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D.LGS 231/2001: MODELLI ORGANIZZATIVI PER LA SICUREZZA E I REATI AMBIENTALI - Workshop eAmbiente

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WORKSHOPeA

04 novembre 2011D. Lgs 231/2001: Modelli organizzativi per la sicurezza e i

reati ambientali

D. D. LgsLgs. 231/01: PRINCIPI GENERALI, . 231/01: PRINCIPI GENERALI, D. D. LgsLgs. 231/01: PRINCIPI GENERALI, . 231/01: PRINCIPI GENERALI, SOGGETTI COINVOLTI E CRITERI SOGGETTI COINVOLTI E CRITERI DIDI

ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITA’ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITA’

Avv. Matteo Garbisi

Studio Legale Associato Avv. Garbisi e Rampinelli

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II decreto legislativo n. 231/2001

Il Decreto introduce e disciplina la responsabilità degli “enti” per gli illecitiamministrativi dipendenti da reato.

Enti devono intendersi - secondo la previsione dell'art 1 del decreto - gli “enti forniti dipersonalità giuridica” e le “società e associazioni anche prive di personalità giuridica”. Lanormativa non si applica, viceversa, allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri entipubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.normativa non si applica, viceversa, allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri entipubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Secondo un recentissimo orientamento della Corte di Cassazione (sentenza 20/4/2011n.15657) la disciplina dettata dal D.L.gs. 231/2001 sarebbe applicabile anche all'impresaindividuale se fornita di personalità giuridica.

Il decreto prevede una responsabilità diretta dell'ente per la commissione di talunireati da parte di soggetti funzionalmente allo stesso legati e statuisce l'applicabilità neiconfronti di quest'ultimo di sanzioni che possono avere serie ripercussioni sullosvolgimento dell'attività imprenditoriale.

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I reati presupposto della responsabilità degli enti

Il Decreto Legislativo n. 231/2001 prevede alcuni gruppi di reati i quali possono farsorgere la responsabilità degli enti; l'elencazione è contenuta agli artt. da 24 a 25undecies.

Tra i reati che maggiormente rilevano in relazione all'esercizio delle attività di impresa,meritano essere menzionati i reati di corruzione di pubblici funzionari, i c.d. reatisocietari, la truffa ai danni dello Stato o di altro ente pubblico (anche comunitario),meritano essere menzionati i reati di corruzione di pubblici funzionari, i c.d. reatisocietari, la truffa ai danni dello Stato o di altro ente pubblico (anche comunitario),l'omicidio colposo e le lesioni personali colpose gravi o gravissime con violazione dellanormativa dettata per la prevenzione sui luoghi di lavoro.

Dall'agosto di quest'anno tra i reati presupposto della responsabilità dell'ente sonostati inseriti anche alcuni tra i cosiddetti “reati ambientali”.

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I cosiddetti “reati ambientali”

Secondo la previsione dell'art. 25 undecies, di recente introdotto, sono presupposto dellaresponsabilità degli enti i seguenti “reati ambientali”:

- Scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione (art. 137, commi 3, 5,primo esecondo periodo, 11 e 13T.U.A.);

- Attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256, comma 1 lett. a) e b), 3 primo esecondo periodo, 5 e 6 primo periodoT.U.A.);secondo periodo, 5 e 6 primo periodoT.U.A.);

- Omessa bonifica (art. 257T.U.A.);

- Falsità ideologica in certificati di analisi e uso di certificato falso durante il trasporto (art.258T.U.A.);

- Spedizione di rifiuti illegale ai sensi del Reg.CE n. 1013/2006 (art 259T.U.A.);

- Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260T.U.A.);

- Violazione della disciplina prevista dal SISTRI (art. 260-bis, commi 6, 7 secondo e terzoperiodo, 8 primo e secondo periodoT.U.A.);

- Violazione dei limiti di emissione o delle prescrizioni dettate dall'autorizzazioneall'emissione in atmosfera se si verifichi anche il superamento dei valori limite di qualitàdell'aria (art. 279V° commaT.U.A.).

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I presupposti della responsabilità dell'Ente

La realizzazione di uno di questi reati costituisce il presupposto principale per laresponsabilità amministrativa dell'Ente derivante da reato.

Sussistono, tuttavia, ulteriori presupposti di natura oggettiva e di natura soggettiva.

