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RETINOPATIA DIABETICA: DA UNA RISPOSTA DELLE ISTITUZIONI UNA VERA RISPOSTA SANITARIA
ANNO V - N.2 - 2017
PUBLIC HEALTH & HEALTH POLICY
RETINOPATIA DIABETICADA UNA RISPOSTA DELLE ISTITUZIONIUNA VERA RISPOSTA SANITARIA
A CURA DI: Filippo Amore1, Emanuela Aragona2, Vincenzo Atella3, Teresio Avitabile4, Francesco Bandello2, Federico Belotti3, Carlo Di Nunzio2, Stefania Fortini1, Rosangela Lattanzio2, Alessandro Marchese2, Joanna Kopinska3, Andrea Piano Mortari3, Francesco Parisi4, Andrea Russo4, Concetta Suraci5, Simona Turco1
1. Polo Nazionale di Servizi e Ricerca per la Prevenzione della Cecità e la Riabilitazione Visiva degli Ipovedenti – IAPB Italia Onlus 2. Dipartimento di Oftalmologia, Istituto Scientifico San Raffaele, Università Vita-Salute, Milano3. CEIS Tor Vergata4. Clinica Oculistica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Vittorio Emanuele, Catania5. Diabete Italia
PUBLIC HEALTH & HEALTH POLICYANNOV – N. 2 – 2017
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Professore Associato, Docente di Infermieristica,
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Autorizzazione Tribunale Milano 457/2012
Numero di iscrizione al Roc 26499
Stampato nel mese di maggio 2017
INDICE
Introduzione 6
L’impatto del diabete in Italia e le complicanze microvascolari della patologia 7
Retinopatia diabetica: inquadramento clinico, epidemiologia, diagnosi e cura 15
La riabilitazione visiva del paziente diabetico ipovedente: un processo multidisciplinare 22
Sistema sanitario nazionale e bisogni dei pazienti affetti da retinopatia diabetica: limiti organizzativi/gestionali e prospettive future per migliorare l’assistenza 27
I costi della retinopatia diabetica in Italia. Lo scenario di lungo periodo tra vincoli di offerta e aumento dei bisogni 29
Conclusioni 35
Bibliografia 36
Opinioni e interviste Intervista a Claudio Cricelli 42Intervista a Stefania Saccardi 44Intervista a Maria Sandra Telesca 46Intervista a Antonio Saitta 47Intervista a Giulio Gallera 49Intervista a Antonio Postiglione 50
LA RETINOPATIA DIABETICA DA UNA RISPOSTA DELLE ISTITUZIONI UNA VERA RISPOSTA SANITARIA
PUBLIC HEALTH & HEALTH POLICY
LA RETINOPATIA DIABETICA
6
INTRODUZIONE
La Retinopatia Diabetica (RD) è la complicanza microvascolare più comune del Diabete Mellito (DM) e rappresenta, secondo i dati della WHO, una delle principali cause di ipovisione/cecità nell’adulto (1). I dati epidemiologici, oggi disponibili, indicano che la RD si riscontra in circa un terzo dei pazienti diabetici e circa il 2% dei soggetti affetti da DM sviluppa una forma grave di tale complicanza. In Italia sono ancora molti i pazienti diabetici nei quali si riscontrano le complicanze più gravi della retinopatia. I dati dello studio ARNO 2015 dimostrano, ad esempio, che solo il 11,1% di un’ampia popolazione italiana di pazienti diabetici aveva eseguito un controllo del fondo oculare nel corso dell’anno precedente (2), e se, invece, prendiamo in considerazione i soggetti diabetici seguiti presso i servizi di diabetologia, risulta dai dati di letteratura che nell’intervallo temporale 2004-2011, solo il 37,5% dei pazienti è stato sottoposto allo screening annuale per retinopatia (3). Essendo, quindi, la RD la più importante complicanza oculare del DM e considerando che i sintomi ad essa correlati spesso compaiono tardivamente, quando le lesioni sono già avanzate e, pertanto, limitanti anche l’efficacia del trattamento, risulta essenziale promuovere ed implementare lo screening di questa complicanza (4).
La RD è una condizione patologica altamente invalidante che incide pesantemente sulla qualità di vita dei pazienti e pertanto è necessario arrivare ad una diagnosi precoce della malattia, al fine di garantire ai pazienti una migliore gestione possibile nonché la prevenzione di condizioni più gravi ed invalidanti quali ipovisione e cecità (5). È importante sottolineare, però, che nell’ultimo decennio l’introduzione nella pratica clinica delle terapie intravitreali di farmaci anti-VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor) e steroidei ha determinato una vera rivoluzione nella gestione di questa complessa patologia migliorandone drasticamente la prognosi (6).Ci troviamo, dunque, di fronte ad una condizione patologica complessa il cui trend è in aumento. Recentemente il Centre for Economic and International Studies – CEIS dell’Università di Roma Tor Vergata ha elaborato uno studio prospettico per meglio definire quale futuro potrebbe delinearsi in termini epidemiologici e relativi costi della RD. La simulazione effettuata ha documentato che tra il 2015 e il 2025 si stima un aumento complessivo di circa 150.000 pazienti retinopatici sul territorio nazionale, pari al 18%. Lo studio, inoltre, ha evidenziato la presenza di un aumento del numero di pazienti affetti da RD che necessitano di ricovero ospedaliero e che si prevede passino dai circa 124.000 nel 2015 a circa 156.000 nel 2025. In presenza
di un’offerta sanitaria già carente in questo settore, l’aumento del 18% della popolazione con RD comporterà ulteriori problemi alla qualità dei servizi erogati e all’outcome sanitario dei pazienti stessi. Questi dati sottolineano una importante priorità per il nostro SSN: se non si interviene da subito in maniera adeguata, i problemi legati ad ipovisione e cecità aumenteranno drasticamente e con essi, inevitabilmente, anche i costi diretti e indiretti legati alla patologia. Tutto ciò determinerà così una maggiore iniquità di accesso alle cure per i nostri pazienti (5). Alla luce di tali premesse risulta, quindi, necessaria una programmazione sanitaria in grado di garantire una migliore gestione del paziente affetto da RD, che miri ad un maggiore controllo dei fattori di rischio quali glicemia, ipertensione arteriosa, dislipidemie; ad identificare precocemente la retinopatia mediante uno screening sulla popolazione diabetica, per migliorare la prognosi visiva e ridurre i costi di gestione patologia; a garantire gli interventi necessari e un follow up adeguato nel tempo a tutti i pazienti affetti da RD.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
7
L’IMPATTO DEL DIABETE IN ITALIA E LE COMPLICANZE MICROVASCOLARI DELLA PATOLOGIA Concetta Suraci
Il diabete è una delle patologie croniche a
più ampia diffusione nel mondo, in partico-
lare nei Paesi industrializzati, e costituisce
una delle più rilevanti e costose malattie
sociali della nostra epoca, soprattutto per il
suo carattere di cronicità, per la tendenza a
determinare complicanze nel lungo perio-
do e per il progressivo spostamento dell’in-
sorgenza verso età giovanili.
Secondo le stime attuali dell’International
Diabetes Federation-IDF (7) nel mondo 415
milioni di persone adulte hanno il diabete
e se ne stimano 642 milioni entro il 2040: il
DM ha quindi assunto le caratteristiche di
una vera epidemia. Sempre secondo i dati
dell’IDF in Europa nel 2015 le persone adulte
con diabete (20-79 anni) erano 59,8 milioni,
nel 2040 si prevede saranno 71,1 milioni. La
prevalenza di questa malattia è in crescita in
tutta Europa arrivando, in alcuni Stati (nelle
regioni balcaniche), a tassi del 10-14% del-
la popolazione. Questo aumento è in parte
dovuto all’invecchiamento generale della
popolazione ma soprattutto alla diffusione
di condizioni a rischio come sovrappeso e
obesità, scorretta alimentazione, sedenta-
rietà e disuguaglianze economiche.
In Italia secondo i dati Istat 2015 (8) le per-
sone che dichiarano di essere diabetiche
rappresentano il 5,4% della popolazione.
I dati diffusi dal rapporto dell’osservatorio
ARNO 2015 (2) riportano una prevalenza
nel nostro paese del 6,2% e indicano quin-
di che in Italia dovrebbero esserci 3.750.000
persone affette da diabete di cui oltre il 90%
diabete di tipo 2. Vi sono marcate differen-
ze della prevalenza nelle varie fasce di età
come mostrato in figura 1, ed una leggera
prevalenza nel genere maschile.
Secondo i dati della Sorveglianza Passi la
prevalenza di diabetici cresce con l’età, è
più frequente fra gli uomini rispetto alle
donne, nelle fasce di popolazione socio-e-
conomicamente più svantaggiate per istru-
zione o condizioni economiche, fra i cit-
tadini italiani rispetto agli stranieri, e nelle
Regioni meridionali rispetto al Centro e al
Nord Italia (9). Inoltre, si stima che per ogni
tre persone con diabete noto, ce ne sia una
con diabete non diagnosticato (diabete
misconosciuto circa 1 milione di persone),
pertanto la stima complessiva sarebbe di
circa 8% della popolazione. Nei prossimi
venti anni potremmo arrivare al 10%. Già
oggi, considerando la popolazione tra i 65 e
i 79 anni, la percentuale tra gli uomini è su-
periore al 20%. Si stima anche che per ogni
persona con diabete noto, vi sia almeno
una persona ad alto rischio di svilupparlo
perché affetto da ridotta tolleranza al glu-
cosio o alterata glicemia a digiuno: questo
implica che in Italia oggi almeno 3,6 milioni
persone siano ad alto rischio di diabete.
Figura 1: Prevalenza del diabete in funzione di genere ed età (referenza 9)
30
25
20
15
10
5
0
Classi di età
maschi
femmine
Prev
alen
za (%
)
0-19 20-34 35-49 50-64
20,5
14,6
26,1
21,0
65-79 80 Totale
8,7
5,1
1,8 2,30,5 1,40,30 ,3
6,6 5,9
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LA RETINOPATIA DIABETICA
8
L’impatto clinico, sociale ed economico del diabeteL’Italian Barometer Diabetes Report 2015
(10) riporta i “numeri del diabete in Italia”,
secondo cui:
• 1 cittadino su 16 ha il diabete;
• il numero delle persone affette da diabete
noto è destinato a crescere da 3,7 miliardi
• a 6,1 entro il 2030;
• ogni 3 persone con diabete c’è ne è 1 che
ha il diabete senza saperlo;
• per 1 persona con il diabete c’è ne è 1 ad
alto rischio di svilupparlo;
e per quanto riguarda le complicanze di tut-
te le persone con diabete:
• il 15% soffre di patologie coronariche;
• il 22% presenta retinopatia ed è a rischio
di cecità;
• il 38% presenta alterazioni della funzionali-
tà renale ed è a rischio di dialisi;
• il 3% presenta problemi ai piedi ed è a ri-
schio di amputazione;
• ogni anno 9 persone su 100 vengono rico-
verate in ospedale per ipoglicemia severa; il
numero sale a 15 se si considerano solo gli
anziani.
Il diabete ha quindi ricadute rilevanti sullo
stato di salute della popolazione e anche
sulla mortalità. Infatti mentre la mortali-
tà per tumori e malattie cardiovascolari è
in diminuzione, quella per diabete cresce
dell’1,1% all’anno fra gli uomini e dell’1,3%
fra le donne. Esiste poi un 40% di eccesso di
rischio di morte nelle persone con diabete
rispetto alle persone senza diabete di pari
età e genere, con differenze più marcate
nelle fasce di età più giovani. Nei giovani
con diabete tipo 1 è stato evidenziato un ri-
schio di morte quasi doppio rispetto ai gio-
vani senza diabete di pari età (11).
Per quanto concerne l’impatto sociale del
diabete è importante sottolineare che le
sue complicanze influiscono in modo dram-
matico sullo stato di benessere dell’indivi-
duo, oltre a ridurne le aspettative di vita. Sia
le complicanze microvascolari (retinopatia,
nefropatia, neuropatia) che quelle macrova-
scolari (patologie cardio-cerebrovascolari e
vascolari periferiche) determinano una im-
portante riduzione delle capacità funziona-
li, del benessere psicologico e della funzio-
nalità sociale (12).
L’enorme peso della malattia diabetica si
traduce in un altrettanto drammatico im-
patto sul consumo di risorse. Una persona
con diabete su quattro si ricovera in ospe-
dale almeno una volta nel corso di 12 mesi
(13,14). Il rischio di ricovero in ospedale è da
1.5 a 2.5 volte più alto in presenza di diabete
e la durata della degenza è maggiore, quasi
un giorno secondo il rapporto ARNO 2015
(2).
Secondo il Rapporto SDO 2015 (15), il tas-
so di ospedalizzazione per diabete non
controllato si attesta a 13,7 dimissioni per
centomila abitanti, quello per diabete con
complicanze nel 2015 è stato 30,51 dimis-
sioni per centomila abitanti.
Il costo medio per un paziente con diabete
è di circa 2.600-3.100 Euro l’anno (14), più
del doppio rispetto a persone di pari età e
genere ma senza diabete. I costi diretti (Fi-
gura 2) continuano ad essere attribuibili in
misura preponderante ai ricoveri ospedalie-
ri (circa il 50% dei costi complessivi), mentre
i costi legati alle terapie per il diabete rap-
presentano solo il 7% della spesa pro-capite
(2). Il costo dei presidi rappresenta il 4% del
costo complessivo, a ulteriore riprova che
non è il trattamento la voce di spesa più
rilevante, ma che si può incidere significa-
tivamente sui costi solo riducendo le ospe-
dalizzazioni.
Figura 2: Composizione percentuale dei coti del diabete (referenza 2)
17%
7%
21%
50%
4%
Altri farmaci
Specialistica
Ricoveri
Antidiabetici
Dispositivi
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LA RETINOPATIA DIABETICA
9
I costi crescono esponenzialmente con il
numero di complicanze croniche. Fatto pari
a uno il costo annuale di un paziente senza
complicanze, il costo quadruplica in presen-
za di una complicanza, è 6 volte maggiore in
presenza di due complicanze, circa 9 volte
maggiore in presenza di tre complicanze, e
20 volte maggiore in presenza di 4 compli-
canze (16).
Infine, non va dimenticato che ai costi di-
retti dell’assistenza vanno aggiunti quelli
derivanti da perdita di produttività, pensio-
namento precoce, disabilità permanente e
altri costi indiretti, che possono riguardare
anche le perdite di produttività di chi assiste
il paziente.
La dimensione del problema, la diffusione a
tutte le fasce d’età, la gravità delle compli-
canze associate alla malattia, i costi dei rico-
veri fanno del DM uno dei maggiori proble-
mi sanitari in tutto il mondo: se la crescita
del fenomeno diabete proseguirà al ritmo
attuale, nessun sistema sanitario al mondo
sarà più in grado di garantire cure adeguate
ed equità di accesso a tutte le persone affet-
te dalla malattia.
Le complicanze microvascolari del diabeteIl controllo glicemico è di fondamentale impor-
tanza nella gestione del DM e per la prevenzio-
ne delle complicanze sia micro (nefropatia, re-
tinopatia, neuropatia) sia macrovascolari. Nella
Tabella vengono riportate le principali racco-
mandazioni che derivano dagli Standard ita-
liani per la cura del DM 2016 (3), relative agli
obiettivi glicemici: questi dovranno essere per-
sonalizzati per i singoli pazienti.
Nefropatia diabeticaLa nefropatia diabetica si manifesta nel 20-
40% dei pazienti diabetici. La microalbumi-
nuria (Tabella 2) è considerata lo stadio più
precoce della nefropatia diabetica nel dia-
bete tipo 1 e un marcatore per lo sviluppo
della nefropatia nel diabete tipo 2. I pazienti
con alterata escrezione urinaria di albumina
che progrediscono verso la macroalbumi-
nuria (≥300 mg/24 ore) hanno un’elevata
probabilità di sviluppare nel corso degli
anni insufficienza renale cronica terminale
(ESRD) (17). Tuttavia, diversi interventi tera-
peutici si sono dimostrati efficaci nel ridurre
il rischio e rallentare la progressione della
malattia renale.
Studi osservazionali condotti in Italia (18,19)
su soggetti con diabete tipo 2 riportano una
prevalenza di micro-macroalbuminuria del
27-34%, e del 19,5% nei diabetici tipo 1 (20).
Tra le cause primarie di ESRD incidente in
Italia, attualmente il diabete è presente in
più del 20% dei casi ed è tra le 3 cause più
frequenti, insieme alle patologie vascolari e
alle cause ignote (che nel nostro paese sono
indicate in un’elevata percentuale di casi).
Indipendentemente da problemi di codi-
fica, il contributo del diabete alla ESRD in
Italia è in aumento, come mostrato dall’an-
damento degli ultimi anni (21).
