "RoaldDeTino", "TeoCocetta", "UgoFazzini", "ValerioSalvucci", "VitoArnetta", "VitoTigani", };

String[] VarColonna = { "Impaginatore", "Impaginatore Ebook", "Impaginatore Pdf", "Revisore", "Traduttore", "Responsabile", "Coordinatore", "Collaboratore", "Ego Network Coordinatore", "Indice nomi utenti", "Coordinate y", "Contributi singole edizioni", "Sistema desktop usato", };

// Matrice Codici membri ....................................................................... String[] SottoNome = { "[Kde]", // 0 "[Gnome]", // 1 "[Unity]", // 2 "[Xfce]", // 3 "[Lxde]", // 4 " ", // 5 "[Unity, Gnome 3, Xfce]", // 6 "[Unity, Kde, Gnome]", // 7 "[Cinnamon]", // 8 "[Gnome 3, Unity]", // 9 "[Windows]", // 10 "[Gnome, Lxde]", // 11 };

// Mini-matrice Etichette ruoli ................................................................. String[] Tradut = { " ", // 0 "(Tr.)", }; String[] Rev = { " ", // 0 "(Rv.)", }; String[] Trad = { " ", // 0 "(Imp.)",

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};

//------------------------------------------------------- int[] matrixBottone = {1}; // Matrice per selezione menù //------------------------------------------------------- //:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

UtenteFCM utente; PFont f; PFont AndaleMono;

void setup() { size(800, 700); smooth(); f = loadFont("Dialog.plain-11.vlw"); AndaleMono = loadFont("AndaleMono-12.vlw"); frameRate(24); }

void draw() { smooth(); background(255); int righe = 43; int colonne = 12; int spazio_col = 8; int spazio_righe = 20; int xmatr = 20; int ymatr = 20; int spazioNomi = 8;

// Bottoni -------------------------------------------------------------- if(mousePressed) { if (mouseX >= 95 && mouseX <= 177 && mouseY <= 26 && mouseY >= 5) { // Matrice matrixBottone[0] = 2;

} else if (mouseX >= 185 && mouseX <= 267 && mouseY <= 26 && mouseY >= 5) { // Factotum matrixBottone[0] = 1;

} else if (mouseX >= 275 && mouseX <= 357 && mouseY <= 26 && mouseY >= 5) { // Contributi matrixBottone[0] = 3; } else { } } else { } for (int rows = 0; rows < righe; rows++) { if (xfisso < 90) { xfisso++; } else { } utente = new UtenteFCM( // Posizioni classe| Pos | Effetto componenti variabili //----------------------------------------------------------------------------------------------------------- color(30,30,30,matrice[rows][0]), // (1) | 0 | Impaginatori - trasparenza bordo matrice[rows][0], // (2) | 0 | Impaginatori - matrice[rows][1], // (3) | 1 | Ebook/Sigil - coordinate x + 50px matrice[rows][2], // (4) | 2 | Pdf/Scribus - coordinate x + 50px matrice[rows][10] + 30, // (5) | 10 | Posizione Y utenti - coordinate y (convenzionali) matrice[rows][5]*7, // (6) | 5 | Responsabili - grandezza raggio cerchio x 7 volte matrice[rows][6]*7, // (7) | 6 | Coordinatore - grandezza raggio cerchio x 7 volte matrice[rows][7]*2, // (8) | 7 | Collaboratore - grandezza raggio cerchio x 2 volte color(matrice[rows][3]*255, // (9) | 3 | Revisore - variabile colore quadrato matrice[rows][4]*255, // (9) | 4 | Traduttore - variabile colore quadrato 0, 255), // (9) rows, //(10) | 9 | Numero indice Nome - indice di stringa testo matrice[rows][11], //(11) | 11 | Contributi - coordinate x matrice[rows][12], //(12) | 12 | Desktop usato - Testo sotto il nome matrice[rows][3]*50, //(13) | 3 | Revisore - coordinate x + 50px matrice[rows][4]*50, //(14) | 4 | Traduttore - coordinate x + 50px matrice[rows][8] //(15) | 8 | EgoNetwork - ); //-----------------------------------------------------------------------------------------------------------// LEGENDA MENÙ

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//-----------------------------------------------------------------------------------------------------------

if (matrixBottone[0] >= 1 && matrixBottone[0] < 2) { // Factotum e Stato iniziale utente.display(); } else if (matrixBottone[0] >= 3 && matrixBottone[0] < 4) { // Contributi utente.mostraContributi(); } else if (matrixBottone[0] >= 2 && matrixBottone[0] < 3) { // Matrice utente.NoDisplay(); spazio_righe = 20; spazio_col = spazio_col +10; for (int rows2 = 0; rows2 < righe; rows2++) { spazio_righe = 20; spazio_col = spazio_col +10; for (int col = 0; col <= colonne; col++) { textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); if (col >= 0 && col <= 0) { if (matrice[rows2][col] >= 200 && matrice[rows2][col] <=200) { text("1",275 + spazio_righe,spazio_col+20); spazio_righe = spazio_righe + 32; } else { text("0",275 + spazio_righe,spazio_col+20); spazio_righe = spazio_righe + 32; } } else if (col >= 1 && col <= 1) { if (matrice[rows2][col] >= 50 && matrice[rows2][col] <=50) { text("1",275 + spazio_righe,spazio_col+20); spazio_righe = spazio_righe + 32; } else { text("0",275 + spazio_righe,spazio_col+20); spazio_righe = spazio_righe + 32; } } else if (col >= 2 && col <= 2) { if (matrice[rows2][col] >= 50 && matrice[rows2][col] <=50) { text("1",275 + spazio_righe,spazio_col+20); spazio_righe = spazio_righe + 32; } else { text("0",275 + spazio_righe,spazio_col+20); spazio_righe = spazio_righe + 32; } } else if (col >= colonne && col <= colonne) { text(SottoNome[matrice[rows2][col]],275 + spazio_righe,spazio_col+20); spazio_righe = spazio_righe + 32; } else { text(matrice[rows2][col],275 + spazio_righe,spazio_col+20); spazio_righe = spazio_righe + 32; } } } for (int rows3 = 0; rows3 < righe; rows3++) { spazioNomi = spazioNomi + 10; textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text(NomeCognome[rows3],120,spazioNomi+30); } noStroke(); fill(240); rect(0,470,width,250); pushMatrix(); textFont(f,11); fill(50); rotate(radians(-90)); textAlign(LEFT); int distDidascalie = 308; for (int colm = 0; colm <= colonne; colm++) { text(VarColonna[colm],-625,distDidascalie); distDidascalie = distDidascalie + 32; } popMatrix();

} }

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int StrokeButton = 200; int FillButton = 235; int FillTextButton = 50; int StrokeButtonMatrice = 200; int FillButtonMatrice = 235; int FillTextButtonMatrice = 50; int StrokeButtonGrafico = 200; int FillButtonGrafico = 235; int FillTextButtonGrafico = 50; int StrokeButtonContributi = 200; int FillButtonContributi = 235; int FillTextButtonContributi = 50; if (mouseX >= 5 && mouseX <= 88 && mouseY <= 26 && mouseY >= 5) { StrokeButton = 220; FillButton = 220; FillTextButton = 100; stroke(230); fill(245,245,245,220); rect(5,5,width-10,height-10); //--------------------------------- Membri noStroke(); fill(190); ellipse(30,50,20,20); textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("Cerchio = Membro Fcm Italia",50,55); //--------------------------------- Membri incarichi noStroke(); fill(190); ellipse(30,85,25,25); textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("Grandezza cerchio = Numero incarichi assunti",50,83); text("(Responsabile + Coordinatore + Collaboratore)",50,97); //--------------------------------- Barra contributi if (matrixBottone[0] >= 1 && matrixBottone[0] < 2) { noStroke(); fill(230,160,160); rect(20,115,50,5); textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("Costanza Contributi",80,121); } else { } //--------------------------------- Legenda ruoli noStroke(); textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("Ruoli = Colore quadrato + (Etichetta):",20,145); fill(0,255,0); rect(25,151,10,10); fill(50); text("(Tr.) = Traduttore",40,160); fill(255,0,0); rect(25,166,10,10); fill(50); text("(Rv.) = Revisore",40,175); fill(255,255,0); rect(25,182,10,10); fill(50); text("(Tr.)(Rv.) = Traduttore e Revisore",40,190); fill(0,0,0); rect(25,198,10,10); fill(50); text("Etichetta assente = Dati mancanti o non reperibili",40,207); //--------------------------------- Legenda ruoli Impaginatori stroke(50); fill(190); ellipse(30,225,20,20);

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textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("Bordo cerchio = Impaginatori",50,230); //--------------------------------- Legenda Asse Y textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("Ordinate Y = Dati convenzionali, non ai fini della ricerca",20,270); //--------------------------------- Ego Network noStroke(); fill(220); rect(10,465,width-20,40); textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("I collegamenti tra i nodi corrispondono alla rete sociale del coordinatore dell'edizione MarcoBuono.",20,480); text("(I dati sono stati ricavati tramite il social network facebook).",20,495); //--------------------------------- Legenda Asse X Factotum if (matrixBottone[0] >= 1 && matrixBottone[0] < 2) { stroke(200); line(10,320,width-10,320); line(10,432,width-10,432); textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("Ascisse X = membri factotum = membri che contribuiscono in cose diverse:",20,310); text("Coordinata X = Revisione + Traduzione + Impaginazione (eBook + Pdf) + Numero posizioni di responsabile, coordinatore, collaboratore",10,335); text("Per ogni ruolo vengono assegnati +50px di posizione sull'asse X.",10,350); text("Ai ruoli non coinvolti direttamente nella produzione viene assegnato un peso minore:",10,365); text("Per ogni posizione di responsabile e coordinatore vengono aggiunti +7px alle coordinate X",10,380); text("Per ogni posizione di collaboratore vengono aggiunti +2px alle coordinate X",10,395); text("Più un membro è verso destra (più il valore di x è alto) più ruoli diversi occupa.",10,410); text("Più un membro è verso sinistra (più il valore di x è basso) meno ruoli diversi occupa.",10,425); } else { } //--------------------------------- Legenda Asse X Contributi if (matrixBottone[0] >= 3 && matrixBottone[0] < 4) { stroke(200); line(10,320,width-10,320); line(10,403,width-10,403); textFont(f,11); fill(50); textAlign(LEFT); text("Ascisse X = quantità di contributi alle edizioni:",20,310); text("(Per la rilevazione vengono considerati i contributi a partire dal numero 37 fino al 56 di FCM)",10,335); text("Più un membro è verso destra (più il valore di x è alto) maggiore è il numero di edizioni a cui ha partecipato.",10,350); text("Più un membro è verso sinistra (più il valore di x è basso) minore è il numero di edizioni a cui ha partecipato.",10,365); text("Accanto al nome di ogni partecipante è indicato il numero totale dei suoi contributi",10,380); text("Ogni partecipazione a un solo numero di FCM vale +1, il totale poi viene moltiplicato per 29 per una migliore lettura del grafico",10,395); } else { } //-------------------------------- Fine legenda > Animazione pulsanti: } else if (mouseX >= 95 && mouseX <= 177 && mouseY <= 26 && mouseY >= 5) { // Pulsante Matrice StrokeButtonMatrice = 220; FillButtonMatrice = 220; FillTextButtonMatrice = 100;

} else if (mouseX >= 185 && mouseX <= 267 && mouseY <= 26 && mouseY >= 5) { // Pulsante Factotum StrokeButtonGrafico = 220; FillButtonGrafico = 220; FillTextButtonGrafico = 100;

} else if (mouseX >= 275 && mouseX <= 357 && mouseY <= 26 && mouseY >= 5) { // Pulsante Contributi StrokeButtonContributi = 220; FillButtonContributi = 220; FillTextButtonContributi = 100;

} else {

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StrokeButton = 200; FillButton = 235; FillTextButton = 50; StrokeButtonMatrice = 200; FillButtonMatrice = 235; FillTextButtonMatrice = 50; StrokeButtonGrafico = 200; FillButtonGrafico = 235; FillTextButtonGrafico = 50; StrokeButtonContributi = 200; FillButtonContributi = 235; FillTextButtonContributi = 50; } stroke(StrokeButton); fill(FillButton); rect(5,5,80,20); textFont(f,11); fill(FillTextButton); textAlign(LEFT); text("Legenda",21,20); stroke(StrokeButtonMatrice); fill(FillButtonMatrice); rect(95,5,80,20); textFont(f,11); fill(FillTextButtonMatrice); textAlign(LEFT); text("Matrice",113,20); stroke(StrokeButtonGrafico); fill(FillButtonGrafico); rect(185,5,80,20); textFont(f,11); fill(FillTextButtonGrafico); textAlign(LEFT); text("Factotum",200,20); stroke(StrokeButtonContributi); fill(FillButtonContributi); rect(275,5,80,20); textFont(f,11); fill(FillTextButtonContributi); textAlign(LEFT); text("Contributi",288,20); } int xfisso = 0; // valore convenzionale delle x per distanziare gli utenti dal bordo destro class UtenteFCM { // Classe generico UtenteFCM, proprietà: color c; int xpos; int ypos; int xyGran; int indiceStringa; int indiceDesktop; int Contributi; color t; int Revisore; int Traduttore; int EgoNet; UtenteFCM( // Il costruttore è definito con gli argomenti: //------------------------------------------------------------------------------------------------------------ color tempC, // (1) :: Impaginatori - trasparenza bordo int tempXposImp, // (2) :: Impaginatori - int tempXposEbook, // (3) :: Ebook/Sigil - coordinate x + 50 int tempXposPdf, // (4) :: Pdf/Scribus - coordinate x + 50 int tempYpos, // (5) :: Posizione Y utenti - coordinate y (convenzionale) int tempGranResp, // (6) :: Responsabili - grandezza raggio cerchio x 7 volte int tempGranCoord, // (7) :: Coordinatore - grandezza raggio cerchio x 7 volte int tempGranCollab, // (8) :: Collaboratore - grandezza raggio cerchio x 2 volte color tempT, // (9) int indexNomi, //(10) :: Numero indice Nome - indice di stringa testo int tempContributi, //(11) :: Contributi - coordinate x int Desktop, //(12) :: Desktop usato - Testo sotto il nome

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int tempRevisore, //(13) :: Revisore - coordinate x + 50px int tempTraduttore, //(14) :: Traduttore - coordinate x + 50px int tempEgoNet) //(15) :: EgoNetwork - //------------------------------------------------------------------------------------------------------------ { // Variabili incidenti nella rappresentazione: c = tempC; xpos = xfisso + (tempXposEbook + tempXposPdf + tempGranResp + tempGranCoord + tempGranCollab + tempRevisore + tempTraduttore)*2; ypos = tempYpos*3 - 50; xyGran = tempGranResp + tempGranCoord + tempGranCollab + 5; indiceStringa = indexNomi; indiceDesktop = Desktop; Contributi = tempContributi; Revisore = tempRevisore; Traduttore = tempTraduttore; t = tempT; EgoNet = tempEgoNet; } void NoDisplay() {

}

void display() { // ::::::::::::::::::::: Argomento Factotum stroke(c); fill(200); ellipseMode(CENTER); ellipse(xpos,ypos,xyGran,xyGran); noStroke(); fill(230,160,160); rect(xpos+10,ypos+2,Contributi*2,5); fill(t); rect(xpos+5,ypos+2,5,5); textFont(f,11); fill(0); textAlign(LEFT); text(NomeCognome[indiceStringa] + " " + SottoNome[indiceDesktop] + " " + Tradut[Traduttore/50] + " " + Rev[Revisore/50],xpos,ypos); if (EgoNet >= 1) { stroke(50,50,50,120); line(xpos,ypos,516,475); } else { } } void mostraContributi() { // :::::::::::: Argomento Contributi stroke(c); fill(200); ellipseMode(CENTER); ellipse(20 + Contributi*29,ypos,xyGran,xyGran); noStroke(); fill(t); rect((20 + Contributi*29)+5,ypos+2,10,5); textFont(f,11); fill(0); textAlign(LEFT); text(NomeCognome[indiceStringa] + " " + "=" + " " + Contributi + " " + Tradut[Traduttore/50] + " " + Rev[Revisore/50],20 + Contributi*29,ypos); if (EgoNet >= 1) { stroke(50,50,50,120); line(20 + Contributi*29,ypos,540,475); } else { } } }

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Il programma ha un menù che mostra la matrice, la rappresentazione grafica della centralità (Factotum) e la rappresentazione grafica dei contributi:

Fig. 7 – Grafico factotum.

Fig. 8 – Grafico contributi.