L'art. 5 del D. Lgs. 231/2001 prevede, infatti, che l'Ente sia responsabile per i reaticommessi nel suo interesse o a suo vantaggio, da persone che rivestanocommessi nel suo interesse o a suo vantaggio, da persone che rivestanodeterminati ruoli di rappresentanza amministrazione o direzione, ovvero dapersone sottoposte alla direzione e alla vigilanza dei primi.

La norma precisa che l'Ente non risponde del reato commesso da chi abbia agitonell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

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I° requisito (oggettivo) della responsabilità dell'enteLa formula dell'interesse o vantaggio dell'ente

Si tratta di un'endiadi che fa riferimento ad un criterio unitario incentrato sull'interessedell'ente in senso oggettivo o bisogna distinguere il concetto di interesse da quello divantaggio? La relazione accompagnatoria al D.Lgs. 231/01 sottolinea che si tratta di dueconcetti da tenere distinti.

Si considera commesso nell'interesse dell'ente il fatto di reato in cui la condotta (daSi considera commesso nell'interesse dell'ente il fatto di reato in cui la condotta (davalutare ex ente) sia finalizzata a favorire l'ente, indipendentemente dallacircostanza che tale obiettivo sia stato conseguito.

Il criterio del vantaggio attiene, invece, al risultato l'ente ha obiettivamentetratto dalla commissione dell'illecito, a prescindere dall'intenzione di chi l'hacommesso. Si tratta di un dato oggettivo da valutare ex post.

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II° requisito (soggettivo) della responsabilità dell'ente

Occorre inoltre che l'illecito penale sia stato realizzato da uno o più soggetti qualificati:

- I cosiddetti soggetti in “posizione apicale”, vale a dire amministratori anche difatto, loro rappresentanti, direttori generali, preposti di sedi secondarie e in caso diorganizzazione divisionale, direttori di divisione e coloro che “esercitano, anche di fatto,la gestione e il controllo” dell'ente [art. 5 lett a) D. Lgs. 231/01];la gestione e il controllo” dell'ente [art. 5 lett a) D. Lgs. 231/01];

- dai cosiddetti “subalterni”, vale a dire quelle persone che agiscono sotto ladirezione o la vigilanza dei soggetti a posizione apicale tra le quali, secondol'orientamento prevalente della dottrina, dovrebbero ricomprendersi anche soggettinon dipendenti dell'ente quali agenti, collaboratori, consulenti [art. 5 lett. b) D. Lgs.231/2001].

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L'efficacia esimente del Modello per i reati commessi dagli “apicali”

L'ente non risponde del reato commesso dai soggetti in posizione apicale se prova:

- di aver costituito un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e dicontrollo con il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza del modello e dicurare il suo aggiornamento;

- che non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di- che non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo dicontrollo;

- di aver adottato ed attuato, prima della commissione dei fatti, un modello diorganizzazione e di gestione idoneo a prevenire reati della specie di quelloverificatosi;

- che le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modellidi organizzazione e di gestione.

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L'efficacia esimente del Modelloper i reati commessi dai “sottoposti”

Nel caso di reati commessi da soggetti sottoposti, viceversa, la responsabilità dell'entescatta se vi è stata inosservanza da parte dell'azienda degli obblighi di direzione evigilanza; tale inosservanza è esclusa (con presunzione de iure) se l'ente haadottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione econtrollo idoneo a prevenire i reati ai quali il decreto legislativo si riferisce.controllo idoneo a prevenire i reati ai quali il decreto legislativo si riferisce.

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L'autonomia della responsabilità dell'ente

Secondo la previsione dell'art. 8 la responsabilità dell'ente sussiste anche quandol'autore del reato presupposto non è stato individuato o non è imputabile e quando ilreato si estingue per una causa diversa dall'amnistia.

Dunque la responsabilità dell'ente può essere riconosciuta anche nel caso in cui ilprocedimento penale cui è sottoposto l'autore del reato presupposto si concluda conuna declaratoria di estinzione per morte del reo o per prescrizione o per oblazione (ouna declaratoria di estinzione per morte del reo o per prescrizione o per oblazione (onel caso, per il vero di difficile configurabilità in concreto, di estinzione del reatopresupposto per remissione di querela).

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Cos'è un Modello di Organizzazione

Un modello organizzativo è un sistema di gestione dell'attività dell'impresa volto adisciplinare le modalità attraverso cui l'attività stessa si deve sviluppare nel rispettodelle norme e dei principi etici.

Ad esempio l'impresa che è dotata di un sistema di gestione della salute e sicurezza neiluoghi di lavoro in conformità ai requisiti previsti dagli standards BS OHSAS 18001, haun modello di organizzazione.un modello di organizzazione.

