David Foster Wallace nella Casa Stregata

31

description

David Foster Wallace è uno degli scrittori contemporanei canonizzati ‘dal basso’, da un popolo di lettori entusiasti e di internauti appassionati. Questa monografia offre spunti interpretativi sulla sua opera analizzando le tematiche wallaciane in maniera trasversale: da Infinite jest al postumo, incompiuto Re pallido passando per il romanzo giovanile e wittengesteiniano La scopa del sistema, e confrontando le tematiche dei racconti e dei saggi con quelle dei romanzi. Inserendosi nel dibattito sulla ‘morte del Postmoderno’ l’autrice delinea le caratteristiche, in campo letterario, della controversa corrente letteraria e offre spunti di riflessione sul New Realism e sull’Era dell’autenticità, che recentemente i critici hanno contrapposto al Postmoderno.

Transcript of David Foster Wallace nella Casa Stregata

15

L’inferno non conosce furia peggioredi quella di una postmodernista accolta con freddezza.

(DFW)

Carlotta Susca

DaviD FoSter WallaCe Nella CaSa StreGata

Una scrittura tra Postmoderno e Nuovo realismo

Stilo editrice

iSBN 978-88-6479-056-5© Stilo EditricE 2012viale Salandra, 36 – 70124 Bari

Finito di stampare nel mese di maggio 2012Presso Global Print, Gorgonzola (Mi).

Sommario

PrEfazionE di Ferdinando Pappalardo 13

Una prima nota al lettore(Con utili consigli sulla lettura di questo libro) 17

Perché la Prima nota al lettore è postmoderna(Con alcune coordinate per capire di cosa si parla in questo libro) 19

david foStEr WallacE la mEntE migliorE dElla Sua gEnErazionE oSSia una introduzionE 25

i. (Prima PartE)un Po’ di PoStmodErna confuSionE

morti ProclamatE, nuovi rEaliSmi E autEnticità 331. Se il Postmoderno è morto, dov’è il cadavere? 352. È morto il Postmoderno, viva il Nuovo realismo 363. Una personale e poco autorevole analisi

delle caratteristiche del Postmoderno (con l’inaccettabile inclusione di realismo e autenticità) 393.1. Della forma vituperata, eppure tanto attraente;

dei fuochi d’artificio stilistici; dei palleggi a vuoto e di tutto ciò che rende un libro ciò che un libro dovrebbe essere, cioè qualcosa che vien voglia di leggere 40

3.2. Cos’è l’avant-Pop e perché sorge il dubbio che chi avversa il Postmoderno stia parlando di un’altra cosa 41

3.3. Della forma e del contenuto insieme: perché i fuochi d’artificio ci devono essere e perché non è giusto che rubino la scena 44

3.4. E unibus pluram: la riflessione di Wallace sul problema della pregnanza nella scrittura postmoderna. ovvero, come può essere insensato uno scrittore che si pone il problema di non esserlo? 47

3.5. Per tirare le somme: delle varie caratteristiche del Postmoderno, o almeno di quelle che sembrano più importanti 54

3.5.1. autenticità/sincerità 543.5.2. Metaletterarietà (e ancora sulla sincerità) 62

i. (SEconda PartE)InfInIte Jest. moltEPlicità, frattali E altri divErtEnti StilEmi PoStmodErni 77

1. ancora sul finale di Infinite Jest: perché non è semplicemente aperto ma parte di un’opera molteplice 79

2. ancora sull’infinito, ma ordinato in strutture frattaliche. ossia: Infinite Jest e la struttura perfettamente calcolata (e sempre al servizio del contenuto, di cui parleremo ancora oltre) 87

2 bis. («ma ordinato in strutture frattaliche») 963. Degli altri riferimenti all’Amleto in Infinite Jest 1014. Nota n. 17 del capitolo precedente,

che per favorire la lettura è stata resa un paragrafo a parte.ovvero: Coordinate spazio-temporali in Infinite Jest 102

