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1 Dalla ricerca sul “Pensiero degli insegnanti” alla costruzione di artefatti per la progettazione e la formazione in servizio Patrizia Magnoler, Pier Giuseppe Rossi, Lorella Giannandrea. Premessa - Tra identità e diversità Nella ricerca sulla formazione degli insegnanti l’attenzione si sta focalizzando sulla identità e sulla professionalità del docente. Il cambiamento prende avvio dal contesto sociale e culturale attuale. Le emergenze relative alla scuola possono essere così sintetizzate: la realtà in cui il docente opera è un sistema complesso e continuamente in evoluzione. Vanno predisposti interventi situati e progettazioni inserite in un contesto e strutturate per il contesto; la presenza nel contesto sociale di culture e prospettive differenti richiede un continuo confronto con i valori personali e della comunità, un continuo misurarsi con essi; alla scuola si richiede di spostare l’attenzione dal trasferimento delle conoscenze alla acquisizione di competenze. In tale prospettiva gli studenti attivano pratiche riflessive e ricercano la consapevolezza degli apprendimenti e il docente costruisce progetti didattici curvati sul contesto con ampia presenza di situazioni open-ended; queste modalità di lavoro pongono l’insegnante nella necessità di articolare percorsi complessi, difficilmente ripetibili e non estraibili da altri contesti; alla scuola si chiede di soddisfare nuovi bisogni educativi, anche se le risorse e gli spazi temporali rimangono gli stessi e a volte si riducono. La scuola, impegnata da sempre sui saperi classici (leggere, scrivere e far di conto), oggi ospita anche le educazioni (alla salute, agli sport, stradale, civile, interculturale, ai media, alle lingue più o meno straniere). Essa diviene vincente solo quando riesce a costruire percorsi complessi che inglobano le varie esigenze in un processo coerente; non assolve ai suoi scopi qualora operi con una logica sommativi di saperi e di conoscenze; il catalogo degli strumenti e metodi a disposizione dei docenti si è di molto ampliato. Se Gagnè 1 parlava di 5 tipologie di lezione, il manuale dei sui eredi 2 elenca 27 modalità tra presenziali e on line; le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il concetto stesso di tecnè 3 e propongono modelli innovativi per pensare e operare. Il docente oggi diventa un architetto della conoscenza che tesse percorsi con dispositivi vari e differenziati a livello relazionale, didattico, disciplinare e tecnologico. I cambiamenti esposti incidono sulla modalità di progettazione didattica in quanto il docente non può più essere solo colui che applica modelli preconfezionati, ma è soprattutto colui che modellizza il contesto e architetta strategie adeguate alla situazione. In tale direzione l’insegnante è un professionista riflessivo, che sa riflettere sulle proprie fasi in e on action. Si attiva un processo che, mentre incide sulle modalità di progettazione, trasforma e forma il docente come professionista. Per tale approccio sono essenziali la consapevolezza della propria filosofia educativa, una continua ricorsività pratica-teoria-pratica, l’acquisizione di un sapere pedagogico 4 . Tra progettazione didattica e formazione dei docenti si innesca un circuito virtuoso. 1 Robert M. Gagné, Le condizioni dell’apprendimento, Roma, Armando, 1973. 2 Robert M. Gagnè, et al., Principles of Instructional Design, Belmont, CA, Thomson Learning, 2005. 3 Cfr. Pierre Lévy, Le tecnologie dell'intelligenza, Milano, A/Traverso, 1992. Eleonor Winn, James Katz, Hyperbole over Cyberspace: Self-presentation & Social Boundaries in Internet Home Pages and Discourse, in «The Information Society», 13, 4,1997, pp. 297-327. Donald A. Norman, Cognitive artifacts, in J. Carroll, Designing Interaction: Psychology at the Human-Computer Interface, New York, Cambridge University Press, 1991, pp. 17-38. 4 Marguerite Altet, La ricerca sulle pratiche d’insegnamento in Francia, Brescia, La Scuola, 2003.

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Dalla ricerca sul “Pensiero degli insegnanti” alla costruzione di artefatti per la progettazione e la formazione in servizio Patrizia Magnoler, Pier Giuseppe Rossi, Lorella Giannandrea.

Premessa - Tra identità e diversità Nella ricerca sulla formazione degli insegnanti l’attenzione si sta focalizzando sulla identità e sulla professionalità del docente. Il cambiamento prende avvio dal contesto sociale e culturale attuale. Le emergenze relative alla scuola possono essere così sintetizzate: • la realtà in cui il docente opera è un sistema complesso e continuamente in evoluzione. Vanno

predisposti interventi situati e progettazioni inserite in un contesto e strutturate per il contesto; • la presenza nel contesto sociale di culture e prospettive differenti richiede un continuo confronto

con i valori personali e della comunità, un continuo misurarsi con essi; • alla scuola si richiede di spostare l’attenzione dal trasferimento delle conoscenze alla

acquisizione di competenze. In tale prospettiva gli studenti attivano pratiche riflessive e ricercano la consapevolezza degli apprendimenti e il docente costruisce progetti didattici curvati sul contesto con ampia presenza di situazioni open-ended; queste modalità di lavoro pongono l’insegnante nella necessità di articolare percorsi complessi, difficilmente ripetibili e non estraibili da altri contesti;

• alla scuola si chiede di soddisfare nuovi bisogni educativi, anche se le risorse e gli spazi temporali rimangono gli stessi e a volte si riducono. La scuola, impegnata da sempre sui saperi classici (leggere, scrivere e far di conto), oggi ospita anche le educazioni (alla salute, agli sport, stradale, civile, interculturale, ai media, alle lingue più o meno straniere). Essa diviene vincente solo quando riesce a costruire percorsi complessi che inglobano le varie esigenze in un processo coerente; non assolve ai suoi scopi qualora operi con una logica sommativi di saperi e di conoscenze;

• il catalogo degli strumenti e metodi a disposizione dei docenti si è di molto ampliato. Se Gagnè1 parlava di 5 tipologie di lezione, il manuale dei sui eredi2 elenca 27 modalità tra presenziali e on line; le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il concetto stesso di tecnè3 e propongono modelli innovativi per pensare e operare. Il docente oggi diventa un architetto della conoscenza che tesse percorsi con dispositivi vari e differenziati a livello relazionale, didattico, disciplinare e tecnologico.

I cambiamenti esposti incidono sulla modalità di progettazione didattica in quanto il docente non può più essere solo colui che applica modelli preconfezionati, ma è soprattutto colui che modellizza il contesto e architetta strategie adeguate alla situazione. In tale direzione l’insegnante è un professionista riflessivo, che sa riflettere sulle proprie fasi in e on action. Si attiva un processo che, mentre incide sulle modalità di progettazione, trasforma e forma il docente come professionista. Per tale approccio sono essenziali la consapevolezza della propria filosofia educativa, una continua ricorsività pratica-teoria-pratica, l’acquisizione di un sapere pedagogico4. Tra progettazione didattica e formazione dei docenti si innesca un circuito virtuoso.

1 Robert M. Gagné, Le condizioni dell’apprendimento, Roma, Armando, 1973. 2 Robert M. Gagnè, et al., Principles of Instructional Design, Belmont, CA, Thomson Learning, 2005. 3 Cfr. Pierre Lévy, Le tecnologie dell'intelligenza, Milano, A/Traverso, 1992. Eleonor Winn, James Katz, Hyperbole over Cyberspace: Self-presentation & Social Boundaries in Internet Home

Pages and Discourse, in «The Information Society», 13, 4,1997, pp. 297-327. Donald A. Norman, Cognitive artifacts, in J. Carroll, Designing Interaction: Psychology at the Human-Computer

Interface, New York, Cambridge University Press, 1991, pp. 17-38. 4 Marguerite Altet, La ricerca sulle pratiche d’insegnamento in Francia, Brescia, La Scuola, 2003.

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Il contributo, nella prima parte, esplora le ricerche sul “Pensiero degli insegnanti”5 e la proposta di una nuova alleanza6 tra insegnamento, ricerca e formazione. Nella seconda parte, partendo dalla teoria socio-costruttivista7, propone un modello situato di progettazione8 e alcuni artefatti concettuali che supportano contemporaneamente la progettazione e l’acquisizione di un sé professionale. Tali artefatti sono stati sperimentati nel Master Modelli e strategie didattiche che ha coinvolto 116 docenti ed è stato attivato dalla Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Macerata nell’anno accademico 2006-2007. I risultati sperimentali ottenuti in tale Master saranno analizzati nella terza parte del contributo.

