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DIOCESI DI SENIGALLIA Anno Pastorale 2004/05 VI anno della Missione Diocesana I centri di Ascolto del Vangelo nelle Famiglie Come è stato fatto negli anni passati, ogni parrocchia deciderà i tempi in cui fare i sette Centri di Ascolto: nei tempi forti, oppure un incontro al mese ecc. In ogni caso, sia prima di iniziare i centri di Ascolto (quindi verso ottobre-novembre) sia prima della Quaresima è prevista la Visita dei Missionari alle Famiglie. Quest’anno meditiamo sul Padre nostro secondo la versione di Matteo. Accanto alla riflessione sui temi che la Preghiera di Gesù ci propone, questi incontri avranno anche la caratteristica di una scuola di preghiera. Questo fascicolo contiene 7 schede per la preparazione degli animatori . Al termine di ciascuna scheda c’è quella, molto più semplice, da distribuire ai fedeli. Ogni scheda si presenta così: 1- Testo biblico 2- Comprendiamo il testo: Breve commento al testo. Fa eccezione la prima scheda dove il commento è più ampio perché offre una visione d’insieme del Padre nostro. 3- Impariamo a pregare: si spiega il significato di ognuna delle invocazioni del Padre nostro. Nella prima scheda, invece, si suggeriscono alcuni at- teggiamenti da coltivare nella preghiera.

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DIOCESI DI SENIGALLIA

Anno Pastorale 2004/05VI anno della Missione Diocesana

I centri di Ascolto del Vangelo nelle Famiglie

Come è stato fatto negli anni passati, ogni parrocchia deciderà i tempi in cui fare i sette Centri di Ascolto: nei tempi forti, oppure un incontro al mese ecc.

In ogni caso, sia prima di iniziare i centri di Ascolto (quindi verso ottobre-novembre) sia prima della Quaresima è prevista la Visita dei Missionari alle Famiglie.

Quest’anno meditiamo sul Padre nostro secondo la versione di Matteo. Accanto alla riflessione sui temi che la Preghiera di Gesù ci propone, questi incontri avranno anche la caratteristica di una scuola di preghiera.

Questo fascicolo contiene 7 schede per la preparazione degli animatori. Al termine di ciascuna scheda c’è quella, molto più semplice, da distribuire ai fedeli.

Ogni scheda si presenta così:1- Testo biblico

2- Comprendiamo il testo: Breve commento al testo. Fa eccezione la prima scheda dove il commento è più ampio perché offre una visione d’insieme del Padre nostro.

3- Impariamo a pregare: si spiega il significato di ognuna delle invocazioni

del Padre nostro. Nella prima scheda, invece, si suggeriscono alcuni at-

teggiamenti da coltivare nella preghiera.4- Preghiamo anche con la vita: La preghiera deve incidere sulla

vita. Perciò in questa parte si sottolinea come vivere quanto si chiede nella preghiera con la speranza di diventare docili strumenti nelle mani di Dio.

5- Per la riflessione: Vengono proposte alcune domande per aiutare la riflessione in gruppo

6 – Preghiera: può essere utilizzata al termine dell’incontro

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1 - PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI

Dal Vangelo secondo Matteo (6,5-15)Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle

sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così:

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno;sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiticome noi li rimettiamo ai nostri debitori,e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà

anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. Parola del Signore.

COMPRENDIAMO IL TESTOMatteo pone l’insegnamento sulla preghiera all’interno del Discorso della Montagna. In questo

discorso inaugurale espone anche la novità della preghiera.Proprio per questo motivo il Padre nostro non è semplicemente una preghiera, una formula,

quanto un modello di preghiera. Per cui, anche se non diciamo il Padre nostro, è comunque necessario pregare con gli atteggiamenti, gli interessi, le preoccupazioni, la disponibilità, insomma la novità che questa preghiera suggerisce.

1- L’atteggiamento della preghiera. E’ un atteggiamento confidenziale, da figli. Lo Spirito che prega nel fedele insegna a pregare secondo una identità di figli amati che si possono rivolgere a Dio chiamandolo “Abbà, Padre mio, Papà. Non può esistere preghiera che non abbia in sè questa confidenza, questa fiducia e questo amore. 2- Gli interessi, cioè i motivi per cui si prega. La gente a volte si accorge di Dio solo in alcuni momenti e per i motivi più vari. Gesù insegna quali devono essere i motivi per cui pregare, cioè cosa chiedere.* Primo motivo: Sia santificato il tuo nome. In altre parole si deve chiedere che il nome santo di Dio (cioè Dio stesso) sia conosciuto e amato. * Secondo motivo: Venga il tuo Regno. Il Regno di Dio è la vittoria di Dio sul peccato, su Satana e sulla morte. In Gesù il Regno ci è donato. Accanto al dono si chiede la capacità degli uomini di cercare il Regno e di viverne le esigenze. Gesù chiaramente ricorda l’urgenza di non anteporre nulla al Regno di Dio.* Terzo motivo: Sia fatta la tua volontà: Nella preghiera si deve chiedere che si realizzi quel progetto di amore e di salvezza che Dio custodisce nel suo cuore dall’eternità In Cristo Dio ci ha scelti per essere santi e immacolati predestinandoci a essere suoi figli adottivi... (Ef 1,3-6)3- Quali bisogni esprimere? Gesù insegna a pregare presentando a Dio le vere povertà e quindi le vere esigenze. * Primo: Dacci il nostro pane quotidiano. E’ il cibo. Quotidiano, perchè ogni giorno ne abbiamo bisogno. Quotidiano anche perchè necessario. E il contesto evangelico (in particolare Mt) in quel

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quotidiano-necessario ci vede la Fede e l’Eucaristia. Emergono allora le cose che sostengono la vita dell’uomo: Il cibo necessario (nè povertà, nè ricchezza), la Fede, l’Eucaristia.* Secondo: Perdonaci i nostri peccati. L’offerta del perdono da parte di Dio è il motivo della venuta di Gesù. Innumerevoli sono i passi evangelici in cui si sottolinea la volontà di Dio di rimettere i peccati all’uomo che si apre al perdono. Tutte le parabole della misericordia di Luca (Lc 15) sottolineano questa volontà di Dio di perdonare. * Terzo: Non ci indurre in tentazione. “Non ci far entrare nella tentazione”, quella tentazione che ci potrebbe far cadere nel peccato, ma soprattutto quella tentazione che ci allontana dalla fede. Tentazione pericolosa, questa, perchè non ha via di uscita: nel peccato si può chiedere perdono, ma la perdita della fede è un peccato imperdonabile perchè non si ha più nemmeno il desiderio di chiedere perdono. * Quarto: Liberaci dal Male: Di chi si deve aver paura? Quando si è con Gesù non si deve aver paura di nessuno. Non si deve aver paura delle scelte coraggiose da fare, non si deve aver paura delle proposte grandi ed esigenti che il Signore fa, non si deve aver paura di dove il Signore può condurre i suoi fedeli. Non si deve aver paura nemmeno della persecuzione.

Ma di una cosa si deve avere paura: “Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui.” Sì, la cosa più grave non è perdere la vita terrena, ma perdere la Vita eterna. La cosa più grave è l’inferno e ciò che causa l’inferno: il peccato. Il vero nemico è colui che ci spinge al peccato: il Tentatore.

IMPARIAMO A PREGARENel VT sono rarissime le volte con cui Dio viene chiamato Padre. Il suo nome è JHWH. Infatti

i popoli pagani chiamavano i loro idoli padre, a volte con connotazioni poco eleganti e allora Israele prende le distanze. Non vuol correre il rischio ci confondere JHWH con quelle divinità.

Indubbiamente anche nel VT ci sono riferimenti a Dio come Padre ma possiamo dire che è Gesù che ancora una volta ci fa gustare una cosa nuova nell’indicarci Dio come Padre.

Gesù dice che Dio è suo Padre e anche Padre di tutti noi. Anzi, a dire il vero, dice che è l’unico a meritare il nome di padre: “E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo” (Mt 23,9).

E del Padre dobbiamo conoscere e soprattutto imitare le caratteristiche: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).

E ancora: Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro (Lc 6,35-36).

Ma l’insegnamento di Gesù raggiunge il suo culmine quando chiama e invita a chiamare Dio con il delicato e confidenziale nome di Abbà. Termine troppo affettuoso e confidenziale perchè Israele lo possa applicare alla infinita Maestà di Dio.

Eppure Gesù si rivolge a Dio chiamandolo così: Abbà:E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36).

Gesù donando il suo Spirito pone l’uomo in un rapporto nuovo con Dio per cui possiamo anche noi chiamarlo così: E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! (Gal 4,6).

Al di là della parola usata ci sono subito alcune considerazioni da non dimenticare quando preghiamo: * Se per gli Israeliti Dio è anzitutto il Giudice, l’Altissimo, il legislatore, Gesù ci presenta Dio come il Padre Buono che ha cura dei suoi figli. Per cui a Lui ci si rivolge con la semplicità di un bambino, perchè Egli ha cura di ogni creatura: Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né

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ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?.... (Mt 6,25-31).

Conta perfino i capelli e conosce ogni necessità: Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri (Lc 12,6-7).* Gesù ha con il Padre un rapporto unico. Infatti Gesù insegna a dire “Padre nostro” ma lui non si accomuna a nessuno e da solo dice Padre mio: “Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17).

E anche per noi è possibile essere figli solo in Lui, in Gesù, solo per mezzo di Lui, accogliendo il dono del suo Spirito. Infatti “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27).* E a questo punto ci possiamo porre una domanda: il Padre nostro può essere detto da tutti? In altre Parole l’esperienza della paternità di Dio così come la stiamo descrivendo è di tutti? Dobbiamo dire che in verità può rivolgersi a Dio chiamandolo Abbà solo chi ha ricevuto lo Spirito Santo. E’ lo Spirito che fa il cuore nuovo che in Gesù permette di parlare a Dio così.

Possiamo sottolineare, e questo deve sempre emergere nella preghiera, che il Padre rivelatoci da Gesù è un Padre che libera dalla schiavitù; vuole la libertà; insegna che la libertà sta nell’imitare Lui che è un Dio di amore; Lui non è geloso della gioia dei suoi figli, anzi li vuole felici.

E a proposito della libertà ci insegna che la più grande schiavitù è fuggire da lui. L’egoismo, il peccato in realtà rendono l’uomo schiavo. Essere come lui, camminare nella perfezione dell’amore, qui sta la vera libertà: Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso (Gal 5,13-14).

E’ importante che non perdiamo di vista che Dio è Padre, anzi che può essere chiamato Abbà, ma ciò non significa permettere che l’esperienza di Dio sia condizionata dalle esperienze umane.

Al n 2779 così ci dice il CCC: Prima di fare nostro questo slancio iniziale della Preghiera del Signore, non è superfluo purificare umilmente il nostro cuore da certe false immagini di «questo mondo». La purificazione del cuore concerne le immagini paterne e materne, quali si sono configurate nella nostra storia personale e culturale, e che influiscono sulla nostra relazione con Dio. Dio, nostro Padre, trascende le categorie del mondo creato. Trasporre su di lui, o contro di lui, le nostre idee in questo campo, equivarrebbe a fabbricare idoli da adorare o da abbattere.

Dio è Abbà, padre amorevole al quale ci si può rivolgere con infinita confidenza. Ma lo si invoca come Padre che è nei cieli. Dicendo che il Padre è in cielo si vuol sottolineare che Dio è totalmente diverso dai padri della terra. E’ un Dio che non può essere compreso con le categorie umane: è santo, imprevedibile, di un amore sconvolgente e al di sopra di ogni attesa, pieno di sorprese, per cui di fronte a lui ci si può solo mettere in un atteggiamento di stupore e meraviglia.

Dicendo Padre che sei nei cieli si vuole evitare ogni banalizzazione e ogni riduzione di Dio. Resta comunque un Padre, infatti, che non si adatta ai capricci dei figli. Ma tutto questo non

significa che sia lontano. Se è Padre non può essere lontano, inaccessibile. Dobbiamo ripetere che nella sua provvidenza, nella sua cura, nella sua attenzione è vicinissimo. E’ più vicino e più attento di ogni padre e madre della terra: Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai (Is 49.14-15).

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La preghiera nuova che ci viene suggerita con il Padre nostro è la preghiera di uomini nuovi. Ci aiutano a capire il significato di questa preghiera, e di ogni preghiera cristiana, tre atteggiamenti: la preghiera del Signore viene fatta in piedi, guardando in alto e con le braccia allargate. * Il Padre nostro si prega in piedi. E’ la posizione di Cristo Risorto. Letteralmente la risurrezione di Cristo è detta un rialzarsi. Noi, pregando in piedi, facciamo un atto di fede nella nostra resurrezione battesimale e manifestiamo la consapevolezza di essere conformati a Cristo. Anche se riconosciamo la trascendenza di Dio e lo chiamiamo il tre volte Santo, non ci sentiamo schiacciati, ma lo chiamiamo Padre, con la gratitudine di chi è reso libero ed è stato fatto figlio.* Il Padre nostro si prega guardando in alto. Scrive Sant’Ambrogio in De Sacr. 5,19: “ O uomo tu non osavi levare il tuo volto verso il cielo, rivolgevi i tuoi occhi verso terra, e, ad un tratto, hai ricevuto la grazia di Cristo: ti sono stati rimessi tutti i tuoi peccati. Da servo malvagio sei diventato un figlio buono... Leva, dunque, gli occhi tuoi al Padre... che ti ha redento per mezzo del Figlio e di: Padre nostro!... Ma non rivendicare per te un rapporto particolare. Del solo Cristo è Padre in modo speciale, per noi tutti è Padre in comune, perché ha generato lui solo, noi invece, ci ha creati. Di’ anche tu per grazia: Padre nostro, per meritare di essere suo figlio”* Il Padre nostro si prega con le braccia allargate:

- E’ il gesto spontaneo con cui il bambino corre incontro al papà o alla mamma.- E’ pure il gesto indicante una disponibilità incondizionata, come quella di Gesù sulla croce: “Tu non hai voluto né sacrificio, né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Allora ho detto: Ecco io vengo per fare o Dio la tua volontà”(Ebr 10,5-7).- E’ gesto di invocazione e di intercessione non solo per noi ma per il mondo intero.- E’ gesto che non vuole che la volontà del Padre si pieghi alla nostra, ma al contrario è segno di apertura, disponibilità alla sua volontà: è la consegna di noi stessi!

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITACi rivolgiamo al Padre definendolo nostro. Non si indica un possesso. Si tratta invece di una

appartenenza reciproca, che è l’appartenenza dell’amore: Darò loro un cuore capace di conoscermi, perché io sono il Signore; essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio, se torneranno a me con tutto il cuore(Ger 24,17).

E’ una appartenenza reciproca frutto dell’alleanza sponsale. Per cui sempre in Geremia troviamo: Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo (Ger 31,33).

E’ questo un tema, quello dell’appartenenza reciproca, caro a tutti profeti. Solo come esempio possiamo ricordare anche Ezechiele: Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio (Ez 11,19-20).

Questo Dio che il popolo sperimenta vicino, sposo, Gesù ci chiede di pregarlo come Padre e Padre nostro.

Chiamare Dio come Padre nostro fa uscire dall’individualismo, per cui ci si sente Chiesa, comunità, fratelli e sorelle, amati e perciò debitori di amore gli uni verso gli altri. La stessa preghiera ormai non è più individualistica. E’ sempre inserita nella preghiera della Chiesa intera e in particolare in quella porzione di Chiesa nella quale il Signore ci ha posto. Piaccia o no la preghiera del Padre nostro richiama le membra di Cristo con cui i fedeli sono una cosa sola. Anche se si prega il Padre nostro (o si fa qualsiasi altra preghiera) da soli, si è comunque inseriti in una moltitudine e a questa si presta voce. Coerentemente non si può recitare il Padre nostro, nè si può pregare in altra maniera, nè si può fare l’esperienza della figliolanza divina se si ha divisione nel cuore: ogni antagonismo, ogni cattiveria, ogni durezza, ogni divisione deve essere superata.

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Chissà che il Signore a volte non esaudisce la preghiera dei suoi figli proprio per questo: perchè non gli arriva. Dicendo Padre nostro si deve essere in comunione con tutti coloro per i quali il Figlio ha offerto se stesso. Ma se di fatto si esclude qualcuno, la preghiera non tocca il cuore di Dio e nemmeno ci si può chiamare figli di Dio. L’amore di Dio è senza frontiere, anche la nostra preghiera deve esserlo (CCC 2792).

La preghiera ci fa sottolineare la comune paternità di Dio e di conseguenza ci fa riconoscere la dignità di ogni fratello.

Non si può dire Padre nostro senza la disponibilità a dare la vita gli uni per gli altri. Con quanta gioia e trepidazione e con quanto bisogno di perdono da dare e ricevere dobbiamo

dire Padre nostro. Interroghiamo la Parola di Dio per capire la portata di quel nostro:Rom 12,10: Gareggiate nello stimarvi a vicenda. Nella stima si collabora e ci si apre al consiglio;Rom 15,7: Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo... Ospiti gli uni degli altri, nel cuore degli altri;Col 3,16: Ammonitevi con ogni sapienza... Responsabili della santità del fratello. Mai il giudizio, ma rappresentanti dell’amore di Dio che corregge chi ama;1Cor 11,33: Aspettatevi gli uni gli altri... I tempi di crescita sono diversi per ciascuno; 1Tes5,11: Confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri... Coscienza della responsabilità che ci viene dai compiti ricevuti e dai doni personali da usare per l’edificazione della comunità;Rom 16,16:Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo. Manifestare dei segni del bene che si vuole è di grande incoraggiamento; Rom12,18: Vivete in pace con tutti. Per costruire la Chiesa è importante un comune sentire; 2 Cor 13,11:Fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace...1 Cor 13,7: Sopportatevi... La carità tutto sopporta… La sopportazione non ha necessariamente una accezione negativa; è mettersi sotto per portare il peso;Col 3,12: Rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza... Sono i sentimenti che furono in Cristo Gesù. E di tutto questo impegno il frutto lo troviamo indicato in 1Gv 1,3: ...perché anche voi siate in comunione con noi, e 1Gv 4,7: Amiamoci gli uni gli altri...