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Abbiamo rappresentato i membri della comunità come cerchi grigi. Più grande è il cerchio più alto è il numero di incarichi che il membro della comuni-tà possiede. I ruoli sono indicati da un quadratino colorato e da un'etichetta per i traduttori e i revisori, mentre per gli impaginatori si usa la presenza o meno del bordo del cerchio. Il colore verde e l'etichetta “Tr.” indicano il solo ruolo di tra-duttore, il colore rosso e l'etichetta “Rv.” il solo ruolo di revisore, il colore giallo e l'etichetta “Tr. Rv.” il doppio ruolo di traduttore e revisore. L'ampiezza della barra rosa nel grafico Factotum indica il numero di contributi.

Abbiamo chiamato il primo grafico “Factotum” perché la posizione dei membri nell'asse delle ascisse è indicato dal numero di ruoli e incarichi che un membro possiede. In particolare abbiamo definito il valore di x dall'algoritmo: revisione + traduzione + impaginazione eBook + impaginazione Pdf + nume-ro di posizioni di responsabile + numero di posizioni di coordinatore + nume-ro di posizioni di collaboratore. Per ogni ruolo vengono assegnati +50px di spostamento sull'asse x. Agli incarichi, perché non coinvolti direttamente nella produzione, abbiamo assegnato un peso minore. Per ogni posizione di respon-sabile e coordinatore +7px, mentre per ogni posizione di collaboratore +2px.

Nel secondo grafico invece le ascisse rappresentano il numero di contri-buti, cioè maggiori sono stati i contributi totali di un membro più la sua posizio-ne è spostata verso destra. Accanto al nome di ogni membro c'è indicato il valo-re numerico dei contributi.

Andiamo quindi ad analizzare i dati. Come si vede nel grafico notiamo che il coordinatore del gruppo, Marco Buono, è colui che ha più incarichi in as -soluto ed è anche tra i membri che svolgono più ruoli, essendo traduttore, revi-sore e impaginatore, seppur solo pdf. È tra i pochi membri che hanno il massi-mo valore in fatto di contributi come i membri che hanno più incarichi (cerchio più grande) contribuiscono alla comunità in più mansioni. Mentre non sempre coloro che hanno maggior numero di incarichi hanno lo stesso livello di contri-buzioni o hanno il più alto numero di ruoli. Notiamo inoltre come vi sia una certa polarizzazione nei ruoli, cioè o si è solo traduttori oppure si è allo stesso tempo traduttori, revisori e impaginatori o almeno si occupi più di un ruolo contemporaneamente, non si trovano infatti revisori puri. Da un punto di vista dei contributi notiamo che la comunità è contraddistinta da due concentrazioni, un gruppo di una ventina di membri con il più elevato numero di contributi (dai 10 ai 19), mentre un altro gruppo, consistente quasi quanto quello precedente, nel quale vi sono membri con pochissimi contributi, dieci dei quali addirittura non hanno partecipato neanche una volta rimanendo tuttavia iscritti alla comu-nità. Da una prospettiva di CMC notiamo anche che questo gruppo, marginale dal punto di vista dei contributi, è anche poco attivo da un punto di vista degli

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strumenti di comunicazione che usa la comunità, in particolar modo infatti co-loro che fanno parte di questo gruppo non hanno risposto al nostro questiona-rio posto in mailing-list (sono infatti contrassegnati dal quadratino nero), facen-do supporre in questi anche un basso coinvolgimento. Tuttavia da questo grup-petto di membri poco attivi dobbiamo escludere i nuovi membri (Antonio Alle-gretti, Mattia Rizzolo, Mirko Pizii e Pasquale Domenico Colaianni). Se mettia-mo in correlazione questi dati a quelli dell'ego-network del coordinatore del gruppo Marco Buono, vediamo come quest'ultimo sia connesso solo con il gruppo che presenta il maggior numero di contributi. Tuttavia l'ego si presenta come una rete scarsamente densa nel totale, infatti delle 41 possibili connessioni di rete l'ego ne presenta solo 8, cioè solo un quinto del totale, mentre, se consi-deriamo il gruppo dei più attivi, vediamo come sia connesso con quasi la metà di esso. Inoltre notiamo come le stesse connessioni sono tra i nodi che posseg-gono più ruoli contemporaneamente, non essendo Marco Buono connesso con nessun traduttore puro.

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Bibliografia quarto capitolo

Fry, Ben; 2008, Visualizing Data, O’Reilly Media , USA.

Galton, Laura; Haythornthwaite, Caroline; Wellman, Barry; 1997, Studying Online Social Networks, in “Journal of Computer Mediated Communication”, Vol 3, n.1.

Preece, Jenny; 2000, Online Communities: designing usability, supporting sociability, John Wiley & Sons, USA.

Trobia, Alberto; Milla, Veronica; 2011, Social network analysis, Carocci editore, Pisa.

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Page 128: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

Appendice

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07 Febbraio, 2012, 20:39:44

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gruppo di lavoro FCM

Il Consiglio è il gruppo che coordina la comunità italiana di Ubuntu, che garantisce il rispetto delle linee guidadella comunità e stabilisce gli obiettivi e le modalità dei progetti e dei gruppi di lavoro, coordinando gli sforzi e gliimpegni per evitare sovrapposizioni e sprechi di risorse.

Il Consiglio promuove inoltre le attività tese alla diffusione di Ubuntu, favorisce l’operato della comunità italiana tra lealtre comunità internazionali e cura i rapporti con la Canonical Ltd.

Scrivete in questa sezione solo quando ritenete che l´argomento necessiti di una discussione da parte deimembri del Consiglio.

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Autore Discussione: Presentazione del gruppo di lavoro FCM (Letto 11918 volte)

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Il saggio è colui che sa

di non sapere...

Presentazione del gruppo di lavoro FCM« inserita: 02 Ottobre, 2008, 16:00:45 »

Con questa discussione vorremmo presentare il gruppo di traduzione in lingua italiana della rivistainglese Full Circle (d'ora in poi "Gruppo FCM") e, al contempo, avviare la procedura diriconoscimento del medesimo gruppo come ufficiale in seno alla Comunità italiana di Ubuntu.

1. Presentazione del gruppo

1.1 Breve storia del gruppo

Il gruppo di traduzione della rivista Full Circle, noto anche come Gruppo FCM, è nato in maggio2007 dalla volontà di Paolo "paolettopn" Garbin e di altri volontari, che - esterni alla Comunità - siimpegnarono a tradurre e impaginare il numero 0 di Full Circle Magazine (d'ora in poi "FCM"). Unmembro della Comunità italiana di Ubuntu, appresa la notizia di questo nuovo progetto, contattòPaolo in privato e gli propose di portarlo all'interno della Comunità di Ubuntu-it. Paolo e gli altrivolontari furono lieti di ricevere questo invito e trasferirono il progetto all'interno della Comunità.All'epoca il gruppo constava solo di 2/3 membri, che si facevano carico dell'intero lavoro ditraduzione, revisione e impaginazione sul sito internazionale di Ubuntu. In brevissimo tempo, però,si unirono altri partecipanti ai lavori, entusiasti di portare avanti questo impegno, ritenutoimportante per la diffusione della cultura del software libero e, in particolare, del sistema operativoUbuntu. Il gruppo non disponeva, ancora, dei mezzi di collaborazione attuali, quali il wiki e, ultimoin ordine di tempo, Launchpad, ma la volontà di contribuire era molto forte. Nel volgere di pochimesi il gruppo si allargò e gli fu affidata, da parte di Milo Casagrande, una sezione dedicata delWiki in cui potessero essere definite le prime regole e procedure di lavorazione. Da allora questeultime vengono affinate e adattate alle esigenze del gruppo (in continua evoluzione) e resepubbliche nelle pagine del Wiki. Ogni momento della procedura di traduzione e l'organizzazione delgruppo sono stati documentati con chiarezza e trasparenza al fine di garantire a chiunque di potercontinuare questo progetto.

1.2 Il gruppo oggi

Attualmente il gruppo dispone di 15 membri attivi e due in fase di valutazione. Di questi membriattivi, alcuni hanno ruoli di amministrazione su Launchpad, altri sul Wiki, altri sulla mailing-list. Ma- aspetto che riteniamo importante - non ci sono figure di comando all'interno del gruppo: tutti imembri sono allo stesso livello e colui che guida e coordina il gruppo è un "primus inter pares".

Web Documentazione Forum Planet

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Il gruppo FCM è un gruppo aperto a chiunque abbia una buona conoscenza dell'inglese edell'italiano e tanta buona volontà, come specificato nella pagina "Partecipare". A tal fine coloroche si presentano come candidati, dopo aver firmato il Codice di Condotta, aver creato una paginapersonale sul wiki e dopo essersi iscritti alla mailing-list del gruppo, devono superare una prova diammissione prima di essere definiti membri effettivi: la prova consiste nel dimostrare di essere ingrado d'interpretare correttamente i testi originali e a proporli in un buon italiano. Se non riesconoa dimostrare queste capacità, i candidati vengono respinti: il tutto solo per salvaguardare l'ottimolivello di qualità della rivista Full Circle.

1.3 Strumenti del gruppo

Il gruppo si coordina attraverso l'uso della mailing-list, il cui archivio può essere visualizzatoall'indirizzo http://www.freelists.org/archives/ubuntu-it-fcm/. L'uso di questo strumento èassolutamente essenziale e imprescindibile: attraverso di esso si è certi di poter raggiungere tutti imembri e organizzare al meglio il lavoro e costituisce il primario strumento di comunicazione con ilgruppo. Oltre a esso, è possibile contattare il gruppo attraverso il canale #ubuntu-it-trad diFreenode, condiviso con il Gruppo di traduzione del software di Ubuntu, o ancora tramite Answersdi Launchpad.

Il gruppo ha una sezione dedicata nel wiki che, oltre che per la presentazione delle attività e delleprocedure, viene utilizzato intensamente per coordinare le prenotazioni di traduzione, revisione eimpaginazione.

Da alcuni numeri il lavoro di impaginazione e produzione del PDF finale viene portato avanti inmaniera collaborativa da più persone anziché una sola. Chiunque nel gruppo può dare il suocontributo impaginando gli articoli tramite Scribus e inviandoli su Launchpad in un appositobranch; da quest'ultimo gli altri impaginatori possono prelevare tramite Bazaar il filedell'impaginato aggiornato e gli eventuali nuovi file. Il gruppo degli impaginatori si coordinatramite il wiki per prenotarsi le pagine da lavorare. A tutt'oggi abbiamo nel gruppo ben quattroimpaginatori, che consentono un'agevole e rapida lavorazione su Scribus.

Per tutti i dettagli delle norme e delle procedure, comunque, rimandiamo all'ampiadocumentazione disponibile nelle pagine wiki dedicate al gruppo.

2. Richiesta di avvio della procedura di riconoscimento

Oggi, dopo più di un anno di lavoro ininterrotto, frutto di impegno da parte sia dei membri cheancora oggi fanno parte del gruppo sia di coloro che non ci lavorano più e che ringraziamo,intendiamo chiedere che il gruppo, in quanto tale, sia ufficialmente riconosciuto dalla Comunitàitaliana di Ubuntu.

Riteniamo che il lavoro di sensibilizzazione e di promozione operato traducendo e diffondendoquesta rivista sia un punto di forza per la nostra Comunità e che vada a tutto vantaggio del suobuon nome.

Riteniamo importante questo traguardo, come ulteriore stimolo a continuare a contribuire allacausa del software libero e alla diffusione di Ubuntu nei computer dei lettori di FCM. Pensiamo alnostro lavoro come un piccolo e tuttavia possibile aiuto alla risoluzione del "Bug n. 1".

Il gruppo FCM, oltre al riconoscimento della sua ufficialità all'interno della Comunità italiana diUbuntu, chiede di poter rimanere come sottogruppo del gruppo "Traduttori Italiani di Ubuntu" eaccanto all'altro sottogruppo "Traduttori Italiani del software di Ubuntu", così come emerge dallapagina relativa dei membri dei "Traduttori Italiani di Ubuntu". Non chiede un canale IRC separato,perché #ubuntu-it-trad è un ottimo punto di incontro con i traduttori del software, e al contempochiede che rimanga intatta la mailing-list attualmente in uso.

Ci sottoponiamo alle valutazioni che il Consiglio e la Comunità tutta vorranno esprimeresull'operato del gruppo, sperando in una positiva accoglienza della richiesta.

Il gruppo italiano di traduzione della rivista FCM.

« Ultima modifica: 02 Ottobre, 2008, 19:44:12 da paolettopn » Registrato

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #1 inserita: 02 Ottobre, 2008, 17:58:27 »

Paolo,

abbiamo letto il post, grazie.

Se non interveniamo subito, è perchè:

1. stiamo valutando;2. qualcuno di noi ha problemi temporanei con la linea

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A presto

Fabio

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #2 inserita: 03 Ottobre, 2008, 20:41:48 »

A lucro di tempo potresti intanto dirci come (e a chi) sono distribuiti i grant di amministrazionedegli strumenti che impiegate (ML, Wiki, LP, ecc.)? In particolare, noto che l'apposito branch sulaunchpad-code è inaccessibile, pertanto è chiuso ai membri (ritengo). Chi amministra anchequesto?

Grazie

Fabio

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Il saggio è colui che sa

di non sapere...

Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #3 inserita: 03 Ottobre, 2008, 20:44:25 »

Certo Fabio,

ti aggiorno via mail.

Paolo

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #4 inserita: 03 Ottobre, 2008, 20:46:24 »

Perchè via mail? Le amministrazioni degli strumenti sono e devono essere note a tutti, credo.

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paolettopnNovello Novizio

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #5 inserita: 03 Ottobre, 2008, 21:03:54 »

D'accordo,

metto qui le informazioni presenti nella mail che ti ho inviato.

Per quanto riguarda la ML:

I due amministratori, pari livello sono Paolo Garbin (paolettopn) e Aldo Latino (aldolat).

Non ci sono altri grant ( tipo moderatore, ecc..) per i restanti membri e sottoscrittori del gruppo di

Page 132: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

Il saggio è colui che sa

di non sapere...

lavoro.

Per quanto riguarda Launchpad:

I tre amministratori, pari livello sono Paolo Garbin (paolettopn), Aldo Latino (aldolat) e MaraSorella (maruscia).

I restanti membri del gruppo sono normali utenti LP, senza altri grant.

> In particolare, noto che l'apposito branch su launchpad-code è inaccessibile, pertanto è chiuso aimembri (ritengo).

Esatto, è stato fatto per proteggere i dati della lavorazione in corso. La scelta è stata fatta con unaregolare riunione del gruppo.

> Chi amministra anche questo?Questo branch è stato impostato 'Privato', ovvero ci entra solo chi è presente nel gruppo deimembri del gruppo FCM di LP.

Una volta che un nuovo membro è approvato, automaticamente entra in quel branch. Tutto è statoconfigurato dagli admin di LP, dietro nostra richiesta.

Allo stato attuale dobbiamo attendere ancora due cose dagli admin di LP:

1. L'applicazione di una patch che permetta agli utenti autorizzati di accedere al branch in forma dibrowsing (come già accade per tutti i branch pubblici);

2. Permettere agli admin del gruppo di FCM di poter amministrare in toto gli utenti presenti,permettendo anche la creazione di nuovi admin nello stesso gruppo (cosa non attualmentepermessa). Ora noi admin possiamo prendere un utente admin e farlo diventare un utente base,cambiare la scadenza della sua sottoscrizione o disattivarlo dal gruppo di lavoro.

Questo mi sembra tutto, se necessiti di altre informazioni siamo qui.

Grazie a te,

Paolo

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #6 inserita: 06 Ottobre, 2008, 10:43:41 »

Ciao a tutti,

Prima di tutto mi scuso per la tarda risposta. Avevo chiesto agli altri membri del Consiglio di nonintervenire subito perche' volevo iniziare la discussione da parte nostra, dato che ultimamente hoseguito un po le discussioni sulla mailing list del gruppo e avevo in mente alcune cose su cuivolevo che si concentrasse la discussione. Dopo pero' ho perso la connessione internet a casa(sono ancora senza) per cui ho avuto problemi a postare.

Allora i preliminari: vedo dalle pagine del wiki che il gruppo si sta organizzando bene nel senso cheha una struttura definita e chiara. Questo e' chiaramente stato il frutto di molto impegno da partedei membri del gruppo, che apprezzo. Credo anche che questo gruppo faccia un'attivita' moltovalida perche' e' buono per la comunita' dimostrare che ha una forte presenza di traduttori chepossa ricoprire anche la rivista come anche altri aspetti della comunita' internazionale.

Detto questo, come Consiglio e' il nostro ruolo cercare di valutare le procedure di ogni gruppo perassicurare alcune cose, elencate in fondo a questa pagina - http://www.ubuntu-it.org/index.php?page=Struttura_Com. Per un gruppo come questo e' molto importante assicurare che ilgruppo ha gli strumenti giusti per lavorare in modo efficace, e senza interventi da parte nostra perrisolvere conflitti e altro.