Il “pensiero degli insegnanti”

Inquadramento storico L’efficacia dell’insegnamento, in un’ottica comportamentista, veniva indagata attraverso l’analisi dei comportamenti; veniva postulata la diretta linearità fra processo (insegnamento) e prodotto (apprendimento degli studenti) e la progettazione didattica era orientata dalla conoscenza dei processi di apprendimento9. Essa non prendeva in considerazione l’interazione complessa di apprendimento-insegnamento, la soggettività dei docenti, il contesto educativo. Un cambiamento radicale a questa prospettiva è stato introdotto da Shulman10 nel 1987 quando ha posto in luce come l’insegnamento sia l’interazione fra diversi corpi di conoscenza e specifiche competenze che dialogano con l’epistemologia disciplinare e il contesto. Come i vari elementi vengano posti in relazione dipende da un processo cognitivo ed ideativo che l’insegnante pone in atto e questo, a sua volta, dipende dal suo “pensiero” sull’insegnamento. La comprensione dei significati impliciti che permeano un’azione didattica diventa possibile solo coinvolgendo l’insegnante nell’analisi della propria pratica e nella riflessione sui modelli, spesso impliciti, che la determinano. Se tale analisi si avvale dell’interazione tra ricercatori-insegnanti, si concretizza una

5 Cfr. Lee S. Shulman, Those who understand: knowledge growth in teaching, in «Educational researcher», n.15, 1986,

pp.4-14. Philippe Perrenoud, Dieci nuove competenze per insegnare, Roma, Ed. Anicia, 2003. Françoise V. Tochon, L’enseignant expert. Paris, Nathan, 1993. Marguerite Altet, , Eveline Charlier, Léopold Paquay, Philippe Perrenoud, Formare gli insegnanti professionisti, Roma,

Armando, 2006. Léopold Paquay, M.C.Wagner, Competenze professionali privilegiate negli stage e in video formazione, in Altet,

Formare gli insegnanti professionisti, cit., pp. 149 – 174. Bru, Marc, Qu’-a-t-il à prouver, quand il s’agit de l’éducation?La validation scientifique des propos et des discours sur

le pratique de einsegnement, in Hadji, Charles, Baille, Jacques., (a cura di), Recherche et éducation. Vers une «nouvelle alliance». La démarche de preuve en 10 questions, Bruxelles-Paris, De Boeck & Larcier s.a, 1998.

Simone Baillauquès, L’elaborazione delle rappresentazioni nella formazione degli insegnanti, in Altet, Formare gli insegnanti professionisti, cit., pp. 149 – 174.

Mireille Cifali, Alain André, Ècrire l’experience, Paris, Puf, 2007. 6 Elio Damiano, La nuova alleanza, Brescia, Editrice La Scuola, 2006. 7 John Seely Brown, From Push to Pull - Emerging Models for Mobilizing Resources, 2005

[reperibile in http://www.johnseelybrown.com/pushmepullyou4.72.pdf] Jonassen, David, Objectivism vs. constructivism: Do we need a new paradigm? in «Educational Technology: Research

and Development», 39, 3, 1991, pp. 5-14. Etienne Wenger, Communities of Practice: Learning, Meaning, and Identity, New York, Cambridge University Press,

1998. 8 John Gero, Udo Kannengiesser, The situated Function-Behaviour-Structure framework, in «Design Studies» 25, 4,

2004, pp. 373-391. 9 Gagné, Le condizioni dell’apprendimento, cit. 10 Alla fine degli anni ’80 un gruppo di ricercatori coordinato da Shulman ha operato all’interno dell’AERA (American Educational Research Association) sul “Pensiero degli insegnanti”; successivamente si è formata l’associazione autonoma, l’ISATT (Internationa Study Association on Teacher’s Thinking).

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“nuova alleanza”11 che può costituire una fonte documentata di sapere sull’insegnamento e sulla visione della Didattica. A partire dalla proposta di Shulman si è sviluppato un movimento denominato “Il pensiero degli insegnanti” che ha visto un moltiplicarsi di ricerche negli anni ‘80 e ’90. Attualmente la ricerca sulle pratiche educative viene alimentata da vari autori francesi, svizzeri e canadesi, quali Altet, Tochon, Perrenoud, Paquay, Charlier. In Italia un simile prospettiva è al centro dei lavori del gruppo APRED promosso da Damiano e Laneve all’interno della SIPED.

Il sapere pedagogico L’insegnamento è un’attività che richiede una interazione fra molteplici saperi: disciplinare, didattico, pedagogico, socio-culturale. Tali saperi si manifestano, per il docente, in diversi tempi. Vi è un tempo “prima dell’aula”, cioè il tempo della progettazione12, vi è il “tempo in aula” dove si articolano tutti i saperi per dare vita ad un “fatto pedagogico” e il tempo “dopo l’aula”, la riflessione on action di cui parla Schön13. Attraverso essa si ricostruiscono connessioni, si creano generalizzazioni, si definisce il significato attribuito ai singoli elementi14, si assegna un significato complessivo. Questo tempo permette di giungere, nell’accezione di Eraut15, ad un apprendimento deliberativo o alla costruzione di un sapere pedagogico. Secondo M. Altet vi sono i saperi teorici (i saperi da insegnare e i saperi per insegnare), i saperi pratici (sapere come fare e sapere quando, dove e perché; sono saperi spesso non consci) e i saperi pedagogici ovvero «i saperi formalizzati della pratica, intermediari tra i saperi scientifici e i saperi pratici»16. I saperi pedagogici ricoprono diverse dimensioni:

- euristica: aprono piste di riflessione, di analisi; - di problematizzazione: permettono di ampliare prospettive; - strumentale: aiutano la comprensione delle pratiche; - di cambiamento: creano nuove rappresentazioni e preparano il cambiamento.

Nell’ottica del sapere pedagogico la ricerca sulle pratiche degli insegnanti si pone i seguenti obiettivi: 1. obiettivo teorico: dall’analisi del processo di I-A, identificare i processi mediatori cognitivi, linguistici, socio-affettivi che sottendono i comportamenti e la loro messa in relazione con i processi situazionali e comprendere i processi di adattamento interpersonale in classe17. 2. obiettivo metodologico: costruire strumenti concettuali di analisi che permettano di identificare gli effetti dei percorsi mediatori e situazionali che intervengono nell’articolazione del processo di I-A 3. obiettivo pratico, di formazione: la consapevolezza nel docente dei vincoli della situazione didattica prodotta nell’analisi aiuta il docente a concepire nuovi piani di azione, considerare le conseguenze di tali piani sui propri comportamenti e su quelli dei docenti, a differenziare l’intervento18. L’analisi delle pratiche non è finalizzata solo all’osservazione dell’insegnante in azione ma anche alla ricerca delle motivazioni, delle concettualizzazioni dell’insegnante, di quella filosofia educativa che determina la pratica stessa. Ogni insegnante, attraverso il proprio vissuto come studente prima e come docente poi, ha costruito una personale filosofia educativa19 che riguarda il processo di insegnamento-apprendimento. 11 Damiano, La nuova alleanza, cit. 12 Tochon, L’enseignant expert, cit. 13 Donald Schön, Il professionista riflessivo, Bari, Dedalo, 1993. 14 Michael Polanyi, La conoscenza inespressa, Roma, Armando, 1979. 15 Michael Eraut, Development of Knowledge and a Skill at Work, in F. Coffield, (a cura di) Differing Vision of

Learning Society, Bristol, The Policy Press, 2000, pp. 231-262. 16 Altet, Formare gli insegnanti professionisti, cit., p. 42. 17 Altet, Formare gli insegnanti professionisti, cit., p. 46. 18 Ibid. p. 47. 19 Peter Seldin, The teaching portfolio, Bolton, Anker Publishing, 2004.

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Non sempre il docente è consapevole delle proprie concettualizzazioni. Alla base della filosofia educativa del docente vi sono spesso conoscenze tacite e implicite20. I termini implicito, tacito, inespresso, esplicito assumono significati differenti in vari autori:

• Per alcuni autori (Engel, Guidoni, Polany, Damiano) occorre indagare il legame tra le pratiche e le concettualizzazioni per comprendere come l’operare (mentale e corporeo) nel reale abbia indotto una serie di concetti. Si parla anche di idee spontanee, di idee ingenue. In tal caso tacito è il processo che ha condotto alla concettualizzazione. Uno strumento di indagine è il colloquio clinico (Damiano).

• In altri casi il processo di esplicitazione permette di acquisire consapevolezza di pratiche messe in atto dall’esperto, ma di cui egli non è sempre capace di fornire descrizione verbale. L’esplicitazione rende la pratica una risorsa per la comunità. Il modello SECI di Nonaka e Takeuchi21 descrive tale processo. È un processo circolare che dalla Socialization, ovvero dallo scambio delle proprie conoscenze e modellizzazioni, attraverso l’Externalization arriva alla Combination nella quale una nuova forma di conoscenza prende vita e diventa un modello condiviso. La fase finale è l’Internalization, in cui si interiorizza tale conoscenza.

