D’Arpino nella critica del Novecento Hauser «Il miglior esempio dell’insipidezza alla quale...

20
Autoritratto con l’ordine di Saint- Michel, post. 1630. Roma, Accademia di S. Luca. Il Cavalier d’Arpino nella critica del Novecento

Transcript of D’Arpino nella critica del Novecento Hauser «Il miglior esempio dell’insipidezza alla quale...

Autoritratto con l’ordine di Saint-

Michel, post. 1630. Roma,

Accademia di S. Luca.

Il Cavalier d’Arpino

nella critica del Novecento

Adolfo Venturi

«[Il cavalier d’Arpino]

diffondeva per Roma,

festeggiato, acclamato,

salutato maestro, la

depravazione del gusto, il

regno del falso pittorico»

(Storia dell’Arte italiana,

IX, 5. Milano, 1932).

Arnold Hauser

«Il miglior esempio

dell’insipidezza alla quale

finì con il condurre

l’incesto manieristico delle

forme è offerto dal

famigerato Cavalier

d’Arpino» (Der

Manierismus, 1964)

«Sebbene all’inizio si sia accompagnato a quei pittori orientati all’effetto e alla rapidità d’esecuzione che decorarono sotto Gregorio XIII le Logge Vaticane con le loro storiette eseguite in fretta, si distingue da tutta questa corrente professionale grazie a una sensibilità, diventata rara, per la nobile tranquillità e grandezza» (H. Voss, La pittura del tardo Rinascimento a Roma e a Firenze, 1920.)

Hermann Voss

Giovanni de Vecchi, S Francesco riceve le

stimmate. Roma, chiesa di S Pietro in Montorio,

Cappella delle Stimmate, fine sec. XVI.

«Nacque Francesco Vanni in Siena, nobilissima città

della Toscana: fu figliuolo di cittadino onorato: ebbe i

principi della pittura da Arcangelo Salinbene suo

Padregno, uomo di buonissimo giudicio; perché era già

stato a Roma, e con Federigo Zucchero, pittore

eccellente, ebbe famigliarità. Sene venne a quella città

Francesco di sedici anni, ed andava disegnando le belle

opere di Raffaello da Urbino, e altre esquisite pitture, e

sculture sì antiche, come moderne di Roma. Vi fece

buon profitto, ed accomodossi con Giovanni de’

Vecchi dal Borgo, e vi stette alcuni anni, imitando la

sua maniera. Ultimamente rivolse l’animo a seguire

l’altra di Federigo Barocci da Urbino, ed in questa si

fermò, portandosi assai bene. Riconossene indi a Siena,

e alcune opere vi fece sì in pubblico, come in privato,

ed acquistossi buon credito con quella sua maniera

vaga Baroccesca, fatta con amore, e con diligenza, la

quale a tutti dava buon gusto, e a lui degna fama»

(Baglione, Vite, 1642).

Francesco Vanni: un confronto

Francesco Vanni (1580 ca.-1610), Caduta di Simon Mago, 1603.

Città del Vaticano, Reverenda Fabbrica di S. Pietro.

Ventura Salimbeni, Madonna con Bambino, 1600 ca.

Roma, Galleria Borghese.

Ventura Salimbeni: un confronto

Ventura Salimbeni, Abramo e i tre angeli, 1588. Roma, chiesa del Gesù, Cappella

della Trinità.

Andrea Lilio, La pietà e santi, 1596.

Bagnacavallo, Pinacoteca Civica.

Andrea Lilio: Un confronto

Francesco Morelli e Giovanni Baglione: un confronto

D’Arpino e la maniera

«Dai veri manieristi lo distingue la tendenza alla

semplificazione e alla chiarificazione della

struttura del quadro, la presenza relativamente

rara di motivi di movimento più difficili e di

scorci più forti. Lo si potrebbe paragonare a

Cristoforo Roncalli, per la serietà misurata di

molte sue opere. Nello stile di entrambi si avverte

infatti una certa reazione alle artificiosità del

manierismo…» (Voss).

Federico e Taddeo Zuccari: un confronto

«In contrasto con le linee spezzate della scuola

degli Zuccari, egli ama la linea lunga che corre

ininterrotta, con un certo ductus distintamente

melanconico. In sintonia con questa

impostazione, in lui il modellato dei corpi e del

panneggio non mostra più, come nei suoio

predecessori, quella tensione assuoluta a una

forte pienezza plastica, ma invece un qualcosa di

consapevolmente superficiale» (Voss)

Taddeo Zuccari, Donazione di Carlo

Magno, 1564. Città del Vaticano, Sala

Regia.

Cavalier d’Arpino, Battaglia tra Orazi

e Curiazi, 1612. Roma, Palazzo dei

Conservatori.

Cav. D’Arpino, Crocifissione,

1592-1593. Napoli, Certosa San Martino Taddeo Zuccari, Crocifissione, 1553-56.

Roma, S Maria della Consolazione,

Cappella Mattei.

Pulzone, Crocifissione, 1583-1586.

Roma, S. Maria in Vallicella

Cav. D’Arpino, Crocifissione, 1592-1593.

Napoli, Certosa San Martino

Federico Barocci: un confronto

«Anche nel chiaroscuro, peraltro trattato con molta cura, non mira come accadeva per esempio nella scuola del Barocci, a un sorprendente effetto a macchie, bensì affianca l’una all’altra superfici più grandi dai toni ben sfumati. Grazie e queste qualità, le opere del Cavalier d’Arpino hanno un tocco aristocratico. Inoltre sono in genere contraddistinte da una scala cromatica molto chiara, i cui toni delicati però sono talvolta accostati l’uno all’altro in modo troppo debole» (Voss)

Cavalier d’Arpino, Madonna del Rosario, 1601 (commissione 1589)

Cesena, chiesa di S. Domenico / F. Barocci, Madonna del Rosario, 1592

ca. Senigallia, Pinacoteca Diocesana.

Cavalier d’Arpino, Madonna del Rosario, 1601 (commissione 1589)

Cesena, chiesa di S. Domenico / Raffaello, Trasfigurazione, 1520 ca.

Pinacoteca Vaticana.