5. Microcosmo e macrocosmo. e cioè: perché la forma è al servizio del contenuto 110

6. S’era detto che Wallace voleva scrivere qualcosa di «americano e triste». Del triste abbiamo già detto, sicché... 125

7. tornando alla questione dell’io 133

ii. nota 7 dEl caPitolo i (Prima PartE)da Perso nella Casa stregata a Verso oCCIdente l’ImPero dIrIge Il suo Corso: un Primo rinnEgato ESPErimEnto, ovvEro dEl PoStmodErno E dEi Suoi riSchi 137

1. Perso nella Casa Stregata e Verso Occidente l’Impero dirige il suo corso: per orientarsi 139

2. Come la pensa Wallace sul Postmoderno, o perlomeno come la pensava ai tempi di Verso Occidente 145

3. la realtà è verosimile? e, quindi, Di cosa parliamo quando parliamo di realismo e Nuovo realismo? 147

4. Ma Barth ha influenzato moltissimo Wallace. alcuni esempi 1544.1. il tuffo 1544.2. Spunti presi dal romanzo di Barth L’opera galleggiante 155

iii. artificio SaggiStico PEr ParlarE di altri aSPEtti dElla ProduzionE di dfW, oSSia la lEttura di WallacE Sulla baSE dEllE lezIonI amerICane di calvino 159

1. leggerezza 1612. rapidità 1603. esattezza 1644. visibilità 169

iv. il rE Pallido. non una Parola di Più 1751. «Dev’essere per via di qualcosa che ho mangiato» 1782. tutti gli autori di saggi mentono 1813. Una partita a squash con un muro molto partecipante 1864. teste fasciate, teste esplose, teste con cappello:

è conveniente essere consapevoli? 1875. «tu, rimani con noi» 1906. Ciascuno di noi è il protagonista assoluto della sua storia 1947. Selezionare le informazioni. iperrealismo

o realismo isterico o impressionismo. insomma,ricordarsi di eliminare i fattoidi 197

8. Memoria, memoriali, dimenticanze 1999. Proporre le informazioni in maniera interessante, e cioè

Puntare sempre un po’ più in là del bersaglio 20110. Blizzard. le migliori storie finiscono nell’indistinto 202

v. arringa concluSiva 205

bibliografia 211

13

Prefazione

David Foster Wallace era un autore cult per una imponente platea di lettori, diffusa in ogni parte del pianeta, prima ancora che la sua tragica morte (quasi presentita, se non addirittura annunciata nei suoi romanzi, dove compaiono frequenti allusioni al suicidio) ne circonfondesse la figura di un alone leggendario, facendone l’estrema, inattuale icona di un’assoluta identificazione fra arte e vita. allo straordinario successo di pubblico (che gli ha procurato anche il crescente interesse dei media) non ha però corrisposto il favore della critica, il cui giudizio ha oscillato – nella maggioranza dei casi, e fatta eccezione per le sdegnate proteste suscitate dalla mancata attribuzione del Premio Pulitzer 2011 per la fiction al Re pallido, l’ultimo incompiuto romanzo – fra un ipocrita, quasi pro-tocollare, generico apprezzamento e una malcelata o esplicita in-sofferenza. Questi atteggiamenti sono stati (e restano) in larga misura determinati dall’ostentato anticonformismo, dall’imbaraz-zante trasgressività che hanno caratterizzato la vicenda umana e intellettuale di Wallace, oltre che dalla provocatoria eccentricità, dall’oltranzistico sperimentalismo della sua narrativa, e dunque dalla difficoltà di ascriverla fondatamente a una delle grandi cor-renti (o scuole) che hanno dominato la scena letteraria americana negli ultimi trent’anni: minimalismo, postmodernismo, New Sin-cerity, avant-Pop, New realism. in italia, poi, l’attenzione per l’opera di Wallace risale a tempi piuttosto recenti ed è rimasta circoscritta alla critica militante, esprimendosi in interventi spes-so penetranti ma di necessità estemporanei, parziali.

