Dai Gracchi a Cesare: la fine della...

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Dai Gracchi a Cesare: la fine della Repubblica Lez. 15 da p. 294

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Dai Gracchi a Cesare: la fine della Repubblica

Lez. 15 da p. 294

APPROFONDIMENTO

L’incontro-scontro con l’Ellenismo, p. 297

• Da Cantarella-Guidorizzi, p. 344 • Le differenze fra greci e romani non

erano certo soltanto culturali e linguistiche, ma riguardavano anche loro sistema educativo. Le due civiltà si proponevano due finalità distinte : l’uomo greco, coltivando l'ideale di un perfetto equilibrio tra il valore morale e la forza fisica, cercava di rendersi simile agli dei per affermare la propria eccellenza e superiorità rispetto agli altri uomini; l’uomo romano era invece consapevole di far parte di un solido gruppo, all'interno del quale il successo personale si accompagnava soprattutto all'efficienza delle proprie azioni.

Discobolo • Il Discobolo è una scultura realizzata intorno al

455 a.C. (periodo di congiunzione tra preclassico e classico) da Mirone. La statua originale era in bronzo, oggi è nota solo da copie marmoree dell'epoca romana, tra cui la migliore è probabilmente la versione Lancellotti.

• Lo scultore si interessò alle statue, essendo la visione frontale di gran lunga quella più interessante. Infatti la presenza dell'arte preclassica è tradita dalla costruzione della figura, più vicina al rilievo che alla statuaria, e dall'immobilità del torso. Si considera la scultura come un'"istantanea": l'atleta venne raffigurato nel momento in cui il suo corpo, dopo essersi rannicchiato per prendere slancio e radunare le forze, sta per aprirsi e liberare la tensione imprimendo al lancio maggiore energia. Subito dopo girerà su se stesso e scaglierà il disco, accompagnando il gesto con tutto il corpo.

Fascio littorio p. 257 • I fasces lictorii erano, nell'Antica Roma, le armi portate dai

littori, che consistevano in un fascio di bastoni di legno legati con strisce di cuoio, normalmente intorno a una scure. Divennero in seguito un simbolo del potere e dell'autorità maggiore, l'imperium, e assunsero la tipica forma di fascio cilindrico di verghe di betulla bianca simboleggianti il potere di punire, legate assieme da nastri rossi di cuoio (in latino: fasces), simboli di sovranità e unione, al quale talvolta era infissa un'ascia di bronzo, a rappresentare il potere di vita e di morte sui condannati romani. Vennero poi riprese come simbolo nell'araldica da movimenti e ideologie politiche nel XX secolo, come il fascismo.

• L'origine etrusca del fascio littorio sembrerebbe trovare fondamento su fonti letterarie e su testimonianze archeologiche: i Romani avrebbero importato dall'Etruria l'usanza di far precedere i re da littori recanti sulle spalle un fascio di verghe e una scure.

• Di origine etrusca dei fasci parlano anche Floro e Strabone, precisando che i fasci furono portati a Roma da Tarquinia.

• La più antica rappresentazione etrusca di fasci senza scure s'incontra in un rilievo chiusino del Museo di Palermo che si data nella prima metà del V secolo a.C. Su urne e su sarcofagi etruschi del periodo ellenistico (IV-I secolo a.C.) sono spesso rappresentati littori con fasci al seguito di magistrati. Fasci sono raffigurati anche sulle pareti della 'Tomba del Tifone’ e della tomba del Convegno (databili al II-I secolo a.C.) di Tarquinia.

Tomba del Convegno La tomba fu scoperta nel 1970 in località Arcatelle ed è databile intorno al II secolo a.C. L'ipogeo non è accessibile e le pitture sono in cattivo stato di conservazione. La pianta è a camera unica con soffitto a doppio spiovente lievemente inclinato e columen a rilievo. Il soggetto degli affreschi è un lungo corteo funebre di personaggi togati e con insegne della magistratura. Dimensioni mt. 5,5 X 5.

http://www.canino.info/inserti/monografie/etruschi/tombe_tarquinia/Convegno/index.htm

UN PASSO INDIETRO: p. 285

La conquista della Grecia • 196 a.C. : pace di

Temple (giochi di Corinto e console Flaminio)

• 168 a.C: Pidna, Perseo di Macedonia viene sconfitto da Roma

• 146 a.C. vittoria romana a Leucopetra (Corinto, distruzione della città) contro la lega achea: inizio del dominio diretto dei Romani sulla Grecia

Impero Seleucide precedente alla I guerra punica

Da Cantarella-Guidorizzi, p. 347 I cavalieri in origine sono i cittadini più ricchi visto

che possono procurarsi l'armamento adeguato alla Cavalleria; sono nativi di Roma o delle città italiche alleate. In seguito il termine in indica la classe di coloro che dispongono di grossi capitali e si dedicano ad attività commerciali e finanziarie.

