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Gli organismi geneticamente modificati (OGM) rap- presentano una delle più dibattute innovazioni tec- nologiche degli ultimi anni. Questo a causa della novità assoluta da essi rappresentata: per la prima volta, infatti, i caratteri genetici degli esseri viventi (siano essi piante, animali o microrganismi) vengono modi- ficati direttamente e in modo mirato a livello del DNA (DeoxyriboNucleic Acid ), anziché attraverso processi di incrocio, mutazione e selezione. L’adozione del nuovo paradigma di miglioramento genetico, che ha comportato il passaggio dalle basi empiriche ai modelli meccanicistici, ha sollevato un vivace dibattito, gene- rando domande di natura etica, ambientale, sanitaria, economica e sociale. Molti di questi temi sono stati affrontati dalla scienza e dalla politica che hanno dato risposte rivelatesi più o meno esaustive e conclusive; a tutt’oggi, rimangono comunque aperte molte pro- blematiche che meritano ulteriori approfondimenti. Definizione Gli OGM sono una delle innovazioni rese possi- bili dalle biotecnologie, ossia tutte quelle applicazioni tecnologiche che utilizzano organismi viventi, o parti di essi, al fine di ottenere beni o servizi. Questa ampia definizione di biotecnologie comprende le tecniche ‘tradizionali’ (agricoltura, allevamento, produzione di alimenti) alla base delle produzioni agroalimentari, i processi industriali che fanno uso di microrganismi fermentatori, fino alle tecnologie che applicano le conoscenze dell’‘ingegneria genetica’ e della biologia molecolare alla selezione di nuovi organismi e allo svi- luppo di nuovi prodotti. Le procedure di ingegneria genetica permettono di isolare, modificare e trasferire specifiche sequenze di DNA da un organismo a un altro. Tale processo è alla base dello sviluppo degli OGM così come indicato anche dalla direttiva 2001/18/CE che regola l’immis- sione degli OGM nell’ambiente e che definisce OGM un organismo il cui materiale genetico è stato modifi- cato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’incrocio e/o la ricombinazione genica naturale. In questa definizione dovrebbero rientrare anche altre tecniche, quali la mutagenesi indotta o la fusione di protoplasti, utilizzate nell’ambito dei programmi di miglioramento genetico convenzionale. Esse sono state però escluse dalla definizione di OGM, sebbene com- portino modifiche del genoma piuttosto radicali. Una storia recente La storia delle tecnologie che hanno permesso la produzione di OGM è recente, anche se da sempre l’uomo ha modificato la natura per soddisfare le sue necessità. Le scoperte scientifiche alla base di questa storia sono rappresentate dalla descrizione della strut- tura del DNA da parte di James Watson e Francis Crick nel 1953 e dalla decifrazione del codice gene- tico negli anni Sessanta del 20° secolo. Successiva- mente, negli anni Settanta, vennero individuati e caratterizzati gli enzimi necessari a isolare da un orga- nismo specifiche sequenze di DNA (enzimi di restri- zione) e a inserirle in un nuovo organismo (grazie agli enzimi ligasi). Risale al 1972 l’esperimento che valse nel 1980 il premio Nobel per la chimica a Paul Berg della Stanford university, esperimento nel quale si riuscì a trasferire una sequenza di DNA tra due virus. Nel 1973, sempre a Stanford, Stanley Cohen e Her- bert Boyer condussero l’esperimento con il quale misero a punto le tecniche del DNA ricombinante, ancora oggi utilizzate per trasferire materiale gene- tico tra cellule. Davanti a queste scoperte, che hanno aperto un mondo completamente nuovo in quanto a metodiche per studiare le funzioni dei geni e svilup- pare nuovi organismi con specifiche caratteristiche, i ricercatori si sono autoimposti una moratoria per valutare appieno le implicazioni del nuovo avanza- mento tecnologico. Fu così che, dopo la Conferenza del 1975 ad Asilomar (California) e la messa a punto, nel 1976, da parte dei National institutes of health 329 Davide Ederle Francesco Salamini Organismi geneticamente modificati 329-338 (33.5 OGM - Salamini D).qxp:III MIllennio 2009 13-07-2010 15:02 Pagina 329

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Gli organismi geneticamente modificati (OGM) rap-presentano una delle più dibattute innovazioni tec-nologiche degli ultimi anni. Questo a causa della novitàassoluta da essi rappresentata: per la prima volta,infatti, i caratteri genetici degli esseri viventi (sianoessi piante, animali o microrganismi) vengono modi-ficati direttamente e in modo mirato a livello del DNA(DeoxyriboNucleic Acid ), anziché attraverso processidi incrocio, mutazione e selezione. L’adozione delnuovo paradigma di miglioramento genetico, che hacomportato il passaggio dalle basi empiriche ai modellimeccanicistici, ha sollevato un vivace dibattito, gene-rando domande di natura etica, ambientale, sanitaria,economica e sociale. Molti di questi temi sono statiaffrontati dalla scienza e dalla politica che hanno datorisposte rivelatesi più o meno esaustive e conclusive;a tutt’oggi, rimangono comunque aperte molte pro-blematiche che meritano ulteriori approfondimenti.

Definizione

Gli OGM sono una delle innovazioni rese possi-bili dalle biotecnologie, ossia tutte quelle applicazionitecnologiche che utilizzano organismi viventi, o partidi essi, al fine di ottenere beni o servizi. Questa ampiadefinizione di biotecnologie comprende le tecniche‘tradizionali’ (agricoltura, allevamento, produzionedi alimenti) alla base delle produzioni agroalimentari,i processi industriali che fanno uso di microrganismifermentatori, fino alle tecnologie che applicano leconoscenze dell’‘ingegneria genetica’ e della biologiamolecolare alla selezione di nuovi organismi e allo svi-luppo di nuovi prodotti.

Le procedure di ingegneria genetica permettono diisolare, modificare e trasferire specifiche sequenze diDNA da un organismo a un altro. Tale processo è allabase dello sviluppo degli OGM così come indicatoanche dalla direttiva 2001/18/CE che regola l’immis-sione degli OGM nell’ambiente e che definisce OGMun organismo il cui materiale genetico è stato modifi-

cato in modo diverso da quanto avviene in natura conl’incrocio e/o la ricombinazione genica naturale. Inquesta definizione dovrebbero rientrare anche altretecniche, quali la mutagenesi indotta o la fusione diprotoplasti, utilizzate nell’ambito dei programmi dimiglioramento genetico convenzionale. Esse sono stateperò escluse dalla definizione di OGM, sebbene com-portino modifiche del genoma piuttosto radicali.