Le diverse linee-guida concordano nel rac-
comandare l’ottimizzazione del compenso
glicemico. Infatti, studi prospettici rando-
mizzati hanno dimostrato che la gestione
intensiva del diabete, con l’obiettivo di rag-
giungere valori glicemici quanto più possi-
bile vicini alla normoglicemia, è in grado di
ritardare l’insorgenza di microalbuminuria
e la progressione dallo stato di microalbu-
minuria a quello di macroalbuminuria nei
pazienti con diabete tipo 1 (22) e tipo 2
- Il trattamento dell’iperglicemia deve essere tempe-stivamente aggiornato quando il controllo è perduto e l’obiettivo di HbA1c dovrebbe essere collocato sotto 53 mmol/mol (7,0%), valori che consentono di prevenire l’incidenza e la progressione delle complicanze micro-vascolari.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione B)
- In tutte le persone con diabete le glicemie e l’HbA1c vanno mantenute entro i livelli appropriati per la speci-fica condizione clinica al fine di ridurre il rischio di com-plicanze acute e croniche.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
- Un obiettivo di HbA1c pari o inferiore a 53 mmol/mol (7,0%) è generalmente consigliabile per i soggetti adulti con diabete anche per prevenire l’incidenza e la progressione delle complicanze macrovascolari.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)
- Obiettivi glicemici più stringenti (HbA1c ≤48 mmol/mol [≤6,5%]) dovrebbero essere perseguiti in pazienti di nuova diagnosi o con diabete di durata (<10 anni), senza precedenti di malattie cardiovascolari, abitualmente in discreto compenso glicemico e senza comorbilità che li rendano particolarmente fragili. (Livello della prova III, Forza della raccomandazione C)
- Obiettivi di compenso glicemico meno stringenti (HbA1c ≤64 mmol/mol [≤8,0%]) dovrebbero essere perseguiti in pazienti con diabete di lunga durata (>10 anni) soprattutto con precedenti di malattie cardiovascolari o una lunga storia di inadeguato compenso glicemico o fragili per età e/o comorbilità. Questo è particolarmente appropriato se la terapia consta di farmaci che causano ipoglicemia. (Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
Tabella I: Obiettivi glicemici nella persone con diabete – Raccomandazioni (referenza 12)
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LA RETINOPATIA DIABETICA
10
(23,24). Anche il controllo della pressione
arteriosa risulta essere rilevante sulla in-
sorgenza della nefropatia diabetica, come
dimostrato dalla UKPDS (25). Le LG KDIGO
confermano, inoltre, l’obiettivo pressorio di
< 130/80 mmHg in tutti i pazienti con mi-
cro-macroalbuminuria (26). Un trattamen-
to farmacologico intensivo multifattoriale
finalizzato alla ottimizazione non solo del
compenso glicemico e pressorio, ma anche
di quello lipidico risulta essere efficace nel
ridurre il rischio di progressione della ne-
fropatia diabetica (Studio DCCT-EDIC 33, e
Steno 2 34).
Da quanto detto si evince che screening e
monitoraggio del danno renale nel pazien-
te diabetico sono essenziali. Gli Annali AMD
hanno documentato come la determina-
zione dell’escrezione urinaria di albumina
sia eseguita annualmente solo nel 41,3%
dei pazienti diabetici (11) seguiti presso
i servizi di diabetologia, mentre dai dati
dell’Osservatorio Arno 2015 (2) solo il 31%
della popolazione presa in considerazione è
stato monitorato per la presenza di micro-
albuminuria. Nella Tabella 3 sono riportate
le principali raccomandazioni secondo gli
Standard italiani per la cura del DM 2016.
Retinopatia diabeticaLa retinopatia diabetica (RD) è la più impor-
tante complicanza oculare del DM e costi-
tuisce nei paesi industrializzati la principale
causa di cecità legale tra i soggetti in età
lavorativa. Si sottolinea che i sintomi a essa
correlati spesso compaiono tardivamente,
quando le lesioni sono già avanzate, e que-
sto può limitare l’efficacia del trattamento;
proprio per questo è essenziale lo scree-
ning di questa complicanza. Le evidenze
Tabella 2: Escrezione urinaria di albumina (referenza 3)
Categoria Raccolta nelle 24 ore(mg/24 ore)
Albuminuria normale
Albuminuria alta-normale
Microalbuminuria
Microalbuminuria
<10 (uomini)<15 (donne)
<25 (uomini)<35 (donne)
30-299
300 300 300
20-199 30-299
10-19 10-29
<10 <10
Eseguire annualmente un test per valutare l’escrezione renale di albumina ed escludere la presenza di microalbuminuria: nei diabetici tipo 1 con durata del diabete >5 anni, in tutti i diabetici tipo 2 iniziando alla diagnosi di diabete e nelle donne diabetiche in gravidanza.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
La creatinina sierica dovrebbe essere misurata annualmente in tutti gli adulti con diabete indipendentemente dal grado d’escrezione urinaria di albumina. La creatinina sierica da sola non dovrebbe essere usata come misura della funzionalità renale, ma piuttosto essere utilizzata per stimare la velocità di filtrazione glomerulare per eseguire una stadiazione della malattia.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
La valutazione della velocità di filtrazione glomerulare va eseguita almeno una volta l’anno nei pazienti normoalbuminurici; più spesso nei pazienti microalbuminurici o portatori di nefropatia conclamata.(Livello della prova VI; Forza della raccomandazione B)
Per valutare sia la risposta alla terapia sia la progressione della malattia si raccomanda una sorveglianza semestrale della microalbuminuria/proteinuria.(Livello della prova V, Forza della raccomandazione B)
Ottimizzare il compenso glicemico per ridurre il rischio e/o rallentare la progressione della nefropatia.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
Ottimizzare il controllo pressorio per ridurre il rischio e/o rallentare la progressione della nefropatia.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A).
Ottimizzare il controllo degli altri fattori di rischio (lipidi, fumo) per rallentare la progressione della nefropatia.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione B)
Prendere in considerazione la consulenza di un medico esperto in nefropatia diabetica quando il GFR e <60 ml•min-1•1,73 m-2 o se vi sono difficolta nella gestione delle comorbilità (ipertensione, alterazioni bilancio idro-elettrolitico, metabolismo fosfo-calcico, anemia) o quando vi sia il sospetto di una nefropatia non diabetica. E’ necessaria la consulenza nefrologica quando il GFR e <30 ml•min-1•1,73 m-2.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
Tabella 3 : Screening e il monitoraggio del danno renale nel paziente diabetico – Raccomandazioni (referenza 3)
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LA RETINOPATIA DIABETICA
11
scientifiche oggi disponibili hanno dimo-
strato che, mediante programmi di scre-
ening e trattamento della RD, è possibile
ridurre drasticamente la cecità da diabete.
Nei paesi in cui tali programmi sono già sta-
ti applicati, è stata ottenuta una sostanziale
riduzione della cecità da diabete, accompa-
gnata da importanti risparmi in termini di
economia sociosanitaria. Infatti la preven-
zione della RD presenta un ottimo rapporto
costo-beneficio; a fronte di un costo ridotto
dell’intervento medico vi è un ottimo risul-
tato per quanto attiene alla qualità di vita
del paziente.
È stato dimostrato, mediante studi d’inter-
vento, che ottimizzare il controllo glicemico
(modificazione dello stile di vita con inter-
venti di educazione sanitaria strutturata,
intensificazione del trattamento farmaco-
logico, supporto polispecialistico) ritarda la
comparsa e rallenta il peggioramento della
retinopatia, sia nei pazienti con diabete tipo
1 (33) che in quelli tipo 2, indipendente-
mente dal tipo di trattamento ipoglicemiz-
zante seguito (23).
Inoltre, gli effetti di qualunque periodo di
buon controllo metabolico sembrano persi-
stere nel tempo grazie a un non meglio ca-
ratterizzato effetto di “memoria metabolica”
(34). Anche se, una recente metanalisi con-
dotta sui trial cinici relativi al diabete tipo 2
concludono che il controllo ottimizzato del-
la glicemia è efficace nel ridurre l’incidenza
di nuova retinopatia e la progressione delle
sole forme lievi, ma non previene l’utilizzo
della fotocoagulazione e l’incidenza del
danno visivo grave e della cecità. Questi
dati rafforzano il concetto che il controllo
ottimizzato della glicemia deve essere im-
postato precocemente e a scopo preven-
tivo, quando la retinopatia non è ancora
comparsa o al più presente in forma lieve, in
quanto inefficace negli stadi moderati o più
avanzati della complicanza (35). Lo studio
UKPDS ha confermato che l’ipertensione
arteriosa può peggiorare l’evoluzione della
retinopatia (25).
Per dati più puntuali relativi a epidemiolo-
gia, diagnosi e trattamento della retinopa-
tia diabetica si rimanda al capitolo relativo
di questa monografia. Ulteriori approfon-
dimenti, sulla RD, si possono trovare su Li-
nee-guida per lo screening, la diagnostica e
il trattamento della retinopatia diabetica in
Italia, revisione e aggiornamento 2015 della
versione 2013, a cura del Gruppo di studio
sulle Complicanze oculari del diabete della
Società Italiana di Diabetologia (36).
Bisogna purtroppo dire che in Italia sono
ancora molti i pazienti diabetici nei quali si
riscontrano le complicanze più gravi della
retinopatia. I dati dello studio ARNO 2015
al riguardo sono sconfortanti, dimostrando
che solo il 11,1% di un’ampia popolazione
italiana di pazienti diabetici aveva eseguito
un controllo del fondo dell’occhio nel corso
dell’anno precedente(2). Ed anche quando
si fa riferimento ai soggetti diabetici segui-
ti presso i servizi di diabetologia (ANNALI
AMD), nell’intervallo temporale 2004-2011,
solo il 37,5% dei pazienti è stato sottoposto
allo screening annuale per retinopatia (38).
Nella Tabella 4 sono riportate le principali
raccomandazioni secondo gli Standard ita-
liani per la cura del DM 2016. Nella tabella
5 vengono riportati la classificazione delle
lesioni retiniche e l’urgenza della consulen-
za oculistica, legate allo screening della RD.
Ottimizzare il compenso glicemico riduce il rischio e la progressione della retinopatia.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
Un rapido miglioramento del controllo glicemico può essere seguito, nel breve termine, da un aggravamento della retinopatia diabetica che tende però a stabilizzar-si nel tempo e nel lungo termine, mantenendo il buon compenso metabolico, ne rallenta la progressione. Que-sta eventualità deve essere tenuta presente soprattutto nell’approccio terapeutico dei pazienti diabetici con retinopatia non proliferante grave, che può evolvere rapidamente nella forma proliferante. (Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
Ottimizzare il controllo pressorio riduce il rischio e la progressione della retinopatia.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
I pazienti con diabete tipo 1 dovrebbero avere una prima valutazione del fundus oculi in dilatazione, dopo 5 anni dalla diagnosi del diabete o alla pubertà.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione A)
I pazienti con diabete tipo 2 dovrebbero avere una prima valutazione del fundus oculi in dilatazione, alla diagnosi di diabete. (Livello della prova VI, Forza della raccomandazione A)
I successivi esami, in entrambi i tipi di diabete, dovrebbero essere ripetuti almeno ogni 2 anni. Se la retinopatia e in progressione, l’esame dovrà essere effettuato più frequentemente. (Livello della prova VI, Forza della raccomandazione A)
La fluorangiografia retinica non e indicata come strumento per lo screening della retinopatia diabetica. (Livello della prova VI, Forza della raccomandazione D)
Screening della retinopatia diabetica (RD): classificazione delle lesioni e urgenza della consulenza oculistica (Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)anemia) o quando vi sia il sospetto di una nefropatia non diabetica. E’ necessaria la consulenza nefrologica quando il GFR e <30 ml•min-1•1,73 m-2.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
Tabella 4 : Screening ed il monitoraggio della retinopatia diabetica – Raccomandazioni (referenza 3)
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LA RETINOPATIA DIABETICA
12
Sintomi e segni Diagnosi presuntiva Azione
Assenza di RD Rivedere in sede di screening a 24 mesi
Rivedere in sede di screening a 12 mesi
Rivedere in sede di screening a 6-12 mesi
Approfondire entro 3 mesi in ambiente specialistico
Approfondire con urgenza in ambiente specialistico
Approfondire entro 3-6 mesi in ambiente specialistico
RD non proliferante lieve
RD non proliferante moderata
RD non proliferante moderata con possibile DME
RD non proliferante grave (pre-proliferante)
RD proliferante Approfondire con urgenza in ambiente specialistico
Approfondire con urgenza in ambiente specialisticoRD proliferante ad alto rischio
Oftalmopatia diabetica avanzata
Approfondire con urgenza in ambiente specialistico
RD, retinopatia diabetica; DME, edema maculare diabetico.
Tabella 5 : Screening della retinopatia diabetica: classificazione delle lesioni e urgenza della consulenza oculistica (referenza 3)
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LA RETINOPATIA DIABETICA
13
Neuropatia diabeticaPolineuropatia diabetica (DPN)La neuropatia diabetica è una patologia
eterogenea con diverse forme cliniche. Ne-
gli ultimi anni sono state proposte nume-
rose classificazioni; una delle più utilizzate
distingue le polineuropatie simmetriche,
suddivise in sensitivo-motoria cronica, do-
lorosa acuta e vegetativa, e le neuropatie
focali e multifocali, comprendenti le mono-
neuropatie, le radiculopatie toraco-addomi-
nali e la amiotrofia (37).
Recentemente la DPN è stata definita
come una polineuropatia simmetrica sen-
sitivo-motoria lunghezza-dipendente nei
pazienti diabetici attribuibile ad alterazioni
metaboliche e microvascolari conseguenti
all’esposizione a iperglicemia cronica e a co-
fattori di rischio cardiovascolare (38).
La DPN è una complicanza comune, con
una prevalenza nei diabetici adulti del 20%
in casistiche non selezionate e del 30% cir-
ca in casistiche da ambulatori specialistici
come risulta anche da studi epidemiologici
Italiani (39).Uno studio multicentrico ita-
liano, condotto su 8757 pazienti diabetici
tipo 1 e 2, riporta una prevalenza di DPN
del 32,3% e dimostra come la severità della
malattia aumenti con l’aumentare dell’età e
della durata di malattia (40). La DPN è docu-
mentabile anche in pazienti in età giovanile
con una maggiore prevalenza nel diabete
tipo 2 rispetto al tipo 1 (25,7 vs. 8,2%), come
emerge dallo studio SEARCH for Diabetes in
the Youth (43).
Tra i fattori di rischio vi sono il compenso
metabolico, la pressione arteriosa, i lipidi
plasmatici, la durata del diabete, l’indice di
massa corporea, il fumo di sigaretta e il con-
sumo di alcol (37).
Lo screening della DPN deve essere effet-
tuato utilizzando semplici test clinici, quali
la valutazione della sensibilità pressoria
mediante il monofilamento di 10 g e della
sensibilità vibratoria all’alluce mediante dia-
pason, preferibilmente inseriti in un sistema
strutturato a punteggio come il Diabetic
Neuropathy Index (DNI –Tabella 6) (40, 4
La valutazione dei segni della DPN è neces-
saria poiché in più della metà dei casi è asin-
tomatica, esponendo il paziente a rischio di
lesioni ai piedi (42,43). L’esame neurologico
raccomandato è finalizzato alla ispezione
dei piedi e all’identificazione della perdita
della sensibilità protettiva (LOPS: Loss Of
Protective Sensation) (43), che se presente
rende opportuni l’inserimento del paziente
in un programma di prevenzione delle ul-
cerazioni che includa l’educazione e la for-
mazione strutturata degli operatori sanitari
(43,44). L’esame clinico iniziale è semplice;
può essere condotto utilizzando le modali-
tà riportate nella Tabella 7 (37,42) che esplo-
rano la funzione delle grosse e piccole fibre
sensitive. Le piccole fibre sono responsabili
della sensibilità dolorifica e termica, mentre
le grosse fibre garantiscono la sensibilità
pressoria e vibratoria e del riflesso achilleo.
Naturalmente altre forme di neuropatia
quali la polineuropatia demielinizzante
infiammatoria cronica , o cause di polineu-
ropatia come la carenza di vitamina B12, le
gammopatie monoclonali, l’ipotiroidismo e
l’uremia devono essere escluse prima di for-
mulare la diagnosi di DPN.
La valutazione del dolore neuropatico è
fondamentale per la diagnosi della forma
dolorosa di DPN e anche per il follow-up
della risposta al trattamento (45).
Vi è evidenza che il controllo glicemico otti-
Punteggio (per ogni lato)
Sensibilità vibratoria dell’alluce
Presente = 0Con rinforzo = 0,5Assente = 1
Presente = 0Ridotta = 0,5Assente = 1
Normale = 0Alterato = 1(se ulcera: + 1)
Test positivo >2 punti. Da ref.4
Tabella 6: Diabetic Neuropathy Index (referenza 3)
Sensibilità pressoria
Sensazione vibratoria
Sensibilità tattile
Forza muscolare
Diapason 128Hz sul dorso dell’alluce
Puntura di spillo sul dorso dell’alluce (su cute integra)
Fulzione nervosaD ispositivi e/o modalità
Tabella 7: Valutazione dei segni di deficit neuropatico agli arti inferiori (referenza 12)
PUBLIC HEALTH & HEALTH POLICY
LA RETINOPATIA DIABETICA
14
male prevenga lo sviluppo della DPN e ridu-
ca le anormalità della conduzione nervosa
e della sensibilità nel diabete tipo 1, come
confermato dall’analisi Cochrane (46) e stu-
di più recenti (47,48) mentre nel diabete
tipo 2 non vi è evidenza altrettanto univoca
che il controllo glicemico intensivo determi-
ni una riduzione significativa di sviluppo o
progressione di DPN (46).
Neuropatia vegetativa (DAN)La DAN (Diabetic Autonomic Neuropathy)
è una complicanza frequente del DM e si
associa a un’aumentata mortalità(50). Si ri-
tiene che interessi circa il 20% dei pazienti:
la prevalenza oscilla dal 17 al 21% nel dia-
bete tipo 1 e dal 16 al 22% nel diabete tipo
2, in rapporto alle metodiche diagnostiche
utilizzate e alle caratteristiche della popola-
zione esaminata. Età, durata della malattia,
tipo di diabete, compenso metabolico e fat-
tori di rischio cardiovascolare sono associati
alla comparsa della complicanza (51).
Le manifestazioni cliniche della DAN sono
numerose e possono interessare tutti gli
apparati.
La neuropatia autonomica cardiovascolare
(CAN – Cardiovascular Autonomic Neuropa-
thy), fattore di rischio per morbilità e morta-
lità cardiovascolare è la forma clinicamente
più importante di neuropatia autonomica
(51). I segni clinici di CAN sono tachicar-
dia a riposo, intolleranza all’esercizio fisico
e ipotensione ortostatica, allungamento
dell’intervallo QT, perdita delle variazioni
riflesse della frequenza, ridotta sensibilità
del baroriflesso, squilibrio simpato-vaga-
le con predominanza simpatica, ischemia
miocardica silente e instabilità perioperato-
ria cardiovascolare e cardiaca (52). Queste
alterazioni sono ipotetici meccanismi sot-
tostanti l’eccesso di mortalità associato alla
CAN (51, 53).