Per me prima di dare al gruppo l'etichetta "ufficiale" (e sottolineo che e' solo un'etichetta, alla finequello che ci interessa e' piu la buona funzione del gruppo, e non un riconoscimento) vorrei vedereun gruppo piu snello con procedure un po' piu leggere.

Avendo seguito da un po la mailing list e letto attentamente le varie pagine sul wiki, a mio avvisole procedure del gruppo sono un po' troppo complicate. A volte c'e' un po di formalita' ecerimoniosita' nel gruppo, che secondo me si deve eliminare per assicurare un futuro sano per ilgruppo. Bisogna inoltre trovare un buon bilancio fra usare strumenti utili, e non complicarsi troppola vita aggiungendo troppi strumenti. Allora faccio tre commenti.

1. Rapporto con il gruppo traduzione

Page 133: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

Dall'inizio del gruppo, ho sempre pensato che sarebbe stato molto meglio che il gruppo non fossene' un gruppo separato ne' un sotto gruppo. Questo lo penso tutt'ora. Credo che i lavori ditraduzione della rivista dovrebbero rientrare nello scopo del gruppo traduzione stesso.

Credo che sia molto importante utilizzare la mailing list del gruppo traduzione. Ci sono moltedomande sulla traduzione che passano su tutte e due le mailing list, e questo non e' efficace. Lerisorse enormi che abbiamo per quanto riguarda la traduzione non si sta utilizzando come sidovrebbe. Poi, le abilita' per la traduzione della rivista e la traduzione delsoftware/documentazione sono praticamente identiche, a me sembra inefficace che le due cose sisono sviluppate separatamente. Alla fine la rivista e' un'iniziativa di traduzione come un'altra: cene potrebbero essere tante (es. traduzione del annuncio del release, traduzione di un articolo didocumentazione sul wiki, traduzione di un articolo di marketing).

La rivista secondo me dovrebbe essere un "progetto" del gruppo traduzione, cosi come latraduzione del software e della documentazione.

L'obiezione al uso di una unica mailing list credo che sia stata che ci sono molti messaggi riguardoFCM che darebbero fastidio a chi si interessa solo alla traduzione del software. La soluzione aquesto aspetto credo che sia l'utilizzo migliore del wiki e di Launchpad come strumento dicollaborazione per il gruppo. Molti messaggi in mailing list si potrebbero evitare cosi'. Il fatto peresempio che la mailing list riceve una notifica di ogni cambiamento che avviene al branch diLaunchpad non e' necessario - ognuno che si interessa puo iscriversi alle notifiche del branch.Diminuire il traffico di email che girano credo che sia importante anche per il gruppo stesso, perfacilitare il contributo di nuovi membri.

2. Nuovi candidati

La procedure per accesso di nuovi candidati e' troppo formale secondo me: ha scadenze, dei turnirigidi, e comporta delle votazioni. Secondo me una procedura cosi "militare" non e' utile pervalutare se una persona ha le abilita' necessarie. La procedura del gruppo traduzione dove degliamministratori valutano i suggerimenti di traduzione dei candidati e' piu sciolto e piu sano secondome. Per questo motivo l'unione con il gruppo traduzione porterebbe dei vantaggi perche' laprocedura potrebbe essere la stessa.

Per me questo aspetto e' molto importante perche' facilitare nuovi contributori e' una delle cosepiu importanti a cui dobbiamo pensare durante questa discussione.

3. Gestione del gruppo

Un po' la gestione del gruppo mi preoccupa. Onestamente ho visto alcuni conflitti nel gruppo chedovrebbero essere stati evitati (nel senso, discutere spesso e' utile per migliorarci e capire altripunti di vista, ma ci sono stati alcuni conflitti in questo gruppo che sono nati da contrasti dipersonalita' che non dovrebbero provocare problemi in un gruppo sano). Ho la sensazione chel'avvicinarsi al gruppo traduzione oppure la totale unione con lo stesso gruppo potrebbe essere lasoluzione a questo; il gruppo traduzione ha una gestione molto serena.

Questo e' il mio pensiero: non e' necessariamente in linea con il pensiero degli altri membri delConsiglio, ma invito commenti da loro e dai membri del gruppo.

Una richiesta: so che quello che ho scritto sopra e' abbastanza lungo, e me ne scuso, ma periniziare la discussione e soprattutto per fare una proposta abbastanza "controversiale", misembrava giusto. Cerchiamo da ora in poi di intervenire in modo conciso, perche' altrimenti ladiscussione sara' difficile.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #7 inserita: 06 Ottobre, 2008, 11:14:20 »

Personalmente, non ho molto altro da aggiungere all'ottima esposizione di Matt, che ritengo senzadubbio di dover condividere.

Il punto principale è questo: la traduzione di FCM è un lavoro di traduzione vero e proprio, quindisono d'accordo sull'impiegare le risorse comuni. Laddove si differenzia FCM è nell'impaginazionegrafica, e per questo è giusto che per tali funzioni specifiche sia un progetto del gruppo traduzione.

Effettivamente la gestione è un po' troppo elaborata e talvolta non conforme alle dimensioni eall'estensione del progetto stesso. Sembra che il tempo a disposizione sia impiegato maggiormenteper aderire alle numerose regole che non per la produzione stessa dell'attività.

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twilightMembro del Consiglio

Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #8 inserita: 06 Ottobre, 2008, 11:34:11 »

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Credo che il punto di vista presentato da Matt sia molto chiaro e preciso, il mio parere èperfettamente allineato.

ciao

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #9 inserita: 06 Ottobre, 2008, 13:52:41 »

Io sono quello che, in alcuni (pochi) punti, non ha il pensiero in linea con quello di Matt. Locondivido nell'insieme, ma ci sono delle precisazioni personali che devo fare.

Sono ancora un po' scettico sulla condivisione della mailing list visto, in molti casi, il per meinutile traffico che si genera in quella FCM. A mio parere c'è un "cattivo" utilizzo di fondodello strumento mailing list (listiquette a parte) che spesso sembra usata come mail privatae in cui, secondo me, circolano molti messaggi superflui (messaggi che non apportano nulladi concreto a una discussione).A mio parere i due gruppi su Launchpad dovrebbero restare separati per una questione digestione dei permessi all'interno di Launchpad stesso, in particolare per le traduzioni delsistema operativo e anche se vogliamo, ma è molto marginale, per le notifiche. Si trattasempre di traduzioni, ma sono diametralmente opposte per finalità e in alcuni casi possonorisultare diverse anche per convenzioni e linee guida (decisamente più vincolanti e "pignole"in un caso rispetto all'altro). Per quanto riguarda le notifiche, tipicamente dei bug, non so setutti i membri del gruppo traduzione possano essere interessati a dei bug che magari non liriguardano. Non da ultimo, per quanto si fa su Launchpad, c'è il comprendere cosaeffettivamente si sta facendo, il problema di un minor controllo su quanto fatto (e quindi unanecessaria conoscenza approfondita di convenzioni e linee guida) e le problematiche (nonindifferenti) che ci sono con i cosiddetti "upstream".

Non sto dicendo che un'unione è una missione impossibile, ma è necessario tenere conto di moltifattori (e per me gli ultimi punti sono molto, molto importanti) e valutare fino a che livello di"unione" si può arrivare.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #10 inserita: 06 Ottobre, 2008, 14:01:47 »

Milo,

non credo che Matt ritenesse opportuno "unificare" le due ML, ma sottolineare (come hai fattoanche tu) che forse la ML di FCM genera un eccessivo e spesso ridondante traffico. Sono d'accordoche i requisiti del gruppo traduzione sono sicuramente meno "laschi" di quelli della rivista, ed èproprio per questo forse che la rivista diviene (come è) un sottoinsieme del gruppo traduzione, unprogetto a se stante e non è completamente embedded nel processo-padre.

Il "prodotto" del progetto FCM è comunque sempre - in ogni caso - una traduzione, la quale(sebbene con regole meno rigide) deve comunque soddisfare uno standard linguisticopossibilmente elevato.

Il tema del discorso di Matt è, a mio parere, questo: occorre semplificare un processoeccessivamente appesantito da regole e scambio di comunicazioni, rendendolo per quanto possibilepiù snello e meno resource-demanding. E questo probabilmente si può ottenere ereditando dalprocesso padre (gruppo traduzione), le regole e le modalità di lavoro.

-F-

« Ultima modifica: 06 Ottobre, 2008, 14:04:14 da saltydog » Registrato

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mdkeCoraggioso

Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #11 inserita: 06 Ottobre, 2008, 16:46:42 »

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Si, secondo me sarebbe opportuno unificare le due mailing list. Capisco la preoccupazione di Milo,ma come ho detto sopra, a mio avviso il problema si potrebbe evitare riducendo il traffico dimessaggi in lista. Anzi, secondo me il passo di unire le due mailing list darebbe un ottimo incentivoa chi contribuisce a FCM di ridurre il traffico.

Per quanto riguarda la gestione del gruppo Launchpad, la proposta di Milo mi sembra ragionevole.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #12 inserita: 06 Ottobre, 2008, 19:21:30 »

Ciao a tutti.Premetto che intervengo in veste personale (questa mia risposta non l'ho discussa in ML). Volevorispondere, se mi è permesso, ad alcune affermazioni fatte da mdke.

Io sono abbastanza nuova del gruppo e non ho trovato affatto le regole complicate Piuttosto leho trovate organizzate, il che denota un'attenzione ai particolari e alle procedure per la riuscita, neitempi, della rivista.

Citazione

"A volte c'e' un po di formalita' e cerimoniosita' nel gruppo, che secondo me si deve eliminare perassicurare un futuro sano per il gruppo."

Perdonami ma anche qui non sono d'accordo. In che cosa rilevi "formalita' e cerimoniosita' nel

gruppo"? Siamo tutti amici e gentili

Citazione

"Credo che sia molto importante utilizzare la mailing list del gruppo traduzione. Ci sono moltedomande sulla traduzione che passano su tutte e due le mailing list, e questo non e' efficace. Lerisorse enormi che abbiamo per quanto riguarda la traduzione non si sta utilizzando come sidovrebbe. Poi, le abilita' per la traduzione della rivista e la traduzione delsoftware/documentazione sono praticamente identiche, a me sembra inefficace che le due cose sisono sviluppate separatamente. Alla fine la rivista e' un'iniziativa di traduzione come un'altra: cene potrebbero essere tante (es. traduzione del annuncio del release, traduzione di un articolo didocumentazione sul wiki, traduzione di un articolo di marketing)."

Anche su questo punto avrei qualcosa da dire. La traduzione del software e della documentazioneè molto differente da quella di FCM. Nel software o nella documentazione non troverai mai slang oespressioni colloquiali. Il fatto di avere una meailing list separata ci agevola non poco. Possiamoconcentrarci sulle nostre traduzioni e non dover scremare i messaggi ogni volta con cose che nonc'entrano (d'altronde tu stesso dici: "Diminuire il traffico di email che girano credo che siaimportante anche per il gruppo stesso, per facilitare il contributo di nuovi membri").Posso essere d'accordo con te quando dici che "la mailing list riceve una notifica di ognicambiamento che avviene al branch di Launchpad non e' necessario - ognuno che si interessa puoiscriversi alle notifiche del branch". Questo effettivamente si potrebbe togliere.

Citazione

"La procedure per accesso di nuovi candidati e' troppo formale secondo me: ha scadenze, dei turnirigidi, e comporta delle votazioni. Secondo me una procedura cosi "militare" non e' utile pervalutare se una persona ha le abilita' necessarie."

Mi rendo conto di essere un po' rompigliona ma anche qui ho delle obiezioni. Io sono statasottoposta a queste regole che tu definisci "formali" e le trovo efficaci. Nella prima prova bisognatradurre un articolo tecnico, nella seconda uno colloquiale con slang. Queste prove assicurano unavalutazione completa del candidato. Anche dare delle scadenze è necessario. Bisogna ricordarsiche FCM esula dalle altre traduzioni del gruppo traduzioni in quanto ha delle scadenze strette di 28gg. tra inserimento pagine, traduzione, revisione, impaginazione e pubblicazione Se le persone delgruppo dimostrano di non saper rispettare le scadenze, è meglio che migrino verso altri progetticon tempi un po' più dilatati.

Citazione

"Un po' la gestione del gruppo mi preoccupa. Onestamente ho visto alcuni conflitti nel gruppo chedovrebbero essere stati evitati (nel senso, discutere spesso e' utile per migliorarci e capire altripunti di vista, ma ci sono stati alcuni conflitti in questo gruppo che sono nati da contrasti dipersonalita' che non dovrebbero provocare problemi in un gruppo sano)."

I conflitti possono esistere in qualsiasi realtà, lavorativa e non. Quello che si è creatorecentemente, e che si è risolto comunque in tempi brevi, è stato un episodio isolato e che noncredo si ripeterà. Nel remoto caso in cui dovesse ripetersi (sottolineo remoto) sono dell'idea chesiamo un buon gruppo solido e che sapremo gestire la cosa al nostro interno.

Permettimi un'ultima cosa. Sono dell'idea che l'etichetta "ufficiale" non sia solo un'etichetta. Ivolontari lavorano per poter contribuire a un progetto comune ma un riconoscimento è sempre

Page 136: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

apprezzato. Il contrario toglie il divertimento e la motivazione al lavoro. Questo vale in un

ambiente di volontari ma anche in un ambiente lavorativo

Scusate se sono stata troppo prolissa.Un saluto

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #13 inserita: 06 Ottobre, 2008, 19:59:10 »

Cara forkirara,

comincio dalla fine: il problema del "riconoscimento". Sono d'accordo con te, in una comunitàvolontaria il riconoscimento è spesso l'unico elemento di remunerazione e di soddisfazione,pertanto è fondamentale. Qui però il problema va diviso in due parti:

1 - Occhio a non cadere nel tranello di scambiare il riconoscimento per un'affannosa ricerca dipersonale gratificazione. Questo dalla comunità non giungerà mai e credo nemmeno da altrove.Lavoro nell'open source da tanti anni e talvolta il miglior riconoscimento per me è rappresentatodal fatto che il lavoro da me svolto funziona. Un software che riesce ad aiutare qualcuno, unapagina sul web che aiuti ad informare, qualche post sul forum che risolvano i problemi degli utenti,una pagina wiki per spiegare un argomento, una traduzione, ecc. Lo faccio perchè lo voglio fare esono molto soddisfatto di sapere che qualcuno userà il mio lavoro per crescere o per migliorare. Etanto mi basta, è sicuramente più di quanto desideravo, ben oltre un'etichetta o una medaglia.

2 - Ritengo che il lavoro svolto dal progetto FCM sia stato ampiamente riconosciuto e posto invisibilità da ubuntu-it. Infatti:

Nella mia (unica) intervista a RAI 3 ho parlato molto più ampiamente del nostro FCM chedegli altri gruppi, e colgo questa occasione per scusarmi con tutti gli altri;FCM è l'unico gruppo che ha una pagina del nostro sito web per divulgarne le attività;Viene sempre citato FCM in italiano nelle nostre Newsletter;Il gruppo è rappresentato chiaramente nell'immagine della struttura della Comunità.

Sinceramente, rispedisco al mittente la tua accorata supplica di riconoscimento, con i precedentiche ti ho appena citato.

Veniamo ora al resto.Non temo smentite nel sostenere che NESSUN gruppo (ufficiale o meno) di tutta la comunitàsottopone i candidati a due "sessioni di prova d'esame" per l'adesione. Per accedere a un posto didipendente pubblico, forse ne servono meno... Mi piacerebbe, tra l'altro, conoscere quali sono irequisiti dei componenti la Commissione Giudicatrice, visti quelli richiesti ai candidati!Ti faccio l'esempio del Gruppo Web. Dopo aver verificato la rispondenza del candidato con irequisiti di base scambiamo alcune chiacchiere con lo stesso e lo mettiamo subito al lavoro, in unasituazione di "prova sul campo". Sarà lo stesso candidato così a dimostrare la sua validità per ilprocesso produttivo del gruppo. Dopo un breve periodo, una mail in ML è sufficiente per mettercitutti d'accordo sull'accettazione del nuovo candidato. Mi sembra semplice, efficace e soprattuttonon incute al candidato un inutile e inesistente timore reverenziale verso una struttura che -secondo me - ritiene troppo pesante.

Qui siamo nel bazaar, non nella cattedrale!

Se tu ritieni "semplici" le procedure di ingresso in FCM, probabilmente non hai partecipatoampiamente ancora a questa comunità, come devo supporre visto che questo è il tuo primomessaggio sul forum, elemento centrale di discussione, di confronto e di supporto.

Non sei affatto una "rompigliona" come dici, stai solo partecipando a un dibattito. Aperto a tutti econdiviso da tutti.