La vastità del territorio da governare rendeva

necessario riscuotere i tributi dovuti dai diversi popoli dominati; questi compiti furono affidati ai membri del ceto dei Cavalieri poiché l’antica lex Claudia del 218 a.C. vietava ai senatori il commercio marittimo. Gli esattori delle tasse godevano di grandi profitti perché dovevano versare allo stato solo una quota fissa e precedentemente pattuita di ciò che incassavano, potendo trattenere quindi per sé tutto quello che riuscivano a estorcere in più dai provinciali.

APPROFONDIMENTO

L’aristocrazia del denaro: i cavalieri, p. 297

Vocazione di san Matteo è un dipinto realizzato tra il 1599 ed il 1600 dal pittore italiano Michelangelo Merisi detto Caravaggio, ispirato all'episodio raccontato in Matteo 9,9-13. Si trova nella Cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. I pubblicani erano gli appaltatore di tributi; il termine deriva dal latino publicānus, dalla radice publĭcum che significa: tesoro pubblico, imposte.

Mos maiorum e ellenizzazione: Catone e gli Scipioni

• Interessante questa pagina: https://www.lacooltura.com/2018/01/mos-maiorum-catone-scipioni/

Tiberio Sempronio Gracco 162 a.C. – 133 a.C.

• Politico romano della fazione dei Populares, tribuno della plebe nel 133 a.C., durante il suo mandato fece approvare una legge agraria che prevedeva il trasferimento della terra dai ricchi patrizi al resto della popolazione. La forte opposizione del Senato, della fazione degli Optimates e dei grandi proprietari terrieri, le cui proprietà erano minacciate dalla riforma, sfocerà nel suo assassinio.

• Figlio maggiore dell'omonimo Tiberio Sempronio Gracco di origine plebea e di Cornelia, figlia di Publio Cornelio Scipione Africano, di antica famiglia aristocratica, appartenne quindi all'oligarchia patrizio-plebea. Il legame genealogico paterno con la gens plebea permette a Tiberio prima, a Gaio poi, l'ascesa al tribunato (133 e 123 a.C.), quindi il primo contatto con l'attività politica del senato. Poco più che fanciullo fece parte dei sacerdoti auguri grazie anche all'approvazione dell'influente senatore Appio Claudio Pulcro che poco più tardi gli diede in moglie la figlia Claudia, da cui non ebbe figli. Nel 146 a.C. all'età di diciassette anni militò in Libia sotto il comando del cognato Scipione Emiliano. Nove anni dopo, al suo ritorno a Roma venne eletto questore e dovette partire per la guerra contro i Numantini sotto il comando del console Gaio Ostilio Mancino.

• L'esito della guerra fu disastroso e una volta messi in fuga i Romani i nemici si dichiararono disposti a trattare soltanto con Tiberio, memori delle gesta del padre che in passato era stato loro alleato. Accettò di trattare con i Numantini anche per recuperare il diario e le tavole del suo ufficio di questore che erano state rubate nel saccheggio successivo alla fuga romana. Tornato a Roma fu accusato e biasimato per il suo gesto, ma il popolo e le famiglie dei soldati (20.000 vite furono risparmiate) scampati al massacro lo acclamarono come un salvatore. La reazione ostile venne proprio dalla compagine dei senatori per il fatto che i romani uscirono piegati dalla presa di Numanzia e patteggiarono la pace e della sua straordinaria capacità non da vincitori ma da vinti. Il senato rimandò a Numanzia Gaio Ostilio Mancino come prigioniero per causa di disonore, in secondo luogo non ratificò la pace che Tiberio aveva formulato; infine Scipione Emiliano fu inviato in terra numantina e nel 133 a.C. ottenne il dominio della città.

• Fu eletto tribuno della plebe nel 133 a.C. e la sua prima vera iniziativa fu quella di compilare una legge, la lex agraria, con l'aiuto del pontefice massimo Crasso e del console Publio Muzio Scevola, per la redistribuzione delle terre del suolo italico, usurpate dai ricchi ai più poveri e offerte ai forestieri per la lavorazione (legge agraria). La legge limitava l'occupazione delle terre dello stato a 125 ettari e riassegnava le terre eccedenti ai contadini in rovina. Una famiglia nobile poteva avere 500 iugeri di terreno, più 250 per ogni figlio, ma non più di 1000; i terreni confiscati furono distribuiti in modo che ogni famiglia della plebe contadina avesse 30 iugeri (7,5 ettari).

Da Plutarco - La vita di Tiberio Gracco, in Wikipedia

• https://www.alamy.it/foto-immagine-tiberio-gracco-viene-nominato-tribuno-della-plebe-e-cerca-di-avviare-le-riforme-necessarie-per-ripristinare-la-classe-contadina-data-133-bc-105277656.html

Italia del dopoguerra: La Riforma agraria del 1950

• La Riforma agraria fu una delle prime leggi della Repubblica italiana: n. 841 del 21 ottobre 1950. Il provvedimento fu finanziato dai fondi del Piano Marshall, lanciato dagli Stati Uniti nel 1947 per rilanciare i mercati in Europa, e proponeva la distribuzione delle terre ai braccianti agricoli tramite l'esproprio ai grandi latifondisti.

