David Donnini - Gesù e i Manoscritti Del Mar Morto

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David Donnini Gesù e i Manoscritti del Mar Morto Edizioni Coniglio

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Un libro di David Donnini

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  • David Donnini

    Gese i Manoscritti

    del Mar Morto

    Edizioni Coniglio

  • INDICE

    INTRODUZIONE 5

    CAP. 1 - PREMESSE PER LANALISI STORICA DEL RACCONTO EVANGELICO 7

    La struttura stratificata del racconto evangelico. 7

    Limmagine leggendaria delle origini cristiane. 8

    Limmagine di Cristo negli scritti degli storici romani. 9

    Cristiani di Cristo e Cristiani di Paolo. 11

    Resurrezioni e nascite verginali. 12Madri vergini 12Il dio che muore e risorge 13Miracoli 15

    CAP. 2 - KHIRBET QUMRAN E I MANOSCRITTI DEL MAR MORTO 19

    Fra le sabbie di Qumran 19

    Visita a Qumran 23

    Brevi estratti dai Manoscritti del Mar Morto 27Regola della comunit (Serekh ha-Yahad) 27Regola dellAssemblea 29Documento di Damasco (Brit Damesek) 29Frammento dal Documento di Damasco 30Regola della guerra (Serekh ha-Milhamah) 31

    CAP. 3 - LA REDAZIONE DEI QUATTRO VANGELI CANONICI 32

    La datazione 32

    Gli autori e le caratteristiche del loro impegno redazionale 34

    CAP. 4 - IL MISTERO DI BARABBA 37

    CAP. 5 - IL PROBLEMA DEL TITOLO NAZARENO 40

    CAP. 6 - IL MARTIRIO ZELOTICO E QUELLO CRISTIANO 50

    CAP. 7 IL PROBLEMA DEL DISCEPOLO SENZA NOME 54

    Personaggi sinottici e giovannei 54

    Assenza di brani nei sinottici e nel quarto Vangelo. 55

    Il primato di Pietro. 55

  • Linguaggi di stile qumraniano. 56

    Assenza dellistituzione delleucarestia. 57

    La cronologia solare. 57

    Aggiunte e suddivisioni 57

    L'attribuzione della paternit del quarto Vangelo 59

    Il discepolo senza nome 59

    La contraffazione delle identit 60

    Lazzaro, non Giovanni, come discepolo che Ges amava 61

    Lazzaro censurato dai Vangeli sinottici 61

    Ges come parente di Lazzaro 62

    Maria Maddalena, controfigura di Maria la sorella di Lazzaro 63

    La controfigura sinottica dello stesso Lazzaro 64

    La resurrezione e la rinascita 65

    Eleazar ben Jair 66

    Lazzaro dei Vangeli e Lazzaro di Masada 67

    CAP. 8 - PERCH SAN PAOLO HA INVENTATO IL CRISTIANESIMO?

    CAP. 9 - 7Q5, IL FRAMMENTO DELLA DISCORDIA 71

    Il ritrovamento 71

    Le prime resistenze 71

    Impostazione corretta del problema 72

    I Vangeli primitivi 73

    CAP. 10 - CRISTO E QUMRAN, LA CHIAVE DI UN RAPPORTO CONTROVERSO 75

    Premesse storiche 75I precedenti storici. 751 periodo (168 - 134 a.C.), periodo asideo 752 periodo (134 - 31 a.C.) periodo classico 763 periodo (31 - 4 a.C.), periodo erodiano 764 periodo (4 a.C. - 68/69 d.C.), periodo zelotico 775 periodo (68/69 d.C. - 73), periodo romano 776 periodo (132 d.C. - 135), periodo di Simon bar Kokba 77

    Il movimento zelota 77

    L'ingresso degli zeloti nel movimento esseno 78

    Gli zeloti si spostano dalla Galilea alla Giudea 79

  • Convergenze fra zeloti, qumraniani e cristiani-ebrei 80

    Il rapporto fra Cristo e gli esseni 81

    Il complotto messianico 81

    Paolo e il complotto antimessianico 82

    Cristiani-ebrei, nazorei ed ebioniti 84

    Apostoli, fratelli e zeloti 85

    Genialit della sintesi paolina 86

    Eredit essena ed eredit paolina a confronto 88

    Le obiezioni dei cattolici 88

    Conclusioni 90

    APPENDICE: ALLE ORIGINI DEL VECCHIO TESTAMENTO 93

    Premessa 93

    Un faraone particolare 94

    Gli ebrei in Egitto 95

    Mos egiziano 96

    Un popolo eterogeneo 97

    David, lunto di YHWH 98

    Il regno di dio 98

    Un libro sacro 99

  • Introduzione

    Che cosa sia successo veramente 2500 anni fa, nella valle del Gange, ove la tradizione buddista colloca la storiaaffascinante del principe Siddharta, non lo sapremo mai. Dobbiamo credere che un erede al trono della famiglia Sakyasia stato allevato in un paradiso prefabbricato, alloscuro di tutti i triboli del mondo, per sfuggire alla profezia che lovoleva maestro mistico? Dobbiamo credere che costui, rapito da unimprovvisa chiamata spirituale, abbia abbandonatola moglie, il figlio, la corte e il suo destino regale, per farsi asceta itinerante nelle foreste tropicali? Dobbiamo credereche abbia raggiunto lilluminazione sotto il celebre albero della Bodhi e che, da quel momento, abbia insegnato ilNirvana raccogliendo migliaia di fedeli?Personalmente non lo ritengo necessario e, senza credere che la famosa storia del maestro Gautama sia pi che unaleggenda, mi reputo buddista quanto basta per ispirare la mia vita al Dharma, nella misura in cui ho la capacit di farlo.Non mi sento chiuso in una parrocchia, n incaricato di difendere una dottrina per confutarne altre. Le tante disciplinescientifiche, filosofiche e religiose sono tutte davanti a me, e sono libero di conoscerle, di apprezzarle, di imparare daloro. Posso amare il Cristianesimo, lIslam, LEbraismo, lInduismo, il Taoismo. Niente e nessuno mi ha legato eobbligato a credere ciecamente, o ciecamente rifiutare.Dovrei credere che, 2000 anni fa, in Palestina, Ges sia nato da una vergine e poi resuscitato dalla morte, per pensareche sia giusto porgere laltra guancia, amare il prossimo e perdonare? Dovrei credere che Ges camminasse sulle acquedel lago di Tiberiade per ascoltare le parole del Sermone della Montagna, e comprendere che i fiori dei campi sono piricchi di qualsiasi tesoro creato dalluomo?La verit non il vestito, e nemmeno il corpo che lo indossa, ma lanima che alberga in esso. La verit di ogni religionenon la leggenda che la rappresenta, e nemmeno la dottrina che si insegna, ma lo spirito che da essa si pucomprendere, se realmente lo si vuole comprendere.Armato di questa convinzione un cristiano non deve avere la bench minima paura che il suo Ges possa essereannientato dalla ricerca storica. Al contrario, verrebbe a conoscere da quali profondi disagi di un mondo fondato sullasopraffazione, sulla schiavit, sullodio etnico, sulla disparit nella dignit e nel diritto alla vita, scaturito il pensieroche concepisce dio non come capo di un popolo ribelle, ma come padre di tutti gli uomini, indipendentemente dallarazza e dal ceto sociale. Verrebbe a conoscere da quali ingiustizie nato il pi energico degli aneliti alla giustizia. Il suocristianesimo del presepe si emanciperebbe sino a diventare un cristianesimo dellanima.Purtroppo non cos. Non cos nel cristianesimo e nemmeno in tante altre culture religiose, buddismo per primo.La religione gioca un ruolo fondamentale nella formazione del senso didentit delle persone. Il chi sono? checiascuno di noi domanda a se stesso, nei pi reconditi abissi del proprio inconscio, crede di trovare risposta anche graziealla religione. Infatti credere stabilmente, ciecamente, energicamente, contribuisce alla strutturazione di un s solido eche si senta lontano dai pericoli. La religione, oltre che per il senso dellindividualit personale, fondamentale ancheper quello collettivo. Essa ha giocato, e continua a giocare, nella storia passata e presente, il ruolo di coesione delgruppo sociale, di controllo, di garanzia dellapplicazione e del rispetto della legge. per questo che sulla religione non facile intavolare un dibattito. Perch la messa in discussione di certi presuppostidi fede scuote, nelle viscere della mente, la sgradevole sensazione che la struttura del s sia messa in discussione, e nonc riflesso di difesa che si scateni pi prontamente di quello che allarma listinto di conservazione del s prima ancoradella vita stessa.Le guerre coinvolgono tutte, in un modo o nellaltro, una certa componente religiosa. A dio si chiede, quanto meno, diproteggere la persona e la patria. Prima ancora di domandarsi se dio non debba proteggere anche il nemico e la suapatria. In nome di dio, spesso, sono state fatte guerre sanguinose che hanno acquistato agli occhi degli uomini un valoresacro. I fronti fra le parti belligeranti spesso corrispondono ai confini religiosi. Lo vediamo in Palestina da decine disecoli. Labbiamo visto nellex Yugoslavia, alla fine del secolo scorso, dove unassurda guerra triangolare ha schierato,gli uni contro gli altri, ortodossi (serbi), cattolici (croati) e musulmani (bosniaci e albanesi).Ma perch le religioni, che dovrebbero rappresentare lanelito pi puro alla ricerca della spiritualit universale, sonocos poco universali?Perch esse, come tanti altri aspetti del vivere umano, non sono libere ma condizionate, controllate, manipolate,assoggettate al potere sociale. Anzi, sono sempre state il mezzo pi efficace di gestione del potere, per imporre allagente modelli di comportamento e di pensiero che si dimostrassero utili e convenienti a chi governa e domina.Nellepoca presente, in cui urge una presa di coscienza delle gravi problematiche che accompagnano il viveredelluomo su questo pianeta dissestato nei suoi equilibri, non pensabile che lumanit affronti il suo fututo prossimosenza mettere in discussione lorgoglio delle dottrine religiose e la qualit intrinseca del loro insegnamento. Non farlosarebbe il pi infame dei misfatti, specialmente nei confronti delle generazioni future, che potrebbero ereditare unautentico inferno.Non possibile proporre una delle attuali dottrine religiose come soluzione universale. Sia perch non possibileconvertire lumanit ad una particolare religione. Sia perch non c una sola dottrina al mondo che abbia risposteuniversali e del tutto veritiere. Dunque non possibile dare il benvenuto al rinascente atteggiamento che considera lasalvezza una prerogativa esclusiva e insiste nel proselitismo missionario ad oltranza. Esso nasconde, dietro benevoleapparenze, una potenzialit dolorosa per tutto il genere umano.