Una storia recente

La storia delle tecnologie che hanno permesso laproduzione di OGM è recente, anche se da semprel’uomo ha modificato la natura per soddisfare le suenecessità. Le scoperte scientifiche alla base di questastoria sono rappresentate dalla descrizione della strut-tura del DNA da parte di James Watson e FrancisCrick nel 1953 e dalla decifrazione del codice gene-tico negli anni Sessanta del 20° secolo. Successiva-mente, negli anni Settanta, vennero individuati ecaratterizzati gli enzimi necessari a isolare da un orga-nismo specifiche sequenze di DNA (enzimi di restri-zione) e a inserirle in un nuovo organismo (grazie aglienzimi ligasi). Risale al 1972 l’esperimento che valsenel 1980 il premio Nobel per la chimica a Paul Bergdella Stanford university, esperimento nel quale siriuscì a trasferire una sequenza di DNA tra due virus.Nel 1973, sempre a Stanford, Stanley Cohen e Her-bert Boyer condussero l’esperimento con il qualemisero a punto le tecniche del DNA ricombinante,ancora oggi utilizzate per trasferire materiale gene-tico tra cellule. Davanti a queste scoperte, che hannoaperto un mondo completamente nuovo in quanto ametodiche per studiare le funzioni dei geni e svilup-pare nuovi organismi con specifiche caratteristiche,i ricercatori si sono autoimposti una moratoria pervalutare appieno le implicazioni del nuovo avanza-mento tecnologico. Fu così che, dopo la Conferenzadel 1975 ad Asilomar (California) e la messa a punto,nel 1976, da parte dei National institutes of health

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(NIH) statunitensi, di un protocollo per la gestionein sicurezza della nuova tecnologia, la comunità scien-tifica riprese la ricerca con lo sviluppo dei primimicrorganismi geneticamente modificati (MGM). Ilprimo è stato il batterio Escherichia coli, che fu resocapace di produrre insulina umana e molte altre mole-cole (per es., la chimosina, oggi usata nei processi dicaseificazione). Il primo animale geneticamente modi-ficato (AGM) risale al 1982, prodotto da Richard Pal-miter e Ralph Brinster che riuscirono a trasferire ungene di altro animale in un embrione di topo. Le primepiante geneticamente modificate (PGM) fecero la lorocomparsa nel 1983 quando quattro gruppi di ricercaindipendenti annunciarono di aver trasformato unapianta: la Washington university di St. Louis, Mis-souri (resistenza a un antibiotico in tabacco), la Rijk-suniversiteit di Gand, Belgio (resistenza a un anti-biotico e al metotrexato, un farmaco contro il cancroe l’artrite, in tabacco), la multinazionale Monsantodi St. Louis, Missouri (resistenza a un antibiotico inpetunia) e la University of Wisconsin (un gene difagiolo in girasole).

Da quei primi esperimenti le biotecnologie hannocompiuto innumerevoli e significativi progressi e inmolti casi le loro applicazioni sono uscite dai labora-tori per raggiungere il mercato. Contestualmente siè aperto un ampio dibattito pubblico sul loro utilizzoche, soprattutto nel caso delle PGM e in Europa,limita significativamente sia lo sviluppo sia l’appli-cazione di queste innovazioni.

Tecniche

La tecnica del DNA ricombinante, messa a puntoda Boyer e Cohen, è ancora il riferimento metodolo-gico utilizzato per lo sviluppo degli OGM attualmentein commercio, sebbene siano a un avanzato stadio disviluppo tecniche che permettono di modificare ilDNA in modo mirato senza prevedere l’inserimentodi nuovo materiale genetico (RTDS, Rapid TraitDevelopment System).

Per modificare geneticamente i microrganismi ven-gono utilizzate essenzialmente tre tecniche: a) la tra-sformazione, che sfrutta la capacità delle cellule batte-riche, in casi particolari, di acquisire sequenze di DNA;b) la coniugazione, che utilizza le strutture dedicate alloscambio di materiale genetico presenti in alcuni bat-teri; c) la trasduzione, che prevede l’inserimento nellacellula del materiale genetico attraverso un batteriofagoappositamente disarmato, ovvero non più in grado diriprodursi una volta all’interno della cellula batterica.

Per gli animali, sono utilizzate tre tecniche di tra-sformazione o trasfezione: a) la microiniezione, checonsiste nell’iniezione dei geni di interesse nel pro-nucleo di oociti fecondati; b) la microiniezione negliembrioni di cellule staminali embrionali (che possonoessere trasformate prima di essere inserite nell’em-

brione ricevente); c) l’uso di retrovirus (ossia virus aRNA, RiboNucleic Acid ) disarmati in grado di inse-rire i caratteri desiderati all’interno della cellula.

Le piante vengono trasformate ricorrendo a duemetodi. Nel primo caso si usa un agrobatterio, unmicrorganismo ubiquitario e innocuo per l’uomo chepossiede la capacità di trasferire alcuni dei suoi genialle piante. Opportunamente disarmato è un vettorelargamente utilizzato per la trasformazione delle piante.Il secondo metodo, la biolistica, permette di veicolaremicroproiettili di oro o tungsteno, ricoperti con ilDNA da trasferire, all’interno delle cellule vegetali.

Una volta avvenuto l’inserimento del gene o deigeni di interesse, è importante poter selezionare le cel-lule trasformate dalle altre. A questo scopo, le sequenzedi DNA da trasferire vengono affiancate da un genereporter che ha lo scopo di facilitare il processo di sele-zione. Esistono diversi tipi di geni reporter, capaci diconferire resistenza ad antibiotici scarsamente usati interapia umana (la normativa europea ne ha comunqueprevisto l’eliminazione entro il 2008), oppure a speci-fici erbicidi (per es., glifosato), o di fornire alle celluletrasformate specifiche caratteristiche (per es., fluore-scenza, capacità di degradare zuccheri complessi ecc.).Sono stati messi a punto anche sistemi molecolari alfine di rimuovere i geni reporter dal genoma dell’OGM.Attualmente questi metodi sono in fase di valutazione.