Questo libro colma dunque una lacuna, perché rappresenta il primo studio sullo scrittore di ithaca che si prefigga di mettere a fuoco le originali peculiarità della sua narrativa, e di assegnarle una precisa collocazione nel panorama letterario e culturale degli States. Sarà opportuno però chiarire da subito che il lettore si troverà di fronte non a una tradizionale monografia, ma a un sag-gio, nell’accezione propria di questo genere del discorso. innanzi-tutto, Carlotta Susca non fa nulla per nascondere – e anzi manife-

14

david foster wallace nella casa stregata

sta sfacciatamente – la sua sconfinata ammirazione per Wallace, né si perita di dichiarare la piena condivisione delle istanze della letteratura postmoderna (fra i cui ranghi appunto lo scrittore sta-tunitense è reclutato, e in una posizione di assoluto rilievo), pole-mizzando con i suoi detrattori e con tutti coloro che ne hanno prematuramente decretato la morte per sfinimento. in secondo luogo, l’analisi si sviluppa in modo volutamente discontinuo, frammentario, erratico, con un movimento quasi a spirale che conduce a Infinite Jest, giustamente considerato un’«opera mon-do» e, al contempo, il nucleo (il cuore) della poliedrica produzio-ne – narrativa ma anche pubblicistica – dello scrittore (essa pure esaminata nei suoi aspetti più significativi, e sempre in riferimento al capolavoro). infine, Carlotta Susca rifiuta di adottare un univo-co, cogente paradigma metodologico: e infatti le categorie inter-pretative di cui si serve sono mutuate da differenti ambiti discipli-nari, e persino da altri scrittori (Barth e Calvino sopra tutti).

tutto ciò comporta la rinuncia a ogni pretesa di completezza e di esaustività, l’assenza di linearità espositiva e di consequenziali-tà argomentativa, e dunque anche qualche azzardo. Per esempio, dire che in Wallace tecniche tipicamente postmoderne convivono con tematiche squisitamente realistiche non può che far storcere il naso alla critica ufficiale, da sempre convinta della corrispon-denza di contenuto e forma; anche se l’affermazione è motivata dall’intento di contrastare le tesi di quanti riducono la letteratura postmoderna a futile gioco, a insignificante intrattenimento, ad astuta e cinica professione di nichilismo, e la accusano di conni-venza con il nemico – la cultura pop, il sistema delle comunicazio-ni di massa (a cominciare dalla televisione), l’industria dello spet-tacolo – che proclama di voler combattere. Pur tuttavia, da questo saggio emergono con nettezza le proprietà della narrativa di Wal-lace: la struttura frattalica della fabula, la costruzione anulare dell’intreccio, il polimorfismo del soggetto autoriale, l’ambiguità e indecidibilità dell’elocuzione, l’ingorgo plurilinguistico, la de-bordante intertestualità, l’ammiccante autoriflessività, e altro an-cora. Proprietà che configurano il racconto come enciclopedia, ma labirintica e aperta, come suggestivo ipertesto che s’incarica di

15

prefazione

restituire un’immagine ironica e dolente, grottescamente defor-mata della società americana contemporanea, del suo profondo malessere e delle sue paradossali contraddizioni.

il libro si offre così come un prezioso strumento di conoscenza dell’opera di Wallace, della sua concezione dell’arte e del suo sentimento della vita; sebbene l’autrice preferisca, più modesta-mente, proporlo come un ‘invito alla lettura’ dello scrittore ame-ricano. Chiunque prendesse però sul serio le dichiarazioni dell’autrice, e pensasse che la disinvolta rapsodicità della sua scrittura, il suo stile a volte colloquiale e familiarmente interlocu-torio, a volte effervescente e persino pirotecnico, lo spregiudica-to melting-pot linguistico della sua prosa siano soltanto espedien-ti finalizzati ad accattivarsi la simpatia del lettore, a blandirne la curiosità, a rendere digeribile una materia per certi versi ostica, incorrerebbe – almeno in parte – in un equivoco: perché questo saggio pone in essere anche una garbata eversione, una sorriden-te parodia in chiave postmoderna delle convenzioni, delle regole, dei riti della critica (accademica, ma non soltanto), del suo aristo-craticismo, della sua supponente autoreferenzialità. Spie elo-quenti di questa volontà dissacratoria sono le note al testo, dove non compare – contrariamente alle abitudini – alcun riferimento bibliografico, e la brusca interruzione che mette fine al discorso. a significare, nel solco della lezione di Wallace, che non soltanto la letteratura, ma anche la critica può trasformarsi in un colto, intelligente jest.