  • Purtroppo lanalisi critica dei presupposti storici di una dottrina religiosa quasi irrimediabilmente condannata ad ungrave frainteso. Nei suoi scopi e nei suoi modi. Per troppo tempo un certo razionalismo materialista, fortementecaratterizzato in senso politico, ha monopolizzato la critica religiosa e gestito un conflitto pesante contro il misticismocristiano in particolare, e contro tutte le religioni in generale.Non facile oggi rendersi conto che la ricerca spirituale pu e deve passare attraverso la critica religiosa. Eppure cos,in modo del tutto irrinunciabile. Anche al costo che il frainteso di cui sopra debba protrarsi a lungo incontrando,nellinerzia culturale e nellopposizione di chi ha fatto della religione la propria rocca, i suoi ostacoli pi duri.Nel corso di uninteressante conferenza tenutasi a Cavalese alcuni anni fa, ho avuto il piacere di ascoltare un sacerdotecattolico che illustrava le diverse fasi della teologia cristiana che egli defin: ecclesiocentrica, cristocentrica eteocentrica. Il pubblico fu compiaciuto nel capire il passaggio concettuale da ecclesiocentrismo a cristocentrismo. Manel momento in cui fu spiegato in cosa consisteva il passaggio dal cristocentrismo al teocentrismo, si sollev unonda diriluttanza che vedeva paradossalmente il sacerdote su posizioni molto pi progressiste di quanto non lo fosse il popolo.Figuriamoci quale potr essere la reazione popolare allidea di esaminare la storicit del personaggio di Ges e diipotizzare che fosse in qualche modo coinvolto nel patriottismo ebraico antiromano.Eppure anche questo un passaggio necessario. Soprattutto se compiuto senza la bramosia di giungere ad una soluzionecertificata, ma nella consapevolezza che vale pi un errore commesso onestamente nella ricerca del giusto, che non laverit quando ha rinunciato a crescere e si cristallizzata nel pensiero assoluto.Per quanto mi riguarda sono pi vicino a quei cattolici onesti ed ingenui che accettano la dottrina, perch la loro mentenon ha avuto occasione di esplorare in piena libert le regioni esotiche del pensiero, piuttosto che ai paladini delrazionalismo senza dubbi, i quali non si sono mai accorti che la loro certezza ha gi firmato tutti gli armistizi possibilicol cervello degli uomini desti e onesti.

    Firenze, ottobre 2005David Donnini

  • Cap. 1 - Premesse per lanalisi storica del racconto evangelico"Ai laici non consentito il possesso n dei libri del Vecchio Testamento n di quelli del Nuovo Testamento"(Disposizione del Sinodo di Tolosa del 1229)

    "...darsi da fare in tutti i modi e con tutte le forze, affinch a nessuno venga consentita n oggi, n in futuro, lalettura, anche solo frammentaria del Vangelo..."(Regolamento ecclesiastico di Papa Giulio III [1550-1555])

    La struttura stratificata del racconto evangelico.

    Normalmente si pensa che i quattro testi evangelici, presenti nel Nuovo Testamento, siano il frutto del lavoro letterariodi quattro autori, detti appunto evangelisti: Matteo, un apostolo di Ges, chiamato anche Levi; Marco, un discepolo diSan Paolo, che potrebbe essere stato testimone oculare di Ges; Luca, un altro discepolo di San Paolo, non testimoneoculare dei fatti narrati; Giovanni, il presunto apostolo prediletto, a cui Ges morente avrebbe addirittura affidato lamadre Maria.In realt, l'analisi approfondita mostra che le cose non sono cos semplici. Scaturiscono altre evidenze, per esempio cheil testo ha una struttura "a strati", paragonabile a quella degli scavi archeologici. Cercher di spiegarmi con un esempio,affinch anche il lettore meno versato nelle questioni storiche possa comprendere facilmente. Quando il celebreSchliemann rinvenne in Anatolia i resti della presunta citt di Troia, le cui disavventure Omero aveva immortalato ereso famose con le sue opere, non trov sic et simpliciter la cittadella descritta dal poeta greco, ma un insieme di rovinerisalenti a epoche estremamente diverse, distribuite sullarco di oltre un millennio. C'erano reperti vicini alla preistoria,c'erano le mura del palazzo di Priamo, c'erano segni di insediamenti posteriori, alcuni dei quali attribuibili all'epocaromana imperiale. E, naturalmente, ogni epoca corrispondeva ad una determinata profondit dello scavo. Ecco perch siparla di struttura stratificata dei siti archeologici.Qualcosa di simile pu dirsi di certe opere letterarie, come sono, appunto, i Vangeli. Questa idea disturba l'immaginelineare, cara al credente, dei testi evangelici scritti di pugno dai discepoli di Ges e, successivamente, tramandati fino anoi, grazie alla cura dei membri della chiesa cristiana. In realt, questa rappresentazione dell'origine del NuovoTestamento ha un carattere alquanto leggendario.Volendo sintetizzare fin da ora una descrizione dei possibili strati della tradizione cristiana, che coesistono nel testoevangelico allo stesso modo in cui le pietre del palazzo di Priamo coesistono con quelle del teatro romano, potremmodire sbrigativamente, e quindi in modo non del tutto esauriente, che si riscontrano nei Vangeli almeno le seguenticomponenti:

    a - tradizioni risalenti al messianismo ebraico;b - tradizioni risalenti al movimento giudeo-cristiano (in cui possiamo collocare la testimonianza di alcuni seguacidiretti di Ges), che esistevano originariamente in forma orale o scritta nelle lingue semitiche (aramaico ed ebraico);c - tradizioni orali, prodotte dall'insegnamento di San Paolo, in contrasto con gli apostoli diretti di Ges (Simone eGiacomo);d - tradizioni scritte, prodotte da seguaci di San Paolo, che hanno operato in ambienti romani o ellenistici e che hannoscritto in greco;e - correzioni e aggiunte effettuate durante la costruzione del canone ecclesiatico da parte dei cosiddetti Padri dellaChiesa;f - correzioni e aggiunte conseguite al concilio di Nicea, voluto da Costantino nel quarto secolo;g - correzioni successive effettuate nel corso delle traduzioni dal greco antico alle versioni comunemente lette nellelingue moderne (sono state ritoccate alcune frasi e sono stati aggiunti titoli di paragrafi che non esistevano).Se non si affronta la lettura del Nuovo Testamento con animo disponibile all'analisi critica, accettando l'idea che la suagenesi possa essere articolata secondo lo schema appena proposto, potremo pur sempre ricavarne grandi insegnamentidi carattere etico e spirituale ma, storicamente parlando, l'immagine che otterremo avr un carattere fantastico, del tuttosimile a quella delle fiabe che si raccontano ai bimbi. Si tratta di unimmagine piena di contraddizioni e di misteridestinati a rimanere irrisolti. Al contrario, lesame di cui abbiamo parlato capace di dare ampia spiegazione di alcunecontraddizioni presenti nel racconto evangelico, attraverso l'analisi delle dinamiche storiche che hanno accompagnatolorigine e lo sviluppo della tradizione cristiana.Ce ne sono in abbondanza di contraddizioni di principio, su cui spesso si evita di indagare. Tanto per citarne due,possiamo menzionare il fatto che Ges, con alcune inequivocabili esortazioni, invita a non diffondere il suoinsegnamento presso i pagani, bens dichiara che la sua funzione riservata ai figli di Israele; salvo poi, altrove, invitarea porgere il suo insegnamento a tutti gli uomini. Inoltre, ricordiamo i numerosi inviti di Ges alla pace, alla nonviolenza e al perdono incondizionato, contraddetti in altra sede da invettive rabbiose, minacce violente e promesse dei

  • pi terribili castighi (ad esempio le invettive contro le citt di Cafarnao e Corazim). In realt, queste apparentiincompatibilit hanno precise spiegazioni, quando si tiene conto della struttura stratificata, in seguito alla quale possonocoesistere momenti diversi dello sviluppo teologico cristiano, a partire dalla tradizione antica del messianismo perarrivare, secoli pi tardi, alle formulazioni teologiche del concilio di Nicea.

    Limmagine leggendaria delle origini cristiane.

    Nella mentalit popolare, ma purtroppo anche in larga parte di quella colta, l'immagine comune dei primi sviluppi delcristianesimo legata a clich fortemente condizionati, oltre che dalla dottrina cattolica, anche da opere letterarie ecinematografiche di valore storico discutibile. Mi riferisco, per esempio, a pellicole come "Quo vadis", "Ben Hur","Barabba", Ges di Nazareth, Il re dei re, La passione, che sin dagli anni '50 riempiono le sale cinematografichedi tutto il mondo e che, tuttora, compaiono nelle programmazioni televisive, specialmente nei periodi natalizio epasquale.Questi lavori costituiscono l'apologia di un concetto leggendario delle origini cristiane, e hanno prodotto nella mente delpubblico lidentificazione tra dottrina e realt. Il loro scopo quello di mostrare unimmagine di Ges, dei suoidiscepoli e dei primi cristiani, che rispetti il profilo della teologia cristiana, proponendolo come profilo storico. Taleimmagine stata concepita, nei modi e nei tempi che vedremo, come supporto della catechesi, non come risultato di unaindagine storica. In essa Ges deve rispettare importanti presupposti:

    a) deve apparire come il figlio di Dio,b) non deve appartenere a sette od organizzazioni sorte prima di lui,c) non deve rappresentare alcuna ideologia di fattura umana (tantomeno con implicazioni politiche),d) deve svolgere il ruolo di fondatore del cristianesimo il quale, ovviamente, non poteva esistere... prima di lui.

    Anche se il termine cristianesimo, in realt, non che la traduzione in greco, poi assimilata nella lingua latina e, da l, inquella italiana, del termine ebraico messianismo, assai pi vecchio di Ges, che si riferisce al movimento politicoreligioso tendente alla restaurazione dellantico regno di Davide.Infine, i seguaci di Cristo (gli apostoli, San Paolo, gli evangelisti, i Padri della Chiesa...) devono apparire come gliartefici della continuit e linearit della tradizione cristiana, destinatari di uneredit autentica e fedele ai suoiinsegnamenti originali. Essi avrebbero operato in tutto l'ambiente mediterraneo e molti di loro, fra cui San Pietro stesso,avrebbero propagato la dottrina a Roma, affrontando un impatto difficoltoso, e talvolta tragico, con l'autorit imperiale.La retorica vittimistica delle persecuzioni deve essere il leit motiv di questa immagine leggendaria.Ma noi vedremo, nei successivi capitoli, quante ragioni ci inducono a pensare che la linearit della tradizione cristiana,di cui gli Atti degli Apostoli vogliono essere il primo documento garante, siano in realt una presunzione antistorica, laquale deve cedere spazio alla consapevolezza che ci sono importanti discontinuit in questo processo. La pi importante quella che oppone inconciliabilmente l'opera e la predicazione del fariseo Shaulo di Tarso (San Paolo) a quelle deidiscepoli Simone e Giacomo, ed proprio su tale questione che si gioca il senso dell'indagine storica sulla figura diGes Cristo.Quando diciamo "retorica vittimistica delle persecuzioni" non vogliamo certo dimenticare episodi pesanti della storia eminimizzarne la gravit. Vogliamo invece ripristinarne il significato. Infatti molto di ci che sappiamo sullepersecuzioni contro i cristiani il prodotto della lunga reiterazione di fraintendimenti e mistificazioni. L'impegnopersecutorio dei romani deve essere del tutto reinterpretato in senso storico e riportato alla sua fisionomia reale. Iromani non hanno mai inteso combattere certi presupposti teologici del cristianesimo, come lidea della resurrezione,della nascita verginale, della natura divina di Ges, ecc, n avrebbero mai avuto alcun motivo di ostilit contro diessi. Durante tutto il primo secolo, nella fede cristiana i romani vedevano semplicemente una forma di fondamentalismonazional-religioso giudaico, un estremismo politicamente pericoloso, i cui rappresentanti erano integralisti Yahwisti epatrioti ebrei fanatici. Che i romani del primo secolo fossero nelle condizioni di vedere nel cristianesimo una fededistinta dall'ebraismo una cosa tutta da dimostrare e, con grande probabilit, completamente falsa. Essi non potevanoesserlo, per la semplice ragione che il cristianesimo del primo secolo non era quello che oggi, a duemila anni didistanza, e che diventato, almeno in parte, solo quando ha cominciato a maturare una separazione dichiarata econsapevole dall'ebraismo.I summenzionati film mostrano spesso l'immagine dei cristiani che, non potendo pregare insieme e praticare il loro cultoreligioso in luoghi visibili ai romani, onde evitare l'arresto e la condanna a morte, erano costretti a nascondersi eavevano scelto per questo dei locali sotterranei che noi conosciamo come catacombe. A ci possiamo subito muoveredue importanti obiezioni.La prima consiste nella risaputa tolleranza che i romani hanno sempre mostrato nei confronti di tutte le religioni deipopoli abbracciati dallimpero. Del resto non avrebbe potuto essere diversamente da cos: in Roma stessa erano praticatinumerosi culti, ed erano centinaia le religioni dell'impero, dalle coste atlantiche dell'Africa settentrionale, ai confinidella Scozia, alle pianure dell'attuale Ungheria, fino ai deserti dell'Asia minore. Quando mai i romani hanno costretto ipopoli di queste terre a rinnegare i loro dei e i loro culti, per adottare invece quelli latini? Non solo ci non mai