PER LA RIFLESSIONE1- La preghiera del Padre nostro è il modello di ogni preghiera. Ho capito bene tutto questo, per cui in ogni momento di preghiera vivo un atteggiamento fiducioso e confidenziale verso Dio, chiedo anzitutto che si realizzi il suo progetto di amore e so presentarmi a Lui in tutta la mia povertà, riconoscendo comunque che il Signore vuole sempre il mio vero bene?2-Mi rendo conto che Dio è Padre, Padre amorevole e vicino, Padre attento e premuroso, ma questo non significa che sia un Padre capriccioso, volubile, indeciso? Dio è un Padre che cerca solo il mio bene: ho capito, quindi, che nella preghiera non devo tanto tentare di cambiare i suoi disegni, quanto il mio cuore e i miei pensieri? 3- Pregando Dio Padre nostro so riconoscere che sono legato ad una comunità, ad una famiglia, alla Chiesa, per cui i miei rapporti con i fratelli devono essere vissuti all’insegna dell’accoglienza, del perdono, della carità, della fiducia, della collaborazione...?

PREGHIERAPadre mio, io mi abbandono a Te.Fa’ di me ciò che ti piace… Qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto accetto tutto,purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature; non desidero altro, mio Dio.Depongo la mia anima nelle tue mani, te la dono, mio Diocon tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo.Ed è per me un’esigenza d’amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani, senza misura, con una confidenza infinita, perché tu sei il Padre mio. Amen.

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1 - PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI (sussidio per i fedeli)

Dal Vangelo secondo Matteo (6,5-15)Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti

nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;

venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiticome noi li rimettiamo ai nostri debitori,e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste

perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. Parola del Signore.

COMPRENDIAMO IL TESTOIl Padre nostro non è semplicemente una preghiera, una formula, quanto un

modello di preghiera. Per cui, anche se non diciamo il Padre nostro, è comunque necessario pregare con gli atteggiamenti, gli interessi, le preoccupazioni, la disponibilità, insomma la novità che questa preghiera suggerisce.1- L’atteggiamento della preghiera. E’ un atteggiamento confidenziale, da figli che chiamano Dio “Abbà, Padre mio, Papà. 2- Gli interessi, cioè i motivi per cui si prega: Sia santificato il tuo nome; Venga il tuo Regno; Sia fatta la tua volontà3- Quali bisogni esprimere? Gesù insegna a pregare presentando a Dio le vere povertà e quindi le vere esigenze: Dacci il nostro pane quotidiano; Perdonaci i nostri peccati; Non ci indurre in tentazione; Liberaci dal Male.

IMPARIAMO A PREGAREGesù dice che Dio è suo Padre e anche Padre di tutti noi. Anzi, a dire il vero, dice

che è l’unico a meritare il nome di padre: “E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo” (Mt 23,9).

E del Padre dobbiamo conoscere e soprattutto imitare le caratteristiche: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48). Ma l’insegnamento di Gesù raggiunge il suo culmine quando chiama e invita a chiamare Dio con il delicato e confidenziale nome di Abbà.

Gesù donando il suo Spirito pone l’uomo in un rapporto nuovo con Dio per cui possiamo anche noi chiamarlo così: E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha

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mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! (Gal 4,6).Alcune considerazioni: 1- Egli ha cura di ogni creatura. Conta perfino i capelli e conosce ogni necessità. 2 Padre rivelatoci da Gesù è un Padre che libera dalla schiavitù. 3-Lui non è geloso della gioia dei suoi figli, anzi li vuole felici. 4- La più grande schiavitù è fuggire da lui. L’egoismo, il peccato in realtà rendono l’uomo schiavo. 5- Il Padre nostro si prega in piedi, guardando in alto, con le braccia allargate

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITACi rivolgiamo al Padre definendolo nostro. Non si indica un possesso. Si tratta

invece di una appartenenza reciproca, che è l’appartenenza dell’amore.Chiamare Dio come Padre nostro fa uscire dall’individualismo, per cui ci si sente

Chiesa, comunità, fratelli e sorelle, amati e perciò debitori di amore gli uni verso gli altri. Non si può recitare il Padre nostro, nè si può pregare in altra maniera, nè si può fare l’esperienza della figliolanza divina se si ha divisione nel cuore: ogni antagonismo, ogni cattiveria, ogni durezza, ogni divisione deve essere superata. Non si può dire Padre nostro senza la disponibilità a dare la vita gli uni per gli altri.

PER LA RIFLESSIONE1- La preghiera del Padre nostro è il modello di ogni preghiera. Ho capito bene tutto questo, per cui in ogni momento di preghiera vivo un atteggiamento fiducioso e confidenziale verso Dio, chiedo anzitutto che si realizzi il suo progetto di amore e so presentarmi a Lui in tutta la mia povertà, riconoscendo comunque che il Signore vuole sempre il mio vero bene?2-Mi rendo conto che Dio è Padre, Padre amorevole e vicino, Padre attento e premuroso, ma questo non significa che sia un Padre capriccioso, volubile, indeciso? Dio è un Padre che cerca solo il mio bene: ho capito, quindi, che nella preghiera non devo tanto tentare di cambiare i suoi disegni, quanto il mio cuore e i miei pensieri? 3- Pregando Dio Padre nostro so riconoscere che sono legato ad una comunità, ad una famiglia, alla Chiesa, per cui i miei rapporti con i fratelli devono essere vissuti all’insegna dell’accoglienza, del perdono, della carità, della fiducia, della collaborazione...?

PREGHIERAPadre mio, io mi abbandono a Te.Fa’ di me ciò che ti piace… Qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature; non desidero altro, mio Dio.Depongo la mia anima nelle tue mani, te la dono, mio Diocon tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo.Ed è per me un’esigenza d’amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani, senza misura, con una confidenza infinita, perché tu sei il Padre mio. Amen.

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2 - SIA SANTIFICATO IL TUO NOME

Dal libro del profeta Ezechiele (36,22-28)Annunzia alla casa d'Israele: Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi,

gente d'Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato fra le genti presso le quali siete andati. Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. Parola di Dio.

COMPRENDIAMO IL TESTOQuesto oracolo di Ezechiele che abbiamo letto sottolinea il momento più terribile della storia

del regno di Giuda. Siamo nel 587 a.C.: Gerusalemme cade di fronte all’esercito dei babilonesi e il re Nabucodonosor deporta a Babilonia coloro che sono scampati alla spada. La causa di tutto questo è il peccato. La Parola di Dio lo sottolinea con decisione che la causa ultima di tutto ciò è l’infedeltà. Così commenta il Secondo libro delle Cronache: Anche tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato in Gerusalemme. Il Signore Dio dei loro padri mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché amava il suo popolo e la sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l'ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio (2 Cr 36, 14-16).

L’infedeltà porta alla rovina!Ma il Signore è fedele e dopo aver inviato profeti inascoltati e beffati non abbandona il suo

popolo, ma promette subito un ritorno dall’esilio, un nuovo Esodo, una nuova gioia. E il suo sarà un dono ancor più grande di una libertà politica: toccherà, infatti, il cuore degli uomini e li convertirà, rinnoverà gli uomini dal di dentro, liberandoli dalle loro sozzure, dal peccato e dall’idolatria. In questa maniera, salvando e rinnovando, Dio santifica il suo nome.

IMPARIAMO A PREGARESappiamo che il Padre nostro è modello di ogni preghiera. Quindi ogni circostanza di preghiera

deve esprimere questo desiderio: Sia santificato il tuo nome.Anzitutto premettiamo che dietro quella parola nome ci sta la persona stessa che lo porta. Per

cui mentre diciamo Sia santificato il tuo nome dobbiamo intendere Sii tu santificato. E allora cosa si desidera, cosa si esprime con questa invocazione?1- Il primo significato è che Dio sia rispettato, sia onorato, non sia mai profanato. La bestemmia, l’uso magico del nome di Dio, addirittura l’uso improprio del nome di Dio è da evitare. Si pensi che l’Israelita non pronunciava il nome di JHVH nemmeno quando lo incontrava nella Scrittura: lo sostituiva con il termine Adonai-Signore.2- Ma c’è un secondo significato il quel Santificare il nome di Dio. E’ riconoscere la sua santità. E’ riconoscere che Dio è unico, immenso, irraggiungibile, totalmente diverso dagli uomini. Nel racconto della vocazione di Isaia viene sottolineata questa santità di Dio, cioè la sua unicità, la sua maestà, la sua gloria infinita: Io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano

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il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l'uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria» (Is 6,1-3).

E Isaia teme di morire perchè ha visto Dio, Colui sul quale gli occhi degli uomini non si possono posare, Colui che non è contenuto dall’universo, Colui che viene detto il tre volte santo, per sottolinearne la diversità e la grandezza.3- Santificare il nome di Dio ha un ulteriore significato: è lodarlo per quanto Egli ha fatto, è raccontare le sue opere, è stupirsi di fronte alle meraviglie da lui compiute, è adorarlo riconoscendo la sua potenza e il suo amore, è esprimere il proprio stupore e la propria gioia nel vedere Dio all’opera. Un esempio di come la preghiera è santificare il nome di Dio lo troviamo nel salmo 145: O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare.Una generazione narra all'altra le tue opere, annunzia le tue meraviglie.Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi.Dicono la stupenda tua potenza e parlano della tua grandezza.Diffondono il ricordo della tua bontà immensa, acclamano la tua giustizia (Sal 145,1.3-7).

Chi è capace di vedere e stupirsi delle opere di Dio? Solo chi è puro di cuore. Per questo Gesù sottolinea che alla fine il nome di Dio è santificato dai piccoli e dai semplici: In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11,25).4- Possiamo pensare ancora ad un altro significato: Dio è santificato nelle sue opere. Ecco perchè è Dio stesso che santifica il suo nome. Là dove Dio sconfigge il male, la schiavitù dei suoi figli, il peccato, là è santificato il suo nome. Dio ha scommesso sull’uomo: la perdita dell’uomo non sarebbe sconfitta solo di questi, sarebbe anche sconfitta di Dio e il suo nome sarebbe disonorato. E allora in tutta la storia della salvezza Dio è santificato. Man mano che le forze del male si ritirano e appare l’opera di Dio, il suo nome è santificato. E’ quanto esprime questo salmo:Aiutaci, Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome,salvaci e perdona i nostri peccati per amore del tuo nome.Perché i popoli dovrebbero dire: «Dov'è il loro Dio?». Giunga fino a te il gemito dei prigionieri;con la potenza della tua mano salva i votati alla morte. (Sal 79,9-11).

Se Dio è santificato nelle opere che compie, il vertice è nell’opera sua più grande: la nuova creazione nella resurrezione di Gesù. E’ da intendersi così la stessa preghiera di Gesù: Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!» (Gv 12,27-28).

Ogni momento di preghiera deve santificare il nome di Dio. La preghiera deve esprimere la fiducia e l’abbandono, il riconoscimento della grandezza di Dio e l’adorazione, la lode e il ricordo delle sue opere, la meditazione delle sue opere e il riconoscimento della sua vittoria: allora è santificato il nome di Dio!

Il desiderio che il nome di Dio sia santificato significa chiedere che tutti gli uomini, iniziando da noi stessi, imparino veramente a pregare, così come si è appena detto, non riducendo la preghiera ad alcune formule o limitandola ad alcuni momenti in cui si intravede una necessità.

Ma non solo: si deve chiedere che Dio sia santificato nella nostra vita, cioè che la sua opera possa essere sperimentata da noi, dalla Chiesa, dal mondo intero.

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PREGHIAMO ANCHE CON LA VITA E’ Dio che santifica il suo nome. Ma sicuramente c’è un’opera nostra da compiere. Infatti in

tutto ciò chiediamo o desideriamo ci viene chiesta una collaborazione. E allora siamo chiamati a santificare il nome di Dio con tutta la nostra vita.Innanzitutto nella preghiera, riscoprendo la preghiera di lode, di adorazione, di narrazione delle

sue opere (tanti salmi sono su questa linea): il fare memoria delle opere di Dio è preghiera.Ma anche la vita, la vita vissuta nella quotidianità può essere una santificazione del nome di

Dio. L’uomo con tutta la sua vita santifica il nome di Dio quando lo rispetta, riconosce la sua

Maestà, accoglie i suoi messaggi, si lascia coinvolgere nelle sue opere. In altre parole una vita che si costruisce sulla Parola di Dio, santifica il suo nome.

Il Tre volte Santo vuole manifestare la sua santità nella nostra vita. La vuol modellare come il vasaio modella l’argilla: accettare questa opera di santificazione che Dio fa è santificare il suo nome.

E’ quanto Dio chiede: Lui, il Santo, chiede che siamo santi, ci lasciamo santificare da lui: Poiché io sono il Signore, che vi ho fatti uscire dal paese d'Egitto, per essere il vostro Dio; siate dunque santi, perché io sono santo (Lev 11,45).

Indubbiamente Dio ci rende santi donandoci la sua Parola: Osservate le mie leggi e mettetele in pratica. Io sono il Signore che vi vuole fare santi (Lev 20,8).

Dal momento che siamo redenti da Gesù, inseriti nella vita nuova, risorti con Gesù, l’esigenza di santificare il nome di Dio con una condotta santa è ancora più impellente: Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri d'un tempo, quando eravate nell'ignoranza, ma ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo (1Pt 1,14-16).

Lo stesso discorso lo fa Paolo: Alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro (1Cor 1,2).

Ora bisogna giungere a concretezza. Santificare il nome di Dio nella nostra vita, imitando Lui in un cammino di santità, non è solo un fatto di parole. Dio, il Santo, per mezzo di Gesù ci ha purificati dandoci la possibilità di una vita nuova. C’è ora da scegliere, nella quotidianità, di percorrere questo cammino. Un esempio di questo cammino ancora ce lo presenta San Paolo:

Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!

La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre (Col 3, 12-17).

Sottolineiamo alcune parole di questo brano. Santificare il nome di Dio con la vita, percorrendo un cammino di santità, passa anche per queste vie:- Rivivere gli atteggiamenti e i sentimenti di Gesù: misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza.- Creare buoni rapporti con i fratelli: passando soprattutto attraverso l’accoglienza reciproca, il sostegno vicendevole re il perdono.- Vivere uniti a Gesù per sperimentare la sua pace e diventare quindi portatori di pace, facendo in modo che chiunque ci incontri riparta migliore e più gioioso.

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- Costruire la nostra vita e le nostre comunità sulla Parola di Dio. L’aiuto reciproco, la responsabilità che si sente nei confronti degli altri sia questa: aiutarsi a crescere nella Parola di Dio.

Per approfondire ancora cosa vuol dire santificare il nome di Dio nella nostra vita imitandolo in un cammino di santità, possiamo fare riferimento anche ad un altro passo delle lettere di San Paolo:

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne. Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne.

Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio.

Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è legge.

Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. (Gal 5,13.16.19-25).

E anche qui vogliamo fare alcune annotazioni per imparare a pregare non solo con le parole, ma con la vita intera, affinchè in verità possiamo dire “sia santificato il tuo nome”.* Anzitutto il nome di Dio è santificato nelle sue opere grandi: Egli ci conduce a libertà . Una libertà non solo politica, bensì una libertà dalla schiavitù del Maligno. L’essere figli di Dio è la vera libertà, per cui ormai la legge di Dio è scritta nel cuore e vivere la volontà di Dio non è mortificazione bensì esigenza di amore. Santificare il nome di Dio è vivere gioiosamente questa libertà. * Ciò non significa che nell’uomo non ci sia ancora una lotta. Nonostante la resurrezione battesimale, l’uomo vecchio si fa sentire e spinge a vivere una vita di infedeltà. Per cui emerge la necessità di scegliere quotidianamente fra vita nuova e vita vecchia, fra santità e peccato, fra l’impegno di santificare il nome di Dio e la bestemmia, fra la volontà di riconoscere e lodare il nome santo di Dio con tutta la vita e l’idolatria.* Ecco allora l’invito di San Paolo a rifuggire tutte quelle scelte che sono idolatria, peccato, vecchiume, bestemmia: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Scegliere queste cose non è percorrere un cammino di santità, bensì profanare il nome di Dio.* Santificare il nome di Dio nella nostra vita è permettere allo Spirito Santo di portare i suoi frutti nella nostra esistenza, mediante l’ascolto delle ispirazioni dello Spirito stesso e la docilità alla Parola. E se il nome di Dio viene santificato con una vita obbediente lo si riconosce proprio per l’azione dello Spirito che lascia la sua firma: il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé.