Ferdinando Pappalardo

17

Una prima nota al lettore(Con utili consigli sulla lettura di questo libro)

i testi saggistici sono noiosi. Nella maggior parte dei casi, perlome-no, è così. a volte sembra che il clima accademico imponga l’ado-zione di uno stile che inevitabilmente allontana il lettore. Perché si dovrebbe leggere un saggio? Per approfondire la conoscenza di un autore, per esempio. Per incrementare le proprie conoscenze su un periodo storico, per mettere a posto alcuni tasselli, sistema-tizzare un universo che si viene formando nella nostra mente di lettori. Ma perché queste nobili intenzioni (crescita, approfondi-mento, sistematizzazione) dovrebbero implicare uno sforzo supe-riore a quello della semplice comprensione del messaggio presente nel testo? Perché al lettore di saggi sembra inevitabile affibbiare la fatica ulteriore di barcamenarsi tra frasi involute e ragionamenti contorti? al saggista verrebbe spesso da dire: Rem tene, verba se-quentur, Domina saldamente l’argomento, le parole verranno da sé. Saggista, hai un’idea in mente? e allora perché ti affanni tanto per nasconderla al mondo? Perché non sei benevolo, amichevole e non fai in modo di condividere la tua intuizione con gli altri?

ecco perché in questo saggio faremo così: le note al testo – non quelle simili a questa che state leggendo, ma quelle in corpo 9, piccole, ancorate al testo con un esponente di nota, quelle, in-somma, che in genere si saltano perché fastidiose – saranno per-lopiù narrative. aggiungeranno informazioni e non indicazioni bibliografiche. il punto è che, inevitabilmente, noi siamo quello che leggiamo, e le note ‘alla Wallace’ sono contagiose. Non si tratta solo di vezzo artistico1, e fissare questo punto è un primo

1. le note ‘alla Wallace’ sono in effetti degli ‘a parte’ quasi teatrali. la parete fra scrittore e lettore viene squarciata, ma di poco, perché la nota è apparentemente innocua, poco invasiva. l’impressione che ne deriva è che lo scrittore stia bisbiglian-dovi qualcosa di privato, in confidenza, e lo stia facendo solo a voi, chiamandovi fuori dal gruppo, perché gli siete particolarmente simpatici. Poi potrete tornare al discorso principale, e continuare a seguire insieme agli altri il testo standard.

18

david foster wallace nella casa stregata

importante passo per l’avvicinamento al mondo letterario di Da-vid Foster Wallace.

la verità è che scrivere saggi è abbastanza frustrante. Con un mi-nimo di consapevolezza del mondo editoriale si sa perfettamente che il proprio sforzo (studio, raccolta dati, scrittura, correzione) non servirà a nulla: pochissimi leggeranno il testo, ancora meno persone acquisteranno il libro e, in più, presentare un’opera saggi-stica è vietato nella maggior parte dei luoghi in cui normalmente si organizzano presentazioni di testi di narrativa. la verità è che que-ste parole non esistono neanche, se non c’è nessuno che le legga (e questo perché la realtà non è oggettiva, checché ne dicano i filosofi che gridano alla morte del Postmoderno – si veda il primo capito-lo), quindi tutto quello che il saggista in questi casi può fare è:

a) scrivere il suo saggio in maniera canonica (i.e. barbosa), tanto se qualcuno sta leggendo il testo vuol dire che se ne è già inte-ressato o, meglio, lo ha già comprato;

b) cercare di catturare l’attenzione del lettore, e non solo con fuochi artificiali2 (come, banalmente, potrebbe essere scrive-re SeSSo nel bel mezzo di una frase), a patto che questi sia-no al servizio del contenuto, e cioè che servano a rendere più piacevole la trasmissione di informazioni. indorare la pillola, cospargere di zucchero la coppa della medicina, insomma, ci siamo capiti. e non perché si abbia la pretesa che i contenuti siano così importanti da dover essere trasmessi a ogni costo, ma perché la comunicazione fa parte del nostro essere umani, e quindi perché non cercare di farla funzionare?