Per l’insegnante ambedue i percorsi sono necessari. Da un lato occorre indagare sulle idee che determinano la sua pratica ovvero le motivazioni e le concezioni in base a cui sceglie fra varie strategie e prende decisioni, dall’altro condividere e negoziare nella comunità le migliori pratiche per farle divenire patrimonio del gruppo. Le conoscenze tacite costituiscono il reale e profondo substrato che determina l’agire e che origina le prospettive e le interpretazioni. Dalla loro esplicitazione si avvia l’apprendimento trasformativo. Mezirow22 definisce questo tipo di apprendimento come un processo connesso con l’uso di una precedente interpretazione per costruirne una nuova al fine di assegnare un diverso significato alla propria esperienza. Le prospettive di significato coinvolgono la dimensione cognitiva, quella affettiva e quella conativa (o volitiva), vale a dire l’interezza della persona.

Il professionista riflessivo La differente realtà sociale e culturale nel passato aveva forgiato differenti figure di docente23:

- il magister o mago, ovvero l’insegnante dotato di carisma proprio, che riesce a conquistare l’attenzione e a gestire positivamente la relazione pedagogica grazie alle personali risorse;

- l’insegnante tecnico ovvero colui che ha acquisito sul campo degli schemi di azione, delle routine operative. È l’insegnante artigiano24, che pur possedendo molte tecniche non giunge a costruire una visione complessiva e gestibile della propria conoscenza e della propria formazione;

- l’insegnante teorico ovvero colui che fruisce di una base teorica costituita da saperi formalizzati dalle scienze umane e disciplinari ed applica modelli in modo meccanico.

Il professionista riflessivo, l’insegnante della società della conoscenza, rimanda ad un docente capace di analizzare le proprie pratiche, di rendere conto delle proprie decisioni, di elaborare personali strategie e modellizzazioni, di saper apprendere per rispondere a situazioni sempre diverse. Secondo Charlot e altri25 vi sono sei criteri che definiscono il professionista:

- un campo di conoscenze;

20 Seldin, The teaching portfolio, cit. 21 Ikujiro Nonaka, Hirotaka Takeuchi, The Knowledge-Creating Company, New York, Oxford University Press, 1997. 22 Jack Mezirow, Apprendimento e trasformazione, Bari, Raffaello Cortina Editore, 2003. 23 Altet, La ricerca sulle pratiche d’insegnamento in Francia, cit. 24 Paquay, Competenze professionali privilegiate negli stage e in video formazione, cit. 25 Bernard Charlot, Élisabeth Bautier, Yves Rochex, École et savoir dans les banlieues et ailleurs, Paris, Armand Colin, 1992.

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- una pratica in situazione; - una capacità di render conto dei propri atti; - un’autonomia e una responsabilità personale nell’esercizio delle proprie competenze; - un’adesione a rappresentazioni e a norme collettive, costitutive dell’identità professionale; - l’appartenenza ad un gruppo che sviluppa strategie di promozione, dei discorsi di

valorizzazione e di legittimazione. Il percorso pratica – teoria - pratica potrebbe deviare verso ipotesi autoreferenziali se non fosse presente una comunità di pratica con cui confrontarsi e specchiarsi. La comunità spesso propone pratiche negoziali che non solo validano le varie modellizzazioni ma contribuiscono a perfezionare i modelli stessi. Un elemento caratterizzante di tale profilo è la competenza riflessiva che si articola in due poli:

- un polo pragmatico – la riflessione: «è diretta alla soluzione di problematiche e alla costruzione di un sapere condiviso o condivisibile»26;

- un polo identitario - la riflessività: «è un’azione significativa sul piano dello sviluppo professionale»27.

Tale competenza appare nei profili professionali realizzati da INTASC e da Perrenoud28 il quale, nel suo catalogo delle competenze, la definisce come un «curare la propria formazione continua» e si traduce in:

a. esplicitare le idee sottese alle proprie pratiche; b. riflettere in itinere sul proprio agire didattico; c. costruire il proprio bilancio di competenze; d. costruire il proprio programma personale per la formazione continua; e. negoziare il progetto di formazione con i colleghi (équipe, scuole, rete di scuole); f. aderire e partecipare alla formazione dei colleghi; g. riflettere sul proprio percorso per il miglioramento professionale.

Più sinteticamente l’INTASC propone tra le dieci competenze del docente il saper riflettere sul proprio agire didattico, sia in itinere, sia a fine percorso, per il miglioramento professionale. Per la formazione del professionista richiede di superare un approccio trasmissivo per una visione in cui l’insegnamento, la ricerca e la formazione, costituiscano una triade virtuosa29. La proposta più articolata in questa direzione è stata la Ricerca-Azione. Se nella R-A il punto di partenza è la situazione problematica, per la formazione di un sapere pedagogico e di un professionista riflessivo non è sufficiente operare sul problema ma è necessario predisporre situazioni per la scoperta e la costruzione consapevole di modelli personali per l’insegnamento. Solo questa consapevolezza può indurre l’attuazione e la possibile valutazione del transfer di competenze30. In base alle dimensioni evidenziate da Charlot e Bautier31, si suggerisce un percorso di professionalizzazione attraverso le seguenti azioni:

- sviluppare il campo delle conoscenze anche attraverso il raccordo con le università e i centri di ricerca;

- fornire una formazione contestualizzata nelle pratiche visibile in un accompagnamento riflessivo. L’insegnante deve poter essere in grado di comunicare e argomentare le proprie pratiche e i propri saperi ed utilizzarli in modo autonomo e consapevole;

26 Katia Montalbetti, La pratica riflessiva come ricerca educativa dell’insegnante, Milano, Vita e Pensiero, 2005, p. 72. 27 Ibidem. 28 Perrenoud, Dieci nuove competenze per insegnare, cit. 29 Damiano, La nuova alleanza, cit. 30 Michele Pellerey, Apprendimento e trasferimento di competenze professionali, 2005, [reperibile in internet

http://pellerey.unisal.it/isfoldi.doc] 31 Bernard Charlot, Élisabeth Bautier, Yves Rochex, École et savoir dans les banlieues et ailleurs, cit.

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- valorizzare e rendere comunicabile una conoscenza esperta esistente per poterla integrare con nuove prospettive e proposte;

- valorizzare le comunità professionali per favorire percorsi di sviluppo dell’identità professionale32 e la comunicazione fra diverse comunità;

- predisporre situazioni che consentano la rilevazione del cambiamento nel tempo, ovvero una “storia di evoluzione delle competenze”.

Se queste costituiscono delle linee guida generali è necessario costruire dei dispositivi che permettano all’insegnante di ripensare al processo che ha attuato. Di questo si parlerà nella prossima sezione. A conclusione della prima sezione del contributo si vuole evidenziare che un approccio simile viene sperimentato nel settore della formazione professionale dove l’attenzione si sta spostando dalla preparazione di pacchetti ben confezionati a percorsi attenti alla valorizzazione delle competenze interne e allo sviluppo delle identità professionali. L’interesse per il workplace learning, ovvero la peculiare importanza dei processi di apprendimento che avvengono nel processo lavorativo33, la gestione della conoscenza nelle organizzazione e nelle comunità di pratica, la relazione tra identità sociale e individuale34 propongono differenti ponti tra la formazione dei professionisti della scuola e la formazione professionale, sanando una distanza non proficua per la ricerca.

Progettazione – verso un sapere pedagogico

La progettazione Il passaggio dal paradigma positivista al paradigma costruttivista35 ha prodotto un cambiamento di prospettiva sul processo apprendimento-insegnamento che procede nella stessa direzione della ricerca sul pensiero degli insegnanti. Guba e Lincoln individuano cinque assiomi che caratterizzano il nuovo paradigma: la realtà va modellizzata e non ammette un metodo riduzionista, l’interpretazione della realtà dipende dal soggetto che conosce, la ricerca richiede un approccio idiografico e non è neutra rispetto ai valori e ai riferimenti teorici del ricercatore36. La centralità del soggetto nella interpretazione della realtà, l’importanza dei suoi riferimenti teorici, la necessità della modellizzazione del contesto, se applicati al mondo della scuola e in particolare alla progettazione didattica, evidenziano un forte legame con le teorie esposte nella sezione precedente. Se nell’approccio positivista per la progettazione si parte da un modello di prodotto che si applica in modo statica e lineare e da indicazioni prescrittive37, nell’approccio costruttivista l’attenzione dal prodotto finale si sposta sul processo che accompagna anche la fase della realizzazione e utilizza differenti metodi e strategie. Si sfuma la separazione tra progettazione e realizzazione, da una impostazione push (fornire programmi) si passa ad una impostazione pull (prendere da ambienti)38.