Lo screening può essere effettuato con i test
cardiovascolari (proposti da Ewing) che si
basano sulle modificazioni riflesse della fre-
quenza cardiaca o della pressione arteriosa;
mentre i primi (deep breathing, lying-to-
standing e la manovra di Valsalva tra i più
utilizzati) esplorano prevalentemente la
funzione cardiaca vagale, il test dell’ipoten-
sione ortostatica valuta la funzione simpa-
tica (51,55). La neuropatia gastrointestinale
è comune e può colpire qualsiasi tratto,
provocando disfagia, gastroparesi, stipsi,
diarrea, incontinenza fecale. La localizzazio-
ne urogenitale è la causa di disfunzione ve-
scicale, disfunzione erettile ed eiaculazione
retrograda (55). Infine, possono essere com-
promessi sia la funzionalità delle ghiandole
sudoripare (55), sia la capacità di riconosci-
mento dei segni dell’ipoglicemia, fino alla
comparsa di un quadro anemico secondario
a inappropriata secrezione di eritropoietina.
Nella Tabella 8 si riportano le principali rac-
comandazioni per lo screening ed il tratta-
mento della neuropatia diabetica secondo
gli Standard italiani per la cura del DM 2016.
- Ottimizzare il compenso glicemico riduce il rischio di insorgenza e progressione della neuropatia.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A, per il diabete tipo 1; Livello della prova II, Forza della raccomandazione B, per il diabete tipo 2)
- Lo screening della neuropatia deve essere eseguito in tutti i diabetici tipo 2 alla diagnosi e nei diabetici tipo 1 dopo 5 anni di durata della malattia. Le successive valu-tazioni devono avere cadenza annuale.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
- Lo screening della polineuropatia sensitivo-motoria simmetrica distale (DPN) cronica deve essere effettuato utilizzando semplici test clinici, quali la valutazione del-la perdita della sensibilità pressoria al monofilamento di 10 g e della sensibilità vibratoria mediante diapason sul dorso dell’alluce, preferibilmente inseriti in un sistema strutturato a punteggio.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
- Gli esami elettrofisiologici non sono necessari per lo screening della polineuropatia diabetica mentre sono indispensabili per la diagnosi differenziale qualora le caratteristiche cliniche siano atipiche.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
- Qualora sia diagnosticata la polineuropatia diabetica, è utile che il diabetico sia inserito in un programma di prevenzione delle ulcerazioni che includa l’educazione.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
- Lo screening per la neuropatia vegetativa deve esse-re eseguito attraverso un’accurata anamnesi, integrata dalla ricerca dei segni clinici e dai test dei riflessi car-diovascolari, in quanto i sintomi sono aspecifici e non consentono da soli di porre diagnosi di disfunzione vegetativa. (Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
- Il trattamento farmacologico è indicato per il dolore neuropatico della DPN e per le forme cliniche della neu-ropatia autonomica per ridurre i sintomi e migliorare la qualità della vita.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A, per il dolore neuropatico; Livello della prova II, Forza della raccomandazione B, per le forme cliniche di neu-ropatia autonomica).
Tabella 8 : Screening ed il monitoraggio della neuropatia diabetica – Raccomandazioni (referenza 12)
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LA RETINOPATIA DIABETICA
15
RETINOPATIA DIABETI-CA: INQUADRAMENTO CLINICO, EPIDEMIOLOGIA, DIAGNOSI E CURAFrancesco Bandello, Rosangela Lattanzio, Alessan-
dro Marchese, Emanuela Aragona, Carlo Di Nunzio
La Retinopatia Diabetica (RD) è una
complicanza cronica del Diabete Mellito
(DM) che, se non trattata, tuttora porta a
danni irreversibili anatomici e funzionali.
Nell’ultimo decennio l’introduzione nella
pratica clinica delle terapie intravitreali di
farmaci anti-VEGF (Vascular Endothelial
Growth Factor) e steroidei ha determinato
una vera rivoluzione nella gestione di
questa complessa patologia migliorandone
drasticamente la prognosi: oggi è possibile
ridurre il danno irreversibile di tessuto
retinico a favore di un recupero anatomico
e funzionale. Tuttavia, le nuove terapie
esigono frequenti ritrattamenti e regolari
visite di controllo per mantenere il risultato
ottenuto che, per essere consolidato, esige
comunque un buon controllo della malattia
sistemica e dei fattori di rischi associati.
Inoltre, le nuove tecniche di imaging in
continua evoluzione consentono una
migliore definizione delle lesioni presenti
e della loro patogenesi; fino a poco
tempo fa, la valutazione della retina era
basata su fotografie del fondo oculare,
fluorangiografia, e tomografia ottica a luce
coerente (OCT). Oggi, i plessi vascolari
della retina e della coriocapillare dell’area
retinica centrale possono essere studiati
con l’angio-OCT (OCT-A), una nuova tecnica
non invasiva che non richiede, a differenza
della fluorangiografia, l’utilizzo di colorante;
maggiori dettagli comunque sulla periferia
retinica e su altri aspetti della malattia
devono essere implementati perché questa
metodica diventi utile nella pratica clinica
quotidiana della RD.
Epidemiologia e patogenesiLa RD rappresenta oggi una tra le questioni
più importanti in tema di salute pubblica
(57). Nel 2015 il numero di pazienti diabetici
nel mondo ammontava a circa 415 milioni
ma è calcolato che la prevalenza del
DM cresca in maniera esponenziale nel
prossimo futuro (58, 59). Circa un terzo dei
pazienti diabetici, in uno studio del 2012,
presentava una qualche forma di RD (60).
Nei pazienti con DM di tipo 1 si è rilevata
una maggiore prevalenza di RD rispetto a
quelli con diabete di tipo 2, con un rischio
più alto di cecità (66). Nonostante la RD
rimanga la prima causa di perdita visiva
nella popolazione in età lavorativa dei paesi
industrializzati, i progressi ottenuti nella
diagnosi e nella terapia hanno ridotto in
maniera significativa rispetto al passato
l’incidenza della cecità nei pazienti diabetici
(57,62, 63).
In letteratura molti studi hanno indagato la
complessa e multifattoriale eziopatogenesi
delle lesioni retiniche da diabete, in passato
interpretate solo come secondarie ad
un’angiopatia del microcircolo retinico;
ipotesi patogenetiche più recenti correlano
la comparsa delle alterazioni a un danno
di natura neurodegenerativa a carico degli
strati retinici interni (64). Questa teoria
sembra essere sostenuta dalla riduzione
all’OCT dello strato delle fibre nervose
(RNFL) (64-66).
Lo stato di iperglicemia indurrebbe
inoltre un’attivazione della microglia, e
in particolare delle cellule retiniche di
Muller, responsabile di un incremento
della secrezione di citochine pro-
infiammatorie che agirebbero di riflesso
danneggiando l’endotelio vascolare
(67). Lo stato infiammatorio che segue
all’attivazione gliale sarebbe responsabile
all’OCT strutturale di spots iper-riflettenti
e dell’ispessimento dello strato nucleare
interno (INL) (64-66). La nuova tecnologia
con angio-OCT sembra tuttavia identificare
il primo momento patogenetico con un
danno vascolare vero e proprio. In pazienti
diabetici senza retinopatia abbiamo infatti
rilevato una rarefazione del network
vascolare perifoveale e una riduzione
della densità vascolare a livello del plesso
profondo, in assenza di alterazioni del
RNFL. Questo suggerirebbe che alterazioni
microvascolari si presentino precocemente
in fase preclinica e precedendo il danno
neurodegenerativo (68).
ScreeningIl danno visivo da RD potrebbe essere
marcatamente ridotto se venissero attuate
una corretta informazione dei pazienti e
forme adeguate di educazione sanitaria.
Lo screening delle complicanze oculari del
diabete, con tecniche di dimostrata efficacia
impiegate da personale addestrato,
consente di evidenziare precocemente
la RD ed è estremamente efficace nel
prevenire le forme ad alto rischio di perdita
visiva (69,70). Lo screening e il trattamento
della RD costituiscono le procedure con il
miglior rapporto costi-benefici in Medicina
(71). Le Linee Guida per lo screening, la
diagnostica e il trattamento della RD in
Italia, per il diabete di tipo 1 suggeriscono
una valutazione del fondo oculare alla
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LA RETINOPATIA DIABETICA
16
diagnosi per fini educativi/dimostrativi e
a 5 anni dalla diagnosi (73). Per il diabete
di tipo 2, è consigliato lo screening alla
diagnosi, perché è già possibile riscontrare
retinopatia e poi con intervalli variabili in
base alle lesioni rilevate. Questo corrisponde
a quanto indicato dall’American Academy
of Ophthalmology e dall’American Diabetes
Association (73,74). Poiché la difficoltà
all’accesso alle cure oculistiche può incidere
sulla aderenza alle linee guida, stanno
emergendo nuove modalità di screening,
tra cui fotografie digitali del fondo oculare
con fundus-camere automatizzate non-
midriatiche (che non richiedono la
dilatazione pupillare) o nuovi sistemi
anche portatili (80,81); la lettura a distanza
delle immagini ottenute con modalità di
telemedicina comporta poi la possibilità di
fare diagnosi di lesioni retiniche e indirizzare
alle valutazioni specialistiche i pazienti che
le presentano.
Fattori di rischioScarso compenso glicemico e iperglicemia
cronica sono i più importanti fattori
di rischio sia per lo sviluppo che per la
progressione della RD (63). L’OMS ha
stabilito la soglia di emoglobina glicata,
HbA1c, ≥ 48 mmol/mol per la diagnosi di
diabete, e un aumentato rischio di RD con
valori maggiori (82). La durata della malattia
diabetica rappresenta un importante
valore predittivo dell’insorgenza e della
progressione della RD: gran parte dei
pazienti con diabete di tipo 1 hannsegni
di RD dopo 20 anni dalladiagnosi (62,78).
L’ipertensione arteriosa è un altro
importante fattore di rischio (84): quando
controllata, porta a una riduzione del 47%
nel peggioramento dell’acuità visiva, e del
34% nella progressione anatomica della
RD nei pazienti con diabete di tipo 2 (80).
Anche differenze etniche, predisposizione
genetica, stato socio-economico e, nei
paesi più sviluppati, stili di vita sedentaria
e dislipidemie possono condizionare
l’incidenza della RD (81).
Quadri cliniciLa RD è distinta in due stadi caratterizzati
da segni clinici e gestione differenti: RD non
proliferante (RDNP) e RD proliferante (RDP).
Entrambi gli stadi possono essere complicati
dall’edema maculare diabetico (EMD), che
aumenta l’entità della compromissione
visiva.
Retinopatia Diabetica Non-Proliferante (RDNP)Rappresenta il primo stadio della RD (Figura
3); se non trattata, la RDNP può progredire
nella forma proliferante.
Segni clinici
• Microaneurismi retinici: sono il
primo segno osservabile all’esame
oftalmoscopico del fondo oculare;
appaiono come ectasie puntiformi
dei vasi retinici talora non distinguibili
dalle emorragie puntiformi (82).
• Emorragie intra-retiniche: si
distinguono in emorragie più
profonde (“dot-blot”, a stampo) o più
superficiali, localizzate nello strato
delle fibre nervose (“flame-shaped”, a
fiamma); come i microaneurismi, sono
generalmente asintomatiche.
• Essudati duri: chiazze lipidiche
Figura 3: Imaging multimodale della RDNP Rari microaneurismi ed emorragie intra-retiniche sono visibili alla retinografia “widefield” (A) e al multicolor imaging del polo posteriore (B). L’angio-OCT del polo posteriore (C) conferma la presenza di microaneurismi (mappa a colori dei plessi vascolari superficiali e profondi). La fluorangiografia mostra punti di iperfluorescenza con lieve leakage, corrispondenti ai microaneurismi al polo posteriore (D) e, nella periferia della retina (E), una iniziale non-perfusione capillare. Il riquadro F mostra l’imaging ad infrarossi del polo posteriore e il sito (freccia verde) dell’OCT B-scan strutturale (G), che esclude la presenza di edema maculare.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
17
giallastre, talora confluenti, a
margini definiti; sono determinati da
fenomeni di trasudazione a partire
da microaneurismi o da capillari con
aumentata permeabilità vascolare.
• Essudati molli: chiamati anche
essudati “cotonosi”, sono micro-
infarti della retina, tipici di uno
stadio più avanzato della RDNP.
Oftalmoscopicamente appaiono come
lesioni biancastre, dai bordi indefiniti e
dall’aspetto lanuginoso.
• Altri segni includono alterazioni di
calibro e decorso, con aumentata
tortuosità venosa, anomalie
microvascolari intraretiniche (IRMA),
anse vascolari e aree di non perfusione
capillare espressione di forme di RDNP
più avanzate.
Strumenti diagnostici
• Esame biomicroscopico del fondo
oculare: eseguito nei pazienti con
RDNP ne consente la diagnosi e
il monitoraggio di una eventuale
progressione verso gli stadi più
avanzati (25).
• Fotografie del fondo: utile anche
nel follow-up della RD. Le più recenti
fotocamere ad ampio campo (“ultra
wide field” – UWF) permettono di
ottenere immagini fino a 200° della
retina con un singolo scatto (Figure
3-5).
• Fluorangiografia (FA): tecnica
fondamentale, ampiamente
utilizzata da decenni per lo studio e il
monitoraggio delle malattie retiniche.
La FA è preceduta da un’iniezione
endovenosa di fluoresceina sodica,
soluzione colorante generalmente
ben tollerata; tuttavia possono
verificarsi effetti collaterali, tra cui
nausea, transitorie sfumature giallastre
della pelle, e nei pazienti con diatesi
allergica reazioni fino all’anafilassi
(84). Non ci sono controindicazioni
nei pazienti con insufficienza renale
o malattie cardiovascolari; deve
essere invece rimandata durante la
gravidanza, almeno durante il primo
trimestre (84,85). La FA fornisce
informazioni sulla perfusione della
retina, sulla permeabilità endoteliale
e sulle anomalie vascolari; consente
di differenziare i microaneurismi
(iperfluorescenti per impregnazione
dl colorante) dalle emorragie retiniche
(ipofluorescenti per effetto maschera).
Viene procrastinata negli stadi iniziali
della RDNP (91); nelle fasi più avanzate
la FA consente invece l’identificazione
di aree di non perfusione capillare
(aree ischemiche ipofluorescenti,
più o meno confluenti a seconda
del grado di assenza di perfusione),
IRMA, iperpermeabilità endoteliale
caratterizzata da iperfluorescenza da
diffusione (“leakage”) perivascolare.
Per un corretto inquadramento la FA
deve essere sempre associata ad una
valutazione clinica completa (87,88).
• Tomografia ottica a luce coerente
(OCT): esame non invasivo che
fornisce preziose informazioni su ogni
strato della retina maculare e della
coroide e sull’EMD eventualmente
presente. L’OCT strutturale produce
immagini bidimensionali usando una
luce a infrarossi. Nella RDNP, l’OCT
può localizzare gli essudati retinici ed
evidenziare alterazioni vitreo-maculari.
Le anomalie vascolari centrali della
RDNP, come i microaneurismi e le aree
di non-perfusione retinica, possono
essere visualizzate con l’angio-OCT (89).
Trattamento
Le terapie per la RDNP nei primi stadi sono
per la maggior parte misure preventive
(modifiche dello stile di vita, controllo
glicemico, correzione di ipertensione e
dislipidemie) allo scopo di rallentarne la
progressione (80, 88, 90-94).
• Fotocoagulazione laser. Le forme di
RDNP ad alto rischio di progressione in
RD proliferante possono essere trattate
con la fotocoagulazione laser delle
aree ischemiche come in presenza di
forme di RDP (88).
Retinopatia Diabetica Proliferante (RDP)La RDP è causata da un’ischemia cronica
della retina, in grado di compromettere
la visione in modo grave e irreversibile
(Figura 4). Più del 50% dei pazienti con
diabete di tipo 1 e il 10% di quelli con il
tipo 2 progrediscono verso forme di RD
proliferante dopo due decadi di malattia
(95,96). Sono più a rischio i pazienti con
RDNP avanzata: circa il 50% sviluppa la RDP
in 1 anno (97).
Segni clinici
• Neovascolarizzazioni. La RDP è
caratterizzata da neovasi, indotti
dall’ischemia cronica secondaria
alla non perfusione capillare. Le
neovascolarizzazioni proliferano sulla
superficie della retina verso il vitreo,
che funge da impalcatura (88). Questi
neovasi spesso si formano a livello
PUBLIC HEALTH & HEALTH POLICY
LA RETINOPATIA DIABETICA
18
del disco ottico o dagli strati interni
della retina; se l’ischemia retinica che
li determina non viene trattata con
la fotocoagulazione laser, possono
svilupparsi anche a livello dell’iride
(rubeosis iridis) e dall’angolo di
filtrazione, ostruendo così il drenaggio
dell’umore acqueo e causando il
glaucoma neovascolare.
• Strutture fibrovascolari. Evoluzione
di neovascolarizzazioni complicate
da proliferazione gliale, le strutture
fibrovascolari possono contrarsi,
determinando aderenze, trazioni
vitreo-retiniche, rotture retiniche, fori
maculari, fino al distacco trazionale
della retina.
• Emorragie del vitreo. I neovasi hanno
una parete anomala e sono pertanto
fragili e a rischio di sanguinamento
spontaneo. Se l’emorragia è limitata
tra la retina e il vitreo (emorragia sub-
ialoidea), il materiale ematico può
depositarsi inferiormente ed essere
riassorbito. Al contrario, quando
l’emorragia invade il vitreo, il sangue
può rimanere localizzato o diffondersi
nella camera vitrea (emovitreo),
causando un brusco calo visivo.
Strumenti diagnostici
• FA. Un leakage marcato nelle
fasi precoci dell’angiogramma
che tende ad aumentare nelle
fasi tardive è caratteristico
delle neovascolarizzazioni. La
fluorangiografia consente di
evidenziare neovasi anche iniziali e di
modesta entità che sfuggono ad un
esame del fondo oculare.