importante

Quello che dalla Nota al lettore è importante apprendere è che il saggio che state leggendo avrà, dunque, note narrative, mentre le indicazioni bibliografiche saranno relegate alla fine del libro: si

2. Dei ‘fuochi artificiali’ in letteratura si parlerà oltre, sempre nel primo capitolo.

19

una prima nota al lettore

tratterà di indicazioni, anch’esse, narrative nei limiti del possibile. Dunque il consiglio è questo: se già conoscete l’opera di Wallace potete saltare la parte bibliografica o leggerla solo per rispolverare le trame dei libri, se invece non avete letto (ancora) nulla del No-stro, allora forse la linearità del testo (questo testo) andrebbe ab-bandonata e dovreste prima leggere le indicazioni bibliografiche e poi tornare indietro per godervi un testo privo di note fastidiose.

Perché la Prima nota al lettore è postmoderna(Con alcune coordinate per capire

di cosa si parla in questo libro)

le due paginette che avete appena letto (ammesso che non le abbiate saltate come si ha sempre la tentazione di fare con i pa-ratesti che promettono pedanteria) non sono solo un tentativo di captatio benevolentiae né solo il miglior modo per farsi edita-re pesantemente dal direttore di collana. Sono, in verità, anche un piccolo compendio delle tecniche di scrittura postmoderne. Dato che Wallace è stato tirato in ballo nel dibattito sulla morte del Postmoderno e che non s’è ancora ben capito cosa sia questo movimento che dovrebbe essere deceduto già vent’anni fa, que-sto saggio tenta di fornire qualche coordinata.

ecco perché, prima che inizi il libro vero e proprio, sarebbe uti-le già dare un’idea di cosa sia il Postmoderno in letteratura fissan-do alcuni punti, e traendo esempi dalle due pagine precedenti:

a) «Una prima nota al lettore (Con utili consigli sulla lettura di questo libro)»: questo è un esempio di uso del paratesto in funzione narrativa. Copertine, alette, fascette, frontespizio e controfrontespizio, titoli, avvertenze al lettore sono tutte aree testuali un tempo di esclusiva pertinenza dell’editore e ora colonizzate dagli autori: il libro si espande e l’autore tenta di sorprendere il lettore sbucando nelle pagine in cui non ci si aspetta di trovarlo.

20

david foster wallace nella casa stregata

a.a.) ovviamente le note al testo sono un esempio lampante di uso narrativo del paratesto.

b) «le note al testo – non quelle simili a questa che state leggendo, ma quelle in corpo 9, piccole, ancorate al testo con un espo-nente di nota»: questa frase costituisce una conseguenza del punto a), ma talmente importante da meritarsi di non essere incasellata come a.b.). Si tratta della manifestazione della con-sapevolezza dello scrittore di stare producendo un manufatto. i testi postmoderni contengono spesso indicazioni sul modo in cui la frase scritta deve essere riprodotta sul libro; in John Barth (grandissimo maestro di scrittura e postmodernità), troviamo:

Nei manoscritti, un tratto singolo di sottolineatura è il segno che indica il carattere corsivo, che a sua volta è l’equivalente, sul-la pagina stampata, dell’enfasi verbale su una o più parole [...].

in una parola le opere postmoderne sono metaletterarie: riflet-tono sull’atto della narrazione nel suo farsi, e spesso i loro per-sonaggi sono scrittori o artisti di qualche tipo.