32 Cfr. Wenger, Community of practice, cit., Knud Illeris, Learning in working life, Frederiksberg, Roskilde University

Press, 2004. 33 Giovanni Porzio, Work place learning. Come qualificare gli interventi formativi centrati sull’esperienza lavorativa,

in «Professionalità», 2006, Anno XXVI, 93, pp.6-13. 34 Illeris, Learning in working life, cit. 35 Cfr. Egon G. Guba, Yvonna S. Lincoln, Competing paradigms in qualitative research, in Norman K. Denzin, Yvonna

S. Lincoln, (a cura di), A Handbook of Qualitative Research, Thousand Oaks, CA, Sage, 1994, pp.105-17. Jonassen, Objectivism vs. constructivism: Do we need a new paradigm?, cit. Charles M. Reigheluth, Wath is Instructional-Design Theory and how is it changing? in Charles M. Reigeluth (a cura

di) Instructional design theories and models, vol. II, Mahwah, NJ Lawrence Erlbaum Associated, pp. 5-30. Morten Flate Paulsen, The Hexagon of Cooperative Freedom: a Distance Education Theory Attuned to Computer

Conferencing, in «DEOSNEWS», 3, 2, 1993. [reperibile in internet http://www.nettskolen.com/forskning/21/hexagon.html]

36 Guba & Lincoln, Competing paradigms in qualitative research, cit. 37 Gagnè, Le condizioni dell’apprendimento, cit. 38 Brown, From Push to Pull - Emerging Models for Mobilizing Resources, cit.

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Il processo di progettazione-realizzazione connette dialetticamente la struttura progettuale e ciò che avviene nel contesto educativo mentre l’attività si dipana39. Non esiste una struttura costruttivista dell’attività didattica. David Jonassen afferma che parlare di un modello costruttivista è in conflitto con i principi stessi del costruttivismo: «imporre un singolo credo o prospettiva è decisamente non costruttivista»40. Sostiene che il costruttivismo non suggerisce un unica struttura ma richiede di utilizzare più metodi e diverse prospettive e propone un modello di processo che richiede l’utilizzo di differenti logiche, di differenti prospettive, di differenti dimensioni. Il dibattito sulla progettazione non si è sviluppato solo nell’ambito della formazione. Anche in settori dell’ingegneria e del design stanno emergendo modelli situati della progettazione. In tali contesti si guarda con interesse al mondo della formazione, che da sempre si è confrontato con una realtà difficilmente riducibile e riproducibile e non è raro trovare riferimenti a Dewey, Bartlett, Sternberg, Schön, Wiggins, Clancey, Lave, J. Brown, Wenger. In particolare la ricerca sta tentando di comprendere come il progettista formula le sue prime ipotesi di lavoro, quando ancora non possiede tutti i dati. Sono stati ripresi gli studi di Schön che parla del rapporto tra il professionista e la situazione come di una situazione transazionale: «Questi modella la situazione, ma in conversazione con essa, cosicché i propri modelli e apprezzamenti sono anch’essi foggiati dalla situazione. I fenomeni che egli cerca di capire sono in parte sue elaborazioni; egli è nella situazione che cerca di comprendere»41. Il modello FBS di processo e non di prodotto è proposto da J. Gero42.

Figura 1 – Ciclo FBS

Nella prima fase (Figura 1), utilizzando una logica abduttiva, si definiscono le finalità pedagogiche [F], si formulano gli obiettivi didattici [B] (1) e si prefigura la struttura [S], (2) reificata nell’artefatto [D] (5). In base alla struttura S si effettuano le simulazioni virtuali (3) con una logica deduttiva per valutare se gli obiettivi prevedibili [Bs] sono simili a quelli attesi [Be] e in base alla comparazione si attuano le revisioni della struttura. Nella fase 3 (la simulazione) il progettista partendo dalle sue esperienze e dalle sue conoscenze teoriche simula mentalmente e attua quel percorso ipotetico che Schön definisce del “come se” per comprendere cosa accadrebbe se si attuasse il processo. In base ai risultati di questa simulazione virtuale, frequente nella quotidianità del lavoro del docente, il progettista analizza se i dispositivi predisposti sono utilizzati secondo la grammatica e la sintassi degli stessi (6), analizza la coerenza tra percorso e obiettivi didattici (7), verifica la coerenza tra le finalità pedagogiche e la sua filosofia educativa e i valori del contesto in cui opera (8). Nelle riconfigurazioni 6, 7, 8 adotta differenti logiche, prospettive e punti di vista.

39 Wenger, Community of practice, cit. 40 David Jonassen, Designing constructivist learning environments, in Charles M. Reigeluth, (A cura di) Instructional

design theories and models, vol. II, Mahwah, NJ, Lawrence, 1999, pp.215-240. 41 Schön, Il professionista riflessivo, cit., p. 169. 42 Gero, The situated Function-Behaviour-Structure framework, cit.

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La riflessione sul progetto è resa possibile dalla reificazione in un artefatto concettuale [D]43 che permette di ottenere un oggetto analizzabile, modificabile e manipolabile. Il modello viene costruito la prima volta nella fase iniziale della progettazione, durante la progettazione viene rivisitato più volte, è modificato durante la fase della realizzazione e infine è descritto nella sua complessità a progetto concluso(documentazione). Alla fine pertanto il docente dispone di vari reificazioni del modello elaborate nelle varie fasi e dalla loro lettura rivede i processi con cui si è mosso e gli elementi del contesto che hanno influito sulle sue scelte.

Gli artefatti per progettare e riflettere Si è detto in precedenza della centralità degli artefatti concettuali nella riflessione e nella progettazione. Si propongono ora alcuni artefatti dinamici, ovvero strumenti di lavoro, descrittori per l’analisi delle pratiche, necessari a costruire dei saperi intermediari fra saperi teorici e saperi pratici.

Modelli della progettazione Nel precedente paragrafo si è evidenziato come dal processo di progettazione emergano i modelli reificati nelle varie fasi. Tali artefatti sono il materiale di partenza per analizzare la propria pratica. In questa sede ci interessa precisare che per rappresentare tali modelli il docente può usare linguaggi e strutture differenti: un testo narrativo, una tabella, una mappa, un diagramma, un insieme di parole chiave. L’utilizzo di vari linguaggi favorisce una visualizzazione pluriprospettica degli stessi.

Diario del progetto (DP) Il diario del progetto accompagna il docente dalla fase ideativa alla fase realizzativa attraverso una serie di domande. Il DP, da noi proposto, è organizzato in tre sezioni: prima dell’azione, durante l’azione, dopo l’azione. Ogni sezione è strutturata in una serie di domande con cui il ricercatore indirizza la riflessione del docente. Il DP ha quindi la funzione di creare una condizione per avviare una riflessione sul modo con cui l’insegnante si rappresenta la realtà del suo lavoro, per aprire il varco al cambiamento, per trasformare il fare esperienza nell’avere esperienza44.

Teacher portfolio Il teacher portfolio è lo spazio personale in cui il docente raccoglie materiale per supportare la progettazione e per documentare la propria professionalità45. Il TP permette di relazionare la filosofia educativa, la propria pratica didattica, gli obiettivi che il docente si pone rispetto alla sua professionalità46. La rilettura del proprio TP permette di comprendere la direzione in cui sta sviluppando la propria identità professionale, di analizzare la coerenza tra riferimenti e prassi, di progettare un proprio percorso formativo47. La struttura contiene una selezione di artefatti che il docente ritiene significativi ed una proiezione in cui egli autovaluta il proprio livello e ipotizza il livello futuro. Gli artefatti selezionati possono essere riferimenti teorici, proprie progettazione, materiali realizzati dagli studenti, personali riflessioni. 43 Cfr. Carl Bereiter, Education and mind in the knowledge age, Mahwah, N.J., Lawrence Erlbaum Associates, 2002. Norman, Cognitive artifacts cit. Agostinelli, Serge, Les nouveaux outils de la communication des savoirs, Paris,

L'Harmattan , 2003. 44 Paolo Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, Milano, Il Saggiatore,1994. 45 Bianca Maria Varisco, Portfolio. Valutare gli apprendimenti e le competenze, Roma, Carocci, 2004. 46 Seldin, The teaching portfolio, cit. Helen Barrett, The REFLECT initiative. Researching Electronic Portfolios and Learner Engagement, 2005 [reperibile

in Internet http://electronicportfolios.org/reflect/whitepaper.pdf ]. 47 Patrizia Magnoler, Il teacher portfolio: sperimentazioni e approfondimenti, in Progettare eLearning/eLearning

design, Macerata, Eum, 2007.