  • accaduto, ma non si vede per quale motivo avrebbe dovuto improvvisamente verificarsi, con un accanimento e unacrudelt descritti come unici, nei confronti della fede in Ges Cristo, il profeta che avrebbe predicato l'amore fraterno eche avrebbe invitato a "dare a Cesare quel ch' di Cesare".La seconda obiezione consiste nel fatto che le cosiddette catacombe non erano luoghi adibiti al culto, ma cimiteri in usotanto ai pagani quanto ai cristiani, la cui architettura era tale da rendere impossibile ci che vediamo nei film, ovverosiai grandi assembramenti di fedeli riuniti per la pratica del un culto clandestino. Le catacombe erano gallerie anguste,somiglianti a cunicoli, corridoi e cripte, piuttosto che a grandi sale, ed erano ordinariamente frequentate da tutto ilpopolo dell'urbe. Quanto segue ci che ha scritto il professor J. Stevenson, cattedratico di Scienze religiosedell'Universit di Cambridge:

    "Un tempo era molto diffusa l'idea che i primi cristiani celebrassero abitualmente il culto nelle catacombe,come pure che si nascondessero l nei momenti di pericolo. Tuttavia questa opinione, in linea generale, errata. Infatti, come abbiamo gi detto, non esistono nelle catacombe, costruite durante i secoli dellapersecuzione, vani tanto larghi da contenere molti fedeli, e in ogni caso la distanza dei luoghi di sepolturadalla citt avrebbe reso il viaggio in campagna e il ritorno, probabilmente effettuato anche di buon mattino,uno spreco di tempo e una fatica estenuante. I cristiani avranno potuto nascondersi nelle catacombe, ma nonc' nulla che lo provi" (J. Stevenson, La Civilt delle Catacombe, Fratelli Melita Editori, 1979).

    Che significa, dunque, tutto ci? Che le persecuzioni non sarebbero mai esistite? Non questa la conclusione a cuidobbiamo arrivare e, per trovare una soluzione alle problematiche che abbiamo sollevato, dobbiamo innanzitutto porrela questione in termini diversi. Se dunque l'esistenza di episodi persecutori storia ed essi non possono essere rimossi,poniamoci le seguenti domande:

    a - in che cosa sono consistiti tali episodi persecutori?b - contro che cosa si scagliata la repressione romana?c - possiamo evidenziarne gli autentici motivi?

    proprio da queste domande che noi entreremo nel merito della questione storica delle origini e dei primi sviluppi delcristianesimo, svelando molti degli errori che attualmente ne impediscono la comprensione.

    Limmagine di Cristo negli scritti degli storici romani.

    Se i romani si sono impeganti, specialmente in alcuni periodi, a perseguitare i cristiani, sar certamente utile analizzarecome li consideravano essi stessi e che cosa hanno scritto di loro, per mano di alcuni storici famosi. In pratica,purtroppo, ci che uscito dalla penna degli scrittori romani, relativamente a Ges e ai suoi seguaci, pu essereriassunto in poche stringatissime righe.Cos scrisse Svetonio (65-135), riferendosi ad un fatto che risale al 49:

    "...egli [l'imperatore Claudio] scacci da Roma i Giudei che, istigati da Cristo, erano continuamente in lotta..."(Claudius XXV, 4);

    e ancora, con riferimento a fatti che risalgono al 64, cio al periodo della repressione neroniana:

    "...gente che presta fede ad una nuova e malefica superstizione..." (Nero, XVI).

    Cos scrisse Tacito (55-120), riferendosi anch'egli all'epoca neroniana:

    "...furono puniti i cristiani, un gruppo di persone dedite ad una superstizione nuova e malefica. Quel nome essiderivarono da Cristo, che sotto il regno di Tiberio fu mandato a morte dal procuratore Ponzio Pilato. Quellafunesta superstizione, soffocata per breve tempo, riprendeva ora vigore diffondendosi non solo in Giudea,luogo d'origine di quel male, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluiscono tutte le atrocit e levergogne, trovandovi grande seguito..." (Annales XV, 44).

    Cos scrisse Plinio il Giovane nel 111:

    "...erano soliti riunirsi alle prime luci dell'alba, ed innalzare un canto a Cristo, come se fosse un dio..."(Epistolae, 96).

    Questo tutto. Noteremo sostanzialmente due cose: la prima che questo Cristo, nella prospettiva dei romani, pi cheun pacifico predicatore sembra un agitatore politico, "istigatore" di azioni di "lotta" che provocarono l'allontanamento

  • da Roma (si faccia ben attenzione) dei "Giudei". Possiamo notare che Svetonio, alla fine del primo secolo, non sembracapace di distinguere i cristiani dagli ebrei; egli afferma, infatti, che "i Giudei" avevano provocato dei disordini, ispiratidal loro Messia, e per questo erano stati scacciati da Roma. Ancora, egli descritto come il propagatore di una ideologia"funesta", "malefica", di un "male", persino di "atrocit". Non c' alcuna corrispondenza con l'immagine comunementetrasmessa dai Vangeli, di un predicatore spirituale del tutto estraneo a questioni politiche e fondatore di una religioneextragiudaica.La seconda cosa che nessuno scrittore pagano sembra aver mai sentito parlare di "Ges". Intendo riferirmi al nome,non alla persona storica che era stata giustiziata da Pilato. In pratica gli scrittori pagani hanno sempre fatto riferimento a"Christus", un titolo non un nome proprio, ma sembra proprio che non avessero idea di come si chiamasse colui che loportava. Diciamo allora che nessuno degli storici latini dell'epoca ha nominato Ges come tale. Evidentemente la loroattenzione era attratta soprattutto da quel titolo e dal suo significato, sul quale faremmo bene a porre anche noi, per unattimo, la nostra attenzione.Per i cristiani moderni quel termine ha acquistato un significato completamente decontestualizzato dalla sua matriceoriginaria. "Cristo" Ges, il "figlio di Dio", suona quasi come un cognome. In realt, etimologicamente efilologicamente parlando, la parola Cristo (Christus in latino), non altro che la traslitterazione di un vocabolo dellalingua greca antica, "" (Christs), che vuol dire "unto", con cui veniva comunemente tradotto il termine ebraicodi analogo significato "Meshiha" (Messia), "Mashiah" in aramaico.Cristo semplicemente un titolo che significa "unto"; un titolo di grande dignit, dal momento che per gli ebrei esso erasinonimo di "re". Il re dei giudei, infatti, era prescelto da YHWH stesso e la cerimonia della sua investitura,generalmente eseguita per mano di un grande profeta o di un sommo sacerdote, era una unzione, tale di nome come difatto. Ogni re degli ebrei era "unto del Signore", cio Messia, cio Cristo. Dunque Cristo non un titolo che competesolo a Ges, tale era stato Davide, e poi Salomone, e poi tutti i re che sono venuti dopo. Una lunga lista di Cristi.In realt, per comprendere adeguatamente tutto lo spessore di significato del termine, dobbiamo accennare al fatto chegli ebrei, nel periodo della dominazione romana sulla Giudea, avevano gi una storia di sottomissione al potere dinazioni straniere (assiri, babilonesi, persiani e greci, prima dei romani). Nel corso di quei lunghi secoli, come ci mostrato dalla letteratura veterotestamentaria, si sono levati numerosi profeti ad annunciare l'avvento di un liberatoremessianico (un Cristo, se vogliamo usare il termine nella radice greca) il quale, ripetendo le gesta eroiche con cui l'untoDavide aveva sconfitto i nemici di Israele e aveva creato il Regno di YHWH, avrebbe scacciato gli invasoriincirconcisi, restituendo il trono ad un legittimo discendente della dinastia davidica e la carica sacerdotale ad uominipuri degni di tale ruolo. Il messianismo del primo secolo era l'attesa ebraica di questa liberazione nazional-religiosaannunciata nelle profezie, resa spasmodica dal senso di imminenza che si era sviluppato all'epoca della dominazioneromana.Gi questo ci permette di comprendere efficacemente che per Svetonio, come per Tacito, come per Plinio il giovane,parlare di Cristo significava automaticamente parlare del sedicente o dellaspirante "re dei Giudei", non di un profeta odi un semplice predicatore religioso. Del resto, dal loro punto di vista, tutti gli atti della vita dei giudei apparivanoossessivamente associati a significanze religiose, e questo era diventato cos abituale nel panorama delle consuetudiniebraiche che ai romani non importava proprio niente di questa attitudine, interpretata e bollata come maniacale.Dunque, quello che contava di Cristo era soltanto il fatto politico, la sua vera o presunta ambizione regale, e noi nonpossiamo dimenticare che il capo d'accusa che condusse Ges ad essere processato da Pilato e successivamentegiustiziato come un ribelle stato inequivocabilmente scritto, come un monito destinato a travalicare i secoli, sullacroce: "Rex Iudaeorum" (re dei Giudei).Se dunque il Cristo era, per i romani, colui che aveva osato ambire alla corona in Gerusalemme, non certo senzaun'azione che spodestasse la dinastia erodiana in carica, i "cristiani" non erano altro che i "messianisti", ovverosiaquegli ebrei che avevano seguito il Cristo in questa sua ambizione e che, pertanto, non nutrivano una grande simpatiaper il potere romano, il quale aveva declassato Israele da "regno di Dio" (Malkut YHWH) a semplice provincia delgrande impero pagano.Eusebio di Cesarea, il grande scriba cristiano dell'epoca costantiniana, ci ha lasciato seri indizi a favore della viainterpretativa che abbiamo intrapreso, nel momento in cui ha scritto queste parole:

    "Della famiglia del Signore rimanevano ancora i nipoti di Giuda, detto fratello suo secondo la carne (di Ges,n.d.a.), i quali furono denunciati come appartenenti alla stirpe di Davide. L'evocatus li condusse davanti aDomiziano Cesare, poich anch'egli, come Erode, temeva la venuta del Messia..." (Historia Ecclesiastica, III20,1-2)