c) «la verità è che scrivere saggi è abbastanza frustrante»: la sin-cerità è un’altra delle caratteristiche del Postmoderno. Gli scrit-tori sembrano mettersi in gioco in prima persona, con insicurez-ze e dubbi. Se la realtà non è oggettiva (come invece affermano i filosofi sicuri della morte del Po-Mo), una delle conseguenze letterarie è la messa in scena di questa incertezza. ovviamente si tratta di letteratura, sicché: Non fidatevi mai degli autori post-moderni, sono perlopiù inattendibili. Ma il dubbio vi rimarrà.

d) alla sincerità è strettamente connessa la presenza dell’io (nar-rante e autoriale). È significativo che il libro postumo di Walla-ce si chiami Il re pallido e che in Infinite Jest uno dei personaggi dell’accademia di tennis abbia appesa in camera una stampa intitolata ‘il re paranoico’. l’autore è sovrano assoluto dell’uni-

21

una prima nota al lettore

verso testuale da lui creato e la sua voce si avverte chiaramente. ecco perché le opere postmoderne sono spesso metaletterarie: l’autore commenta la sua opera mentre la scrive. ovviamente ‘sincerità’ e ‘io’ sono istanze declinate lungo tutto il continuum che va dall’autore in carne e ossa al personaggio con il punto di vista più ridotto.

e) Gli elenchi sono molto postmoderni. Sarà perché il tempo dell’attenzione del lettore è frazionato, e quindi è meglio fra-zionare di conseguenza l’informazione, fornirla in quantità di-screte e autoconcluse, o forse perché graficamente consentono ‘respiro’ al testo, o anche perché il libro è in concorrenza con altri media (la tv su tutti, al momento, ma ancora per poco), e quindi deve allontanarsi dalla modalità foglio-di-papiro-a-scorrimento-continuo e tendere alla forma testo-con-link-di-approfondimento. in ogni caso, prendetela per buona: Gli elenchi sono molto postmoderni.

e.a.) la ricorsività. Scrivere di un elenco in un elenco è ricorsivo. Crea una sorta di corto circuito. È ciò che avviene anche con la sincerità del punto c), se ci pensate. Dico di essere sincero, ma non lo dico io, autore postmoderno, bensì la mia proiezio-ne testuale, per cui ci sarà comunque una entità autoriale > voce narrante/personaggio3 che, a sua volta, potrà sembrarci sincera, ma chi ci dice che non sia un altro artificio? insomma, gli scrittori postmoderni sono anche un po’ imbroglioni.

f) «importante» e «SeSSo»: sono artifici per catturare l’atten-zione. Gli scrittori Po-Mo utilizzano una vasta gamma di stra-tegie per tenere avvinto il lettore, anche se tali artifici (o fuochi artificiali stilistici) sono generalmente apprezzati quando non fini a se stessi ma volti a veicolare contenuti, e a tal proposito

3. i segni matematici, le sigle, le formule e, in genere, la commistione con le scienze è un altro aspetto da tenere a mente. Ci torneremo.

22

david foster wallace nella casa stregata

la differenza principale fra un testo che valga la pena leggere e uno che funga solo da intrattenimento porta a introdurre alla distinzione fra Postmoderno e avant-Pop (si veda oltre. i Som-mari hanno una loro utilità, in fondo).

g) «e non perché si abbia la pretesa»: la paranoia regna sovrana fra i postmoderni. Gli scrittori Po-Mo sono estremamente pa-ranoici, perché sono smaliziati e addentro il mercato editoriale, e quindi si affannano a spiegare, chiosare, chiarire. temono di non essere compresi e aggiungono parole a parole per mettere in chiaro quello che vogliono dire davvero, ma le parole sono ingannevoli, sicché... vi ho già detto della ricorsività, no?

tutto questo paragrafo è, a sua volta, un mezzuccio postmo-derno: veicola dei contenuti dando l’impressione di sbrigare questioni preliminari, che è il modo migliore per comunicare. vi sentite gabbati ma sorridete? Siete dei veri lettori postmoderni.

23

una prima nota al lettore

anche le immagini sono uno stratagemma postmoderno.

