D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P...

23
DONNE CHIESA MONDO MENSILE DELLOSSERVATORE ROMANO NUMERO 85 FEBBRAIO 2020 CITTÀ DEL VATICANO

Transcript of D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P...

Page 1: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND OMENSILE DELL’OSSERVATORE ROMANO NUMERO 85 FEBBRAIO 2020 CITTÀ DEL VAT I C A N O

Page 2: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

numero 85febbraio 2020

SOMMARIO

SIMBOLI NELLA BIBBIA

Donna e musica termometro di un popolo

JU N KA L GU E VA R A LLAGUNO A PA G I N A 34

L’OPINIONE

Parlare ai giovanidi sessualità

MA R TA RODRIGUEZ A PA G I N A 12

L’INTERVENTO

Perché ho filmatola fabbricadella preghiera

LILIANA CAVA N I A PA G I N A 33

L’A LT R A METÀ

La questione femminileopp ortunitàper la Chiesa

GIANRICO RUZZA A PA G I N A 39

Le voci delle donne

• Naike Monique Borgo: il voto di povertà non im-plica una vita di miseria • Mariana Assaf: vergineconsacrata per vivere con la Chiesa senza essere le-gata a una istituzione • Silvia Guidi : la vocazioneanfibia dei Memores Domini

DA PA G I N A 3 A PA G I N A 7

PRIMO PIANO

Le suore e la sindrome del burnout

FEDERICA RE DAV I D A PA G I N A 8

LE S TAT I S T I C H E

Voti buoni nonostante...

BERNADETTE REIS A PA G I N A 13

PARLA IL PREFETTO BRAZ DE AVIZ

Bisogna cambiare

ROMILDA FE R R AU T O A PA G I N A 15

IL RAPPORTO UOMO-D ONNA

L’asina di Balaam ero io

MAŁG O R Z ATA BO R KO W S KA A PA G I N A 20

I VOTI: I N T E R V I S TA CON ANNE LÉCU

Giovani: non fatevi clonare

MARIE CI O N Z Y N S KA A PA G I N A 24

CL AU S U R A : R E P O R TA G E DAL MONASTERO

Il Pil dell’anima

ELISA CALESSI A PA G I N A 27

TRA FICTION E R E A LT À

Non sono suor Angela...

GLORIA SAT TA A PA G I N A 30

Page 3: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 2 D ONNE CHIESA MOND O3

EDITORIALE

P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra-ta. Letteralmente significa esaurimento, crollo, stress, lo-gorìo. Una sindrome che colpisce anche le suore, tantoche l’Uisg, Unione internazionale superiore generali, haorganizzato un laboratorio a Roma per discuterne e, in

collaborazione con l’Unione dei superiori generali, ha deciso di isti-tuire per tre anni una Commissione per la cura della persona. Perchéle suore sono, sì, ogni anno di meno, ma restano la maggioranzaall’interno della vita religiosa, con dinamiche evolutive diverse nei va-ri continenti.

Il calo delle vocazioni, i conventi che chiudono, gli abusi sessualie di potere, la gestione dei beni, la pesantezza di strutture a volte or-ganizzate come secoli fa, sono i temi dell’intervista con il cardinaleJoão Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli istituti di vi-ta consacrata e le società di vita apostolica.

Questo numero è un percorso nell’universo della vita consacrata,che il 2 febbraio — come ogni anno — celebra la Giornata mondialeistituita nel 1997 da Giovanni Paolo II. Numerose, e differenti, sonole testimonianze di donne — non solo religiose, ma di una Chiesaplurale — che per dirla con Papa Francesco non giocano “al ribassocon Dio”.

A Parigi c’è Anne Lécu, religiosa domenicana, medico, che lavoranel carcere di massima sicurezza di Fleury-Mérogis, il più granded’Europa. A Roma, nel monastero agostiniano di clausura dei SantiQuattro Coronati, ci sono la Madre Priora Fulvia Sieni e la consorel-la Ilaria. Nel monastero di Żarnowiec, in Polonia, c’è suor Małgorza-ta Borkowska, benedettina, che dopo cinquant’anni di vita religiosaha scritto L’asina di Balaam (non ancora tradotto in italiano), “unappello ai signori del clero”. Poi ci sono religiose comunicatrici, Me-mores Domini, consacrate all’Ordo Virginum. Da una consacrata vie-ne l’invito a parlare con un linguaggio nuovo ai giovani di sessualità,gender, significato del corpo.

Tra realtà e rappresentazione, l’intervista con Elena Sofia Ricci, at-trice italiana che ha reso popolarissima una suora televisiva, e il com-mento della regista Liliana Cavani che ha diretto negli anni tre filmsu san Francesco e il documentario Clarisse, protagoniste dieci suoree tre novizie del Monastero Santa Chiara di Urbino.

D ONNE CHIESA MOND O

Mensile dell’Osservatore Romano

Comitato di DirezioneRI TA N N A ARMENI

FRANCESCA BUGLIANI KNOX

ELENA BUIA RUTT

YVONNE DOHNA SCHLOBITTEN

CHIARA GIACCARDI

SHAHRZAD HOUSHMAND ZADEH

AMY-JILL LEVINE

MA R TA RODRÍGUEZ DÍAZ

GIORGIA SA L AT I E L L O

CAROLA SUSANI

RI TA PINCI (co ordinatrice)

In redazioneGIULIA GALEOTTI

SI LV I A GUIDI

VALERIA PENDENZA

SI LV I N A PÉREZ

Progetto graficoPIERO DI DOMENICANTONIO

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v aredazione.donnechiesamondo.or@sp c.va

per abbonamenti:abb onamenti.donnechiesamondo.or@sp c.va

La vera forza

Suore che lavorano per vivere, ma c’è chi fatica a vedersi riconosciute le capacità professionali

di NAIKE MONIQUE BORGO

Secondo le costituzioni delle SuoreOrsoline del Sacro Cuore di Maria,famiglia religiosa alla quale appar-tengo, «con il voto di povertà assu-miamo uno stile di vita che compor-

ta la limitazione e la dipendenza nell’usare e neldisporre dei beni» (n. 41). Questo voto chiededi imparare a condividere sempre di più i beniche abbiamo perché «diventano espressione deldono di noi stesse, segno di disponibilità allamissione dell’istituto e della Chiesa». Non si-gnifica che non ci siano cose personali, quantopiuttosto che l’accumulo di beni non è il nostrostile di vita, mentre scegliamo «la condivisione,la comune legge del lavoro, uno stile di vitasemplice e sobrio, la salvaguardia del creato»(n. 42). Viviamo per scelta del nostro lavoro edella Provvidenza. Non abbiamo sussidi garan-titi e questo ci insegna a gestire con attenzionee rispetto denaro e beni. Impariamo a chiedereciò di cui abbiamo bisogno, ma anche a rispet-tare le diverse esigenze di ogni sorella cercandodi vivere insieme nella semplicità. Mettiamo incomune i nostri stipendi, i beni ricevuti, ma an-che competenze specifiche, tempo, energie.

Alcune donne che conosco diventano partico-lari richiami e domande aperte sulla coerenzacon la mia scelta di vita anche nei momenti piùinsoliti. Così ascolto le note del violino di Liache riempiono sempre le strade vicentine diun’elegante dignità: anche lei, come Rut la moa-

bita, attende pazientemente il frutto del suo “spi -g o l a re ”. Potrei riconoscerle ovunque — quelle no-te — perché i tocchi delicati delle sue mani dona-no signorilità ai nostri passi frettolosi e distratti eci ricordano che la vita ha una centralità diversa.

Donne come Lia la violinista e Rut la moabi-ta mi aiutano a unire la vita con la Scritturanella costante ricerca dell’identità dei “poveri diJhwh”, gli anawim. Lia lo è oggi, Rut lo è stata,

LE VO CI DELLE D ONNE

Il voto di povertà non implica una vita di miseriaSenza sussidi garantiti si impara a rispettare il denaro

pur non essendo ebree: entrambe vivono un af-fidamento profondo, frutto di chi vive dell’es-senziale perché trova altrove la gioia della vita.Non solo. Loro mi ricordano anche le paure deimiei genitori quando ho condiviso la scelta dientrare in congregazione, ormai quasi 12 annifa. Nella mia vita di giovane suora impegnatanella comunicazione parrebbe tuttavia mancare

Si mettono in comune stipendie beni ricevuti, ma anche competenze

specifiche, tempo, energieE si chiede ciò di cui si ha bisogno

L’esperienza di una orsolinache ha un impiego come comunicatrice

Copertina di Anna Milano

Page 4: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 4 D ONNE CHIESA MOND O5

LE VO CI DELLE D ONNE

la povertà. In parte è vero: il timore dei mieigenitori è infondato perché non mi è mai man-cato qualcosa. Per contro, la specificità di unavocazione alla comunicazione, vissuta comemissione affidatami sia dalla mia congregazioneche dalla diocesi nella quale opero, mi proponecontinuamente l’incontro con la mia povertàumana. Mi ci sono voluti molti anni per acco-gliere e amare le ferite interiori generate dallamia vita, ma tutto quello che era «pietra scarta-ta è divenuta testata d’angolo» (Sal 118, 2) soloper Grazia.

Essere suora orsolina SCM connota la mia vitacon un colore particolare, quello del nostro cari-sma: «Una particolare attenzione alle situazionidi povertà e di emarginazione femminile» (n.22). Le vocazioni di suora orsolina SCM e di co-municatrice, combinate, mi chiedono di dar vo-ce alle voci femminili che non hanno voce. Si-gnifica stringere un’alleanza di cuore che intessele storie incontrate anche con scelte di condivi-sione economica e di coinvolgimento personale:il sostegno scolastico, il pagamento di utenzearretrate... ma anche l’ascolto e l’amicizia auten-tica. L’esperienza di lavoro subordinato, comecomunicatrice presso la diocesi di Vicenza, mipermette di vivere la soddisfazione e la dignitàche un lavoro può offrire, così come la comples-sità del mondo del lavoro in Italia nel 2020.Eppure, pur vivendo ancora la “gavetta” di chiè all’inizio di una professione, vivo una condi-zione privilegiata rispetto ad altre suore che co-nosco e che faticano a vedersi riconosciute com-petenze professionali e dignitose condizioni la-vorative.

Il voto di povertà ci offre, in fondo, la possi-bilità di avere una scala valoriale diversa per av-vicinarci ai veri poveri che, per tanti motivi, vi-vono una vita di gravi privazioni e mancanza didignità.

Raccontare la mia chiamata all’O r-do Virginum significa fare memo-ria di una esperienza di amore edi salvezza donata gratuitamenteda Colui che chiama i deboli e

piccoli perché in essi si manifesta la sua gloria.È ricordare l’incontro avvenuto a Damasco nelgennaio del 1993, quando anch’io, giovane di 23anni, sono caduta dal mio “cavallo” e quando imiei occhi accecati hanno visto la vera luce.Quella luce che ha illuminato la mia vita, l’hatrasformata e l’ha riempita di una pace che nonmi ha più abbandonato, anche quando il cam-mino si è fatto arduo, faticoso e perfino doloro-so. Raccontare la mia chiamata significa quindialzare lo sguardo verso l’alto per benedire il Si-gnore per quel giorno in cui la sua voce ha tuo-nato nel mio cielo. Una voce che non ha maicessato di echeggiare lungo gli anni.

Il grazie però si estende a tutte le mediazioniumane, che mi piace chiamare “angeli”, chehanno facilitato il mio sì e il mio camminarecon il Signore. Innanzitutto la mia famiglia do-ve sono cresciuta con tre fratelli e una sorella.Lì ho goduto l’amore incondizionato di una

Testimonianza di una biblista: la chiamatain Siria e la “mediazione” di Paolo Dall’O glio

di MARIANA ASSAF

mamma tenerissima e la predilezione di un pa-dre che con la sua fiducia e stima mi ha resodecisa e coraggiosa. Mi considero poi fortunataper la presenza dei padri gesuiti nella mia vita,incominciando da Paolo Dall’Oglio (rapito aRaqa) e Frans van der Lugt (ucciso a Homs).Non solo in Siria, ma anche qui in Italia duran-te questi 15 anni di studio alla Gregoriana e poiall’Istituto Biblico, sono stata sempre seguita dagesuiti, maestri in umanità e spiritualità. La spi-ritualità ignaziana, che mi ha sempre attratto,mi ha aiutato ad affrontare la vita con profondosenso di responsabilità e con libertà.