PER LA RIFLESSIONE1- Dio è santificato nella preghiera, quando viene riconosciuta la sua opera, e tutto ciò che di grande ha fatto, soprattutto con la Resurrezione di Gesù. La nostra preghiera è lode, meraviglia, stupore, gioia, canto, oppure è una preghiera stanca, annoiata, senza cuore?2- Santificare il nome di Dio con la vita è permettergli di agire nella nostra esistenza santificandoci. Abbiamo la consapevolezza che Dio vuole che siamo santi e che quindi non possiamo accontentarci di qualche opera buona, qualche sacramento, qualche preghiera, bensì dobbiamo tendere ad una misura alta di santità, orientando l’intera esistenza al Signore?3- Conosciamo i mezzi di santificazione? ...Conformarsi a Gesù, vivendo la sua Parola, incontrare Gesù nella preghiera assidua, lasciarsi modellare da Gesù nei sacramenti, vivere le virtù cristiane...

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PREGHIERAO Signore nostro Dio e Padre, tu sei il Tre volte Santo che accetti e ami la nostra povera preghiera.Perdonaci, perché non sappiamo contemplare e gioire della tua grandezza e santità.Spesso ci ripieghiamo su noi stessi e sui nostri interessi. Ti preghiamo, Padre, non permettere che con il peccato disonoriamo il tuo santo nome. Rendici santi come tu sei santo, perché tutta la nostra vita sia un canto di gloria al suo santo nome. Grazie, perché in Gesù, Tuo Figlio ci hai rivelato il tuo volto di Padre e il tuo amore infinito. Tu sei il Padre di tutti, il Padre nostro: tutti gli uomini sono figli tuoi e miei fratelli. Restaci sempre vicino. Donaci di amarti con un cuore di figli, di rispondere al tuo amore con il più grande amore di cui siamo capaci, di cui tu ci fai capaci. Rendici santi: sarà la nostra vita santa la più bella lode che potremo innalzarti. Amen.

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2 - SIA SANTIFICATO IL TUO NOME (sussidio per i fedeli)

Dal libro del profeta Ezechiele (36,22-28)Annunzia alla casa d'Israele: Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo

a voi, gente d'Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato fra le genti presso le quali siete andati. Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. Parola di Dio.

COMPRENDIAMO IL TESTOIl profeta ha davanti agli occhi la caduta di Gerusalemme e la deportazione a

Babilonia di coloro che sono scampati alla spada. La causa di tutto questo è il peccato.Ma il Signore è fedele e non abbandona il suo popolo, ma promette subito un

ritorno dall’esilio, ma non solo: convertirà il suo popolo, rinnoverà gli uomini dal di dentro. In questa maniera, salvando e rinnovando, Dio santifica il suo nome.

IMPARIAMO A PREGARE Cosa si desidera dicendo sia santificato il tuo nome che significa sii tu santificato?1- Il primo significato è che Dio sia rispettato, sia onorato, non sia mai profanato. 2- E’ riconoscere la sua santità. E’ riconoscere che Dio è unico, immenso. Dio viene detto il tre volte santo, per sottolinearne la diversità e la grandezza.3- E’ lodarlo per quanto Egli ha fatto, è raccontare le sue opere, è stupirsi di fronte alle meraviglie da lui compiute, è adorarlo riconoscendo la sua potenza e il suo amore.4- Infine è Dio stesso che santifica il suo nome. Là dove Dio sconfigge il male, la schiavitù dei suoi figli, il peccato, là è santificato il suo nome.

Se Dio è santificato nelle opere che compie, il vertice è nell’opera sua più grande: la nuova creazione nella resurrezione di Gesù.

Il desiderio che il nome di Dio sia santificato significa chiedere che gli uomini imparino a pregare, a lodare, a congratularsi con Dio. Ma non solo: significa chiedere che Dio sia santificato nella nostra vita, cioè con la nostra santità.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITA

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Siamo chiamati a santificare il nome di Dio con tutta la nostra vita. Innanzitutto nella preghiera, riscoprendo la preghiera di lode, di adorazione, di narrazione delle sue opere: il fare memoria delle opere di Dio è preghiera. Ma anche la vita, la vita vissuta nella quotidianità può essere una santificazione del nome di Dio. L’uomo santifica il nome di Dio quando lo rispetta, riconosce la sua Maestà, accoglie i suoi messaggi, si lascia coinvolgere nelle sue opere. In altre parole una vita che si costruisce sulla Parola di Dio, santifica il suo nome. Il Tre volte Santo vuole manifestare la sua santità nella nostra vita. La vuol modellare come il vasaio modella l’argilla: accettare questa opera di santificazione che Dio fa è santificare il suo nome. Dio chiede che siamo santi, ci lasciamo santificare da lui: Siate e santi, perché io sono santo (Lev 11,45).

La Parola di Dio dà tanti suggerimenti pratici:- Rivivere gli atteggiamenti e i sentimenti di Gesù: misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza.- Creare buoni rapporti con i fratelli: accoglienza, sostegno vicendevole, il perdono...- Vivere uniti a Gesù per sperimentare la sua pace e diventare quindi portatori di pace, facendo in modo che chiunque ci incontri riparta migliore e più gioioso.- Costruire la nostra vita e le nostre comunità sulla Parola di Dio. - Lottare per scegliere bene vita nuova e vita vecchia, fra santità e peccato.- Permettere allo Spirito Santo di portare i suoi frutti nella nostra esistenza.

PER LA RIFLESSIONE1- Dio è santificato nella preghiera, quando viene riconosciuta la sua opera, e tutto ciò che di grande ha fatto, soprattutto con la Resurrezione di Gesù. La nostra preghiera è lode, meraviglia, stupore, gioia, canto, oppure è stanca, annoiata, senza cuore?2- Santificare il nome di Dio con la vita è permettergli di agire nella nostra esistenza santificandoci. Abbiamo la consapevolezza che Dio vuole che siamo santi e che quindi non possiamo accontentarci di qualche opera buona, qualche sacramento, qualche preghiera, bensì dobbiamo tendere ad una misura alta di santità, orientando l’intera esistenza al Signore?3- Conosciamo i mezzi di santificazione? ...Conformarsi a Gesù, vivendo la sua Parola, incontrare Gesù nella preghiera assidua, lasciarsi modellare da Gesù nei sacramenti, vivere le virtù cristiane...

PREGHIERAO Signore nostro Dio e Padre, tu sei il Tre volte Santo che accetti e ami la nostra povera preghiera. Perdonaci, perché non sappiamo contemplare e gioire della tua grandezza e santità. Spesso ci ripieghiamo su noi stessi e sui nostri interessi. Ti preghiamo, Padre, non permettere che con il peccato disonoriamo il tuo santo nome. Rendici santi come tu sei santo, perché tutta la nostra vita sia un canto di gloria al suo santo nome. Grazie, perché in Gesù, Tuo Figlio ci hai rivelato il tuo volto di Padre e il tuo amore infinito. Tu sei il Padre di tutti, il Padre nostro: tutti gli uomini sono figli tuoi e miei

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fratelli. Restaci sempre vicino. Donaci di amarti con un cuore di figli, di rispondere al tuo amore con il più grande amore di cui siamo capaci, di cui tu ci fai capaci. Rendici santi: sarà la nostra vita santa la più bella lode che potremo innalzarti. Amen.

3- VENGA IL TUO REGNO

Dal Vangelo secondo Matteo (13,31-33.44-50)* Una parabola espose loro Gesù: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino

di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».

* Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».

* Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

* Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

* Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Parola del Signore.

COMPRENDIAMO IL TESTOIl Vangelo di Matteo contiene cinque grandi discorsi di Gesù, il nuovo Mosè. Il terzo discorso,

riportato nel capitolo 13, viene chiamato il discorso parabolico: infatti Gesù attraverso una serie di parabole ci introduce alla comprensione del Regno di Dio. Non tanto spiegandoci cosa è il regno di Dio quanto piuttosto insegnandoci come porci di fronte al Regno di Dio, come sceglierlo, come attenderlo, come vederlo nella sua azione.

Sono qui state riportate cinque brevissime parabole, ma sono di più quelle che Gesù ha esposto.* Nella prima Gesù invita a vedere il Regno di Dio in azione. Certo, oggi c’è da chiedersi dov’è il Regno di Dio, dov’è la sua vittoria, dov’è la gioia promessa. Con la venuta di Gesù il Regno è già presente. C’è da avere fiducia e da praticare la virtù della Speranza. Arriverà il momento in cui l’opera di Dio si manifesterà in tutta la sua magnificenza e in tutto il suo splendore. Ora è il momento in cui il Regno di manifesta come un seme che comincia appena a germogliare: arriverà il momento in cui si manifesterà come un albero imponente. E allora importante è dare fiducia a Dio che non deluderà.* Nella seconda parabola si porta l’esempio del lievito. Il lievito fa fermentare tutta la massa. Come? Tutto avviene nel silenzio e nella notte. Poi ci si accorge che tutta la massa è aumentata di volume. Il Regno di Dio, che ha avuto il suo umile inizio nell’evento pasquale di Gesù, rimasto nascosto alla quasi totalità degli uomini, fin da ora agisce nel cuore dell’umanità per manifestarsi poi in tutta la sua pienezza. E’ ancora un invito alla speranza e soprattutto a vedere che Dio fin da oggi opera.* La terza parabola invita ad una scelta. Di fronte al Regno di Dio bisogna scegliere, decidersi se accordare fiducia a Dio oppure no. Il Regno si fa presente nella persona di Gesù. Ecco allora che la decisione va presa nei confronti di Gesù. Chi accoglie Gesù è nel Regno, chi lo rifiuta non può avere i benefici del Regno di Dio. La parabola sottolinea come valga la pena fare scelte che appaiono a volte molto impegnative: siccome il Regno è il vero tesoro che un uomo può avere, per raggiungerlo vale la pena perdere tutto, anche la vita.* Simile è il significato della quarta parabola. Il regno è paragonabile ad una perla preziosa: per averla vale la pena rinunciare a tutto il resto.

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* Finalmente nella quinta parabola ci si dice che di fronte all’annuncio che il Regno è arrivato bisogna prendere una decisione e che questa decisione è carica di conseguenze. Siamo liberi di dire sì o no di fronte alla bella notizia che è arrivato il Regno di Dio, ma a motivo di questa stessa libertà si porteranno le conseguenze della scelta fatta. E la conseguenza sarà la salvezza o la perdizione, la vita o la morte, la gioia o la infelicità, la luce o le tenebre, il paradiso o l’inferno.

IMPARIAMO A PREGARECosa intendiamo dire sia nel Padre nostro, sia in ogni altra preghiera, con l’espressione “Venga

il tuo Regno”? Non dimentichiamo mai che, siccome il “Padre nostro” è il modello di ogni preghiera, questo desiderio che il Regno si manifesti, deve essere continuamente espresso.

Il tema del Regno di Dio è al centro della predicazione di Gesù. Troviamo questa espressione (o altre di identico significato) per ben 120 volte nei vangeli, di cui 90 sulla bocca di Gesù.

Gesù afferma che il Regno è vicino o addirittura giunto. In Mc 1,15 troviamo: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo». E poi in Lc 17,21 si legge: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!».

Gesù, a sua volta, anche i suoi discepoli li invia a predicare il Regno di Dio:- E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino (Mt 10,7);

Tutta la storia di Israele è la storia di una attesa: l’attesa del Regno di Dio. Israele arriva all’idea di regno di Dio di delusione in delusione: vede il fallimento dei suoi re, vede sfumare la speranza di una nazione forte, vede il frantumarsi di tante attese, ma non perde la fiducia in Dio e pian piano comprende e attende che il re e il pastore di Israele dovrà essere Dio stesso. A questo lo educano i profeti: Dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d'Israele Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. Io salverò le mie pecore e non saranno più oggetto di preda: farò giustizia fra pecora e pecora (Cfr Ez 34,11ss).

Per questo Israele attende il giorno in cui tutto si realizzerà, il giorno del Signore in cui finalmente Dio si manifesterà re e farà giustizia: Gioisci, esulta, Israele. Re d'Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente (Sof 3,14-17).

Al tempo della venuta di Gesù si sente che qualcosa sta per accadere. C’è una attesa frenetica del Regno di Dio: ma non tutto è chiaro nella mente della gente. C’è chi attende potenza, chi ricchezza, chi prestigio... E Gesù mentre predica il Regno di Dio cerca anche di purificarne l’immagine.

Gesù per spiegare che il Regno di Dio è arrivato pone dei segni, segni che indicano che è giunta una novità: In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. » (Lc 7,21-23).

I miracoli che Gesù compie indicano che sta accadendo qualcosa di nuovo. Ma restano segni, non sono fine a se stessi, rimandano a qualcos’altro. Se la sofferenza, la malattia e la morte sono conseguenze del peccato e del potere di Satana, i segni che Gesù compie indicano che lui è venuto a vincere il potere di Satana e del peccato e lo sta dimostrando. Il Regno di Dio che viene è la vittoria di Dio sul male, sul peccato e su tutte le conseguenze. Dice in una occasione Gesù: Ma se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio (Mt 12,28).

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Il Regno di Dio è già presente, è già presente in Gesù, ma è come un seme o un piccolo germoglio di cui si attende il grande sviluppo. E questo sarà per tutto il tempo della Chiesa. Il Regno è già in mezzo a noi, Dio ha già vinto e regna, è già decretata la sorte del potere del maligno.... ma tutto ciò si manifesterà in pienezza solo alla fine.

Ciò che al tempo di Gesù ha scandalizzato, e forse scandalizza anche oggi, è l’umiltà degli inizi del Regno. Il Messia che si attendeva, colui che avrebbe instaurato il Regno di Dio, lo si attendeva forte, glorioso, vincitore. Gesù è venuto ad instaurare il Regno per una strada totalmente diversa, incomprensibile, una strada che nemmeno i più vicini comprendono: Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,21-23).

L’inizio del regno di Dio passa attraverso la croce di Gesù. Ma quella croce è un vero trono dal quale Cristo regna: Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me (Gv 12,32).

E’ Gesù stesso che afferma la sua regalità e nello stesso tempo afferma che il Regno che sta instaurando è diverso da ogni attesa: Disse Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo…il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re». (Gv 18,36-37).

E’ così che il Regno inizia e si afferma. In realtà Gesù non è uno sconfitto perchè è risorto, ma ora è il tempo dell’umiltà e della fatica della predicazione. L’amore di Dio in Gesù abbraccia l’umanità intera, la sua misericordia per il sangue di Gesù è riversata sul mondo intero. Gesù ha posto i germi del Regno nella storia ma il frutto abbondante e pieno si vedrà solo alla fine.

Ma sarebbe un errore pensare che il Regno di Dio è il Paradiso, cioè che l’opera meravigliosa di Dio sarà solo per l’aldilà. Là sarà il momento della pienezza, della piena manifestazione, ma già il Regno di Dio è presente e agisce: e i segni sono abbondanti. Già Gesù, il Risorto, mediante il suo Spirito agisce nella storia e nel cuore degli uomini, sta facendo nuove tutte le cose, crea situazioni di novità, di riconciliazione, di comunione, che indicano che Dio vince. La stessa Chiesa è il segno eloquente della vittoria di Dio in Gesù.

Che l’esperienza del Regno è esperienza anche per l’oggi, ce lo ricorda San Paolo quando afferma: Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole (Rom 14,17-19).

Il Regno di Dio oggi si identifica con lo stesso Gesù che mediante il suo Spirito fa nuove tutte le cose. Sì, tutto ciò che si dice del Regno di Dio si può affermare per Gesù. E’ quanto afferma San Cipriano nel suo commento al Padre nostro: “E’ anche possibile che il Regno di Dio significhi Cristo in persona, lui che invochiamo con tutti i nostri desideri tutti i giorni, lui di cui bramiamo affrettare la venuta con la nostra attesa. Come egli è la nostra risurrezione, perchè in lui risuscitiamo, così può essere il Regno di Dio, perchè in lui regneremo”.

E il Regno si manifesterà in tutta la sua pienezza al ritorno di Gesù: “Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. ... L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15,24-28).

A conclusione, pregare Venga il tuo Regno non significa tanto invitare Dio a vincere (ha già vinto) o a far finire il mondo (i tempi sono comunque suoi). Ancora una volta l’invocazione deve cambiare non Dio o i suoi tempi, ma il nostro cuore. Con questa invocazione si chiede a Dio di moltiplicare i segni della sua presenza, ma soprattutto si chiede un cuore nuovo perché noi possiamo accorgerci che Lui agisce sempre nella storia. Si chiede che i credenti siano capaci di testimoniare la

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presenza del Regno e di accettarne la logica che è quella della croce e dell’umiltà. Si chiede che il male venga vinto in tutte le manifestazioni in cui si presenta, ma si chiede soprattutto che abbiamo la grazia di poter vivere una novità di vita e una coerenza propria dei figli del Regno.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITAPur nella consapevolezza della portata enorme del nostro essere figli del Regno e dell’ampiezza

della riflessione che questo tema meriterebbe, ci soffermiamo solo su quattro parole affinchè l’invocazione “vegna il tuo regno” divenga preghiera vissuta: pellegrini, sapienti, operosi, caritatevoli.1- Pellegrini: la Bibbia si conclude con le parole: Colui che attesta queste cose dice: «Sì, verrò presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù (Ap 22,20).

E’ la preghiera della sposa che invoca il ritorno del suo sposo per entrare nelle nozze eterne, nel riposo, nella pienezza del Regno. In mezzo alle vicende impegnative della vita terrena il credente vive la Speranza. La situazione di oggi non è quella definitiva. Il credente attende ed è proteso verso quella patria che “è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,20-21).