• Ecografia. Gli scan A e B valutano
lo stato della retina in presenza di
opacità come emovitreo o strutture
fibrovascolari complesse. L’ecografia
è in grado di rilevare distacchi di
retina, trazioni vitreoretiniche, rotture
retiniche, e può confermare la presenza
e l’evoluzione dell’emovitreo.
• OCT: consente di identificare la
presenza di aderenze vitre-omaculari
valutandone il grado di trazione, fori
maculari, emorragie pre-retiniche,
fluido intraretinico, disorganizzazioni
degli strati della retina, neovasi sulla
papilla ottica.
• Angio-OCT: fornisce preziose
informazioni sulla presenza di neovasi
e sul dropout capillare nell’area retinica
del polo posteriore. Nonostante le
limitazioni tecniche dell’area retinica
analizzabile, mappe d’immagini
composte realizzate con nuovi
prototipi permettono di ottenere dati
anche sulla media periferia della retina
(98).
Figura 4: Imaging multimodale della RDP. Microaneurismi ed emorragie intraretiniche sono visibili alla retinografia widefield a colori di entrambi gli occhi (A-B). La fluorangiografia (C-F) evidenzia i neovasi (iperfluorescenza precoce -C e D- che cresce nelle fasi tardive dell’angiogramma -E e F-), e rileva l’ischemia retinica periferica. L’OCT strutturale (G-H) documenta l’EMD che non coinvolge il centro.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
19
Trattamento
• Fotocoagulazione laser. La
fotocoagulazione laser panretinica
(PRP) è la modalità di trattamento
standard della RDP. Trial clinici hanno
dimostrato l’efficacia della PRP nel
ridurne del 50% la progressione
(41-43). La PRP è mirata alla
regressione dei neovasi che segue alla
fotoablazione della retina ischemica;
effetti collaterali correlati sono quindi
la perdita irreversibile di tessuto
retinico e la riduzione della visione
notturna. La fotocoagulazione riduce
l’espressione dei fattori vasogenici
(VEGF) che determinano il processo di
neovascolarizzazione. Inoltre, la PRP
riduce la domanda di ossigeno tramite
ablazione di epitelio pigmentato
retinico (EPR) e cellule retiniche,
migliorando la perfusione della retina
non trattata e favorendo la regressione
dei neovasi.
• Agenti anti-VEGF. Fra le diverse
molecole messe a punto per le
iniezioni intravitreali, il Ranibizumab
ha dimostrato efficacia, oltre che per
l’EMD, anche per la RDP, con ridotta
compromissione di visione periferica,
minori necessità di trattamento
chirurgico, e ridotta incidenza di
EMD (99-102). Anche Aflibercept,
altra molecola con proprietà
antiangiogeniche, ha dimostrato una
non inferiorità funzionale rispetto al
laser PRP nella gestione della RDP, con
superiore acuità visiva dopo 1 anno
di trattamento (103). Nondimeno, il
management della RDP con agenti
anti-VEGF presenta ancora problemi
legati ai costi e all’efficacia a lungo
termine dopo la sospensione delle
iniezioni intravitreali che richiedono
somministrazioni mensili e poi controlli
regolari per monitorare la ricomparsa
dei neovasi e ri-trattamenti al bisogno.
Gli effetti della fotocoagulazione
panretinica sono invece duraturi e
richiedono un minor numero di visite di
follow-up; inoltre la PRP non presenta i
potenziali effetti collaterali legati ad
una possibile diffusione sistemica di
queste molecole. Ad ogni modo, gli
agenti anti-VEGF rappresentano oggi
una valida opzione terapeutica se
coesiste l’edema maculare diabetico
o se combinati a chirurgia e laser
nella RDP complicata da emovitreo o
glaucoma neovascolare (104).
• Chirurgia vitreo-retinica: necessaria
per le emorragie del vitreo persistenti,
per i distacchi di retina regmatogeni
o trazionali, e per le membrane fibro-
vascolari pre-retiniche. La vitrectomia
pars-plana con fotocoagulazione
laser intra-operatoria è il trattamento
chirurgico standard (51); consiste nella
rimozione del vitreo, aumentando
la clearance del VEGF e riducendo
pertanto la durata delle future iniezioni
di agenti anti-VEGF (106). Al fine di
ridurre le emorragie intraoperatorie,
è stato proposto l’uso pre-operatorio
di agenti anti-VEGF, con il rischio
comunque che la coartazione della
strutture fibrovascolari che ne
consegue possa incrementare il rischio
di trazione sulla retina sottostantele
(107-109). Per distendere queste forze
trazionali, altri agenti intravitreali, come
l’Ocriplasmina, sono stati suggeriti;
la membrana ialoidea funge da
impalcatura per la crescita dei neovasi,
e la vitreolisi enzimatica indotta da
questa sostanza potrebbe prevenire
lo sviluppo di neovascolarizzazioni e le
sue complicanze (109-112).
Edema Maculare Diabetico (EMD)L’EMD è la maggiore causa di calo della
vista nei pazienti diabetici, sia con RDNP
che con RDP (Figure 3 e 4), con una
prevalenza fino al 12,8% (112). L’EMD è
definito come un inspessimento retinico al
polo posteriore, spesso associato a essudati
duri. L’iperglicemia cronica porta a un
danno microvascolare, disfunzione della
barriera emato-retinica, ed essudazione
(113,114). Nuovi studi suggeriscono che
neurodegenerazione e flogosi possano
contribuire e precedere la comparsa dei
segni clinici dell’EMD (115).
Classificazione
Sono state proposte differenti classificazioni
dell’EMD. L’Early Treatment Diabetic
Retinopathy Study (ETDRS) divide l’EMD
in due entità cliniche sulla base dell’esame
del fondo oculare: edema maculare
clinicamente significativo (EMCS) e non-
clinicamente significativo (116). Un’altra
classificazione è stata proposta dall’AAO,
dove l’EMD è definito dalla presenza di
inspessimento retinico o essudati duri
al polo posteriore, distanti dalla macula
nell’EMD lieve, vicini al centro della macula
nell’EMD moderato, e coinvolgenti la macula
nell’EMD avanzato (117). Recentemente, i
pattern biomicroscopici dell’EMD sono stati
integrati in un nuovo algoritmo che indica
il miglior trattamento per ogni sottotipo
(118). Quando l’EMD è limitato ad aree
localizzate attorno a ectasie vascolari con
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LA RETINOPATIA DIABETICA
20
essudati duri, è considerato vasogenico.
Al contrario, quando c’è un inspessimento
diffuso della retina in assenza di lesioni
microvascolari ben identificabili, l’EMD è
classificato come non-vasogenico. L’EMD
trazionale invece è associato ad anomalie
dell’interfaccia vitreo-retinica come
membrane epiretiniche o trazioni vitreo-
maculari.
Segni clinici
• Inspessimento retinico, identificabile
e quantificabile mediante l’OCT. Può
essere localizzato, spesso attorno a
microaneurismi e punti di leakage
vascolare da aumentata permeabilità,
o diffuso a tutto il polo posteriore.
• Microaneurismi ed essudati duri. I
microaneurismi sono spesso associati
all’EMD e considerati una delle
maggiori cause di essudazione. I
fluidi che ne fuoriescono contengono
proteine e lipidi, che si accumulano
nello spessore retinico, formando gli
essudati duri, che sono un segno di
edema maculare anche pregresso.
• Membrane epiretiniche e
trazioni vitreoretiniche. Anomalie
dell’interfaccia vitreoretinica possono
essere associate all’EMD e contribuire
alla sua patogenesi. Con maculopatia
a “cellophane” ci si riferisce alla
presenza di una sottile banda iper-
riflettente sopra la superficie retinica,
visibile all’esame del fondo oculare e
confermata dall’OCT.
• Segni avanzati associati all’EMD
cronico: questi includono il foro
maculare, la retinoschisi e l’atrofia
dell’epitelio pigmentato retinico.
Strumenti diagnostici
• OCT: permette di rilevare
disorganizzazioni degli strati della
retina, identificare l’inspessimento
dell’area maculare prima della
comparsa di cisti intraretiniche, di
localizzare gli essudati retinici e di
rilevare anomalie dei rapporti vitreo-
retinici (119). L’OCT è uno strumento
indispensabile per la classificazione
e la gestione dell’EMD e fornisce
riferimenti accurati per il monitoraggio
nel corso del follow-up.
• FA: è particolarmente utile per
riconoscere i microaneurismi e le
anomalie vascolari responsabili
dell’EMD. I danni a carico della
barriera ematoretinica possono essere
evidenziati nelle fasi tardive della
fluorangiografia, e sono caratterizzati
dalla diffusione di colorante in
corrispondenza delle lesioni. L’utilizzo
della fluorangiografia ad ampio campo
(UWFA) ha permesso di stabilire, per
mezzo di numerosi studi clinici, una
correlazione tra ischemia periferica
Figura 5: Imaging multimodale dell’EMD. Microaneurismi, emorragie intraretiniche, essudati duri e molli sono osservabili alla retinografia widefield a colori bilaterale (A-B). Le fasi tardive della fluorangiografia mostrano la rottura della barriera emato-retinica, il leakage vascolare e le aree di non-perfusione capillare (C-D). L’OCT strutturale evidenzia l’EMD e gli essudati al B-scan (E,F) e all’imaging en-face (G e H a sinistra). L’angio-OCT conferma la presenza di microaneurismi (G e H a destra).
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LA RETINOPATIA DIABETICA
21
ed edema maculare; la causa è
riconducibile all’azione edemigena
di fattori pro-angiogenetici e pro-
infiammatori (oltre al VEGF: insulin
growth factor)
• - IGF -, fibroblast growth factor
-FGF-, tumor necrosis factor -TNF-,
interleuchine -IL-1, IL-8-) rilasciati in
seguito all’ipossia delle aree di non
perfusione capillare (120-125). Un
nostro studio recente ha dimostrato
la correlazione tra l’indice di ischemia
periferica rilevato alla UWFA e l’area
della zona avascolare centrale:
l’ischemia periferica è risultata
associata alla ridotta perfusione
maculare a supporto dell’ipotesi che
entrambe le condizioni abbiano un
meccanismo patogenetico comune
che determina la ridotta perfusione
capillare (126).
• Angio-OCT: rileva numerosi
cambiamenti patologici in occhi
affetti da EMD, quali allargamento
e irregolarità della fisiologica zona
avascolare centrale in entrambi i
plessi superficiale e profondo, aree di
dropout capillare e riduzione di densità
vascolare. Sebbene meno sensibile
della FA, l’OCT-A è in grado di rilevare
i microaneurismi, che appaiono come
estroflessioni sacculari lungo capillari
ectasici; l’esame è privo di fenomeni
di diffusione di colorante e pertanto
non è in grado di evidenziare la rottura
della barriera emato-retinica (127).
Trattamento
• Fotocoagulazione laser: consente
una riduzione della perdita visiva
in circa il 50% dei pazienti trattati
(128,129). La fotocoagulazione “focale”
è finalizzata al trattamento mirato degli
aneurismi e delle ectasie vascolari
che contribuiscono all’inspessimento
retinico localizzato; la fotocoagulazione
“a griglia” è indicata nel trattamento
dell’EMCS diffuso. I maggiori limiti del
trattamento laser per l’EMD sono lo
scarso miglioramento visivo prodotto
e gli effetti collaterali, quali scotomi
legati alla cicatrice fotocoagulativa.
Nuove modalità di trattamento, come
il laser micropulsato sottosoglia,
il trattamento laser “light”, e i
fotocoagulatori semiautomatizzati ed
automatizzati (130,132).
• Farmacoterapie intravitreali.
Gli agenti anti-VEGF disponibili
per il trattamento delll’EMD sono
Bevacizumab (off-label), Ranibizumab
e Aflibercept, entrambi on-label.
Questi farmaci risultano più efficaci
del trattamento laser, permettendo
un recupero visivo in una proporzione
significativa di pazienti. Tuttavia, la
durata degli anti-VEGF intravitreali è
Figura 6: OCT strutturale dell’EMD prima e dopo terapia intra-vitreale.I B-scan dell’OCT strutturale documentano il riassorbimento dell’EMD dopo ogni iniezione intra-vitreale di anti-VEGF effettuata in entrambi gli occhi (riquadri destro e sinistro). Scan basale (prima riga), 2 settimane dopo la prima iniezione (seconda riga), 4 settimane dopo la prima iniezione (terza riga), 2 settimane dopo la seconda iniezione (quarta riga), 4 settimane dopo la seconda iniezione (quinta riga), 2 settimane dopo la terza iniezione (ultima riga)..
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LA RETINOPATIA DIABETICA
22
limitata, e l’EMD tende a recidivare,
rendendo necessario l’utilizzo di
frequenti iniezioni per mantenere una
buona risposta funzionale e anatomica
(133-141). Se non è possibile eseguire
ripetute somministrazioni, o se
l’anamnesi prossima include ictus o
infarti, gli agenti anti-VEGF devono
essere evitati. A causa di questi limiti,
gli steroidi intravitreali in sistemi a
lento rilascio, rappresentano oggi
un opzione terapeutica sicura e di
provata efficacia nella gestione di
una patologia cronica come l’EMD.
Tra questi sistemi spiccano l’impianto
intravitreale biodegradabile di
desametasone, che assicura un
rilascio fino a 6 mesi, e l’impianto di
fluocinolone acetonide, che rilascia 0.2
µg al giorno per circa 36 mesi (142-149).
Gli studi clinici randomizzati hanno
mostrato efficacia e sicurezza dei
farmaci intravitreali che rappresentano
oggi il trattamento di prima linea
dell’EMD (150).
La RD rappresenta la maggiore causa di
compromissione visiva in età adulta a
livello globale; se non trattata e in pazienti
con scarso compenso glicometabolico,
può portare a cecità. Oggigiorno, le nuove
terapie iniettive intra-vitreali affiancano
il trattamento laser e la chirurgia nella
gestione della malattia e consentono di
ottenere un recupero visivo, evitando il
danno irreversibile delle strutture retiniche.
Inoltre, grazie a metodiche avanzate e in
continua evoluzione di imaging, è possibile
raggiungere sempre nuovi endpoints
clinici nella definizione, classificazione e
trattamento di questa frequente patologia.
LA RIABILITAZIONE VISIVA DEL PAZIENTE DIABETICO IPOVEDENTE: UN PROCESSO MULTIDISCIPLINARESimona Turco, Stefania Fortini, Filippo Amore
L’ipovisioneL’ipovisione è una condizione di marcata e
permanente riduzione della funzione visiva
che limita l’autonomia dell’individuo. L’acuità
visiva è molto ridotta, dai 3/10 in giù, ma la
funzione visiva è qualcosa di più complesso
ed altri parametri come il campo visivo, la
sensibilità al contrasto, il senso cromatico,
la stereopsi, la resistenza all’abbagliamento,
la percezione del movimento, la capacità
di adattamento sono coinvolti. La visione
periferica o campo visivo è la capacità di
percepire in modo indistinto gli oggetti
che compongono l’ambiente nel cui centro
si trova l’oggetto fissato. La riduzione del
campo visivo è, quindi, invalidante anche
più della riduzione dell’acuità visiva poiché
compromette l’autonomia dell’individuo,
limita la sua capacità di controllo dello
spazio, creando notevoli difficoltà negli
spostamenti.
Si parla, pertanto, a seconda dei casi, di
ipovisione centrale e periferica.
L’ipovisione può insorgere per cause
differenti, sia tipicamente oculari che
come conseguenza di patologie che
hanno dapprima interessato altri distretti,
com’è il caso del diabete. Nella retinopatia
diabetica (RD), quasi sempre, il difetto e
l’ipovisione conseguente vengono definiti
di tipo misto. Infatti, nella stragrande
maggioranza dei casi, sia la zona centrale
della retina (danno a livello maculare)
che la periferia (esito dei trattamenti laser
e/o di una neuropatia ottica) risultano
coinvolte e i soggetti presentano, dunque,
delle limitazioni sia nella visione centrale
(lettura, scrittura, visione distinta) che
in quella periferica (amputazioni del
campo visivo con conseguenti difficoltà
nell’orientamento e nella mobilità).
Dinamiche psicologiche del diabetico ipovedenteLa gestione del soggetto diabetico
ipovedente è tra le più complesse, in
quanto deve tener conto di molteplici
fattori individuali, psicologici e sociali che
determinano l’andamento clinico della
malattia.
In generale, una perdita irreversibile della
vista non è una condizione che rimane
confinata alla funzionalità visiva, ma
compromette il funzionamento globale
dell’individuo, lo limita in maniera variabile
nelle sue attività di vita quotidiana ed
arriva a condizionarne profondamente
pensieri, azioni, modi di relazionarsi.
Questo accade perché la perdita della vista
viene vissuta in maniera drammatica come
una perdita di una parte di sé, può essere
assimilata ad un vero e proprio lutto e a
tutte le reazioni emotive-psicologiche
conseguenti la perdita. In definitiva, la
minorazione visiva incide pesantemente
sulla percezione della qualità di vita della
persona, ossia sulla percezione che ogni
individuo ha della propria vita rapportata
al contesto socio-culturale in cui vive. Nello
specifico, la percezione della qualità di
vita del soggetto ipovedente è legata alla
difficoltà sperimentata nello svolgimento di
una determinata attività, all’umore ed alla
struttura di personalità.
Il diabetico ipovedente è un soggetto
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LA RETINOPATIA DIABETICA
23
particolarmente sofferente perché quando
compare la compromissione visiva è
costretto a fare i conti con una seconda
cronicità, quella conseguente alla RD.
Spesso la condizione diviene ancora più
complessa e carica di sofferenza quando
si manifesta la depressione che rende, di
fatto, l’individuo portatore di una triplice
disabilità.
È noto da tempo che la depressione è una
comorbidità significativa del diabete e che i
soggetti con diabete tipo 2 hanno un rischio
doppio di sviluppare una depressione
o sintomi depressivi elevati rispetto alla
popolazione generale. Essere affetti da
diabete e depressione è una condizione
che riduce l’aderenza all’autogestione
del diabete che, a sua volta, si associa ad
outcome clinici peggiori e ad una maggiore
severità delle complicanze diabetiche, tra
cui la RD, con ulteriori compromissioni
funzionali, ridotta qualità di vita ed
aumentata mortalità (Figura 7).