Entrare nell’Ordo Virginum è il frutto di uncammino lungo e faticoso che ha avuto il suocoronamento nella basilica di San Giovanni inLaterano il 1° luglio 2018, data della mia consa-crazione nell’O rdo, ma anche celebrazione di 25anni di quel primo sì, promesso al Signore nel1993 a Damasco. Perché l’O rdo?

La vita da vergine consacrata mi permette divivere in sintonia con tutto il cammino fatto inquesti 25 anni, e che mi ha reso una persona au-tonoma; mi piace infatti camminare con i mieipiedi seguendo l’ispirazione del Signore. Tale

stile di vita mi dà la possibilità di essere mestessa, nella docilità a Dio. L’O rdo, pur favo-rendo momenti di formazione spirituale e di in-contri fraterni, mi garantisce uno spazio perso-nale che sono chiamata a gestire con responsa-bilità. Essere vergine consacrata significa viverein relazione con la Madre Chiesa, diocesana euniversale, senza essere legata a un particolarecarisma o istituzione.

Essere vergine significa abitare il mondo, se-guendo le orme del Signore che venuto ad “abi -t a re ” in mezzo a noi. Questo implica il condivi-dere la corsa quotidiana della gente senza il pri-vilegio di segni visibili. Vivere vicina alla gentemi dà la possibilità di capire i problemi, le fati-che, i dolori e le gioie dei fratelli. E infine, qualeelemento religioso importante, una vita senza unacopertura istituzionale che mi garantisca tutto, èuna via di autentica povertà, una via di libertàinteriore, che mi aiuta a fidarmi solo di Dio.

L’O rdo ci aiuta a sviluppare i nostri carismipersonali. La mia vita è consacrata allo studiodella Parola di Dio, e porto dentro di me ilgrande desiderio di diffonderla, di farla cono-scere e amare.

Vergine consacrataper viverecon la Chiesasenza essere legataa una istituzione

Mariana Assaf durante la celebrazione di consacrazione (luglio 2018, foto da Romasette.it/diocesi di Roma)

Page 5: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 6 D ONNE CHIESA MOND O7

LE VO CI DELLE D ONNE

La vocazione anfibia dei Memores Domini:consigli, su richiesta, a una futura novizia

Laici ma anche totalmente monaci. E una famiglia allargata che condivide casa e preghiera

di SI LV I A GUIDI

«I l punto non è che non mi vo-glio sposare, è il contrario; èche vorrei sposare tutti. Hoqualcosa che non va?» sorrideAlessandra facendo la faccia

buffa, da finta impertinente. Sorrido anch’io, maper un altro motivo. «Ecco qua — mi dico — èsuccesso di nuovo. Ne ha presa un’altra!». Ilsoggetto della frase è la seconda persona dellaTrinità, Gesù di Nazaret. Flannery O’ C o n n o r,nel suo Diario di preghiera, scriveva direttamente«Caro Dio», senza perifrasi; io preferisco chia-mare Gesù «il Figlio del Principale», mi sembrameno pretenzioso, più informale.

«Il Figlio del Principale ha conquistato anchelei» penso nascondendo un mezzo sorriso dietroalla tazza del caffè. Si vede dagli occhi che bril-lano che ce l’ha fatta. Riconosco i sintomi perchéci sono passata anch’io. E infatti di lì a pochiminuti Alessandra mi chiede come si fa per ini-ziare il noviziato nei Memores Domini. Una vo-cazione anfibia, vertiginosa nella sua stranezza:totalmente nel mondo, totalmente fuori dalle lo-giche mondo, basata sui tre consigli evangelicima senza il riparo di un abito religioso. Total-mente laici ma anche totalmente monaci, vivendoin case normali, con le bollette da pagare a finemese, come tutti, ma con una stanza che si chia-ma «Capitolo» e una campana che chiama allapreghiera per la liturgia delle ore come nei mo-nasteri.

La regola della casa prevede salmi recitati re c t o

tono — in modo che le parole possano fondersi inun’unica linea di canto anche se si è in tanti —messa quotidiana, un’ora di silenzio al giorno, unpomeriggio di silenzio a settimana. Tv bandita etanti spazi vuoti per lasciarsi riempire da unaPresenza tanto misteriosa quanto reale, e sfuggirea quel «chewing-gum per gli occhi» che ci inse-gue anche in casa, sbucando fuori dai display lu-minosi dei nostri cellulari. Tutti i giorni un quar-to d’ora in ginocchio, per ricordarsi che non ci

dra. All’inizio sembra solo un pensiero che puòpassare inosservato in mezzo a mille altri, un’ideastrampalata che si può tranquillamente archiviaresenza nessun effetto collaterale. Poi inizia l’inse -guimento, un corteggiamento a volte discreto, avolte più esplicito. Si chiama «vocazione». Nonè facile resistere all’assedio del Grande Seduttore;il Figlio del Principale ha tutta la realtà a dispo-sizione per chiamarti. È un invito che ti raggiun-ge in mille modi: nel mio caso per l’attacco fina-le, dopo anni di distrazioni, perplessità, fughepiù o meno consapevoli, ha usato la voce di fu-mo e miele di Norah Jones. La canzone della re-sa è stata Come away with me di Jesse Harris, resastruggente e dolcissima dalla voce di Norah; My

heart is drenched in wine, you’ll be on my mind, fore-

v e r. «Ok — mi sono detta in una serata come tan-te di 20 anni fa — adesso basta fughe»; è arrivatoil momento di cedere a questa Grande Bellezzache fa paura per la sua dismisura.

D’ora in poi le sorprese non mancheranno,Alessandra. Come nella recita delle ore, il tuopiccolo «sì» diventerà subito un noi. E ti troveraipresto dentro a una famiglia allargata, allargatis-sima. Scoprirai di avere una sorella gemella aManaus, un fratello gemello a Bolzano, una ge-mella tutsi (ma piccola di statura, che si chiamaRose e fa l’infermiera) e un gemello che lavoracome anestesista in Minnesota. Da Ottawa a No-vosibirsk, scoprirai «gemelli diversi» che si com-muovono per le stesse canzoni che ami tu, chesono stati presi dalle stesse parole e hanno nelcuore lo stesso desiderio incontentabile che nien-te riesce a colmare, la stessa smania di infinito.Per tutta la vita continuerai a conoscere personeche sono (inequivocabilmente) la tua famiglia.Alessandro Bergonzoni, scrittore-autore-attore,con uno dei suoi geniali refusi, lo chiama «votodi Vastità». Indietro non si torna, perché le cosedi prima non bastano più. My heart is drenched in

wine, you’ll be on my mind, f o re v e r.

«facciamo» da soli, che tutto quello che abbiamo— corpo, tempo, intelligenza, relazioni, amicizie— l’abbiamo avuto in regalo, o meglio, in como-dato d’uso, perché prima o poi dovrà essere resti-tuito.

Mi ha chiamato con un pretesto, Alessandra,ma l’appuntamento davanti a un caffè, a metàmattina, è per questo, per chiedermi questa cosa«dell’altro mondo» in questo mondo, lontano daocchi indiscreti. Lo so come funziona, Alessan-

Una scelta di vita basata sui treconsigli evangelici ma senza il riparodi un abito religioso. La quotidianità

raccontata da una giornalista

POESIA

P re g a re

Non deve esserel’iris blu, potrebbe esserel’erbaccia in un campo abbandonato, op o chepiccole pietre; solamentepresta attenzione, poi metti insiemepoche parole e non provarea renderle elaborate, questa non èuna gara ma la via d’accessoin un ringraziamento, e un silenzio in cuiun’altra voce può parlare.

MARY OLIVER

(Traduzione di Elena Buia Rutt,da «New and Selected Poems»,Beacon Press 2004)

Page 6: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 8 D ONNE CHIESA MOND O9

Le suore e la sindromedel burnout

Una patologia che colpisce molte religiose. L’Uisg si attiva

di FEDERICA RE DAV I D

Il burnout, la sindrome da stress da la-voro, è una patologia che colpisce mol-te suore, così come il disturbo da stresspost traumatico. Entrambi, possonoavere fra le cause l’abuso: abusi di po-

tere, contesti abusanti, abusi sessuali. Per questaragione, l’Unione internazionale delle superiore

«Il nostro obiettivo è costruire comunità resi-lienti», dice Maryanne Lounghry, aprendo unincontro a Roma, nella sede Uisg, dedicato pro-prio al burnout. Australiana, suora della Miseri-cordia, psicologa, membro del Consiglio dellaCommissione internazionale cattolica sulle mi-grazioni, consulente per il suo governo, ricerca-trice al Boston College e all’Università diOxford, spiega: «Non dobbiamo limitarci a in-tervenire su un singolo caso, ma considerarciall’interno di un ecosistema. Se ci occupiamo delproblema individuale e non guardiamo all’o rg a -nizzazione, affrontiamo solo metà della storia,perché la cultura dell’organizzazione forma an-che l’intera esistenza dell’individuo». E via a sa-lire: «Dalla suora, alla congregazione, alla co-munità, alla società. La disparità di genere èuno dei nodi, dobbiamo chiederci cosa succedenella nostra Chiesa e nel Paese in cui operia-mo».

Da dove partire, dunque? «Scriviamo un co-dice di comportamento, così come esistono leLinee guida per la tutela dei minori. Prassi e re-golamenti servono per negoziare necessità, ob-blighi, diritti; c’è sempre stato qualcuno che l’ha

PRIMO PIANO

fatto al nostro posto, ma ora nelle congregazio-ni sono arrivate sorelle più preparate».

Una cornice per contenere qualcosa di moltosimile a singoli contratti di lavoro. «È fonda-mentale che una suora sappia cosa può chiederee cosa non può esserle chiesto. Ciascuna do-vrebbe avere un codice di condotta, una letteradi accordo con il vescovo o con il parroco; do-vrebbe poter dire al padre o alla sorella: “Sai,ho lavorato 38 ore questa settimana, non possolavorare domenica e tornare di nuovo lunedì, hobisogno di un giorno di riposo”. Un contrattonegoziato rende più forti».

Sicurezza e prevedibilità sono le parole chia-ve. «Un lavoro sicuro per un anno mi dà pace etranquillità mentale, così come sapere che nonposso essere mandata dall’altra parte del mondoin qualsiasi momento, o quando potrò andare invacanza. Se non conosco i limiti del mio impe-gno, invece, non sono in grado di arginare lo

stress. Non avere il controllo della propria vita,non poter programmare, mina la salute mentale.Lavorare nell’ambiguità, senza regole certe, puòfarmi sentire bullizzata, abusata, molestata».

Religiose in Pakistan (Ap)

Un workshop con una psicologaa Roma e la decisione di istituire,

in collaborazione con l’Unionedei superiori generali, una commissione

triennale per la cura della persona

generali, in collaborazione con l’Unione dei su-periori generali, ha deciso di istituire per tre an-ni una Commissione per la cura della persona.E di mettere all’ordine del giorno temi che untempo erano tabù.

Maryanne Lounghry: fondamentaleche una suora sappia cosa può chiederee cosa non può esserle chiesto. Ognunadovrebbe avere una lettera di accordo

con il vescovo o con il parroco

Chiede esempi e le superiore raccontano.«Ho visto situazioni molto pesanti in alcuneparrocchie, potere assoluto del sacerdote sugliimpiegati religiosi, sorelle allontanate o costrettea lavori senza consenso o valutazioni obiettive».

Page 7: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 10 D ONNE CHIESA MOND O11

«Da capo della comunità, ho rifiutato di chie-dere alle sorelle di pulire il pavimento della cap-pella». «Le congregazioni maschili sono piùbrave a prendersi i congedi, noi ci sentiamo incolpa, aspettiamo il permesso del padre».