Saluti

Fabio

« Ultima modifica: 07 Ottobre, 2008, 07:55:41 da saltydog » Registrato

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forkiraraNovello Novizio

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #14 inserita: 07 Ottobre, 2008, 18:31:10 »

Ciao Fabio.

Probabilmente sono io che non mi sono spiegata bene. Con "riconoscimento" non intendevominimamente "un'affannosa ricerca di personale gratificazione" (addirittura "affannosa"... non

siamo mica messi così male ) ma un riconoscimento del gruppo in quanto tale. Anche noisiamo felici quando esce la rivista revisionata e corretta nei tempi e, magari anche in anticipo. Ci

Page 137: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

congratuliamo anche fra di noi (è grave?). Sono convinta che tu abbia molta più esperienza di menell'ambito dell'open source ma, sempre in questo ambito, non sono l'unica a pensarla così (se haitempo e voglia, mi piacerebbe che leggessi l'art. di Emma Jane Hogbin su FCM n. 14).

Comunque vediamo se riesco a spiegarmi. Quello che noi chiediamo è di essere inseriti comegruppo paritetico del gruppo Traduzione del software, presente all'interno dell'Ubuntu Italian Team(https://edge.launchpad.net/~ubuntu-it/+members) cosa che non è. Ci sono i traduttori delsoftware e non noi. Invece visualizzando la pagina dei “Traduttori Italiani di Ubuntu”(https://launchpad.net/~ubuntu-it-traduzione/+members) siamo visti, giustamente, come duegruppi allo stesso livello, amministrati dall'Ubuntu Italian LoCoTeam Council. Nella mappa(http://www.ubuntu-it.org/uploads/images/struttura_com.png) il gruppo traduzione del softwaredovrebbe dipendere, come per il gruppo FCM, dall'unico gruppo padre Traduzione. Credo chebisognerebbe aggiungere nel gruppo generale Traduzione, di fianco a FCM, il gruppo dei Traduttoridel software.

Nessuno di noi ha mai detto che non diate risalto a FCM (a proposito: ho visto l'intervista. Bella!).Non stiamo parlando di questo. Ci piacerebbe semplicemente che il nostro lavoro venissericonosciuto effettuando le modifiche sopra citate.

Per quanto riguarda le regole di entrata mi sembra che tu non stia tenendo conto della peculiaritàdi FCM. Tradurre un articolo tecnico è molto diverso da tradurne uno colloquiale. Se aggiungi ancheil fattore “tempo” le cose si complicano. Le procedure di ingresso in FCM ci permettono di valutaretutti e tre gli aspetti. Non potremmo dare due articoli nella stessa edizione, da fare in 10 giorni,perché sarebbe troppo. Quindi si diluiscono in due edizioni (sempre per la variabile tempo). Non misembra, comunque, che qualcuno si sia mai intimorito.

L'esempio che riporti del gruppo Web non è applicabile al nostro gruppo. Fare “quattro chiacchiere”con il candidato non ci dice nulla sulla sua capacità di traduzione (sia tecnica che colloquiale) nésulla sua velocità di consegna. Nel gruppo Web, inoltre, la valutazione è più basata sulla tecnica(questo lo presumo perchè, essendo chiuso ai volontari, non ho potuto verificare le regole diaccesso).Inoltre non esiste una “Commissione Giudicatrice”. Tutti i traduttori ufficiali devono leggere leprove dei candidati e dare un giudizio in ML (+1 o -1). Tieni conto che anche noi siamo sottoposti arevisione. Un membro del gruppo traduce e poi il testo viene revisionato da un altro membro. Equando esce l'edizione beta, tutti i membri ricontrollano gli articoli e segnalano eventuali bug inLaunchpad o in ML.

Sembra più complicato dirlo che farlo. Però devo ammettere che il tutto funziona benissimo

Scusate se sono stata prolissa...d'altra parte non avevo mai scritto nel forum, quindiconcedetemelo.

CiaoCri

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #15 inserita: 07 Ottobre, 2008, 18:40:59 »

Certo che tengo conto delle "peculiarità" delle traduzioni di FCM, che sicuramente non sono peròpiù di quelle necessarie per tradurre la distribuzione che sarà poi usata da tutti gli utenti italiani!

Circa il discorso gruppi e launchpad, non lo capisco ancora (vedrò di documentarmi meglio) esoprattutto non vedo come questo potrebbe essere un "riconoscimento". In ogni caso, ilriferimento al disegno della struttura che fai tu comporterebbe la creazione di un ulteriore gruppochiamato "Traduzione" che sarebbe diverso dai traduttori del software e da FCM, quindi un'ulteriorecomplicazione.

Però ora mi taccio... lasciando spazio ai colleghi.

-F-

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #16 inserita: 07 Ottobre, 2008, 21:49:04 »

Visto che sono stata membro di FCM fino a pochi giorni fa, vorrei dire la mia in merito, erispondere sopratutto ad alcune constatazioni di Cristina.

Ma partiamo dall'inizio. Sono sempre stata fortemente in disaccordo nel dividere il gruppo FCM dalgruppo traduzione, primo perché è sempre parte di un progetto di traduzione e secondo perché intal senso credo in una collaborazione fattiva tra i due gruppi. Questo è per esempio il motivo percui ho spesso ribadito la necessità che Milo rimanesse come referente del consiglio, non per uningerenza del consiglio stesso, come qualcuno ha in maniera più o meno velata insinuato e chepersonalmente non ho mai sentito, ma come anello di congiunzione del gruppo FCM al gruppo

Page 138: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

Carpe diem quam

minimum credula

postero

traduzione.

Sono personalmente profondamente d'accordo con Matt sulla necessità di utilizzare al meglio glistrumenti a disposizione del gruppo. La ML in particolare credo sia stata piuttosto abusata. Ma, aldi là dei giusti complimenti per l'andamento delle traduzioni, che ricordava Cristina, se si facesseriferimento costante (magari sottoscrivendo le pagine) al Wiki, là sarebbe possibile svolgere leattività di prenotazione della traduzione, revisione e impaginazione e anche parte del lavorostesso, riservando la ML alla comunicazione di problemi di traduzione, alla soluzione dei qualipotrebbe contribuire anche chi si occupa esclusivamente della traduzione del software.In questo modo inoltre, a mio avviso, si potrebbe decisamente assottigliare tutta quellacerimoniosità che sembra essere una delle caratteristiche che maggiormente rallenta il gruppo.

Riguardo le regole di ingresso, è vero sono molto articolate. Voglio ricordare in questa sede che leprove così articolate sono nate successivamente alla fondazione del gruppo, a seguito di probleminelle traduzioni. Sebbene sia stata una delle promotrici di questo sistema, che reputo quindivalido, confido che, nel caso di un auspicato rientro in seno al gruppo traduzione, chi di dovereabbia gli strumenti per valutare le capacità di traduzione e resa linguistica di coloro che voglionopartecipare al progetto.

Una riflessione a parte merita invece la gestione del gruppo. Gli scontri di personalità ci sonosempre stati, e non è la prima volta che qualcuno lascia il gruppo anche con parole pesanti. ForseCristina non lo sa o non lo ricorda, ma in passato anche Aldo Latino aveva lasciato il progetto e poisuccessivamente è rientrato, sotto le pressioni e le richieste di molti, me inclusa.Da amministratrice di questo gruppo che lo ha appena lasciato non posso sottrarmi a muoverecritiche su alcuni aspetti che non riguardano il lavoro, che è indiscutibile, ma sull'idea stessa delgruppo di taluni e del suo rapporto con le comunità, italiana e internazionale.

E comunque molti membri che hanno partecipato fin dall'inizio hanno ormai abbandonato ilprogetto, sia con lettere di dimissioni, come quella giunta a pochi giorni dalla mia chesemplicemente non partecipando più ai lavori, come è accaduto anche a Mara che, pur apparendoancora admin LP è ormai assente da parecchio tempo.

Probabilmente è un normale ricambio, ma a me ha fatto pensare.

Spero che le mie parole possano contribuire a una analisi serena del gruppo.

Flavia

« Ultima modifica: 07 Ottobre, 2008, 21:53:48 da Deindre » Registrato

Volete conoscermi meglio?Vi aspetto su www.weisghizzi.it

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Ubuntu, what else?

Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #17 inserita: 07 Ottobre, 2008, 22:31:02 »

Per chiarire meglio quanto scritto su di me da Flavia Weisghizzi, la mia uscita dal gruppo nondipese da fatti o persone del gruppo FCM. Basta rileggere quanto scrissi qua.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #18 inserita: 07 Ottobre, 2008, 23:42:50 »

Una piccola premessa, ma per me molto importante. Penso sia il caso di ricordare che FCM !=Ubuntu; non è un progetto di Ubuntu, tanto meno ufficiale.

Cerco di fare un po' di chiarezza sulla struttura o quanto altro.

La struttura che c'è ora su Launchpad, come ho in parte già detto, è (stata) dettata da un fattopratico: per diversificare gli accessi a Launchpad in base alle diverse finalità delle traduzioni eall'impossibilità di poter gestire queste finalità in un unico gruppo (inteso come gruppo diLaunchpad).

La concezione iniziale del progetto di traduzione di FCM, proprio per la premessa, è sempre stataconsiderata come una "costola" dello "storico" Gruppo traduzione, questo perché l'attività è

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sempre la traduzione, ma con scopi diversi. Perché una costola? Perché il Gruppo traduzione eragià in piedi da un po' e anche abbastanza avviato e perché si potevano condividere gli stessistrumenti (con i dovuti adattamenti).

Ora, la struttura presente su Launchpad può essere fuorviante in questo senso, ma l'immaginedella struttura della comunità rispecchia la concezione del gruppo. La concezione di gruppoparallelo è forse dovuta al fatto che ci si è progressivamente staccati dal Gruppo traduzione, perun motivo o per un altro non ha importanza quale, è successo.

Qui si parla anche di "ufficialità", ma il gruppo in fin dei conti lo è sempre stato "ufficiale",altrimenti non sarebbe nella struttura stessa della comunità.

Quello che stiamo cercando di dire noi come Consiglio, è che ci sembra che nel gruppo ci siaancora qualche problema di interazione e qualche problema di gestione che bisognerebbe cercaredi dipanare.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #19 inserita: 08 Ottobre, 2008, 09:45:50 »

Ciao a tutti, rispondo ai rilievi di Matt.

1. Rapporto con il gruppo traduzione

La separazione delle ML era stata chiesta a gran voce sulla ML di traduzione, perché (mi pare diricordare) in quel periodo si stava discutendo come organizzare al meglio il gruppo di lavoro e ladiscussione era abbastanza animata. Adesso quel periodo è passato e il numero di messaggi sullaML di FCM è rientrato nella norma.Non vedo nessun problema a tornare a 1 ML unica, anzi, vantaggi dal punto di vista dell’efficaciadella traduzione e miglioramento di tutti.

2. Nuovi candidati (e procedure per l’accesso al Gruppo FCM)

Le procedure per l’accesso sono state codificate nel corso del tempo, migliorandole varie volte.Sono del parere che tradurre articoli di una rivista sia diverso da tradurre messaggi: il livello dellatraduzione deve quindi essere superiore ad una normale conoscenza dell’inglese (che basta pertradurre messaggi di programmi). Non è opportuno rinunciare alla qualità della traduzione: se unarivista è tradotta male, nessuno la legge.Il timore, mio come del gruppo, è quello che semplificando l'accesso, la qualità delle traduzioni siabbassi.

Si potrebbe consentire l'accesso a tutti i traduttori (in ottica di miglioramento comune di tutta lacomunità dei traduttori), però qui ci scontriamo con la seconda differenza, il tempo a disposizione:FCM esce ogni mese, Ubuntu ogni 6 mesi. Essere "veloci" e "precisi" nella traduzione sono i primicrucci: "veloci" perché una rivista vecchia non la legge nessuno, "precisi" perché sennò il revisoredeve buttare l'opera del traduttore e riscrivere l'articolo da zero.

Non corrisponde al vero comunque che il tempo sia impiegato a far rispettare le regole, piuttostoche al lavoro stesso. Per verificare questo, basta “fare un giro di rilascio” su FCM per un numero odue.

3. Gestione del gruppo

Sulla gestione del gruppo sono d’accordo con Matt. Abbiamo affrontato situazioni davveroantipatiche: la conflittualità deve essere abbassata.

Ciao, Dario

« Ultima modifica: 08 Ottobre, 2008, 11:23:57 da iced » Registrato

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #20 inserita: 08 Ottobre, 2008, 12:09:36 »

Citazione di: Milo - 07 Ottobre, 2008, 23:42:50

Qui si parla anche di "ufficialità", ma il gruppo in fin dei conti lo è sempre stato "ufficiale", altrimenti non sarebbe nellastruttura stessa della comunità.

Anche questo è vero... Il che mi fa pensare che non sono ancora riuscito a capire una cosa.Riassumendo e considerando analiticamente che:

le "capacità" di traduzione che bisogna avere per essere traduttore di software su LP sonodiverse da quelle che bisogna avere per essere traduttore di articoli per FCM;che il predetto punto porta quasi necessariamente a diversi processi di "approvazione" dinuovi traduttori;che sempre il predetto punto (non il 2, l'uno) porta quasi necessariamente ad avere duegruppi distinti su launchpad;

Page 140: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

che l'attuale situazione su LP mi pare rispecchi le necessità espresse nel predetto punto(stavolta quello immediatamente sopra), le limitazioni di launchpad e tanto tanto altro;che magari alla fine avere una mailing list unica si potrebbe anche fare, purché non ci si(ri)trovi nella drammatica (sì, in grassetto) situazione in cui le email di FCM (a miopersonalissimo e umilissimo avvisto in molti casi inutili e leziose) oberavano l'intero trafficodella mailing list;che la gestione del gruppo (cit.) che preoccupa Matt e Flavia non è che la si possa cambiareda un giorno all'altro con una decisione del consiglio, ma dipende dalla volontà e dallacapacità dei singoli;che avevo un altro paio di cose da puntualizzare ma qualcuno mi ha fatto perdere il filo e mele sono dimenticate...

riassunto e considerato analiticamente tutto ciò, valutato che l'attuale situazione non è népenalizzante, né inefficiente, né irrispettosa, né inadeguata, ricavata la sensazione che se ci sonoproblemi in FCM non sono risolvibili con una qualche azione "esterna", mi domando:

Esattamente, concretamente e pragmaticamente quale è la richiesta che il gruppo FCMsta avanzando?

Il cambio del gruppo su LP e la benedizione del consiglio a continuare a operare con le attualimodalità?

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #21 inserita: 08 Ottobre, 2008, 13:44:53 »

Salve

Non faccio parte ne del gruppo trad ne del team FCM, quindi non mi permetto dal miomaccheronico inglese di giudicarne il lavoro ed i relativi metodi.Vorrei solo esprimere il mio pensiero riguardo all'utilità o meno di avere FCM come gruppoautonomo partendo dal presupposto che il team abbia proposto la candidatura pensando al benedel progetto e non a grette soddisfazioni personali.

Citazione di: saltydog - 06 Ottobre, 2008, 14:01:47

Milo,

non credo che Matt ritenesse opportuno "unificare" le due ML, ma sottolineare (come hai fatto anche tu) che forse la ML di FCMgenera un eccessivo e spesso ridondante traffico. Sono d'accordo che i requisiti del gruppo traduzione sono sicuramente meno"laschi" di quelli della rivista, ed è proprio per questo forse che la rivista diviene (come è) un sottoinsieme del gruppotraduzione, un progetto a se stante e non è completamente embedded nel processo-padre.

Il "prodotto" del progetto FCM è comunque sempre - in ogni caso - una traduzione, la quale (sebbene con regole meno rigide)deve comunque soddisfare uno standard linguistico possibilmente elevato.

Il tema del discorso di Matt è, a mio parere, questo: occorre semplificare un processo eccessivamente appesantito da regole escambio di comunicazioni, rendendolo per quanto possibile più snello e meno resource-demanding. E questo probabilmente sipuò ottenere ereditando dal processo padre (gruppo traduzione), le regole e le modalità di lavoro.

-F-

Non posso che essere d'accordo

da forkiraraCitazione

Anche su questo punto avrei qualcosa da dire. La traduzione del software e della documentazione è molto differente da quelladi FCM. Nel software o nella documentazione non troverai mai slang o espressioni colloquiali. Il fatto di avere una meailing listseparata ci agevola non poco. Possiamo concentrarci sulle nostre traduzioni e non dover scremare i messaggi ogni volta concose che non c'entrano (d'altronde tu stesso dici: "Diminuire il traffico di email che girano credo che sia importante anche per ilgruppo stesso, per facilitare il contributo di nuovi membri").