Di quella patria che attentiamo così parla l’Apocalisse: « Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro".E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,3-4).2- Sapienti: due sono i significati che vogliamo dare a questa parola. Anzitutto sapienti nelle scelte. Dice Gesù: “Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?” (Mc 8,36). Il Regno è la perla preziosa o il tesoro nascosto: è urgente sceglierli. Il Regno si identifica in Gesù: è necessario non anteporre nulla all’amore suo: Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me” (Mt 10,37. Le stesse beatitudini invitano a cercare la propria pienezza non nelle cose, in una vita riuscita da un punto di vista terreno, bensì nel liberare il cuore da inutili affanni per cercare la gioia nella ricchezza del Regno: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3) . E’ in questo senso che Gesù parla di vigilanza: State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso (Lc 21,34).

Il secondo significato che vogliamo dare alla parola Sapienti è la capacità di saper riconoscere il Regno già presente in mezzo alla zizzania. Siamo nell’attesa della piena manifestazione del Regno, ma non siamo degli illusi. La fede, la semplicità di vita, il cuore buono fa sì che si possano scorgere tanti segni dell’azione di Dio. E non parliamo solo di quelli eclatanti, quali i miracoli, bensì di segni apparentemente più umili, ma non per questo meno forti: le conversioni, la comunione fra le persone, il perdono, il dono della vita, il servizio generoso e gratuito; e parliamo anche della capacità di quelle scelte che secondo la grettezza terrena sono perdenti, ma per una forza che viene dallo Spirito appaiono luminose e autentiche.3- Operosi: l’attesa della piena manifestazione del Regno di Dio non indica una vita passiva, inattiva. Tutt’altro! E’ a questo riguardo che Gesù racconta la parabola dei talenti: “Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì” (Mt 25,14-15).

L’attesa coincide con il tempo della Chiesa: ciascuno è chiamato ad edificare la comunità e a rendere migliore il mondo secondo i doni ricevuti. Così dice anche l’apostolo Paolo: Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune (1 Cor 12,4-7).

Il Regno di Dio è appunto di Dio: è un suo dono. A noi viene chiesto di renderci disponibili perchè il Signore possa manifestare dei segni della sua presenza anche attraverso la nostra persona. Ogni servizio, ogni atteggiamento di vita tendente ad esprimere i valori del Regno è una autentica

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collaborazione con Dio e una manifestazione di fedeltà. Del resto Gesù, che con la sua vita ha reso presente il Regno di Dio, oggi continua la sua opera nella Chiesa e attraverso la Chiesa. Continuare a porre i gesti della misericordia di Gesù è continuare ad indicare il Regno di Dio già presente.4- Caritatevoli: l’operosità trova il suo vertice in una vita di Carità. Manifestare attraverso la vita l’amore stesso di Dio è la via più bella e significativa per dire che il Regno è presente. La Carità è la via migliore, è la via possibile a tutti. Ancora San Paolo afferma: Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte: ..... La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine (1 Cor 12,31.13,4-8).

Vivere la carità non è semplicemente fare delle opere buone, quanto piuttosto esprimere con la vita l’amore di Dio che è stato riversato in noi. Per questo la carità è il modo più intenso per dire che il Regno è in mezzo a noi. Del resto la piena manifestazione del regno di Dio consisterà nella piena manifestazione della Carità. Ecco perchè il comandamento dell’amore è il più importante e perchè l’amarsi reciprocamente è il segno distintivo del cristiano: perchè esprime la venuta del Regno di Dio.

Coerentemente Gesù insegna che il giudizio fondamentalmente verterà sull’amore: Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi (Mt 25,34-36).

Vivrà nella pienezza del Regno di Dio chi già vi è vissuto nei suoi umili e faticosi inizi.

PER LA RIFLESSIONE1- La venuta del Regno non dipende da noi perchè è dono. Ma noi possiamo pregare perchè nelle tante situazioni difficili della vita si manifesti fin da ora la vittoria di Dio. C’è sulle mie labbra e nel mio cuore questa invocazione assidua che assume poi anche la caratteristica di intercessione di fronte alle tante povertà degli uomini?2- Cerco di vivere i valori del Regno affinchè anche attraverso la mia persona si manifesti la vittoria di Dio? Ho capito che vivere secondo Dio, anche facendo violenza alle tendenze sbagliate che sono in me, è già annunciare che il Regno di Dio è presente e si manifesta attraverso la mia persona?3- La mia vita è fatta di scelte sapienti, che mettono al primo posto la Parola di Gesù e che non antepongono nulla all’amore di Gesù?

PREGHIERAVenga il tuo Regno, o Signore. E’ questa la preghiera che continuamente, magari inconsapevolmente, gridano tutti gli uomini.Tutti i poveri, tutti i malati, tutti gli sfiduciati, tutti gli oppressi, tutti gli schiavi nel corpo e nello spirito anelano ad una novità e qualunque parola esprimano, dicono “Venga il tuo Regno”.Padre, in Gesù hai vinto ogni male e la sua causa, il Maligno. Continua ad operare, con la potenza del tuo Spirito, perchè avanzi la nuova creazione, quella iniziata con la Resurrezione di Gesù.Continua ad operare perchè ogni uomo trovi una maggiore libertà.Continua ad operare perchè il potere del Maligno sia definitivamente sconfitto.E concedi a tutti noi sapienza ed intelligenza per scegliere Te, accogliere Te che ti riveli in Gesù.Concedi a noi la luce del tuo Spirito affinchè scegliamo, generosamente, il tuo Regnoper avere poi il dono di sperimentarne i benefici, oggi, e per sempre. Amen.

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3- VENGA IL TUO REGNO (sussidio per i fedeli)

Dal Vangelo secondo Matteo (13,31-33.44-50)* Una parabola espose loro Gesù: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».* Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».* Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.* Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.* Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Parola del Signore.

COMPRENDIAMO IL TESTO* Prima parabola: Con la venuta di Gesù il Regno è già presente. Arriverà il momento in cui l’opera di Dio si manifesterà in tutta la sua magnificenza e in tutto il suo splendore. * Seconda parabola: Fin da ora il Regno di Dio agisce nel silenzio umile.* Terza e quarta parabola: Di fronte al Regno di Dio bisogna scegliere. Il Regno è il vero tesoro e per raggiungerlo vale la pena perdere tutto, anche la vita.* Quinta parabola: Siamo liberi di dire sì o no di fronte alla bella notizia che è arrivato il Regno di Dio, ma enormi sono le conseguenze: gioia o infelicità, paradiso o inferno.

IMPARIAMO A PREGAREGesù nella sua predicazione affermava che il Regno era vicino o addirittura

giunto. Al tempo della venuta di Gesù c’era una attesa frenetica del Regno di Dio: ma non tutto era chiaro nella mente della gente. Si attendeva un regno di potenza, di ricchezza, di prestigio... Gesù mentre predica il Regno di Dio ne purifica l’immagine.

Gesù per spiegare che il Regno di Dio è arrivato pone dei segni, segni che indicano che è giunta una novità: i miracoli. I miracoli indicano che sta accadendo qualcosa di nuovo. Se la sofferenza, la malattia e la morte sono conseguenze del peccato e del potere di Satana, i segni che Gesù compie indicano che Lui è venuto a vincere il potere di Satana e del peccato e lo sta dimostrando. Il Regno di Dio che viene è la vittoria di Dio sul male, sul peccato e su tutte le conseguenze: Se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio (Mt 12,28).

Il Regno di Dio è già presente, è già presente in Gesù, ma è come un seme o un piccolo germoglio di cui si attende il grande sviluppo.

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Ciò che al tempo di Gesù ha scandalizzato è l’umiltà degli inizi del Regno.L’inizio del regno di Dio passa attraverso la croce di Gesù. Ma quella croce è un

vero trono dal quale Cristo regna: Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me (Gv 12,32). In realtà Gesù non è uno sconfitto perchè è risorto, ma ora è il tempo dell’umiltà e della fatica della predicazione.

L’esperienza del Regno è esperienza anche per l’oggi e non solo per l’Aldilà. Pregando Venga il tuo Regno si chiede a Dio di moltiplicare i segni della sua presenza, ma soprattutto si chiede un cuore nuovo perché noi possiamo accorgerci che Lui agisce sempre nella storia: Si chiede che il male venga vinto in tutte le manifestazioni in cui si presenta, ma anche che viviamo nella coerenza propria dei figli del Regno.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITAQuattro vie per vivere l’esperienza del Regno:1- Pellegrini: Di quella patria che attendiamo così parla l’Apocalisse: « Ecco la dimora di Dio con gli uomini! E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate2- Sapienti: a) Saper scegliere: “Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?” b) Saper vedere i tanti segni dell’azione di Dio. 3- Operosi: L’attesa coincide con il tempo della Chiesa: ciascuno è chiamato ad edificare la comunità e a rendere migliore il mondo secondo i doni ricevuti. 4- Caritatevoli: l’operosità trova il suo vertice in una vita di Carità.

PER LA RIFLESSIONE1- La venuta del Regno non dipende da noi perchè è dono. Ma noi possiamo pregare perchè nelle tante situazioni difficili della vita si manifesti fin da ora la vittoria di Dio. C’è sulle mie labbra e nel mio cuore questa invocazione assidua che assume poi anche la caratteristica di intercessione di fronte alle tante povertà degli uomini?2- Cerco di vivere i valori del Regno affinchè anche attraverso la mia persona si manifesti la vittoria di Dio? Ho capito che vivere secondo Dio, anche facendo violenza alle tendenze sbagliate che sono in me, è già annunciare che il Regno di Dio è presente e si manifesta attraverso la mia persona?3- La mia vita è fatta di scelte sapienti, che mettono al primo posto la Parola di Gesù e che non antepongono nulla all’amore di Gesù?

PREGHIERAVenga il tuo Regno, o Signore. E’ questa la preghiera che continuamente, magari inconsapevolmente, gridano tutti gli uomini. Tutti i poveri, tutti i malati, tutti gli sfiduciati, tutti gli oppressi, tutti gli schiavi nel corpo e nello spirito anelano ad una novità e qualunque parola esprimano, dicono “Venga il tuo Regno”.Padre, in Gesù hai vinto ogni male e la sua causa, il Maligno. Continua ad operare, con la potenza del tuo Spirito, perchè avanzi la nuova creazione, quella iniziata con la Resurrezione di Gesù. Continua ad operare perchè ogni uomo trovi una maggiore libertà. Continua ad operare perchè il potere del Maligno sia definitivamente sconfitto.

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E concedi a tutti noi sapienza ed intelligenza per scegliere Te, accogliere Te che ti riveli in Gesù. Concedi a noi la luce del tuo Spirito affinchè scegliamo, generosamente, il tuo Regno per avere poi il dono di sperimentarne i benefici, oggi e per sempre. Amen.

4- SIA FATTA LA TUA VOLONTA’

Dalla lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini (1, 3-14)Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo,per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità,predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo,secondo il beneplacito della sua volontà.E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto;nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccatisecondo la ricchezza della sua grazia.Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza,poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà.In Gesù Cristo siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati perché noi fossimo a lode della sua gloria,noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria. Parola di Dio.

COMPRENDIAMO IL TESTOCi troviamo di fronte ad un meraviglioso inno che esalta la volontà di Dio, cioè il suo progetto

di salvezza a favore dell’uomo.All’espressione la volontà di Dio possiamo dare molteplici significati, ma quello che più ci

interessa in questa sede è questo: la volontà di Dio è il disegno di Dio che vuole salvare l’uomo.Nel brano proposto San Paolo descrive il progetto di Dio inserendolo in una serie di

benedizioni. La benedizione, la lode è rivolta a Dio perchè a sua volta ha manifestato la sua benevolenza (ha

benedetto) nei confronti dell’uomo. Questa benevolenza di Dio viene descritta con una serie di verbi:* In Gesù Dio ci ha scelti - chiamati, pensati fin dall’eternità;* Per essere santi e immacolati - una vocazione ad essere simili a lui, il santo;* Predestinati ad essere figli in Gesù - una comunione frutto di una benevolenza che supera di

gran lunga l’opera della creazione.Tutto ciò ci è dato per mezzo di Cristo che con il suo sangue ci ha redenti, liberandoci dal

peccato. Meravigliosa è la conseguenza:* In Lui, in Gesù siamo stati fatti eredi del Regno* il nostro destino è essere a lode della sua gloria, tanto e meraviglioso* Fin da oggi abbiamo il suo Spirito, che sostiene e ci rassicura nella nostra speranza.

IMPARIAMO A PREGARENon dimentichiamo mai che il Padre nostro non è solo una formula di preghiera, ma è anche il

modello di ogni preghiera. Pertanto le invocazioni, i desideri, le richieste che esprimiamo nella

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preghiera che ci ha insegnato Gesù devono essere i desideri, le richieste, le invocazioni che sempre ci accompagnano, tanto sono importanti e gradite al Signore.

Fra le altre cose, come si è detto, Gesù ci insegna a chiedere che si realizzi la volontà di Dio. Cosa chiediamo concretamente con questa invocazione? Cosa è la volontà da Dio? Abbiamo accennato qualcosa nella spiegazione del testo proposto. Ora vogliamo approfondire un po’.

Parlare della volontà di Dio equivale a parlare del suo progetto, del disegno di salvezza che Dio ha per il suo popolo: questo è il primo desiderio di JHWH, la sua volontà.

Per semplificare, esplicitiamo due domande. Qual è contenuto di questo desiderio ardente, di questo progetto di benevolenza di Dio? E poi come Dio intende sviluppare questo suo progetto di amore?

E’ ovviamente la stessa Parola di Dio che ci aiuta a rispondere a queste domande. Anzitutto troviamo una prima risposta nella prima lettera a Timoteo: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità (1Tim 2,4).

Nel linguaggio della gente l’espressione “fare la volontà di Dio” indica normalmente un impegno morale, cioè l’obbedienza, oppure una rassegnazione di fronte a fatti ineluttabili. Non che queste due cose non siano importanti, ma non sta qui il significato principale che troviamo in questa espressione del Padre nostro, anche se questi significati verranno recuperati in un secondo momento, come corollari.

La volontà di Dio è un suo progetto di amore a favore degli uomini. E’ un progetto, quindi, da conoscere e da accogliere e nel quale lasciarsi coinvolgere per ottenere la salvezza.

E’ un progetto, e qui rispondiamo alla seconda domanda, che si realizza in un impegno di Dio dentro la storia degli uomini, dove Dio scrive una sua storia che noi chiamiamo Storia della salvezza.

A questo proposito la Lumen Gentium al n 9 recita: Piacque a Dio ( Dio volle - placuit Deo ) santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo. Si scelse quindi il popolo Israelita...”

La via che Dio intende percorrere passa inizialmente attraverso la scelta di questo popolo. Una scelta inspiegabile da un punto di vista umano, assurda per il mondo. Israele è piccolo, povero, perseguitato, ma dice il Signore stesso: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,8-9).

L’imprevedibilità di Dio nel realizzare il suo progetto di salvezza è una costante che appare soprattutto quando la storia della salvezza raggiunge il suo apice in Gesù.

San Paolo stesso ama sottolineare come Dio segua una sua logica che spesso appare perdente e quindi scandalosa agli occhi degli uomini: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1Cor 1,27-29).

Ma alla fine la debolezza di Dio appare più forte e gloriosa di ogni sapienza e forza degli uomini.

E’ un progetto, quello di Dio, che si dispiega nella storia, indicato dai profeti, finalmente pienamente manifestato e realizzato in Gesù. Ancora San Paolo parla di questo progetto, chiamandolo mistero nascosto ora manifestato, e si definisce ministro dell’annuncio di questa volontà di Dio: “A me, che sono l'infimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo, e di far risplendere agli occhi di tutti qual è l'adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell'universo, perché sia manifestata... la multiforme sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore” (Ef 3,8-11).

Questo progetto di benevolenza. questo disegno di salvezza che conduce gli uomini a poter accogliere il dono del Regno di Dio, iniziato con la scelta di Israele, trova il suo compimento e la sua

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attuazione per mezzo di Gesù. Gesù stesso dice: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4,34).

E ancora: “Io sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno(Gv 6,38-40).

E’ così: il progetto di amore e di salvezza di Dio si realizza in Gesù. Ecco perchè non c’è salvezza al di fuori di Gesù: perchè per mezzo di lui il Padre ha realizzato

il suo piano di salvezza a favore degli uomini, riconciliandoli con sè mediante il sangue di Gesù, accogliendoli come figli ancora per mezzo di Gesù, offrendo la vita eterna per mezzo di Gesù.

Tutto ciò in maniera incisiva lo afferma ancora San Paolo: “Ora ... si è manifestata la giustizia di Dio... giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia...” (Rom 3,21-26).

Tutta l’esistenza di Gesù è votata a compiere l’opera affidatagli dal Padre, per cui l’ultima parola del Redentore è riassuntiva di tutta la sua esperienza che è stata un impegno nel realizzare e compiere la volontà di Dio, cioè portare a compimento il suo progetto di salvezza a favore degli uomini: “E dopo aver rivevuto l’aceto Gesù disse: Tutto è compiuto! E chinato il capo rese lo spirito” (Gv 19,30).

Il CCC al n 2824 così commenta: “È in Cristo e mediante la sua volontà umana che la Volontà del Padre è stata compiuta perfettamente e una volta per tutte. Gesù, entrando in questo mondo, ha detto: «Ecco, Io vengo, ... per fare, o Dio, la tua Volontà» (Eb 10,7; Sal 40,7). Solo Gesù può affermare: «Io faccio sempre le cose che Gli sono gradite» (Gv 8,29). Nella preghiera della sua agonia, egli acconsente totalmente alla Volontà del Padre: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà!» (Lc 22,42) . Ecco perché Gesù «ha dato se stesso per i nostri peccati... secondo la Volontà di Dio» (Gal 1,4). «È appunto per quella Volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del Corpo di Gesù Cristo» (Eb 10,10)”.

