*D 3 L 1HZV Stefano izotto Tadao Ando & Giorgio Armani ˜˚˛˛˝˙ˆ˙ˇ˘ ˚ · 2019-06-04 ·...

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Ga.Pi. News Ga.Pi. News WWD – March 6, 2019 Giorgio Armani is staging a new exhibition a this Silos space to open on the eve of the upcoming Salone del Mobile, or Milan Design Week. Running from April 8 to July 28, “The Challenge –Tadao Ando” exhibit will be the venue’s first dedicated to architecture.The retrospective will display more than 50 projects by Ando, illustrated with sketches, origi- nal blueprints, video installations, technical drawings, travel notes and photographs taken by the Japanese architect himself. Designed by Ando and his studio in collaboration with Centre Pompidou and special- ly adapted for Armani/Silos, the exhibit’s narrative journey will be struc- tured around four main themes: Primitive Shapes of Space; An Urban Challenge; Landscape Genesis, and Dialogues With History. This is not the first time Armani has collaborated with Ando, as the architect created the designer’s theater standing on the opposite side of the Silos in 2001. Born in Osaka in 1941, Ando began his self-education in architecture af- ter a brief stint as a boxer. At 18, he started to visit temples, shrines and tea houses in Kyoto and Nara, studying architecture by going to see ac- tual buildings and reading books about them. After study trips to Europe and the U.S. in the Sixties, he returned to Osaka to establish his own design studio, Tadao Ando Architects & Associates in 1969. Ando has received many awards throughout his career, such as the Pritzker Prize for architecture in 1995, considered the highest distinction in the field. Other recognitions included the Architectural Institute of Japan Prize for the Row House in Sumiyoshi in 1979; Japan Art Academy Prize in 1993; Person of Cultural Merit in Japan in 2003; John F. Kennedy Center Gold Medal in the Arts in 2010, and Commander of the Order of Art and Let- ters in France in 2013. In 2015, he was also bestowed with the Grand Officer of the Order of Merit distinction in Italy. In addition to conceiving the Armani theater, Ando’s work in Italy in- cluded the project for the renovation and expansion of Benetton’s think tank center Fabrica in 2000 and the restoration of the Punta della Do- gana contemporary art museum in Venice, which was unveiled in 2009, after French business titan François Pinault took over the location. The Tadao Ando exhibit at Armani/Silos will follow the retrospective dedicated to French photographer Charles Fréger that was unveiled at the venue during Milan Men’s Fashion Week in January. In recent years, the Arma- ni/Silos space, which opened in April 2015, has staged solo exhibitions of photographers Larry Fink and Sarah Moon and artist Paolo Ventura, as well as a collective display of images by the likes of Aldo Fallai, Kurt and Weston Markus, Tom Munro, David Sims and Richard Phibbs. Last month, the venue also served as special location for the Giorgio Arma- ni coed fall 2019 fashion show. This was a first for the designer, who showed a this Teatro for years. Sandra Salibian Tadao Ando & Giorgio Armani ph. GianAngelo Pistoia /A.P. ph. Mark Edward Harris/Contour by Getty

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“il venerdì di Repubblica”

Le piacerebbe essere la prima donna sulla Luna?“Se per questo anche la secon-da, la terza o la quarta”. Saman-tha Cristoforetti non nasconde che il suo sogno è tornare presto nello spazio. Magari allontanan-dosi ancora un po’ dalla Terra e da quella ‘Stazione Spaziale Internazionale’ che l’ha ospitata per 199 giorni tra il 2014 e il 2015, per spingersi oltre i trecentottantamila chilo-metri che ci separano dal nostro satellite naturale. E non è un desiderio astratto: da alcuni mesi l’astronauta italiana si occupa proprio delle future esplorazioni lu-nari. Come ha anticipato a giugno al pubblico bologne-se della ‘Repubblica delle Idee,’ “all’Agenzia Spaziale Europea abbiamo un grup-po fatto di giovani di grande talento che cercano idee, a volte anche un po’ paz-ze, sulle tecnologie che ci serviranno per tornare sul-la Luna. L’idea è di iniziare a costruire nel 2023 il ‘Deep Space Gateway’, un embrio-ne di stazione spaziale orbi-tante intorno alla Luna”.

Perché non da subito una base sul suolo lunare?“Perché da un punto di vista tecnologico la base orbitante è un passo relativamente sempli-ce, una progressione naturale rispetto alla Stazione Spaziale Internazionale (Iss), che permet-te di spostarsi molto più lontano dalla Terra, ma senza troppi az-zardi tecnologici. E poi per que-stioni programmatiche: non c’è per il momento un accordo inter-

nazionale per tornare sulla Luna. Per esempio la Nasa ancora non ne parla. Nella visione attuale dell’Agenzia Spaziale America-na il ‘Deep Space Gateway’ sa-rebbe una base di partenza per le missioni marziane, mentre allo stesso tempo potrebbe sup-portare missioni sulla superficie lunare da parte di partner inter-nazionali, tra cui noi europei”.