Analogamente un'azienda che è dotata di un sistema di gestione ambientale cherisponde ai requisiti degli standard ISO 14001, ha un modello di organizzazione.

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Cos'è un Modello di Organizzazione – SEGUE

Negli esempi fatti si tratta di modelli di organizzazione che disciplinano, a specifici fini,alcuni settori dell'attività dell'impresa (la sicurezza e l'ambiente appunto).

Il Modello di Organizzazione previsto dal D. Lgs 231/2001 deve contenere l'indicazionedi modelli comportamentali specificamente calibrati sul rischio di tutti i reati che, inrelazione alla tipologia di attività dell'impresa, è possibile vengano commessi dai soggettiche operano nell'interesse dell'impresa stessa.che operano nell'interesse dell'impresa stessa.

Così inteso il Modello può definirsi l'insieme degli standard e delle procedure chedevono essere rispettati dal personale o dalle altre persone che agiscono nell'interessedell'impresa e che devono essere ragionevolmente idonei ad escludere o ridurre lapossibilità di condotte illegali.

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Il contenuto del Modello

Per la prevenzione dei reati dei “soggetti apicali”, il modello deve:

- individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;

- prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione el'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;

- individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire lacommissione dei reati;

- prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a- prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato avigilare sul funzionamento e l'osservanza del modello;

-introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto dellemisure indicate nel modello.

Per i reati dei “subalterni” il modello dovrà prevedere, in relazione alla natura e alladimensione dell'organizzazione, nonché al tipo di attività svolta, misure idonee agarantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e adeguate all'esigenza discoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

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L'attuazione efficace del Modello

Requisito indispensabile perchè dall'adozione del Modello derivi l'esenzione diresponsablità dell'impresa, è che esso venga efficacemente attuato: l'effettivitàrappresenta un punto qualificante e irrinunciabile del sistema di responsabilitàdell'azienda.

Per questa ragione è necessario procedere:

- a una verifica periodica dell'efficacia del Modello;

- all'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delleprescrizioni, o quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività,ovvero ancora quando viene novellata la normativa;

- all'introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispettodelle misure indicate nel modello.

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L'art. 30 del Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro

Nel D.Lgs. 81/2008 vi è una specifica disposizione, l'art. 30, che precisa i requisiti dimassima del modello di organizzazione e gestione nel settore del lavoro.

Il modello, per avere efficacia esimente della responsabilità dell'ente, deve avereconformazione tale da prevedere l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi allagestione della prevenzione e della sicurezza nei luoghi di lavoro, secondo l'elencazionecontenuta dalle lettere da a) a h) del citato art. 30.contenuta dalle lettere da a) a h) del citato art. 30.

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L'art. 30 del Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro – SEGUE

Secondo la previsione del comma 5 del citato art. 30, in sede di prima applicazione –anche se non si precisa il limite temporale relativo – i modelli conformi a linee guidaemanate da determinati organismi (UNI–INAIL del 28/9/2001, British Standard OHSAS18001:2007) si presumono conformi ai requisiti standard indicati nell'art. 30 per imodelli di organizzazione e gestione nel settore del lavoro.

La norma precisa che la presunzione di conformità opera “per le parti corrispondenti”.

Di recente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato una circolareesplicativa (n. 15816 del 11/7/20011) contenente chiarimenti su questa specificadisposizione normativa corredata di una “Tabella di correlazione art. 30 D.Lgs. 81/2008– Linee Guida UNI–INAIL – BS OHSAS 18001:2007”.

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L'organismo di vigilanza e controllo

L'organismo di vigilanza e controllo ha il compito di vigilare sul funzionamento esull'osservanza del modello e di curarne l'aggiornamento.

Può essere sia a composizione monosoggettiva, sia a composizione plurisoggettiva.

L'articolazione e la composizione dell'organismo di vigilanza devono essere correlatealla complessità strutturale dell'impresa (numero di dipendenti, articolazioni interne,alla complessità strutturale dell'impresa (numero di dipendenti, articolazioni interne,dislocazione sul territorio, operatività connessa a mercati particolarmente a rischio).

Secondo la previsione del comma IV° dell'art. 6 del decreto negli enti di piccoledimensioni può operare come organo di vigilanza direttamente l'organo dirigente.