Quando preghiamo che si realizzi la volontà di Dio, noi non chiediamo che Dio riesca a portare a termine il suo progetto di amore. Infatti questo è un progetto frutto della sua misericordia, la salvezza è gratuita e pertanto non ha bisogno che noi glielo chiediamo.

La nostra preghiera “sia fatta la tua volontà” esprime piuttosto il desiderio che questa grazia non vada perduta, cioè che nè noi, nè alcun altro uomo rimanga fuori da questa esperienza di salvezza.

Le scelte libere degli uomini, infatti, possono essere sbagliate e possono anche rifiutare il disegno di amore di Dio, rendendolo nullo, almeno per la persona che rifiuta. E’ quanto commentava Sant’Agostino: “Dio che ti ha creato senza di te non può salvarti senza di te”.

Questa invocazione, “sia fatta la tua volontà”, non è fatta per cambiare o migliorare il progetto di salvezza di Dio e nemmeno per incoraggiare Dio a fare meglio e di più (donandoci il Figlio ha donato proprio tutto): questa invocazione è fatta per cambiare colui che prega, è fatta per renderlo disponibile e aperto affinchè il disegno di Dio si realizzi per ogni uomo. Di fatto questa invocazione chiede che colui che prega abbia la grazia e la forza affinchè sia trasformato il suo cuore e possa unire la propria volontà a quella di Gesù.

Così spiega ancora il CCC al n 2825: “Noi chiediamo al Padre nostro di unire la nostra volontà a quella del Figlio suo per compiere la sua Volontà, il suo Disegno di salvezza per la vita del mondo. Noi siamo radicalmente incapaci di ciò, ma, uniti a Gesù e con la potenza del suo Santo Spirito, possiamo consegnare a lui la nostra volontà e decidere di scegliere ciò che sempre ha scelto il Figlio suo: fare ciò che piace al Padre”.

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PREGHIAMO ANCHE CON LA VITAAll’inizio abbiamo affermato che la volontà di Dio di cui si parla nel Padre nostro non è tanto

un comando a cui si deve obbedire, quanto un progetto di salvezza che Dio vuole realizzare a favore degli uomini.

Ma a questo punto è necessario aggiungere una cosa. Se vogliamo che la preghiera, vissuta nel raccoglimento e nel silenzio, in un colloquio profondo fatto di ascolto e di dono del nostro cuore, sia anche incarnata nella vita e diventi preghiera di tutta la vita, bisogna che ci sia, certo, una decisa adesione al progetto di salvezza di Dio, ma bisogna anche che ci sia una obbedienza molto concreta. Infatti domandando di unire la nostra volontà a quella di Gesù, domandiamo anche la grazia dell’obbedienza.

L’obbedienza è accoglienza amorosa e fedele della sua parola e dei suoi comandi: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).

A questo proposito commenta ancora il CCC al n. 2822: “La Volontà del Padre nostro è «che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4). Egli «usa pazienza... non volendo che alcuno perisca» (2Pt 3,9) . Il suo comandamento, che compendia tutti gli altri e ci manifesta la sua Volontà, è che ci amiamo gli uni gli altri, come egli ci ha amato”.

Il progetto di salvezza scaturisce dallo sconfinato amore di Dio e pertanto Dio chiede che noi a nostra volta manifestiamo l’accoglienza della sua salvezza soprattutto praticando il comandamento dell’amore. E a questo proposito Gesù dice: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35).

Ma c’è un altro aspetto in cui si è chiamati a vivere l’obbedienza e a cercare la volontà di Dio. La gente a volte dice: Bisogna rassegnarsi. Questo concetto di rassegnazione spesso va purificato e chiarito, ma non buttato. La rassegnazione cristiana non è passività, non è semplice resa di fronte a qualcosa di incomprensibile, ineluttabile e inaccettabile. L’autentica rassegnazione cristiana nasce dalla consapevolezza che nella storia, la storia dell’umanità e la storia del singolo uomo, Dio scrive la sua storia, snoda il suo progetto di amore. Questa è la certezza che accompagna il credente.

Non si è ancora nella visione e allora sembra che la zizzania prenda più spazio del buon grano: ma non è così. Pur nella incertezza dei tempi, delle modalità e delle circostanze, Dio sta scrivendo la sua storia di amore e di salvezza. Tante cose non si comprendono: non si comprende il senso della sofferenza, specialmente degli innocenti, nè il senso delle catastrofi. Non si comprende perchè deve averla di vinta il malvagio e perchè ci siano guerre quando sarebbe così bello vivere in pace.... e si potrebbe continuare a lungo in questa maniera. Ma la certezza che Dio porta avanti il suo progetto di amore fa nascere comunque la fiducia in lui e permette comunque di accettare ogni attimo di vita dalle sue mani.

E’ una storia, quella che Dio scrive, in cui ci chiama ad entrare, non da spettatori ma da collaboratori.

La rassegnazione cristiana, che è fiducia, che è certezza che il Regno è presente, che è consapevolezza che Dio sta scrivendo la sua storia, diventa allora collaborazione con Dio stesso perchè sia vinta la malattia, la fame, la guerra, la divisione, l’inimicizia, la cattiveria, l’immoralità, il peccato ed ogni altro male, senza disperarsi quando il credente deve accusare sconfitta su sconfitta: infatti il progetto di amore di Dio si afferma comunque. Così come è accaduto per Cristo che è morto per risorgere, che è stato momentaneamente sconfitto per essere poi l’unico vincitore.

Fare la volontà di Dio, allora è unirsi a Gesù, soprattutto nel sacrificio eucaristico, per vivere e offrire con lui la fatica, la fedeltà, la lotta e anche la sconfitta di ogni giorno dal momento che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno (Rom 8,28).

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Ed è ancora in questo senso che San Paolo può aggiungere: Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24).

PER LA RIFLESSIONE1- Sto rendendomi conto che Dio non vuole il male, ma anzi ha un progetto di amore che ha realizzato in Gesù? Sono capace di dare credito a Dio, oppure ogni cosa difficile che non comprendo è occasione per tentennare nella fede?2- Dio anche oggi scrive la sua Storia di salvezza. La so riconoscere e so entrarci prestando a Dio mani e cuore affinchè sia Cristo a vivere in me e il Padre possa così manifestare il suo amore anche attraverso di me?3- Il progetto di amore di Dio (la sua volontà) può essere accolto se da parte mia c’è una profonda fede e una totale obbedienza. Obbedienza alla sua Parola, obbedienza ai suoi comandamenti, in particolare obbedienza al comandamento dell’amore. So vivere la mia vita ad imitazione di Gesù il quale si è fatto dono per gli uomini? Ho capito che la partecipazione all’Eucaristia esige che la mia vita, come quella di Gesù sia una vita offerta, donata?

PREGHIERA Signore,Fa’ di me uno strumento della tua pace.Dove c’è odio, io porti l’amore.Dove c’è discordia, io porti l’unione.Dove c’è errore, io porti la verità.Dove c’è dubbio, io porti la fede.Dove c’è disperazione, io porti la speranza.Dove c’è tristezza, io porti la gioia.

O Divino Maestro,fa’ che io non cerchi tantodi essere consolato, quanto di consolare,di essere compreso, quanto di comprendere,di essere amato, quanto di amare.Infatti è donando che si riceve,dimenticandosi che si trova comprensione,perdonando che si è perdonati,morendo che si risuscita a vita eterna. (San Francesco)

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4- SIA FATTA LA TUA VOLONTA’ (sussidio per i fedeli)

Dalla lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini (1, 3-14)Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà.E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto;nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccatisecondo la ricchezza della sua grazia.Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza,poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà.In Gesù Cristo siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria. PdD

COMPRENDIAMO IL TESTOSi esalta la volontà di Dio, cioè il suo progetto di salvezza a favore dell’uomo.La benevolenza di Dio viene descritta con una serie di verbi:

* In Gesù Dio ci ha scelti - chiamati, pensati fin dall’eternità;* Per essere santi e immacolati - una vocazione ad essere simili a lui, il santo;* Predestinati ad essere figli in Gesù - una comunione frutto di misericordia.

Meravigliosa è la conseguenza: In Lui, in Gesù siamo stati fatti eredi del Regno; il nostro destino è essere a lode della sua gloria; fin da oggi abbiamo il suo Spirito.

IMPARIAMO A PREGAREParlare della volontà di Dio equivale a parlare del suo progetto, del disegno di

salvezza che Dio ha per il suo popolo: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità (1Tim 2,4). La volontà di Dio è un suo progetto di amore a favore degli uomini. Questo progetto di benevolenza, questo disegno di salvezza che conduce gli uomini a poter accogliere il dono del Regno di Dio, iniziato con la scelta di Israele, trova il suo compimento e la sua attuazione per mezzo di Gesù.

Ecco perchè non c’è salvezza al di fuori di Gesù: perchè per mezzo di lui il Padre ha riconciliato con sé gli uomini e ha offerto loro la vita eterna.Quando diciamo sia fatta la tua volontà esprimiamo il desiderio che questa grazia non vada perduta, cioè che nè noi, nè alcun altro uomo rimanga fuori da questa esperienza di salvezza. Non si tratta di cambiare, quindi, il progetto di Dio, ma di cambiare noi stessi, rendendoci disponibili e aperti affinchè il disegno di Dio si realizzi per ogni uomo.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITAIl progetto di salvezza scaturisce dallo sconfinato amore di Dio e pertanto Dio

chiede che noi a nostra volta manifestiamo l’accoglienza della sua salvezza soprattutto 27

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praticando il comandamento dell’amore: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35).

Ma c’è un altro aspetto in cui si è chiamati a vivere l’obbedienza e a cercare la volontà di Dio: dandogli piena fiducia in una vita di speranza e di abbandono in lui. Infatti, anche se spesso fatichiamo a comprendere, Dio sta scrivendo la sua storia di amore e di salvezza. Noi non comprendiamo il senso della sofferenza, specialmente degli innocenti, nè il senso delle catastrofi. Non comprendiamo perchè deve averla di vinta il malvagio e perchè ci siano guerre quando sarebbe così bello vivere in pace.... e si potrebbe continuare a lungo in questa maniera. Ma la certezza che Dio porta avanti il suo progetto di amore fa nascere comunque la fiducia in lui e permette comunque di accettare ogni attimo di vita dalle sue mani. E’ una storia, quella che Dio scrive, in cui ci chiama ad entrare, non da spettatori ma da collaboratori. La consapevolezza che Dio sta scrivendo la sua storia, diventa allora fiduciosa collaborazione con Dio stesso perchè sia vinta la malattia, la fame, la guerra, la divisione, l’inimicizia, la cattiveria, l’immoralità, il peccato ed ogni altro male, senza disperarsi quando il credente deve accusare sconfitta su sconfitta: infatti il progetto di amore di Dio si afferma comunque. Così come è accaduto per Cristo che è morto per risorgere, momentaneamente sconfitto per vincere.

PER LA RIFLESSIONE1- Sto rendendomi conto che Dio non vuole il male, ma anzi ha un progetto di amore che ha realizzato in Gesù? Sono capace di dare credito a Dio, oppure ogni cosa difficile che non comprendo è occasione per tentennare nella fede?2- Dio anche oggi scrive la sua Storia di salvezza. La so riconoscere e so entrarci prestando a Dio mani e cuore affinchè sia Cristo a vivere in me e il Padre possa così manifestare il suo amore anche attraverso di me?3- Il progetto di amore di Dio (la sua volontà) può essere accolto se da parte mia c’è una profonda fede e una totale obbedienza. Obbedienza alla sua Parola, obbedienza ai suoi comandamenti, in particolare obbedienza al comandamento dell’amore. So vivere la mia vita ad imitazione di Gesù il quale si è fatto dono per gli uomini? Ho capito che la partecipazione all’Eucaristia esige che la mia vita, come quella di Gesù sia una vita offerta, donata?

PREGHIERA Signore, Fa’ di me uno strumento della tua pace.Dove c’è odio, io porti l’amore. Dove c’è discordia, io porti l’unione.Dove c’è errore, io porti la verità. Dove c’è dubbio, io porti la fede.Dove c’è disperazione, io porti la speranza. Dove c’è tristezza, io porti la gioia.O Divino Maestro, fa’ che io non cerchi tantodi essere consolato, quanto di consolare, di essere compreso, quanto di comprendere,di essere amato, quanto di amare.Infatti è donando che si riceve, dimenticandosi che si trova comprensione,perdonando che si è perdonati, morendo che si risuscita a vita eterna. (San Francesco)

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5- DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANODal Vangelo secondo Matteo (6,25-33)[Gesù salì sulla montagna e continuava ad ammaestrare i suoi discepoli, dicendo] : Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Parola del Signore.

COMPRENDIAMO IL TESTOE’ un brano tratto dal Discorso della montagna in cui Gesù invita a porsi nella maniera più vera

di fronte alla vita, alle cose, al futuro. Gesù ha insegnato il Padre nostro, ha detto che la vera ricchezza è quella che si accumula per il cielo, ha parlato della necessità di servire solo Dio e non mammona e quindi in questo brano tira delle conclusioni: “Perciò vi dico”. Ci troviamo di fronte ad una sintesi degli insegnamenti già dati.

L’invito è a porre la propria fiducia nella provvidenza di Dio, a non affannarsi, a non preoccuparsi in maniera sbagliata ed esagerata delle cose della terra, a non preoccuparsi nemmeno della vita in maniera non consona alla propria fede nell’amore del Padre. Già Gesù aveva insegnato a pregare “Padre nostro, Abbà”. Aveva insegnato le Beatitudini per cui la vera gioia sta nel cercare il Regno di Dio, nel vivere da Figli di Dio, nell’attendere l’eredità che non marcisce, nel vivere con cuore puro, nell’accettare addirittura la persecuzione e il rifiuto nella consapevolezza che la vita dell’uomo supera di gran lunga quello che si può sperimentare nell’arco di tempo trascorso sulla terra. Ecco perchè Gesù conclude che il credente giudica la vita in maniera diversa dai pagani, cioè da coloro che non hanno speranza.

Il Credente sa che il tesoro, quello vero, è il Regno di Dio e tutto il resto ha valore di mezzo: sarebbe un grande errore confondere i mezzi con il fine!

Con delle immagini suggestive Gesù invita a vedere la libertà degli uccelli del cielo e la bellezza dei fiori del campo: non sono mai dimenticati da Dio!

Questo brano riceve e nello stesso tempo dà luce all’invocazione sulla quale meditiamo in questa occasione: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Chiediamo ciò che è necessario per vivere, ma non il superfluo, non ciò che ci allontanerebbe da Dio, non ciò che ci farebbe dimenticare che Dio è l’unico necessario.

IMPARIAMO A PREGAREIn questa quarta richiesta cominciamo a presentare al Padre le nostre povertà, i nostri bisogni. Innanzitutto si chiede il pane. Prima ancora di riflettere sulla portata di quella parola pane e

sulla portata degli aggettivi che la accompagnano, ci viene spontaneo chiederci se non sia umiliante chiedere il pane. Ma l’uomo non deve guadagnarsi il pane senza stendere la mano? Perchè prendere questo atteggiamento da mendicanti? Del resto Dio non aveva detto: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” (Gen 3,19)?. Un pane sudato, ma pur sempre guadagnato.

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Certo, è vero che l’uomo deve faticare, ma qui si vuol sottolineare che è sempre compito del padre di famiglia procurare il pane ai figli. E il Padre di una grande famiglia non vuol venire meno a questo compito. Pertanto dietro questa richiesta, Dacci il pane, Gesù insegna a guardare e a dare fiducia alla provvidenza di Dio. Dio non si limita a donare la vita all’uomo, ma si prende cura di lui, lo accompagna sempre e se l’uomo fugge, Dio lo cerca, così come farebbe ogni buon genitore.

Commenta così il CCC al n 2828: “E’ bella la fiducia dei figli che attendono tutto dal loro Padre. Egli «fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45) e dà a tutti i viventi «il cibo in tempo opportuno» (Sal 104,27). Gesù ci insegna questa domanda, che in realtà glorifica il Padre nostro perché è il riconoscimento di quanto egli sia Buono al di là di ogni bontà”.

In tutto questo c’è anche la sottolineatura della nostra precarietà e dei nostri limiti. Per cui ogni presunzione va abbandonata. Quando prima dei pasti benediciamo il Signore, sappiamo che quel cibo è nostro, ma prima ancora è grazia dal momento che siamo creature e piccole creature.

Non è difficile, inoltre, scorgere nella parola pane un significato più profondo che va oltre la lettera. Nel pane posto in mezzo alla tavola intorno a cui è radunata tutta la famiglia è riassunta la vita di tutti: la fatica, la gioia, la condivisione. Il pane è cosa sacra, non va buttato; secondo alcune usanze non va nemmeno tagliato con il coltello, bensì spezzato. Il pane è sacro perchè contiene il lavoro dell’uomo e la benedizione di Dio. Capiamo allora che con la parola pane si vuole rappresentare tutto ciò che è necessario alla vita: cibo, lavoro, vestito, casa, medicine, istruzione, dignità, solidarietà….

Esso rappresenta tutti i doni di Dio e la collaborazione dell’uomo. Per questo possiamo definirlo nostro e chiederlo nello stesso tempo a Dio. Perchè è dono, ma un dono che richiede la collaborazione dell’uomo. E’ contemporaneamente dono di Dio e frutto del sudore e della fatica dell’uomo.