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Il TP contiene una rubrica delle competenze necessarie nella progettazione. Per ogni competenza possono essere inseriti uno o più documenti che esplicitano il livello di competenza raggiunta e un commento del docente per individuare i successivi step formativi48.

Ambiente on line Il progetto è un artefatto dinamico che può essere favorito dall’utilizzo di un supporto informatico, un ambiente in cui il docente raccoglie e organizza i suoi materiali durante la progettazione e la realizzazione del percorso didattico. Ceccarelli49 parla di informatizzazione integrale del progetto per indicare come l’artefatto progettuale, se informatizzato, gestisce le variabili di progetto in modo flessibile e adattabile in tempo reale. Il progetto informatizzato è un ambiente autopoietico che si modifica in funzione delle interazioni con il progettista, delle variabili inserite e delle regole interne tra le sue componenti. Esso è contemporaneamente uno strumento per lavorare e un prodotto. Con esso il docente simula l’interazione educativa e prevede possibili eventi o possibili esiti. L’ambiente di apprendimento on line potenzia, attraverso la presenza di diversi tool, la connessione fra i vari materiali50, favorendo la rilettura di problematiche da diversi punti di vista51 e attraverso differenti artefatti (documenti forniti dal docente, produzioni individuali, interventi in forum, testi collettivi, schemi, mappe e immagini). Permette altresì, proprio in virtù della molteplicità dei punti di vista, di ampliare le individuali interpretazioni e di contribuire alla visione del problema secondo prospettive diverse.

Il ruolo delle scritture Il DP, il blog, le scritture nell’ambiente sono indirizzati a guidare e raccogliere le riflessioni dei docenti in formazione e a supportare la progettazione. Essi presentano diverse tipologie di scrittura e contengono artefatti prodotti con vari linguaggi (testuali e iconici). Nel blog la scrittura è riferibile ad un linguaggio interiore52, nel DP è più formalizzata e organizzata, nei forum discorsiva e frutto di negoziazione. La scrittura è strumento che implica una attività formativa e riflessiva già nella sua fase di produzione. Scrivere significa compiere varie azioni che obbligano a: - richiamare alla memoria una serie di eventi e di situazioni selezionando e organizzando le informazione; - oggettivare, ovvero prendere le distanze dalla situazione in modo tale da costruire lo spazio necessario alla rappresentazione, tra il sé attore e il sé narratore; - formalizzare, cioè ricercare le parole e le costruzioni linguistiche che meglio rappresentano i significati e consentono una reale comunicazione. Inoltre la scrittura garantisce letture diacroniche che rendono conto del processo sia di progettazione sia di formazione in atto. «La scrittura permette di mettersi a distanza, di costruire delle rappresentazioni, di costruire una memoria, di rileggersi, di completare, di tentare delle interpretazioni, di preparare altre osservazioni» 53.

L’ipotesi di ricerca Dalle ricerche teoriche precedentemente esplicitate si ipotizza che il miglioramento nella progettazione didattica venga favorito dal passaggio da un sapere pratico e teorico ad un sapere

48 Pier Giuseppe Rossi, Progettare e realizzare il portfolio, Roma, Carocci, 2005. 49 Nicolò Ceccarelli, Progettare nell’era digitale: il nuovo rapporto tra design e modello, Venezia, Marsilio Editore,

2002. 50 Pier Giuseppe Rossi, Lorella Giannandrea, Che cos’è l’e-portfolio, Roma, Carocci, 2006. 51 Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Torino, Einaudi, 1967. 52 Lev S. Vygotsky, , Mind in Society: the Development of Higher Psychological Processes, Cambridge, Mass, Harvard

University Press, 1978. 53 Altet, Formare gli insegnanti professionisti,cit.

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pedagogico e che tale passaggio permetta agli insegnanti di prendere coscienza del loro habitus54 e di trovare nuove pratiche riflessive necessarie alla costruzione di un apprendimento deliberativo in contesti non formali55. La ricerca è perciò orientata a verificare se l’impiego degli artefatti descritti nel precedente paragrafo consente agli insegnanti di acquisire dei saperi pedagogici e di supportare la progettazione. Contemporaneamente si intende scoprire se emergono dei modelli personali nella progettazione didattica da utilizzare per il confronto intersoggettivo e la costruzione di una feconda interazione fra azione, riflessione, ricerca e formazione.

Il percorso

Premesse Nell’AA 2005-2006, presso l’Università degli Studi di Macerata è stato realizzato un percorso esplorativo56 per comprendere il pensiero degli insegnanti sulla progettazione didattica e i risultati hanno consentito di impostare la ricerca che si è concretizzata nell’AA 2006-07. Dalla prima indagine si era palesata una diversità nelle pratiche di progettazione e si notava la diversa importanza assegnata alle proprie competenze/la propria esperienza, alle competenze da sviluppare, alla motivazione degli alunni, al contesto e alla tipologia di relazioni fra questi elementi57. È stato possibile anche individuare due diverse modalità operative nella progettazione: alcuni insegnanti attuano processi lineari (diacronico e con processi deduttivi), altri attivano processi complessi che prevedono l’analisi delle relazioni fra i vari elementi componenti la progettazione (gli obiettivi, i tempi, gli studenti, le competenze professionali…) in un’ottica di sostenibilità.

Contesto e indicazioni dell’attività Il contesto nel quale si è svolta la ricerca è un master in “Modelli e strategie didattiche” attivato dall’Università degli Studi di Macerata in collaborazione con l’IFOR (Istituto di Formazione Orientamento e Ricerca) di Matera, frequentato da 116 insegnanti laureati appartenenti a diversi ordini di scuola, dalla scuola dell’infanzia alla scuola superiore di secondo grado. Il master si è svolto prevalentemente on line58 e prevede tre soli incontri in presenza e un esame finale. Si è articolato in tre aree di lavoro collettivo: progettazione e tecnologie; modelli e strategie della progettazione, la competenza nella progettazione. Nella terza area del master, un modulo riguardava espressamente la progettazione e realizzazione di un project work ovvero progettare un percorso e realizzarlo nella propria classe. Il progetto era supportato dalle attività obbligatorie connesse al Diario del PW e dalle attività volontarie nel Blog. I docenti in formazione erano divisi in 4 classi virtuali composte da insegnanti appartenenti a diversi ordini di scuola. Ogni classe era seguita da un docente-tutor che, oltre ad aver predisposto l’ambiente di apprendimento, il progetto e i materiali, supportava i partecipanti nelle attività e nella lettura e comprensione dei materiali attraverso la regolazione del dibattito in forum, svolgeva una funzione di supporto alle progettazioni di gruppo, esaminava gli artefatti prodotti e supportava la riflessione con gli insegnanti.

54 Philippe Perrenoud, Il lavoro sull’habitus nella formazione degli insegnanti in Altet, Formare gli insegnanti

professionisti, cit., pp. 175-200. 55 Eraut, Development of Knowledge and a Skill at Work, cit. 56 La ricerca esplorativa è stata condotta, con la supervisione del prof. P.G. Rossi e P. Magnoler nel 2006 con un gruppo di 28 insegnanti appartenenti a diversi ordini di scuola e distribuiti su tre diverse regioni italiane. L’ambiente di lavoro on line è reperibile al sito www.celfi.unimc.it/tpf 57 Nella tabulazione dei dati sono stati considerati solo gli elementi posti al primo livello, quindi si hanno 36 risposte in quanto alcuni docenti hanno posto inizialmente la relazione fra più elementi. Ecco nel dettaglio: le competenze da sviluppare 7, la motivazione degli alunni 7, l’analisi della propria esperienza/competenza 6, il percorso svolto 3, l’epistemologia disciplinare 3, le indicazioni ministeriali 3, le conoscenze iniziali degli alunni 2, l’argomento che appassiona 2, interazione con i colleghi/la scuola 2, la sostenibilità del percorso 1. 58 Il sito nel quale si è svolto il percorso del master è visibile al seguente indirizzo: http://celfi.unimc.it/progetta

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Tale interazione, durata per 6 mesi in modo continuativo, ha permesso ai ricercatori59 di condividere significati e di comprendere le pratiche linguistiche usuali utilizzate dai docenti stessi. L’analisi finale dei testi prodotti è stata favorita quindi da questa comune attribuzione di significati emersa dai molteplici confronti avuti in rete e nei tre incontri in presenza previsti dalla struttura del master.