«Il lavoro delle suore — sostiene MaryanneLounghry — va riconosciuto, proprio come ri-vendicato al Sinodo per l’Amazzonia. Altrimen-ti si crea una dissonanza cognitiva: tu vivi unacosa, ma per gli altri sei una cosa diversa». Eper costruire una congregazione resiliente, «bi-sogna investire sul benessere delle suore fissan-do degli standard: due settimane di ferie, unaretribuzione, una situazione abitativa decente,l’accesso a internet. Dover sempre negoziare,sentirsi inascoltate, è dura; con regole chiare sievitano gli abusi e si dispone di modalità chiareper affrontarli». Serve anche «una chiara defini-zione degli aspetti ricreativi: divertitevi, organiz-zate feste, fate team building». E sono indi-spensabili riposi, ritiri spirituali, anni sabbatici:

«Dovrebbe essere scritto che, ogni 5 anni, unasuora può farne uno». Il tutto gestito dalla con-gregazione con trasparenza e regole condivise:«Le decisioni vanno prese partendo al basso».

laurearsi, ma è importante sapere che questapossibilità c’è, e potersi fidare della decisionedella madre superiora. Le suore devono sapereche la leader della comunità guarda loro le spal-le». Perciò «dobbiamo stabilire buone pratichedi gestione, stare attente: a volte non diamo allesorelle la possibilità di rilassarsi, proponiamosempre nuovi compiti».

Ma anche le madri superiore vivono problemilegati allo stress da lavoro. «Esiste il burnout dalunga leadership; pianificare può aiutare, rendeforti, ma si potranno trovare in ogni momentodi fronte all’inaspettato, l’inspiegabile». Comegestirlo? «Dobbiamo mettere nel bilancio le ri-sorse per affrontare le emergenze, per terapie,anni sabbatici, ritiri». Prepararsi a gestire le crisiè come fare un corso di primo soccorso. «Lamadre superiora deve individuare i segni del di-sagio e indirizzare la suora verso gli aiuti di cuiha bisogno: c’è una risposta spirituale e una ri-sposta psicologica, che va data da un professio-

nista. Inoltre, è fondamentale un supervisore,perché la madre può provare sentimenti similialla sorella, non essere neutrale».

Ci sono traumi personali da affrontare. «Èdifficile comprendere quando una sorella è stataabusata sessualmente; è una realtà quotidiana,ma non ne parliamo per vergogna. Una suoradev’essere sicura che la congregazione potrà aiu-tarla a sostenere la sua resilienza, con compren-sione e condivisione. Il benessere mentale si ba-sa sulla fiducia, su un linguaggio comune: sesto male, mi sento libera di esprimere i mieidubbi. Una sorella può essere traumatizzataperché è stata abusata, o ha abusato di unbambino, o non ha denunciato un abuso….Dobbiamo tenere le antenne dritte e assicurarciche possa parlarne con qualcuno in totale sicu-re z z a » .

Il disturbo post traumatico può essere ancheuna malattia professionale, per chi lavora nelcampo dell’assistenza. «In ogni società, ne sof-frono sei o sette persone su 100. Il nostro fatto-re di rischio è la cura dei poveri e delle perso-ne fragili. Papa Francesco ci ricorda quanto siaimportante essere vicini ai poveri, questo puòsignificare essere vicini a situazioni estreme,traumatizzanti. Penso ad esempio alle sorelleche in Ruanda hanno visto quantità di cadave-ri; o a me stessa, che molti anni fa, mentre la-voravo in un centro di detenzione (a HongKong, per vietnamiti richiedenti asilo, ndr) so-no stata rapita: a volte, ancora mi blocco acausa di un flashback mentre salgo o scendo lescale». C’è poi la forte esposizione al traumasecondario: «Una suora che si occupa di per-sone che hanno subìto traumi, può finire colsoffrire anche lei di disturbo da stress posttraumatico: se lavori anni in centri per rifugiatie vittime di tratta, ti rimane dentro, scava comeuna goccia d’acqua».

Per tenere unita una congregazione, poi, ser-ve «una politica dell’educazione; altrimentiqualcuno potrebbe pensare che ci siano favoriti-smi. Chi può proseguire gli studi e chi no, vadeciso con un sistema limpido, basato su un cri-terio scritto nel regolamento della congregazio-ne: magari non tutte sono portate a studiare, a

Esiste anche il burnout da lungaleadership delle madri superioreIn bilancio risorse per affrontareemergenze, terapie, anni sabbatici

Page 8: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 12 D ONNE CHIESA MOND O13

Voti buoninonostante...

Una delle tematiche su cui i giovani chiedono una parola chiarae autentica dalla Chiesa è quella che riguarda la sessualità, ilgender e il significato del corpo. Sono questioni per cui si al-lontanano dalla Chiesa con frequenza: perché si sentono giu-dicati, non compresi, né accolti.

Dobbiamo dar loro ragione. La vita consacrata non è stata finora in gradodi rispondere nel concreto alle loro inquietudini, salvo benemerite eccezioni,che rimangono tali. Accostarci alla sessualità con un linguaggio nuovo è pernoi consacrati un compito urgente, che non possiamo più rimandare. Credoche questo ci metta un po’ in crisi, ciò nonostante è una opportunità che dob-biamo cogliere. Ci chiama a una conversione pastorale profonda, che sintetiz-zo in tre punti.

1. ESSERE TESTIMONI CREDIBILI. I giovani cercano una parola che nascadalla vita, non solo dallo studio. Non ascoltano i pastori se i pastori non sonoanche testimoni. Ma questo ci pone una domanda, seria: siamo testimoni lu-minosi di una sessualità vissuta in pieno? Purtroppo, dobbiamo risponderenegativamente: spesso siamo analfabeti affettivi, incapaci di esprimere il no-stro mondo emotivo. È frequente, tra i consacrati, la gestione della affettivitàsotto paradigmi di controllo o anche di repressione, o che manchi la libertà

nel vivere i rapporti di amicizia,specie con l’altro sesso. Nonsempre riusciamo, e ciascuno se-condo la propria identità, a co-municare, a entrare in intimità,scoprendo anche le nostre zonevulnerabili e permettere che Dioe gli altri ci incontrino lì. Se noinon impariamo in primis a inca-nalare tutta la forza della dimen-sione sessuale e affettiva dentro

la nostra propria identità, non possiamo avere autorevolezza per dire una pa-rola sull’amore e sulla sessualità a nessuno.

2. DI V E N TA R E DEI G UA R I T O R I -G UA R I T I . Il Sinodo dei giovani ha fatto i con-ti con la realtà di una generazione fortemente segnata dalla fragilità affettiva.Alla base della difficoltà dei giovani di fare scelte definitive c’è la pauraall’impegno, e più profondamente ancora la mancanza di consapevolezza del-la propria amabilità. Per mostrar loro che la forza trasformatrice del Kerygma

fa nuove tutte le cose, il consacrato deve averne fatto esperienza. Un amicocarmelitano ripete spesso che tutti dovremmo avere un cartello sulla spallache dica «Lavori in corso: scusate i disagi».

3. IM PA R A R E A PORRE D OMANDE. Le questioni che riguardano la sessualità el’affettività sono delicate, e toccano l’identità della persona in modo profon-do. I consacrati che vogliano fare vera pastorale devono diventare esperti nelcammino del discernimento. Questo presuppone di superare la tentazione didare risposte pronte, e imparare a porre domande che guidino i giovani nellaloro ricerca personale. Implica in qualche modo fare un passo indietro, eaccettare il rischio della libertà dell’altro, che è l’unica strada per la vera cre-scita.

È una sfida, e ci giochiamo molto.

di MA R TA RODRIGUEZ

L’OPINIONE

Parlare ai giovani di sessualitàcon linguaggio nuovo

VI TA C O N S A C R ATA

di BERNADETTE REIS

I dati pubblicati dall’Ufficio centrale di statistica dellaChiesa cattolica mostrano da qualche anno una tendenza:la diminuzione delle vocazioni femminili. A fronte di un

aumento dei cattolici nel mondo, arrivati a 1.313 milioni, dimi-

CO N T I N UA A PA G I N A 14

Voti buoninonostante...

Page 9: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 14 D ONNE CHIESA MOND O15

Bisogna cambiare

di ROMILDA FE R R AU T O

Nella vita consacrata, la parte femminile è più numerosa di quella ma-schile. A Roma, incoraggiata da Papa Francesco, la Congregazioneper gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica si sfor-za di raggiungere la parità. Oggi le donne sono quindici su trentottoofficiali. Dei cinque uffici della Congregazione, due sono diretti dadonne. Il cardinale prefetto João Braz de Aviz ne è fiero. Accoglientee gioviale, il cardinale brasiliano non elude nessuna domanda, nean-che la più scomoda: i conventi che chiudono, gli abusi sessuali, gliabusi di potere, la cattiva gestione dei beni, la pesantezza delle strut-ture che vanno riadattate. Ma non perde la speranza.

Eminenza, ci sono ombre e luci nel panorama generale della vita consacrata femmi-

nile. Fra le ombre, si registra una crisi importante delle vocazioni. Secondo lei la si-

tuazione è preoccupante?

La situazione varia da un continente all’altro. L’Europa attraversaun momento davvero difficile, si chiudono molte case, ci sono anchemolti abbandoni. In Asia, invece, abbiamo un numero impressionan-te di vocazioni religiose femminili. Ad esempio in Vietnam, un paesecomunista, hanno mille novizie ogni anno! Un fenomeno simile lo ri-troviamo in Africa mentre l’America latina vive un periodo di stasi.In Europa la vita consacrata ha radici molto forti ma non ci si è ac-corti che alcune cose vanno cambiate, perché sono invecchiate. Laformazione prima di tutto, poi la questione della fraternità — noi nonpossiamo essere degli individualisti che abitano insieme — e infine il

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 13

nuisce il numero di quanti hanno scelto la vitaconsacrata e in questo ambito il calo maggioresi riscontra tra le donne. Dal 2010 le religiosediminuiscono di circa 10 mila l’anno, oggi sonomeno di 650 mila. Aumentano in Africa e inAsia, diminuiscono in America, Europa, Ocea-nia. Anche i membri degli Istituti secolari fem-minili diminuiscono, oggi sono circa 22 mila.Anche in questo caso aumentano in Africa e inAsia, diminuiscono in America, in Europa e inO ceania

I dati inducono alcune riflessioni.

Il ruolo svolto dalle religiose va in parallelocon il ruolo e la posizione delle donne nella so-cietà. In passato le consacrate hanno accolto ipellegrini bisognosi di riparo nel Medio Evo, sisono prese cura di chi era affetto da malattiecontagiose, sono state al capezzale degli uominiche morivano sui campi di battaglia della guerracivile statunitense. Oggi vanno in soccorso dellepersone intrappolate negli orrori della tratta diesseri umani, accolgono immigrati e rifugiati neicampi profughi in tutto il mondo, si occupano

delle comunità cattoliche quando mancano i sa-cerdoti. Le donne consacrate sono state e conti-nuano a essere presenti ovunque le carenze nellasocietà hanno creato dei vuoti. Non sono essen-ziali solo per la salute in generale della Chiesa,ma anche per la salute generale della società. Èstato soprattutto grazie alle religiose che sononati i primi sistemi educativi, sanitari e socialinel mondo. In aree come l’Europa e il NordAmerica, dove questi servizi vengono ormai for-niti dallo Stato, le consacrate si sono fatte lenta-mente da parte e hanno spostato le risorse, siaumane che materiali, verso l’Africa e l’Asia. Masono mutati anche i fattori sociali che un tempoattiravano tante donne verso la vita consacrata.Un tempo le famiglie mandavano le figlie inconvento perché ricevessero un’educazione operché non riuscivano più a mantenere tutti i fi-gli, e le giovani entravano nella vita religiosaperché offriva loro anche opportunità di studioe professionali. Ora questo è superato.

Resta un problema su cui riflettere: le religio-se non solo diminuiscono ma stanno invec-chiando e non vengono sostituite da una gene-razione più giovane.

VI TA C O N S A C R ATA / L’ISTITUZIONE

Vocazioni e abbandoni, autorità, beni, rapporto uomo-donna, abusi...Intervista a tutto campo con il prefetto João Braz de Aviz

Page 10: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 16 D ONNE CHIESA MOND O17

Le donne consacrate alle volte hanno una forza di potere straordi-naria in alcune congregazioni. Noi abbiamo avuto casi, non moltiper fortuna, di superiore generali che una volta elette, non hanno piùceduto il loro posto. Hanno aggirato tutte le regole. Una ha volutopersino cambiare le costituzioni per poter restare superiora generalefino alla morte. E nelle comunità ci sono religiose che tendono a ub-bidire ciecamente, senza dire ciò che pensano. Tante volte si ha pau-ra, nel caso delle donne ancora di più, si ha paura della superiora.Nella vera obbedienza, al contrario, è necessario dire quello che il Si-gnore suggerisce dentro, con coraggio e verità, per offrire al superio-re più luce per decidere. E poi obbedire, come ha fatto Gesù.