    Il brano ha unimportanza fondamentale e decisiva, esso chiarisce la natura reale dell'intento persecutorio: la ricercadegli ebrei attivisti della fede messianica, che credevano nel ritorno di un re appartenente alla dinastia di Davide. questa limmagine che dobbiamo riuscire a mettere a fuoco.Con ci trova una spiegazione plausibile anche la frase di Svetonio, il quale ha dichiarato che le vittime dellaepurazione voluta da Claudio furono gli "ebrei" colpevoli di aver dato luogo a disordini in nome di Cristo, cio diquell'aspirante Messia di Israele la cui ambizione era stata presto stroncata da Pilato. In realt, a proposito di questiebrei scacciati da Roma, possiamo senz'altro chiamarli "cristiani", rendendoci conto del significato con cui questa

  • parola era utilizzata a quel tempo: essa non indicava l'appartenenza ad una nuova religione separata dalla fede degliebrei, perch essa probabilmente non esisteva ancora con tale profilo.Questa , in senso storico, la chiave interpretativa della persecuzione claudiana: un'azione repressiva nei confronti deirappresentanti di una ideologia, certamente di natura religiosa, ma che politicamente implicava la liberazione dal giogoimperiale e, oltre a provocare disordini per s stessa, poteva offrire un precedente agli altri popoli sottomessi che, finoad allora, non avevano ancora nutrito gli stessi ardori rivoluzionari degli ebrei. C' una sola cosa che importavarealmente ai romani: salvaguardare la condizione indiscussa di sovranit del potere imperiale sulle province e lo stato disottomissione dei diversi popoli annessi. Delle resurrezioni, delle nascite verginali, delle varie incarnazioni divine, dellecerimonie di comunione sacrificale e delle preghiere collettive in onore a questo o quel dio straniero, essi se ne sonosempre tranquillamente disinteressati. A meno che questo dio non fosse come YHWH che, per bocca dei profeti,incitava il suo popolo alla una lotta santa contro la sottomissione ai non circoncisi, per la restaurazione di una dinastiaregale di Messia unti dal Signore. Allora in questo caso s, lo stato di allarme scattava, e con esso la repressione politica.Un'altra prova elementare di quanto stiamo dicendo la possiamo trovare nel test a cui i romani sottoponevano le personeche erano state fermate in quanto sospette di ideologia messianista (cristiana). Essi non esigevano che il soggettoinquisito rinnegasse il proprio dio, o Ges, o le sue credenze particolari. Non si verificava una condizione simile aquella cui gli ebrei furono sottoposti quando la Giudea era governata dalle dinastie ellenistiche dei Seleucidi, ovverosiala proibizione letterale di osservare gli obblighi cultuali della religione mosaica. Niente di tutto ci. I romanipretendevano semplicemente una dichiarazione pubblica che suonava in questi termini: "kaisar despotes", ovverosia"Cesare il mio sovrano". Coloro che rifiutavano tale dichiarazione configuravano palesemente un reato di mancatasottomissione al potere imperiale, e con ci venivano processati come ribelli.Questa la verit: n Claudio, n Nerone hanno mai effettuato alcuna persecuzione finalizzata a colpire la spiritualit,le credenze cultuali o le divinit di chicchesia. Essi hanno solo tutelato lintegrit politica dellimperoOggi alcuni autori si spingono fino a sostenere l'ipotesi, verso la quale siamo abbastanza inclini, che il famoso incendiodi Roma non sia stato da Nerone, ma dalla fatalit o addirittura, chiss, da quei cristiani, ebrei messianisti riottosi enemici del potere imperiale, che gi quindici anni prima avevano provocato abbastanza disordini da indurre Claudio adun provvedimento grave e impopolare: allontanarli dalla capitale. Adesso, forse, un semplice esilio apparivainsufficiente, occorreva una repressione molto pi decisa, e i combattenti di YHWH, in quanto ribelli politici, furonoarsi vivi nelle strade di Roma.

    Cristiani di Cristo e Cristiani di Paolo.

    In seguito a quanto detto finora, sorgono spontanee alcune importanti domande sui cristiani del primo secolo:

    a - si trattava dei rappresentanti del radicalismo patriottico-religioso degli ebrei o dei seguaci di una nuova fede distintadal messianismo yahwista?b - i romani si sono sbagliati nell'interpretare il ruolo di Cristo e le eventuali implicazioni politiche del messaggiocristiano?

    In effetti, se fosse vero che i romani hanno equivocato il senso del messaggio cristiano e che hanno usato la manopesante nel sospetto erroneo che Cristo e i suoi discepoli fossero gli integralisti ebrei ostili al potere imperiale, allora icristiani potrebbero essere stati fin dal primo istante i seguaci di una nuova religione che superava, praticamenteannullandoli, alcuni presupposti della fede giudaica. In realt, proprio la letteratura evangelica che smentisce questatesi, innanzitutto testimoniando il fatto che non esiste alcun motivo per pensare che lo stesso Ges Cristo avessematurato una fede extragiudaica e intendesse fondare una religione alternativa a quella in cui era stato educato e,secondariamente, mostrando la struttura stratificata dovuta ad una complessa evoluzione di contenuti.Ora, anche se in realt i "cristianesimi" dei primi tre secoli, fra giudeo-cristianesimo, paolinismo, gnosticismi ed altrescuole, sono innumerevoli, vorrei parlare di due cristianesimi fondamentali: uno delle origini, detto anche messianismoe ancora perfettamente inserito nella fede ebraica, e uno riformato successivamente, che vorrei definire per comoditcristianesimo paolino o neo-cristianesimo.Gi nel periodo storico degli eventi descritti dal Vangelo e negli anni immediatamente successivi, esistevano inPalestina ebrei che nutrivano verso la dissidenza messianista sentimenti controversi. Da un lato essi erano attratti dalmessaggio di liberazione, dal desiderio di riscatto politico-religioso, dal patriottismo e dall'attaccamento alla tradizionereligiosa; in contrasto con l'opportunismo meschino di coloro che accettavano convenienze e compromessi col poteredell'invasore pagano. Dall'altro lato erano respinti dalla consapevolezza che l'ambizione messianica era non soloutopistica, di fronte alla potenza superiore dei romani, ma concretamente pericolosa, perch avrebbe potuto portare,come in effetti port nell'anno 70, a conseguenze disastrose per tutta la nazione e per tutto il popolo.Nella mente di questi ebrei era latente il desiderio di superare il blocco che impediva loro di accettare ideali appetibilima rischiosi. Essi furono costretti a pensare qualcosa di alternativo, che promettesse una salvezza dignitosa al postodella vergognosa collusione coi dominatori ma che, d'altro canto, non costasse il prezzo e i pericoli gravissimi della

  • salvezza proposta dai messianisti tradizionali. E questo implicava una reinterpretazione del significato globale delleprofezie e dell'attesa messianica. Una reinterpretazione del significato stesso della salvezza.Il personaggio chiave di questa reinterpretazione non avrebbe potuto essere un ebreo palestinese, nato e cresciutonell'atmosfera gerosolimitana, che avesse ricevuto la sua formazione in quel panorama rigorosamente bipolare in cuilautorit sadducea e le dispute farisaiche (l'ebraismo del tempio e della citt) si contrapponevano all'integralismo deipuristi (l'ebraismo del deserto e delle campagne). L'uomo nuovo doveva essere necessariamente un ebreo della diaspora,un civis romanus, un benestante, uno avvezzo alla convivenza multietnica, multiculturale, multireligiosa, e con unorizzonte mentale che lo collocasse a cavallo fra l'universo ebraico e quello ellenistico. Uno che sapesse pensarequalcosa di diverso. Esattamente come il fariseo tarsiota Shaul.Fu infatti un uomo cos, che noi conosciamo come San Paolo, a fare qualcosa di concreto per uscire dalla paralisi in cuisi trovavano tutti gli ebrei che non solo disapprovavano nella stessa misura la conveniente sottomissione ai romani e losconveniente integralismo Yahwista, ma che fossero arrivati al punto di nutrire un profondo bisogno interiore diimmaginare un orizzonte al di l di questo sclerotico bipolarismo.Nel Nuovo Testamento si racconta che Paolo si convert sulla via di Damasco. Si dice che da una condizione di cecittorn successivamente alla visione, per poi trattenersi tre anni nel deserto, prima di fare ritorno a Gerusalemme. Inquesto modo stato rappresentato un percorso individuale che, partito da un certo grado di adesione alle posizioni delsinedrio ebraico, passato attraverso il confronto con le posizioni della dissidenza messianista. Ma anche questo si risolto nellincompatibilit e, successivamente, ha prodotto il bisogno di elaborare una concezione messianica nuova.Nuova nel senso che superava quella classica Yahwista; non perch i suoi contenuti fossero completamente originali esenza derivazioni di qualche genere. Al contrario, l'elaborazione di Paolo consistette proprio in una fusione sincretistica,che combin la visione biblica degli ebrei con le teologie ellenistiche ed orientali della salvazione, nelle quali si parlavaspesso di dei morenti e risuscitanti. E questo, a lunga scadenza, fu proprio il suo requisito vincente.Il libro degli Atti degli Apostoli, nel raccontare a modo suo le vicende di Paolo, esegue una forzatura tendenziosa dellastoria. Esso stato redatto da un seguace convinto delle idee di Paolo, il quale ha deciso di effettuare una convenientesanatoria fra il giudeo-cristianesimo dei seguaci diretti di Cristo e il neo-cristianesimo di Paolo; nel tentativo, nienteaffatto riuscito, di ricucire la discontinuit che oppose le idee riformate di Paolo a quelle degli apostoli Simone eGiacomo; e di far credere che questo nuovo messianismo spoliticizzato e orientalizzato fosse il contenuto originariodella predicazione di Ges. In realt il documento svela, con le sue incongruenze, proprio ci che vorrebbe negare:inizia a narrare una storia della chiesa primitiva che poi non conclude, ed abbandona per la strada personaggi primaricome lo stesso Simon Pietro. Dimostrando cos che l'intento dell'autore non era affatto di completare la storia dellachiesa primitiva, bens che egli vedeva in raggiunto il suo scopo nel fatto di insabbiare la memoria dei contrastiinsanabili che avevano opposto i rappresentanti dell'idea messianica primitiva e quelli dell'idea riformata. A favore diPaolo, naturalmente.

    Resurrezioni e nascite verginali.