La struttura del Diario del Project work Il DPW si presentava come un descrittore60 e prevedeva che l’insegnante rispondesse ad alcune domande, effettuasse delle narrazioni, descrizioni e argomentazioni. Come percepito dagli insegnanti, la progettazione evolve prima, durante e dopo l’azione (come riprogettazione). Si è cercato perciò di suddividere il processo riflessivo in 4 passaggi: al termine di ogni step vi doveva essere un “punto della situazione” utile a costruire una rivisitazione dell’attività svolta. Il DPW era suddiviso nelle seguenti sezioni: a. la prima sezione, da completare prima della stesura del progetto, intendeva rendere consapevole

l’insegnante dell’esistenza di intenzionalità non espresse e di prospettive personali che determinano le scelte. Le domande proposte: Che cosa vorrei apprendere attraverso la progettazione e realizzazione di questo progetto? Per quale motivo ritengo l’argomento-problema scelto, significativo per il mio percorso formativo e per la realtà in cui opero? Come penso di progettare e/o in base a quali teorie di riferimento penso di progettare? L’ultimo quesito è specificamente orientato a far emergere le pratiche e le teorie usualmente utilizzate.

b. La seconda sezione, da completare alla fine della progettazione, era finalizzata a focalizzare le decisioni prese in itinere e a far rivisitare il processo appena vissuto. Si è ritenuto importante effettuare questo momento di riflessione per poter porre l’insegnante nella situazione di prendere le distanze dal proprio prodotto prima di passare all’azione ed esaminare la sua struttura e le sue relazioni61. Le domande erano: Quali problemi sono sorti durante la progettazione e quali approfondimenti ho dovuto affrontare? Quali criteri ho adottato per selezionare le attività e le risorse? Quali criteri ho adottato per definire la fattibilità del progetto? Come ho previsto la valutazione del percorso e dei risultati? Nella rilettura del progetto, se analizzo la coerenza fra gli elementi (scopi, mezzi, strategie, valutazione) che cosa emerge?

c. La terza sezione, da ultimare dopo la realizzazione del progetto in classe, voleva introdurre, in modo organizzato, una riflessione immediatamente dopo l’azione. In questo caso non sono state poste domande, ma fornite semplici stimolazioni per raccontare l’accaduto e trarre le prime indicazioni, attività abitualmente svolta dagli insegnanti in fase di relazioni consuntive previste dalle routines scolastiche. Gli argomenti da focalizzare erano:

1. Problemi sorti durante l’attuazione del progetto in classe e strategie risolutive applicate. L’obiettivo era di focalizzare la tipologia di problemi incontrati e la consapevolezza delle strategie utilizzate per comprendere l’efficacia dell’agito.

2. Problemi emersi nella valutazione del percorso e dei risultati; la tematica mira ad evidenziare la coerenza fra il progetto, il processo di valutazione previsto e i risultati accertati. È anche una prima verifica dell’efficacia del proprio lavoro e di eventuali nuove pratiche sperimentate.

d. La quarta sezione richiedeva di riesaminare le precedenti documentazioni per poter trarre indicazioni e costituisce il momento di distanziamento dal vissuto.

59 I 4 docenti che hanno seguito le classi virtuali sono 1 ricercatore, 2 dottorandi e un’insegnante supervisore, tutti impegnati nell’insegnamento e nella formazione degli insegnanti nell’ambito della Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria. Provengono dal mondo della scuola che hanno vissuto come docenti in diversi ordini e per un minimo di 8 anni ciascuno. 60 Per M. Altet (2003) il descrittore è uno strumento di lettura delle pratiche e delle situazioni che gli insegnanti mettono in atto. 61 Gero, The situated Function-Behaviour-Structure framework, cit.

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1. La prima domanda Che cosa emerge dal confronto fra il progetto iniziale e l’attuazione del progetto? mirava a ripercorrere l’esperienza dalla progettazione iniziale all’esecuzione del progetto e introduceva il confronto tra dichiarato ed agito. Era la base per costruire una interpretazione e una presa di coscienza di un proprio modello di progettazione.

2. La seconda domanda Quale modalità personale di progettazione emerge dal lavoro effettuato? proponeva la produzione di una modellizzazione delle pratiche, ovvero la costruzione di una rappresentazione dei concetti e degli step presenti nella loro "progettare la didattica". Ciò poteva facilitare la consapevolezza sul percorso e consentire di disporre di un personale modello da utilizzare in diversi contesti avviando un processo di tranfer. Gli insegnanti erano liberi di utilizzare modalità di rappresentazione differenti (testi, narrazioni, schemi, mappe).

3. La terza domanda Quali competenze penso di aver acquisito? Come ho modificato le mia competenza nella progettazione didattica? aveva la funzione di evidenziare se vi erano stati cambiamenti, se questi erano imputabili al percorso formale, alle attività riflessive o se vi erano stati altri elementi che avevano influito in modo efficace.

4. L’ultima domanda Come dovrò agire nel prossimo futuro per migliorare le mie competenze? Cosa debbo approfondire? costituiva lo stimolo per esplicitare una serie di intenzioni che, se rese oggetto di consapevolezza, potevano essere una guida per direzionare le attività di formazione/autoformazione nell’ottica della progettazione intenzionale del sé professionale62, della relazione tra memoria e promessa63.

Le domande sono state costruite tenendo conto sia del linguaggio, che doveva essere familiare agli insegnanti, sia della tipologia dei contenuti. Alcune domande ad es. Come penso di progettare e/o in base a quali conoscenze personali e teorie di riferimento penso di progettare? sono state così costruite per permettere al ricercatore di individuare possibili categorie presenti in letteratura64. Nella domanda stessa si è cercato di inserire quegli elementi che successivamente avrebbero orientato il tipo di risposta facilitando l’attribuzione delle informazioni alle categorie scelte dal ricercatore e rappresentative della teoria di riferimento. Altre domande introdotte dal “Come” volevano indurre soprattutto una revisione di processo, altre, introdotte da “Che cosa” e “Quali” erano finalizzate ad esprimere nel modo più esplicito possibile concettualizzazioni e informazioni. Le domande Per quale motivo ritengo l’argomento-problema scelto, significativo per il mio percorso formativo e per la realtà in cui opero? e Quale modalità personale di progettazione emerge dal lavoro effettuato? potevano costituire uno spazio espressivo liberamente gestibile dall’insegnante per raccontare e argomentare, utilizzando vari linguaggi le personali teorie implicite, le proprie scelte.

La ricerca La ricerca si è basata sull’analisi di due tipologie di scritture:

62 Pellerey, Apprendimento e trasferimento di competenze professionali, cit. 63 Ricoeur, Paul, Percorsi del riconoscimento, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2004. 64 Il problema della costruzione delle domande rimanda alla disquisizione sviluppatasi nel campo della metodologia della ricerca sociale relativamente alle categorie emic ed etic (cfr. Jean-Pierre Olivier de Sardan, Émique = emical, in «L’homme» , n. 147, 1998, pag. 151-156) che mostrano due diverse modalità per creare una comprensione e una classificazione delle informazioni contenute nei testi. «Nel caso di interviste che producono testi, la costruzione della forma dell’interrogazione (testo della domanda principale e delle domande derivate) può fare uso di categorie cognitive dell’attore, oppure del ricercatore (etic). La base empirica, costituita in questo caso dal testo delle risposte degli attori, sarà costituita in termini tipicamente emic: l’attore utilizzerà la sua trama concettuale per rispondere a domande il cui senso può essere, cognitivamente, più o meno familiare, ma lo farà ri-definendo in ogni caso con il suo linguaggio le categorie dell’interrogante» Daniele Nigris, Standard e non standard nella ricerca sociale, Milano, Franco Angeli, 2003, p.64.

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• Sono state analizzate scritture del DPW. La ricerca ha esaminato sei domande. Alcune domande erano tra loro connesse, ma effettuate in fasi diverse del percorso per documentare un prima e un dopo.

• Sono state analizzate le scritture dei blog, più libere, per verificare se una tipologia meno strutturata permettesse una differente modalità di riflessione e di documentazione.

La ricerca si è basata sulle scritture di 30 docenti su 116 partecipanti. La costruzione del campione è avvenuta secondo i seguenti criteri: distribuzione degli insegnanti nei vari ordini di scuola (8 scuola dell’infanzia, 8 scuola primaria, 7 scuola secondaria di primo grado, 7 di scuola secondaria di secondo grado), della valutazione conseguita nell’attività formativa in relazione all’impegno (sufficiente, medio, alto), dell’anzianità di servizio (sono stati ritenuti “novizi” gli insegnanti con 2 o meno anni di servizio). La metà del campione analizzato aveva realizzato il blog personale.