L’associazione tra diabete e depressione
è stato oggetto di studi e controversie
scientifiche. Inizialmente si riteneva che
la depressione osservata nei pazienti
diabetici potesse essere il risultato dello
stress e del carico psico-sociale di essere
affetto da una malattia cronica. Tuttavia,
molte ricerche hanno portato ad ipotizzare
che la depressione potrebbe essere un
fattore di rischio per l’insorgenza del
diabete, probabilmente come risultato
di alterazioni biochimiche, così come
di ridotti comportamenti di autocura
associati alla depressione. La natura
esatta dell’associazione tra queste due
comorbidità rimane non ancora definita,
tuttavia i risultati di numerosi studi di meta-
analisi e di review sistematiche concordano
trattarsi di un’associazione bidirezionale.
Il soggetto diabetico ipovedente è un
individuo unico nel mondo degli ipovedenti
per una serie di motivi:
• deve controllare una malattia
cronica sistemica che richiede
un’autogestione, essenziale per
rallentare la progressione della RD
o prevenire ulteriori complicanze,
controllo reso più difficile dalla propria
condizione visiva;
• deve adattarsi ad una visione incerta
e fluttuante, anche nell’arco della
stessa giornata, che alimenta il senso
di incertezza e precarietà, sviluppando
stati d’ansia;
• le fluttuazioni visive si traducono in
ripetute esperienze di perdita che
fanno sì che i soggetti vivano il loro
adattamento alla perdita visiva come
un continuum di alti e bassi, piuttosto
che come un’esperienza lineare
che possa portare all’adattamento
ed all’accettazione. Nei diabetici il
processo di elaborazione del lutto/
perdita è alquanto complesso proprio
per le caratteristiche del diabete di
essere una malattia sistemica che può
avere impatti multipli e dal futuro
incerto, non solo per la funzione visiva
ma anche per il coinvolgimento di altri
organi ed apparati e lo stato di salute
generale;
• molto spesso il diabetico ipovedente
è portatore di un danno visivo di tipo
misto che limita l’autonomia in più
ambiti della quotidianità, portando
alla dipendenza e all’isolamento ed
incidendo sulla propria autostima
ed autoefficacia; in particolare,
è l’impossibilità a continuare a
guidare che impatta maggiormente
sulla perdita di dipendenza e
sull’isolamento con ricadute anche in
ambito lavorativo.
Gli studi che hanno analizzato
l’adattamento psicologico nei diabetici
ipovedenti hanno documentato che anche
una RD di grado moderato può portare
a sperimentare un senso di incertezza e
vulnerabilità al pensiero di una perdita
visiva; ne consegue che la comparsa di
una compromissione visiva ha un impatto
devastante. Le emozioni vissute sono
paura, ansia, vulnerabilità, rabbia, stress
sociale ed emotivo, bassa autostima, scarsa
autoefficacia ed alterata autopercezione.
Viene vissuto un senso di colpa per la
condizione visiva attribuita ad una cattiva
gestione del diabete proprio a causa della
vista oppure un senso di impotenza per il
peggioramento nonostante l’adesione ai
programmi di trattamento. Tutti gli aspetti
della quotidianità risultano compromessi,
viene meno il piacere legato a determinate
attività per le difficoltà nel portarle a
compimento e la condizione visiva viene
definita “l’aspetto peggiore dell’essere
diabetici”.
La diagnosi di malattia oculare causa di
ipovisione ha un impatto immediato anche
sui familiari del soggetto che si ritrovano a
vivere una condizione di stress. Idealmente
il supporto della famiglia dovrebbe
rappresentare un elemento naturale e di
valore capace di ammortizzare lo stress
legato alla malattia e potenziare le strategie
di coping e di self-efficacy del paziente.
Di fatto, una disabilità cronica rimette in
discussione il “sistema famiglia”. I familiari
assumono un ruolo nuovo, a volte sono
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LA RETINOPATIA DIABETICA
24
costretti a farsi carico di compiti e mansioni
che erano specifici del familiare ipovedente
e sono chiamati a trovare quotidianamente
un equilibrio tra modalità di assistenza e
capacità di assicurare l’indipendenza del
loro familiare, garantendone comunque la
sicurezza.
La riabilitazione visiva La medicina riabilitativa è volta al recupero
delle abilità perse o non acquisite a causa di
una determinata patologia, intervenendo
sugli esiti invalidanti che si sono prodotti e
va intesa come il completamento naturale
di trattamenti medici o chirurgici.
L’obiettivo della riabilitazione non è
finalizzato esclusivamente a mettere in
atto una serie di interventi volti a diminuire
la disabilità attraverso il recupero della
menomazione e l’ottimizzazione delle
abilità residue, ma è molto più ampio. Infatti,
l’obiettivo primario della riabilitazione è
migliorare la qualità di vita dell’individuo
attraverso il recupero del miglior livello
fisico e funzionale, ma anche di quello
cognitivo e psicologico e, soprattutto, il
ripristino delle relazioni sociali nell’ambito
dei bisogni e delle aspirazioni della
persona e della sua famiglia. Con la nuova
classificazione delle disabilità (ICF), l’OMS
ha di fatto ulteriormente ampliato gli
obiettivi, sottolineando l’importanza di un
approccio integrato che tenga conto dei
fattori ambientali, arrivando alla definizione
di disabilità come di una condizione di
salute in un ambiente sfavorevole. Ne
consegue che il recupero di una disabilità
(incapacità nella lettura, nel riconoscimento
di un oggetto, nell’orientamento) non può
essere messo in atto semplicisticamente
con una “serie di esercizi”, ma richiede
necessariamente un intervento complesso
realizzato da un’équipe di professionisti
con diverse competenze che ha la finalità
di facilitare il recupero dell’autonomia sul
piano motorio/sensoriale, cognitivo ed
emotivo.
Il modello ideale di riabilitazione, anche di
quella visiva è, quindi, quello basato sulla
presa in carico globale del soggetto da
parte di un’équipe multidisciplinare con
un approccio di tipo olistico o bio-psico-
sociale il quale considera l’uomo nella sua
globalità in quanto essere costituito da
mente e corpo. Un’attenzione particolare
viene rivolta al problema esistenziale
e ai disagi psicologici legati allo stato
visivo che influenza e influenzerà il futuro
• Peggiore controllo glicemico
• Aumento di numero e/o severità delle complicanze diabetiche quali la retinopatia diabetica
• Aumentata probabilità di fattori di rischio cardiovascolari
• Tassi più elevati di disabilità funzionali
• Aumentato tasso di mortalità
Figura 7 : Impatto negativo della depressione nei pazienti diabetici
Figura 8: L’ èquipe multidisciplinare nella riabilitazione visiva
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LA RETINOPATIA DIABETICA
25
dell’individuo come essere umano.
La vista perduta, purtroppo, non può essere
recuperata; tuttavia è possibile imparare a
sfruttare al meglio le zone retiniche ancora
funzionanti. Quest’obiettivo è raggiungibile
solo attraverso la riabilitazione visiva. Si
tratta di un percorso personalizzato che,
attraverso un adeguato inquadramento
della persona ipovedente, consente di
conservare le potenzialità visive residue
(ottimizzandone l’impiego) così da superare
alcune disabilità e recuperare la socialità,
la comunicazione e la progettualità,
migliorando in questo modo la qualità della
vita.
Un percorso riabilitativo efficace è quello in
cui l’équipe multidisciplinare pone al centro
di un cerchio ideale il soggetto (figura 8) e
lo rende parte attiva del proprio processo di
cura, condotta questa dalle ricadute positive
sul benessere individuale e sul grado di
soddisfazione. Attorno vi ruotano i diversi
professionisti del centro, ossia l’oculista,
lo psicologo, l’ortottista, l’infermiere
professionale e l’assistente sociale (figure
previste dalla Legge 28 agosto 1997, n.
284 e dal successivo Decreto Ministeriale).
Tuttavia, un’équipe più completa, in
linea anche con le soluzioni riabilitative
tecnologiche oggi possibili, si avvarrà anche
dell’istruttore di orientamento e mobilità
e autonomia personale, del tiflologo,
dell’esperto informatico, dell’ottico e di
altri medici specialisti quali l’internista, il
diabetologo, il geriatra, il neurologo.
Presa in carico e aderenzaLa complessità del diabetico ipovedente
fa sì che in un centro di riabilitazione
visiva lo psicologo abbia un ruolo
determinante, rappresentando la figura
chiave nell’ingranaggio dell’adesione al
trattamento. In questa categoria di pazienti
la riabilitazione rappresenta spesso una
sfida: si tratta di un paziente difficile, sia per il
tipo di deficit, come detto “misto”, sia perché
è spesso complessa l’interpretazione delle
sue risposte, non sempre corrispondenti al
dato oggettivo, in quanto legate a variabili
soggettive anche giornaliere.
L’ accoglienza è il primo momento
attraverso cui nasce la relazione
terapeutica, con la creazione di uno spazio
d’ascolto attivo in cui i soggetti non si
sentano giudicati e colpevolizzati, ma
riconosciuti come individui portatori di
sofferenza, paure ed insicurezze. Di solito
si percepiscono inadeguati, privati del loro
ruolo, hanno una bassa autostima, sono
scarsamente motivati e trascurati verso se
stessi.
L’ascolto attivo permette di esplorare
le aspettative sulla riabilitazione ed
individuare le risorse disponibili, sia
individuali che familiari, da poter utilizzare
come punto di partenza di un percorso
che non potrà intendersi statico e
concluso, ma “naturalmente” flessibile ed
in continuo divenire. È questo un aspetto
particolarmente critico che fa comprendere
lo sforzo da noi richiesto a questi soggetti, in
quanto i risultati, a fatica raggiunti, possono
essere vanificati da un peggioramento.
Per cercare di promuovere l’aderenza al
trattamento, quindi il cambiamento, si deve
Psicologo
Oculista
RIUNIONE D’EQUIPE
Ortottista - Percorso riabilitativo
SOGGETTO IPOVEDENTE
Passaggio di consegne
Rivalutazione a breve
Follow up periodici
Figura 9: il modello riabilitativo del Polo Nazionale Ipovisione.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
26
lavorare sulla motivazione, che non sempre
è presente e costante, sull’autoefficacia,
rafforzare l’immagine che il soggetto ha di
sé, aiutarlo verso l’accettazione degli ausili.
In definitiva tutto il lavoro è finalizzato a
potenziare la resilienza, ossia la capacità
che ogni individuo ha nel fronteggiare lo
stress facendo ricorso alle proprie risorse,
senza sottostimare la realtà, uscendone
rafforzato, resilienza che va favorita anche
a livello familiare.
La figura 9 mostra il modello riabilitativo del
Polo Nazionale Ipovisione.
Requisiti e compiti degli operatori di un centro di riabilitazione visiva• Possedere adeguate conoscenze delle
patologie causa d’ipovisione
• Diagnosticare e seguire la malattia
del paziente attuando le terapie più
idonee
• Attuare un corretto inquadramento
delle disabilità visive e delle difficoltà
funzionali del paziente sia in relazione
all’estensione del residuo visivo che
alla classificazione di Legge
• Eseguire la certificazione del residuo
visivo e funzionale
• Predisporre, di concerto con gli altri
specialisti, un preciso inquadramento
complessivo del paziente, del suo
tratto di salute psicofisico e della sua
condizione emotiva e sociale
• Programmare un follow-up periodico
per avere un quadro completo ed
aggiornato della patologia e delle sue
possibili evoluzioni
• Creare un rapporto empatico
operatore/paziente
• Mantenere un dialogo con l’oculista di
riferimento e gli altri specialisti curanti
• Garantire uno stretto collegamento tra
paziente e Istituzioni
Negli ultimi anni l’ipovisione e la
riabilitazione visiva sono riuscite a ritagliarsi
degli spazi nel mondo dell’Oftalmologia.
Tuttavia, il lavoro da fare è ancora molto,
soprattutto per quanto riguarda gli aspetti
psicologici degli ipovedenti, ancora non
considerati con la dovuta attenzione.
Sono, inoltre, necessari studi longitudinali
per comprendere come si modificano
nel tempo le reazioni psicologiche dei
pazienti con malattie oculari progressive.
In tal modo potremo conoscere quali sono
i fattori predittivi di un buon o cattivo
adattamento all’ipovisione e pianificare
adeguati follow up e progetti riabilitativi
sempre più individualizzati.
(Riferimenti bibliografici 151-163)
24,9% 2,0%
14,0%
51,9%
2,0%
4,7%
0,5%
FarmaceuticaScheda di dimissione
ospedaliera
Esenzioni
Figura 10: Distribuzione della popolazione con diabete in funzione delle fonti di rilevamento, da Osservatorio ARNO Diabete Rapporto 2015
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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SISTEMA SANITARIO NAZIONALE E RETINOPATIA DIABETICA: LIMITI ORGANIZZATIVI/GESTIONALI E PROSPETTIVE FUTURE PER MIGLIORARE L’ASSISTENZA Teresio Avitabile, Andrea Russo, Francesco Parisi
La Retinopatia Diabetica rappresenta oggi
una sfida per le capacità organizzative del
sistema sanitario italiano.
Ben note sono le preoccupanti dimensioni
socio-sanitarie del problema. Come figura
nel rapporto ARNO 2015 le tre fonti dei dati
disponibili in Italia (farmaceutica territoriale,
schede di dimissione ospedaliera e archivio
delle esenzioni per patologia) hanno
permesso di identificare una prevalenza del
6,2% che corrisponde ad una stima di oltre 3
milioni di diabetici in Italia, un dato più che
doppio rispetto a quello italiano di 30 anni fa
con un aumento dei casi noti di circa il 70%
in 18 anni.
L’assenza in Italia di un sistema di
registrazione per le patologie croniche non
permette una stima precisa infatti il dato
riportato sottostima la dimensione del
problema. La prevalenza del diabete noto è
certamente superiore al 6,2%; accanto ai casi
noti ci sono i casi di diabete misconosciuto
che secondo stime recenti corrispondono
al 20-30% del totale (quindi la prevalenza
complessiva dovrebbe essere superiore
all’8%).
La probabilità di sviluppare una Retinopatia
Diabetica è legata alla durata del diabete e
più del 50% dei pazienti con diabete tipo
1 ed il 30% dei pazienti con diabete tipo
2 sviluppano, nel tempo, delle alterazioni
retiniche. Si ritiene che dopo 20 anni di
diabete circa il 70% dei diabetici presenta
una forma di retinopatia. Se, come
affermano i dati epidemiologici, circa il
3-5% di tali pazienti in Europa è affetto da
retinopatia ad alto rischio, appare evidente
l’importanza che assume tale patologia
nel panorama nazionale. La Retinopatia
Diabetica rappresenta una patologia la cui
prevenzione ha un ottimo rapporto costo-
beneficio; cioè a fronte di un costo ridotto
dell’intervento medico vi è un ottimo
risultato per quanto attiene la qualità di vita
del paziente. A dispetto di ciò le stesse fonti
ARNO ci rivelano come soltanto l’11,1 % dei
soggetti diabetici in Italia è stato sottoposto
ad una visita oculistica.
Che cosa è quindi necessario per la
prevenzione della Retinopatia Diabetica e
delle sue manifestazioni più gravi?
Parliamo in primo luogo di una prevenzione
primaria che pone le radici in attività di
promozione della salute e prevenzione delle
malattie dismetaboliche (diabete, obesità,
ecc.) sin dalle prime età ed in contesti mirati
(scuole, mense, luoghi di aggregazione)
attraverso la realizzazione di interventi
che favoriscano e facilitino l’assunzione di
comportamenti salutari in tutte le fasi della
vita.
L’educazione terapeutica è leva
fondamentale per l’efficacia e l’efficienza
del sistema; deve essere realizzata dal
PrestazioneMaschi
N=278.714
Almeno una prestazione qualsiasi
Femmine
N=270.021
%(N=548.735)N. Pazienti
Glicemia
Emoglobina glicata
Creatininemia
Colesterolo Totale
Trigliceridemia
Colesterolo HDL
Visita specialistica di controllo
Prima visita specialistica
Microalbuminuria
Elettrocardiogramma
Ecodoppler carotidi
Visita Oculistica
Ecodoppler arterioso gambe
511.272
400.706
361.465
343.178
339.491
332.434
315.266
216.868
165.607
169.947
141.871
72.796
61.035
40.412
93,2
73,0
65,9
62,5
61,9
60,6
57,5
39,5
30,2
31,0
73,2
64,9
63,4
60,9
25,9
13,3
11,1
7,4
59,5
55,9
38,2
30,6
28,6
24,1
11,6
11,2
6,8
93,9
72,9
66,8
61,7
62,8
61,7
58,9
40,8
29,8
33,2
27,5
14,9
11,0
7,9
92,5
“Frequenza di alcuni indicatori di processo e cura del diabete” da Osservatorio ARNO Diabete Rapporto 2015
Tabella 9: – Frequenza di alcuni indicatori di processo e cura del diabete, da Osservatorio ARNO Diabete Rapporto 2015
PUBLIC HEALTH & HEALTH POLICY
LA RETINOPATIA DIABETICA
28
team diabetologico attraverso programmi
di educazione, nella prospettiva che i
pazienti, resi consapevoli ed esperti, siano
in grado di gestire la propria patologia e
la propria qualità di vita al massimo delle
potenzialità. La prevenzione secondaria
rappresenta probabilmente il punto
cardine nella gestione di tale patologia. Le
evidenze scientifiche ci dimostrano infatti
che, mediante programmi di screening e
trattamento della retinopatia diabetica, è
possibile ridurre drasticamente la cecità
da diabete. Per procedura di screening
intendiamo un protocollo di indagini
diagnostiche, cui viene sottoposta una
popolazione a rischio, con lo scopo di
identificare, previo approfondimento
diagnostico, i quadri clinici da sottoporre
a terapia. Nei paesi in cui tali programmi
sono già stati applicati, è stata ottenuta
una sostanziale riduzione della cecità da
diabete, accompagnata da importanti
risparmi in termini di economia socio-
sanitaria. Un programma di screening ha
quindi il compito di selezionare i pazienti
da sottoporre ad adeguata terapia in tempi
brevi, e le tempistiche di ripetizione delle
procedure di screening sono definite in
rapporto alla gravità del quadro clinico
riscontrato. Ne deriva che, attraverso
lo screening, individuiamo i pazienti
che necessitano di approfondimento
diagnostico oftalmologico, ovvero di una
visita oculistica completa. Caratteristiche
fondamentali di un programma di screening
sono rappresentate dal basso costo, la
ripetibilità, la affidabilità, e il facile accesso
alle procedure stesse. Tali ideali urtano
ancora una volta con la realtà pubblica
italiana in cui troviamo tempi medi per una
visita oculistica di circa nove mesi.