Applicazioni

Le applicazioni commerciali o sperimentali degliOGM riguardano i settori industriali più diversi: dallamedicina alla scienza mineraria, dall’alimentazionealla bonifica ambientale. Senza dubbio gli MGM (bat-teri e funghi) hanno il più ampio spettro di applica-zione. Grazie alla semplicità con cui è possibile tra-sformarli e alla duttilità nel loro utilizzo essi sonolargamente usati in tutto il mondo, sia a scopo di ricercasia a fini commerciali. Nel solo periodo 2003-2006sono state notificate ai diversi Stati europei 6093 nuoverichieste di utilizzo di MGM, alcune centinaia dellequali riguardanti scopi commerciali (70 circa quelleprovenienti dall’Italia).

Le principali applicazioni riguardano la produ-zione di farmaci (quella di somatostatina risale al 1977,quella dell’insulina al 1978), ma non sono da dimen-ticare gli enzimi per il comparto della cosmetica (peres., le perossidasi), per l’industria alimentare (per es.,la chimosina per il comparto caseario, l’amilasi per labirra e la panificazione), per l’industria (per es., l’ami-lasi per il tessile, la lipasi per le concerie e i detersivi).Sono stati sviluppati anche MGM in grado di degra-dare composti tossici (per es., dal tritolo, o trinitroto-luene, al petrolio) o in grado di facilitare le proceduredi estrazione dei metalli, tanto che il biomining vienelargamente usato per l’estrazione di oro (33% deltotale), rame (25% del totale) e uranio.

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Se l’uso di MGM è una prassi consolidata, non loè invece quello di AGM. Sebbene esistano settori spe-cifici che li richiedono, le notifiche di utilizzo e di bre-vetto sono di gran lunga inferiori a quelle degli MGM.L’applicazione principale degli AGM è nella ricercamedica. Grazie alla messa a punto di modelli animalicon particolari configurazioni geniche, in particolaretopi, ratti e suini, è stato possibile comprendere i mec-canismi di formazione dei tumori, studiare malattiecome anemia, talassemia, HIV (Human Immunodefi-ciency Virus) e CJD (Creutzfeldt-Jakob Disease, va -riante umana della BSE, Bovine Spongiform Enceph-alopathy). Una delle applicazioni più note e discusseriguarda la creazione di un oncotopo, ossia un topodotato di un gene che attiva lo sviluppo di un tumore,largamente usato negli studi oncologici. Gli AGMsono necessari per selezionare nuovi farmaci, svolgeretest tossicologici e per valutare l’efficacia delle tera-pie (per es., contro la distrofia muscolare). Un’ulte-riore applicazione è la produzione di sostanze di inte-resse farmacologico, come nel caso di una capra ingrado di produrre nel proprio latte l’antitrombina alfa,una proteina anticoagulante del sangue, che ha rice-vuto nel 2006 parere positivo da parte dell’EMEA(European MEdicines Agency), o il caso di Tracy, laprima pecora geneticamente modificata (GM), in gradodi produrre α-antitripsina. A oggi sono più di cin-quanta le sostanze prodotte da AGM, in particolareda capre, pecore e, in parte, suini e bovini. Un temamolto dibattuto, anche se al momento ancora a unostadio poco più che embrionale, è quello degli xeno-trapianti. Il suino da sempre è considerato il modelloideale (attualmente le valvole cardiache utilizzate peril trapianto nell’uomo sono di origine suina) e sonostati già ottenuti i primi maiali privi degli antigeniresponsabili del rigetto acuto. Nel medio termine saràpossibile sviluppare terapie, per es. contro il diabetedi tipo 1, basate sul trapianto di cellule eterologhe neimalati, senza andare incontro a problemi di rigetto.

Un’applicazione degli AGM riguarda il sostegnoalle produzioni zootecniche. Il primo tentativo ha con-siderato il gene dell’ormone della crescita, con l’obiet-tivo di migliorare le prestazioni produttive degli ani-mali. I risultati di questo approccio non sempre sonostati soddisfacenti; sono state inoltre sollevate da piùparti perplessità riguardo i possibili effetti che il con-sumo di carni o prodotti derivati da questi AGMpotrebbe avere sulla salute umana (è opportuno ricor-dare che l’Europa ha tuttora attivo un embargo sulleimportazioni di carne dagli Stati Uniti perché trat-tate con ormoni). Sono comunque in corso di valuta-zione organismi trasformati con altri geni, collegatiin particolare alla resistenza alle principali patologie(per es., mastite) o alla qualità delle produzioni.

Nel caso delle PGM si è assistito, dopo il lanciocommerciale nel 1994 del pomodoro Flav savr che pre-sentava un processo di maturazione rallentato, a unforte sviluppo della tecnologia e all’esplorazione di

nuove combinazioni geniche che potessero rispondereai bisogni di produttori e consumatori. All’inizio, taliricerche sono state condotte principalmente da partedelle università e dei centri di ricerca pubblici. Con ilcomplicarsi dei sistemi normativi e dei relativi costi diautorizzazione, e con la concomitante riduzione deifondi per la ricerca, anche a causa delle pressioni eser-citate dai gruppi ambientalisti, si è verificata una decisainversione di rotta con una drastica diminuzione delleprove sperimentali in Europa e una contrazione dellaricerca pubblica del settore. Attualmente la maggiorparte della ricerca viene svolta dai grandi gruppi mul-tinazionali. Nonostante ciò le PGM rappresentanooggi l’applicazione più pervasiva degli OGM, sebbenesiano presenti sul mercato solo due tipologie di carat-teri trasferiti. Sono circa 200 le autorizzazioni concessea livello mondiale in 14 anni (dal 1996 al 2010). Nel2009 oltre 14 milioni di agricoltori ne hanno fatto usoper una superficie complessiva superiore ai 134 milionidi ettari, quasi dieci volte la superficie agricola italiana.Questo rende le PGM l’innovazione agricola con il piùrapido tasso di adozione della storia (fig. 1).