Siamo stati sulla Luna, quindi le tecnologie fondamentali ci sono già.“In realtà dopo la dismissione del ‘Saturn 5’, un razzo per poter tornare sulla Luna non è più esi-stito. Dopo ‘Apollo’, la Nasa ha concentrato le sue risorse sullo ‘Space Shuttle’ e poi sulla ‘Iss’. Solo nell’ultimo decennio si è dedicata anche allo sviluppo di un nuovo razzo di quella clas-

se, ‘Space Launch System’, che compirà le sue prime missioni nel 2019 e 2022. È un po’ come parlare del ponte sullo stretto di Messina: non è che manchino le tecnologie, ma fino ad ora si è scelto di non costruirlo. E se si decidesse di farlo ovviamen-te non sarebbe pronto domani. Inoltre non c’è alcuna intenzione di ripetere ‘Apollo’. Le bozze di missioni sulla superficie lunare

di cui si discute prevedo-no architetture minime, per evitare costi eccessivi che le renderebbero poco plau-sibili, ma capaci comunque di consentire la presenza di quattro astronauti sulla su-perficie per circa quaranta giorni. Infine, a quell’epoca gli astronauti correvano ri-schi che oggi non sarebbe-ro accettabili”.

Ma il progresso tecno-logico degli ultimi cin-quant’anni in cosa sem-plificherà il ritorno sulla Luna?“Per esempio rendendo-

lo meno costoso: la chiave per tornare sulla superficie

lunare è poterselo permet-tere in un momento storico in

cui i budget non sono quelli dei tempi di ‘Apollo’. Inutile fare pro-grammi ambiziosi se non sono realizzabili con budget realistici. Per questo si parla oggi di archi-tetture di missione minime e si pone tanta enfasi sullo sviluppo tecnologico, che può abbassa-re i costi. I costi più significativi delle missioni spaziali rimango-no quelli di lancio, quindi tutto quello che può ridurre la massa utile da lanciare è fondamentale. Si va da materiali e tecniche di manifattura avanzate fino a bat-

ph. Robert Markowitz/NASA

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Ufficio Stampa Provincia di Trento

“Se il calcio per me è come una moglie, devo ammettere che i tuffi e l’hockey sono le mie amanti”. Chiacchierata sul calcio e dintorni con Stefano Bizzotto, voce delle telecronache Rai, nel primo appuntamento dei tredici dedicati ai libri di sport in questa prima edizione del Festival. Al Bookshop di Piazza Duomo esauriti i posti a sedere e diverse persone in piedi per ascoltare gli aneddoti sviscerati da Bizzotto, sollecitato dal giornalista ed ex ‘libraio’ Carlo Martinelli. Racconti e episodi tratti dal libro uscito a primavera e intitolato ‘Giro del mondo in una Coppa. Partite dimenticate, momenti indimenticabili dell’avventura mondiale’. Bizzotto – esordi all’Alto Adige di Bolzano, poi collaboratore e redattore per sei anni della Gazzetta dello Sport, infine giornalista Rai – dal 1980 conserva ritagli di giornale e annota

meticolosamente informazioni e notizie di sport. Un patrimonio di dati che è stato indispensabile per i gustosi approfondimenti che ha proposto al pubblico del festival e che trovano spazio nel suo volume. Se il tema del record, centrale in questo Festival, richiama a numeri e prestazioni, Bizzotto ha saputo declinarlo in chiave aneddotica parlando di mondiali di calcio: quel mondiale del 1930 in cui l’Uruguay finalista andò allo stadio in autobus di linea. Quel mondiale del 1966 in cui un dirigente arbitrale ed ex arbitro inglese, tornando a casa e infilando una lunga serie di semafori, trasse spunto per proporre i cartellini gialli e rossi per ammonizioni ed espulsioni (introdotti quattro anni dopo). Sempre nel 1930 il capitano dell’Argentina, Ferreira, saltò una partita per sostenere un esame universitario (divenne poi un apprezzato notaio). Ci sono le pagine tristi, come quella di Andres Escobar,

ucciso dalla malavita colombiana per un autogol al mondiale. E gli episodi dal retrogusto dolceamaro come quello vissuto dal tedesco Fritz Walter, sfuggito ai campi di concentramento siberiani grazie ad alcuni casuali ma raffinati tocchi di palla in prigionia in Ungheria durante la seconda guerra mondiale. Stefano Bizzotto ha seguito sette mondiali e ne ha studiati altri tredici. Il calcio è cambiato: a inizio carriera poteva intervistare liberamente i calciatori; oggi sono blindati da accompagnatori, società, sponsor. Sul futuro del calcio Bizzotto non regala facili entusiasmi: la cultura dei cori offensivi e delle intemperanze sugli spalti è dura a morire. La ripresa del calcio italiano è possibile ma non semplice: abbiamo ottime scelte in attacco, con Bernardeschi, Chiesa e Insigne, ma siamo scoperti in troppi ruoli. (db – 11.10.2018)