In tal senso appare evidente la necessità
di rinvigorire le fila degli oculisti italiani,
favorendo l’ingresso di nuove unità mediche
nelle strutture pubbliche, allo scopo sia di
fortificare i centri di ultraspecializzazione
che di creare una rete di servizi oftalmologici
territoriali quanto più capillare possibile.
Altro pilastro di un programma di screening
nazionale è la sua collocazione nell’ambito
di un modello assistenziale “reticolare”
e multicentrico, che persegue percorsi
diagnostico terapeutici condivisi e centrati
sulle necessità del paziente.
Un simile sistema deve tenere conto delle
realtà locali, con l’obiettivo di organizzare
una rete tra i medici di medicina generale
(presenza capillare sul territorio), i centri
specialistici di diabetologia, lo specialista
oftalmologo e/o centri specialistici
oftalmologici di riferimento. Tutti i pazienti
devono, sin dal momento della diagnosi,
essere inseriti in un programma di gestione
integrata e la responsabilità di coordinare
lo screening ricade sui medici e i centri
specialistici che seguono regolarmente i
pazienti diabetici. Appare chiaro quindi che
il medico di medicina generale deve definire
le modalità di screening per quei pazienti
che non vengono seguiti regolarmente in
una struttura di diabetologia, ed i centri
specialistici di diabetologia devono dotarsi
delle strutture necessarie ad eseguire (o far
PUBLIC HEALTH & HEALTH POLICY
LA RETINOPATIA DIABETICA
29
eseguire) lo screening.
È inoltre possibile individuare nell’ambito
di ogni distretto un medico di famiglia che
funga da riferimento per i colleghi dello
stesso ambito territoriale. Questo modello
organizzativo consentirebbe di rendere
capillare la diffusione dello screening
e facilitare l’accesso dei pazienti a tale
procedura
Realizzato un adeguato programma di
screening avremo un quanto più precoce
ingresso del paziente diabetico nel percorso
diagnostico terapeutico, che avrà il ruolo, in
quanto prevenzione terziaria, di contenere
le complicanze della patologia stessa.
Le Unità Operative Oculistiche di
riferimento devono essere opportunamente
attrezzate per le procedure diagnostiche
e terapeutiche necessarie e devono essere
in grado di garantire l’immediata presa in
carico dei pazienti che in fase di screening
siano stati segnalati come a rischio di perdita
della funzione visiva.
A tal proposito auspicabile è la realizzazione
di centri specialistici finalizzati (Centri
Retinopatia Diabetica) nei quali il momento
dello screening ha seguito nelle eventuali
procedure di approfondimento diagnostico
o terapeutico necessarie.
Tali strutture potrebbero inoltre
rappresentare punti di riferimento per
postazioni di screening dislocate sui territori
sfruttando al meglio le potenzialità della
telemedicina.
Ciò andrebbe a ridurre notevolmente i
tempi di attesa ottimizzando le possibilità
di prevenire le gravi complicanze della
retinopatia diabetica.
Questa fase certamente vedrà lo specialista
oftalmologo protagonista nelle indicazioni di
approfondimenti diagnostici o di procedure
terapeutiche ma che non potrà prescindere
da un continuo confronto con gli specialisti
diabetologi in una gestione integrata in cui
il medico di medicina generale gioca il ruolo
del coordinatore. In tale contesto, poter
usufruire di strumenti informatici come la
cartella clinica elettronica, faciliterebbe la
comunicazione tra i professionisti coinvolti
nella cura del paziente.
Da non sottovalutare in questo spesso
lungo e complesso percorso, il ruolo della
motivazione ed informazione del paziente;
in questo ambito sono da incoraggiare
tutte le forme di dialogo tra le comunità
scientifiche e le associazioni dei pazienti
diabetici allo scopo di delineare percorsi
terapeutici sempre più tagliati sulle esigenze
del paziente e mirati al miglioramento della
sua qualità di vita.
Allo scopo di garantire la qualità di un tale
programma di approccio alla Retinopatia
Diabetica indispensabile è l’attuazione di
sistemi di verifica e controllo. Il controllo
di qualità del programma di screening
richiede una valutazione del processo
in toto che può riassumersi in pochi dati
(ad esempio la percentuale di pazienti
sottoposti a screening rispetto al totale
dei pazienti diabetici noti) ma richiede
anche la possibilità di valutare il singolo
operatore in riferimento a degli standard
definiti da centri specialistici di riferimento
internazionale, ottenendo in questo modo
una standardizzazione dei servizi offerti sul
territorio nazionale.
In ultimo luogo giudice della qualità dei
programmi di screening e terapia sarà
l’incidenza di cecità e disabilità visiva
secondarie alla retinopatia diabetica.
(Riferimenti bibliografici 164-176)
I COSTI DELLA RETINOPATIA DIABETICA IN ITALIA. LO SCENARIO DI LUNGO PERIODO TRA VINCOLI DI OFFERTA E AUMENTO DEI BISOGNI Atella Vincenzo, Belotti Federico, Kopinska Joanna e
Piano Mortari Andrea
Introduzionel’Istat stima che in media il 5,4% degli
Italiani è malato di diabete mellito e che
tale patologia rappresenta l’ottava causa
di morte, in aumento negli ultimi anni (nel
2009, a parità di sesso e classe di età, solo il
4,8% degli italiani soffriva di diabete). Inoltre,
la distribuzione per classe di età mostra
anche che, malgrado un’elevata prevalenza
del diabete nella popolazione anziana, lo
stesso interessa sempre di più individui
delle fasce più giovani che si trovano nel
periodo di massima produttività e, proprio in
considerazione della maggiore aspettativa
di vita residua, sono maggiormente
esposti allo sviluppo di complicanze
e, quindi, disabilità. Le complicanze
all’apparato visivo sono sicuramente tra le
più importanti determinanti tra le cause
di disabilità. Secondo quanto riportato dal
Gruppo di Lavoro sulle Complicanze Oculari
del Diabete (Società Italiana Diabetologia,
2015), “la Retinopatia Diabetica (RD) è la più
importante complicanza oculare del diabete
mellito e costituisce nei paesi industrializzati
la principale causa di cecità legale tra
i soggetti in età lavorativa”. Nell’ottica
della gravità della natura della retinopatia
e dell’imminente invecchiamento della
popolazione Italiana, è molto importante
conoscere la portata del problema del
PUBLIC HEALTH & HEALTH POLICY
LA RETINOPATIA DIABETICA
30
diabete e della retinopatia in Italia nel breve,
medio e lungo termine.
La popolazione affetta da RDIn Italia, i dati del Centro Nazionale di
Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione
della Salute dell’Istituto Superiore della
Sanità mostrano come il diabete, attraverso
la complicanza della RD, sia la principale
causa di cecità nella popolazione con
età compresa tra 25 e 74 anni. Dai dati
epidemiologici emerge che almeno il 30%
della popolazione diabetica è affetto da RD
e che annualmente l’1% viene colpito dalle
forme gravi della stessa.
I principali fattori di rischio associati alla
comparsa più precoce e a un’evoluzione più
rapida della RD sono la durata del diabete,
lo scompenso glicemico e l’eventuale
ipertensione arteriosa concomitante, sia
nei pazienti con diabete di tipo 1 che in
quelli di tipo 2, dove l’efficacia della terapia
è strettamente correlata alla tempestività
dell’intervento (Kristinsson et al. (1994),
Arun et al. (2009)).
Le previsioni per il futuroL’analisi dello sviluppo della retinopatia
diabetica viene svolta utilizzando un
modello di micro-simulazione dinamica
(Future Italians Model – FIM), basato
su dati individuali, che permette di
analizzare scenari “what-if” che guardano
all’implementazione o meno di particolari
interventi (politiche), e gli effetti che essi
producono nel medio e lungo termine. Il
modello fa transitare gli individui da un
anno all’altro, basandosi sulle probabilità di
ciascun individuo di cambiare il loro stato di
salute in funzione di vari eventi che vengono
aggiornati di anno in anno. Il modello usa
dati relativi a individui con età superiore ai
15 anni, rappresentativi della popolazione
Italiana, provenienti dal database Health
Search (HS). HS contiene informazioni
relative ai pazienti di 900 medici di medicina
generale, con tute le loro caratteristiche
demografiche e cliniche, inclusivi delle
diagnosi, visite mediche, prescrizioni
per farmaci, accertamenti diagnostici e
di laboratorio. Il dato è poi ripesato per
rispecchiare la struttura demografica
Italiana per età, sesso e regione. Gli outcome
considerati per la presente analisi includono
la prevalenza del diabete di tipo due (T2D), la
prevalenza della retinopatia diabetica (RD), i
tassi di ospedalizzazione e i costi diretti dei
pazienti con la RD.
RisultatiI trend delle prevalenze
La Figura 12a riporta l’evoluzione, a livello
di popolazione italiana, della prevalenza di
T2D e di RD. I trend sono in crescita (circa
+1%). Dalla Figura 12b si può vedere come
la quota di pazienti diabetici che sviluppa
RD sale di circa 2 punti percentuali fino al
2025 (dal 16,8% nel 2015 al 18,6% nel 2025).
Dinamica simile si ritrova nelle prevalenze
della RD con almeno un’ospedalizzazione
all’anno (dal 3,0% nel 2015 al 3,4% nel 2025).
Dalla Figura 12c si nota che, tra il 2015 e il
2025, potrebbe esserci un aumento di circa
150.000 pazienti con RD a livello nazionale
(circa +18%). Infine, dalla Figura 12d si può
facilmente vedere come con il passare degli
12a - Stime di prevalenza di T2D e RD 12b - Stime di prevalenza dei pazienti RD ospedalizzati
12c - Stime del numero di pazienti con RD 12d - Prevalenze di RD per classe di età
Figura 12: – Risultati simulazioni – 2015-2030 - Fonte: Nostre elaborazioni su dati HS-SiSSI
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LA RETINOPATIA DIABETICA
31
anni il burden dei retinopatici si sposta
verso le classi di età più anziane, a causa
dell’invecchiamento della popolazione che
in Italia raggiungerà il suo picco tra il 2025
e il 2030.
I costi diretti della RD in Italia
La figura 13 riporta che il costo sanitario
totale annuale (farmaci, accertamenti,
visite specialistiche e ospedalizzazioni) dei
pazienti con RD è pari a 1,6 miliardi di euro
nel 2015 ed è previsto salire fino a 1,9 miliardi
all’anno nel 2025, per rimanere poi costante
fino al 2030. I dati riportati fanno riferimento
ai costi sanitari di un paziente che soffre di
RD, e non ai costi di trattamento della sola
RD. Attraverso l’analisi econometrica si stima
invece l’effetto marginale della RD, pari a
Regione 2015 2020 2025 2030
Piemonte 1953,5 1938,1 1943,1 1955,0
Lombardia 2221,4 2326,0 2278,7 2311,3
Trentino-Alto Adige 2123,4 1872,5 2065,6 1970,2
Veneto 2328,9 2330,3 2350,7 2417,0
Friuli-Venezia Giulia 2461,9 2565,5 2504,0 2482,2
Liguria 1947,2 1918,7 1939,3 2014,7
Emilia-Romagna 2364,6 2342,8 2372,8 2311,6
Toscana 2050,7 2054,7 2115,2 2031,6
Umbria 1905,5 2061,5 1973,3 2031,7
Marche 2572,0 2193,1 2470,2 2425,6
Lazio 1851,4 1843,3 1836,1 1788,2
Abruzzo 2181,9 2211,4 2239,1 2203,6
Campania 2126,4 2186,7 2258,6 2226,2
Puglia 2465,3 2537,5 2585,3 2554,8
Basilicata 1828,0 1863,2 1860,6 2011,0
Calabria 2052,1 2155,5 2179,5 2226,2
Sicilia 2038,9 2081,5 2092,3 2129,5
Sardegna 1833,6 1909,5 1921,7 1958,8
Tabella 10: – Stime dei “costi diretti” pro-capite per pazienti con RD in euro.(*) (*) Molise e Valle d’Aosta non sono inclusi nell’analisi a causa di assenza di informazioni nel DB HS-SiSSI.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
32
RegioneNumero totale di prestazioni
erogate ai ciechi civili
Costo totale mensile delle
prestazioni (milioni di euro)
Stima costo totale annuo delle presta-
zioni (milioni di euro)
Popolazione 60+ regionale
1.01.2015
Stima preva-lenza pre-
stazioni pro capite (%)
Stima costo totale annuo
pro-capite del-le prestazioni
(euro)
Piemonte 15,819 € 5.76 € 70.74 1.363.707 1.16% € 51.94
Liguria 5,842 € 2.18 € 26.80 5.459.813 1.07% € 49.26
Lombardia 25,631 € 10.13 € 124.18 2.756.022 0.93% € 45.18
Veneto 15,190 € 6.04 € 74.23 1.356.250 1.12% € 54.56
Friuli-Vene-zia Giulia
3,926 € 1.48 € 18.16 384.902 1.02% € 47.06
Emilia- Romagna
12,928 € 5.19 € 63.66 1.305.859 0.99% € 48.79
Toscana 13,875 € 5.27 € 64.74 1.156.250 1.20% € 55.93
Umbria 4,286 € 1.55 € 19.10 274.744 1.56% € 69.55
Marche 6,167 € 2.20 € 27.11 463.684 1.33% € 58.56
Lazio 20,040 € 7.65 € 93.77 1.565.625 1.28% € 60.02
Abruzzo 8,079 € 2.92 € 36.01 382.891 2.11% € 93.88
Molise 1,958 € 0.74 € 9.10 93.238 2.10% € 97.57
Campania 19,590 € 8.00 € 98.26 1.360.417 1.44% € 72.28
Puglia 18,389 € 7.40 € 91.00 1.081.706 1.70% € 84.10
Basilicata 3,434 € 1.21 € 14.91 160.467 2.14% € 92.96
Calabria 10,390 € 4.04 € 49.69 519.500 2.00% € 95.66
Sicilia 30,401 € 11.91 € 146.59 1.310.388 2.32% € 111.68
Sardegna 7,912 € 3.25 € 39.96 470.952 1.68% € 85.01
TOTALE 223,857 € 86.93 € 1,068.02 16.582.000 1.35% € 64.56
Tabella 11: Prestazioni INPS ai ciechi civili del 2015
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LA RETINOPATIA DIABETICA
33
Regione 2015 2020 2025 2030
Piemonte 172,4 181,6 186,8 183,8
Lombardia 345,6 403,1 423,6 433,4
Trentino-Alto Adige 30,2 32,4 36,9 37,7
Veneto 177,3 188,8 191,1 187,6
Friuli-Venezia Giulia 53,1 57,9 57,3 53,6
Liguria 56,1 58,5 60,5 59,6
Emilia-Romagna 174,7 186,0 188,7 180,1
Toscana 124,3 135,8 141,8 137,3
Umbria 42,6 45,9 45,5 44,7
Marche 47,6 48,1 53,9 50,1
Lazio 180,8 200,4 211,1 212,9
Abruzzo 85,7 90,9 90,8 90,8
Campania 300,5 324,0 339,7 328,6
Puglia 278,4 313,8 337,3 334,6
Basilicata 30,7 33,7 34,6 36,9
Calabria 118,1 136,8 152,0 158,8
Sicilia 348,4 374,3 384,0 385,5
Sardegna 77,4 83,6 87,9 87,9
ITALIA 2.644,1 2.895,7 3.023,5 3.003,8
Tabella 12: Stima costi complessivi (diretti + indiretti) – Mln di Euro(*) (*) Molise e Valle d’Aosta non sono inclusi nell’analisi a causa di assenza di informazioni nel DB HS-SiSSI.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
34
circa 400 euro all’anno a paziente, il che si
traduce in un costo complessivo specifico
per la RD che oscilla tra i 300 milioni nel 2015
fino ad arrivare a 350 milioni nel 2025.
La Tabella 10 riportata la spesa pro-capite
diretta per anno e regione. Attraverso
semplici confronti si possono valutare i
differenziali regionali, che testimoniano
differenze nelle modalità e costi di
erogazione della spesa. Il costo pro-capite
va da un massimo di circa 2.465 euro/anno
per paziente in Friuli Venezia Giulia e Puglia
a un minimo di 1.833,6 euro in Sardegna,
con un differenziale massimo di oltre 600
euro a paziente.
I costi indiretti della retinopatia in Italia.
I principali costi diretti della RD sono
generati dalla cecità. Per valutare meglio
la scala del fenomeno della cecità in Italia
in termini di costi indiretti, nel presente
paragrafo proponiamo una semplice analisi,
a livello regionale, basata sui dati relativi alle
prestazioni erogate dall’Istituto Nazionale
di Previdenza Sociale (INPS), riguardanti le
patologie degli assistiti ipovedenti o ciechi.
La Tabella 11 descrive nel complesso le
prestazioni INPS erogate ai ciechi civili nelle
regioni italiane nel 2015, rapportate alla
popolazione degli ultra 60enni. In totale, le
prestazioni annualmente erogate a favore
dei ciechi ammontano a 1.068 milioni di
euro. La regione che deve far fronte al
maggior ammontare di risorse dedicate
alle prestazioni previdenziali ai ciechi civili
è la Sicilia con quasi 12 milioni di euro al
mese, seguita dalla Lombardia (10 milioni).