Le due tipologie di caratteri maggiormente pre-senti nelle PGM autorizzate alla coltivazione sonoresistenza alle avversità biotiche (virus e insetti) e tol-leranza agli erbicidi. La causa principale del loro suc-

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i 25 Paesi dediti alle colture biotech nel 2009

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Paesi in via di sviluppo120140160

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Fig. 1 – Area mondiale coltivata con varietàgeneticamente modificate (1996-2009)

(Fonte: rielaborazione da Clive 2010)

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cesso risiede in due fattori: la facilità di gestione delcarattere (che dipende da singoli geni contraddistintida eredità mendeliana); l’aiuto fornito agli agricoltorinel fronteggiare problematiche croniche che limitanoe complicano le produzioni agricole, quali gli attac-chi di insetti, virus e batteri o le malerbe.

Tra le PGM appartenenti alla prima tipologia visono la papaya e la zucchina resistenti a virosi, masoprattutto il cotone, il mais e la patata Bt resistentiagli insetti. In queste varietà sono stati utilizzati geniin grado di produrre proteine insetticide provenientidal batterio Bacillus thuringiensis (da qui l’acronimoBt). Questo batterio, largamente utilizzato fin dal 1920anche in agricoltura biologica, produce svariate tos-sine specifiche contro determinati insetti, innocue pergli organismi a digestione acida, come gli animali, tracui l’uomo. Le PGM Bt sono quindi in grado di auto-proteggersi producendo tossine naturali e al contemporichiedendo un minor numero di trattamenti insetti-cidi. Attualmente larga parte del mais e del cotoneGM sul mercato sono Bt, mentre la patata, nonostantele ottime risposte agronomiche e ambientali, è stataritirata dal mercato.

Alla seconda categoria di PGM oggi in commer-cio appartengono le piante che tollerano specifici erbi-cidi (da qui l’acronimo HT, Herbicide Tolerant). Unadelle principali cause di perdita di produzione nellecoltivazioni è dovuta alle piante infestanti che com-petono con la coltura sottraendole acqua, luce e risorsenutritive. Esistono diversi metodi per il controllo delleinfestanti, quali sarchiatura, eliminazione manuale eapplicazione di erbicidi. Questi ultimi, tuttavia, nonsono generalmente in grado di distinguere la colturadalle infestanti e quindi devono essere applicati inmomenti specifici per non danneggiare il raccolto. Laloro modalità di azione biochimica consiste nell’ini-bire una funzione (un enzima) fondamentale per la

vita della pianta. Le PGM HT hanno nel genoma ungene che codifica per un’isoforma dell’enzima obiet-tivo dell’erbicida, la quale risulta insensibile all’erbi-cida o in grado di tollerarlo. A oggi sono disponibilisul mercato piante resistenti al glifosato e al glufosi-nato d’ammonio, entrambi erbicidi ad ampio spettrod’azione e con una scarsa persistenza nel suolo. Latecnologia consente di utilizzare l’erbicida anche dopola semina, quando le piante sono già presenti sul campo(postemergenza). Si ottengono così un migliore con-trollo delle infestanti e una significativa riduzione deitrattamenti. La tecnologia HT è stata applicata adiverse specie di interesse agrario come soia, mais,colza e cotone, raggiungendo una diffusione moltoelevata a livello mondiale, in particolare nel caso dellasoia HT, che nel 2009 ha rappresentato il 77% dellasoia coltivata nel mondo (fig. 2).

Le PGM fino a ora autorizzate al commercio e allacoltivazione appartengono alla prima generazione dipiante geneticamente modificate, la cui caratteristicaè di rappresentare un’innovazione di processo cheinteressa produttori e trasformatori e soltanto margi-nalmente i consumatori.

Al momento, sono in uno stadio avanzato di svi-luppo piante di seconda e terza generazione (fig. 3),che migliorano la qualità e le caratteristiche nutrizio-nali del prodotto o che producono e accumulano com-posti di interesse industriale o farmaceutico (molecu-lar farming). Il loro costo contenuto permette diutilizzarle anche come strumenti per la bonificaambientale (bioremediation) o come biosensori per l’in-quinamento (per es., piante rivelatrici di esplosivi oradiazioni). Nel marzo 2010 è stata autorizzata dalla

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soia (77%)

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Fig. 2 – Percentuali mondiali di adozionedelle principali colture geneticamente

modificate nel 2009

(Fonte: rielaborazione da Clive 2010)

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Fig. 3 – Caratteri geneticamente modificati in fasedi valutazione nel 2003

(Fonte: rielaborazione da Lheureux, Libeau-Dulos, Nil-sagård et al. 2003)

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Commissione europea la coltivazione della primapianta di questo tipo, la patata Amflora, che, invecedi una miscela di amilopectina e amilosio, presentasolo amilopectina e si presta a una più facile lavora-zione e a un migliore utilizzo nei processi industriali.

Il dibattito in corso

L’avvento di nuove metodiche ad alto contenutotecnico-scientifico ha sempre generato forti reazionia livello sociale. Questo si è verificato anche per gliOGM, così come in passato per l’energia nucleare.Non sono mancate perciò riserve e perplessità sul-l’applicazione degli OGM, quando non vere e pro-prie crociate contro di essi. Il dibattito si è di volta involta concentrato sui più svariati temi. A volte limi-tandosi a singoli utilizzi o a interi campi di applica-zione, altre volte assumendo un respiro più generalee abbracciando tutta la tecnologia in sé oppure le poli-tiche del suo utilizzo.

Gli argomenti del dibattito possono essere suddi-visi nelle seguenti macroaree tematiche riguardantidiversi tipi di impatto: a) sulla salute umana; b) sul-l’ambiente; c) sui sistemi agricoli; d) sociale. Le quat-tro tematiche vengono però spesso presentate comeun unicum inseparabile.

Per quanto riguarda l’impatto sulla salute umana,la possibilità di trasferire materiale genetico tra spe-cie anche molto distanti filogeneticamente ha intro-dotto un tema molto importante nel dibattito pub-blico, che riguarda la sicurezza intrinseca delletecnologie utilizzate e soprattutto dei prodotti da essederivati. Sebbene dalla Conferenza di Asilomar del1975 siano stati fatti progressi rilevanti e numerosedomande abbiano trovato risposta, il tema dell’im-patto sulla salute umana riemerge ancora, spesso legatoad allarmi lanciati dai media, quali il caso del tripto-fano prodotto utilizzando un MGM o il caso del maisGM Starlink. È inoltre credenza diffusa che gli OGMpossano generare effetti a lungo termine difficili daidentificare e da stimare.