Ho visto ribadire questo concetto oltre da forkirara anche a altri del team FCM.Sicuro che il livello di chi traduce software manuali e wiki sia per forza piu scarso di chi traduce larivista?Nel caso che lo sia si pensa che gli stessi, interagendo con FCM, non abbiano la capacità dimigliorarsi e quindi poter dare un eventuale aiuto?Sicuri anche di non aver niente da imparare da loro?

Avendo qualche annetto sul groppone penso di poter affermare che le migliori lezioni in fatto dilavoro non che di vita, siano proprio quelle apprese sul campo seguendo e facendo tesoro delleesperienze di chi ne sa di più.Questo, secondo me, è il senso si interazione e sinergia

da miloCitazione

Quello che stiamo cercando di dire noi come Consiglio, è che ci sembra che nel gruppo ci sia ancora qualche problema diinterazione e qualche problema di gestione che bisognerebbe cercare di dipanare.

A mio avviso è la strada migliore per avere un gruppo forte, apprezzato e una rivista sempre

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meglio tradotta

un Saluto a tutti

Ezio

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #22 inserita: 09 Ottobre, 2008, 17:58:05 »

Ciao a tutti.Vorrei rispondere ad alcune cose, se me lo permettete.

Citazione di: iced - 08 Ottobre, 2008, 09:45:50

Sicuro che il livello di chi traduce software manuali e wiki sia per forza piu scarso di chi traduce la rivista?Nel caso che lo sia si pensa che gli stessi, interagendo con FCM, non abbiano la capacità di migliorarsi e quindi poter dare uneventuale aiuto?Sicuri anche di non aver niente da imparare da loro?

Attenzione! Non ci permetteremmo MAI di dire o di pensare che chi traduce manuali software ewiki sia più scarso di chi traduce una rivista. Stiamo dicendo che le traduzioni sono di tipo diverso.La nostra richiede più una conoscenza dei modi di dire, talvolta anche dello slang, mentre quelladel software è più tecnica, richiede delle conoscenze di termini ben definiti (tecnici). Non a caso incommercio esistono dizionari generici e dizionari specifici con termini tecnici. Difficilmente nelmondo del lavoro verrà chiesto a chi traduce libri di tradurre manuali d'ingegneria, per esempio, evice versa.

Citazione di: ElleUca - 08 Ottobre, 2008, 12:09:36

Il cambio del gruppo su LP e la benedizione del consiglio a continuare a operare con le attuali modalità?

Sì, esatto Inoltre la ML assolutamente separata. Sono andata a vedere la ML di l10n e a ottobre ci sono piùdel doppio dei messaggi della nostra. Se fossero unite sarebbe un bel problema sia per noi che perloro dover scremare le mail che servono. Molto meglio il sistema attuale.

Per quanto riguarda i conflitti interni, sinceramente credo che oggi non ce ne siano, quindi ildiscorso mi pare superfluo e fuori luogo. Sul passato, come ha sottolineato Flavia, non mi possopronunciare più di tanto ma da quello che ho visto, leggendo la ML da novembre 2007, dal 2008 ledefezioni sono state legate a mancanza di tempo da dedicare a FCM e NON da conflitti.

Credo di aver detto tutto quello che c'era da dire e ora anch'io, come Fabio mi taccio e lascio laparola ai colleghi.

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lydyaNovello Novizio

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #23 inserita: 10 Ottobre, 2008, 00:46:40 »

Citazione di: ElleUca - 08 Ottobre, 2008, 12:09:36

riassunto e considerato analiticamente tutto ciò, valutato che l'attuale situazione non è né penalizzante, né inefficiente, néirrispettosa, né inadeguata, ricavata la sensazione che se ci sono problemi in FCM non sono risolvibili con una qualche azione"esterna", mi domando:

Esattamente, concretamente e pragmaticamente quale è la richiesta che il gruppo FCM sta avanzando?

Ciao a tutti.

Premettendo che:

- faccio parte del gruppo FCM italiano da qualche mese e non ho di certo l'intenzione di andare avedere le vicende passate- non conosco come funzionano gli altri gruppi- pensiero e obiettivo su cui mi baso sono: "fcm tradotto in italiano è UTILE, soprattutto per gliutenti nuovi e/o che non sanno l'inglese"

e che:

- il gruppo di fatto ha già spazio e strumenti della/nella comunità ubuntu italia, siamo ben citatinella pagina del gruppo traduzione (!), ma a quanto pare il nostro non è ufficiale

riassumo le motivazioni per cui ho trovato UTILE chiedere un riconoscimento UFFICIALE alConsiglio:

* rendere i progetti indipendenti dalle persone che ci lavorano e che li gestiscono in modo chetali progetti possano esistere ed evolversi a prescindere dai creatori o dai gestori attuali * garantire ai gruppi di lavoro ampia autonomia nel rispetto della linee guida della comunità

Page 142: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

* mantenere traccia di tutte le attività della comunità e dei gruppi di lavoro per evitaresovrapposizioni e sprechi di risorse * curare i rapporti tra comunità italiana e Canonical tramite dei rappresentanti/contact. * stabilire le linee guida (obiettivi e modalità) dei progetti e dei gruppi di lavoro della comunità * coordinare le diverse attività ottimizzando gli sforzi e gli impegni * impegnarsi nell'appianare eventuali divergenze di idee e problemi - nel caso sorgessero - tra igruppi e i membri della comunità * promuovere l'operato della comunità italiana tra le altre comunità internazionali e con laCanonical Ltd. * promuovere attività tese alla diffusione di Ubuntu

Vi sembrano familiari?Bene, mi è stato detto che questo era l'obiettivo dell'ufficialità e a me TUTTI questi punti piacciono.

Forse è semplicemente arrivato il momento di rivedere l'organizzazione e il futuro del gruppoall'interno o sotto lo sguardo di ubuntu italia anche se fcm != ubuntu Perché? Perché è utile.

Veniamo al concreto:

- unione o separazione dei beni?a me piace l'idea che quando ho dubbi sulla traduzione potrei attingere ad un bacino più ampio disuggerimenti:la ML può effettivamente essere snellita e nel caso venisse unificata non basterebbesemplicemente anteporre un FCM nell'oggetto per permettere una rapida identificazione deimessaggi riguardanti FCM?

- richiesta in carta bollata?trovo che il metodo applicato finora per l'ingresso nel gruppo sia adeguato (valutazione di alcuneprove = "prove sul campo" e poi possibilità di voto da parte di tutti i membri = "democratico");perché vi sembra "militare"? per quanto riguarda i tempi tenete conto che essendo in pochiabbiamo deciso di prendere solo due candidati per volta e che rispettiamo le scadenze dipubblicazione che ci autoimponiamo per cercare di seguire "ad un passo di distanza" la cadenzamensile della versione originale.

E poi, insomma, dai, vediamo se possiamo avere una sorta di bollino blu... Perchè no? Meglio unabenedizione in più che una in meno...In fcm siamo 4 gatti...

Suvvia.Ciao!

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #24 inserita: 10 Ottobre, 2008, 00:55:01 »

Salve,mi inserisco per precisare che personalmente non si tratta di proporre la candidatura per unaqualche gratificazione personale. Ho iniziato a tradurre per contribuire ad una "filosofia"(ovviamente quella di Ubuntu) che ritengo valida e continuerò a farlo, tempo permettendo, in ognicaso.

La posizione di FCM internazionale, se ho ben capito, è "svincolata" da altri gruppi. Nel nostro casocredo che la cosa sia diversa, poiché l'edizione italiana della rivista necessita di una traduzione e difatto un gruppo traduzione esiste. Per cui credo sia utile avere una interazione e cooperazione tra idue gruppi, che fanno un lavoro simile e parallelo anche se con sfumature tecniche diverse.Per quanto riguarda le ML non vedo positiva un'unione(solamente da un punto di vista pratico), perla quantità di traffico che si dovrebbe poi smistare, ma proporrei di lasciare il canale -trad incomune: più di una volta mi è capitato di scambiare pareri e consigli utili anche con chi traducevapacchetti e non solo con i traduttori di FCM.

Citando Milo:

Citazione

Quello che stiamo cercando di dire noi come Consiglio, è che ci sembra che nel gruppo ci sia ancora qualche problema diinterazione e qualche problema di gestione che bisognerebbe cercare di dipanare.

Ben vengano consigli e proposte per la risoluzione dei problemi se servono a migliorare il lavoro el'ambiente del gruppo, ma di preciso a cosa ci si riferisce?Di fatto è la mia prima esperienza in unarealtà simile e non ho altri termini di paragone per farmi un'idea più chiara. Se si riferisce aldiscorso delle due prove lascio in breve la mia esperienza, relativamente recente, a riguardo.Senza ripetere i diversi accenni alla qualità già fatti da altri, vorrei precisare che effettivamente leprove sono due, ma non vedo la rigidità esagerata di cui si è parlato. Mi ha sempre lasciatopositivamente impressionato il fatto che non si tratta né di un giudizio saccente che si da alcandidato né di una sorta di "bocciatura", basti pensare che le poche prove dei candidati che nonsono state ritenute positive sono state ugualmente inserite nell'iter che porta alla revisione. Le mie

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prove non sono state diverse dal lavoro che poi mensilmente mi trovo tra le mani. Il fatto di esseredue tra l'altro permette di misurarsi con articoli e quindi con una lingua con un taglio ed unregistro diversi, che magari non sempre si riesce a trovare in un solo numero di FCM. Più che unastrettoia per me è stato un aiuto.

Spero di esservi stato utile, buon lavoro a tutti.

Antonino

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #25 inserita: 10 Ottobre, 2008, 08:20:11 »

Citazione di: lydya - 10 Ottobre, 2008, 00:46:40

* rendere i progetti indipendenti dalle persone che ci lavorano e che li gestiscono in modo che tali progetti possano esistereed evolversi a prescindere dai creatori o dai gestori attuali * garantire ai gruppi di lavoro ampia autonomia nel rispetto della linee guida della comunità * mantenere traccia di tutte le attività della comunità e dei gruppi di lavoro per evitare sovrapposizioni e sprechi di risorse * curare i rapporti tra comunità italiana e Canonical tramite dei rappresentanti/contact. * stabilire le linee guida (obiettivi e modalità) dei progetti e dei gruppi di lavoro della comunità * coordinare le diverse attività ottimizzando gli sforzi e gli impegni * impegnarsi nell'appianare eventuali divergenze di idee e problemi - nel caso sorgessero - tra i gruppi e i membri dellacomunità * promuovere l'operato della comunità italiana tra le altre comunità internazionali e con la Canonical Ltd. * promuovere attività tese alla diffusione di Ubuntu

Lydya,

questi sono i compiti del Consiglio, e mi sembra che siano stati tutti espletati, anche nei confrontidel vostro gruppo e della vostra attività.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #26 inserita: 10 Ottobre, 2008, 11:03:02 »

Citazione di: forkirara - 09 Ottobre, 2008, 17:58:05

Stiamo dicendo che le traduzioni sono di tipo diverso. La nostra richiede più una conoscenza dei modi di dire, talvolta anchedello slang, mentre quella del software è più tecnica, richiede delle conoscenze di termini ben definiti (tecnici).

Penso che i meriti o demeriti e i differenti scopi delle traduzioni siano ora ampiamente chiari...

Citazione di: forkirara - 09 Ottobre, 2008, 17:58:05

Inoltre la ML assolutamente separata. Sono andata a vedere la ML di l10n e a ottobre ci sono più del doppio dei messaggi dellanostra. Se fossero unite sarebbe un bel problema sia per noi che per loro dover scremare le mail che servono. Molto meglio ilsistema attuale.

Sì, il traffico sulla mailing list l10n è così alto ora perché pare ci sia un rilascio a fine ottobre. Sullungo tempo il traffico maggiore è generato dalla mailing list di FCM.

Citazione di: forkirara - 09 Ottobre, 2008, 17:58:05

Per quanto riguarda i conflitti interni, sinceramente credo che oggi non ce ne siano, quindi il discorso mi pare superfluo e fuoriluogo.

Sinceramente non è del tutto fuori luogo. Conflitti oggi non ce ne sono, ma in passato ce ne sonostati (pubblici o non pubblici) e a quanto pare ce ne sono stati anche di recente, quindi penso siaun fatto abbastanza importate da tenere in considerazione. Ok che, in generale, sono quasi statirisolti internamente, però possono portare a dissapori e non dare un bel esempio di un buonambiente di lavoro.

Citazione di: lydya - 10 Ottobre, 2008, 00:46:40

Forse è semplicemente arrivato il momento di rivedere l'organizzazione e il futuro del gruppo all'interno o sotto lo sguardo diubuntu italia anche se fcm != ubuntu Perché? Perché è utile.

Nessuno, di certo, ha mai detto che non sia utile.

Citazione di: lydya - 10 Ottobre, 2008, 00:46:40

Veniamo al concreto:

- unione o separazione dei beni?a me piace l'idea che quando ho dubbi sulla traduzione potrei attingere ad un bacino più ampio di suggerimenti:la ML può effettivamente essere snellita e nel caso venisse unificata non basterebbe semplicemente anteporre un FCMnell'oggetto per permettere una rapida identificazione dei messaggi riguardanti FCM?

Strada già provata... se ne hai voglia prova a controllare negli archivi...

Citazione di: lydya - 10 Ottobre, 2008, 00:46:40

- richiesta in carta bollata?trovo che il metodo applicato finora per l'ingresso nel gruppo sia adeguato (valutazione di alcune prove = "prove sul campo" epoi possibilità di voto da parte di tutti i membri = "democratico"); perché vi sembra "militare"?

Per me, c'è troppa ampollosità e cerimoniosità in quello che si fa, militare non nel senso di"paraocchi" e "testa inquadrata". Delle regole precise sono necessarie, ma per me dovrebberoessere meno prolisse e più dirette.

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Citazione di: elw0od - 10 Ottobre, 2008, 00:55:01

Per quanto riguarda le ML non vedo positiva un'unione(solamente da un punto di vista pratico), per la quantità di traffico che sidovrebbe poi smistare, ma proporrei di lasciare il canale -trad in comune: più di una volta mi è capitato di scambiare pareri econsigli utili anche con chi traduceva pacchetti e non solo con i traduttori di FCM.

Il canale IRC penso sia appurato che resterà solo quello, anche se in passato era stato chiesto diaverne uno dedicato a FCM.

Citazione di: elw0od - 10 Ottobre, 2008, 00:55:01

Ben vengano consigli e proposte per la risoluzione dei problemi se servono a migliorare il lavoro e l'ambiente del gruppo, ma dipreciso a cosa ci si riferisce?

Cercare di snellire le regole. Non sto dicendo di rivoluzionarle, ma cercare anche solo di renderlemeno prolisse e forse anche un po' più flessibili.

Proposte per la risoluzione dei problemi... già la risoluzione di un problema è un problema... ilpunto qui è che dipende molto dalle persone... e noi non possiamo cambiarle. Se all'interno delgruppo si creano spesso dei problemi o attriti, beh, credo ci sia un problema di fondo nel gruppostesso. Qual è? Io non te lo so dire. Noi, principalmente, possiamo risolvere il problema quando èpresente, chi è all'interno del gruppo dovrebbe conoscere meglio la situazione e in questi casicercare di risolverla dall'interno anche esternandola.

Citazione di: forkirara - 09 Ottobre, 2008, 17:58:05

Citazione di: ElleUca - 08 Ottobre, 2008, 12:09:36

Il cambio del gruppo su LP e la benedizione del consiglio a continuare a operare con le attuali modalità?

Sì, esatto

Citazione di: lydya - 10 Ottobre, 2008, 00:46:40

E poi, insomma, dai, vediamo se possiamo avere una sorta di bollino blu... Perchè no? Meglio una benedizione in più che una inmeno...

Se il tutto si riduce a questo, beh... io allora non ho capito proprio un bel niente... (qualcun altro dimia conoscenza aggiungerebbe anche "ma c'è qualche cosa che non quadra").

Personalmente, per quanto detto sopra e per come la vedo io, non sono ancora molto propenso perquesta (a sto punto fantomatica) "ufficialità".

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #27 inserita: 10 Ottobre, 2008, 14:06:43 »

leggo solo ora questa discussione, sono uno degli utenti che da più tempo si occupan di FCM equindi ho visto davvero crescere il gruppo.

Onestamente, per quanto riguarda l'ufficialità, ma di che cosa stiamo parlando esattamente? Dettoin due parole, che cosa ci rende/non ci rende ufficiali?