Ovviamente, i costi più bassi si hanno in
Molise, Basilicata e Umbria. Nell’ultima
colonna possiamo esaminare il costo medio
annuo pro-capite delle prestazioni erogate a
favore dei ciechi civili per ciascuna regione. I
costi più alti per residente si evidenziano in
Sicilia (112 euro), Molise (98 euro), e Calabria
(96 euro). Il costo per residente più basso è
registrato in Lombardia (45 euro).
Sulla base di questi dati, nella Tabella
12 vengono riportati i costi complessivi
(diretti + indiretti) per anno e regione. I dati
mostrano che il costo complessivo si aggira
intorno a circa 2,6 miliardi di euro anno al
2015 per salire fino a 3 miliardi nel 2030.
(Riferimenti bibliografici 177-180)
Figura 13: – Stime dei “costi diretti” per pazienti RD. - Fonte: Nostre elaborazioni su dati HS-SiSSI
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LA RETINOPATIA DIABETICA
35
CONCLUSIONI
La RD è la complicanza microvascolare più comune del DM ed è la prima causa di cecità non traumatica in età lavorativa negli adulti di età compresa tra 20-74 anni, oltre ad essere la quinta causa di cecità prevenibile e di deficit visivo moderato-grave. Questa patologia si riscontra in circa un terzo dei pazienti diabetici e circa il 2% dei soggetti affetti da diabete sviluppa una forma grave di tale complicanza. La RD è una condizione patologica altamente invalidante che incide in modo significativo sulla qualità di vita dei pazienti ed è caratterizzata da sintomi che si presentano spesso tardivamente, quando le lesioni sono già in una fase avanzata che limite conseguenzialmente anche l’efficacia del trattamento. Questo sottolinea la necessità di una diagnosi precoce della malattia al fine di garantire ai pazienti una migliore gestione possibile nonché la prevenzione di
condizioni più gravi ed invalidanti quali ipovisione e cecità. Lo scenario attuale risulta essere preoccupante in quanto al progressivo incremento della prevalenza della patologia non sembra infatti corrispondere un’offerta adeguata di servizi per la prevenzione e il trattamento della stessa. La necessità di ricorrere a ripetuti trattamenti, oltre alla difficoltà di offrire risposte efficaci ed efficienti in termini economici e di salute da parte del sistema sanitario è oggi un problema grave e ancora irrisolto. La conoscenza del burden complessivo di questa malattia è quindi di estremo interesse per la Sanità Pubblica, in quanto il percorso assistenziale di questi pazienti, dalla diagnosi alla presa in carico, è molto oneroso per il SSN. In questa fase storica in cui la sostenibilità dei sistemi sanitari risultata particolarmente compromessa diventa importante non solo conoscere la numerosità della casistica dei pazienti affetti da questa
patologia, e quindi disporre di dati nazionali su prevalenza ed incidenza, ma anche comprenderne l’impatto sul SSN e garantire ai pazienti una migliore programmazione dei servizi assistenziali. Nel nostro Paese, infatti, emerge una carenza strutturale di risorse - strumentali e umane - che rende impossibile soddisfare adeguatamente la domanda attuale e, quel che è più preoccupante, quella attesa in futuro. Pertanto, si pone la necessità di adottare scelte di politica sanitaria, responsabili ed innovative, che consentano la messa a punto di nuovi modelli gestionali in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni di salute dei pazienti affetti da RD.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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LA RETINOPATIA DIABETICA
42
Il presidente della Società italiana di medicina generale parla di una
complicanza spesso ignorata dai medici di base e auspica screening
retinografici già in ambulatorio.
La retinopatia diabetica sta diventando una delle complicanze del
diabete più diffuse e più costose perché spesso è scoperta in fase
troppo avanzata, quando cioè gli interventi sono più comples-
si, meno efficaci e più onerosi. «Occorre lavorare su una diagnosi
precoce dal momento che questa condizione è complessa e fatta
di molti stadi, alcuni dei quali possono portare a una seria o totale
compromissione della vista»: lo spiega Claudio Cricelli, presidente
della Società italiana di medicina generale (Simg). «Il fenomeno
oggi coinvolge milioni di persone in età avanzata, ma ultimamente
anche in età più giovane».
Dottor Cricelli, quali sono gli interventi che potrebbero essere messi in
campo dal medico di medicina generale?
«Occorre innanzitutto individuare la popolazione a rischio sulla
base di età, patologie esistenti, fattori di rischio. Solo su questi
soggetti va condotta una campagna di screening retinografico:
da questo punto di vista abbiamo già sperimentato la possibilità
di formare i medici di famiglia e di fornirli di retinografi. Si tratta
di apparecchi oggi affidabili e semplici da usare. Certo resta da
affrontare il problema della lettura dei referti: la diagnosi spet-
ta agli oculisti e fino a quando non avremo strumenti semiau-
tomatici che consentano di scremare quadri francamente non
patologici da quadri a sospetto di retinopatia tutto sarà affidato
ancora al consulto dell’oculista».
Affidare al medico di medicina generale l’onere di uno screening reti-
nografico solleva un problema di sovraccarico di lavoro?
«Sicuramente sì: si parla di uno screening annuale per circa ses-
santa/cento assistiti per medico di famiglia. Certo l’ipotesi dello
screening retinografico dovrà essere considerato in un contesto
futuro in cui l’esame potrà essere eseguito da personale tecnico,
presso l’ambulatorio di medicina generale. In fondo l’esame non
deve essere eseguito necessariamente da un medico, al pari di
una radiografia: il medico è chiamato solo in fase di refertazione
e diagnosi».
Trova che la complicanza oftalmica sia oggi sempre presa in conside-
razione dal medico di medicina generale, in presenza di un paziente
diabetico?
«Le complicanze del diabete sono sempre prese in carico dal
medico di medicina generale. Tuttavia spesso ci si concentra
solo sui rischi d’organo prevalenti: quello cardiovascolare, neu-
rologico e renale. Questo perché sono diagnosticabili con esami
semplici. Più difficile è eseguire il controllo del danno d’organo
oculare in quanto presuppone un intervento mediato da una
visita oculistica e da un esame specialistico. Tuttavia i pazien-
ti spesso eseguono in autonomia controlli frequenti del visus,
spesso dall’ottico: si potrebbe quindi coinvolgere anche queste
figure non sanitarie nella sensibilizzazione dei diabetici all’ese-
cuzione della retinografia».
INTERVISTA A CLAUDIO CRICELLIPresidente Società Italiana di Medicina Generale
PIÙ COLLABORAZIONE TRA MEDICI DI MEDICINA GENERALE, OCULISTI E MERCATO
Solo insieme si costruisce un valido progetto di diagnosi precoce della retinopatia diabetica
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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Da cosa può dipendere questo scarso interesse da parte del medico di
medicina generale alle complicanze oculari del diabete?
«La formazione medica si focalizza da sempre sulle aree più pro-
fittevoli. Gli investimenti però sono stati sempre assenti su quel-
le complicanze del diabete che richiedono lo specialista, come
appunto quelle oculari. Inoltre gli investimenti in formazione
seguono in sanità le logiche dei produttori: occorrerebbe quindi
coinvolgerli nell’interesse di tutti».
Trova che anche la collaborazione tra medici di medicina generale e
oculisti sia un aspetto critico?
«Sicuramente esistono medici di medicina generale e oculisti
che ritengono che lo screening retinografico non sia compito
del medico di base, tuttavia nella maggior parte dei casi gli ope-
ratori sono consapevoli che il problema è condiviso: senza inte-
grazione non si va da nessuna parte».
La telemedicina può essere una soluzione, nello screening retinogra-
fico?
«Assolutamente sì: la retinografia va eseguita in telemedicina,
per permettere l’esecuzione dell’esame in un luogo e lettura in
un altro. Del resto oggi disponiamo di protocolli che consento-
no la trasmissione di immagini ad alta qualità».
Quali iniziative sta portando avanti Simg su questo tema?
«Abbiamo lanciato diversi progetti, come quello dedicati alla
retinografia che si inserisce nelle iniziative per la diagnosi pre-
coce delle patologie del fondo oculare. Nel corso dell’ultimo
congresso nazionale abbiamo messo a disposizione di medici
di medicina generale alcuni retinografi e li abbiamo addestra-
ti all’uso. Inoltre vari progetti pilota a livello regionale sono già
partiti, grazie alla collaborazione di unità oculistiche».
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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C’è una diffusa opinione secondo la quale la gestione della retinopatia
diabetica in Italia è lontana dall’essere ottimale per ragioni di varia
natura: liste d’attesa, carenza delle strutture preposte, mancanza di
personale e assenza di percorsi diagnostico-terapeutici ecc. Ci sono
però alcuni esempi gestionali positivi sul territorio che possono rap-
presentare dei modelli di riferimento da replicare. Qual è il quadro del-
la Sua regione in proposito?
La nostra Regione sta lavorando attivamente per migliorare il
processo di screening, in modo da rendere la diagnosi più pre-
coce, gravando meno sulle risorse delle strutture specialistiche
oculistiche. A questo proposito, la completezza dello screening
del fondo oculare è stata inserita tra gli indicatori di qualità del
Chronic Care Model, che comprende la gestione integrata del
diabete mellito di tipo 2, coinvolgendo anche la Medicina Gene-
rale. Inoltre, un punto cardine è la razionalizzazione dello scree-
ning, sostituendo, ove possibile, l’esame tradizionale del fondo
oculare con metodiche alternative rese possibili dall’evoluzione
tecnologica. In alcune realtà locali, abbiamo installato retino-
grafi non midriatici con refertazione telematica delle immagini,
che consentono di effettuare lo screening in tempi molto rapidi,
convenienti per il paziente e con minimo impegno degli specia-
listi oculisti.
Efficienza organizzativa e innovazione possono essere due ingredienti
importanti per migliorare il quadro della retinopatia diabetica nella
Sua regione o ritiene non si possa prescindere anche da una miglior
allocazione delle risorse economiche pur in un quadro di sostenibilità?
I due termini non sono in contrasto: l’efficienza organizzativa e
l’innovazione permettono una miglior allocazione delle risorse,
garantendo meglio la sostenibilità. Nell’esempio citato in prece-
denza, cioè quello dello screening della retinopatia, il coinvol-
gimento della Medicina Generale tramite il Chronic Care Model
consente di rendere il sistema organizzativamente più efficien-
te, con diagnosi più precoci che si traducono in migliori esiti
con minor dispendio di risorse; l’innovazione tecnologica rap-
presentata dalle nuove strumentazioni permette di alleggerire
il carico di lavoro degli oculisti nella fase di screening, liberando
risorse da utilizzare per il trattamento dei pazienti.
La prevenzione non può che andar di pari passo con l’informazione. La
Sua regione prevede di sviluppare iniziative per la prevenzione della
retinopatia diabetica o ritiene che questo compito dovrebbe compete-
re maggiormente agli organi centrali dello Stato?
La corretta informazione dei pazienti sul rischio della retinopatia
e sull’importanza dello screening regolare è sicuramente fonda-
mentale. Questa informazione rientra nei contenuti dei pro-
grammi educativi rivolti alle persone con diabete, che vengono
attuati da personale appositamente formato presso le strutture
di Diabetologia e sul territorio. Più in generale, la prevenzione
della retinopatia passa attraverso un controllo accurato della gli-
cemia, che può essere raggiunto soltanto attraverso un coinvol-
gimento attivo delle persone con il diabete nel processo di cura.
Per questo motivo, ritengo fondamentale l’attuazione di pro-
grammi educativi su larga scala. Sempre per lo stesso motivo, la
Regione Toscana ha dedicato una grande attenzione al tema del
monitoraggio del glucosio, con strumenti tradizionali per la gli-
cemia capillare o con dispositivi innovativi per il monitoraggio
continuo. Su questo ultimo tema, abbiamo recentemente attua-
to una delibera che consente un ampio accesso alle tecnologie
più moderne in un quadro complessivo di sostenibilità.
Nella graduatoria delle priorità da affrontare per migliorare la rispo-
sta sanitaria alla retinopatia diabetica, cosa allocherebbe ai primissi-
mi posti?
L’introduzione di nuove opzioni terapeutiche per l’edema macu-
lare diabetico, che ha migliorato significativamente la prognosi
di questa particolare forma di retinopatia, ha generato però an-
che un aumento del carico di lavoro per le strutture specialisti-
che di Oculistica, assai più impegnate che in passato nella som-
ministrazione di farmaci intravitreali. Di conseguenza, la prima
priorità del sistema è quella di sollevare gli specialisti oculisti,
per quanto possibile, dal lavoro di screening della retinopatia.
INTERVISTA A STEFANIA SACCARDIAssessore alle Politiche Sociali, allo Sport ed alla Sanità
della regione Toscana
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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Il decentramento dello screening, con l’uso di strumenti tecno-
logici aggiornati e della telemedicina, diventa quindi un punto
chiave per mantenere l’efficienza e la sostenibilità del sistema.
Una seconda priorità è quella di aumentare la sensibilità di tutti i
professionisti coinvolti nella cura del diabete (specialisti, medici
di medicina generale, infermieri) e degli stessi pazienti sul tema
della retinopatia diabetica. È infatti importante che la diagnosi
di retinopatia possa essere fatta più precocemente possibile, in
modo da massimizzare l’efficacia degli interventi terapeutici.
Secondo un recente studio (CEIS) dell’Università di Roma Tor Vergata,
si calcola che, nel periodo 2015-2030 se non si interverrà urgentemen-
te per migliorare il quadro assistenziale a favore di questa patologia,
nella sola Regione Toscana, l’incremento dei costi per lo stesso arco
temporale sarà di 184 milioni di euro. Quali sono i suoi commenti su
previsioni così allarmanti?
L’aumento del numero delle persone con il diabete rappresen-
ta una sfida importante per i sistemi sanitari. Al tempo stesso,
l’introduzione di nuove possibilità terapeutiche, se da un lato
migliora i risultati dei trattamenti, dall’altro lato genera un’e-
spansione dei costi, ponendo una questione di sostenibilità.
Il compito di chi amministra la Sanità pubblica è quello di garan-
tire a tutti coloro che ne hanno bisogno le cure più moderne e di
provata efficacia, mantenendo la sostenibilità economica del si-
stema nel suo complesso. Per raggiungere questo obiettivo, è ne-
cessario razionalizzare l’organizzazione delle cure, disegnando
percorsi diagnostico-terapeutici (ma anche assistenziali ed orga-
nizzativi) più efficienti, con il coinvolgimento delle persone con
il diabete e di tutti i professionisti interessati. Dobbiamo quindi
continuare ad investire sulla formazione del personale e sull’in-
formazione delle persone con il diabete. Nella Regione Toscana
l’attuale modello organizzativo basato su tre Aree Vaste consen-
te ed implica l’adozione di percorsi di cura che vedono nella “rete”
lo sviluppo di percorsi condivisi nella continuità assistenziale.
Al tempo stesso, è necessario innovare il sistema sul piano
tecnologico, in modo da aumentarne l’efficienza, tenendo in
massima considerazione l’informatizzazione (non solo “cartel-
la clinica”). L’adozione di sistemi tecnologicamente avanzati di
screening, associati alla telemedicina, è sicuramente una strate-
gia vincente, che dovremo sostenere con ulteriori investimenti.
Parlare di investimenti in una fase di forte pressione alla riduzio-
ne delle risorse economiche può sembrare in contro-tendenza.
In realtà, investimenti mirati e ben congegnati consentono an-
che di contenere la spesa, migliorando al tempo stesso la qualità
delle cure, in un orizzonte temporale sia di breve che di medio
e lungo periodo incidendo positivamente sulla riduzione del-
le complicanze della malattia diabetica fra le quali si colloca la
“retinopatia” di pari grado a quelle cardiovascolari e renali. Pur
riconoscendo l’importanza dei conti economici, non dovremmo
mai dimenticare che la priorità dei sistemi sanitari è quella di
garantire la salute dei cittadini.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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C’è una diffusa opinione secondo la quale la gestione della retinopatia
diabetica in Italia è lontana dall’essere ottimale per ragioni di varia na-
tura: liste d’attesa, carenza delle strutture preposte, mancanza di perso-
nale e assenza di percorsi diagnostico-terapeutici ecc. Ci sono però alcuni
esempi gestionali positivi sul territorio che possono rappresentare dei
modelli di riferimento da replicare. Qual è il quadro della Sua regione in
proposito?
Gli indicatori di processo in Friuli Venezia Giulia eviden-
ziano come quasi la metà della popolazione diabeti-
ca esegua un controllo del fondo oculare ogni 2 anni.
Dato sicuramente da migliorare, anche se competitivo a livello na-
zionale, ed in questo senso la nostra Regione si sta muovendo. Vi
sono già alcune realtà, come l’Azienda Sanitaria Universitaria Inte-
grata di Trieste, che hanno attivato percorsi diagnostico-terapeutici
anche con l’utilizzo di strumenti di screening che hanno dimostrato
essere efficaci come i retinografi.
Efficienza organizzativa e innovazione possono essere due ingredienti
importanti per migliorare il quadro della retinopatia diabetica nella Sua
regione o ritiene non si possa prescindere anche da una miglior allocazio-
ne delle risorse economiche pur in un quadro di sostenibilità?
La creazione di percorsi, che mirano a migliorare l’organizzazione e la
presa in carico dei pazienti con diabete che presentano un danno ocu-
lare, favorisce una migliore gestione e la cura di queste complicanze.
A tal proposito la regione Friuli Venezia Giulia ha da poco de-
liberato un Percorso di gestione integrata che mira, tra l’al-
tro, ad incrementare la percentuale di pazienti con diabe-
te che eseguono lo screening per la retinopatia diabetica.
In aggiunta, una appropriata presa in carico del paziente con diabe-
te può garantire un miglior controllo glicemico, che rappresenta il
primo e più efficace intervento per prevenire e curare questa com-
plicanza. In tal senso anche l’innovazione rappresentata dall’utiliz-
zo di strumenti come i retinografi, che la nostra Regione ha iniziato
ad utilizzare, rappresenta un esempio di buona pratica clinica nella
gestione di questa complicanza per una diagnosi precoce ed un
trattamento tempestivo.