• La riforma fu resa possibile poiché garantita dall'art. 44 della Costituzione della Repubblica Italiana: «al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove e impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostruzione delle unità produttive, aiuta la piccola e la media proprietà».

• La costruzione del borgo dell'Argento e di molte opere legate alla bonifica integrale si deve all'opera di Giuseppe Medici: presidente del Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca dal 1949, poi presidente dell'Ente Maremma e infine ministro dell'Agricoltura. Già dal 1940, quando era il referente del Consorzio del Marta e del Mignone, presentò un piano agronomico per interventi urgenti sulle campagne tarquiniesi e nel 1947 fece parte della delegazione italiana che andò a Washington per concordare col governo americano gli aiuti del piano Marshall; al ritorno si adoperò per far arrivare i fondi e provvide affinché fossero ben spesi: furono realizzati molti progetti che riuscirono a prosciugare numerose piscine lungo il litorale dalla foce del Mignone a quella del Marta. Grazie a lui vennero aperti importanti cantieri che portarono alla costruzione di strade, alla sistemazione dei corsi d'acqua, alla messa a dimora di pinete e pareti frangivento. Ma l'intervento di Medici non si limitò a questo; con i fondi del piano Marshall elaborò un programma per la costruzione di 4 centri rurali: il Borgo dell'Argento nel territorio di Tarquinia, il Borgo di Sant'Agostino vicino a Civitavecchia, Roggi nel comune di Canino e Pescia Romana a Montalto di Castro. I centri rurali erano costituiti da una scuola, una chiesa, una farmacia provvista di ambulatorio medico, uno spaccio di viveri e un edificio per il circolo ricreativo operai. Furono anche realizzate otto scuole, distribuite nel comprensorio.

• Il primo manifesto sull'assegnazione delle terre, in Simoncelli- Della Nesta, Dalla Riforma fondiaria allo sviluppo agricolo, 1991, p. 81

Il Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca • Il Consorzio di Bonifica nasce nel 1949 dalla fusione di consorzi preesistenti:

quello per la trasformazione fondiaria del territorio della piana di Tarquinia e quello per la trasformazione fondiaria della bassa valle del fiume Mignone, costituiti attraverso regi decreti del 1930. La riforma agraria vede la luce dopo la Seconda Guerra Mondiale: era necessario dare un reddito a tanti braccianti disperati che avevano perso tutto.

• Da una intervistare al direttore Unico del Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca, Ing. Sergio Pisarri: La creazione del Borgo dell'Argento si colloca in un progetto più ampio che vuole trasformare un territorio deserto e insalubre in un luogo dove far vivere dignitosamente dei nuclei familiari; per far questo fu necessaria l'attività congiunta dell'Ente Maremma e del Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca: l'Ente si occupò dell'esproprio e della limitazione del latifondo, che venne ridotto di circa il 30%; il Consorzio di Bonifica si occupò dell'organizzazione dei territori. I nuovi proprietari, infatti, dovevano affrontare numerosi problemi, poiché spesso erano braccianti a giornata e non avevano mai curato il ciclo produttivo completo; occorreva quindi formare la classe degli agricoltori. L'Ente Maremma avviò le colture, insegnò ai contadini a seminare e a raccogliere, a innaffiare e concimare. Il consorzio fece il resto e trasformò zone inospitali in aree vivibili, con strade, canalette per l'irrigazione, l'elettricità; si occupò anche delle sistemazioni del terreno nel lungo periodo: vennero piantate le pinete litoranee, per difendere i terreni dei venti marini; si pensò alle pareti frangivento, per proteggere le coltivazioni: furono importate piante esotiche come l'eucalipto, che si rivelò però una scelta sbagliata, perché, pur avendo il vantaggio di crescere velocemente, impoverisce il terreno rendendolo sterile, inoltre non produce frutti commestibili e ha un legno non adatto ad essere bruciato né utilizzabile per l'edilizia. Ciononostante l'opera del Consorzio di Bonifica trasformò in pochi anni il terreno di Tarquinia da area arida a terreni irrigati, adatti alle colture intensive; costruì strade (il Lupo Cerrino, Poggio Martino, la Litoranea, la Vaccareccia, Forca di Parma, Pantano...), permise le culture tramite 'le canalette', che portavano acqua dolce; fece arrivare la corrente elettrica per garantire una vita dignitosa a questi nuovi piccoli proprietari terrieri che, in pochi anni, popolarono le campagne della Maremma.

Fosso Fontanil Nuovo, 1949, in Sabbatini, Il Consorzio di Bonifica della Marermma Etrusca. 50 anni di Sviluppo, Storia, Cultura