Ma l’aggettivo nostro (e non mio) ha un richiamo comunitario. Non prega bene chi pensa unicamente alle proprie necessità, chi accumula beni per sè, per soddisfare i propri capricci e non è sensibile alle necessità dei fratelli. Ma non può chiedere a Dio il “nostro pane- e ogni cosa necessaria per la vita” nemmeno chi non lavora per pigrizia e vive alle spalle degli altri.

C’è un altro aggettivo che accompagna la parola pane: quotidiano. Nel testo originale greco troviamo la parola epiousion, di difficile traduzione perchè è usata solo nella preghiera del Signore in tutto il NT. Nel recitare il Padre nostro probabilmente capita di non dare nessuna importanza a quel termine quotidiano e invece stiamo per scoprire che ha un significato ricco e bello.* Anzitutto è un pane necessario per la vita. Si sottolinea che siamo poveri di fronte a Dio e alla sua Provvidenza si chiede ogni cosa buona e necessaria per la vita. Necessaria, non superflua. Non dimentichiamo che Gesù insegna a pregare nel contesto del Discorso della montagna che si apre con le beatitudini. Questa invocazione, pertanto, non ricerca l’accumulo di beni, non cerca i propri interessi. Questa invocazione è sulla bocca di chi ha scelto di seguire Cristo povero e umile. E’ illuminante un brano del Libro dei Proverbi:

Signore, io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia:... non darmi né povertà né ricchezza; ma fammi avere il cibo necessario,perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: «Chi è il Signore?»,oppure, ridotto all'indigenza, non rubi e profani il nome del mio Dio (Prov 30,7-9).

* E’ poi un pane per il giorno che viene. Quella parola di difficile traduzione, (epiousion) spiega allora quell’oggi. C’è un richiamo alla manna donata da Dio nel deserto: “Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge o no”. (Es 16,4).

In che consisteva la prova? In questo: il popolo doveva raccoglierne la razione di un giorno. Non doveva raccoglierne di più, manifestando così sfiducia in Dio o eccessiva preoccupazione per il giorno successivo. E chi ne raccoglieva di più se la ritrovava putrefatta: era la conseguenza della sua sfiducia.

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Pregare con queste parole significa impegnarsi a liberare il cuore dalla bramosia del possesso e dall’angoscia per il domani. Insomma, è un richiamo forte a ciò che è essenziale nella vita. Su questa linea è l’invito che Gesù ha dato agli annunciatori del vangelo: E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno (Lc 9,2-3).* C’è un altro significato da vedere in quella parola epiousion. Letteralmente significa sovrasostanziale. E allora non possiamo non ricordare le parole di Gesù al Tentatore: Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Mt 4,4).

Il pane sovrasostanziale che ci è necessario e che con forza va chiesto è ciò che nutre più profondamente la vita dell’uomo: è la Parola di Dio, è il Pane di vita, l’Eucaristia.

Il CCC al n 2837 richiama questo significato: Questa parola, «épiousios», non è usata in nessun altro passo del Nuovo Testamento. Presa alla lettera [sovra-sostanziale] la parola indica direttamente il Pane di Vita, il Corpo di Cristo, «farmaco d’immortalità» senza il quale non abbiamo in noi la Vita . Infine, legato al precedente, è evidente il senso celeste: «questo Giorno» è quello del Signore, quello del Banchetto del Regno, anticipato nell’Eucaristia, che è già pregustazione del Regno che viene. Per questo è bene che la Liturgia eucaristica sia celebrata «ogni giorno.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITADi fronte alle cose dette si può rimanere sconcertati. Gesù ci invita a sottolineare un

atteggiamento fiducioso nella Provvidenza del Padre, ci invita a chiedere per l’oggi, senza affanno per il domani, ci invita a chiedere il necessario e mai il superfluo, ci invita a chiedere i doni più grandi quali la Fede, la Parola, l’Eucaristia, doni che Dio per primo ci vuol fare.... eppure...

Come si fa ad avere fiducia nella Provvidenza quando un quarto dell’umanità non ha cibo sufficiente e manca delle cose più elementari?

Come si fa ad aver fiducia nella Provvidenza quando vediamo che di fatto chi ha pensato all’oggi, al domani e al dopodomani accaparrandosi ricchezze di ogni genere alla fine più stare più sicuro?

Come si fa ad aver fiducia nella Provvidenza quando quei doni che Dio vuole che arrivino a tutti, quali la Fede, la sua Parola, l’Eucaristia in realtà sono per un uomo su quattro?

E non suonano come una beffa le parole di Maria nel suo cantico: Ha ricolmato di beni gli affamati, e i ricchi ha rimandato a mani vuote (Lc 1,53).

Ma noi sappiamo che il Signore è veritiero e non ci inganna. E allora dobbiamo fare un ulteriore sforzo per comprendere e soprattutto dobbiamo aprire il cuore perchè Dio possa parlare.

Avere fiducia nella Provvidenza non significa cadere in una sorta di fatalismo o in un atteggiamento di presunzione o di attesa inoperosa. Dio agisce nella storia, ma il più delle volte agisce attraverso l’opera dei suoi fedeli.

Dio non è sordo al grido dell’umanità che chiede ciò che è necessario vivere, ma Dio dice ai suoi figli: “Aiutatemi voi a rispondere”. E’ come un Padre che ha un figlio maggiore ricco, perchè è stato molto beneficiato e un figlio minore povero. Dice al maggiore: “Aiutami affinchè anche tuo fratello abbia ciò che gli è necessario. Non chiudere il tuo cuore”.

Pregare con la vita “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, è impegnarsi affinchè ad ogni fratello arrivi ciò che è necessario per la vita del corpo e dello spirito.

Un testo di un anonimo brasiliano dice così:Molto presto, come ogni mattina, bambini disputano con i cani attorno ad una latta di spazzatura.E dividono con i cani il pane ammuffito della spazzatura.In un mondo cane, senza cuore, ecco la formula che Dio ha trovatoper esaudire la preghiera dei piccoli affamati:Dacci oggi il nostro pane quotidiano!

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In quel giorno, in quella settimana, il pane della nostra tavola non era lo stesso.Era pane amaro, pieno delle urla dei poveri..E’ tornato ad essere dolce e buono quando fu condiviso con quegli affamati. Bambini e cani.

E’ la condivisione dei beni che ci permette di dire onestamente quelle parole, “dacci oggi il nostro pane quotidiano” e ci permette di far sì che la vita diventi preghiera perchè è una esistenza convertita.

Già parecchi secoli fa, Basilio di Cesarea, vescovo del IV secolo scriveva: Se ciascuno si tenesse solo ciò che gli serve per le normali necessità e lasciasse il superfluo agli indigenti, ricchezza e povertà scomparirebbero.... All’affamato spetta il pane che si spreca nella tua casa. Allo scalzo spettano le scarpe che ammuffiscono sotto il tuo letto. Al nudo spettano le vesti che sono nel tuo baule. Al misero spetta il denaro che si svaluta nelle tue casseforti.

Il significato del pane nella preghiera insegnata da Gesù ci invita a sottolineare con forza un ulteriore aspetto dell’impegno del credente, affinchè tutta la sua vita sia preghiera e la sua richiesta non rimanga inascoltata. Non esiste, infatti, solo la fame del corpo o la necessità del vestito e della casa per coprirsi. Esiste la necessità di trovare un senso alla propria vita, esiste una fame di risposte vere e profonde alla vita.

Il CCC al n 2835 richiama questa impegno del Cristiano, di annunciare il Vangelo e di spendersi affinchè ad ogni uomo arrivi al Parola di Dio: “Questa domanda e la responsabilità che comporta, valgono anche per un’altra fame di cui gli uomini soffrono: «L’uomo non vive soltanto di pane, ma... di quanto esce dalla bocca del Signore» (Dt 8,3), cioè della sua Parola e del suo Soffio. I cristiani devono mobilitare tutto il loro impegno per «annunziare il Vangelo ai poveri». C’è una fame sulla terra, «non fame di pane, né sete di acqua, ma di ascoltare la Parola di Dio» (Am 8,11).

PER LA RIFLESSIONE1- Chiedere il pane quotidiano è sottolineare la nostra povertà che supplica dalla Provvidenza di Dio tutto ciò che è necessario per la vita fisica e spirituale: cibo, vestito, Fede, Parola, Eucaristia. Ho coscienza di questa mia povertà e nello stesso tempo ho una sconfinata fiducia nella Provvidenza, per cui so vivere senza ansia, senza angoscia, senza bramosia di possedere oltre il necessario? 2- Ho ben compreso che le mie necessità non sono solo quelle del corpo, ma che Dio vuole nutrirmi anche nello spirito?3- Mi impegno ad essere strumento nelle mani di Dio affinchè Lui possa manifestarsi provvidente con i miei fratelli? In altre parole so condividere la mia ricchezza, qualunque sia, con chi è nel bisogno? Ho compreso che pregare nella verità vuol dire praticare le opere di misericordia corporali e spirituali?

PREGHIERAGrazie Signore per il pane, dono quotidiano del tuo amore. Grazie per Gesù, pane della vita, che solo può saziare la nostra fame di te.

Tu hai voluto che l’uomo guadagnasse il pane quotidiano con il lavoro. Fa’ o Padre, che tutti, ogni giorno, abbiano pane e lavoro e nessuno muoia di fame. E mentre tutti i giorni ti ripeto: ”Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, Padre, ti prego:” Converti all’amore il mio cuore egoista e il cuore di tutti gli uomini”. Fa’ che impariamo a condividere perché a nessuno manchi il pane necessario per vivere.

Padre, accresci la nostra fede nell’Eucarestia, perché nutrendoci di Gesù, vero pane quotidiano, la nostra vita diventi un pezzo di pane che tutti possano mangiare.

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5- DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO (sussidio per i fedeli)

Dal Vangelo secondo Matteo (6,25-33)[Gesù salì sulla montagna e continuava ad ammaestrare i suoi discepoli, dicendo]: Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.

COMPRENDIAMO IL TESTOIn questo brano, tratto dal Discorso della montagna, Gesù invita a porre la propria

fiducia nella provvidenza di Dio, a non affannarsi, a non preoccuparsi delle cose della terra e nemmeno della vita in maniera non consona alla propria fede nell’amore del Padre. Il Credente sa che il tesoro, quello vero, è il Regno di Dio e tutto il resto ha valore di mezzo: sarebbe un grande errore confondere i mezzi con il fine!

Perciò “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” significa chiedere ciò che è necessario per vivere, ma non il superfluo nè ciò che ci allontanerebbe da Dio, nè ciò che ci farebbe dimenticare che Dio è l’unico necessario.

IMPARIAMO A PREGAREDacci il pane: Gesù insegna a dare fiducia alla provvidenza di Dio. Dio non si

limita a donare la vita all’uomo, ma si prende cura di lui e lo accompagna sempre. C’è anche la sottolineatura della nostra precarietà e dei nostri limiti. Per cui ogni

presunzione va abbandonata. Quando prima dei pasti benediciamo il Signore, sappiamo che quel cibo è nostro, ma prima ancora è grazia dal momento che siamo creature.

Non è difficile, inoltre, scorgere nella parola pane un significato più profondo che va oltre la lettera. Con la parola pane si vuole rappresentare tutto ciò che è necessario alla vita: cibo, lavoro, vestito, casa, medicine, istruzione, dignità, solidarietà….

Esso rappresenta tutti i doni di Dio e la collaborazione dell’uomo. Per questo possiamo definirlo nostro e chiederlo nello stesso tempo a Dio. .

Ma l’aggettivo nostro (e non mio) ha un richiamo comunitario. Non prega bene chi pensa unicamente alle proprie necessità, chi accumula beni per sè, per soddisfare i propri capricci e non è sensibile alle necessità dei fratelli.Un altro aggettivo, con più significati, accompagna la parola pane: quotidiano.

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* Significa anzitutto è un pane necessario per la vita. Si sottolinea che siamo poveri di fronte a Dio e alla sua Provvidenza si chiede ogni cosa buona e necessaria per la vita. Necessaria, non superflua. * C’è un altro significato: sovrasostanziale. Il pane sovrasostanziale che ci è necessario e che con forza va chiesto è ciò che nutre più profondamente la vita dell’uomo: è la Parola di Dio, è il Pane di vita, l’Eucaristia.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITACome si fa ad avere fiducia nella Provvidenza quando tanti non hanno le cose più

elementari? Non hanno il Vangelo? E i prepotenti la spuntano sempre?Dio non è sordo al grido dell’umanità ma è come un Padre che ha un figlio

maggiore ricco e un figlio minore povero. Dice al maggiore: “Aiutami affinchè anche tuo fratello abbia ciò che gli è necessario. Non chiudere il tuo cuore”. E’ la condivisione dei beni che ci fa dire onestamente quelle parole, “dacci oggi il nostro pane quotidiano..Basilio di Cesarea scriveva: All’affamato spetta il pane che si spreca nella tua casa. Allo scalzo spettano le scarpe che ammuffiscono sotto il tuo letto. Al nudo spettano le vesti che sono nel tuo baule. Al misero spetta il denaro che si svaluta nelle tue casseforti.

E non parliamo solo dei beni materiali, ma anche della necessità di condividere il Vangelo, l’Eucaristia e ogni altro bene spirituale.

PER LA RIFLESSIONE1- Chiedere il pane quotidiano è sottolineare la nostra povertà che supplica dalla Provvidenza di Dio tutto ciò che è necessario per la vita fisica e spirituale: cibo, vestito, Fede, Parola, Eucaristia. Ho coscienza di questa mia povertà e nello stesso tempo ho una sconfinata fiducia nella Provvidenza, per cui so vivere senza ansia, senza angoscia, senza bramosia di possedere oltre il necessario? 2- Ho ben compreso che le mie necessità non sono solo quelle del corpo, ma che Dio vuole nutrirmi anche nello spirito?3- Mi impegno ad essere strumento nelle mani di Dio affinchè Lui possa manifestarsi provvidente con i miei fratelli? In altre parole so condividere la mia ricchezza, qualunque sia, con chi è nel bisogno? Ho compreso che pregare nella verità vuol dire praticare le opere di misericordia corporali e spirituali?

PREGHIERAGrazie Signore per il pane, dono quotidiano del tuo amore. Grazie per Gesù, pane della vita, che solo può saziare la nostra fame di te. Tu hai voluto che l’uomo guadagnasse il pane quotidiano con il lavoro. Fa’ o Padre, che tutti, ogni giorno, abbiano pane e lavoro e nessuno muoia di fame. E mentre tutti i giorni ti ripeto: ”Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, Padre, ti prego:” Converti all’amore il mio cuore egoista e il cuore di tutti gli uomini”. Fa’ che impariamo a condividere perché a nessuno manchi il pane necessario per vivere. Padre, accresci la nostra fede nell’Eucarestia, perché nutrendoci di Gesù, vero pane quotidiano, la nostra vita diventi un pezzo di pane che tutti possano mangiare.

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6 - RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI

Dal Vangelo secondo Matteo (18,21-35)Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio

fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.

Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello». Parola del Signore. COMPRENDIAMO IL TESTO

Questa parabola si trova nel cap 18 di Matteo: è inserita quindi nel discorso in cui Gesù parla della Chiesa, spiega come il Regno di Dio agisce nella Chiesa e come deve essere il rapporto fra i membri della Chiesa, cioè i Figli del Regno.

Ci preme sottolineare che coloro che fanno parte della Chiesa non sono in partenza i più buoni, i più santi, i migliori. Pensare così porterebbe alla presunzione e soprattutto a fare troppo affidamento nei propri meriti. I membri della Chiesa fondamentalmente sono, come tutti, persone debitrici verso il Signore, ma persone alle quale è stata usata misericordia. E’ importante che ci si riconosca così: peccatori bisognosi di salvezza, peccatori riconciliati, peccatori amati e perdonati.

Quel primo servo, quello enormemente indebitato con il suo re rappresenta tutti i membri della Chiesa. Questa parabola invita alla gratitudine per la misericordia del Signore, rappresentato dal re. Invita all’umiltà: se si è quel che si è non è per meriti inesistenti, ma per la misericordia di Dio che ci ha redenti mediante il sangue di Gesù. Ma proprio perchè si è ricevuto tutto in dono, si è sperimentata la misericordia, bisogna imparare ad usare misericordia.

I rapporti fra i credenti all’interno della comunità devono essere improntati sulla misericordia che si esprime anzitutto nel rifiuto del giudizio e nel perdono: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato” (Lc 6,36-37).

Non per niente nella Preghiera di Gesù alla richiesta “Rimetti a noi i nostri debiti” il Maestro insegna che anche il fedele deve donare ciò che ha ricevuto: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

La parabola proprio per rafforzare questa necessità di usare misericordia sottolinea anche l’enorme differenza fra il debito che ha contratto il primo servo e il credito che questi ha verso il

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secondo. Il dono che ognuno è tenuto a fare è immensamente più piccolo del dono ricevuto, ma è condizione essenziale per ricevere il perdono del Signore.

IMPARIAMO A PREGARERimetti a noi i nostri debiti: indubbiamente è un linguaggio che a prima vista ci appare strano.