Da più parti sono state sollevate perplessità sullapossibilità di misurare e controllare l’impatto deri-vante dall’introduzione nell’ambiente di nuovi orga-nismi con un corredo genetico modificato. Essi potreb-bero assumere comportamenti imprevisti o diffonderein modo incontrollato i nuovi geni nell’ecosistema,andando così a minare la biodiversità preesistente,analogamente a quanto è avvenuto con l’introduzionenei nostri ambienti di talune specie esotiche.

Un tema di discussione molto sentito è il destinodelle agricolture e delle produzioni di nicchia, qualorasi decidesse di introdurre gli OGM negli agroecosi-stemi, ovvero se sia possibile mantenere separate lefiliere produttive, convenzionali e con OGM, evitandoil flusso genetico tra le diverse specie di coltivazione ela commistione tra i diversi tipi di produzione.

Infine, per quanto riguarda l’impatto sociale, lepreoccupazioni nascono principalmente dal fatto chegli OGM sono brevettabili e che si presentano comeun prodotto industriale a tutti gli effetti. Essi sono perlo più controllati da poche aziende multinazionali chedetengono gran parte del mercato mondiale. Questavisione si contrappone a una percezione largamentediffusa, soprattutto per il settore agroalimentare, chevede le produzioni come frutto di specifici territori eculture, quindi non solo portatrici di istanze indu-striali, ma anche di valori sociali, di identità e di inte-grazione ambientale. Non vanno inoltre dimenticatii temi bioetici sollevati dal trasferimento di geni traorganismi appartenenti a regni diversi, così come quellilegati alla costituzione di organismi geneticamenteprogrammati per sviluppare patologie letali.

Risposte della scienza

Sebbene alla scienza non debbano essere deman-date decisioni di natura sociopolitica, per temi ad altocontenuto scientifico è indispensabile disporre di unavisione e conoscenza tecnica più complete possibiledi ciò di cui si dibatte. Questo lavoro di raccolta e ana-lisi dei dati sugli OGM è compito del mondo scien-tifico, che ha svolto ricerche sugli organismi geneti-camente modificati a partire dagli anni Settanta delsecolo scorso, iniziando dalla Conferenza di Asilomar.Va aggiunto che, se le prime PGM sono entrate sulmercato nel 1994-1996, i primi studi per valutarne lasicurezza sono cominciati circa dieci anni prima, nel1985. In particolare, la Commissione europea ha svi-luppato un programma della durata di quindici anni(1985-2000) che ha coinvolto oltre 400 centri di ricercapubblici per un investimento complessivo di 70 milionidi euro, con l’obiettivo di valutare, attraverso 81 pro-getti, le possibili implicazioni sanitarie, ambientali,economiche e sociali connesse all’introduzione degliOGM. A questo macroprogetto si sono aggiunti neltempo progetti di diversi Paesi, nonché i nuovi pro-grammi quadro europei che, nel 2009, hanno con-sentito di disporre di oltre 8500 pubblicazioni scien-tifiche che affrontano il tema della sicurezza degliOGM dai vari punti di vista (figg. 4-5).

OGM e saluteLe circa 1700 pubblicazioni disponibili sul rap-

porto OGM e salute si concentrano su tre aspetti: lapossibilità che gli OGM possano avere effetti tossicise introdotti nella dieta umana o animale, il rischio diallergenicità e il rischio che i geni, per la resistenzaagli antibiotici presenti negli OGM, si diffondano nel-l’ambiente vanificando le attuali terapie che utilizzanotali farmaci. Queste pubblicazioni sono state valutatedalla comunità scientifica italiana, che ha rilasciatonel 2004 un consensus document in cui sottolinea comegli OGM in commercio abbiano superato tutte le ana-

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lisi tossicologiche e allergologiche,obbligatorie per legge, e come nonesistano elementi per ritenerli peri-colosi per la salute umana o animale.In merito alla resistenza agli anti-biotici, il documento mette in evi-denza come i geni utilizzati riguar-dino molecole scarsamente usate interapia perché tossiche anche perl’uomo oppure siano già largamentediffusi tra i microrganismi. Inoltre,la probabilità che un agente pato-geno acquisisca il gene di resistenzadai batteri presenti nell’intestino onel suolo è di gran lunga superiorealla probabilità di acquisirlo dalDNA delle piante transgeniche. Laricerca ha approfondito anche i casiche hanno suscitato clamore nel-l’opinione pubblica, come quello delmais GM Starlink, ritirato dal mer-cato in quanto sospettato di poter generare allergie.Analisi in doppio cieco condotte sui pazienti che dichia-ravano di aver avuto shock anafilattici in seguito al suoconsumo non hanno evidenziato un collegamento traqueste reazioni e il mais GM. In conclusione, oggi èparere largamente condiviso dalla comunità scienti-fica che la tecnologia utilizzata per produrre gli OGMnon presenti rischi in sé, ma che nella valutazione diquesti organismi debba essere adottato un approcciocaso per caso basato sul bilancio tra i rischi e i bene-fici. A oggi l’EFSA (European Food Safety Authority)l’Autorità europea per la sicurezza alimentare con sedea Parma, non ha riscontrato alcun problema sanitariolegato all’uso degli OGM autorizzati.

OGM e ambienteL’ipotesi secondo cui l’introduzione di transgeni

nell’ambiente porti di per sé a nuovi rischi è stataapprofondita da circa 2400 studi, principalmente legatialle PGM. Mick J. Crawley (M.J. Crawley, S.L.Brown, R.S. Hails et al., Biotechnology. Transgeniccrops in natural habitats, «Nature», 2001, 409, 6821,pp. 682-83) ha valutato, su un arco temporale di diecianni, l’adattabilità ambientale di colza, mais, bietolae patata GM negli habitat naturali. Lo studio ha evi-denziato che il comportamento delle varietà GM eraparagonabile a quello delle varietà convenzionali: dopotre anni le piante coltivate, GM e non, scomparivanodagli ambienti naturali non agricoli. Sebbene le PGMnon siano in grado di sopravvivere negli habitat natu-rali, questo non esclude la possibilità che, a causa diun’ibridazione con le specie selvatiche presenti sulterritorio, vi possa essere un’introgressione del DNAtransgenico nei sistemi naturali. Tale possibilitàdipende dalle caratteristiche riproduttive della specie(per es., la soia è autogama e si autofeconda rendendola possibilità di introgressione remota) e dalla pre-