    Madri vergini

    Dante Alighieri, nel concepimento della suo straordinario "Inferno", ha voluto vedere se stesso come uno dei pochieletti che avrebbero varcato i confini dell'Ade per fare poi ritorno nel mondo dei vivi. In realt, il sommo poeta non haavuto un'idea originale, bens ha sfruttato un clich molto comune nella letteratura e nel pensiero religioso di moltipopoli e di tutti i tempi. Gi duemila anni prima un altro sommo poeta, il grande Omero, aveva immaginato qualcosa disimile per il suo Odisseo.L'eroe di Itaca, il quale aveva resistito ai tranelli di Circe e aveva rivelato una natura superiore, che gli aveva impeditodi trasformarsi in porco, era stato consigliato dalla maga stessa di compiere una visita agli inferi, per conoscereimportanti segreti riguardanti il suo destino. E cos, anche il figlio di Laerte aveva varcato la soglia proibita degli inferi,per poi tornare nuovamente fra i viventi.Purtroppo, sebbene queste opere siano spesso studiate nelle scuole superiori, raramente si chiariscono il senso e leimplicazioni di queste discese temporanee nel regno dei morti. Per farlo, infatti, sarebbe necessario analizzareapprofonditamente le spiritualit precristiane. Ma il paganesimo (letteralmente: religione delle campagne, spiritualitrurale) stato combattuto per secoli e, con ci, un colossale patrimonio di filosofia, di religiosit, di mitologia e dicultura, che ha accompagnato la crescita morale e spirituale dell'umanit per millenni, stato sbrigativamente liquidatodalla faccia della terra.Molti sono ingenuamente convinti che alcuni presupposti teologici della figura di Ges Cristo, come la nascita verginalee la resurrezione, lo riguardino in esclusiva. Mentre, se vogliamo essere esatti, Ges l'ultimo caso di una folta schieradi incarnazioni divine che possiedono quei requisiti. Se leggiamo attentamente il "credo" (in cui si afferma che Ges, framorte e resurrezione, scese agli inferi per tre giorni), la preghiera che fu istituita come manifesto della sistemazione

  • teologica scaturita dal concilio di Nicea1, e lo confrontiamo con una panoramica delle credenze religiose pi diffuse dalmediterraneo al vicino oriente nei periodi immediatamente precedenti le origini del cristianesimo, saremo sorpresi nelconstatare che l'immagine di Ges Cristo riproduce fedelmente alcuni dei clich teologici pi comuni, riguardanti lafigura del salvatore.Non si tratta di una scortese ironia, se affermiamo che il neo-cristianesimo, che tanto ha odiato e contrastato lespiritualit pagane e gnostiche, si sviluppato proprio attraverso una raccolta di concetti di derivazione pagana, seguitatalvolta dalla censura delle religioni da cui tale prelievo era stato eseguito. Insomma possiamo parlare, in qualche caso,di autentica confisca teologica. Si legga per esempio questo brano:

    "...la volont dei Deva fu compiuta; tu concepisti nella purezza del cuore e dell'amore divino. Vergine emadre, salve! Nascer da te un figlio e sar il Salvatore del mondo. Ma fuggi, poich il re Kansa ti cerca perfarti morire col tenero frutto che rechi nel seno. I nostri fratelli ti guideranno dai pastori, che stanno alle faldedel monte Meru... ivi darai al mondo il figlio divino..." (E.Shur, I grandi Iniziati, Bari, 1941).

    Un ramo della religione Ind contempla l'incarnazione del dio Vishnu, che decide di farsi carne sulla terra, sotto lespoglie umane di Krishna, e costui nasce da una madre vergine, Devaki, la quale costretta a nascondersi perch il reKansa teme la venuta, evidentemente profetizzata, del salvatore, e vuole ucciderlo; la nascita del fanciullo divinoavviene fra i pastori. Tutto ci indica che la nativit di Ges ha radici molto vecchie, le quali affondano nel terrenocomune ad una numerosa serie di tradizioni del tutto analoghe. Ecco alcuni casi di madri vergini che partorirono un dio:

    Devaki, madre di Krishna;Ceres, madre di Osiride;Maia, madre di Sakia;Celestina, madre di Zunis (successivamente crocifisso);Chimalman, madre di Quexalcote;Minerva, madre del Bacco greco;Semele, madre del Bacco egiziano;Nana, madre di Attis;Prudence, madre Hercules;Alcmene, madre di Alcides;Shing-Mon, madre di Yu;Mayence, madre di Hesus;Maria, madre di Ges

    Il dio che muore e risorge

    Un discorso simile, e probabilmente ancora pi complesso, possiamo farlo per quanto riguarda la resurrezione. Il fatto che presso innumerevoli religiosit del passato presente la mitologia del dio che muore e risorge, che scende agliinferi (regno dei morti) per poi tornare fra i vivi.In Egitto il caso di Osiride, di cui abbiamo visto che condivide con Ges anche la nascita verginale.In Grecia e in diverse localit dell'Asia occidentale, specialmente in Siria, si celebrava in primavera, all'incirca nelperiodo che poi fu caratteristico della Pasqua cristiana, la morte e la resurrezione di Attis:

    "nel giorno del sangue, si piangeva per Attis, sulla sua effigie che veniva poi sepolta ma, al cader dellanotte, la mestizia dei fedeli si mutava in allegrezza. Una luce brillava subitamente nelle tenebre, si apriva ilsepolcro, il dio era risorto dai morti il mattino seguente, 25 marzo, considerato l'equinozio di primavera, ladivina resurrezione veniva celebrata con esplosioni di gioia" (J. G. Frazer, Il ramo d'oro, Newton Compton,1992).

    Le stesse cose si possono dire di Mitra, divinit persiana il cui rituale aveva avuto una straordinaria diffusionenell'impero romano, lo stesso imperatore Costantino era un fedele del culto di Mitra. Anche Mitra moriva e risuscitava ela sua nascita era omologata a quella di numerosi altri dei solari siriani ed egiziani, che venivano partoriti dalla madrevergine nella notte del 25 dicembre.

    "sia per dottrina che per rituali, il culto di Mitra sembra presentasse molti punti di contatto non solo con lareligione della madre degli dei, ma anche con quella cristiana. Punti di contatti rilevati anche dai padri dellachiesa, che li definirono opera del demonio intesa ad allontanare l'animo umano dalla vera fede, mediante unafalsa imitazione di essa" (idem).

    1 voluto e presieduto da Costantino agli inizi del quarto secolo

  • Un altro caso di evidente somiglianza teologica con Ges quello che riguarda il greco Dioniso; anche lui moriva escendeva negli inferi, per poi risuscitare. Ma, questa volta, troviamo un altro sorprendente elemento di parallelismo colcristianesimo, ovverosia il rito della teofagia (il fedele che si ciba della carne e del sangue del dio):

    "durante la festa, i suoi fedeli ritenevano senza dubbio di fare a pezzi il dio stesso, cibandosi della sua carnee bevendone il sangue" (idem).

    In realt la morte e la resurrezione non riguardavano solamente il dio incarnato ma, spesso, appartenevano ad un ritualeiniziatico che coinvolgeva gli adepti. Anche questo un aspetto delle religiosit non cristiane che la nostra culturaoccidentale ha sempre ignorato, non solo per un atteggiamento inculturale di sufficienza nei confronti delle altreconfessioni ma, specialmente pi indietro nel tempo, per evitare ogni possibile sospetto che il cristianesimo potesseavere qualche debito nei confronti dei riti e delle credenze di altre religioni pi antiche.Il rito della "discesa nella morte" forse l'elemento pi importante che accomuna tutte le spiritualit iniziaticheprecristiane e non poche di quelle che ancora esistono in altre aree culturali del pianeta. Infatti molte filosofieinsegnano, e ancor pi hanno insegnato nel passato, che l'uomo non pu conoscere le verit spirituali attraversol'utilizzo dei sensi ordinari o delle facolt della mente intellettiva. Secondo queste discipline proprio il ritirodall'utilizzo delle facolt fisiche e psichiche che apre la conoscenza spirituale. Naturalmente questa non la sede peraffrontare una discussione sui contenuti di queste credenze. A noi basta porre l'attenzione sul fatto che il cristianesimoha sempre energicamente rifiutato queste concezioni, sostituendo la crescita iniziatica personale con laccettazionepassiva della dottrina dogmatica.Al contrario, l'idea fondamentale di molte discipline spirituali iniziatiche attribuisce grande importanza allarealizzazione di una visione interiore illuminante, talvolta attraverso stati di coscienza alterati che possono essere ilfrutto della meditazione intensa, dell'ipnosi, della trance autoindotta, persino di una catalessi procurata, una mortetemporanea da cui l'adepto deve poi resuscitare. I conoscitori e i seguaci del buddismo non avranno alcuna difficolt acomprendere queste parole, dal momento che Buddha stesso, protagonista di unilluminazione, invita i suoi fedeli acercare questa condizione di conoscenza superiore.In tempi attuali abbiamo una testimonianza di questo rito della discesa nella morte, sopravvissuta all'opera del tempoche cambia le culture. Mi riferisco ad una pratica straordinaria, in uso presso gli adepti dello yoga tantrico indiano, cheporta il nome di kechari mudra. Pu essere compiuta solo da iniziati esperti, perch molto difficile ed estremamentepericolosa. Consiste nel realizzare una sospensione prolungata del respiro, che non porta al decesso fisico, ma ad unacatalessi guidata in cui il metabolismo corporeo si abbassa producendo la condizione della morte apparente. La cosa stata controllata pi di una volta dai fisiologi occidentali, i quali hanno dovuto constatare le straordinarie capacit degliyogi che la praticano. Qualcuno di costoro si fa addirittura seppellire sotto un metro e pi di terra. Alla fine di tutto,dopo ore o giorni, l'adepto riprende conoscenza e torna alla vita normale, proprio come un autentico resuscitato. Anchela capacit di operare miracoli di resurrezione sembra non essere unesclusiva del presunto fondatore del cristianesimo,ma appartiene agli iniziati di tante altre religioni.Perch, ci possiamo domandare, questo desiderio di affacciarsi sull'oltretomba era cos comune nell'universo dellespiritualit antiche? In parte abbiamo gi risposto, quando abbiamo accennato all'esperienza illuminante che consiste nelsuperamento dei limiti della coscienza ordinaria, in parte lasceremo che siano i versi di questo antico scritto ind arisponderci:

    "lasciate ora che vi parli dell'eccelsa disciplina del samadhi, che mette fine a questa esistenza mortale,porta alla felicit ed elargisce quella suprema beatitudine che il Brahman come il sale, sciolto nell'acqua,diventa tutt'uno con essa, cos l'anima e la mente diventano una cosa sola, e questo mescolarsi conosciutocome samadhi lo stato di equilibrio, nel quale cessa ogni attivit di vita e si dissolve ogni attivit dellamente, conosciuto come samadhi superati tutti gli stati ed abbandonata ogni consapevolezza, lo yoghirimane come morto. In verit egli liberato" (Swami Svatmarama, Hathayogapradipika).

    Esiste anche un filmato, dal titolo il Vod del Golfo di Guinea2, nel quale si osserva il rituale del seppellimento di unadepto vivo, come atto di iniziazione spirituale. Se dunque l'India e lAfrica conservano ancora questi "fossili viventi",non possiamo dire che esse ne siano, o ne siano stata specialmente nel passato, le uniche depositarie. Anzi, pratiche diquesto genere erano conosciute in tutte le spiritualit iniziatiche, dall'Egitto, attraverso la Palestina, la Mesopotamia e laPersia, fino all'estremo oriente. Un antico rito egiziano simulava nella sua scenografia esteriore una vera e propriacerimonia funeraria, alla maniera descritta nel racconto evangelico della resurrezione di Lazzaro, con l'adepto cheveniva chiuso in una cripta per poi essere estratto, ancora in condizione di trance, dopo tre giorni, affinch tornasse allavita; anch'egli diventava cos, un resuscitato.Abbiamo ottime ragioni per credere che nelle comunit iniziatiche ebraiche, come gli esseni (Palestina) e i terapeuti(Egitto), da cui sono derivate le concezioni note come Cabbalah, fossero comuni pratiche di questo genere. Ed inquesta chiave che deve essere letto lo stesso miracolo della resurrezione di Lazzaro.