Criteri di analisi delle scritture Per verificare il principale obiettivo di ricerca sono state analizzate le scritture presenti nel DPW e si è adottato la suddivisione operata da M. Altet tra saperi pratici, teorici e pedagogici. Per l’analisi delle scritture è stata scelta la metodologia proposta da Miles e Huberman65. Sono stati realizzati i seguenti passaggi:

a. lettura generale delle scritture prodotte per individuare i temi ricorrenti e verificare la pertinenza dell’adozione del quadro teorico in relazione ai materiali disponibili;

b. selezione delle unità di analisi e compressione dei dati in categorie secondo i criteri di esaustività, mutua esclusività e pertinenza;

c. confronto tra le lettura autonome di più ricercatori per verificare la coerenza tra le varie attribuzioni;

d. conteggio delle frequenze per scoprire la rilevanza delle ricorrenze. Per l’analisi delle risposte ad una coppia di domande sono state utilizzate le seguenti categorie: 1. Saperi teorici: sono state attribuite frasi che potevano ricondurre ai: - saperi da insegnare; esempio:

• “È importante che gli alunni conoscano la letteratura e le opere maggiori” - saperi per insegnare; esempi:

• “Ho individuato il modello o i modelli di apprendimento che possano meglio permettere la realizzazione del progetto ovvero nel mio caso: il Constructivist Learning Environment di Jonassen, il Collaborative Problem Solving del Nelson e il Multiple Approaches to Understanding di Gardner”.

• “Nel mio insegnamento mi ispirerò al costruttivismo”; 2. Saperi pratici: sono state attribuite frasi che potevano ricondurre ai - saperi sulla pratica (saperi formalizzati sul come fare); esempi:

• “Bisogna prima fare l’analisi del contesto, poi individuare i problemi, successivamente definire gli obiettivi, le attività, le metodologie, la valutazione”

- saperi della pratica (saperi nati dall’azione di insegnamento e che vengono ritenuti efficaci); esempi:

• “Gli alunni imparano meglio quando lavorano tra pari”; • “Per progettare bene bisogna fare molta attenzione ad analizzare il contesto”;

3. Saperi pedagogici: sono costituiti da saperi della pratica di cui si è presa coscienza che si sono concretizzati in:

- descrizioni, rappresentazioni che permettono di razionalizzare la pratica (le mappe o le descrizioni del proprio cambiamento supportate da argomentazioni; due esempi sono riportati nell’area dei risultati);

- direzioni di approfondimento della personale conoscenza; esempi

65 Matthew B. Miles, A. Michael Huberman, Qualitative Data Analysis, Thousand Oaks/London/New Delhi, Sage, 1994.

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• (modalità operativa) “Per me è più facile apprendere quando sperimento…nella mia scuola si è parlato di comunità di pratiche, gruppi che possono liberamente confrontarsi senza dover formalizzare sempre tutto….vorrei parteciparvi”

• (singola tematica) “Nel prossimo futuro mi concentrerò sulla costruzione di situazioni facilitanti l’apprendimento con particolare attenzione alla scelta dei materiali, alla predisposizione dell’ambiente e alla riorganizzazione delle conoscenze”

Analisi dei Blog Come emerge dalla tabella 1, nei Blog prevalgono le scritture che consentono di mantenere in memoria quanto si è svolto nella vita in classe, le riflessioni estemporanee, disgregate, che sorgono durante l’azione e che suscitano l’attenzione dell’insegnante anche ai fini di un maggiore controllo del proprio agire in base a quanto precedentemente annunciato nella programmazione.

Tabella - 1

Argomenti trattati nei blog Attività svolte (anche relative all’organizzazione della classe) 10 Osservazioni su come gli studenti apprendono o/e si comportano 7 Interesse dimostrato dagli alunni 5 Monitoraggio sul proprio progetto 5 Sentimenti personali (soddisfazione, frustrazioni…) 4 Risultati ottenuti con gli studenti 3 Decisioni sul che cosa fare nel prossimo futuro 2 Osservazioni sull’efficacia dei materiali (mappe, questionari..) 2 Riflessioni sulle strategie 2 Riflessioni sulla riprogettazione 2 Riflessioni sul proprio modo di apprendere 1 Rapporto con i colleghi in relazione alle attività, al progetto 1 Riflessioni finali sul progetto (problemi, risorse utilizzate, strategie efficaci) 1 I blog si mostrano come raccolte di una pluralità di elementi e non sono ancora spazi nei quali l’insegnante completa la propria attività di riflessione e di ripensamento sull’azione. Essi possono costituire una utile documentazione per una successiva lettura e rielaborazione, perché favoriscono l’analisi di personali visioni sui problemi incontrati e sulle strategie attivate non sempre in modo consapevole. Mentre due insegnanti utilizzano il Blog come una brutta copia e inseriscono poi alcuni testi nella terza sezione del DPW, nove docenti costruiscono nel DPW delle generalizzazioni partendo dalle annotazioni particolari inserite nel Blog (es. ricavano le loro modalità di prendere decisioni rileggendo una serie di decisioni documentate). Quattro insegnanti infine inseriscono nel Blog e nel DPW elementi completamente differenti. Non si è notata una diversità qualitativa (profondità di riflessioni, metodi di rappresentazione) fra i prodotti degli insegnanti che avevano sviluppato il blog e coloro che non lo avevano costruito e tra materiali dei novizi e materiali degli esperti. (Tabella 2)

Tabella - 2

Gli insegnanti e le loro scritture Metodi di rappresentazione Profondità di riflessioni

Nessun modello

Modelli classici di progettazione didattica

Modelli personali

Connessione teoria-pratica ed elaborazione personale

Riflessione sulla pratica e generalizzazione

Affermazioni generali

Blog (8

4

3

8

6

8

1

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esperti, 7 novizi) No blog 5 3 6 5 8 2 Vi è invece una significativa relazione fra gli insegnanti che hanno sviluppato il blog e il livello di impegno dimostrato nell’attività formativa. Per comprendere l’impegno è stata calcolata la media delle entrate nell’ambiente on line (309) e il tracciamento delle attività. Dieci insegnanti che hanno realizzato il blog sono entrati da 350 a 500 volte, 5 insegnanti sono entrati da 220 a 280 volte. Questa constatazione può suggerire diverse interpretazioni: a. coloro che si sono impegnati nel percorso formale hanno effettuato tutte le attività proposte; b. la necessità/opportunità di registrare in forma testuale gli eventi sembra rimandare a modalità di lavoro personali e al desiderio di sperimentare opportunità offerte dalla formazione in rete.

Analisi dei Diari del Project Work Nell’analisi sono state confrontate le risposte a domande tra loro connesse ma poste in fasi diverse del lavoro, che rimandano ad un “prima” e ad un “dopo”. La prima coppia di domande utilizzata è: a. Che cosa vorrei apprendere attraverso la progettazione e la realizzazione di questo progetto? (sez. 1) b. Quali competenze penso di aver acquisito?(sez. 4) Emergono i seguenti dati66 visibili nella Tabella - 33.

Tabella - 3

“Cosa vorrei apprendere?” “Vorrei ….. Prima domanda* 46 Seconda domanda 64 Apprendere l’uso di strumenti, tecniche e mediatori

uso di particolari software 5, sperimentazione di specifici

mediatori, es. le mappe 2, sperimentazione di strategie

specifiche per il lavoro di gruppo 5

12 Uso di particolari software 3 Sperimentazione di specifici mediatori 1

Sperimentazione di strategie specifiche per il lavoro di gruppo 4

8

Apprendere competenze per l’insegnamento:

progettare 9, valutare 3, sviluppare motivazione 6, conoscere come gli alunni

apprendono 4, modificare la propria azione

didattica 2 modificare la relazione con gli

studenti 2, documentare un percorso 1

25 progettare 12 valutare 3 sviluppare motivazione 1 conoscere come gli alunni apprendono 3

modificare la propria azione didattica 8

modificare la relazione con gli studenti 7

documentare un percorso 2 conoscenze disciplinari 2 osservare 2

40

Apprendere a riflettere sulla propria professionalità

Riflettere sulle pratiche 5, Costruire consapevolmente

percorsi di ricerca fra teoria e prassi 4

9 Riflettere sulle proprie pratiche 11 Costruire consapevolmente percorsi di ricerca fra teoria e prassi 3

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66 Pur essendo stati esaminati 30 diari, il conteggio delle frequenze è maggiore del totale in quanto sono stati considerati tutti gli elementi espressi dagli insegnanti.

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* alla prima domanda 3 insegnanti non hanno risposto.