Cosa vuol dire contrarre dei debiti con il Signore? Intuiamo subito che il tema è quello del peccato.Nella Parola di Dio quando si parla di peccato sono molteplici gli aspetti che vengono

spottolineati. Il peccato è un errore, una scelta sbagliata, ma non solo. Ha qualcosa di ben più profondo. E’ una offesa arrecata a JHWH, è una rottura dell’Alleanza, è un rifiuto di Dio. Quindi non è una semplice trasgressione di una regola, ma va contro la persona di Dio, è un tradimento dell’amore di Dio. Non per niente Dio parla del suo amore manifestato nello stringere alleanza con il suo popolo come di un matrimonio e parla del peccato e dell’idolatria come di un adulterio. Il peccato è tradire, rifiutare l’amore di Dio, comunque si esprima. E’ illuminante tutta la vicenda del profeta Osea. Ecco allora che per ottenere il perdono e la riconciliazione è necessario compiere un triplice atto:* E’ necessario riconoscere la propria colpa come rottura dell’alleanza, rifiuto dell’amore di Dio: tutto il salmo 38 esprime questa consapevolezza di aver tradito l’amore: “Le mie iniquità hanno superato il mio capo, come carico pesante mi hanno oppresso. Putride e fetide sono le mie piaghe a causa della mia stoltezza. Sono curvo e accasciato, triste mi aggiro tutto il giorno”.* E’ necessario invocare il perdono: troviamo questo insegnamento nel salmo 51: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato”.* Infine è necessario un autentico spirito di conversione, cioè un ritorno nell’alleanza con Dio: Tu ritorna al tuo Dio, osserva la bontà e la giustizia e nel tuo Dio poni la tua speranza, sempre (Os 12,7).

Ma subito appare chiaro che l’uomo da solo non riesce a fare questo cammino. Senza la grazia non è possibile prendere coscienza del proprio male, supplicare il perdono, intraprendere una via di ritorno. Nel V.T. è evidente questa consapevolezza. Per cui Israele implora Dio che sia Lui stesso a prendersi a cuore quell’iniziativa di salvezza che l’uomo da solo non riesce a realizzare: Fammi ritornare e io ritornerò, perché tu sei il Signore mio Dio (Ger 31,18).

Ecco allora la portata della invocazione Rimetti a noi i nostri debiti. E’ la preghiera di chi scopre la durezza del proprio cuore e vuole intraprendere un cammino di ritorno al Signore.

Ma perchè nella Preghiera di Gesù questa situazione di peccato dell’uomo viene chiamata debito? Ci rimane un concetto difficile da comprendere. Ma tant’è! Nel vangelo troviamo questo concetto di debito nella parabola del servo spietato che è stata proposta per questo incontro e poi in maniera esplicita nella Preghiera di Gesù riportata da Matteo. In Luca invece si chiede esplicitamente di rimettere i peccati, anche se il concetto di debito ritorna nella seconda parte della invocazione: “Perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore” (Lc 11,4). Con il termine debito si vuol sottolineare ancora una volta che il peccato non è solo una trasgressione indolore di una regola. E’ fondamentalmente il rifiuto di una risposta di amore a chi per primo ha amato, è un tradimento per cui si crea un debito di amore verso Dio.

Come colmare questo vuoto? Si diceva prima che l’uomo da solo non è capace. Non ci sono riti di espiazione sufficienti. E soprattutto, trattandosi di un vuoto di amore, è necessario che cambi il cuore. Ma sarà ancora il Signore a compiere il primo passo. Il dono di un cuore di carne è opera del Signore ancor prima che impegno dell’uomo: Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne (Ez 36,25-26).

E tutto ciò si realizzerà per mezzo di Gesù stesso. L’angelo l’aveva preannunciato a Giuseppe nel sogno (Mt 1,21), Zaccaria lo annuncia nel suo cantico (Lc 1,77), e infine Gesù riempie la sua vita terrena di gesti di perdono. Vuol proclamare la fine di una religione angosciosa che impone all’uomo la conquista di una impossibile giustizia, per sottolineare infine che il perdono è atto gratuito della

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misericordia di Dio. La remissione dei peccati è concessa dal Padre come puro dono della sua misericordia. Questo ci fa capire che la remissione dei peccati non inizia con gli atti di pentimento dell’uomo, ma con il perdono incondizionato di Dio, che corre incontro con le braccia aperte. Ed è proprio l’esperienza di questo amore che trasforma il peccatore, il suo cuore, e gli dà la consapevolezza della sua situazione, gli infonde il pentimento e il desiderio di conversione.

Allora la richiesta “rimetti a noi i nostri debiti” non è tanto supplicare un perdono che il Padre ha già offerto, quanto implorare che si creino in noi le condizioni necessarie affinchè il dono di misericordia del Padre possa trovare in noi la giusta disposizione. In altre parole chiediamo che il Padre ci faccia prendere coscienza della nostra vera realtà di peccatori, ci faccia gioire del perdono e ci spinga alla conversione.

Non dimentichiamo la difficoltà particolarmente grande del primo passo. La presunzione che ci accompagna non ci permette di vedere il peccato che è in noi e ci fa confidare invece sulle opere di giustizia da noi compiute, ma che in realtà hanno ben poco peso. E’ quanto ci insegna la parabola del fariseo e del pubblicano: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 18,10-14).

L’errore del fariseo sta proprio nel fatto che cerca salvezza nelle opere che ha compiuto e non si rende conto che la salvezza può essere solo un dono gratuito della misericordia di Dio che ci permette, poi, di vivere una vita rinnovata.

Ecco allora il meraviglioso annuncio che viene portato: Dio perdona, Dio vuole riconciliarsi con i suoi figli! Ma come perdona Dio? Dimenticando semplicemente le colpe? Facendo finta di non vederle? In realtà la Parola di Dio prende molto sul serio il peccato e non lo minimizza mai.

Il peccato è autodistruzione, è tradimento dell’amore, conduce alla morte. Per questo, allora la salvezza offerta ha un prezzo altissimo: la vita preziosa del Figlio. E’ per il sangue di Gesù che siamo salvati. Il perdono passa attraverso il dono di una vita nuova, attraverso il cambiamento del cuore e non semplicemente attraverso una dimenticanza: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana” (Is 1,18).

Ma questa novità accade per il sangue di Gesù. Con forza e in molteplici passo lo ripete San Paolo: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue” (Rom 3,23-25).

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITAParlando della gratuità del perdono, dell’amore di Dio che arriva prima del nostro, del fatto che

è Dio che muove il cuore al pentimento... non compiamo l’errore di pensare che noi non abbiamo nessuna responsabilità. Sarebbe un tragico errore dire: Dio dona il suo perdono, Dio salva gratuitamente, Dio muove il cuore al pentimento.... quindi io non ho nulla da fare.

In realtà Dio rispetta la libertà dell’uomo e sottolineare che la salvezza è frutto della misericordia non significa deresponsabilizzare l’uomo. A tutti Dio dà la possibilità di convertirsi, a tutti viene annunciata la misericordia... ma se il cuore non si rinnova la colpa è sua e della sua colpevole durezza.

Questo ci fa capire che Dio parla man mano che l’uomo risponde e Dio agisce man mano che l’uomo collabora e Dio converte man mano che l’uomo permette di essere rinnovato.

Gesù stesso ci insegna che il modo migliore di accogliere la misericordia è concedere misericordia. Sono tante le pagine in cui Gesù ci invita ad agire così come il Padre si è comportato con

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ciascuno dei suoi figli. Il segno che si è accolto il dono di Dio è fare lo stesso dono, il segno che si apprezza il suo dono è distribuirlo. Questa legge “transitiva” la troviamo descritta (ma è solo uno dei tanti esempi) in 2 Cor: Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio (2 Cor 1,3-4).

Diamo un significato ampio alla parola consolazione: vediamoci tutti i significati inerenti alla carità e alla misericordia. Come Dio ha fatto con noi, così siamo chiamati a fare con i fratelli. Lo ricorda il CCC al n 2842: “Questo «come» non è unico nell’insegnamento di Gesù: «Siate perfetti “come” è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48); «Siate misericordiosi “come” è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36); «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; “come” io vi ho amati, così amatevi anche voi» (Gv 13,34)”.

Gesù, mentre invita ad imitare il modo di amare di Dio, nella preghiera del Padre nostro sottolinea in particolare il perdono: come noi chiediamo che Dio perdoni le nostre colpe, così ciascuno è chiamato a perdonare le colpe, a rimettere i debiti dei fratelli. Ricordiamo a questo punto il commento al brano del vangelo con cui si è introdotto questo incontro: il perdono al fratello è poca cosa rispetto al perdono che viene accordato da Dio, ma è essenziale perchè Dio perdoni.

Sottolinea tutto questo il CCC al n. 2840: “Questo flusso di misericordia non può giungere al nostro cuore finché noi non abbiamo perdonato a chi ci ha offeso. L’Amore, come il Corpo di Cristo, è indivisibile: non possiamo amare Dio che non vediamo, se non amiamo il fratello, la sorella che vediamo . Nel rifiuto di perdonare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, il nostro cuore si chiude e la sua durezza lo rende impermeabile all’amore misericordioso del Padre”.

Certo, di fronte alla esigenza di Gesù c’è da chiedersi anche in questa occasione chi potrà salvarsi. Infatti in certe circostanze appare impossibile perdonare, dimenticare, addirittura fare del bene a chi ha fatto del male. Eppure Gesù non transige: Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono (Mt 5,23-24).

Anche in questo caso è la grazia di Dio che può fare quello che l’uomo non ha la capacità di compiere. Per questo spesso l’arrivare al perdono e alla riconciliazione più che un atto di volontà singolo è un cammino, è un percorso fatto di preghiera, di scelte ripetute, di ascolto della Parola di Dio, di tentativi. Sicuramente è di fondamentale importanza la contemplazione del Crocifisso dalla quale scaturisce la grazia di avere “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2,5-8).

E quali furono i sentimenti di Gesù sulla croce? E’ ancora il vangelo che ce lo ricorda: Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,33-34).

PER LA RIFLESSIONE1- Ho coscienza che all’origine della salvezza di ogni uomo c’è la misericordia di Dio che è stata riversata su ciascuno a prezzo del sangue di Gesù? E ho capito che tutto questo deve portare a vincere ogni presunzione per vivere solo di gratitudine e di volontà di convertirsi?2- Il dono sconfinato di Dio esige una risposta di amore. Il mio cammino di conversione è autentico? Per quali vie passa? C’è una sincera volontà di abbandono di ogni forma di peccato e di adesione a quanto il Signore mi chiede?3- Con l’aiuto dello Spirito Santo rivivo in me stesso gli atteggiamenti del Padre e i sentimenti “che furono in Cristo Gesù”, quali la misericordia, il perdono, la comprensione, il rifiuto del giudizio, la preghiera per i peccatori ecc.?

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PREGHIERASignore Gesù, ti contemplo crocifisso mentre invochi il perdono per i crocifissorie doni la pace all’uomo condannato accanto a Te.Mi stupisco per quanto fai. Susciti in me meraviglia e infondi gioia.Anche i cuori più induriti sono toccati dal tuo gesto.Eppure mi fermo lì, mi è sufficiente stupirmi, non trovo la capacità di imitarti.Anch’io vengo a chiederti perdono, ma mi è difficile concedere il perdono.Vengo a chiederti di giudicarmi con misericordia, ma ho difficoltà ad offrire misericordia.Spero nel tuo amore, ma il mio cuore spesso è sprezzante e duro.Toglimi il cuore di pietra e donami un cuore di carne. Rinnovami e io sarò rinnovato.Modellami a tua immagine, con la potenza del tuo Spirito.Fammi nuovo, misericordioso, giusto, paziente, comprensivo, attento ai fratelli.Tutto ciò sarà possibile se riuscirò a non distogliere mai lo sguardo da Te che pendi dalla croce. Dammene la grazia, Signore Gesù. Amen.

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6 - RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI (sussidio per i fedeli)

Dal Vangelo secondo Matteo (18,21-35)Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al

mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, finchè non avesse pagato il debito.

Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello». Parola del Signore.

COMPRENDIAMO IL TESTOI membri della Chiesa sono, come tutti, persone debitrici verso il Signore, ma

persone alle quale è stata usata misericordia. E’ importante che ci si riconosca così: peccatori bisognosi di salvezza, peccatori riconciliati, peccatori amati e perdonati. Quel primo servo enormemente indebitato rappresenta tutti i membri della Chiesa. Questa parabola invita alla gratitudine per la misericordia del Signore, rappresentato dal re. Invita all’umiltà: non si è salvi per meriti inesistenti, ma per la misericordia di Dio che ci ha redenti mediante il sangue di Gesù. Ma proprio perchè si è sperimentata la misericordia, bisogna imparare ad usare misericordia. Non per niente nella Preghiera di Gesù alla richiesta “Rimetti a noi i nostri debiti” il Maestro insegna che anche il fedele deve donare ciò che ha ricevuto: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

IMPARIAMO A PREGAREIl peccato è un errore, una scelta sbagliata, ma non solo. Ha qualcosa di ben più

profondo. E’ una offesa arrecata a Dio, è una rottura dell’Alleanza, è un rifiuto di Dio. Quindi non è una semplice trasgressione di una regola, ma va contro la persona di Dio, è un tradimento dell’amore di Dio. Ecco allora che per ottenere il perdono e la riconciliazione è necessario compiere un triplice atto:

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* E’ necessario riconoscere la propria colpa come rifiuto dell’amore di Dio.* E’ necessario invocare il perdono.* Infine è necessario un autentico spirito di conversione, cioè un ritorno a Dio.

Ma l’uomo da solo, senza la grazia, non riesce a fare questo cammino. Ecco allora la portata della invocazione Rimetti a noi i nostri debiti. E’ la preghiera di chi scopre la durezza del proprio cuore e vuole intraprendere un cammino di ritorno al Signore. E’ il Signore a compiere il primo passo: “Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne (Ez 36,25-26). E tutto ciò si realizza per mezzo di Gesù stesso. Pertanto la richiesta “rimetti a noi i nostri debiti” significa implorare il Signore perchè si creino in noi le condizioni necessarie affinchè il dono di misericordia del Padre possa trovare in noi la giusta disposizione.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITA Sarebbe un tragico errore dire: Dio dona il suo perdono, Dio salva gratuitamente, .... quindi io non ho nulla da fare. Gesù stesso ci insegna che il modo migliore di accogliere la misericordia è concedere misericordia. Come noi chiediamo che Dio perdoni le nostre colpe, così ciascuno deve perdonare le colpe dei fratelli. Ma è possibile perdonare sempre? E’ la grazia di Dio che può fare quello che l’uomo non ha la capacità di compiere. Per questo spesso per arrivare al perdono non basta un atto di volontà, ma un cammino fatto di preghiera, di scelte ripetute, di ascolto della Parola di Dio, di tentativi. Sicuramente è fondamentale la contemplazione del Crocifisso.

PER LA RIFLESSIONE1- Ho coscienza che all’origine della salvezza di ogni uomo c’è la misericordia di Dio che è stata riversata su ciascuno a prezzo del sangue di Gesù? E ho capito che tutto questo deve portare a vincere ogni presunzione per vivere solo di gratitudine e di volontà di convertirsi?2- Il dono sconfinato di Dio esige una risposta di amore. Il mio cammino di conversione è autentico? Per quali vie passa? C’è una sincera volontà di abbandono di ogni forma di peccato e di adesione a quanto il Signore mi chiede?3- Con l’aiuto dello Spirito Santo rivivo in me stesso gli atteggiamenti del Padre e i sentimenti “che furono in Cristo Gesù”, quali la misericordia, il perdono, la comprensione, il rifiuto del giudizio, la preghiera per i peccatori ecc.?

PREGHIERASignore Gesù, ti contemplo crocifisso mentre invochi il perdono per i crocifissorie doni la pace all’uomo condannato accanto a Te. Mi stupisco per quanto fai. Suscitiin me meraviglia e infondi gioia. Anche i cuori più induriti sono toccati dal tuo gesto.Eppure mi fermo lì, mi è sufficiente stupirmi, non trovo la capacità di imitarti.Anch’io vengo a chiederti perdono, ma mi è difficile concedere il perdono.Vengo a chiederti di giudicarmi con misericordia, ma ho difficoltà ad offrire misericordia. Spero nel tuo amore, ma il mio cuore spesso è sprezzante e duro.Toglimi il cuore di pietra e donami un cuore di carne. Rinnovami e io sarò rinnovato.Modellami a tua immagine, con la potenza del tuo Spirito.

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Fammi nuovo, misericordioso, giusto, paziente, comprensivo, attento ai fratelli.Tutto ciò sarà possibile se riuscirò a non distogliere mai lo sguardo da Te che pendi dalla croce. Dammene la grazia, Signore Gesù. Amen.

7 - NON CI INDURRE IN TENTAZIONEMA LIBERACI DAL MALE

Dal Vangelo secondo Matteo (26,36-41)Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli:

«Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Parola del Signore.

(10, 28- 31)E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere

l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.

Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!

COMPRENDIAMO IL TESTODue brani tratti dal vangelo di Matteo che hanno il potere di metterci una certa inquietudine.Nel primo brano vediamo Gesù fortemente tentato. La paura della passione imminente lo spinge

a chiedere al Padre di non dover affrontare la prova. Ma la fiducia nel Padre lo incoraggia a ripetere subito: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.

E’ nella preghiera che Gesù trova la capacità di un abbandono fiducioso nella volontà del Padre. E’ è quanto vuole insegnare ai discepoli. Senza preghiera è facile dormire, non accorgersi dei disegni di Dio, vivere una vita nel torpore, senza ideali e senza obbedienza, una vita cioè senza fede. Ed è questa la vera tragedia: vivere cedendo alla tentazione più grande, cioè facendo a meno di Dio.

E quando la vita perde la luce della fede è veramente nella tenebra più fitta. E’ la vittoria del potere del maligno. Gesù vuole mettere i suoi discepoli in guardia di fronte a questo pericolo. E lo fa con un linguaggio duro.