Riguardo agli abbandoni, immagino che una religiosa che decide di lasciare il con-

vento vive un momento di crisi molto forte, traumatico. Si fa abbastanza per aiu-

t a rl e ?

Normalmente sì, ma manca moltissimo. Alle volte sono completa-mente abbandonate. Ma le cose stanno cambiando. Il caso più signi-ficativo è proprio la decisione del Papa di creare a Roma una casaper accogliere dalla strada alcune suore mandate via da noi o dallesuperiore, in particolare nel caso che siano straniere.

Ma è una realtà conosciuta questa casa a Roma?

Sì, ma è all’inizio. Il nostro Dicastero è coinvolto per sostenerequesta casa. Il gesto di Papa Francesco è meraviglioso. Io sono anda-to a rendere visita a queste ex-suore. Ho trovato lì un mondo di feri-te, ma anche di speranza. Ci sono casi molto duri, in cui i superiorihanno trattenuto i documenti di suore che desideravano uscire dalconvento, o che sono state mandate via. Queste persone sono entratein convento come suore e si ritrovano in queste condizioni. C’è statoanche qualche caso di prostituzione per poter mantenersi. Si tratta diex-suore! Le suore scalabriniane hanno assunto la cura di questo pic-colo gruppo. Però alcuni casi sono veramente difficili, perché siamodi fronte a persone ferite con le quali bisogna ricostruire la fiducia.Dobbiamo cambiare l’atteggiamento di rifiuto, la tentazione di igno-rare queste persone, di dire “non è più un problema nostro”. E poi,spesso queste ex-suore non vengono in nessun modo accompagnate,non viene detta una parola per aiutarle… tutto questo deve assoluta-mente cambiare.

Cosa può dirmi, invece, della vita contemplativa femminile?

rapporto autorità-obbedienza. Senza dimenticare il rapporto uomo-donna: perché il consacrato e la consacrata devono essere così separa-ti? Infine dobbiamo rivedere la questione dell’uso dei beni. Alcuniordini o congregazioni hanno molte proprietà, molti soldi, altri quasiniente, e c’è ancora poco interscambio.

Appunto! Papa Francesco, parlando del tracollo delle vocazioni nella vita c o n s a c ra t a

ha detto: il rischio è poi che la congregazione sempre più piccola si attacchi ai soldi.

È così?

A volte cinque donne comandano un patrimonio enorme. Questo èun problemone, perché i beni non sono della congregazione o diquelle cinque persone. I beni sono della Chiesa. Abbiamo organizza-to due importanti simposi su questo tema. Papa Francesco raccoman-da due cose: la professionalità prima di tutto, cioè dobbiamo esserecompetenti, l’economia è una scienza, l’amministrazione è una scien-za; inoltre, tornare ai valori del Vangelo.

Lei prima ha accennato al fatto che oltre alla crisi delle vocazioni, c’è anche, e forse

soprattutto, il problema degli abbandoni. Quali sono generalmente i motivi che spin-

gono le religiose a uscire dal convento?

Sicuramente influisce molto il contesto culturale attuale, in cui èdifficile assumere responsabilità per tutta la vita. Questo è vero, ma imotivi sono vari: problemi affettivi, storie personali piene di ferite.Molte volte la formazione iniziale è molto bella, poi il paragone conla vita della comunità in cui la religiosa si ritrova a vivere è deluden-te. Le motivazioni sono varie. Ma soprattutto bisogna cambiare forte-mente la formazione. Essa dovrà essere personalizzata e curata pertutta la vita, creare cioè la coscienza di essere sempre in formazionein un contesto di fraternità.

Forse le suore sono anche deluse perché si ritrovano a fare lavori umili, ad av e re

mansioni amministrative noiose o che non corrispondono alla formazione che hanno

ricevuto.

Qui c’è anche tutto il problema dell’abuso dell’autorità. Come diceil Papa, quando l’autorità è interpretata come potere e non come ser-vizio si può arrivare a situazioni dolorose. Io penso che anche le per-sone che hanno ruoli direttivi dovrebbero imparare a condividere conla comunità la vita e tutte le necessità: la cucina, le pulizie… Essendoperò rispettate nel loro ruolo di servizio di autorità.

Dal suo punto di vista c’è un abuso di potere che riguarda anche le donne?

Io penso che anchele persone

che hanno ruolid i re t t i v i

d o v re b b e roi m p a ra re

a condividerecon la comunità

la vitae le necessità:

la cucina,le pulizie…

Essendo peròrispettate

nel loro ruolodi servizio

di autorità

Il Papa ha decisodi creare a Romauna casa pera c c o g l i e redalla stradaalcune suoremandate via danoio dalle superiore,in particolarenel caso che sianos t ra n i e re .Nei prossimi annila vitacontemplativapotrà calaredel 50 per cento

Page 11: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 18 D ONNE CHIESA MOND O19

nascosto. Però viene fuori. Dovrà venire fuori. Molte volte la maturi-tà nel campo affettivo e sessuale è debole, è relativa. Se arrivano ac-cuse, noi accogliamo e cominciamo a discernere. Tante cose sono ve-re, tante no, però non nascondiamo nessun problema. Il Papa cichiede totale trasparenza.

Dunque ricevete segnalazioni di abusi sessuali e abusi di potere.

Ah sì. Sono campi dove oggi dobbiamo arrivare con la forza delVangelo. Voglio dire: una cultura che ci ha fatto entrare in queste de-viazioni deve sparire, dobbiamo tornare alla testimonianza.

Dunque c’è speranza?

Moltissima. C’è più apertura che chiusura oggi nella Chiesa. Poi cisono gli irriducibili.

Terminiamo con una nota positiva. Molte religiose sono impegnate, anche attual-

mente, nei tanti difficili campi delle missioni e dei servizi di assistenza.

Sì, le donne sono presenti su tanti fronti, per esempio in posti do-ve si rischia la vita, dove si è disprezzati. Le donne consacrate sonomolto coraggiose, molto audaci, forse per la forza della maternità. Equeste cose Papa Francesco ci dice che non le dobbiamo perdere.

In Europa c’è un calo molto grande. Le vocazioni ci sono, ma po-che. Molti monasteri rimangono vuoti, non si sa come fare, si perdo-no un sacco di beni. L’età media delle monache in Europa è moltoalta! Nei prossimi anni, noi pensiamo che la vita contemplativa potràcalare del 50 per cento. Il Santo Padre ha voluto che fossero presedelle misure per lottare contro l’isolamento, per creare rapporti piùfraterni, incoraggiare la testimonianza e la fedeltà al carisma e allecostituzioni… Però le strutture sono pesanti e il cambio è lento. Epensare che la vita contemplativa è uno dei segni più belli della vitacristiana consacrata.

Nella Chiesa, come ancora in vari settori della società, le donne hanno ruoli subal-

terni. Perché, ad esempio, le religiose che lavorano negli ospedali sono quasi sempre

infermiere, quasi mai medici? Non trova che a volte la formazione delle religiose è

un po’ t ra s c u ra t a ?

Non solo. È tutta una visione che deve essere superata. Purtroppo,in alcuni ordini, le costituzioni collocano la donna a un livello infe-riore rispetto agli uomini. La relazione non può essere di sottomissio-ne né di comando. Dovrà essere di uguale dignità nella diversità.

Ma, appunto, cosa si può fare? Si registrano progressi?

Moltissimi. Basta vedere il cammino straordinario che ha fatto laUisg, Unione internazionale delle superiore generali. Per tanti versi,la donna è più intraprendente degli uomini, perché è più concreta.

Però è anche vero che il potere nella Chiesa rimane legato al sacramento dell’o rd i n e .

Questo bisogna cambiarlo. Papa Francesco ha detto che c’è unequivoco, un malinteso. Nel caso del sacramento dell’ordine, si con-fonde potestà e potere. La potestà del sacramento dell’ordine è unservizio e non un potere che sfocia facilmente nell’atteggiamento didominazione. Il processo di decisione deve essere fatto in comune,camminando insieme. In tanti campi, le donne occupano già posizio-ni di responsabilità e decisione. Però è ancora troppo poco.

Un argomento doloroso: gli abusi sessuali subiti da religiose da parte di sac e rd o t i .

Il Dicastero che lei dirige si occupa di questo dramma?

Sì. Noi riceviamo segnalazioni di casi, li dobbiamo esaminare. Ec’è un’altra cosa che ci sorprende: stanno cominciando ad apparirecasi di abusi sessuali tra suore. Per esempio tra la formatrice e la per-sona in formazione. In una congregazione ci sono stati segnalati no-ve casi. Questo fenomeno che tocca l’ambito femminile è rimasto più

P u r t ro p p oin alcuni ordini

le costituzionicollocano la donna

a un livelloi n f e r i o rerispetto

agli uomini.La relazione

non può esseredi sottomissionené di comando.

Dovrà esseredi uguale dignità

nella diversità

Il cardinale João Brazde Aviz, brasiliano,dal 4 gennaio 2011prefetto della Congregazioneper gli istitutidi vita consacratae le societàdi vita apostolica

Page 12: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 20 D ONNE CHIESA MOND O21

L’asina di Balaamero io

di MAŁG O R Z ATA BO R KO W S KA

«Per secoli le suore hanno continuato ad ascoltare sermoni, conferen-ze e ogni sorta di predicazione, ma lo hanno sempre fatto comestupidi animali da soma: qualunque cosa venisse detta loro, nonpotevano che approvarla. C’erano delle eccezioni, ma molto po-che! L’assunto del predicatore medio era che, su qualsiasi questio-ne e in ogni circostanza, era lui quello più saggio; e le religioseimpararono ad accettarlo, all’inizio perché avevano bisogno che unsacerdote celebrasse per loro ed erano costrette ad accettare le sue

condizioni, e in seguito semplicemente per tradizione o abitudine.Era questa la forma di umiltà che ci si attendeva da loro. Il risultatoè stato (ed è) che persone con mezzo secolo di esperienza nella vitadi preghiera ascoltano devotamente cose assurde predicate da ragaz-zini che, dopo aver dato una scorsa a un volume di Tanquerey in se-minario per poi dimenticarlo una volta superato l’esame, credono diessere pienamente qualificati a insegnare a queste donne anziane; eritengono anche che quelle donne anziane non abbiano mai sentitole stesse cose da altri…».

È questo che ho scritto dopo cinquant’anni di vita religiosa, aven-do deciso che ormai ne avevo abbastanza e che bisognava dire la ve-rità agli officianti/predicatori, ovvero che le suore che li ascoltano so-no capaci di qualche pensiero proprio. E che non sempre sono d’ac-cordo su tutto.

Nel monastero benedettino di Żarnowiec in Pomerania,

Polonia, vive suor Małgorzata Borkowska (nella foto), classe

1939, filosofa, filologa, teologa e scrittrice. Dopo oltre mezzo

secolo di vita religiosa, nel suo libro intitolato «L’asina di

Balaam» (non ancora tradotto in italiano) Suor Małgorzata

sottolinea, con umorismo pungente, l’arroganza, l’i g n o ra n z a

e l’incompetenza di una classe sacerdotale

che si ostina a trattare con superiorità, condiscendenza,

a volte anche disprezzo, le suore. Queste ultime, da parte loro,

dopo aver ascoltato sermoni passivamente “come stupidi

animali da soma”, rivendicano il valore

della propria testimonianza e il loro ruolo attivo e innovatore

come teologhe e guide spirituali.

(Francesca Bugliani Knox ed Elena Buia Rutt)

VI TA C O N S A C R ATA / IL RAPPORTO UOMO-D ONNA

Una benedettina scrive un libro sui sacerdoti. Ecco quello che succede

Page 13: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 22 D ONNE CHIESA MOND O23

solo quando si cerca, sulla base delle prove scritturali, di guardarlodall’alto, non dalla cantina. E così facendo la cantina non può chediventare un posto migliore. — Vuoi insegnare teologia ai preti, vero, asi-

na? — Non proprio: ricordo loro che la teologia esiste. Troppi di lorosi accontentano di superare gli esami e poi la dimenticano completa-mente, concentrandosi sulle “questioni esistenziali”. Rimangono cosìsenza una chiave sia per quei problemi, sia per la loro vita di pre-ghiera. La preghiera è contatto, un contatto amorevole, e come puòesserci amore dove non c’è desiderio di conoscere e di comprendere ilpiù possibile l’Amato? Non si può lasciare tutto alle semplici emo-zioni effimere.