La prevenzione non può che andar di pari passo con l’informazione. La
Sua regione prevede di sviluppare iniziative per la prevenzione della re-
tinopatia diabetica o ritiene che questo compito dovrebbe competere
maggiormente agli organi centrali dello Stato?
Sicuramente anche la nostra Regione è impegnata nei programmi
di prevenzione e di informazione. Di recente il Tavolo Regionale sul-
la Malattia Diabetica ha messo a punto degli strumenti informativi
ed educativi per la popolazione relativi alla prevenzione e diagnosi
precoce del diabete, che rappresentano la prima azione da com-
piere, considerato che se si previene il diabete si prevengono anche
le sue complicanze, compresa quella oculare. In tal senso mettere
a punto iniziative di informazione anche sulla retinopatia diabetica
rappresenta una delle priorità per la nostra Regione.
Nella graduatoria delle priorità da affrontare per migliorare la risposta
sanitaria alla retinopatia diabetica, cosa allocherebbe ai primissimi po-
sti?
1) Incrementare la percentuale di soggetti che si sot-
topongono a screening per la retinopatia diabetica.
2) Garantire percorsi di presa in carico precoce per una
cura tempestiva ed efficace prima di tutto del diabete e poi
della complicanza qualora non si sia riusciti a prevenirla.
3) Informare e sensibilizzare anche la popolazione non diabeti-
ca su questa complicanza.
Secondo un recente studio (CEIS) dell’Università di Roma Tor Vergata,
si calcola che, nel periodo 2015-2030 se non si interverrà urgentemente
per migliorare il quadro assistenziale a favore di questa patologia, nella
sola Regione Friuli Venezia Giulia, l’incremento dei costi per lo stesso arco
temporale sarà di oltre 46 milioni di euro. Quali sono i suoi commenti su
previsioni così allarmanti?
Il primo obiettivo credo sia quello di prevenire il diabete, in secon-
do luogo curare al meglio la malattia per prevenire la complicanza
e poi fare un appropriato screening per una diagnosi precoce ed
una presa in carico ed un trattamento adeguato.
INTERVISTA A MARIA SANDRA TELESCAAssessore alla Salute, Integrazione Socio-Sanitaria, Politiche Sociali e Famiglia
della regione Friuli-Venezia Giulia
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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C’è una diffusa opinione secondo la quale la gestione della retinopatia
diabetica in Italia è lontana dall’essere ottimale per ragioni di varia
natura: liste d’attesa, carenza delle strutture preposte, mancanza di
personale e assenza di percorsi diagnostico-terapeutici ecc. Ci sono
però alcuni esempi gestionali positivi sul territorio che possono rap-
presentare dei modelli di riferimento da replicare. Qual è il quadro del-
la Sua regione in proposito?
Da dati forniti dal Servizio di epidemiologia regionale risulta che
la percentuale di soggetti con diabete sottoposti a screening per
la retinopatia è del 30% anno. Considerando che le linee guida
nazionali e internazionali prevedono un controllo ogni 2 anni,
possiamo dire che siamo al 60% dello standard ottimale previsto.
Anche se meritevole di miglioramento, il dato, a confron-
to con altre regioni italiane o con casistiche internaziona-
li pone la nostra Regione tra le prime in Italia e in Europa
Da dati recentissimi, raccolti dalla Rete Endocrino diabetolo-
gica, insediatasi a febbraio di quest’anno, risultano presenti
Centri regionali di eccellenza per lo screening e il trattamen-
to della RD nella Città della Salute, nelle ASO Mauriziano e
San Luigi, nelle ASL Città di Torino, TO 5, CN1 , CN2 e Biella.
In queste strutture si attua uno screening, concordato tra
diabetologia e oculistica, per un primo approccio tramite fo-
tografia con fundus camera tale da permettere di cogliere
precocemente le lesioni e inviare tempestivamente all’ocu-
lista solo i casi che necessitano di intervento specialistico.
In questi percorsi il paziente viene preso in carico dal cen-
tro fine a conclusione del iter diagnostico terapeutico.
Proprio in questi giorni, è allo studio presso la Direzione di Sa-
nità un progetto per estendere tale modello a tutte le AS della
Regione
Efficienza organizzativa e innovazione possono essere due ingredienti
importanti per migliorare il quadro della retinopatia diabetica nella
Sua regione o ritiene non si possa prescindere anche da una miglior
allocazione delle risorse economiche pur in un quadro di sostenibilità?
Un percorso di screening come quello appena citato, utiliz-
zo di un retinografo da parte di personale anche non medico
e invio allo specialista oculista soltanto dei casi con lesioni,
è un modello che permettere di incrementare i soggetti va-
lutati e ridurre la richiesta di visite oculistiche inappropriate.
Il tutto per lasciare all’oculista più tempo per me-
todiche diagnostiche più complesse e trattamen-
ti efficaci come il laser o i trattamenti intravitreali.
Con eventuali investimenti contenuti per progetti di avvio, si
può ottenere molto riorganizzando
La prevenzione non può che andar di pari passo con l’informazione. La
Sua regione prevede di sviluppare iniziative per la prevenzione della
retinopatia diabetica o ritiene che questo compito dovrebbe compete-
re maggiormente agli organi centrali dello Stato?
Tra i mandati della neo istituita Rete endocrino-diabetolo-
gica piemontese, esempio unico in Italia di coordinamento
a livello regionale di tutti i servizi delle Aziende sanitarie, vi è
quello di potenziare l’educazione terapeutica del paziente.
Per dare valore a questa attività è persino prevista una co-
difica di prestazione a se stante nel catalogo regionale.
Va da sé che in questo ambito una corret-
ta informazione sulla prevenzione della retinopa-
tia, e delle altre complicanze, è un tema prioritario.
La collaborazione con le associazioni dei pazienti e di volonta-
riato può dare un valore aggiunto a tali iniziative
INTERVISTA AD ANTONIO SAITTAAssessore alla Sanità della regione Piemonte
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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Nella graduatoria delle priorità da affrontare per migliorare la rispo-
sta sanitaria alla retinopatia diabetica, cosa allocherebbe ai primissi-
mi posti?
La diffusione del modello di collaborazione tra diabetologia e
oculisitica con attuazione del percorso di screening e di trat-
tamento precoce, già citato potrebbe essere una delle prime
azioni da attuare per migliorare l’assistenza sanitaria in questo
settore
Secondo un recente studio (CEIS) dell’Università di Roma Tor Vergata,
si calcola che, nel periodo 2015-2030 se non si interverrà urgentemen-
te per migliorare il quadro assistenziale a favore di questa patologia,
nella sola Regione Piemonte, l’incremento dei costi per lo stesso arco
temporale sarà di oltre 152 milioni di euro. Quali sono i suoi commenti
su previsioni così allarmanti?
E’ ormai chiaro a tutti, clinici e amministratori, il messaggio che ar-
riva dall’epidemiologia e dalla farmacoeconomia: il diabete non
trattato correttamente costa molto di più del diabete curato bene.
La retinopatia non fa eccezione, basti pensare ai costi economici
e sociali di un non vedente. E’ giusto quindi un impegno parti-
colare in questo settore.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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C’è una diffusa opinione secondo la quale la gestione della retinopatia
diabetica in Italia è lontana dall’essere ottimale per ragioni di varia
natura: liste d’attesa, carenza delle strutture preposte, mancanza di
personale e assenza di percorsi diagnostico-terapeutici ecc. Ci sono
però alcuni esempi gestionali positivi sul territorio che possono rap-
presentare dei modelli di riferimento da replicare. Qual è il quadro del-
la Sua regione in proposito?
Una appropriata gestione del paziente diabetico consente
la prevenzione di questa complicanza e trae vantaggio da un
assetto organizzativo finalizzato ad assicurare la continuità
assistenziale e la aderenza del paziente al percorso proposto.
Con questa visione e finalità Regione Lombardia ha a dottato
una nuova modalità di presa in carico dei pazienti cronici -tra i
quali anche il diabetico - che garantisce il coordinamento e la in-
tegrazione tra i diversi livelli e i vari attori che intervengono nel
processo di cura del singolo paziente. Questa modalità prevede
che il cittadino scelga il gestore del proprio processo di cura e
che insieme sottoscrivano un patto consensuale di cura e redi-
gano un piano assistenziale individuale. Il gestore a fronte di un
riconoscimento tariffario - prende in carico in modo proattivo il
paziente gestendo gli aspetti amministrativi e di prenotazione
delle prestazioni, l’erogazione diretta di prestazioni o tramite
partner di rete accreditati e che monitori l’aderenza del pazien-
te al percorso programmato e condiviso. Riteniamo che questa
modalità assicuri il più alto grado di appropriatezza clinica, or-
ganizzativa, e gestionale del paziente.
Efficienza organizzativa e innovazione possono essere due ingredienti
importanti per migliorare il quadro della retinopatia diabetica nella
Sua regione o ritiene non si possa prescindere anche da una miglior
allocazione delle risorse economiche pur in un quadro di sostenibilità?
L’efficienza organizzativa è importante nella gestione del pa-
ziente e consente la miglior allocazione delle risorse che, in
un quadro di sostenibilità, permette una appropriata ge-
stione anche della innovazione diagnostica e terapeutica.
La prevenzione non può che andar di pari passo con l’informazione. La
Sua regione prevede di sviluppare iniziative per la prevenzione della
retinopatia diabetica o ritiene che questo compito dovrebbe compete-
re maggiormente agli organi centrali dello Stato?
L’informazione su temi sanitari è maggiormente efficace quan-
do è mirata ed effettuata da figure che godono la fiducia del
cittadino. Nella nostra visione di gestione del paziente cronico
l’aspetto della informazione sono alla base del patto di cura.
Nella graduatoria delle priorità da affrontare per migliorare la rispo-
sta sanitaria alla retinopatia diabetica, cosa allocherebbe ai primissi-
mi posti?
Come programmatore ritengo che la priorità sia la presa in cari-
co assistenziale in un patto di cura condiviso con il paziente.
Secondo un recente studio (CEIS) dell’Università di Roma Tor Vergata,
si calcola che, nel periodo 2015-2030 se non si interverrà urgentemen-
te per migliorare il quadro assistenziale a favore di questa patologia,
nella sola Regione Lombardia, l’incremento dei costi per lo stesso arco
temporale sarà di oltre 940 milioni di euro. Quali sono i suoi commenti
su previsioni così allarmanti?
L’incremento dei costi previsto è importante e conferma la ne-
cessità di governare il bisogno assistenziale e l’aderenza del pa-
ziente ai percorsi condivisi.
INTERVISTA A GIULIO GALLERAAssessore alla Sanità della regione Lombardia
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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INTERVISTA A ANTONIO POSTIGLIONEDirettore Generale per la Tutela della Salute ed il Coordinamento del SSR,
Regione Campania
C’è una diffusa opinione secondo la quale la gestione della retinopatia
diabetica in Italia è lontana dall’essere ottimale per ragioni di varia na-
tura: liste d’attesa, carenza delle strutture preposte, mancanza di perso-
nale e assenza di percorsi diagnostico-terapeutici ecc. Ci sono però alcuni
esempi gestionali positivi sul territorio che possono rappresentare dei
modelli di riferimento da replicare. Qual è il quadro della Sua regione in
proposito?
Indubbiamente quelle che ha citato rappresentano delle cri-
ticità che sono comuni alla gestione di molte patologie e,
purtroppo, interessano molti aspetti dell’assistenza sanitaria.
Per questo, stiamo mettendo in campo interventi che mirano a
risolvere tali situazioni: la governance regionale è impegnata at-
tivamente per individuare interventi che possono portare all’ab-
battimento delle liste d’attesa. Sono stati istituiti tavoli regionali
composti da esperti che stanno lavorando alla definizione dei
PDTA. I percorsi assistenziali sono, come noto, uno strumento per
l’ottimizzazione del percorso del paziente che mediante l’appro-
priatezza organizzativa consentono di offrire una risposta di qua-
lità al bisogno di salute dei pazienti. Tuttavia, nella costruzione dei
percorsi assistenziali non si può non tener conto della mancanza di
personale nelle nostre strutture sanitarie che si è “accumulata” nel
corso degli ultimi anni, ma i segnali positivi che si iniziano a cogliere
per la risoluzione del deficit sanitario nella nostra regione, ci con-
sentono finalmente di bandire i concorsi per personale della sanità
regionale. In questo senso, i Direttori Generali delle Aziende Sanita-
rie devono essere pronti a cogliere questa opportunità in modo da
“sanare” le carenze che si sono verificate a causa del blocco del turn
over degli ultimi anni. Ultimamente, è stato licenziato un decreto
commissariale dedicato all’istituzione dei PACC per la somministra-
zione dei farmaci intravitreali per il trattamento della retinopatia
diabetica: questo rappresenta una risposta efficace dal punto di
vista organizzativo e, quindi, un esempio di gestione positiva.
Efficienza organizzativa e innovazione possono essere due ingredienti
importanti per migliorare il quadro della retinopatia diabetica nella Sua
regione o ritiene non si possa prescindere anche da una miglior
allocazione delle risorse economiche pur in un quadro di sostenibilità?
L’efficienza organizzativa e la conseguente migliore allocazione
delle risorse rappresentano la chiave di volta per garantire l’accesso
all’innovazione (sia essa tecnologica o in termini di farmaci inno-
vativi) in un quadro di sostenibilità. Soltanto coniugando in modo
saggio questi elementi possiamo rispondere ai bisogni di salute dei
nostri cittadini e quindi anche dei pazienti con retinopatia diabeti-
ca.
La prevenzione non può che andar di pari passo con l’informazione. La
Sua regione prevede di sviluppare iniziative per la prevenzione della re-
tinopatia diabetica o ritiene che questo compito dovrebbe competere
maggiormente agli organi centrali dello Stato?
La prevenzione rappresenta proprio uno dei modi di usare in modo
efficace e efficiente le risorse che abbiamo a disposizione. Questo
vale per la retinopatia diabetica ma anche per tutte le malattie
ad andamento cronico e degenerativo. Sicuramente le iniziative
(campagne di informazione, campagne di screening, ecc.) devono
provenire dai Ministeri competenti che hanno questo compito isti-
tuzionale, ma le regioni devono anche essere in grado di giocare
d’anticipo: se colgo sul mio territorio segnali che esiste un proble-
ma di salute con alto impatto dove interventi quali la corretta in-
formazione, la modifica degli stili di vita, l’identificazione dei fattori
predisponenti possono effettivamente influire sulla storia naturale
della malattia, si ha il dovere e la lungimiranza di mettere in campo
tutti gli strumenti e le iniziative necessari che possono farci guada-
gnare tempo ed ottenere risultati positivi.
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LA RETINOPATIA DIABETICA
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Nella graduatoria delle priorità da affrontare per migliorare la risposta
sanitaria alla retinopatia diabetica, cosa allocherebbe ai primissimi po-
sti?
Lo dicevo poc’anzi, gli interventi di prevenzione sono importan-
tissimi: la prevalenza del diabete nella nostra popolazione è molto
elevata e addirittura superiore a quella che si registra a livello na-
zionale. Ma è importante anche intervenire in modo efficace per i
pazienti che hanno già sviluppato la retinopatia diabetica. La reti-
nopatia diabetica è una malattia degenerativa a rapida evoluzione
quindi bisogna rendere subito disponibili l’accesso alle cure (so-
prattutto se innovative) e garantire allo stesso modo tutti i cicli te-
rapeutici, ma è importante anche la disponibilità di strutture di cura
dedicate sia alla diagnosi che alla cura della retinopatia diabetica.
In questo senso, proprio per ridurre le liste d’attesa, per garantire
la libertà di scelta del paziente (che deve poter scegliere dove venir
curato) è importante definire dei protocolli precisi di collaborazio-
ne tra le strutture pubbliche e le strutture private. Questo in modo
da ampliare l’offerta terapeutica. E questo è proprio l’obiettivo che
ci siamo posti con in decreto commissariale sui PACC intravitreali
che citavo prima: regole precise e percorsi definiti nell’interesse del
paziente. Inoltre, riteniamo che questo provvedimento sia anche
utile a garantire l’uniformità dell’offerta di cura in modo da scongiu-
rare il fenomeno deleterio della mobilità sanitaria, che sottrae tante
risorse alla nostra regione.
Secondo un recente studio (CEIS) dell’Università di Roma Tor Vergata,
si calcola che, nel periodo 2015-2030 se non si interverrà urgentemente
per migliorare il quadro assistenziale a favore di questa patologia, nella
sola Regione Friuli Venezia Giulia, l’incremento dei costi per lo stesso arco
temporale sarà di oltre 46 milioni di euro. Quali sono i suoi commenti su
previsioni così allarmanti?
Gli studi del CEIS sono sempre caratterizzati da un rigore scientifico
che, purtroppo, ci fa ritenere che le previsioni al 2030 siano molto
attendibili. Chiaramente ci preoccupano le implicazioni economi-
che ma di più ci preoccupano le implicazioni legate a questa previ-
sione sulla salute dei nostri cittadini. La retinopatia diabetica ha un
notevole impatto sulla qualità di vita degli ammalati sia in termini
di costi diretti che indiretti oltre tutti i costi previdenziali ed ai disagi
legati alla disabilità.
Questa è la nostra maggiore preoccupazione: le scelte di politica
sanitaria e la governance regionale devono intervenire al più pre-
sto con un piano operativo preciso. Le direttive non possono che
essere da una parte la prevenzione e dall’altra l’offerta terapeutica.
Sono queste le direttive sulle quali investire. E voglio sottolineare
che ho usato non a caso il termine “investire” proprio per evidenzia-
re che soltanto mettendo in campo adesso i giusti investimenti in
personale, in strutture, in percorsi assistenziali saremo poi in grado
di tradurre l’investimento in modelli che ci consentiranno di rispon-
dere in modo efficace e sostenibile alla sfida che si prospetta.