    2 Prodotto dalla casa editrice EMI, il film reperibile liberamente sul sito internet http://www.arcoiris.tv

  • Miracoli

    Un modo di pensare caratteristico del nostro tempo (non certo l'unico, viste le superstizioni che ancora sopravvivono esi moltiplicano) il razionalismo. Si tratta di uninclinazione psicologica e culturale che attribuisce importanza decisiva,nell'interpretazione delle cose, ai meccanismi di causa-effetto, esaminati alla luce di serie evidenze sperimentali.Possiamo dire che, sebbene gli uomini abbiano sempre mostrato, rispetto agli animali, una tendenza di questo genere, stata necessaria la rivoluzione galileiana per aprire la strada al razionalismo come attitudine significativamente accettatadalla cultura sociale. Anche se, in realt, non detto che il razionalismo sia l'atteggiamento giusto per tutte le cose, nquello che deve dominare incontrastato il pensiero e la conoscenza. Anzi, talvolta, un approccio semplicementerazionale pu essere sfavorevolmente riduttivo, quando non perfino dannoso.In questa societ tecnologica, in cui la vita regolata dalle conquiste della scienza e molte afflizioni del passato(malattie, lavori pesanti, avversit naturali) sono state debellate con successo, si tende a privilegiare una visionerazionalistica delle cose, sottovalutando altri aspetti, che spesso sono determinanti nei comportamenti dell'uomo e nellesue espressioni. Infatti, leggendo opere come l'Odissea di Omero, ci si affaccia su un universo culturale che non puessere conosciuto e capito se non si compie uno sforzo per uscire da certe forme mentali tipiche del nostro tempo.Insomma, questo proprio un esempio tipico di come l'attitudine moderna a pensare e a comunicare possa, in alcunesituazioni, risultare limitativa.Quando noi leggiamo che i compagni di Ulisse furono trasformati in porci e che Ulisse apprese il modo di varcare davivo la soglia dell'Ade, ci dovremmo domandare se Omero abbia semplicemente voluto descrivere scene di purafantasia o, piuttosto, non abbia voluto creare una simbologia densa di significati. Il nostro comune atteggiamento neiconfronti delle invenzioni fantastiche del grande poeta greco, largamente condiviso da chi insegna lettere classiche aglistudenti delle scuole medie, non il frutto della sapienza moderna, bens di una notevole ignoranza, di cui il nostroeccessivo razionalismo , almeno in parte, responsabile.Solo nella prima met del ventesimo secolo, grazie a Sigmund Freud abbiamo scoperto la straordinaria complessitdella mente inconscia, e c' voluta l'opera di uomini straordinari come Karl Gustav Jung, per capire l'importanza dellesimbologie inconsce nel linguaggio e nella comunicazione. In realt avrei dovuto dire che abbiamo "riscoperto" questiconcetti, perch in passato, quando il razionalismo non era ancora un'attitudine culturale socialmente riconosciuta, ilinguaggi che facevano uso di sapienti simbologie inconsce erano utilizzati nella comunicazione di massa, nellaletteratura, nella mitologia. Tant' vero che il padre della psicanalisi decise di adottare terminologie come "complesso diEdipo", utilizzando unesplicita derivazione dalla mitologia greca. E ancora si parla di "narcisismo", con riferimento aNarciso, per riferirsi ad una eccessiva ammirazione di se stessi. La mitologia, a volte, si svela come una forma disapienza non razionale molto pi acuta del razionalismo o, comunque, in anticipo sui tempi; sia per i suoi contenuti cheper la sua capacit di comunicazione.In genere, i destinatari delle antiche opere mitologiche o religiose avevano modo di giungere a due possibili livelli dicomprensione: o l'intendimento esauriente di tutti i contenuti che l'autore aveva voluto trasmettere poich,evidentemente, essi possedevano le chiavi interpretative per afferrare i linguaggi; oppure un intendimento velato, mapur sempre significativo, poich le immagini utilizzate avevano comunque un potere evocativo attraverso la loro intensasimbologia. Non poco, perch se la cultura dei popoli antichi era primitiva rispetto alla nostra, non altrettanto erano isignificati che questo linguaggio aveva la possibilit di comunicare persino aglignoranti.Raramente oggi, eccezion fatta per la comunicazione pubblicitaria, si scrive e si parla in questo modo, specialmente nelcampo della cultura dotta. Se il razionalismo ci ha arricchiti con la possibilit, da un parte, di analizzare le cause deifatti e di comunicare con grande precisione, dallaltra parte ci ha impoveriti, perch ha determinato l'attitudine aconcepire il linguaggio in una forma troppo lineare, diseducando allutilizzazione e alla comprensione delle simbologiee dei significati celati.Ed per questo che oggi, leggendo le narrazioni evangeliche, specialmente quelle relative ai miracoli, commettiamo ilgrave errore di oscillare fra due atteggiamenti che sono entrambi estremi e fuorvianti: i fedeli alla lettera delle scritturepensano che gli eventi straordinari quivi descritti siano da intendere come fatti accaduti tal quali, ovverosia che si trattidi prodigi e miracoli ma, in tal modo, si allontanano dalla comprensione del loro significato; allopposto gli scetticirazionalisti pensano che gli autori abbiano lavorato di fantasia, abusando intenzionalmente dellingenuit popolare, main questo modo creano un altro pregiudizio che impedisce la comprensione del brano.Nessuno di questi due atteggiamenti, luno fideistico, l'altro materialistico, uno figlio dell'indottrinamento religioso,l'altro figlio dellanticlericalismo materialista, potr mai portare alla comprensione corretta delle narrazioni evangelicherelative ai cosiddetti miracoli. Consideriamo, per esempio, le possibili conseguenze di un atteggiamento fideistico difronte all'episodio del fico seccato. In esso si racconta che Ges, avendo fame, se la prese contro un fico che aveva solofoglie, anche se non era la stagione dei fichi, e per questo lo maledisse seccandolo completamente. Se cos fossepotremmo concludere che Ges era un isterico impaziente, ma si tratterebbe di una conclusione molto affrettata, perchil brano nasconde accuratamente ben altri significati. Ci sono altri passi nelle narrazioni evangeliche, o nello stessoVecchio Testamento, in cui si parla simbolicamente di alberi, di fichi e di frutti. C' un passo del quarto Vangelo in cuiGes dichiara di sapere che Natanaele un vero israelita, perch lo aveva visto mentre costui stava sotto un fico, al ch

  • l'uomo risponde entusiasta concludendo che Ges il figlio di Dio. Apparentemente non c' alcuna logica, sembrerebbeun dialogo tra folli, se non ammettessimo che queste espressioni nascondono precisi significati bisognosi di una chiavedi lettura. Anche Buddha, se ci pensiamo bene, ebbe l'illuminazione mentre stava sotto un fico. Sembra che questo staresotto gli alberi, parlare con loro e maledirli, siano azioni che vogliono dire qualcosa di non immediatamente chiaro.Ora, pensando al celebre racconto biblico della tentazione di Adamo ed Eva, ricorderemo che il Signore aveva ordinatoai due di non mangiare del frutto dell'albero della conoscenza perch

    "qualora ne mangiaste, si aprirebbero gli occhi vostri e diventereste come Dio, acquistando laconoscenza" (Gn 3, 2-5).

    L'albero in questione simbolo della conoscenza, mentre l'acquisizione della conoscenza rappresentata dall'atto dimangiarne i frutti. Quando Ges, rivolgendosi al fico, afferma "nessuno mangi pi dei tuoi frutti in eterno" e losecca, non se la prende contro la povera pianta incolpevole, ma denuncia l'ipocrisia di una dottrina morta, "un alberoche ha solo foglie", ovverosia la falsa dottrina dei sacerdoti di Gerusalemme, gli odiati sadducei, e si augura che gliuomini imparino ad attingere da una fonte di sapienza pi veritiera. La fame che egli desidera saziare, non quella dellostomaco, ma la fame di verit spirituale. Rammentiamoci, quando parleremo di altri presunti miracoli, di questo usosimbolico del concetto di fame.Abbiamo notato, nel testo biblico, che acquistando la conoscenza "si aprono gli occhi", infatti l'atto di "vedere" o la"visione" un altro comunissimo simbolo di conoscenza mentre, con ovvia corrispondenza, la "cecit" simbolo diignoranza. Alla luce di ci appare abbastanza chiaro che i presunti miracoli di restituzione della vista ai ciechi nondebbono essere intesi come guarigioni taumaturgiche, bens intenderemo che Ges stato capace di aiutare alcunepersone ad emanciparsi dalla loro condizione di ignoranza spirituale (quella che gli indiani chiamano "avidya",ovverosia non visione) verso una corretta conoscenza delle verit superiori:

    "Ges gli disse: - Che vuoi ch'io ti faccia? -. E il cieco a lui: - Rabbuni, che io veda -. E Ges gli disse: -Va', la tua fede ti ha salvato -. E tosto recuper la vista e si mise a seguirlo" (Mc X, 48-52).

    Altre volte l'immagine simbolica che rappresenta la conoscenza offerta dall'acqua, mentre quell'anelito di conoscenzaspirituale, che altrove rappresentato dalla fame, qui rappresentato dalla sete:

    "...se tu conoscessi il dono di Dio e chi colui che ti dice dammi da ber tu stessa gliene avresti chiesto edegli ti avrebbe dato acqua viva... " (Gv IV, 13-14).

    Ed oltre:

    "...Chiunque beve di quest'acqua avr di nuovo sete, ma chi beve dell'acqua che io gli dar non avr mai pisete, anzi, l'acqua che io gli dar diventer in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna..." (idem).

    Questo stesso celebre colloquio con la samaritana offre una chiave ulteriore per comprendere come molti presuntimiracoli di Ges siano in realt rappresentazioni simboliche, leggiamo infatti:

    "...le disse: - V a chiamare tuo marito e poi ritorna qui -. Rispose la donna: - Non ho marito -. Le disse Ges:- Hai detto bene - non ho marito - infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non tuo marito -..." (GvIV, 16-18).

    Anche questa volta una lettura superficiale del brano fa apparire Ges come un veggente capace di indovinare i fattiprivati della donna. La verit che la donna simboleggia nella sua persona tutta il popolo della Samaria, e questocolloquio, nel suo complesso, rappresenta un invito, nell'imminenza della ricostruzione del regno di YHWH, adabbandonare l'antica rivalit fra giudei e samaritani. Le parole di Ges stanno a ricordare che il popolo dei samaritani siera formato in origine dalla fusione di cinque trib, ognuna delle quali adorava la sua divinit tribale ("infatti hai avutocinque mariti"); adesso i samaritani hanno abbandonato i loro culti tribali e adorano YHWH, il dio dei Giudei ("e quelloche hai ora non tuo marito").Ma torniamo al significato simbolico dell'acqua, per vedere in che modo utilizzato in un altro celebre passo delVangelo:

    "Pietro gli disse: Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque. Ed egli disse: Vieni!. Pietroscendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e and verso Ges. Ma per la violenza del ventos'impaur e, cominciando ad affondare, grid: Signore salvami!. E subito Ges stese la mano, lo afferr e glidisse: Uomo di poca fede perch hai dubitato" (Mt XIV, 28-31).