Gli chassidici narrano la storia del nipote di un famoso Rebbe chegiocava a nascondino con un amico, ma quell’amico, non riuscendo atrovarlo, andò via. Il bambino va dal Rebbe lamentandosi: nonno, iomi sono nascosto e lui non vuole cercare! Almeno sei in buona com-pagnia, risponde il Rebbe: anche Dio dice “io mi nascondo e loronon mi vogliono cercare!”. Questa asina, dunque, sta cercando dimostrare ad alcune persone che è bene risvegliare il cercatore chedorme nella loro anima. Molti lo vogliono davvero. E ascoltanoavidamente le verità fondamentali di ogni esistenza: la Trinità, l’In-carnazione di Cristo… e le loro implicazioni per la nostra vita quoti-diana.

Se questo sia bene per la Chiesa, per il Mondo o per le Donne re-sta da vedere.

Ho proseguito citando esempi (molti dei quali comici) di questionicome: l’atteggiamento dei sacerdoti verso le suore; il loro ignorarel’essenza stessa della vita religiosa; le loro bizzarre innovazioni nellaliturgia; la loro tendenza a evitare tutto ciò che è davvero importante,per esempio gli argomenti teologici, parlando invece di questioni irri-levanti; il loro gettare al vento l’intelletto e costruire la preghierasull’emozione; il loro ignorare le norme fondamentali della crescitaspirituale; e, infine, alcuni errori teologici evidenti raccolti in tantisermoni. Sapevo, naturalmente, che il risultato non poteva che essereuna sorpresa simile a quella di Balaam quando la sua asina non soloha iniziato a parlare ma — orrore! — ha avuto l’ardire di rivelarsi piùsaggia di lui!

E certamente è stato uno choc per molti, specialmente per viadell’ilarità suscitata da quelle pagine; ma non ho ricevuto bastonatesulla schiena. Alcuni lettori hanno pensato che dopo aver scritto unlibro del genere la mia salvezza fosse a rischio; ma la maggior partedi loro ha tenuto per sé la propria indignazione. Tantissimi sacerdoti,invece, hanno detto che per loro era uno sprone a preparare meglio isermoni, o che anche loro avevano pensato che ci fosse qualcosa disbagliato riguardo ai temi menzionati, ma che non erano capaci didirlo in tante parole. A ogni modo, a 78 anni sono diventata io stessaun predicatore, invitata a tenere conferenze e ritiri.

Ora, vorrei chiarire una cosa: appartengo a un ordine religiosomolto antico che, ritengo, è chiamato a esaminare, a ricordare e arammentare agli altri le verità più importanti ed eterne più che i pro-blemi dell’oggi in continuo cambiamento.

Il fatto è che la moralità (che è lo strumento per risolvere i proble-mi) non deve essere vista come una cosa che fluttua da sola nell’aria;o cresce dalla verità teologica che le dà stabilità, oppure viene trasci-nata via da ogni vento che soffia. Nella vita quotidiana, tuttavia, èmolto più facile parlare (e predicare) della politica o dei “temi scot-tanti” del giorno, oppure di quelli che vengono bellamente definiti“problemi esistenziali” (leggi: come cavarcela facendo la volontà no-stra invece che quella di Dio), che di Dio e della Sua verità. Molti diquanti ascoltano vogliono sentire solo queste cose marginali; verreb-be da pensare che i predicatori sono lì per insegnare loro di meglio,ma tanti non lo fanno.

È dunque questo il tipo di testimonianza o di evangelizzazione acui mi dedico al momento: mostrare a questi impegnati e preoccupatisignori col collarino ecclesiastico che il creato, l’universo, ha senso

Dopocinquant’anni

di vita consacrata,dice agli officianti

che le religioseche li ascoltano

«sono capacidi qualche pensiero

proprio e chenon sono d’a c c o rd o

su tutto».Uno choc per molti

«ma non horicevuto

bastonate sullaschiena»

Page 14: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 24 D ONNE CHIESA MOND O25

VI TA C O N S A C R ATA / I VOTI

E alle giovani dico:non fatevi clonare

di MARIE CI O N Z Y N S KA

Religiosa domenicana e medico pe-nitenziario, Anne Lécu è l’autricedi numerose opere tra cui Hai co-

perto la mia vergogna (2017) e Il

senso delle lacrime (2018), in Italiapubblicate da Edizioni San Paolo.

Come ha capito di avere la vocazione religiosa?

Non so esattamente cos’è una “vocazione reli-giosa”... È paragonabile a quello che scrive Mi-chel de Certeau a proposito del poeta. «Il poe-ta non può fare altro che scrivere poesia». Sepuò fare altro, è perché non è un poeta. Ancheil religioso non può fare altro che essere religio-so. È paradossale in quanto la scelta della vitareligiosa è una delle tante opzioni di un cammi-no di felicità possibile e al tempo stesso non èpossibile fare altrimenti. Così, quando ho in-contrato la famiglia domenicana, ho capito cheero a casa mia. E ho voluto provare a viverequesta vita.

Come concepisce la sua missione di medico penitenziario?

Io sono inviata dalla mia comunità per an-nunciare il Vangelo e sono pagata dall’osp edale

pubblico per svolgere il mio lavoro di medicopenitenziario. Il fatto di lavorare in carcere, do-ve l’annuncio esplicito è fuori questione, mi per-mette di leggere la Bibbia e di vivere la mia fe-de in modo diverso. È a partire da ciò che vivolì che posso annunciare il Vangelo all’esterno,con un tono che è diventato il mio grazie al car-cere. Lavorando in un luogo così, si è obbligatia prendere posizione e io mi sono schierata coni colpevoli. La figura che m’ispira è quella diCristo crocifisso tra i due ladroni. Se si passadavanti a Lui, non si sa a priori che è più inno-cente degli altri due… Pierre Claverie, che èstato assassinato un mese prima che professassi imiei primi voti, aveva scritto, poco prima dimorire, che la Chiesa non poteva essere la Chie-sa di Cristo se non ai piedi della Croce, senza laqual cosa sarebbe un’illusione mondana. Ci de-vono essere tra noi persone presenti in luoghiemblematici della disperazione umana, per farsentire che una vita è possibile. Si tratta primadi tutto di annunciare alla gente che ha il dirit-to di vivere. Annunciare Cristo è forse prima ditutto annunciare alla gente che ha il diritto div i v e re .

È perché non credono più?

Fra quanti frequento in carcere spesso è così.La condanna più grande è di pensare che non siha diritto di esistere, che si è di troppo in que-sto mondo e che sarebbe stato meglio non es-serci. Ma non accade solo in carcere. Possonoprovarlo anche persone che non hanno necessa-riamente una vita catastrofica, come capita an-che a noi, nella vita religiosa. Come ricordiamoa noi stesse, tra di noi, che la nostra vita non èi m p ro p r i a ?

Ci sono malattie specifiche in carcere?

Direi piuttosto che ci sono motivi di consultiparticolari, legati alla reclusione. Io lavoro es-senzialmente con donne e, per esempio, tantesmettono di avere il ciclo mestruale. Ci sonoinoltre molti problemi di pelle: eritemi, pruriti.La pelle è l’organo più esteso. Una donna cheaveva una forte eruzione cutanea mi ha spiegatoche il suo corpo che trasudava non era altro chela sua anima che piangeva le lacrime che lei nonriusciva a versare. Alcune donne che erano stateridotte allo stato di sacco, a inghiottire dosi dicocaina per contrabbandare la droga, sono in-

grassate tantissimo. Il corpo ha preso la formadi ciò che gli è capitato.

Qual è la cosa peggiore in carcere?

La cosa peggiore è l’essere abbandonati, ilnon aver risposte alle domande che si fanno.Una signora latinoamericana mi ha spiegato cheda due mesi non poteva chiamare la famigliaperché c’era un problema con il modulo dacompilare e che nessuno si preoccupava di chia-mare un traduttore. Non poteva chiamare la suafamiglia per Natale.

Il carcere le ha dato un tono particolare nell’annuncio del

Va n g e l o …

Non saprei, è una cosa che mi hanno riferito.La vita in carcere ti spoglia della langue de bois,del linguaggio ingannevole. A volte posso esserebrutale, nella vita di tutti i giorni, il che non ènecessariamente la cosa migliore da fare, ma va-do dritta al punto. Gli scontri tra ambienti di-versi producono cose interessanti. È per questoche penso che la vita religiosa debba rispettarele differenze: stare con i ricchi e con i poveri,stare con gli innocenti e con i colpevoli. È inquesta tensione che qualcosa può emergere.

Anne Lécu, domenicana e medico nel più grande carcere d’E u ro p a

Suor Anne Lécu (fotogramma da Tout à la foi CFRT/ France Télévisions)

Page 15: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 26 D ONNE CHIESA MOND O27

Il Pil dell’animaIl fatto di essere religiosa ha un impatto sulla sua

missione?

Solo chi è stato carcerato può conoscere lavulnerabilità dei detenuti…. E non è il mio ca-so. Ma conosco la vulnerabilità di vivere in unistituto che invecchia, che non sa cosa l’asp ettatra dieci anni e se la vita in comune sarà ancorapossibile. Questa insicurezza di fondo mi con-sente di comprendere una forma di vulnerabilitàche non è la mia, quella dei detenuti. Mi ponein una posizione in cui non si tratta di fornirerisposte, ma di sapere ascoltare i lamenti. Perso-nalmente trovo molto più difficile sopportare illamento delle mie consorelle di quello dei dete-

Se le forze vive vengono disperse si esauriscono,ma se vengono concentrate il grano stipato mar-cisce. San Domenico fin dall’inizio ha inviato isuoi fratelli due a due ed è stato questo che hapermesso all’Ordine di nascere. Ci si trova sem-pre tra due rischi.

Che insegnamenti possiamo trarre dalla Storia il futuro

della vita consacrata?

La vita religiosa, fin dalle sue origini, è unmettersi da parte. La figura emblematica è perme sant’Antonio che si addentra nel deserto.Stando da parte, è al centro. Come facciamo,con i numeri che abbiamo, a essere presenti nel-le nostre comunità occidentali? Ci sono cose sucui possiamo fare affidamento: una vera compe-tenza sull’invecchiamento e sulla vita comunetra generazioni diverse, di cui la nostra societàha bisogno…. Ma c’è anche questo mettersi daparte che costituisce la vita religiosa, i cui duefondamenti sono la solitudine e la condivisionedei beni.

Che cosa direbbe a una giovane che vuole abbracciare la

vita religiosa?

Vieni e vedi…. Ma conserva il tuo spirito cri-tico. Stai attenta, perché ci sono comunità de-vianti, e non è, ad esempio, per la presenza dimolte giovani che la vita nella Chiesa è vissuta.A volte dietro la facciata sgargiante di certe co-munità si nascondono abusi di potere. Il criteriodecisivo è come gli istituti consentono di svilup-pare la libertà interiore. Dobbiamo controllareaffinché le comunità non pratichino la clonazio-ne, affinché ci siano diversità di opinioni, modidifferenti di comprendere la fede e di votare, econflitti ideologici perché è questo che consentedi sapere se all’interno della comunità c’è libertàdi pensiero. E se ti assillano e ti inviano ognigiorno degli SMS per sapere come stai mentrestai facendo un ritiro, scappa.

di ELISA CALESSI

«Entra nella porticina a de-stra, bussa, ti daranno unachiave. Con questa entranella porta a sinistra delcortile, sali la scala, prose-

gui fino a quando troverai una stanza». Il mioviaggio nel Monastero agostiniano dei SantiQuattro Coronati, un luogo di silenzio e bellez-za, incastrato in uno dei punti più caotici diRoma, tra il Colosseo e piazza Venezia, comin-cia con questa indicazione della madre priora,suor Fulvia Sieni. Seguo con diligenza. Lei di-rebbe “obb edienza”. Quella virtù che, mi dirànel nostro incontro, “rende liberi”. Tutto si svol-ge come previsto. Arrivo nella stanza. Pochi mi-nuti dopo mi raggiungono suor Fulvia e suorIlaria. Chiedo subito perché hanno scelto que-sta vita “re c l u s a ”. «Nessuna di noi — risp ondesuor Fulvia — ha scelto la clausura. Piuttosto, sitratta di aderire a un progetto di vita che sem-bra corrispondere in modo imprevisto a unarealtà che desideri e che, a un tratto, ti apparepossibile. L’attrazione non si sente per la formadi vita in sé. Non esiste la vita monastica in sé.