senza nell’ambiente di progenitori selvatici (per es.,il mais è allogamo, ma presenta progenitori solo inAmerica Centrale). Anche se sussistessero tutte le con-dizioni favorevoli allo scambio genetico, non avver-rebbe automaticamente e non sarebbe necessariamenteun processo irreversibile, come evidenziato nel casodel Messico dove, a seguito di alcune segnalazioni dipossibili introgressioni di transgeni nelle varietà locali,sono state condotte analisi estensive che hanno smen-tito queste ipotesi. Nel caso del mais Starlink inoltre,dopo il suo ritiro dal mercato nel 2001, la presenzaaccidentale del transgene nelle partite alimentari si èridotta fino a giungere a zero nel 2005. Va anche rile-vato che la diversità genetica in natura è molto alta.Michele Morgante (M. Morgante, S. Brunner, G. Peaet al., Gene duplication and exon shuffling by helitron-like transposons generate intraspecies diversity in maize,«Nature genetics», 2005, 37, 9, pp. 997-1002), per es.,

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(Fonte: elaborazione su dati ICGEB, International Centre for Genetic Engi-neering and Biotechnology)

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Fig. 5 – Pubblicazioni sulla sicurezza degli OGM(1990-2008), per argomento

(Fonte: elaborazione su dati ICGEB, International Centrefor Genetic Engineering and Biotechnology)

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ha riportato il confronto tra due linee commerciali dimais, dal quale risulta che circa il 20% dei geni (circa4000) non è condiviso tra le due linee. Questo sotto-linea l’esistenza di un’estesa variabilità genetica ancheall’interno della stessa specie.

Per stimare l’impatto dell’introduzione delle PGMsulla biodiversità, nel 2003 la Royal society inglese hacondotto uno studio di grandi dimensioni (FSE, FarmScale Evaluation). La ricerca ha concluso che la sceltadella specie da coltivare ha un effetto molto più signi-ficativo sulla biodiversità rispetto all’adozione di unavarietà transgenica o della sua controparte convenzio-nale (per es., la densità media di api per km2 sul maisè di 1 mentre sulla colza è di 37). Lo studio aveva con-siderato PGM HT dimostrando come l’efficacia deldiserbo, più che la natura GM delle piante, influenzila biodiversità presente nelle aree coltivate. Studi recentihanno inoltre indicato che la tutela della biodiversitàè maggiore con un’agricoltura intensiva mitigata daaree a incolto, piuttosto che con l’adozione di agricol-ture estensive che comparativamente richiedano lamessa a coltura di più estese superfici agrarie.

OGM e sistemi agricoliLa questione principale riguarda da un lato la pos-

sibilità degli agricoltori di poter scegliere in libertàcosa coltivare (coesistenza) e dall’altro l’immissionesul mercato di prodotti conformi alle esigenze dei con-sumatori e dei produttori (tracciabilità). Desta anchepreoccupazione la possibilità che emergano, nelle col-ture GM, infestanti, insetti e virus divenuti resistentiper l’uso delle biotecnologie e in grado di rendere inef-ficaci gli attuali metodi di controllo.

Attraverso l’impollinazione incrociata è possibileche il transgene venga trasferito a coltivazioni conven-zionali o biologiche adiacenti che, nel caso presentas-sero alla raccolta percentuali significative di OGM, nonpotrebbero più certificarsi come prodotti non OGM,generando perdite economiche oltre a possibili con-tenziosi legali. Secondo la normativa europea, un pro-dotto, anche biologico, può essere venduto come nonOGM solo se presenta una quantità di materiale gene-ticamente modificato al di sotto dello 0,9%.

Diversi studi, anche italiani, consentono di iden-tificare le migliori pratiche agricole in grado di man-tenere separate le colture e le filiere di processamentodei prodotti. Essi concludono che circa 20 m di aree‘cuscinetto’ siano sufficienti a mantenere il contenutodi mais GM nei campi adiacenti al di sotto dello 0,9%.Se si adottano soglie più basse, le distanze richiesteaumentano (30 m per rispettare lo 0,5%, che salgonoa più di 100 m se si vuole rispettare lo 0,1%). Per man-tenere separate le filiere sono efficaci anche le sfasa-ture nell’epoca di fioritura e le barriere fisiche. Impor-tante è inoltre la pulizia delle macchine di raccolta.Nel 2006 le società scientifiche italiane hanno pre-sentato un consensus document proprio sul tema dellacoesistenza, in cui hanno sottolineato che sono già

disponibili, non solo per il mais, pratiche agricole checonsentono di rispettare la soglia dello 0,9% impostadalla normativa per i prodotti non OGM. Sono con-testualmente disponibili metodi di diagnostica mole-colare in grado di rivelare la presenza di tutti gli OGMin commercio e in fase sperimentale. Un’incognita èrelativa ai transgenici in corso di valutazione in Cina.

Sono stati condotti molti studi sul rischio che sipossano sviluppare specie superinfestanti, ossia insettiresistenti alle tossine Bt. Sebbene il fenomeno sia deltutto naturale, dopo oltre quattordici anni di utilizzodegli OGM sono stati riportati solo sporadici casi diinsorgenza di resistenze negli insetti. Questo perché,per prevenire il fenomeno, è obbligatorio seminareparte dell’area coltivata con varietà convenzionali, non-ché seguire specifiche pratiche agronomiche che ridu-cano la pressione selettiva sulla popolazione di insetti.