  • Il fatto di "camminare sulle acque" rappresenta la padronanza della disciplina, la sicurezza del proprio camminospirituale; colui che padrone di s non "affonda" quando il "vento" lo disturba. Il maestro invece, che cammina sicurosulle acque, pu salvare il suo incerto discepolo, rimproverandolo per la fragilit della sua fede.Un'altra immagine simbolica della conoscenza offerta dal pane. C' un brano del quarto Vangelo in cui la gentericorda a Ges che Mos fu capace di nutrire gli ebrei, affamati nel deserto, mediante la manna, un "pane dal cielo". Aquesto Ges risponde:

    "- in verit vi dico: non Mos vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi d il pane dal cielo, quello vero...Allora gli dissero: - Signore dacci sempre questo pane -. Ges rispose: - Io sono il pane della vita: chi viene ame non avr pi fame e chi crede a me non avr pi sete -" (Gv VI, 32-35).

    E pi oltre:

    "...i vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo il pane che discende dal cielo,perch chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivr ineterno..." (Gv VI, 49-51).

    Alla luce di questa simbologia persino il famoso miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci acquista unaspiegazione:

    "c' qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci allora Ges prese i pani e, dopo aver resograzie, li distribu a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci" (Gv VI, 9-11).

    Si notino le seguenti figure: il "ragazzo", i "pani", che sono "cinque", i "pesci", che sono "due". Ges allude al popolodi Israele, un popolo immaturo (un ragazzo), incapace di raggiungere la giusta sapienza (di saziare la propria fame)attraverso una piena comprensione delle sue scritture sacre (i cinque pani) che sono appunto i cinque libri della Torah(nel Vecchio Testamento dei cristiani essi corrispondono a Genesi, Esodo, Numeri, Levitico e Deuteronomio).Ma oltre ai pani Ges propone due pesci e, per comprendere cosa si intende con questa immagine, bisogna ricordare cheil pesce ha sempre rappresentato la figura del Messia. C' persino un importante gioco di parole, adottato dai primicristiani: la parola greca , che significa appunto "pesce", composta da lettere che nell'ordine dato sono leiniziali di (Ges Cristo, figlio di Dio, salvatore). Ecco dunque il Cristo=Pesce. Ed attraverso questo simbolo che spesso si riconoscevano i primi cristiani di Roma.Dunque, la simbologia di questo brano evangelico vuole significare che l'immaturo popolo di Israele oltre a non saperfare tesoro dei suoi cinque libri sacri, non sapeva accogliere nemmeno i suoi due salvatori. Infatti sappiamo che, nellatradizione delle sette esseno-zelotiche, le quali hanno combattuto durante il periodo della dominazione romana per larestaurazione dell'antico regno di Davide, i messia attesi erano due: un messia detto "di Israele", quello politico, l'untodi YHWH, che avrebbe dovuto occupare il trono al posto di Erode, e un messia detto "di Aronne", quello sacerdotale,che avrebbe dovuto occupare la carica di sommo sacerdote al posto del corrotto sadduceo che era stato designato dairomani. Ecco dunque il "cibo" di Israele: i cinque libri della Torah correttamente interpretati (cinque pani), e i duemessia, quelli degni di tale compito (due pesci). Questo il senso del racconto, volgarmente inteso come unostravagante prodigio.Torniamo ora ad un passo che abbiamo visto poco sopra, in cui si aggiunge un ulteriore simbolo: la conoscenza comevita eterna, in contrapposizione all'ignoranza come morte:

    "questo il pane che discende dal cielo, perch chi ne mangia non muoia se uno mangia di questo panevivr in eterno..." (Gv VI, 49-51).

    Si ricordino anche le celebri parole:

    "...lascia i morti seppellire i loro morti" (Mt VIII, 22).

    Questo senz'altro il significato pi importante che deve essere chiarito nella lettura del testo evangelico, poich essocontiene la chiave dell'origine e dello sviluppo del pensiero neo-cristiano, come religione separata dalla sua matricegiudaica. Anzi, possiamo affermare che il cristianesimo, come coscienza religiosa distinta dall'ebraismo, comincia adesistere proprio nel momento in cui si forma l'idea della resurrezione di Cristo.Ora, l'interpretazione alla luce dei criteri che stiamo applicando, ovverosia che i brani evangelici siano ricchi dilinguaggi simbolici che necessitano di una chiave di lettura, mostra che il concetto di resurrezione, come passaggiodallo stato di morte a quello di vita, indica ci che altrove stato rappresentato attraverso le immagini del "guarire dallacecit", "saziare la fame", "mangiare i frutti", "dissetarsi" , ecc L'acquisizione delle verit dello spirito, la gnosi, intesa come il raggiungimento della "vita eterna", o il passaggio da una sorta di "morte spirituale", alla condizione di"vita autentica".

  • Si notino a questo proposito cosa affermano gli scritti gnostici del secondo secolo d.C.:

    "mentre siamo in questo mondo necessario per noi acquistare la resurrezione, cosicch, quando cispogliamo della carne, possiamo essere trovati nella Quiete" (Vangelo di Filippo, I Vangeli Apocrifi, a curadi M.Craveri, Einaudi, 1969, pag. 523);

    "se colui che morto eredita da chi vivo, egli non morir; anzi il morto risorger" (op. cit., pag. 509);

    "colui che ha creduto nella verit ha trovato la vita" (idem).

    E, addirittura, abbiamo la testimonianza della polemica accesa che contrapponeva questi giudeo-cristiani ai seguacidella riforma di Paolo:

    "coloro che dicono che il Signore prima morto e poi risorto, si sbagliano, perch egli prima risuscitato, poi morto. Se uno non consegue prima la resurrezione non morir, perch, come vero che Diovive, egli sar gi morto" (op. cit., pag. 514);

    "coloro che dicono che prima si muore e poi si risorge si sbagliano. Se non si riceve prima la resurrezione,mentre si vivi, quando si muore non si ricever nulla" (op. cit., pag. 530).

    Ecco dunque la corretta chiave interpretativa del concetto fondamentale del cristianesimo: "ricevere la resurrezionementre si vivi". Ed alla luce di questo concetto che pu finalmente essere interpretato il celebre miracolo dellaresurrezione di Lazzaro. Sulla base anche di quanto abbiamo visto nel paragrafo precedente, parlando del rito della"discesa nella morte", possiamo sicuramente intendere il miracolo di Betania come una cerimonia iniziatica svolta daGes a beneficio di Lazzaro, una iniziazione del tutto simile a quelle che venivano impartite in Egitto, in medio oriente,e nella stessa India.

  • Cap. 2 - Khirbet Qumran e i manoscritti del Mar Morto

    Fra le sabbie di Qumran

    Nel 1947, sulle rive nord occidentali del Mar Morto, fu effettuata casualmente uneccezionale scoperta archeologica,ancora non pienamente compresa nella sua importanza, capace di arricchire la nostra conoscenza sulle origini storichedel cristianesimo. Oggi unipotesi acquista sempre maggiore evidenza: impossibile analizzare il cristianesimoprimitivo escludendo a priori lidea che il Cristo della narrazione evangelica abbia avuto qualcosa a che fare con imovimenti della dissidenza ebraica messianista. Anzi, da pi parti si rinforza la convinzione che Cristo fosse unesponente di questi movimenti, e che la sua figura sia stata successivamente ridisegnata al preciso scopo di renderloestraneo al messianismo tradizionale dei giudei.Che cosa sono i manoscritti del Mar Morto? Iniziamo a rispondere dicendo che nel 1947, quando lo stato di Israeledoveva ancora nascere, le rive del Mar Morto si trovavano parzialmente in territorio giordano (la riva orientale) eparzialmente sotto il mandato inglese (la riva occidentale). In questo periodo le strade d'accesso al lago erano scarse erozze, e il territorio circostante era la patria dei nomadi beduini, i quali spostavano qua e l i loro accampamenti e ilbestiame. A quel tempo, in inverno, un giovane pastore arabo di nome Mohammed adh-Dhib, che probabilmente era incerca di una capra smarrita in prossimit della riva nord-occidentale del lago, scopr casualmente una serie di ingressi digrotte sul fianco di una pericolosa scarpata, in localit Khirbet Qumran. Il beduino entr e trov all'interno numerosegiare abbandonate. Tornato sul luogo con un amico cerc di recuperare le giare (potevano essere utili per trasportarel'acqua) e i due scoprirono che i recipienti contenevano alcuni rotoli di pelle avvolti in tele consunte.Non sapremo mai quanti manoscritti furono trovati dai beduini, n se alcuni siano andati dispersi o siano ancora rimastinon pubblicati. Il fatto che nel 1954 alcuni manoscritti erano finiti nella camera blindata dell'Hotel Waldorf Astoria diNew York, da cui uscirono perch comperati dal governo israeliano al prezzo di 250.000 dollari (con l'aiuto di un riccobenefattore). Altri manoscritti, invece, erano finiti al Museo Rockefeller, nella parte est di Gerusalemme, in manogiordana. Si formarono cos due commissioni di studio indipendenti: una sotto il controllo di Yigael Yadin, in Israele, el'altra sotto il controllo di Padre de Vaux, un sacerdote cattolico, in Giordania. Oggi i manoscritti sono conservati alMuseo di Israele, nel cosiddetto Shrine of the Book.A causa dei pessimi rapporti fra i due paesi, le commissioni lavorarono sui manoscritti in modo del tutto indipendente,senza alcuna possibilit di comunicazione, con tutti gli svantaggi della situazione. evidente che i risultati degli unidovevano essere confrontati ed integrati con quelli degli altri, ma cos non fu.Il problema fu risolto nel 1967 quando, in conseguenza della guerra dei sei giorni, Gerusalemme est pass in manoisraeliana e tutto quanto si trovava in essa divent propriet del governo israeliano come bottino di guerra, compresi irotoli di Qumran conservati al Rockefeller Museum. Nel libro "Il Mistero del Mar Morto", gli autori Baigent e Leighdescrivono l'atteggiamento che a questo punto avrebbe assunto Padre de Vaux. Essi sostengono che il sacerdote, finchil materiale era in mano giordana, avesse cercato di impedire l'accesso degli ebrei ai rotoli e che, al momento in cuiquesti passarono sotto l'autorit ebraica, temesse di perdere il controllo dell'indagine sul materiale qumraniano. Qualcheragione lo avrebbe spinto a mantenere la cosa sotto la sua stretta sorveglianza. Baigent e Leigh raccontano che De Vauxera un domenicano, che era stato inviato, a partire dal 1929, allcole Biblique di Gerusalemme, nella quale fu primainsegnante e poi direttore. Sostengono che fosse un uomo carismatico, energico, con una forte vocazione alla difesadella dottrina cattolica.Il governo israeliano, che nel 1967 aveva ben altre cose da pensare che ai rotoli del Mar Morto, lasci a de Vaux ilcompito di supervisionare il lavoro di analisi e lo incaric di formare e dirigere una quipe internazionale, conl'impegno di pubblicare il pi velocemente possibile i risultati delle ricerche.Ovviamente l'espressione "quipe internazionale" fa pensare alla precisa intenzione di creare un gruppo allargato,caratterizzato dalla presenza di componenti diverse che potessero garantire una gestione imparziale del lavoro. Ma inrealt fu esattamente il contrario. Sempre Baigent e Leigh raccontano che gli israeliani non sarebbero stati invitati apartecipare al gruppo e che tutti i componenti sarebbero stati selezionati fra cristiani, personaggi non laici e di strettaosservanza: Franck Cross, del McCormick Theological Seminary di Chicago; monsignor Patrick Skehan, direttoredell'Albright Institute; Padre Jean Starcky, della cole Biblique; Padre Maurice Baillet, francese; Padre Josef Milik,polacco. Solo un certo John Allegro non era allineato come gli altri, ma la sua presenza non fu tollerata per molto, fupresto estromesso e sostituito con John Strugnell, che avrebbe offerto maggiori garanzie di condividere le opinioni e leintenzioni dei colleghi. Inoltre la pubblicazione dei manoscritti fu ritardata a tempi straordinariamente lunghi.Perch tutto ci? La ragione pu essere individuata nel timore che i manoscritti aprissero la porta a ripensamenti criticisul cristianesimo primitivo; infatti essi contengono collegamenti col cristianesimo delle origini, e possono offrire lospunto per una discussione storica sulla figura di Ges Cristo.Forse, proprio per queste ragioni, sarebbe stato reso difficile l'accesso della comunit accademica internazionale almateriale qumraniano. Il mondo cattolico risponde negando con energia queste accuse e dichiarando che si tratta diinsinuazioni prive di fondamento. In ogni caso, attualmente, a quasi sessantanni dalle prime scoperte, molto materiale