DaviD FoSter WallaCe la mEntE migliorE dElla Sua gEnErazionE

oSSia

UNa iNtroDUzioNe

Hai presente, quello postmoderno? Quello che mangia pane e vocabolario?

27

Come aspetto, Wallace è un fico. Un tipo grande e grosso con i capelli lunghi e un po’ stopposi. Sembra un po’ una rock star. Suda copiosamente. Porta una bandana in testa, e partecipa così all’esperienza della vita metropolitana americana. Mi pare che non sia sposato. Che altro volevi sapere?

Questa è una mail di risposta che David lipsky, autore di Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta (minimum fax), ha sbirciato sul computer della propria fidanzata, poco pri-ma di accompagnare Wallace per qualche giorno nel tour di pre-sentazione di Infinite Jest nel 1996.

Wallace era indiscutibilmente uno scrittore affascinante, in gra-do di incuriosire e attrarre, una persona di cui, una volta letta qualcuna delle sue opere, si vuole sapere sempre di più.

anche zadie Smith, scrittrice inglese di successo, provava nei suoi confronti una curiosità e un interesse che la portava ad avere atteggiamenti da fan:

ottobre 2003. Ho mandato un mio amico newyorkese esperto di mondanità in una libreria Barnes & Noble di Manhattan a cac-cia dell’autografo di uno scrittore. il mio scrittore vivente prefe-rito presentava il suo nuovo libro sul concetto matematico di infinito, e anche se questo scrittore lo conosco di persona – per quanto vagamente – e ho la sua firma in calce a un paio di lettere, mi sono accorta che volevo comunque il suo autografo su un li-bro vero e proprio da poter mettere in un mio scaffale vero e proprio. [...]

«il posto era strapieno... non ci si poteva muovere... e poi è arrivato lui»

«Com’era vestito?»«Com’era vestito? Mmm... aveva, non so, una specie di cami-

cia da matematico? Una camicia da insegnante di matematica, un po’ anni Cinquanta, hai presente, con le maniche corte?»

«aveva pure le penne nel taschino?»«No, non aveva penne»«?»«!»

28

david foster wallace nella casa stregata

«e poi... che altro? Che mi dici? Portava la bandana?»«Sì... una grande bandana... si sta facendo ricrescere i capelli.

Sudava un po’».

Wallace è uno scrittore complesso e le sue opere non sono di intrattenimento, eppure nel mondo comunità di fan si sono orga-nizzate per raccogliere informazioni, scambiare pareri, creare gruppi di lettura collettivi delle sue opere. in italia il sito archi-vio DFW italia ha lanciato, a ridosso della pubblicazione, la let-tura collettiva del postumo Re pallido; la sensazione comune dei fan è di estrema familiarità, di profonda empatia, testimoniando così quanto l’idea di fondo che Wallace aveva della letteratura sia stata compresa.

Secondo me lo scopo della letteratura seria è in gran parte quel-lo di dare al lettore, che come tutti noi è perlomeno più infognato nella sua testa, la possibilità di accedere con l’immaginazione ad altri individui. [...] se un brano di letteratura ci permette, tramite l’immaginazione, di identificarci con il dolore di uno dei protago-nisti, allora potrebbe anche risultarci meno inconcepibile che al-tre persone si identifichino con il nostro. È una sensazione che ci nutre, che ci redime: ci rende meno soli dentro.

Difficile collocare Wallace con prosaiche coordinate spazio-temporali: statunitense, nato a ithaca (New York) nel 1962 ma vissuto nell’illinois (il Midwest così presente nelle sue opere), ha studiato all’amherst College laureandosi in letteratura inglese e Filosofia per diventare insegnante di scrittura al Pomona Colle-ge, in California. È ancora zadie Smith a osservare che

si sarebbe guadagnato più facilmente l’approvazione all’interno del mondo accademico dal quale proveniva che nel mondo letterario di cui entrò a far parte. eppure, intorno ai vent’anni, Wallace scelse la strada meno facile. abbandonò una carriera in campo matematico e filosofico in nome della vocazione per quella che chiamava «una let-teratura moralmente appassionata e appassionatamente morale».