Per quanto riguarda il rapporto con il gruppo -trad:

a) ottima idea quella di dividere le ML e vorrei potesse rimanere così, sono iscritto ad entrambeanche se su quella del gruppo trad non scrivo mai quindi posso di certo dimostrare numeri allamano che il traffico FCM non sovrasta certo quella del gruppo trad e Milo per favore non parlare delrilascio di Intrepid per il traffico in crescita, non tutto viene aggiornato e lo sai benissimo mentreper noi con ogni numero il lavoro ricomincia da zero. Inoltre, tra discussioni fra i membri, domandedei nuovi candidati, aiuti nelle traduzioni e perfino incontri per decidere il da farsi non mi sembrache ci sia poco da scrivere in ML. Da qualche mese abbiamo ridotto ulteriormente il traffico perché le modalità di lavoro ormai sono rodate e non utilizziamo più la ML per avvisare delle traduzioni erevisioni completate. Il traffico in ML FCM lo creano per lo più gli avvisi wiki (volontariamentemodificabili da qualunque utente) e quelli LP (che non so se da noi sono modificabili ma si parlacomunque di circa 20/30 messaggi al mese al massimo, uno a giorno...)

b) canale di traduzione comune: ok! Siamo pochi (sia come traduttori FCM sia come traduttoriUbuntu) e non tutti usano il canale, le competenze possono essere diverse ma un aiuto puòsempre servire, tant'è che il più delle volte l'aiuto riguarda la traduzione di termini tecnici (sonouno dei pochi che è spesso in chan e lo affermo con cognizione di causa) e l'uso ufficiale o ufficiosoche se ne fa nella distro quindi ben vengano in aiuto i membri del gruppo traduzione.

c) Conflitti: punto spinoso, io come al solito casco dal pero e ne vengo a conoscenza quando ètroppo tardi per fare qualcosa di serio, i conflitti ci sono sempre e ovunque, basta spiegarsi.Difficile ricondurre le varie defezioni ad un unico motivo, forse e dico forse tra le molte concause la più banale (e probabilmente più vera) recita "ma chi me lo fa fare?" A nessuno piace farsi ilsangue amaro, specie per un impegno volontario. Ora, quello che mi piacerebbe capire è perché celo si fa, che cos'è che non va ESATTAMENTE secondo voi?

d) regole d'accesso marziali: bene, essendo io finora l'unico membro FCM che, salvo rareemergenze, si occupa solo ed esclusivamente delle revisioni (senza altri incarichi) posso scrivere eripetere mille volte che un articolo tradotto male è inservibile, mi è capitato troppe volte, specieagli inizi, di dovere riscrivere da zero un articolo già tradotto e consegnato (molto spesso inritardo). Volendo posso essere d'accordo sul modificare le modalità di traduzione e revisione (chi

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ha un metodo migliore della wiki si faccia avanti ma se queste funzionano bene perché cambiarle?)ma non sono assolutamente d'accordo nel cambiare di una virgola i modi di giudizio di uncandidato. Nei commenti sopra hanno già scritto molti punti a favore del nostro metodo, non liripeto. Aggiungo solo che, a differenza della traduzione di una guida dalla wiki internazionale (cosache molti ragazzi del gruppo traduzione fanno), noi di FCM abbiamo tempi molto più rigidi e strettida rispettare e se facciamo un errore quello è e quello rimane. Una pagina wiki può esserecambiata e aggiornata al volo e anzi chi la usa sa già che questa è una particolarità della wiki, unpdf purtroppo è molto più rigido e a meno che non si tratti di errori clamorosi non vorrei dovercontattare Ronnie per far sostituire il pdf ogni volta.

e) quando parlate di cambiamenti nell'organizzazione che cosa intendete? L'attuale organizzazioneè venuta a formarsi nei vari mesi di tentativi e li ho vissuti tutti io stesso; certamente il gruppo èmigliorabile ma non credo in maniera radicale, voi che cosa proponete?=O) lo chiedo perché vorreisapere una volta per tutte che cosa, secondo voi, non va nel gruppo FCM, siate chiari una buonavolta.

f) Per quanto riguarda le onorificenze, sulla mia medaglia d'oro scrivete pure "Gran Cav. LeopoldoBloom" XD. Personalmente non mi interessa più di tanto sapere che qualcuno mi è grato o no perquello che faccio in FCM. Quando ho appoggiato l'idea di aggiungere una pagina traduttori sonostato anche il solo (se ben ricordo) a citare un'idea di onestà intellettuale che avrebbe portato aspecificare non solo chi siano i collaboratori italiani di FCM ma perfino chi ha tradotto e revisionatoche cosa. Per ora nell'ultima pagina della rivista compaiono mensilmente i nomi di tutti i membridel nostro gruppo che hanno collaborato per far uscire l'edizione.

my two cents e scusatemi per la prolissità

vito

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #28 inserita: 10 Ottobre, 2008, 16:36:58 »

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 14:06:43

leggo solo ora questa discussione, sono uno degli utenti che da più tempo si occupan di FCM e quindi ho visto davvero crescereil gruppo.

Onestamente, per quanto riguarda l'ufficialità, ma di che cosa stiamo parlando esattamente? Detto in due parole, che cosa cirende/non ci rende ufficiali?

A quanto pare l'appartenenza a questo gruppo: https://launchpad.net/~ubuntu-it

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 14:06:43

Per quanto riguarda il rapporto con il gruppo -trad:

a) ottima idea quella di dividere le ML e vorrei potesse rimanere così, sono iscritto ad entrambe anche se su quella del gruppotrad non scrivo mai quindi posso di certo dimostrare numeri alla mano che il traffico FCM non sovrasta certo quella del gruppotrad e Milo per favore non parlare del rilascio di Intrepid per il traffico in crescita, non tutto viene aggiornato e lo sai benissimomentre per noi con ogni numero il lavoro ricomincia da zero.

Sono iscritto anche io a entrambe, anche se di una ora ho disabilitato il traffico perché non hotempo per seguirla e perché il traffico mi pare(va) altamente superfluo, e ti posso garantire che iltraffico su quella l10n aumenta, solitamente, in modo sensibile durante le fasi di rilascio, a cavallocirca di un mese prima, per poi scemare durante gli altri periodi. Ci sono stati periodi in cui ci sichiedeva se la mailing list funzionasse da quanto poco ce n'era. FCM ha un traffico costantespalmato su un periodo più ampio, l10n ha un maggiore traffico/giorno in certi periodi.

Non capisco cosa centri il fatto che non si debba aggiornare tutto da capo o meno con il traffico...io non ho detto che c'è "troppo traffico" nella mailing list FCM, ho detto che c'è "troppo trafficospesso superfluo", che la mailing list sembra usata come mail privata e che c'è un cattivo uso dellostrumento stesso.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 14:06:43

Inoltre, tra discussioni fra i membri, domande dei nuovi candidati, aiuti nelle traduzioni e perfino incontri per decidere il da farsinon mi sembra che ci sia poco da scrivere in ML.

Qualcuno mi deve spiegare che cos'è una riunione/incontro in mailing list perché io veramente

inizio a non capirci più niente...

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 14:06:43

c) Conflitti: punto spinoso, io come al solito casco dal pero e ne vengo a conoscenza quando è troppo tardi per fare qualcosa diserio, i conflitti ci sono sempre e ovunque, basta spiegarsi. Difficile ricondurre le varie defezioni ad un unico motivo, forse edico forse tra le molte concause la più banale (e probabilmente più vera) recita "ma chi me lo fa fare?" A nessuno piace farsi ilsangue amaro, specie per un impegno volontario. Ora, quello che mi piacerebbe capire è perché ce lo si fa, che cos'è che nonva ESATTAMENTE secondo voi?

Incapacità di spiegarsi o di farsi capire? Eccessiva "cerimoniosità" nei messaggi in mailing list chelascia, forse, interdetto più di qualcuno? Il fatto che ogni tot ci siano stati dei problemi di scontritra delle persone?

Page 146: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

Ma forse mi sbaglio e il mio metro di valutazione è totalmente diverso da quanto la gente vuole

perché a quanto pare a tutti gli altri sembra che problemi non ce ne siano...

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 14:06:43

d) regole d'accesso marziali: bene, essendo io finora l'unico membro FCM che, salvo rare emergenze, si occupa solo edesclusivamente delle revisioni (senza altri incarichi) posso scrivere e ripetere mille volte che un articolo tradotto male èinservibile, mi è capitato troppe volte, specie agli inizi, di dovere riscrivere da zero un articolo già tradotto e consegnato (moltospesso in ritardo). Volendo posso essere d'accordo sul modificare le modalità di traduzione e revisione (chi ha un metodomigliore della wiki si faccia avanti ma se queste funzionano bene perché cambiarle?)

Un metodo c'era ed è anche usato in altri gruppi di traduzione, solo che qui, a quanto pare, non siè in grado di usarlo (perché si è provato a usarlo): revisione in mailing list delle traduzioni.

- Non serve iscriversi al wiki e imparare a usare il wiki - Si posso fare le revisione fuori rete - Tutti possono fare le revisioni visto che tutti sono iscritti alla mailing list (salvo e concesso cheabbiano la voglia di farle) - Resta traccia (facilmente accessibile) di traduzioni e revisioni

È necessario però saper usare bene lo strumento email... cosa forse non così banale...

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 14:06:43

Nei commenti sopra hanno già scritto molti punti a favore del nostro metodo, non li ripeto. Aggiungo solo che, a differenzadella traduzione di una guida dalla wiki internazionale (cosa che molti ragazzi del gruppo traduzione fanno)

E anche non del gruppo traduzione, ma non è un male...

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 14:06:43

noi di FCM abbiamo tempi molto più rigidi e stretti da rispettare e se facciamo un errore quello è e quello rimane. Una paginawiki può essere cambiata e aggiornata al volo e anzi chi la usa sa già che questa è una particolarità della wiki, un pdf purtroppoè molto più rigido e a meno che non si tratti di errori clamorosi non vorrei dover contattare Ronnie per far sostituire il pdf ognivolta.

e) quando parlate di cambiamenti nell'organizzazione che cosa intendete? L'attuale organizzazione è venuta a formarsi nei varimesi di tentativi e li ho vissuti tutti io stesso; certamente il gruppo è migliorabile ma non credo in maniera radicale, voi checosa proponete?=O) lo chiedo perché vorrei sapere una volta per tutte che cosa, secondo voi, non va nel gruppo FCM, siatechiari una buona volta.

Mi pare sia già stato scritto e anche abbastanza chiaramente. Comunque, per me: - Un cattivo uso degli strumenti a disposizione - Un'eccessiva (inutile) prolissità in tutto quello che si fa - Facilità, secondo me, alle incomprensioni che possono sfociare in malumori - Regole un po' troppo prolisse che si potrebbe (e penso si possa) cercare di semplificare senzacomprometterne l'efficacia

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #29 inserita: 10 Ottobre, 2008, 17:40:15 »

allora provo a rispondere un po' a tutto per quanto ne so:

1) Riunioni in ML. Molti membri di FCM non riescono ad essere in chan, proprio non ce la si fa adorganizzare un incontro in canale irc di un paio d'ore e quindi una volta (o forse due ora nonricordo) abbiamo organizzato una discussione via ML, il traffico è impazzito, non è stato facileseguire ma si è fatto anche questo. Perché? Proprio per semplificare la vita ai membri del gruppo,per venire loro incontro.

2) https://launchpad.net/~ubuntu-it. Ok noi di fcm non ci siamo ma neppure il gruppo trad misembra, come mai? Mi avevano detto che i membri del trad non avevano accettato qualcosa mache cosa esattamente? Per rientrare come gruppo FCM in pratica che cosa dobbiamo fare?

3) Sul "traffico spesso superfluo" non saprei, ho visto anche io un paio di email che forse sarebbestato meglio rimanessero in privato ma non ne farei un caso nazionale e non mi sembra abbianocausato chissà che danno alla ML e comunque erano un paio. Ripeto, da parte nostra abbiamo giàprovato a limitare al minimo gli scambi in ML, quando aumentano sono soprattuto per via deirilasci mensili (e relativi aggiornamenti di LP e wiki) e per lo meno per uqanto riguarda moinmoinso come si può limitare l'invio di notifiche, per LP non lo so e non dico nulla. La riunione in ML èstata un'extrema ratio, altre vie non ne abbiam trovate all'epoca. Se c'è del traffico in ML vuol direche ci sono discussioni che servono al progetto, se il gruppo -trad discute di meno (ma non misembra proprio) non vedo il problema né capisco perché noi dovremmo fare altrettanto. Perquanto riguarda i rilasci, il gruppo -trad, se non sbaglio, ne ha due all'anno, noi 12, penso sispieghi da sé la questione.

4) Sulla cerimoniosità delle email. Se mi portassi degli esempi pratici te ne sarei grato, per quantone so la ML ha un uso meramente pratico per noi... salvo alcuni rarissimi casi (tra i quali le emailche sarebbero dovute rimanere in privato) non mi è mai sembrato di scambiare messaggi conLeopoldo d'Austria.

5) Gli scontri non è che si ripresentano ogni tot, son sempre quelli, irrisolti, che c'erano già prima.Per quel poco che ho seguito io (di solito salto a piè pari qualunque discussione in merito) sitrattava di discussioni NON per il bene del progetto quindi poco interessanti/utili/pragmatiche. Acosto di essere poco diplomatici, ci vuole tanto esser chiari per una volta?

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6) credo di non aver bisogno di lezioni riguardo all'uso di una email, il metodo di revisione in MLl'abbiamo già provato diverse volte, per testi di quella lunguezza e così complessi e frequenti non èfattibile. Lo si può fare, certo, ma a costo di impazzire nei thread e non mi sembra proprio diessere un incompetente nell'impiego della ML (né tantomeno reputo tali i miei colleghi). Tra l'altroti contraddici da solo se prima scrivi che non bisogna imparare ad usare la wiki e subito dopoaffermi che usare una email non è facile... qualcosa si dovrà pure imparare, no?

7) Perché scrivi "cattivo uso degli strumenti a disposizione"? cattivo per chi? Visto da dentro tiposso assicurare che il progetto per come è strutturato è a prova di bomba, sono i membri a nonesserlo:D Perché staremmo usando male gli strumenti a nostra disposizione?

Regole prolisse: ok, dove? Finora la sola "regola prolissa" chiamata in causa direttamente èstata la modalità di verifica dei candidati, peraltro nessuno dei candidati finora si è mai lamentato,abbiamo già spiegato perché si è scelto quel modo di fare e i vantaggi di impiegarlo. Altre "regoletroppo prolisse"?

9) Malumori et similia: non dipendono certo dalle regole ma dai comportamenti umani, possiamomettere mille paletti ma se non proviamo ad essere più tolleranti e soprattutto a chiarirsi fin dasubito non si va da nessuna parte. Incaponirci nella nostra opinione non ci fa neppure tentare diascoltare gli altri per il bene del progetto.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #30 inserita: 10 Ottobre, 2008, 19:23:53 »

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

4) Sulla cerimoniosità delle email. Se mi portassi degli esempi pratici te ne sarei grato, per

Guarda, un esempio fresco fresco: "Quello che affermi corrisponde a verità. Ti ringrazio ancora perla tua precisazione e correttezza, presente anche durante i lavori di questo gruppo."

Io così ci parlo solo con Cristina di Svezia.

Edit: dimenticavo...Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

6) credo di non aver bisogno di lezioni riguardo all'uso di una email,

Secondo me Milo si riferiva all'uso eccessivo dell'interfaccia web di Gmail, che in effetti poco

rispettosa della netiquette lo è

« Ultima modifica: 10 Ottobre, 2008, 19:27:15 da ElleUca » Registrato

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #31 inserita: 10 Ottobre, 2008, 19:51:07 »

probabilmente quella risposta celava dell'ironia, non credi? O forse solo una pura e semplice presadi distanza. I fatti sono più o meno noti a tutti, non mi ci metto in mezzo, quella discussione avreipreferito fosse rimasta privata.

Non so neppure che cosa sia l'interfaccia di gmail né che problemi dia con la Netiquette ma anchese così fosse sarebbe il problema di un singolo utente, mica di un gruppo o.O non riesco a credereche sia davvero questa la grande questione... o c'è altro dietro che non volete dire?

Inoltre, anche se fosse, il problema sarebbe di chi usa la ML, finora nessuno degli utenti se n'èlamentato e anzi la ML fa ancora il suo sporco lavoro, mesi fa ci fu una discussione aperta da alcuniutenti esterni al gruppo (se ben ricordo) riguardo alle citazioni ma alla fine non sono anche quelliinutili formalismi? Io sono per la praticità. Uno degli attacchi che ci state facendo non è proprio ilfatto di essere troppo complessi? Bella coerenza...

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #32 inserita: 10 Ottobre, 2008, 19:54:24 »

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 19:51:07

Uno degli attacchi che ci state facendo non è proprio il fatto di essere troppo complessi? Bella coerenza...

Gradirei che fossi più chiaro sulle persone a cui ti stai riferendo. Chi è quel "ci state"? Chi dimostrapoca coerenza?

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #33 inserita: 10 Ottobre, 2008, 20:03:56 »

beh anche solo a prendere questa discussione come punto di riferimento:tu Saltydog, MDKE e Milo tanto per cominciare, non siete stati proprio voi a proporre unasemplificaizone delle regole o a supportarla?