Esistono uomini e donne che vivono una espe-rienza che ha, tra le sue caratteristiche, un limi-te, la clausura. Un limite che corrisponde a unanelito che tutti noi portiamo nel cuore». Legrate rispondono a un anelito? «Sì, un deside-rio di unità, di contenimento. Tutti noi credia-

VI TA C O N S A C R ATA / LA C L AU S U R A

Fulvia Sieni e Ilaria, agostiniane dei Santi Quattro Coronati di Roma:se “utilità” sono le cose, noi non produciamo, ma l’ascolto è utile

mo che la libertà sia fare quello che ci pare. Maquella vera ha a che fare con la volontà: quandoscegli, qualcosa sta dentro e qualcosa fuori. Ilconfine, in questo senso, aiuta a essere più libe-ri, a direzionare le proprie energie». Fa l’esem-pio di un fiume. «Dove non ci sono argini, leacque esondano e distruggono. Se ci sono gliargini, invece, l’acqua feconda». Come ci si ac-

«Non ho mai pensato di doverrinunciare alla mia femminilità

Sono una donnaE faccio esperienza che è possibile vivere

rapporti con donne e uomini chenon sono sessuali, ma sono sessuati»

«Forse non è indispensabileavere tante congregazioni femminili

legate alle famiglie religiosePer il futuro facciamo affidamento

sulla nostra competenzasull’invecchiamento e la vita in comune»

nuti, perché quel lamento mi è più vicino: è an-che il mio.

Come spiega il calo delle vocazioni religiose femminili?

C’è una dispersione delle forze vive legata al-la molteplicità degli istituti, che non conferiscelo stesso dinamismo né la stessa attrattiva chehanno gli istituti maschili, per esempio. Legrandi famiglie religiose sono indubbiamene de-stinate a durare, ma penso che non sia così indi-spensabile avere una tale molteplicità di congre-gazioni femminili legate a queste grandi fami-glie. Come fare per sostenere la vita consacrata?

Page 16: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 28 D ONNE CHIESA MOND O29

corge di essere chiamati a questa vita? «Dentroun incontro prima di tutto con il Signore e poicon una comunità di persone». E perché si sce-glie proprio un monastero e un ordine? «È lostesso motivo per cui una donna sceglie un uo-mo: lo ha incontrato, se n’è innamorata».

Suor Fulvia è arrivata qui che aveva 27 anni.Anche suor Ilaria è arrivata quasi trentenne. Co-sa vi manca?, chiedo. Suor Ilaria fa una facciastupita. «Non mi manca niente! È chiaro che inogni scelta c’è sempre una rinuncia. Ma sulpiatto della bilancia pesa molto di più quelloche c’è. Certo — aggiunge — ci sono delle rinun-ce. Per esempio quella alla maternità o a vestirsicome vuoi. Le cose piccole all’inizio sono quelleche pesano. Adesso per le giovani pesa lo stac-carsi dal cellulare. Ma ciò che manca, in realtà,è un vuoto da custodire, è quella inquietudineche porta alla ricerca di Dio. Manca sempre unp o’ della pienezza che sarà raggiunta solo incielo. E questa è una sana mancanza». Un para-dosso. Come l’“utilità” di una vita che, agli oc-chi del mondo, non sembra servire. «In terminidi Pil — ammette suor Fulvia — non producia-mo. Se pensiamo che “utilità” siano le cose. Manoi sappiamo che ciò che fa veramente star be-ne l’uomo è un luogo dove l’uomo si sente a ca-sa. Noi vogliamo essere questo: farci casa, grem-bo, per accogliere. E di questo c’è molto biso-gno. Chiunque arriva qua, bussa e trova qualcu-no che gli apre e lo ascolta. Questo è utile».

Al momento sono in quindici, dai 25 agli 82anni. La comunità è l’altro pilastro — il primo èla preghiera — della vita monastica. «La nostravita — spiega suor Fulvia — si gioca dentro que-sta tensione tra vita interiore e comunione. Sa-remmo falsi se dicessimo che amiamo Dio e poinon ci prendessimo cura l’una delle altre». Gliordini religiosi soffrono un calo di vocazioni:quelli dedicati alla vita attiva, più di quelli con-templativi. Le chiediamo perché. La madre

priora corregge questo dato: «Nel lungo perio-do ci sono molte persone che escono dalla vitacontemplativa. Quindi il numero finale si pareg-gia. Il calo, però, c’è e non è di ora. Ci sonomonasteri che oggi chiudono ma non hanno vo-cazioni da 50 anni». Perché? «È un problemadegli adulti. Non abbiamo saputo fare autocriti-ca. O non siamo stati credibili. Vedo con le gio-vani. Se ciò che dici non corrisponde a ciò chefai, ti smascherano». Cosa vuol dire, per chisceglie questa vita, essere donna? «Io — diceSuor Fulvia — non ho mai pensato di dover ri-nunciare alla mia femminilità. Sono una donna.E faccio esperienza che è possibile vivere in mo-do profondissimo rapporti con donne e uominiche non sono sessuali, ma sono sessuati». SuorIlaria: «È come dice il Papa: Gesù tira fuori ilmeglio di te, perché scopri che anche la tua ma-ternità scaturisce in modo molto più originale, ecosì la tua femminilità». L’altro scandalo è ilvoto di obbedienza. Ha senso oggi? Suor Ilaria:

«Ti fa essere libera. Innanzitutto vuol dire ri-spondere, obbedire alla vita, al tuo desiderio divivere in abbondanza». Suor Fulvia: «Obbe-dienza viene da o b - a u d i re , ascoltare. Obbediscesolo chi ascolta un altro. L’Altro è Dio, che par-la nella storia. La prima obbedienza è alla real-tà. Oggi si fa fatica perché non si obbediscenemmeno alla natura». E poi la castità. «Nel

«Recuperare il patto di alleanzauomo-donna. Non si tratta di conquistareposizioni, ma devono esserci voci femminilinei Dicasteri. La pastorale nelle parrocchie

è fatta in maggioranza da donne»

passato l’immagine della monaca come “sp osinadi Cristo” è stata utilizzata in versione romanti-ca e spesso infantile, disincarnata. Noi crediamonell’Incarnazione e viviamo una fede necessaria-mente incarnata, altrimenti fede non è. Per cuinon stiamo tutto il giorno a pensare a Gesù, macerchiamo Dio nelle pieghe della storia, accom-pagniamo i fratelli in questa ricerca. San Paolodice: “La vergine si preoccupa delle cose del Si-gnore, di come possa piacere al Signore”. Lamoglie è colei che si preoccupa delle cose delmarito. Noi ci preoccupiamo delle cose di Cri-sto. Per noi questo è essere Sue spose. Se in co-munità si rompe la lavatrice, non ho un maritoche me l’aggiusta. Ma ci preoccupiamo delle co-se del Signore. Per esempio lui è preoccupatodelle fatiche delle persone. Quello che non ab-biamo, Dio lo colma in altro modo, con relazio-ni affettive libere, bellissime». Le chiedo delruolo che le donne hanno, o non hanno, nellaChiesa. Non si sottrae: «Per molto tempo le

donne nella Chiesa si sono accontentate. Tantisacerdoti sono vissuti in seminario con suore ge-nerosissime che però si occupavano di lavande-ria e cucina. E ora, diventati sacerdoti o vescovi,con affetto ma immaginano il ruolo della consa-crata come colei che fa la cucina o la lavanderia.Però tante sorelle hanno preferito, o preferisco-no, questo ruolo. Bisognerebbe recuperare ilpatto di alleanza tra l’uomo e la donna. Non sitratta di conquistare posizioni, ma di ristabilirequel patto. Le rivendicazioni a volte sono ridi-cole. Ognuno deve avere la sua identità. Peròpoi ci sono alcune cose evidenti. La vita religio-sa è declinata nel mondo in maggioranza alfemminile. Devono esserci voci femminili neiDicasteri. Così come non si può trascurare chechi fa la pastorale nelle parrocchie sono in mag-gioranza donne». Ci salutiamo, rifaccio il per-corso, riconsegno le chiavi. La chiesa è aperta.Il mondo chiuso sembra quello fuori.

Suor Fulvia Sieni (fotogramma dal programma “Sulla Strada”/ Tv 2 0 0 0 )

Page 17: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 30 D ONNE CHIESA MOND O31

Non sono suor Angela...Elena Sofia Ricci, che interpreta la popolare monaca televisiva

racconta il suo ritrovato percorso spirituale

di GLORIA SAT TA

Poteva limitarsi a essere uno dei tantipersonaggi di successo che costella-no la premiatissima carriera di Ele-na Sofia Ricci, attrice italiana sensi-bile e di grande talento, madre di

due figlie: Emma e Maria. Invece suor Angela,l’arguta monaca protagonista della serie Che Dio

ci aiuti, campione di ascolti alla tv italiana, si èrivelata molto più di un’interpretazione riuscita:ha segnato un punto di svolta nella vita dell’at-trice accompagnandola in un percorso spiritualecapace di intrecciare miracolosamente vita e la-

voro e tuttora ricco di scoperte, emozioni, grati-ficazioni. In una parola, le ha indicato la viadella fede. «Ho imparato a conoscere l’esp erien-za dell’amore di Dio e il valore della preghieragrazie a suor Angela che incarna una meravi-gliosa figura di donna consacrata ma ricca dicontraddizioni terrene», rivela Elena Sofia chedal 2011 interpreta la monaca con il “pallino”delle indagini poliziesche, anima di un convittoin cui convergono tante persone con storie per-sonali e problemi di ogni tipo.

«Suor Angela mi ha permesso di confrontar-mi con la mia parte spirituale che da moltotempo andava in cerca di una forma. Io, cre-

sciuta in una famiglia progressista, fui battezza-ta di nascosto da mia madre non credente periniziativa di papà e della religiosissima nonnaClementina», rivela l’attrice. «Da piccola vennipoi folgorata dalla visione di Marcellino Pane e

Vino, il celebre film spagnolo su un trovatellocresciuto in un convento di frati: la luce finalemi diede la voglia di scoprire la fede ma per an-ni non sono riuscita ad aprire quella porta.Quindi sono stata travolta dal Vangelo secondo

Ma t t e o di Pier Paolo Pasolini. Eppure sono ri-masta agnostica, senza tuttavia rinunciare a cer-care delle risposte. Alla fine di un lungo percor-so di analisi, stavo provando a trovarle nel bud-

dismo quando mi sono imbattuta nella monacadella fiction. È stato un autentico impatto fron-tale che mi ha cambiato la vita. Ecco perché —sorride — mentre alla fine di ogni lavoro tendoa dimenticare il mio personaggio, di lei non rie-sco proprio a liberarmi».

Da Sister Act, il film con Whoopi Goldberg,alle infinite versioni della Monaca di Monza, ilmondo dello spettacolo spesso ricorre agli ste-reotipi della santità, della trasgressione o dell’in-trattenimento per descrivere le donne consacra-te. «Suor Angela si distingue invece per le suecaratteristiche più che umane — osserva Elena —è scorretta, machiavellica, pronta a sabotare i

ma quante cose le devoDa piccola battezzata di nascosto dalla madre non credente

ha ricevuto Comunione e Cresima il giorno del suo matrimonio

TRA FICTION E R E A LT À

Foto

graf

ie A

nsa

Page 18: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 32 D ONNE CHIESA MOND O33

progetti altrui per ottenere i suoi scopi. Apparecostantemente divisa tra la sua esperienza terre-na e una spiritualità profonda. Non è nata san-ta, anzi ha alle spalle una vita dura e violenta:ha preso i voti in carcere dov’era finita per rapi-na e concorso in omicidio. E nell’ultima stagio-ne della serie, per renderla ancora più plausibi-le, ho suggerito agli sceneggiatori di inserireuna crisi vocazionale che lei supera non senzatormenti».