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L'organismo di vigilanza e controllo – SEGUE

In linea generale può dirsi che le imprese di medio-grandi dimensioni si orientanoverso la costituzione di un organismo di vigilanza plurisoggettivo; realtà di più piccoledimensioni optano per organismi monosoggettivi.

E' preferibile che l'organismo di controllo sia una funzione interna all'ente.

Conseguentemente appare consigliabile istituire una funzione interna all'ente cui siaconsentito di avvalersi di esperti esterni, laddove si rendano necessari particolariconsentito di avvalersi di esperti esterni, laddove si rendano necessari particolariapprofondimenti tecnici.

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Indipendenza, professionalità e continuità dell'ODV

L'Organismo diVigilanza deve essere dotato di:

- indipendenza ed autonomia dal vertice dell'ente, al fine di garantirnel'imparzialità e la possibilità di operare anche quando è chiamato a vigilare sullaapplicazione delle prescrizioni del modello da parte dei vertici della organizzazioneaziendale;

- professionalità, al fine di garantirne le capacità di azione. Il requisito dellaprofessionalità comporta l'esigenza che i soggetti responsabili dei controlli siano dotatidelle competenze e delle tecniche professionali necessarie per l'efficace svolgimentodelle attività richieste;

- continuità di azione, al fine di garantire la costante attività di monitoraggio e diaggiornamento del modello e la sua variazione al mutare delle condizioni aziendali diriferimento: l'organismo di controllo deve, cioè, dedicarsi a tempo pieno allosvolgimento della vigilanza per evitare che si verifichino falle nel sistema di gestioneaziendale determinate da controlli carenti.

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Ancora sull'ODV

Nella esperienze applicative conosciute si è osservato che le società che siano dotatedel Comitato per il controllo interno (la cui istituzione è raccomandata dal codice diautodisciplina per le società quotate) hanno conferito a tale organo il ruolo diorganismo di vigilanza.

In altre realtà, sempre piuttosto complesse dal punto di vista dell'organizzazioneaziendale, il ruolo di organismo di vigilanza è attribuito alla funzione di InternalAuditing.Auditing.

Per gli enti di piccole dimensioni è possibile attribuire il ruolo di organismo di vigilanzaall'organo dirigente.

La disciplina normativa non stabilisce in quali casi si possa considerare di piccoledimensioni l'azienda ma, nelle prime interpretazioni, si è individuato come uno deicriteri principali cui far riferimento quello del numero dei dipendenti e si è ritenutoche al di sopra delle 50 unità lavorative si debba escludere che l'azienda possa essereconsiderata di piccole dimensioni.

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Le sanzioni comminabili agli enti

Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti dal reato sono, secondo laprevisione dell'art. 9:

- la sanzione pecuniaria;

- le sanzioni interdittive;

- la confisca;

- la pubblicazione della sentenza.- la pubblicazione della sentenza.

Sono sanzioni interdittive:

a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

b) la sospensione o la revoca di autorizzazioni, licenze, concessioni funzionali allacommissione dell'illecito;

c) il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione;

d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca diquelli già concessi;

e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

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La sanzione amministrativa pecuniaria

Quando l'ente viene ritenuto responsabile è sempre applicata una sanzione pecuniaria.

La sanzione pecuniaria è determinata dal giudice attraverso un sistema basato suquote; l'importo di una quota va da un minimo di 258 € ad un massimo di 1.549 €.

La sanzione pecuniaria viene applicata in un numero non inferiore a 100 quote nésuperiore a 1000 quote.

Per ciascuno dei reati presupposti il decreto stabilisce i minimi ed i massimi edittali diquote applicabili all'ente.Per ciascuno dei reati presupposti il decreto stabilisce i minimi ed i massimi edittali diquote applicabili all'ente.

Ad esempio l'art. 25 septies prevede, per i reati commessi con violazione delle norme perla prevenzione degli infortunii sul lavoro, che all'ente responsabile possa esserecomminata una sanzione pari a 1000 quote (oltre alle sanzioni interdittive) per le ipotesidi omicidio colposo commesso con violazione dell'art. 55 comma II D.Lgs 81/2008; conuna sanzione pecuniaria tra 250 e 500 quote negli altri casi di omicidio colposocommessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro; conuna sanzione pecuniaria non superiore a 250 quote nell'ipotesi di lesioni personalicolpose gravi o gravissime sempre commesse con violazione delle norme sulla tutela dellasalute e sicurezza sul lavoro.