Qui mi sembra di vedere tanti maestri ma pochi che provino davvero a fare qualcosa... è dastamane che ho posto una domanda e nessuno mi ha ancora degnato di risposta, com'è chepossiamo, secondo voi, semplificare queste astruse regole? E anzi ancora prima: in che cosa, digrazia, sarebbero astruse le nostre "regole"?

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #34 inserita: 10 Ottobre, 2008, 20:05:19 »

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 20:03:56

beh anche solo a prendere questa discussione come punto di riferimento:tu Saltydog, MDKE e Milo tanto per cominciare, non siete stati proprio voi a proporre una semplificaizone delle regole o asupportarla?

Per quanto mi riguarda, oltre maleducato, stai anche diventando offensivo. Ci hai detto che"stiamo attaccando", mentre stiamo solo partecipando a un dibattito.E ci hai dato gratuitamente degli incoerenti.

« Ultima modifica: 10 Ottobre, 2008, 20:09:25 da saltydog » Registrato

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #35 inserita: 10 Ottobre, 2008, 20:09:19 »

e come mai sarei maleducato od offensivo? Solo perché reitero nel chiedere delle (giuste) rispostea delle domande che toccano me personalmente e il mio operato? O perché ho citato te? Se vuoiriporto le tue parole una per una ma credo che basti andare a rileggere la prima pagina delladiscussione, in particolare i commenti del 6 ottobre.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #36 inserita: 10 Ottobre, 2008, 20:11:05 »

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 20:09:19

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e come mai sarei maleducato od offensivo? Solo perché reitero nel chiedere delle (giuste) risposte a delle domande chetoccano me personalmente e il mio operato? O perché ho citato te? Se vuoi riporto le tue parole una per una ma credo chebasti andare a rileggere la prima pagina della discussione, in particolare i commenti del 6 ottobre.

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Infatti. Quelli sono pareri e come tali li devi rispettare. Come io rispetto i tuoi. Non sono d'accordoma non ti ho dato del cretino (almeno finora)

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #37 inserita: 10 Ottobre, 2008, 20:19:43 »

e non te l'ho dato nemmeno io (mentre dalle parole di Milo in un commento di stamane invece sicapisce ben altro... o forse sono aolo io a leggerci dell'altro...). Li rispetto a tal punto da citarli persostenere i miei, se poi le conclusioni a cui giungo non sono le stesse che hai tu che ci posso fare

Io ho solo letto i tuoi commenti che appoggiavano le parole di Milo e Mike e li ho indirettamenteripresi, sta lì la mia maleducazione? Una citazione con tanto di quote tag sarebbe stata piùindolore? Sono pareri i tuoi come i miei, io ne ho richiesti un bel po' finora e mi sembra di esserestato anche piuttosto chiaro e diretto ma non certo maleducato, altrimenti sono pronto aesplicitare qualunque mia domanda in una forma migliore, forse a furia di parlare tedesco nonconosco più la mia lingua madre abbastanza bene da porre una decina di domandeXD

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #38 inserita: 10 Ottobre, 2008, 20:45:33 »

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 19:51:07

probabilmente quella risposta celava dell'ironia, non credi? O forse solo una pura e semplice presa di distanza. I fatti sono più omeno noti a tutti, non mi ci metto in mezzo, quella discussione avrei preferito fosse rimasta privata.

Volevi un esempio di cerimoniosità, ho dovuto solo leggere la penultima email nell'archivio dellam-l. Che ci fosse ironia o distacco, questo lo sa solo chi l'ha scritto. Di certo non servivapuntualizzare la puntualizzazione e ringraziare per averla puntualizzata, tale atteggiamento IMHOè cerimonioso.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 19:51:07

Non so neppure che cosa sia l'interfaccia di gmail né che problemi dia con la Netiquette ma anche se così fosse sarebbe ilproblema di un singolo utente, mica di un gruppo o.O non riesco a credere che sia davvero questa la grande questione... o c'èaltro dietro che non volete dire?

Se l'hai preso come attacco personale, sei completamente fuori scala, stavo scherzano e cercandodi smorzare i toni che avevi un po' acceso con credo di non aver bisogno di lezioni riguardo all'usodi una email.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

2) https://launchpad.net/~ubuntu-it. Ok noi di fcm non ci siamo ma neppure il gruppo trad mi sembra, come mai? Mi avevanodetto che i membri del trad non avevano accettato qualcosa ma che cosa esattamente? Per rientrare come gruppo FCM inpratica che cosa dobbiamo fare?

Al di là della attuale scollamento tra quanto dice (o sembra dire) launchpad e quanto[http://www.ubuntu-it.org/index.php?page=Struttura_Com effettivamente è] in seno allacomunità, il gruppo traduzione c'è, basta che quardi [https://launchpad.net/~ubuntu-it/+membersqui].

Come ho detto però, quanto dichiarato al momento da launchpad non coincide con quella che èl'attuale struttura della comunità italiana. Da quel che so, stiamo cercando di chiarire quali "errori"ci sono su LP e cercando di correggeli.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #39 inserita: 10 Ottobre, 2008, 20:57:27 »

bene! Almeno qualche risposta =O) parto dalla fine: quali sarebbero questi errori? Noi come gruppo che dobbiamo fare?(dando per scontato che lemodalità di FCM così come sono ci vanno in linea di massima più che bene)

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Media messaggi La mia affermazione riguardo all'uso dell'email era legata a questa frase di Milo:"È necessario peròsaper usare bene lo strumento email... cosa forse non così banale..." preceduto da un piuttostochiaro "o non si è in grado di usarlo". Ora, magari non capisco granché d'informatica ma l'Italianoè la mia professione, oltre che la mia lingua madre, e dietro quelle parole non è certo difficileleggerci un attacco neanche troppo velato alle nostre competenze tecniche.

Per quanto riguarda l'email, come ho scritto sopra, a parer mio rientra tra quelle che nonsarebbero mai dovute essere di dominio pubblico, di solito le salto a piè pari. In effetti, se nonprendo in considerazione le email che hanno a che fare con le discussioni dai toni troppo accesi(una patina di diplomazia non nasconde molto), non trovo nessuna email troppo superflua. La miaprima email "superflua" riguarda un augurio di pronta guarigione ad un membro del gruppo eun'altra è un saluto ad un membro che ha deciso di lasciare, forse per qualcuno possono essereinutili, per me no. Si chiamano rapporti interpersonali XD

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #40 inserita: 10 Ottobre, 2008, 22:00:27 »

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

1) Riunioni in ML. Molti membri di FCM non riescono ad essere in chan, proprio non ce la si fa ad organizzare un incontro incanale irc di un paio d'ore e quindi una volta (o forse due ora non ricordo) abbiamo organizzato una discussione via ML, iltraffico è impazzito, non è stato facile seguire ma si è fatto anche questo. Perché? Proprio per semplificare la vita ai membri delgruppo, per venire loro incontro.

Quindi una normale discussione come tutte le altre, nulla di più nulla di meno.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

Mi avevano detto che i membri del trad non avevano accettato qualcosa ma che cosa esattamente?

Scusa, ma a cosa ti riferisci?

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

Per rientrare come gruppo FCM in pratica che cosa dobbiamo fare?

Già partecipare a questa discussione è qualcosa. Che poi porti da qualche parte è un altro discorso.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

3) Sul "traffico spesso superfluo" non saprei, ho visto anche io un paio di email che forse sarebbe stato meglio rimanessero inprivato ma non ne farei un caso nazionale e non mi sembra abbiano causato chissà che danno alla ML e comunque erano unpaio. Ripeto, da parte nostra abbiamo già provato a limitare al minimo gli scambi in ML, quando aumentano sono soprattutoper via dei rilasci mensili (e relativi aggiornamenti di LP e wiki) e per lo meno per uqanto riguarda moinmoin so come si puòlimitare l'invio di notifiche,

Su moinmoin, in linea di massima, o ci sono le notifiche o non ci sono (poi dipende se uno vuole lenotifiche anche per le "modifiche banali").

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

per LP non lo so e non dico nulla.

Anche su Launchpad, in linea di massima, o ci sono o non ci sono. Dipende dalle impostazione delgruppo su Launchpad e a chi è impostato l'invio delle mail (o tutti i membri del gruppoindifferentemente o la mail generale del gruppo e mi pare anche sia possibile a ogni membroscegliere singolarmente le impostazioni).

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

La riunione in ML è stata un'extrema ratio, altre vie non ne abbiam trovate all'epoca. Se c'è del traffico in ML vuol dire che cisono discussioni che servono al progetto, se il gruppo -trad discute di meno (ma non mi sembra proprio) non vedo il problemané capisco perché noi dovremmo fare altrettanto. Per quanto riguarda i rilasci, il gruppo -trad, se non sbaglio, ne ha dueall'anno, noi 12, penso si spieghi da sé la questione.

Nessuno, in questa discussione, ha messo in dubbio l'enorme lavoro che c'è dietro la realizzazionedella traduzione di FCM. Iniziare a fare paragoni sui due gruppi in questi termini penso non sia lastrada migliore per discutere.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

4) Sulla cerimoniosità delle email. Se mi portassi degli esempi pratici te ne sarei grato,

Questo è ciò che io reputo "cerimonioso":http://www.freelists.org/archives/ubuntu-it-fcm/10-2008/msg00038.htmlhttp://www.freelists.org/archives/ubuntu-it-fcm/09-2008/msg00322.htmlhttp://forum.ubuntu-it.org/index.php/topic,221374.msg1511381.html#msg1511381

Messaggi che a me sembrano volutamente "forzati"...

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

5) Gli scontri non è che si ripresentano ogni tot, son sempre quelli, irrisolti, che c'erano già prima.

Che forse è peggio del ripetersi ogni tot... se non si riescono a risolvere credo a questo punto ci siaun problema di fondo nel gruppo... Ma come ho già detto, forse mi sbaglio, perché a quanto pareil/al gruppo va bene...

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

Page 151: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

Per quel poco che ho seguito io (di solito salto a piè pari qualunque discussione in merito) si trattava di discussioni NON per ilbene del progetto quindi poco interessanti/utili/pragmatiche.

Non interessanti forse per te, secondo me lo sono e fanno parte della vita del gruppo stesso. Sonoimportanti per il progetto e per il gruppo, per la sua crescita e il suo bene e penso che tuttidovrebbero prendervi parte.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

A costo di essere poco diplomatici, ci vuole tanto esser chiari per una volta?

Non è questione di "diplomatici" o no, è questione che le stesse cose erano state già detteall'interno di altri messaggi se non da me anche da altri.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

6) credo di non aver bisogno di lezioni riguardo all'uso di una email,

Non mi sembra di avertene date e di sicuro non era/è mio intento.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

il metodo di revisione in ML l'abbiamo già provato diverse volte, per testi di quella lunguezza e così complessi e frequenti non èfattibile. Lo si può fare, certo, ma a costo di impazzire nei thread e non mi sembra proprio di essere un incompetentenell'impiego della ML (né tantomeno reputo tali i miei colleghi).

Ho revisionato e fatto revisionare, su altre mailing list, traduzioni ben più lunghe di un articolo diFCM (compiz, compiz-fuzion, monodevelop, anjuta e anche le traduzioni di vari manuali), con testoinglese e italiano assieme e non è mai "impazzito" alcun thread (e nel caso qualcuno facciaimpazzire un thread, di solito non si è molto clementi come da altre parti). Far impazzire il threadvuol dire non riuscire ad applicare correttamente le poche regole di listiquette che esistono; questoper me vuol dire "non si è in grado di usarlo".

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

Tra l'altro ti contraddici da solo se prima scrivi che non bisogna imparare ad usare la wiki e subito dopo affermi che usare unaemail non è facile... qualcosa si dovrà pure imparare, no?

No non è una contraddizione, è una constatazione proprio per quanto ho detto appena sopra. Esono fermamente convinto che sia molto più facile scrivere un'email che imparare a usarecorrettamente uno strumento come un wiki e magari anche la sua sintassi. L'email è unostrumento più vecchio e di utilizzo molto più comune e radicato dei wiki (per i "giovani" d'oggiforse sono Facebook e i servizi di messaggistica istantanea a essere più radicati, ma non misembrano degli ottimi strumenti collaborativi).

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

7) Perché scrivi "cattivo uso degli strumenti a disposizione"? cattivo per chi? Visto da dentro ti posso assicurare che il progettoper come è strutturato è a prova di bomba, sono i membri a non esserlo:D Perché staremmo usando male gli strumenti anostra disposizione?

Forse "cattivo" non è l'aggettivo migliore, "non ottimale" può andare meglio. Gli strumenti,secondo me, sono usati male per:- listiquette- notifiche e quanto altro- anche l'utilizzo dei bug, a mio parere, è discutibile

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

Regole prolisse: ok, dove? Finora la sola "regola prolissa" chiamata in causa direttamente è stata la modalità di verifica deicandidati, peraltro nessuno dei candidati finora si è mai lamentato, abbiamo già spiegato perché si è scelto quel modo di fare ei vantaggi di impiegarlo. Altre "regole troppo prolisse"?

Questo per me è un esempio di regola prolissa (e anche superflua): http://wiki.ubuntu-it.org/Fcm/Attivita#regoleE anche questo: http://wiki.ubuntu-it.org/Fcm/Partecipare#regole

Il mio metro di paragone è questo: http://wiki.ubuntu-it.org/GruppoTraduzione#moduli

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 17:40:15

9) Malumori et similia: non dipendono certo dalle regole ma dai comportamenti umani, possiamo mettere mille paletti ma senon proviamo ad essere più tolleranti e soprattutto a chiarirsi fin da subito non si va da nessuna parte. Incaponirci nella nostraopinione non ci fa neppure tentare di ascoltare gli altri per il bene del progetto.

È quello che, in teoria, si sta cercando di fare con questa discussione...

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 20:57:27

quali sarebbero questi errori?

L'errore è su Launchpad se ho capito bene cosa intende Luca.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 20:57:27

Noi come gruppo che dobbiamo fare?(dando per scontato che le modalità di FCM così come sono ci vanno in linea di massimapiù che bene)

Per me, cercare di risolvere i "problemi" che ti ho elencato in uno degli altri messaggi e ciò nonvuol per forza dare per scontato che tutto possa andar bene.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 20:57:27

La mia affermazione riguardo all'uso dell'email era legata a questa frase di Milo:"È necessario però saper usare bene lostrumento email... cosa forse non così banale..." preceduto da un piuttosto chiaro "o non si è in grado di usarlo". Ora, magarinon capisco granché d'informatica ma l'Italiano è la mia professione, oltre che la mia lingua madre, e dietro quelle parole non ècerto difficile leggerci un attacco neanche troppo velato alle nostre competenze tecniche.

Per quanto ho scritto sopra e relativo a quell'argomento, per me sì, mi ripeto, non c'è un ottimaleuso degli strumenti.

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 20:57:27

Page 152: Davide Miceli - Socioeconomia, barriera tecnologica e limiti sociali delle comunità online: Ubuntu FCM Italia case study

Per quanto riguarda l'email, come ho scritto sopra, a parer mio rientra tra quelle che non sarebbero mai dovute essere didominio pubblico, di solito le salto a piè pari. In effetti, se non prendo in considerazione le email che hanno a che fare con lediscussioni dai toni troppo accesi (una patina di diplomazia non nasconde molto), non trovo nessuna email troppo superflua. Lamia prima email "superflua" riguarda un augurio di pronta guarigione ad un membro del gruppo e un'altra è un saluto ad unmembro che ha deciso di lasciare, forse per qualcuno possono essere inutili, per me no. Si chiamano rapporti interpersonali

A mio avviso non è il caso di una sola mail, è il caso di molte mail simili, che come ho già detto,fanno sembrare la mailing list un'email privata.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #41 inserita: 10 Ottobre, 2008, 22:25:04 »

Citazione di: leobloom - 10 Ottobre, 2008, 20:57:27

bene! Almeno qualche risposta =O) parto dalla fine: quali sarebbero questi errori?

A parte che errori era tra virgolette, che non è detto che siano proprio errori, che magari non miandava di strare a cercare il termine corretto, ma ho detto «stiamo cercando di chiarire» proprio

perché non lo sappiamo

Cmq, come forse avevo precisato prima, non riguarda né FCM né tanto meno questa discussione.

L'unica attinenza è che il riferimento valido e corretto per la struttura della comunità è, lo ripeto, larelativa pagina sul sito ubuntu-it.org, non launchpad.

Citazione di: Milo - 10 Ottobre, 2008, 22:00:27

Questo per me è un esempio di regola prolissa (e anche superflua): http://wiki.ubuntu-it.org/Fcm/Attivita#regole

Questa me l'ero persa. Se me lo passate, giudizio a caldo, quindi magari eccesivo ed emozionale,questa non è solo una regola prolissa, questa è snaturare l'essenza stessa di IRC, fargli violenza.