Grazie alla fiction, Elena ha avuto la possibi-lità di entrare in contatto con una vera suorache, da consulente, è diventata una delle suemigliori amiche: è proprio lei che ha donatoall’attrice l’anello-rosario che spicca accanto alla

suo matrimonio con il musicista Stefano Mai-netti. «Da piccola, sognavo di avere i sacramen-ti vestita da sposa come le mie compagne discuola, avere una festa e tanti regali. Mia madresi disse pronta a rispettare la mia richiesta ma auna condizione: niente cerimonie, doni e abitobianco. A questo punto l’evento perse ogni at-trattiva e rinunciai. Mai avrei immaginato chemolti anni dopo avrei realizzato il mio sognoproprio in abito da sposa: ho sempre avuto latesta dura», ride. «È quando ho scelto, da adul-ta, di ricevere la Cresima, ho provato un’emo-zione talmente forte che sono scoppiata in unpianto irrefrenabile».

Oggi l’attrice legge regolarmente il Vangelo:«La Parola di Dio mi insegna tante cose e miaiuta a capire più profondamente la mia anima— racconta — A volte non ho pazienza, propriocome suor Angela, ma mi sforzo di trovarla: èun ottimo esercizio di umiltà». E la preghiera èdiventata la compagna inseparabile delle suegiornate. «Ogni volta che mi rivolgo al Signoreottengo delle risposte. Ho imparato a pregareanche per ragioni di cui mi sono vergognata,come trovare un parcheggio… Ma mi hanno in-segnato che anche questo è un atto di fede eDio è così grande da perdonare le nostre fragili-tà». Prima di interpretare la fiction, Elena nonaveva mai incontrato delle religiose. Durante laprima stagione, per saperne di più, ha trascorsoqualche giorno in un convento di clausura. «Laprima notte ho avuto incubi, mi sentivo in pri-gione. Poi sono stata investita da un amore chenon è di questa terra: accanto a quelle donne,ho vissuto un’esperienza indescrivibile, le parolerischierebbero di banalizzarla. Uscendo di lì, hopianto tutte le mie lacrime». Alla luce di questerivelazioni, è azzardato parlare di conversione?«No. Suor Angela mi ha aperto le porte dellafede. La considero il mio supereroe».

fede nuziale e alla vera dell’amatissima mamma,la famosa scenografa italiana Elena “Po ccetto”Ricci scomparsa nel 2018. «Questa religiosa,laureata in Giurisprudenza e consacrata alla vi-gilia del matrimonio dopo aver vissuto una gio-vinezza più che disinvolta, mi ha raccontato ilsuo percorso, i suoi tentativi di resistere alla vo-cazione, le sue litigate furiose con Dio a cuichiedeva ripetutamente: “perché proprio io?”. Emi ha insegnato l’importanza di assistere allaSanta Messa: è un’esigenza di cui non possopiù fare a meno». Elena ha ricevuto la PrimaComunione e la Cresima nel 2003, il giorno del

«Oggi assistere alla Messaè una esigenza. Ho imparato a pregare

anche per trovare parcheggio,e un po’ me ne vergogno. Ma mi hanno

insegnato che Dio è così grandeda perdonare la nostra fragilità»

Nel corso della mia carriera di regista dalla cultura laica, hodedicato tre film a san Francesco d’Assisi (nel 1966, 1989 e2014) perché sono sempre stata affascinata dalla sua figuradi intellettuale gigantesco e imprevedibile, profondamentelibero, simbolo del cambiamento, non a caso collocato in

Paradiso dal Sommo Poeta Dante Alighieri. Nel 2012 ho invece realizzatoil documentario Clarisse e, trovandomi a tu per tu con un gruppo di mo-nache di clausura, mi sono immersa in un mondo che non conoscevo sco-prendolo incentrato sull’importanza della preghiera, sulla consapevolezzadella fede, sul senso profondo di fraternità.

Protagoniste del documentario sono 10 suore e tre novizie del Monaste-ro Santa Chiara di Urbino. Il mio incontro con loro nacque quasi per ca-so. Ogni anno, a Natale e Pasqua, da quel convento mi arrivava un bi-glietto di auguri che diceva: «Preghiamo per lei». Un dono non richiestoma gradito, capace di alimentare la mia curiosità: volevo sapere come vi-vessero ai nostri giorni e cosa pensassero le appartenenti a quella comuni-tà nata con Chiara d’Assisi che nel 1212 lasciò la famiglia per seguire laFraternitas di Francesco. Così nel 2011, invitata a parlare di donne e Chie-sa al convegno della Conferenza episcopale italiana «Cristo nostro con-

temporaneo», decisi di esprimer-mi attraverso il linguaggio chemi è più congeniale, il cinema,portando la cinepresa propriodentro il monastero. Mi presen-tai, venni accolta con molto ca-lore e ricevetti dalla superiora ilpermesso di filmare il mio in-contro con le monache. Era di-cembre e la neve creava una

suggestiva scenografia naturale mentre io interrogavo quelle donne consa-crate, disposte a semicerchio come in un collettivo femminista. A colpirmifu innanzitutto l’intelligenza e la preparazione delle mie interlocutrici, ag-giornate su tutto malgrado l’isolamento. Avevano inoltre la capacità ditradurre in parole semplici le più complesse questioni teologiche ed eranopienamente consapevoli della loro scelta: a motivarle, mi rivelarono, era ildesiderio di pregare per migliorare le condizioni del mondo in nome dellafraternità che dava un senso alla loro vita.

«La preghiera è il nostro lavoro», mi spiegarono con naturalezza. Am-misero poi che le crisi vocazionali non erano infrequenti. E alla mia do-manda se la Chiesa fosse misogina perché governata dagli uomini, rispo-sero che avrebbero voluto contare di più. Chiesi poi: se per un solo gior-no le vostre preghiere mancassero, la “contabilità mistica” degli esseriumani ne risentirebbe? Replicarono convintissime che sarebbe mancata laloro presenza spirituale in tanti avvenimenti del mondo e le cose sarebbe-ro andate peggio. Il documentario, premiato alla Mostra del cinema diVenezia, mi ha lasciato il ricordo di un’esperienza irripetibile e fatto capi-re quanto siano importanti le suore di clausura: la loro “fabbrica dellap re g h i e r a ” serve a tutti noi.

L’INTERVENTO

Perché ho filmatola fabbrica della preghiera

di LILIANA CAVA N I

Page 19: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 34 D ONNE CHIESA MOND O35

Donna e musicatermometro di un popolo

di JU N KA L GU E VA R A LLAGUNO

La musica appare nella Bibbia fin dall’inizio della storia. Dio affidaagli esseri umani la responsabilità di amministrare la creazione, disvilupparne tutte le potenzialità (cfr. Genesi 1, 28). I primi discendentidi Caino si dedicano a governare, dominare e ricreare la terra metten-do a punto una serie di invenzioni, tra cui la musica (cfr. Genesi 4, 17-22). Non solo, ma questi inventori diventano anche fondatori di sa-ghe, maestri capaci di tramettere la conoscenza ad altri: «Il fratello diquesti [Iabal] si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatoridi cetra e di flauto» (Genesi 4, 21). Così Israele, nel fare l’elogio deisuoi antenati illustri, riconosce che fin dall’inizio ci furono «inventoridi melodie musicali e compositori di canti poetici» (S i ra c i d e 44, 5).Gli autori biblici considerano quindi la musica, insieme all’agricoltu-ra o alla metallurgia, come un’espressione della creazione di cultura,intesa quest’ultima come trasformazione del mondo, applicazionedelle abilità umane alla produzione di un mondo migliore, più piace-vole. La musica appare così, fin dalla sua origine, come un modo diesprimersi e di comunicare; un modo per coltivare ciò che è propriodell’essere umano, ossia la sua capacità di modellare e trasformare larealtà, la sua capacità creativa, la capacità di decifrare le possibilitàocculte nel profondo delle cose e trasformarle in datrici di senso.

In tale ottica la musica, che viene descritta come qualcosa d’intrin-secamente umano, risuona nella Bibbia come una melodia di fondo:gli uomini israeliti cantano dopo il passaggio del Mar Rosso (cfr.Esodo 15, 1-18) e le donne fanno risuonare i loro timpani, cantano edanzano condividendo la loro gioia (cfr. 15, 19-21). Si canta nei ban-chetti e nelle feste si ascoltano gli strumenti (cfr. Isaia 5, 12; Salmi 45,

SIMBOLI NELLA BIBBIA

1; S i ra c i d e 32, 6). Ci sono canti propri delle feste liturgiche (cfr. Salmi

121; Ma t t e o 26, 30) e degli offici religiosi (cfr. 1 Cronache 25, 3-7) e sicompongono melodie per pregare comunitariamente (cfr. Salmi 69, 1)o perché sgorghi l’acqua da un pozzo scavato (cfr. Numeri 21, 16-18).Partecipare a cori vuol dire impegnarsi nella comunità e per questonon interrompere un canto è segno di maturità (cfr. S i ra c i d e 32, 3).Anche la natura interpreta la sua melodia (cfr. Giobbe 38, 7; Isaia 55,12) partecipando alla gioia degli esseri umani.

La musica acquista così un certo valore sacramentale, in quantostrumento privilegiato di comunicazione rende possibile il dialogo traDio e gli esseri umani, al punto che il ritmo delle melodie è un per-corso di discernimento (cfr. Esodo 32, 18) e i diversi suoni degli stru-menti di un’orchestra sono una buona metafora dei carismi dellaChiesa (cfr. 1 Corinzi 14, 7). Il profeta Isaia approfitta della musicaper profetizzare su Israele (cfr. 5, 1-7) e di Ezechiele si prendono gio-co i suoi contemporanei chiamandolo “canzone d’a m o re ” (Ezechiele

33, 32), come se la sua parola risuonasse quale melodia per incorag-giare e intrattenere:

«I figli del tuo popolo parlano di te lungo le mura e sulle portedelle case e si dicono l’un l’altro: Andiamo a sentire qual è la parolache viene dal Signore. In folla vengono da te, si mettono a sederedavanti a te e ascoltano le tue parole, ma poi non le mettono inpratica, perché si compiacciono di parole, mentre il loro cuore va die-tro al guadagno. Ecco, tu sei per loro come una canzone d’a m o re :bella è la voce e piacevole l’accompagnamento musicale. Essi ascolta-no le tue parole, ma non le mettono in pratica. Ma quando ciò av-verrà ed ecco avviene, sapranno che c’è un profeta in mezzo a loro»(33, 30-33).

Page 20: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 36 D ONNE CHIESA MOND O37

tempio autorizzato. Questa centralizzazione cultuale, che costituisceun’innovazione enorme della fede israelitica, che disponeva che ilculto a Yahvé si poteva tributare «in ogni luogo dove io vorrò ricor-dare il mio nome» (Esodo 20, 24), è legata al bisogno di purificare ilculto a Yahvé, contaminato nelle sue espressioni popolari da elementipropri delle tradizioni cananee. Così la preoccupazione principaledella riforma sarà d’imporre l’unità e l’esclusivismo della religionejahvista, assicurando l’identità d’Israele di fronte alle influenze ester-ne e consolidando un senso di appartenenza alla nazione al di là del-le vicissitudini storiche.

In tale ottica è perfettamente comprensibile l’interesse dei teologideuteronomici a focalizzare l’attenzione degli israelitici sulla vita deltempio e a concentrare lì ogni celebrazione pubblica della feded’Israele. Di conseguenza, in un certo modo, la musica smetterà difare da fondo al ritmo della vita del popolo, anche se diventeràespressione di memorie e rivendicazioni di gruppi emarginati. Si ri-tualizzerà e si parlerà solo dei canti e degli strumenti collegati al cul-to.

Ma a Babilonia i deportati canteranno accanto ai canali alla cuicostruzione furono probabilmente destinati (cfr. Salmi 137); Paolo eSila canteranno insieme in prigione (cfr. At t i 16, 25) e il canto e lamusica si ascolteranno da ogni lato nella liturgia trionfale dell’Ap o c a -

lisse (cfr. 5, 9; 14, 3; 15, 3).

Le donne, escluse dai gruppi dei musicisti e dei cantori del tem-pio, cominceranno a elaborare liturgie alternative di taglio familiareche si riveleranno eterodosse (cfr. G e re m i a 7, 16-20; 44, 17-19). Nonsolo, ma l’archeologia ci consente anche d’intuire che in quei cultifemminili alternativi la musica aveva un ruolo importante. Conservia-mo così una scultura in avorio dell’età del bronzo rinvenuto a Tel elFarah (sud) con rappresentata una figura femminile che suona unostrumento a fiato. A Kuntillet Ajrud, nel nordest della penisola delSinai, in quello che poteva essere un santuario popolare vicino allavia commerciale della costa, gli archeologi dell’università di Tel Avivhanno scoperto un’anfora dell’VIII secolo a.C. con una raffigurazionedi una divinità femminile seduta su una specie di trono mentre suonala lira. L’iscrizione che contiene ha dato adito a ogni sorta di specu-lazione: «Ti benedico per Yahvé di Teman e per la sua Asherah. Pos-sa lui benedirti, custodirti e stare [con te], mio Signore». Inoltre, inmoltissimi scavi nel territorio della Palestina sono state rinvenute sta-tuette femminili in terracotta legate ai culti della fertilità, che hannosempre un tamburello in mano.