OGM e societàSono disponibili i dati di numerosi studi che hanno

analizzato la diffusione e le implicazioni economichee sociali degli OGM, in particolare per quanto riguardale PGM. Secondo l’International service for the acqui-sition of agri-biotech applications (ISAAA), che rila-scia ogni anno un rapporto sulla diffusione mondialedegli OGM, la maggior parte degli utilizzatori dellePGM è costituita da piccoli coltivatori dei Paesi in viadi sviluppo (nel 2009, su 14 milioni di agricoltori chehanno coltivato OGM, 13 erano piccoli agricoltori diRepubblica Sudafricana, Argentina, Brasile, Cina,Filippine e India). Nel dicembre 2006 il Joint researchcenter (JRC, il Centro di ricerca congiunta europeo)ha rilasciato una rassegna ragionata degli studi eco-nomici pubblicati sul tema degli OGM, riguardantile tre coltivazioni con PGM più diffuse a livello mon-diale (soia HT, mais e cotone Bt). Il rapido incre-mento nell’utilizzo di OGM a livello mondiale nelladecade 1996-2005 (da 1,6 a 90 milioni di ettari) risultaspiegabile non tanto in termini di aumentata resa, nonsempre garantita dagli OGM, ma soprattutto per unadiminuzione dei costi di produzione e per la facilita-zione delle pratiche colturali. Secondo il JRC, gli agri-coltori (in particolare quelli che conducono aziendedi piccole dimensioni) sono coloro che hanno benefi-ciato in grado maggiore dei vantaggi economici deri-vati dall’introduzione delle PGM, seguiti dalle aziendedel seme e dai consumatori (grazie alla riduzione delprezzo dei prodotti). Il rapporto mette in luce che, aseguito dell’introduzione di cotone e mais Bt, è signi-ficativamente diminuito l’uso di insetticidi, mentreper la soia HT non si è osservata una riduzione in ter-mini assoluti nell’uso di erbicidi, ma piuttosto, accantoa una forte semplificazione colturale, la possibilità diutilizzo di molecole meno tossiche e con minor per-manenza ambientale. Va sottolineato che il brevettodel glifosato, l’erbicida usato con la soia Roundupready, è scaduto nel 2001. Oggi, pertanto, chiunquepuò produrlo e venderlo liberamente. Questo ha por-

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tato a un dimezzamento dei suoi costi, con notevolirisparmi per gli agricoltori, i quali non sono piùcostretti a comprare il seme e il diserbante da un unicoproduttore che ne detiene il monopolio.

Poco invece può fare la scienza per rispondere aiproblemi etici sollevati dall’attuale dibattito sugliOGM e legati alla brevettabilità della vita, all’oligo-polio sulla tecnologia da parte di poche aziende mul-tinazionali, all’uso di geni di origine animale in pianteo di geni umani in animali, sebbene, almeno nel casodelle PGM, possa sottolineare come le tecniche di tra-sformazione genica siano di per sé meno invasive perla pianta rispetto a metodi di miglioramento geneticotradizionale come la mutagenesi.

Risposte della politica

L’innovazione biotecnologica ha una natura pro-fondamente sociale per le sue ricadute sulla salute,sull’alimentazione umana, sull’industria, sul mondodella produzione e sul modo in cui vengono condivisele risorse a livello globale. Per queste ragioni la poli-tica ha voluto o dovuto occuparsi di OGM prendendoposizione nei non pochi contrasti legati a interessicommerciali e diverse visioni del mondo.

Contesto mondialeIl contesto mondiale in cui si colloca l’innovazione

legata agli OGM presenta due punti di riferimentointernazionali: la WTO (World Trade Organization)e il Protocollo di Cartagena del 2000. La prima, attra-verso tre strumenti: SPS, ossia misure sanitarie e fito-sanitarie; TBT, ovvero accordo sulle barriere tecni-che al commercio; GATT, ossia accordo generale sulletariffe e il commercio (norma il commercio tra Paesicon l’obiettivo di evitare distorsioni sui mercati inter-nazionali). Il secondo ha lo scopo di tutelare, appli-

cando un approccio precauzionale, la diversità biolo-gica attraverso adeguate procedure di sicurezza perl’utilizzo degli OGM.

Contesto europeoLe prime direttive europee in tema di OGM risal-

gono al 1990, sei anni prima dell’inizio della loro com-mercializzazione. La direttiva 1990/219/CEE riguar-dava l’uso dei MGM e la ricerca in ambiente confinato,mentre la direttiva 1990/220/CEE considerava più ingenerale l’immissione nell’ambiente e la sicurezzad’uso degli OGM. A completamento della 1990/220era stato sviluppato anche il regolamento attuativo n.258/1997 rivolto ai nuovi prodotti e agli ingredientialimentari. Questo impianto normativo di aperturaalla sperimentazione e all’utilizzo degli OGM inEuropa si è scontrato con la crescente impopolaritàdi questi prodotti. Tra il 1997 e il 2000 diversi Statimembri, tra cui l’Italia, si sono appellati alla ‘clausoladi salvaguardia’, prevista nelle normative, per bloc-care l’ingresso sul proprio territorio di specifici OGM,anche se già approvati. La maggioranza dei Paesi mem-bri ha votato nel 1998 a favore di una moratoria difatto sull’approvazione di nuovi OGM in vista di unariscrittura delle norme comunitarie in materia. Finoal 2004 nessun nuovo OGM è stato autorizzato nel-l’Unione Europea. Ciò ha avuto un profondo impattosulla ricerca pubblica del settore. Fino al 1999, infatti,erano in corso in Europa oltre 200 prove sperimen-tali su OGM, equamente distribuite tra istituzionipubbliche e aziende private, mentre nel 2007 le spe-rimentazioni sono scese a meno della metà (fig. 6) e,nella quasi totalità dei casi, si tratta di sperimenta-zioni effettuate dai grandi gruppi multinazionali.

Per superare la fase di stallo, l’Europa ha intra-preso la difficile strada della riscrittura della norma-tiva di riferimento. Due gli elementi di novità intro-dotti: il principio di precauzione come elemento

fondante delle valutazioni sulla sicu-rezza degli OGM e le norme sullatracciabilità ed etichettatura dei pro-dotti derivati da OGM. Il processoè terminato nel 2003 dopo l’appro-vazione della direttiva 2001/18/CEche sostituisce la 1990/220/CEE efissa i punti basilari per l’immis-sione di nuovi OGM nell’ambientee sul mercato; dei regolamenti n.1829 e n. 1830 del 2003, che disci-plinano l’autorizzazione e l’etichet-tatura/tracciabilità degli alimenti edei mangimi costituiti o derivati daOGM, fissando la soglia di presenzaaccidentale di materiale genetica-mente modificato in prodotti nonOGM allo 0,9%; della raccoman-dazione n. 556 del 2003, che indicai criteri di fondo per la coesistenza

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Fig. 6 – Prove sperimentali con OGM nell’UE e in alcuni Statimembri, per anno (1991-2009)

(Fonte: elaborazione su dati JRC, Joint Research Centre)

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tra colture GM e convenzionali, con i quali le normenazionali e regionali dovrebbero armonizzarsi.