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Criteri per la determinazione della sanzione pecuniaria

In pratica il giudice penale deve prima determinare il numero delle quote in un rangegenerale da un minimo di 100 ad un massimo di 1000 entro il quale, per ciascun reatopresupposto, è specificato dalla legge il limite minimo/massimo edittale; poi devedeterminare il valore di una singola quota tra un minimo di euro 258 e un massimo dieuro 1549. In sostanza la sanzione irrogabile dal giudice a carico della società puòandare da un minimo di 25.800 euro ad un massimo di 1.549.000 euro.andare da un minimo di 25.800 euro ad un massimo di 1.549.000 euro.

Quanto ai criteri di commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina ilnumero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado dellaresponsabilità dell'ente nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare leconseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.

E' tenuto, inoltre, a considerare le condizioni economiche e patrimoniali dell'ente inmodo da assicurare l'efficacia della sanzione.

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Le circostanze attenuanti

E' prevista la possibilità di una riduzione della sanzione pecuniaria, per i casi nei quali -alternativamente - l'autore del reato abbia commesso il fatto nel prevalente interesseproprio o di terzi e l'ente non ne abbia ricavato un vantaggio ovvero ne abbia ricavatoun vantaggio minimo, oppure ancora quando il danno cagionato è di particolare tenuità.La sanzione pecuniaria, inoltre, è ridotta da un terzo alla metà se, prima delladichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, l'ente ha risarcitointegralmente il danno oppure ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose delintegralmente il danno oppure ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose delreato, ovvero si è adoperato in tal senso, ovvero ancora è stato adottato un modelloidoneo a prevenire la commissione di ulteriori reati.Se ricorrono entrambe le due ultime circostanze la sanzione ridotta dalla metà a dueterzi, ma non può essere mai inferiore ad € 10.329.

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Le sanzioni interdittive

Le sanzioni interdittive si applicano in aggiunta alle sanzioni pecuniarie e costituisconole conseguenze afflittive di maggior rilievo per l'ente sotto il profilo sanzionatorio.

Ribadiamo che le sanzioni interdittive previste dalla disciplina normativa sono:

- l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

- la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla- la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali allacommissione dell'illecito;

- il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione;

- l'esclusione da agevolazioni finanziamenti, contributi o sussidi e la revoca di quelli giàconcessi;

- il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

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Le sanzioni interdittive – SEGUE

Le sanzioni interdittive si applicano solo nei casi espressamente previsti e purchéricorra almeno una delle seguenti condizioni:

1) l'ente ha tratto dal reato un profitto rilevante e il reato è stato commesso:

a) da un soggetto apicale;

b) da un soggetto subordinato, qualora la commissione del reato sia stata agevolatada gravi carenze organizzative;da gravi carenze organizzative;

2) in caso di reiterazione degli illeciti.

Le sanzioni interdittive sono di norma temporanee ed hanno una durata non inferiore a3 mesi e non superiore a 2 anni.

Le sanzioni interdittive non si applicano nell'ipotesi in cui l'autore del reato abbiacommesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne abbiaricavato un vantaggio ovvero ne abbia ricavato un vantaggio minimo, oppure ancoraquando il danno cagionato è di particolare tenuità.

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Criteri di scelta delle sanzioni interdittive

Nella scelta della sanzione interdittiva da irrogare il Giudice deve informare la suadecisione a 3 criteri fondamentali:

a) l'idoneità della sanzione interdittiva a conseguire lo scopo della prevenzione diilleciti del tipo di quello commesso;

b) la necessità della sanzione intesa come non sostituibilità con altra sanzioneinterdittiva meno gravosa;

c) la proporzione della sanzione interdittiva rispetto alla gravità, oggettiva esoggettiva, del reato e alle eventuali condotte “virtuose” poste in essere dall'ente dopola commissione del reato e prima della decisione del Giudice.

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Criteri di scelta delle sanzioni interdittive – SEGUE

Al fine di ulteriormente dettagliare i criteri cui deve informarsi la scelta del Giudice,l'art. 14 prevede:

- che la sanzione interdittiva del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazionepossa essere limitata a determinati tipi di contratto o a determinate Amministrazioni;

- che le sanzioni interdittive possano essere applicate, se necessario, anche- che le sanzioni interdittive possano essere applicate, se necessario, anchecongiuntamente;

- che l'interdizione dall'esercizio dell'attività si applichi solo come aestrema ratio,quando ogni altra sanzione risulti inadeguata.