Noi sappiamo che il vangelo è annuncio di salvezza, di gioia, di liberazione. E’ vittoria sulla paura... eppure nel secondo brano Gesù ci dice che di qualcuno si deve aver paura. Si deve temere, (ovviamente nel senso di fuggire, allontanarsi, rifiutare) colui che più rovinare l’uomo per sempre. E’ importante guardarsi dal Maligno, pregare e affidarsi al Signore, perchè il Maligno non ghermisca e non getti l’uomo nella perdita della fede, rovinandolo così per sempre.

IMPARIAMO A PREGARENon ci indurre in tentazione: Gesù ci chiede di pregare anche così. Cosa intendiamo dire? Sia

chiaro che Dio non ci spinge alla tentazione o al peccato. E’ vero che Dio può mettere alla prova i suoi figli o permettere una tentazione o che un avvenimento per noi si presenti come scivoloso: ma è certo che Dio non vuole mai il peccato e non desidera mai spingerci al peccato. Dio vuole la nostra

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santificazione ed ogni avvenimento della vita secondo Lui deve essere una occasione per manifestare la nostra fedeltà e il nostro amore. Però è vero che la prova svolge un ruolo importante nella nostra vita. Esistono due passi biblici interessanti: * Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza.... Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano (Gc 1,2-3.12).

E ancora: * Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode... Non siate sorpresi per l'incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare (1Pt 1,6-7. 4,12-13).

Come si vede anche in questo caso la tentazione e la prova non è attribuita a Dio, ma ha ugualmente un grande significato perchè è proprio nella prova che si manifesta la fedeltà.

Già cominciamo, pertanto, comprendere a il senso della richiesta “non ci indurre in tentazione”. Equivale a dire: “O Padre, fa’ che nella prova che comunque ci sarà, fa’ che nella prova, qualunque sia la sua origine, noi non soccombiamo, non abbiamo a cedere, bensì abbiamo la forza di manifestare la nostra fedeltà”.

Da quanto si è detto comprendiamo che la tentazione o la prova è di diverse specie o assume diverse caratteristiche:- c’è la tentazione che ha lo scopo di farci cadere e di questa sicuramente Dio non può essere la causa;- c’è la tentazione che si presenta come occasione di male ma che nello stesso tempo può diventare scelta di bene. E’ una opportunità di crescita, di purificazione, di miglioramento. Questo tipo di tentazione contiene il rischio della caduta, ma è necessaria perchè è passaggio obbligato per una crescita. Questa prova-tentazione è data per lo più dalle mille situazioni di vita in cui noi ci troviamo di fronte ad una scelta. Dio ci indica sempre la via di uscita, ci dona la sua grazia e con chiarezza ci insegna la via della fedeltà;- c’è, infine, la grande tentazione, quella alla quale la preghiera del Padre nostro fa riferimento e sulla quale vogliamo riflettere più a lungo. La grande tentazione è quella della defezione, dell’abbandono della sequela di Cristo, della sua sapienza, al fine di abbracciare la sapienza del mondo.

E’ la tentazione di Gesù nell’orto degli ulivi, quella di tirarsi fuori dal progetto del Padre per non perdere la vita e salvarla secondo il mondo.

E’ la tentazione degli apostoli nell’orto degli ulivi che, appesantiti e intorpiditi, non capiscono per quali vie Dio passi. A loro, quindi, Gesù rivolge l’invito di pregare per non soccombere nella tentazione, per non vivere cioè, prescindendo dai disegni di Dio. E’ la tentazione di non riconoscere Cristo e Cristo crocifisso, l’unica via di salvezza. E’ pensare che il salvare la propria vita sia affermarsi secondo la sapienza del mondo piuttosto che donare la vita stessa e riporla nelle mani del Signore. Ecco la vera, grande tentazione nella quale, se non si è più che attenti, si può cadere.

La scelta di Cristo non è fatta una volta per tutte, deve essere rinnovata in ogni momento e circostanza della vita. E pertanto, in ogni momento si corre il rischio di tradire l’amore e di cadere nella logica del mondo.

Il mondo ha la sua sapienza, la sua bellezza, la sua proposta di felicità, i suoi tesori... e come è facile scambiare tutto ciò per autentico, vero, perenne! Il mondo ha tante parole... e come è facile accoglierle come proposta di gioia!

Con chiarezza, Paolo, cosciente della scelta che continuamente si è chiamati a fare, afferma: Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio

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Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo (Fil 3,8).

La tentazione di rifiutare Cristo per salvare la vita secondo il mondo e quindi di perdere la fede c’è nel momento della persecuzione, in cui sembra che Dio si nasconda e non soccorra, liberandoli, i suoi figli: Vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati (Mt 24,9-10).

Tutto questo sarebbe prima accaduto ai Dodici: Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano (Lc 22,31).

Ma il Signore che è fedele non permetterà che si soccomba se c’è preghiera e vigilanza: Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla (1 Cor 10,13).

La prova-tentazione come opportunità di scegliere Dio o disgrazia di escluderlo dalla propria vita l’avevano vissuta i progenitori. Loro nella tentazione sono caduti sperimentando una conseguenza nefasta nella quale hanno trascinato l’umanità intera: la sofferenza e la morte.

La scelta del peccato fatta dai progenitori è ratificata da ogni uomo che cede alla tentazione con la conseguenza di irretirsi sempre più nel male. Ecco perchè Gesù dopo aver insegnato a pregare per non cadere nella tentazione della perdita della fede, cioè dell’esclusione di Dio dalla propria vita, insegna a pregare: “Ma liberaci dal male”. Liberaci da tutte quelle conseguenze nelle quale il rifiuto di Dio ci porta, liberaci da ogni male, conseguenza del peccato.

In effetti la liberazione ci è già stata donata. La redenzione operata da Gesù morto e risorto è la nuova creazione che non è più sotto il segno del peccato di Adamo, ma sotto il segno dell’obbedienza di Gesù, per cui ci è offerto il dono di essere figli: Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! (1 Gv 3,1).

Il credente, innestato e conformato a Cristo mediante il Battesimo e l’Eucaristia partecipa già della sua vittoria per cui niente può ora strapparlo da Lui: Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Poiché la legge dello Spirito che dá vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte (Rom 8,1-2).

La libertà che Gesù ha procurato è un dono, dono immeritato ma con forza dobbiamo sottolineare che continuamente va chiesto perchè la nostra adesione a Cristo è passibile di ripensamenti, di fughe. L’uomo vecchio che è dentro di noi e che tarda a morire continuamente richiama alla vita vecchia. E cedere alla tentazione è ricadere nel male, nella morte, nella schiavitù: insomma è rendere inutile, almeno per il singolo, la liberazione che Cristo ha conseguito.

Abbiamo parlato del male inteso come peccato e conseguenze del peccato: la morte, la sofferenza, la divisione, l’odio, la guerra ecc.

Ma tutto ciò ha un padre tenebroso e malvagio: è il Maligno. E la preghiera che Gesù ci insegna può anche essere resa così: Liberaci dal Maligno. Il testo greco può essere correttamente tradotto in tutti due i modi: “Liberaci dal male” e “Liberaci dal Maligno”.

Del resto Gesù stessa aveva chiesto al Padre nella preghiera sacerdotale di custodire i suoi discepoli dal Maligno (Gv 17,15) .

Il CCC al n 2851-2 sottolinea che in questa richiesta, il Male non è un’astrazione; indica invece una persona: Satana, il Maligno, l’angelo che si oppone a Dio. Il «diavolo» [«dia-bolos», colui che «si getta di traverso»] è colui che «vuole ostacolare» il Disegno di Dio e la sua «opera di salvezza» compiuta in Cristo.

«Omicida fin dal principio», «menzognero e padre di menzogna» (Gv 8,44), «Satana, che seduce tutta la terra» (Ap 12,9), è a causa sua che il peccato e la morte sono entrati nel mondo, ed è in virtù della sua sconfitta definitiva che tutta la creazione sarà liberata «dalla corruzione del peccato e della morte» .

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Tuttavia sappiamo che se il Maligno esercita il suo potere nel mondo lo fa solo per mezzo della malizia umana. Nella misura in cui si rifiuta il Signore e si cede alla tentazione si cade sotto l’influenza di Satana. Così dice S. Gregorio di Nissa: “Il male non è tanto forte da potersi opporre alla potenza del Signore, ma ha potuto nascere in virtù della disobbedienza ai comandamenti”.

Ecco il senso della preghiera: “Ci hai già liberati dal maligno, ma dacci ancora grazia perchè, non cedendo alla tentazione ma vincendola, possiamo rimanere in quella libertà alla quale ci hai chiamati”.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITACome vincere la tentazione per non cadere nel potere del Maligno? Come fare a non perdere la

fede in mezzo alle tante sollecitazioni del mondo da una parte e in mezzo alle tante durezze della vita dall’altra?

Il suggerimento ci viene da Gesù: Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mc 14,38).

La preghiera incessante manifesta la nostra fiducia nella fedeltà incrollabile del Padre che non lascia il proprio figlio soccombere alla prova. La tentazione, qualunque sia, diventa veramente pericolosa quando si tralascia la preghiera. La tentazione sarà troppo forte soltanto se, venendo meno la preghiera, non otteniamo quell’aiuto che Dio ha predisposto ottenessimo tramite essa.

Afferma il CCC al n 2849: Il combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. E’ per mezzo della preghiera che Gesù è vittorioso sul tentatore fin dall’inizio e nell’ultimo combattimento della sua agonia.

Sempre al medesimo paragrafo il CCC indica una seconda via per collaborare con la grazia nel vincere la tentazione e rimanere nella libertà: Ed è al suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda al Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata insistentemente. La vigilanza è <custodia del cuore> e Gesù chiede al Padre di custodirci nel suo nome. Lo Spirito Santo opera per suscitare in noi, senza posa, questa vigilanza.

Già Pietro aveva sottolineato il dovere di una vigilanza incessante vista l’opera disgregatrice del Maligno: Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare (1Pt 5,8).

Così descrive Gesù l’impegno della vigilanza: State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso (Lc 21,34).

San Paolo per parlare dell’impegno del fedele per corrispondere alla grazia al fine di vincere la tentazione e rimanere nella libertà descrive la vigilanza come un indossare una armatura spirituale che così descrive: Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio (Ef 6,13-17).

La vigilanza è indubbiamente una fatica e un dominio sulle proprie passioni e tendenze sbagliate; è distacco dalle cose e speranza di ciò che il Signore prepara; è guardare il proprio cuore per capirne le vere intenzioni e confronto continuo con la Parola di Dio. Ma la grazia che sostiene nella tentazione e il dono della libertà di fronte al potere del Maligno non mancheranno quando il fedele pratica la preghiera incessante ed è vigilante.

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PER LA RIFLESSIONE1- So che la prova, specialmente quella che viene dalle vicende della vita è una occasione per dimostrare la fedeltà al Signore, per dire continuamente sì al suo progetto di amore? Colgo ogni momento della vita come una opportunità per riaffermare la mia fede e scegliere il Signore?2- Ho coscienza che esiste una tentazione non violenta, subdola ma pericolosissima che è quella di abituarmi allo spirito del mondo, a ragionare come il mondo, a considerare vere e importanti le cose che piacciono al mondo, allontanandomi piano piano dal modo di pensare di Dio, dall’amore di Dio per cui alla fine mi ritrovo di fatto lontano e senza fede? So che questa è la via attraverso cui sono passate tante persone, ieri ferventi e oggi lontane e senza gusto per le cose dello spirito?3- La via per mantenere la fede e la gioia di stare con il Signore è la preghiera e la vigilanza. Invoco il Signore che mi doni la grazia di saper sempre scegliere Lui? Sono sempre attento alla sua Parola, ho gli occhi aperti per non abituarmi allo spirito del mondo, so fare scelte anche impegnative per mettere sempre il Signore al primo posto?

PREGHIERALiberaci dal Maligno, liberaci dalle sue proposte, liberaci dal nostro egoismo, liberaci da una gioia che è solo di questo mondo.Facci essere attenti, o Signore, alla tua Parola;metti nel nostro cuore quella santa inquietudineche non ci permette di adagiarci, di addormentarci,di perdere il gusto delle cose dello spirito.Liberaci dal pensiero che il chiasso del mondo sia gioia,che le cose del mondo riempiano la vita,che esperienze frivole o viziose diano un senso all’esistenza.Dacci la capacità di rientrare in noi stessie di ascoltare la tua Parola che ci richiama alla verità delle cose.Donaci di comprendere la dignità che ci hai donato,l’ideale al quale ci hai chiamato,l’autentica bellezza che ci proponi,la limpidezza nella quale vuoi che siamo immersi,la gioia dello spirito di cui ci vuoi arricchire. Amen.

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7 - NON CI INDURRE IN TENTAZIONE, MA LIBERACI DAL MALE

Dal Vangelo secondo Matteo (26,36-41)Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai

discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».

(10, 28- 31): E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.

Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!

COMPRENDIAMO IL TESTO1- La paura spinge Gesù a chiedere al Padre di non dover affrontare la prova. Ma subito aggiunge: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”. E’ nella preghiera che Gesù trova la capacità dell’abbandono fiducioso. Senza preghiera è facile dormire, rinnegando Dio.2- Noi sappiamo che il vangelo è annuncio di salvezza, di gioia, di liberazione. E’ vittoria sulla paura... eppure di qualcuno si deve aver paura: è importante guardarsi dal Maligno, pregare e affidarsi al Signore, perchè il Maligno non ghermisca.

IMPARIAMO A PREGAREDio ci vuole santi, perciò ogni avvenimento della vita deve essere occasione per

manifestarsi fedeli. La prova ha un ruolo importante nella vita! Ecco allora il senso della richiesta “non ci indurre in tentazione”: “O Padre, fa’ che nella prova, qualunque sia la sua origine, non cadiamo, bensì possiamo manifestare la nostra fedeltà”.

La più grande tentazione è quella dell’abbandono della sequela di Cristo, della sua sapienza, al fine di abbracciare la sapienza del mondo, con la sua proposta di felicità, i suoi tesori... e come è facile scambiare tutto ciò per autentico! S. Paolo afferma: Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura (Fil 3,8).

Il peccato ha sempre accompagnato l’uomo, fin dall’inizio, irretendolo nella soffe-renza e nella morte. Ecco perchè Gesù dopo aver insegnato a pregare per non perdere la fede, insegna a pregare:“Ma liberaci dal male”. Liberaci, cioè, dalle conseguenze nelle quali il rifiuto di Dio ci porta, liberaci da ogni male, conseguenza del peccato.

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All’origine del peccato e delle sue conseguenze c’è un padre tenebroso: è il Maligno. Possiamo allora dire anche così: Liberaci dal Maligno. Sappiamo, però, “Il male non è tanto forte da potersi opporre alla potenza del Signore,ma ha potuto nascere in virtù della disobbedienza ai comandamenti”. Ecco allora il senso della preghiera: “Ci hai già liberati dal maligno, ma dacci ancora grazia perchè, vincendo la tentazione, possiamo rimanere in quella libertà alla quale ci hai chiamati”.

PREGHIAMO ANCHE CON LA VITAGesù ci suggerisce la via per non perdere la fede nelle prove: Vegliate e pregate

per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole»(Mc 14,38). * La preghiera incessante manifesta la nostra fiducia nella fedeltà incrollabile del Padre che non lascia il proprio figlio soccombere alla prova. La tentazione, qualunque sia, diventa veramente pericolosa quando si tralascia la preghiera. * Sulla vigilanza Gesù dice: State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso (Lc 21,34). La vigilanza è dominio sulle proprie passioni e tendenze sbagliate; è distacco dalle cose e speranza di ciò che il Signore prepara; è guardare il proprio cuore per capirne le vere intenzioni e confronto continuo con la Parola di Dio.

PER LA RIFLESSIONE1- So che la prova, specialmente quella che viene dalle vicende della vita è una occasione per dimostrare la fedeltà al Signore, per dire continuamente sì al suo progetto di amore? Colgo ogni momento della vita come una opportunità per riaffermare la mia fede e scegliere il Signore?2- Ho coscienza che esiste una tentazione non violenta, subdola ma pericolosissima che è quella di abituarmi allo spirito del mondo, a ragionare come il mondo, a considerare vere e importanti le cose che piacciono al mondo, allontanandomi piano piano dal modo di pensare di Dio, dall’amore di Dio per cui alla fine mi ritrovo di fatto lontano e senza fede? So che questa è la via attraverso cui sono passate tante persone, ieri ferventi e oggi lontane e senza gusto per le cose dello spirito?3- La via per mantenere la fede e la gioia di stare con il Signore è la preghiera e la vigilanza. Invoco il Signore che mi doni la grazia di saper sempre scegliere Lui? Sono sempre attento alla sua Parola, ho gli occhi aperti per non abituarmi allo spirito del mondo, so fare scelte anche impegnative per mettere sempre il Signore al primo posto?

PREGHIERALiberaci dal Maligno, liberaci dalle sue proposte, liberaci dal nostro egoismo, liberaci da una gioia che è solo di questo mondo. Facci essere attenti, o Signore, alla tua Parola; metti nel nostro cuore quella santa inquietudine che non ci permette di adagiarci, di addormentarci, di perdere il gusto delle cose dello spirito. Liberaci dal pensiero che il chiasso del mondo sia gioia, che le cose del mondo riempiano la vita, che esperienze frivole o viziose diano un senso all’esistenza. Dacci la capacità di rientrare in noi stessi e di ascoltare la tua Parola che ci richiama alla verità delle cose. Donaci di comprendere la dignità che ci hai donato, l’ideale al quale ci hai chiamato,

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l’autentica bellezza che ci proponi, la limpidezza nella quale vuoi che siamo immersi, la gioia dello spirito di cui ci vuoi arricchire. Amen.

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