La moratoria sull’approvazione di nuovi eventiGM applicata durante il processo di riscrittura nor-mativa ha avuto ripercussioni non solo sulla ricerca,ma anche sugli scambi internazionali. Nel maggio2003 Stati Uniti, Canada e Argentina si sono appel-lati alla WTO sostenendo che la moratoria europeanon era giustificata da alcuna evidenza scientifica eche violava l’articolo 8 delle misure SPS, secondo ilquale le procedure di autorizzazione di nuovi prodottidebbono essere avviate e portate a termine senza ecces-sivo ritardo. I tre Paesi contestavano anche l’applica-zione ingiustificata, da parte dei Paesi membri dellaComunità europea, delle clausole di salvaguardia chebloccavano prodotti GM già autorizzati in sede comu-nitaria. Il panel WTO, nel settembre 2006, pur nonentrando nel merito scientifico, ha riconosciuto i ritardidell’Europa, invitandola a riavviare, entro il 2007, iprocessi autorizzativi ed evidenziando l’inconsistenzadei blocchi nazionali adottati sulla base della clausoladi salvaguardia. L’Europa ha scelto di non appellarsialla decisione, ma di impostare piuttosto con i tre Paesiamericani un dialogo e un confronto sui tempi di attua-zione delle richieste della WTO. Nel 2008 i processidi autorizzazione, congelati durante la moratoria, sonostati ripresi: 12 OGM sono stati approvati secondo ladirettiva 2001/18/CE e altri 24 secondo il regolamenton. 1829/2003. Come detto, nel 2010 è stato autoriz-zato anche un OGM per la coltivazione. L’ultimaautorizzazione europea a tale fine risaliva al 1998.

Contesto italianoCome membro dell’Unione Europea anche il

nostro Paese deve obbligatoriamente recepire le diret-tive e adeguarsi ai regolamenti europei. L’applica-zione della normativa presenta però margini di discre-zionalità e, in generale, l’adozione e l’applicazionedelle norme europee in Italia sono state rallentate daiministri sia delle Politiche agricole e forestali sia del-l’Ambiente. In particolare, la direttiva 2001/18/CEè stata recepita in Italia solo nel 2003 con il d. legisl.dell’8 luglio n. 224, prevedendo per i richiedenti infor-mazioni aggiuntive rispetto a quelle inserite nellanorma UE. La direttiva 1998/44/CE, che regola laconcessione di brevetti sui ritrovati biotecnologici(OGM inclusi), è stata recepita solo nel 2006, conotto anni di ritardo e imponendo limiti più severirispetto a quanto previsto dagli altri Paesi comuni-tari (d.l. 10 genn. 2006 n. 3).

Le decisioni politiche italiane non si sono limitatea recepire e applicare norme europee. Sono stati postiin essere altri dispositivi, il primo dei quali risale algoverno Amato (2000), che decise di bloccare perdecreto l’uso di prodotti alimentari derivati da quat-tro mais GM, invocando la clausola di salvaguardiaprevista dal regolamento n. 258/1997. Nel 2004 ilTAR del Lazio ha annullato il provvedimento, rite-

nendo che non fossero state prodotte prove di peri-colosità connessa ai quattro prodotti.

Nel 2001 l’allora ministro dell’Agricoltura chiesedi interrompere le sperimentazioni in campo apertodegli OGM. Tale fermo, nonostante la proteste degliscienziati, fu riproposto nel 2002 dal suo successore,che dispose la sospensione delle pratiche sperimen-tali in atto negli Istituti direttamente dipendenti dalMinistero delle Politiche agricole, alimentari e fore-stali, anche se regolarmente approvate. Nel 2010 que-ste sperimentazioni risultano ancora bloccate.

Nel 2003, la politica di tolleranza zero adottatadallo stesso Ministero sulla presenza accidentale diOGM nelle sementi, portò il governatore del Piemontea distruggere 181 ettari di mais per presenze acci-dentali comprese tra lo 0,02 e lo 0,1%. Ne seguì unprocesso che si è concluso nel 2007 stabilendo che lapresenza di OGM riscontrata era accidentale e tecni-camente inevitabile, assolvendo l’azienda implicata.

Nel 2004 il ministro delle Politiche agricole, ali-mentari e forestali emanò un decreto legislativo (poiconvertito nella l. 28 genn. 2005 n. 5) con l’obiettivodi stabilire criteri di coesistenza tra coltivazioni con-venzionali, biologiche e GM. Il dispositivo rispon-deva all’esigenza di normare la coltivazione sul ter-ritorio nazionale di eventuali OGM autorizzati eimponeva distanze di separazione tra i diversi tipi dicoltivazione tali da impedire la commistione tra lediverse produzioni. Questo approccio, legato alla tol-leranza zero, si discostava in modo significativo daquello europeo che invitava all’adozione di pratichedi coesistenza trasparenti, scientifiche, proporzionalie specifiche per il rispetto della soglia dello 0,9% dipresenza accidentale. Il provvedimento è stato annul-lato in quanto incostituzionale (il tema della coesi-stenza è di competenza delle Regioni). Non esistonoal febbraio 2010 norme regionali di coesistenza checonsentano la coltivazione di OGM in Italia. TrediciRegioni si sono dichiarate OGM free. Nel gennaio efebbraio 2010 si sono rispettivamente espressi sultema sia il Consiglio di Stato sia il TAR, sentenziandoche non è possibile impedire agli agricoltori di colti-vare OGM se non esistono pericoli per l’uomo o perl’ambiente. Il Ministero dell’Agricoltura, per ora, hadeciso di non ottemperare a tali sentenze.

Conclusioni

Gli OGM ancora oggi, a più di trent’anni dal loroingresso sulla scena mondiale, fanno discutere. Se leapplicazioni nel settore farmaceutico e industriale sol-levano a volte perplessità, esse comunque godono diun ampio favore alla luce dei benefici sulla salute cheapportano. Molto meno accettate sono le applicazioniagroalimentari, soprattutto perché i benefici per i con-sumatori risultano poco evidenti e il relativo dibattitoè guidato da motivazioni di carattere commerciale e

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politico, più che scientifico. È pur vero che riman-gono irrisolte alcune questioni di natura scientifica,ma il problema dell’accettazione degli OGM è sicu-ramente e solo nelle mani della politica, che non haancora saputo o voluto affrontare il tema in modoorganico e legalmente sostenibile.

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Tutte le pagine web si intendono visitate per l’ultima volta il 30marzo 2010.

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