29

la mente migliore della sua generazione

a fine ottobre del 2008, Stefano Bartezzaghi scrive:

lo scrittore David Foster Wallace si è dato la morte un mese fa, poco più. Ha infine «eradicato la sua mappa», per usare una sua espressione idiomatica (Infinite Jest). la notizia è ancora dell’or-dine dello sconvolgente, del letteralmente sconvolgente (e lo è per una quantità altrettanto sbalorditiva di persone, ognuna delle quali si è scoperta partecipe di una insospettata rete di empatia).

e Don Delillo lo ricorda così:

ora lo conosciamo come uno scrittore coraggioso in lotta con-tro la forza che voleva indurlo a rinunciare a se stesso. a distanza di anni sentiremo ancora il gelo che ha accompagnato la notizia della sua morte. Uno dei suoi racconti recenti si conclude con la perentorietà di questa mezza frase: Non una parola di più.

Ma c’è sempre una parola di più. C’è sempre un lettore di più a rigenerare quelle parole. le parole non smetteranno di pervenirci. Giovinezza e perdita. Questa è la voce di David, americana.

la discussione su Wallace però non ha sempre toni entusiasti-ci. Fastidiosa è l’appropriazione dello scrittore da parte di un collega suo amico, Jonathan Franzen:

Sì, era malato, e in un certo senso la storia della mia amicizia con lui si può riassumere dicendo che volevo bene a una persona con dei problemi mentali. la persona depressa si è alla fine tolta la vita, in un modo tale da infliggere il massimo dolore a coloro che amava maggiormente, e chi gli voleva bene è rimasto solo con un senso di rabbia e frustrazione. Frustrazione non sempli-cemente per aver fallito nel nostro investimento d’affetto, quan-to piuttosto perché il suicidio ci ha sottratto la persona e ne ha fatto una leggenda... sapendo che la sua vera personalità era molto più complessa e sfaccettata di quanto si pensasse, e sapen-do che era molto più amabile – più simpatico, più svampito, più fragile, molto più combattivo nella lotta ai suoi demoni, più smarrito, più infantilmente cristallino nelle sue bugie e incoeren-

30

david foster wallace nella casa stregata

ze – del benevolo e moralmente artista/santo chiaroveggente che ne è stato fatto, è ancora difficile non sentirsi feriti dalla parte di lui che ha preferito l’ammirazione degli sconosciuti all’affetto delle persone a lui più vicine.

Nella letteratura successiva si possono rintracciare tracce della scrittura di DFW e della persona di Wallace: i premi Pulitzer Jeffrey eugenides e Jennifer egan hanno citato lo scrittore in due modi differenti: il primo, nella Trama del matrimonio (Mondado-ri) ha costruito un triangolo amoroso che vede uno dei tre prota-gonisti masticatore di tabacco, portatore di bandana e clinica-mente depresso, con conseguenti sbalzi d’umore e problemi con il dosaggio di un farmaco; eugenides ha smentito riferimenti alla biografia di Wallace, ma il dubbio è ben alimentato. Di sicuro la scrittura dell’autore di Middlesex non ha tratto molto da quella del suo amico Wallace, e La trama del matrimonio risulta inutil-mente prolisso, costruito sulla moltiplicazione dei punti di vista in un modo che non aggiunge nulla alla storia, e la figura della persona depressa è nel finale liquidata frettolosamente, come se si trattasse di un personaggio fastidioso e difficilmente gestibile.

Jennifer egan, invece, con Il tempo è un bastardo (minimum fax) sembra omaggiare Wallace nel capitolo 9, un pezzo scritto come articolo di giornale con note, suggestioni matematiche e una imitazione della complessità della scrittura di DFW.

l’analisi degli autori contemporanei impone cautela, anche se il «New York times» li definisce «menti migliori» di una genera-zione, ma con David Foster Wallace ci sarebbero tutti gli elemen-ti per candidarlo a Classico della letteratura.

31

la mente migliore della sua generazione

Wallace dipinto da tommaso Pincio