Sembra la descrizione di una riunione di condominio...

Magari snellire cose come queste, renderle più "libere" e meno "verticistiche", potrebbe essere

proprio quello che il consiglio sta suggeredo, no?

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #42 inserita: 11 Ottobre, 2008, 00:20:30 »

Citazione di: Milo - 10 Ottobre, 2008, 16:36:58

Mi pare sia già stato scritto e anche abbastanza chiaramente. Comunque, per me: - Un cattivo uso degli strumenti a disposizione - Un'eccessiva (inutile) prolissità in tutto quello che si fa - Facilità, secondo me, alle incomprensioni che possono sfociare in malumori - Regole un po' troppo prolisse che si potrebbe (e penso si possa) cercare di semplificare senza comprometterne l'efficacia

Non sono d'accordo con quanto dici. Ad es., l'operato che svolgiamo ogni mese è documentato nelwiki; questo significa produrre pagine lunghe e articolate ("prolisse" come dite), ma l'intento èquello di poter dare a chiunque la possibilità di capire cosa si fa in concreto. Oppure, per quantoriguarda la presunta litigiosità, la cosa è riferibile alla sfera dei singoli e delle loro vedute personalie non del gruppo in quanto tale: questo ha sempre continuato a lavorare con serenità.

Accetto la critica, al contrario, secondo cui qualcuno non segua la listiquette (addirittura iniziareuna nuova discussione all'interno di una diversa); ma questo è un problema personale, non delgruppo.

Non mi sembrano motivi sufficienti per non dare quel giusto riconoscimento al lavoro paziente efaticoso che il gruppo compie ogni mese.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #43 inserita: 11 Ottobre, 2008, 00:58:02 »

Salve, ho seguito tutta la discussione e secondo me la questione è molto semplice.

Citazione di: Milo - 07 Ottobre, 2008, 23:42:50

Una piccola premessa, ma per me molto importante. Penso sia il caso di ricordare che FCM != Ubuntu; non è un progetto diUbuntu, tanto meno ufficiale.

Non me ne vogliano i traduttori di FCM ma... se il progetto non è ufficiale, perchè il gruppo che sene occupa dovrebbe essere citato come 'ufficiale'?

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #44 inserita: 11 Ottobre, 2008, 08:34:57 »

Citazione di: aldolat - 11 Ottobre, 2008, 00:20:30

Citazione

Non mi sembrano motivi sufficienti per non dare quel giusto riconoscimento al lavoro paziente e faticoso che il gruppo compieogni mese.

Aldo,penso che sbagli a interpretare , la questione non è l'avere un riconoscimento o meno.Il lavoro svolto parla per voi e tutti quelli che vi seguono e leggono la rivista ve ne riconoscono i meriti,La qessere gruppo o no, a mio parere,

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #45 inserita: 11 Ottobre, 2008, 08:51:26 »

ouch mi scuso per il maldestro incompleto post

penso che sbagli a interpretare , la questione non è l'avere un riconoscimento o meno.Il lavoro svolto parla per voi e tutti quelli che vi seguono e leggono la rivista ve ne riconoscono imeriti,L'essere gruppo o no, non va visto come un riconoscimento ma se ciò porti dei benefici al gruppodi lavoro nel contesto in cui esso è inserito secondo le regole:* rendere i progetti indipendenti dalle persone che ci lavorano e che li gestiscono in modo che taliprogetti possano esistere ed evolversi a prescindere dai creatori o dai gestori attuali* coordinare le diverse attività ottimizzando gli sforzi e gli impegni

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #46 inserita: 11 Ottobre, 2008, 10:12:15 »

Allora, provo a rispondere un po' atutto se riesco XD

1) Milo riporta delle email "prolisse" di Paolo, boh io le reputo chiare e scritte in un ottimo italiano,è capitato di dover riportare il gruppo all'ordine quando c'eravamo lasciati andare troppo, Milopreferisce le liste numerate, Paolo delle frasi più complesse però non vedo cose superflue inquanto scritto né da uno né dall'altro... Se poi qualcuno preferisce le liste, faremo anche quelle=O)

2) per le molte email superflue, nemmeno io avrei voluto leggere certe email in ML ma ormai cisono, e allora? Ti assicuro che non erano affatto interessanti, utili né tantomeno pragamtiche, ilprogetto ha solo sofferto per quelle email, non hanno aiutato nessuno. Per questo preferivosaltarle. I problemi non erano tra tutti il gruppo ma tra alcuni membri precisi, FCM mi sembra siastata la causa scatenante ma gli altri membri hanno comunque continuato a lavorare abbastanzadecentemente, no?.

3) Riguardo al fatto che il gruppo trad non stia in quella famosa pagina LP: non so perché e vorreicapirlo, tempo fa avevo chiesto credo in ops-chan e mi avevano detto che c'era qualcosa di diversonel gruppo trad rispetto a tutti gli altri e per tale diversità non rientravano in quella lista. Ora, inche cosa consiste questa particolarità?

4) Le riunioni che prima facevamo in IRC e che ultimamente abbiam fatto in ML per me sono piùdi "normali discussioni", è lì che decidiamo come il gruppo deve muoversi, per questo c'è anche unmaggiore livello di formalità (e di conseguenza maggiore prolissità nella spiegaizone del suofunzionamento). Enumerazioni anche qui?XD

5) Non voglio fare a gara con il gruppo trad ma quando ho scritto delle dodici uscite era per farecapire una cosa, i membri del gruppo trad di solito vedono un aumento del traffico in ML due voltel'anno per le release ufficiali, noi ne abbiamo dodici e mi sembra che stiamo facendo il massimoper limitare comunque le email inutili.

6) Riguardo alle due modalità Wiki e ML, ti ripeto che è stato provato sia uno sia l'altro, lo sai beneMilo perché eri ancora attivo in ML, e la wiki funziona molto meglio. Non ho scritto che non si

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possa utilizzare la ML per tradurre, solo che per FCM non è il metodo più ottimale, sono due coseben diverse. Io non conosco la sintassi wiki, eccezion fatta per un paio di regolette benali (e sonodavvero solo un paio!) eppure collaboro senza problemi al progetto =O)

7) Milo scrive: "Forse "cattivo" non è l'aggettivo migliore, "non ottimale" può andare meglio. Glistrumenti, secondo me, sono usati male per:- listiquette -----> non è un problema de lgruppo ma dei singoli utenti, al gruppo che cosa stiamorecriminando esattamente?- notifiche e quanto altro ----> come hai già scritto tu molto dipende dalle impostazioni personali,quelle non "personali" per quanto ne so fanno arrivare al più una decina di email al mese, è questoil problema?- anche l'utilizzo dei bug, a mio parere, è discutibile ---> qui ti do ragione, possiamo migliorarloma al momento è il metodo più rapido che abbiam trovato per segnalare le imprecisioni nei rilascibeta dei pdf, ha letteralmente dimezzato le email di correzione in ML (solitamente arriva una solanotifica per revisore per ciascuna beta). Non conosco LP e non so se anche quelle notifichepossono essere bloccate e reindirizzate solo a chi cura l'impaginazione di ciascun articolo.

Alessio è esattamente quello che vorrei sapere XD tu sei membro sia del gruppo doc sia delgruppo trad se non sbaglio, uno è ufficiale e uno no, giusto? Che cosa cambia tra i due? Il progettoFCM inglese non è ufficiale ma noi effettuiamo le traduzioni in italiano. Stando ahttp://www.ubuntu-it.org/index.php?page=Struttura_Com, che a quanto scrive Luca è la solapagina affidabile, noi siamo ancora dipendenti dal gruppo trad. Ora, un cambiamento di status peril gruppo trad tocca anche noi?

9) Luca e la pagina irc: quello che a te può sembrare suprefluo e snaturante per un nuovo utentenon lo è affatto, in quella pagina abbiamo scritto tutto ma proprio tutto quello che c'è da sapere efare per discutere formalmente su IRC. Forse per te sono regole superflue perchè le sai già, le haiinteriorizzate nel tempo o forse le conosci già con un po' di buon senso ma noi, a quanto pare,abbiamo preferito mettere le mani avanti e spiegare tutto, non vedo il problema. Alcuni deipartecipanti a FCM non partecipano già ad altri progetti legati ad ubuntu quindi, almeno in teoria,non è detto che sappiano come ocmportarsi durante una riunione FCM. Quello che ti ha disturbato,ci scommetto, sono le fasi di protocollo, vero?XD

10) infine a Jester (non ricordo come ti chiami, scusami): le regole tanto prolisse sono state fatte proprio per potere permettere che, in caso di una catastrofe (se l'intero gruppo molla in massa),sia molto facile riprendere da dove il progetto si è fermato e partire spediti con una buonastruttura alle spalle.

Spero di non avere dimenticato qualcosa.

Personalmente mi interessa poco del riconoscimento ufficiale, vorrei solo vederci chiaro per capirecome funziona ubuntu-it. Se alla fine la questione si risolverà con il mantenimento dello status quovorrei solo saperne la ragione =O)

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #47 inserita: 11 Ottobre, 2008, 14:37:31 »

Citazione di: jester- - 11 Ottobre, 2008, 08:51:26

penso che sbagli a interpretare , la questione non è l'avere un riconoscimento o meno.Il lavoro svolto parla per voi e tutti quelli che vi seguono e leggono la rivista ve ne riconoscono i meriti,

Sì, è evidente che il lavoro del gruppo è apprezzato: è stato più volte detto nel corso della

discussione e di questo ringrazio.

Citazione di: jester- - 11 Ottobre, 2008, 08:51:26

L'essere gruppo o no, non va visto come un riconoscimento ma se ciò porti dei benefici al gruppo di lavoro nel contesto in cuiesso è inserito secondo le regole:* rendere i progetti indipendenti dalle persone che ci lavorano e che li gestiscono in modo che tali progetti possano esistere edevolversi a prescindere dai creatori o dai gestori attuali* coordinare le diverse attività ottimizzando gli sforzi e gli impegni

L'essere riconosciuti come gruppo ufficiale (nel senso che questo gruppo di lavoro è un gruppo diUbuntu-it che va aggiunto tra i membri di questa pagina) in realtà non porterà beneficisconvolgenti, ma renderà merito all'operato svolto e da svolgere.Riguardo alle due regole che citi, mi sembra che abbiamo cercato in ogni modo di metterle in atto:1. come dicevo prima, la prolissità delle spiegazioni nelle pagine wiki ne è una testimonianza;2. abbiamo cercato di stendere delle regole, accettate con larga maggioranza, che di certo hannomargini di miglioramento.

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Comunque, io proporrei di arrivare a un punto di convergenza, sennò non ne usciamo. Cosa civiene chiesto per essere riconosciuti come gruppo ufficiale? Mi pare che siano questi i punti (senon ne scordo qualcuno):

1. Rapporti col gruppo traduzione del software: rimanere un gruppo di attività di questogruppoSecondo me, va bene. Inquadriamoci come un'attività del gruppo Traduzione del software. D'altraparte non vedo alcuna difficoltà. Sempre che questo non pregiudichi il riconoscimento del gruppoin questa pagina.

2. Rivedere le regole, per un generale snellimentoÈ un lavoro che comporta tempo e impegno. Significa per noi rimettere in discussione delleprocedure consolidate. Se si tratta di riscrivere e snellire le pagine wiki, la cosa è più semplice.Per l'accesso ai candidati ci pare che far fare loro due prove sia sufficiente per una valutazione.Magari accorpare le due traduzioni in un unico turno e senza tener conto della tipologia dell'articolo(uno tecnico e uno colloquiale).

3. Corretto uso degli strumentiSono pienamente d'accordo per la mailing-list e la listiquette deve essere sempre e comunquerispettata, evitando di aprire argomenti nuovi dentro argomenti che non c'entrano nulla o ancoraevitando di riportare per intero la citazione di interventi precedenti, firme comprese: ragazzi, usate

il copia e incolla e il tag <snip> o [cut]. Per Launchpad, permetteteci di continuare ad usarlo per l'impaginazione collaborativa. Chi lo stausando per condividere quanto fatto su Scribus è una manna. Potremmo rivedere il sistema dellasegnalazione dei bug, tornando alla mailing-list oppure ad altri strumenti come l'osticket in provaper le segnalazioni del wiki.

4. Risolvere la conflittualità

Soluzione unica: "State buoni, se potete!"

5. FCM != UbuntuSì, certo: lo scriviamo in ogni numero della rivista! Ma un conto è la rivista, un conto è il gruppoitaliano che traduce: mi sembrano due cose distinte. Io proporrei di sorvolare su questo punto, seho ben capito la questione, per il motivo appena detto. Voglio dire: la Comunità italiana riconoscequesta attività come sua, a prescindere dal fatto se Full Circle sia un progetto di Ubuntu o no.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #48 inserita: 11 Ottobre, 2008, 16:07:43 »

Citazione di: leobloom - 11 Ottobre, 2008, 10:12:15

Alessio è esattamente quello che vorrei sapere XD tu sei membro sia del gruppo doc sia del gruppo trad se non sbaglio,uno è ufficiale e uno no, giusto?

No Vito, sbagli: sono entrambi ufficiali, come puoi vedere, tutti e due i gruppi sono presenti qui.

Citazione di: aldolat - 11 Ottobre, 2008, 14:37:31

5. FCM != UbuntuSì, certo: lo scriviamo in ogni numero della rivista! Ma un conto è la rivista, un conto è il gruppo italiano che traduce: misembrano due cose distinte.

Aldo, IMHO non è così. Ogni gruppo di lavoro, per definizione, svolge un ruolo e ha dei compiti daportare a termine che riguardano diversi progetti di supporto al sistema, nati in seno al progettoUbuntu.

Un progetto ufficiale viene sviluppato da un team ufficiale.

Un team ufficiale non ha senso di esistere se non ha dei compiti ufficiali da svolgere.

Citazione di: aldolat - 11 Ottobre, 2008, 14:37:31

Voglio dire: la Comunità italiana riconosce questa attività come sua, a prescindere dal fatto se Full Circle sia un progetto diUbuntu o no.

Sinceramente non credo che questo sarebbe giusto, proprio per il ragionamento di prima.

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #49 inserita: 11 Ottobre, 2008, 18:39:32 »

Un falò per cuocere un canarino.Il senso è: chi traduce FCM sta nel gruppo trad, oggi traduce FCM (con le sue regole di lavoro forse

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Media messaggida ritoccare migliorandole) domani potrebbe tradurre altro in seno alla comunità.Dove sarebbe il vantaggio nel diventare un gruppo a parte?

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Re: Presentazione del gruppo di lavoro FCM« Risposta #50 inserita: 13 Ottobre, 2008, 14:31:17 »

Citazione di: aldolat - 11 Ottobre, 2008, 14:37:31

Comunque, io proporrei di arrivare a un punto di convergenza, sennò non ne usciamo. Cosa ci viene chiesto per esserericonosciuti come gruppo ufficiale?

Sono d'accordo che ora le discussioni sono state abbastanza lunghe da poter tirare un po lesomme e cercare di arrivare ad un punto di finalita'. Come Consiglio abbiamo posto i nostricommenti sulla struttura e organizzazione del gruppo, e abbiamo letto le risposte con cura.

Pero' vorrei riformulare un po' la domanda che poni. Non e' tanto una questione di quello che ilgruppo deve fare per essere riconosciuti ufficialmente. E' una questione di quello che il gruppodovrebbe fare in ogni caso, perche' facendo parte della comunita' italiana di Ubuntu e' inevitabiledialogare con il Consiglio su come migliorare il gruppo, cosi come fanno da volta in volta tutti glialtri gruppi. E' nostro compito cercare di superare i problemi che vediamo nel gruppo,indipendentemente dalle questioni di ufficializzazione, che riteniamo essere solo un accessoriosecondario non fondamentale per la buona riuscita del progetto.

Quando e' capitato nel passato che un gruppo lavorasse con il Consiglio per migliorarel'organizzazione (l'ultima volta credo sia stato il gruppo IRC) e' sempre andato a buon fine perche'e' stata una discussione serena e le proposte di tutte e due le parti sono state accolte dall'altraparte. Tranne' l'ultimo intervento di Aldo, in questo caso mi sembra che alcuni membri del grupposiano stati resistenti al cambiamento. Per cui e' necessaria una tirata di somme.

Ora propongo una cosa: il Consiglio produrra' un breve documento in cui elenchiamo quello chechiediamo dal gruppo. Terremo conto di tutte le osservazioni che sono state fatte su questo thread,e cercheremo di arrivare alla soluzione migliore. Per il momento chiudo questo thread maovviamente se qualcuno ha delle domande particolari, puo contattare direttamente il Consigliotramite email.

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