Dalla tabella 2 emerge che il numero degli elementi individuati dai docenti passa da 46 a 64, mostrando un sensibile aumento. Inoltre si nota uno spostamento dell’attenzione dagli strumenti tecnici e dai mediatori (da 12 ad 8) verso le competenze (da 25 a 40) e la riflessione sulla professionalità (da 9 a 14). Ma quanto questo può essere messo in relazione al percorso proposto e agli artefatti utilizzati/creati? Una risposta parziale può emergere dalle risposte alla domanda 4.3 “Come ho modificato la mia competenza nella progettazione didattica” (sez. 4) dove si registrano le affermazioni elencate nella Tabella 4.

Tabella - 4

Come ho appreso1. Confrontandomi con i colleghi nella mia scuola 4 2. Con lettura e le attività effettuate durante il master (discussioni in forum, progettazione collaborativa, riflessione in itinere sulle progettazioni)

5

3. Con la progettazione e realizzazione del project work (supportata dal tutor e dalla comunità)

8

5. Con il supporto di una proposta strutturata per la riflessione (diario del project work) e diversi artefatti per la documentazione del percorso

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6. Evitando di realizzare attività routinarie 3 Le categorie da 2 a 5 rimandano direttamente al percorso effettuato nel master e all’utilità dei diversi artefatti messi a disposizione dal ricercatore e prodotti dagli stessi insegnanti. Mostrano anche la necessità di differenziare gli artefatti per consentire una personalizzazione nelle modalità riflessive. La seconda coppia di domande messe a confronto è: a. Come penso di progettare e/o in base a quali teorie di riferimento penso di progettare?(sez. 1) b. Quale modalità personale di progettazione emerge dal lavoro effettuato? (sez. 4) L’analisi delle risposte alla seconda coppia di domande ha permesso di visualizzare un cambiamento. (Tabella - 5)

Tabella - 5

Come penso di progettare In base ai: Prima

domanda* Seconda domanda *

Saperi pratici: le risposte rimandano all’illustrazione di routines, a personali convinzioni maturate nell’esperienza, narrazioni di intenzioni di azione. I testi non permettono di identificare una modellizzazione

15 9

Saperi teorici: le risposte indicano teorie di riferimento, modelli classici di progettazione didattica

9 6

Saperi pedagogici: le risposte presentano un personale modello di progettazione, talvolta argomentandone la struttura

4 14

* alla prima domanda 2 insegnanti non hanno risposto, alla seconda domanda un insegnante non ha fornito risposta. Si nota uno spostamento delle ricorrenze dalla prima e seconda categoria (da 24 a 15) alla terza categoria (da 4 a 14) e questo è un primo elemento a conferma delle ipotesi di ricerca. Secondo

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quanto espresso in sede di esame dagli insegnanti, la costruzione del proprio modello è stata facilitata dal poter ripercorrere le varie tappe del progetto realizzato, dall’idea iniziale alla valutazione dell’agito, ricorrendo alla rilettura dei diversi artefatti. Un’attenzione particolare merita la “forma” con la quale è stato rappresentato il proprio modello di progettazione. Su trenta insegnanti, 8 hanno realizzato un diagramma di flusso con diversi gradi di complessità, mentre 6 si sono avvalsi di parole chiave disposte in ordine verticale per indicare la successione e in orizzontale per indicare la contemporaneità senza però esplicitare i legami; i restanti 16 hanno utilizzato la forma testuale. Nelle Figure 2 e 3 sono riportati due esempi di modellizzazioni prodotte.

Figura - 2 Mappa con domande che autoregolano la riflessione

Figura - 3 Diagramma di flusso che rappresenta l’alternanza dei momenti in cui il docente opera individualmente o in relazione alla classe (in giallo)

Analisi del contesto e individuazione dei bisogni Analisi delle risorse Individuazione delle competenze da attivare, degli obiettivi didattici e formativi Scelta delle metodologie, delle strategie da applicare, del modello di apprendimento che possa meglio permettere la realizzazione del progetto Definizione del comportamento e risultati desiderati alla fine del percorso.

Negoziazione del tema del progetto, del percorso, delle attività, dei prodotti finali

Pianificazione delle fasi del percorso e attività (scelta dei materiali didattici) Confronto fra il comportamento o risultati attesi e quelli ottenuti durante le varie fasi del progetto Documentazione del progetto in itinere per la valutazione del processo e per individuare possibili interventi e modifiche

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Dalla lettura e categorizzazione delle scritture alla domanda Come penso di progettare e/o in base a quali teorie di riferimento penso di progettare? emergevano tre modalità di descrivere la propria pratica nella progettazione:

a. l’individuazione di alcune linee guida (principi ispiratori che riguardano il sapere da insegnare, la metodologia, le priorità, valori e convinzioni etiche),

b. l’adozione di un modello predefinito (presente nella letteratura o ricavato da pratiche consolidate e da schemi condivisi),

c. la narrazione “ipotetica” (spiegazione di azioni, tempi e modalità, con l’introduzione anche di considerazioni su possibili problemi e ipotesi di strategie risolutive).

Un aspetto interessante è come queste modalità si siano trasformate. Gli insegnanti che avevano enunciato le loro linee guida hanno costruito un proprio modello progettuale mentre gli insegnanti che avevano scelto il modello predefinito lo hanno riconfermato, anche a fronte di una documentazione che permetteva di vedere lo scostamento dal modello presente in letteratura; infine, fra gli insegnanti che avevano lavorato con modalità narrative, alcuni si sono orientati alla descrizione dei risultati e dei problemi, mentre altri sono stati in grado di costruire il proprio modello. Una seconda dimensione dei saperi pedagogici è costituita dalla presenza dell’autodirezione del proprio percorso formativo. Le risposte alla domanda Come dovrò agire nel prossimo futuro per migliorare le mie competenze? Cosa debbo approfondire?, posta nella sezione finale, mostrano le intenzionalità di autodirezione nella formazione.

Tabella - 6

Autodirezione nella formazione Attraverso la modalità operativa Collaborare con i colleghi 7 Riflettere sulle mie pratiche e autovalutarle 13 Sperimentare strategie e pratiche non routinarie 6 Confrontarmi con i miei studenti 2 Attraverso l’approfondimento di una singola tematica Analizzare meglio il contesto iniziale 2 Progettare e organizzare il percorso (individualmente e collegialmente)

8

Documentare 3 Valutare un progetto 3 Usare meglio le tecnologie informatiche 4 Modificare la propria azione didattica 7 Migliorare la relazione con gli studenti 1 Totale 56

Momenti di rinegoziazione e ridefinizione del percorso Indicazioni delle modalità per l’elaborazione del prodotto finale

Verifica del prodotto finale e della riuscita del progetto (confronto fra progetto iniziale e realizzazione del progetto)

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Dai dati (Tabella - 6) emerge l’importanza assegnata alla riflessione sulla pratica (13+6) e al ruolo della comunità (7).

Considerazioni finali e prospettive future di ricerca Dai risultati della presente ricerca è possibile affermare che l’utilizzo di artefatti concettuali consente di acquisire consapevolezza del processo messo in atto nella progettazione didattica. Dai colloqui avuti con i docenti e dalle scritture in rete si è percepito come tale consapevolezza abbia migliorato la progettazione e i risultati nella classe. Il processo di progettazione e riflessione basato su artefatti e su domande, che orientano e dirigono il processo della progettazione didattica e non su strutture da applicare, ha permesso di acquisire consapevolezza sui processi di progettazione e di elaborare modelli personali e situati. Dal saper analizzare deriva la «vera metacompetenza che permette di costruire le competenze professionali»67. Se la prima fase della sperimentazione ha favorito la produzione di modelli personali per la progettazione, nel proseguo della ricerca si cercherà di costituire una comunità tra i docenti che hanno formulato tali modelli per verificare se è possibile con la negoziazione tra pari:

- validare tali modelli; - perfezionare tali modelli; - condividere tali modelli; - sperimentare in differenti contesti i modelli condivisi.

Si prevede di realizzare pertanto un percorso di ricerca che percorra le seguenti tappe: - documentazione dei modelli individuati; - lettura delle rappresentazioni per avviare reciproche domande e stimolare argomentazioni; - condivisione delle strategie e delle rappresentazioni prodotte dalla comunità di pratica; - discussione delle pratiche condivise in rete e nuova produzione teorica di modelli che

potranno essere in parte anche condivisi. Questa attività consente di costruire un progressivo chiarimento delle molteplici filosofie educative e del processo personale di progettazione contribuendo a costruire una sinergia tra progettazione e formazione, evitando comunque percorsi autoreferenziali e esclusivamente autobiografici.

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67 Altet, Formare gli insegnanti professionisti,cit., p.40.

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