  • stato reso di pubblico dominio ed accessibile in qualunque libreria ben fornita. Oggi, in una parte del mondoaccademico, prevale lidea che il materiale qumraniano non sconvolga la tradizionale conoscenza storica delcristianesimo primitivo. In realt, nel seguito di questo studio, vedremo che tale idea potrebbe essere il frutto di unatendenza difensiva del mondo cristiano e che si aprono altre possibili interpretazioni, secondo le quali il Cristo avrebbeavuto a che fare col movimento dei qumraniani.Di cosa parlano, dunque, i rotoli del Mar Morto? Essi sono stati riconosciuti come gli scritti di una setta ebraicadissidente che, a partire dal primo secolo avanti Cristo, si sarebbe volontariamente autoesiliata sulle rive desertiche delMar Morto, a circa trenta chilometri in linea d'aria da Gerusalemme. Qualcuno la riconosce in quella che GiuseppeFlavio e Filone Alessandrino, nelle loro opere, chiamano setta degli esseni. Ma alcuni elementi fanno intravedere unaforte componente zelotica e potrebbero addirittura portare alla conclusione che esseni e zeloti, almeno a partire da uncerto momento, sarebbero state due realt intrecciate. I documenti possono essere suddivisi in due gruppi: da un lato itesti biblici o i commentari ai testi biblici, dall'altro i testi settari, cio contenenti regole, statuti e principi propri dellasetta essena.Fra i primi documenti pubblicati bisogna nominare il Manuale di Disciplina (o Regola della Comunit), la Regola dell'Assemblea, il Documento di Damasco, la Regola della Guerra dei Figli della Luce contro i Figli delle Tenebre, ilCommentario di Abacuc.Da essi apprendiamo che il rito battesimale e quello eucaristico, nonch la confessione dei peccati, ovverosia isacramenti principali del cristianesimo, trovano importanti paralleli nelle pratiche cultuali della setta. Inoltre neidocumenti qumraniani possiamo individuare e riconoscere molti elementi del pensiero che, negli scritti evangelici, proprio di Ges Cristo: l'annuncio dellimminenza del regno, l'invito a convertirsi in questa prospettiva, l'obbligo di nongiurare, i concetti espressi nel sermone della montagna, la terminologia usata.Se vogliamo riassumere le caratteristiche principali della setta, quali emergono dai documenti, possiamo elencare iseguenti punti:

    1) essi attendevano ansiosamente il giorno in cui Israele sarebbe stato liberato dalla condizione di sottomissionepolitica e religiosa a potenze straniere e pagane;

    2) credevano fermamente che le autorit politiche (la classe regnante Erodiana) e religiose (la casta sacerdotale deiSadducei) fossero gravemente impure e corrotte, cos come gli ebrei con essi conniventi (Scribi e Farisei), e che daesse Israele avrebbe dovuto liberarsi e purificarsi;

    3) erano in attesa degli esecutori materiali di questo piano di purificazione e liberazione, ovverosia di due messia dicui uno, il messia di Israele, avrebbe dovuto essere il liberatore politico e poi Re dei Giudei mentre l'altro, il messiadi Aronne, avrebbe dovuto essere il nuovo Sommo Sacerdote, al posto degli empi Sadducei;

    4) si preparavano (in base a quanto testimoniato dal Rotolo della Guerra) ad uno scontro militare risolutivo cheavrebbe dovuto liberare il paese e ricostruire il Regno di Dio (inteso come Israele: il regno terreno di YHWH);

    5) parlavano esplicitamente di un Maestro di Giustizia, sacrificato e ucciso in conseguenza della sua lotta control'empiet;

    6) hanno descritto il rito eucaristico (si ricordi che eucharist significa "ringraziamento") che precedeva il pastocomunitario esseno in un modo tale da rammentare inevitabilmente la classica sceneggiatura dell'ultima cena diGes;

    7) consideravano se stessi Figli della Luce, in contrapposizione ai Figli delle Tenebre, utilizzando una terminologiache ritroviamo tal quale in bocca a Ges nel Quarto Vangelo.

    Confrontiamo, per esempio, le seguenti parole tratte da manoscritti qumraniani:

    "...Per il saggio affinch ammaestri tutti i Figli della Luce... In una sorgente di Luce sono le origini dellaverit e da una fonte di Tenebra le origini dell'ingiustizia..." (Regola della Comunit)

    "...allorch i Figli della Luce porranno mano all'attacco contro il partito dei Figli delle Tenebre..." (Regoladella Guerra),

    con le parole del Quarto Vangelo:

    "...Camminate mentre avete la Luce, perch non vi sorprendano le Tenebre; chi cammina nelle Tenebre non sadove va. Mentre avete la Luce credete nella Luce, per diventare Figli della Luce..." (Gv XII, 35-36)

    "...la luce venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perch le loro opere eranomalvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perch non siano svelate le sue opere.Ma chi opera la verit viene alla luce, perch appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio..."(Gv III, 19-21)

  • "...Io come luce sono venuto nel mondo, perch chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre..." (Gv XII,46).

    Facciamo una semplice riflessione sul punto 2), cio sulla profonda inimicizia degli esseni nei confronti dei sacerdotidel tempio e di tutti coloro che confabulavano coi poteri corrotti della societ giudaica: non forse vero che Ges, nellanarrazione evangelica, nomina praticamente tutte le componenti della societ palestinese (farisei, sadducei, scribi,pubblicani...), scagliandosi spesso contro di loro come contro i suoi mortali nemici? Non sono rimasti famosi i suoiaggressivi "guai a voi"? E non forse vero che Ges si astiene sistematicamente dal nominare la setta essena, che purenon avrebbe potuto sfuggire in qualche modo alla sua attenzione?Ma l'aspetto che maggiormente stabilisce una relazione fra Cristo e gli esseni la comune escatologia messianica(ovverosia l'attesa di un mutamento radicale verso il bene e la sconfitta del peccato, in cui la figura messianica svolgeun ruolo essenziale). Si osservi questo brano, appartenente ai manoscritto qumraniani:

    "Dal Dio sapientissimo procede tutto ci che e che sar... ha disposto per l'uomo due spiriti affinchcammini con essi fino al tempo stabilito della sua visita... ha concesso un tempo determinato all'esistenzadell'ingiustizia: nel tempo stabilito per la visita egli la sterminer per sempre..." (Regola della Comunit)

    E paragoniamolo a queste parole del Vangelo di Luca:

    "...Benedetto il Signore Dio d'Israele, perch ha visitato e redento il suo popolo..." (Lc I, 68)

    "...Se avessi compreso anche tu (Gerusalemme), in questo giorno, la via della pace. Ma ormai stata nascostaai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e tistringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra,perch non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata..." (Lc IXX, 41-44)

    Gli stessi toni di minaccia apocalittica li troviamo in un altro manoscritto qumraniano:

    "...Ascolta, Israele! Voi oggi state per combattere contro i vostri nemici... non spaventatevi e non allarmateviinnanzi a loro. Poich il vostro Dio cammina con voi per combattere i vostri nemici e per salvarvi... Allorchnel vostro paese verr una guerra contro un oppressore che vi opprime, e suonerete le trombe e il vostro Diosi ricorder di voi e sarete salvi dai vostri nemici..." (Rotolo della Guerra)

    Che possiamo paragonare a queste altre parole del Vangelo di Luca:

    "...il Signore Dio d'Israele... ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, comeaveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quantici odiano. Cos egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si ricordato della sua santa alleanza, delgiuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senzatimore, in santit e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni..." (Lc I, 68-75).

    E ancora, nello stesso manoscritto qumraniano:

    "...Rallegrati molto, Sion (Gerusalemme)! Esultate voi tutte citt di Giuda! Apri per sempre le tue porte, perfare entrare in te la ricchezza delle nazioni... Figlie del mio popolo, innalzate grida di gioia, rivestitevid'ornamenti di gloria... fino a quando risplender il re di Israele per regnare in eterno..." (Regola dellaGuerra)

    Da confrontare con l'episodio evangelico dell'ingresso messianico in Gerusalemme:

    "...Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Ges veniva a Gerusalemme, presedei rami di palme e usc incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il redi Israele! Ges, trovato un asinello, vi mont sopra, come sta scritto: Non temere, figlia di Sion(Gerusalemme)! Ecco, il tuo re viene... (Gv XII, 12-15)

    Abbiamo dunque individuato importanti corrispondenze fra letteratura qumraniana e scritti evangelici. Ma non tutto,possiamo individuarne molte altre, contribuendo a dimostrare i possibili legami fra letteratura evangelica e scritti diQumran:

    1 - considerando una celebre esortazione di Giovanni Battista:

  • "...in base a queste norme saranno separati di mezzo al soggiorno degli uomini dell'ingiustizia per andare neldeserto a preparare la via di lui, come sta scritto: Nel deserto preparate la via, appianate nella steppa unastrada per il nostro Dio..." (Regola della Comunit VIII, 13-14)

    "...Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparer la strada. Voce di uno che grida neldeserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri..." (Mc I, 2-3)

    2 - considerando il fatto che la comunit dei qumraniani si era volutamente autoesiliata in regioni desertiche, si leggaquesto passo del Vangelo di Luca, a proposito di Giovanni Battista:

    "...Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della suamanifestazione a Israele..." (Lc I, 80)

    3 - considerando un richiamo al profeta Zaccaria:

    "...quando verr la parola scritta da Zaccaria profeta: Destati, spada, contro il mio pastore e contro l'uomoche mi associato, oracolo di Dio! Percuoti il pastore e sar disperso il gregge..." (Documento di Damasco)

    "E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Ges disse loro: Tutti rimarretescandalizzati, poich sta scritto: Percuoter il pastore e le pecore saranno disperse" (Mc XIV, 26)

    "E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Allora Ges disse loro: Voi tutti viscandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoter il pastore e saranno disperse lepecore del gregge" (Mt XXVI, 30-31)

    4 - considerando un passo del quarto Vangelo (dialogo con la samaritana):

    "cos tutti gli uomini che sono entrati nel patto nuovo, nel paese di Damasco, ma se ne sono poi ritornati,hanno tradito e si sono allontanati dal pozzo delle acque vive" (Documento di Damasco)

    "Ges le rispose: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa glieneavresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva. Gli disse la donna: Signore, tu non hai un mezzo perattingere e il pozzo profondo; da dove ha