La forza della musica nel potenziare il messaggio è tale che alcunitesti fanno pensare che lo stesso Dio componga musica (cfr. D e u t e ro -

nomio 31, 19). Questo valore sacramentale emerge anche quando si at-tribuisce alla musica un potere curativo (cfr. 1 Samuele 16, 14-23) equando il canto aiuta a esteriorizzare il lamento e il dolore (cfr. Sal-

mo 137), al punto che il silenzio può avere un valore pedagogico perdenunciare il peccato e l’ingiustizia:

«Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riu-nioni; anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco i vostri donie le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. Lontano da

me il frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non possosentirlo! Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia

come un torrente perenne» (Am o s 5, 21-24).

Tenendo conto di tutto ciò, non meraviglia vedere ledonne far parte di cori e di gruppi musicali per cele-brare i diversi momenti della vita con melodie e stru-menti musicali. Con la musica celebrarono le donne ilpassaggio del Mar Rosso (cfr. Esodo 15, 20-21) e con lamusica fu accolto Jefte quando tornò a casa a Mizpa,«ed ecco uscirgli incontro la figlia, con timpani e dan-ze» (Giudici 11, 34), in un importante gesto di ospitali-tà e di gioia. Con musica e melodie da cantare per le

strade (cfr. 1 Samuele 18, 6) celebravano la vittoria di Da-vide e si univano ai pellegrinaggi festivi con canti e stru-

menti (cfr. 2 Samuele 1, 6, 5.14-15), E con un canto di lode, ilMa g n i f i c a t (cfr. Luca 1, 46-56) Maria, la madre di Gesù, celebrò il

suo ruolo nella storia della salvezza e la Chiesa ha continuato la lodeinserendolo nella liturgia cristiana.

Una lettura più attenta della Bibbia tuttavia ci permette anche dipercepire che, in alcuni momenti della storia d’Israele, la partecipa-zione delle donne ai cori che celebravano le vittorie, l’e s p re s s i o n edella loro ospitalità con canti e strumenti, la loro partecipazione allefeste di pellegrinaggio… andarono scemando. Non solo, ma arriveràun momento in cui il binomio donna-musica si trasformerà in un’im-magine polemica, legata soprattutto all’idolatria e al culto alternativo,giungendo ad associare donna, musica e prostituzione.

Di fatto, la riforma religiosa deuteronomica, che inizia nell’VIII se-colo dal confronto con il mondo culturale assiro, e che si consumeràal ritorno dall’esilio, limiterà la presenza delle donne all’ambito pri-vato e concentrerà ogni celebrazione religiosa d’Israele nell’unico

L’autriceMiren Junkal Guevara(Bilbao, Spagna, 1966)ha conseguito una laureain Diritto (Cade,Universidad PontificiaComillas, Madrid, 1989)e un dottorato inTeologia (Facoltà diTeologia di Granada,2005).È cattedratica delDipartimento di SacraScrittura della Facoltà diTeologia di Granada,oltre che docente diPentateuco, Libri Storici,Storia e Archeologia diIsraele. Tra le suepubblicazioni: Esplendor

de la diáspora. La

tradición de José (Gn 37-

50) y sus relecturas en la

literatura bíblica y

p a ra b í b l i c a (Estella: VerboDivino, 2006); «Rut yNoemi reclaman su vitay su memoria» in C. M.Maier – N. Calduch-Benages (eds), Los escritos

y otros libros sapienciales

(Estella: Verbo Divino,2013) 247-264; «Rut», inS. García-Jalón de laLama – J. GuevaraLlaguno, Josué-Jueces-Rut

(Madrid: Biblioteca deAutores Cristianos,2016).

Re David suona la lira(miniatura medievale)

Page 21: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 38 D ONNE CHIESA MOND O39

Ma tutta questa impronta alternativa e rivendicatrice sarà contesta-ta a partire dalla parola degli autori biblici, trasformando la musicain uno dei segni distintivi delle prostitute, le donne che, per defini-zione, sfidavano la reclusione femminile all’ambito del privato: «Inquel giorno Tiro sarà dimenticata per settant’anni, quanti sono glianni di un re. Alla fine dei settanta anni a Tiro si applicherà la can-zone della prostituta: “Prendi la cetra, gira per la città, prostituta di-menticata; suona con abilità, moltiplica i canti, perché qualcuno si ri-cordi di te”» (Isaia 23, 15-16). Non solo, ma le parole melodiose delledonne saranno viste come una seria minaccia contro l’adempimento

della legge da parte degli uomini israeliti: “Figlio mio […] ilcomando è una lampada e l’insegnamento una luce e un

sentiero di vita le correzioni della disciplina, per preservar-ti dalla donna altrui, dalle lusinghe di una straniera»(P ro v e r b i 6, 23-24).

Per tutto ciò la donna e la musica costituiscono perl’intera storia della salvezza un buon termometro dellavita del popolo. La donna e la musica parlano dell’al-leanza di Dio con l’umanità che la rende capace, attra-verso la cultura, di costruire la casa comune (cfr. Lau-

dato si’, n. 13); come sottofondo e pentagramma dei mo-menti cruciali della storia; come rivendicazione dei grup-

pi ridotti al silenzio e come parola di lode e di supplica alSignore della creazione e della storia. La donna e la musica

visualizzano la condizione comunitaria dell’essere umano, il suovincolo con la creazione e la storia e la sua capacità d’incontrare Dioe di celebrarlo al di fuori dei luoghi prevedibili e consueti.

Non meraviglia quindi che la Bibbia si chiuda con l’immagine diuna donna che suona durante una festa: la Gerusalemme celeste (cfr.Ap o c a l i s s e 21), vestita come una sposa per le nozze dell’Agnello chegiunge accompagnato dal suo corteo, «centoquarantaquattro milapersone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome delPadre suo» (14, 1), in una festa la cui “colonna sonora” è:

«una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque ecome un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quelladi suonatori di arpa che si accompagnano nel canto con le loro arpe.Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quat-tro esseri viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quelcantico se non i centoquarantaquattro mila, i redenti della terra» (14,2-3).

L’A LT R A METÀ

di GIANRICO RUZZA*

La questione della donna pone unadomanda alla Chiesa, la cui rispo-sta può portare a un rinnovamentoe a una conversione che ci conduceoltre le frontiere sin qui esplorate.

A mio avviso, tre sono i tipi di rinnovamentoconnessi.

1. ECCLESIALE. Come ha detto anche il Papa,il concilio Vaticano II racchiude dei tesori chesono ancora da scoprire e far fruttare in pienez-za. L’ecclesiologia che vi soggiace riconosce chenon ci sono cristiani di prima o seconda catego-ria, ma un unico battesimo che ci incorpora aCristo e alla missione ecclesiale di evangelizza-re. I ministeri sono tutti al servizio del Popolodi Dio. La questione della donna esige una ri-flessione sulla missione dei laici nella Chiesa, unapprofondimento circa la teologia del battesimoe un’applicazione coraggiosa delle prospettivegià aperte e contenute nella teologia conciliare.All’ecclesiologia seguono gli aspetti canonici,che sono anch’essi, in qualche punto, da ricon-siderare. In una Chiesa dove ancora è presentetanto clericalismo — come spesso sottolinea Pa-pa Francesco —, la questione della donna si pre-senta come un’opportunità per rinnovare la no-stra comprensione e il nostro modo di vivere co-

me Mistero di comunione, Corpo di Cristo incui ogni membro è necessario e diverso, unico einsostituibile, al servizio di tutti. […]

2. ANTROPOLO GICO. Anche qui appare che ilsoffio dello Spirito durante il concilio attendadi essere ulteriormente assimilato, incarnato inmodo più reale, in modo che la Sua azione vivi-ficante sia sempre più efficace. La Gaudium et

spes ci ricorda che solo alla luce del Mistero diCristo si può capire l’essere umano. Il camminocompiuto dalla riflessione antropologica è statolungo. Ricordiamo che per alcuni pensatori cri-stiani, la donna era immagine di Dio solo seunita all’uomo, e quindi non da sola. Invece sanGiovanni Paolo II approfondisce la prospettiva:è l’uomo stesso, femmina e anche maschio inpari grado, a essere «immagine di Dio non tan-to nel momento della solitudine ma soprattuttonel momento della comunione». Certamente,ogni essere umano è immagine di Dio in quantoessere razionale e libero. Ma la persona da solanon completa la pienezza dell’immagine trinita-ria. Lo è quando diviene comunione interperso-nale, come è comunione l’Unione Trinitaria.Quali conseguenze derivano da questa antropo-logia di comunione? Se cogliamo che l’uomo habisogno della donna per essere veramente uo-mo, e la donna ha altrettanto bisogno dell’uo-mo (più volte Papa Francesco è tornato su que-sto tema), come ciò si trasformerà e concretizze-

La questione femminileopportunità per la Chiesa

Sandro Botticelli«Madonna del Magnificat»

(1481)

Page 22: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa

D ONNE CHIESA MOND O 40

rà nella nostra quotidianità, nella pedagogia,nell’azione pastorale e — perché no? — nel go-verno delle nostre Comunità Non posso nonpensare a una celebre espressione che destò tan-to scalpore:

«Anche noi che siamo qui, abbiamo gli stessisentimenti; noi siamo oggetto da parte di Diodi un amore intramontabile. Sappiamo: ha sem-pre gli occhi aperti su di noi, anche quandosembra ci sia notte. È papà; più ancora è ma-dre». Parole, quelle di Giovanni Paolo I

nell’Angelus del 10 settembre 1978, piene di te-nerezza per il mondo, straziato dalle “inutilistragi”. Eppure furono parole tali da risvegliareil sospetto in qualche benpensante edotto diteologia, fino al punto di gridare all’eresia, oall’originalità… e anche in qualche porzione delpopolo di Dio, così abituato a riconoscerLoesclusivamente in un Padre, in un uomo, in unsacerdote ma niente affatto in una donna, o inuna madre. […]

3. SP I R I T UA L E . Camminare in direzione diuna valorizzazione della figura femminile richie-de anche un rinnovamento spirituale e una veraconversione. Siamo chiamati a essere evangeliz-zatori che si aprono senza paura all’azione delloSpirito. […] Abbiamo bisogno di coraggio eumiltà per riconoscere le nostre mancanze e i

nostri errori, e mettere in discussione schemi eabitudini, uscendo dalla nostra zona confortevo-le e comoda. Abbiamo bisogno di umiltà e fedeper riconoscere e rispettare il Deposito della Fe-de, che non ci appartiene e che dobbiamo cu-stodire. Abbiamo bisogno di carità per accoglie-re, perdonare, chiedere perdono, per metterci inmovimento. Abbiamo bisogno di fortezza e fe-deltà creativa al Vangelo. Abbiamo bisogno disperanza, per ricordare che «la sua risurrezionenon è una cosa del passato; contiene una forzadi vita che ha penetrato il mondo. Dove sembrache tutto sia morto, da ogni parte tornano adapparire i germogli della risurrezione. È unaforza senza eguali. È vero che molte volte sem-bra che Dio non esista: vediamo ingiustizie, cat-tiverie, indifferenze e crudeltà che non diminui-scono. Però è altrettanto certo che nel mezzodell’oscurità comincia sempre a sbocciare qual-cosa di nuovo, che presto o tardi produce unfrutto» (EG 276).

*Vescovo ausiliare di Roma per il Settore Sud

[Sintesi della Lectio inauguralis dei corsi per ilDiploma «Donne e Chiesa», promosso dall’Isti-tuto di Studi superiori sulla Donna dell’AteneoPontificio Regina Apostolorum]

Page 23: D ONNE CHIESA MOND O - Vatican News...D ONNE CHIESA MOND O 2 3 D ONNE CHIESA MOND O EDITORIALE P arliamo di burnout in questo numero sulla Vita consacra- ta. Letteralmente significa