Secondo la citata previsione normativa, l'interdizione dall'esercizio di una attivitàcomporta di diritto la sospensione ovvero la revoca delle autorizzazioni, licenze oconcessioni funzionali allo svolgimento dell'attività.

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Il Commissario Giudiziale

Nell'ipotesi in cui sussistano i presupposti per l'applicazione di una sanzioneinterdittiva che determini l'interruzione dell'attività dell'ente il Giudice può nonapplicare la sanzione e nominare un Commissario che prosegua l'attività per unperiodo pari a quello per il quale sarebbe stata comminata la sanzione interdittiva.

Debbono ricorrere alternativamente le seguenti condizioni:

a) l'ente svolga un servizio pubblico o un servizio di pubblica necessità la cuiinterruzione possa recare un grave pregiudizio alla collettività;

b) l'interruzione dell'attività dell'ente possa provocare rilevanti ripercussionisull'occupazione dell'area in cui è situato.

In questi casi il profitto derivante dalla prosecuzione dell'attività viene confiscato.

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Le sanzioni interdittive definitive

Anche se di norma le sanzioni interdittive sono temporanee, possono essere applicatein via definitiva nei seguenti casi:

1) può essere disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività se l'ente hatratto dal reato un profitto di rilevante entità ed è già stato condannatoalmeno tre volte negli ultimi sette anni all'interdizione temporanea dall'eserciziodell'attività;

2) può essere applicata definitivamente la sanzione del divieto di contrattare con laP.A. ovvero del divieto di pubblicizzare beni o servizi quando l'ente è già statocondannato alla medesima sanzione almeno tre volte negli ultimi sette anni.

E' sempre disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività quando l'ente (ouna sua unità organizzativa) sia stabilmente utilizzato allo scopo unico oprevalente di consentire o agevolare la commissione di reati presupposto.

Nei casi di interruzione dell'attività conseguenti alla comminazione di sanzioniinterdittive definitive non è consentita la prosecuzione dell'attività da parte delCommissario Giudiziale.

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Condotte riparatorie dell'ente

Le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di aperturadel dibattimento di primo grado, l'ente abbia posto in essere un ravvedimento postfactum caratterizzato dalle seguenti condotte riparatorie che devono essere stateadottate cumulativamente:

1) l'ente deve aver risarcito integralmente il danno e deve avere eliminato leconseguenze dannose e pericolose del reato ovvero deve essersi comunqueefficacemente adoperato in tal senso;efficacemente adoperato in tal senso;

2) l'ente deve aver attuato un modello organizzativo idoneo a prevenire reati dellastessa specie di quello verificatosi;

3) l'ente deve aver messo a disposizione il profitto ai fini della confisca.

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Le misure interdittive

Le sanzioni interdittive possono essere applicate anche in via cautelare (e in tal caso sidefiniscono misure interdittive) nel corso delle indagini quando sussistano graviindizi circa la responsabilità dell'ente per un illecito amministrativo dipendente dareato e vi sia il concreto pericolo – desumibile da fondati e specifici elementi di fatto -di reiterazione di illeciti della stessa indole di quello per cui si procede.

Anche con riferimento alle misure interdittive, come visto per le sanzioni interdittive, ilAnche con riferimento alle misure interdittive, come visto per le sanzioni interdittive, ilGiudice può nominare un Commissario Giudiziale per un periodo pari alla durata dellamisura interdittiva che sarebbe stata applicata.

Anche per le misure interdittive cautelari valgono i criteri di scelta già evocati conriferimento alle sanzioni interdittive: idoneità, necessità, proporzione.

Le misure cautelari interdittive, tuttavia, a differenza delle sanzioni interdittive nonpossono essere applicate congiuntamente.

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La confisca e la pubblicazione della sentenza di condanna

Accanto alla sanzione pecuniaria e alle sanzioni interdittive, infine, il Decreto prevedealtre due sanzioni:

a) la confisca, che consiste nell'acquisizione da parte dello Stato del prezzo o delprofitto del reato (ovvero, quando non è possibile eseguire la confisca direttamente sulprezzo o sul profitto del reato, nell'apprensione di somme di danaro, beni o altre utilitàdi valore equivalente al prezzo o al profitto del reato);di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato);

b) la pubblicazione della sentenza di condanna, che consiste nella pubblicazionedella condanna una sola volta, per estratto o per intero a spese dell'ente, in uno o piùgiornali indicati dal giudice nella sentenza nonché mediante affissione nel Comune ovel'ente ha la sede principale.

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