Stefano Bizzotto

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Ventuno sono le edizioni della Coppa del Mondo. Quarantaquattro i passi di Maradona prima di segnare il leggendario gol contro l’Inghilterra. Tre i minuti che separano quel gol dalla piroetta diabolica della ‘Mano de Dios’. Ancora tre sono i minuti – i più belli della storia – in cui il Brasile di Garrincha e Pelé segna e colpisce due pali contro l’Unione Sovietica. Duemilatrecentosettantanove sono le reti segnate dal 1930 al 2014. Zero le foto che immortalano la prima, segnata da Lucien Laurent il 13 luglio del 1930. Sette i secondi dell’urlo di Marco Tardelli che riempie le strade di una notte italiana. Ventitré sono i cuori che battono in campo, arbitro compreso. Ventitré uomini, ventitré storie da raccontare. Perché i Mondiali non sono solo un evento, non sono solo una sfida o una battaglia. Sono le vite di chi li gioca e li guarda. Sono corpi e ricordi. Sono le passioni di chi li ha vissuti, i volti di chi li ha animati, le voci di chi li ha raccontati. La voce di Stefano Bizzotto ha raccontato sfide memorabili. In questo ‘Giro del mondo in una Coppa’ ci accompagna attraverso capolavori sportivi, incontri mancati con il destino, grandi e piccoli momenti di tragedia, generosità e trionfo. Nulla può compensare la perdita dell’attesa, dell’ansia e della gioia che esplode in una sera d’estate, la luce azzurrina dei televisori tra le vie deserte, i bar che risuonano delle voci metalliche delle telecronache. Nulla se non le storie. ‘Giro del mondo in una Coppa’ fa rivivere le partite attraverso le parole di Rivera e Mazzola, Thuram e Bierhoff, Paolo Rossi e Rummenigge; dipinge immagini con il profumo della pipa di Bearzot, la grinta di Tardelli, il genio spiritato di Maradona, la malinconia di Riquelme. Sedetevi comodi: i Mondiali cominciano adesso.

WWD – March 6, 2019 Giorgio Armani is staging a new exhibition a this Silos space to open on the eve of the upcoming Salone del Mobile, or Milan Design Week. Running from April 8 to July 28, “The Challenge –Tadao Ando” exhibit will be the venue’s first dedicated to architecture.The retrospective will display more than 50 projects by Ando, illustrated with sketches, origi-nal blueprints, video installations, technical drawings, travel notes and photographs taken by the Japanese architect himself. Designed by Ando and his studio in collaboration with Centre Pompidou and special-ly adapted for Armani/Silos, the exhibit’s narrative journey will be struc-tured around four main themes: Primitive Shapes of Space; An Urban Challenge; Landscape Genesis, and Dialogues With History. This is not the first time Armani has collaborated with Ando, as the architect created the designer’s theater standing on the opposite side of the Silos in 2001.

Born in Osaka in 1941, Ando began his self-education in architecture af-ter a brief stint as a boxer. At 18, he started to visit temples, shrines and tea houses in Kyoto and Nara, studying architecture by going to see ac-tual buildings and reading books about them. After study trips to Europe and the U.S. in the Sixties, he returned to Osaka to establish his own design studio, Tadao Ando Architects & Associates in 1969. Ando has received many awards throughout his career, such as the Pritzker Prize for architecture in 1995, considered the highest distinction in the field. Other recognitions included the Architectural Institute of Japan Prize for the Row House in Sumiyoshi in 1979; Japan Art Academy Prize in 1993; Person of Cultural Merit in Japan in 2003; John F. Kennedy Center Gold Medal in the Arts in 2010, and Commander of the Order of Art and Let-ters in France in 2013. In 2015, he was also bestowed with the Grand Officer of the Order of Merit distinction in Italy.

In addition to conceiving the Armani theater, Ando’s work in Italy in-cluded the project for the renovation and expansion of Benetton’s think tank center Fabrica in 2000 and the restoration of the Punta della Do-gana contemporary art museum in Venice, which was unveiled in 2009, after French business titan François Pinault took over the location. The Tadao Ando exhibit at Armani/Silos will follow the retrospective dedicated to French photographer Charles Fréger that was unveiled at the venue during Milan Men’s Fashion Week in January. In recent years, the Arma-ni/Silos space, which opened in April 2015, has staged solo exhibitions of photographers Larry Fink and Sarah Moon and artist Paolo Ventura, as well as a collective display of images by the likes of Aldo Fallai, Kurt and Weston Markus, Tom Munro, David Sims and Richard Phibbs. Last month, the venue also served as special location for the Giorgio Arma-ni coed fall 2019 fashion show. This was a first for the designer, who showed a this Teatro for years. Sandra Salibian

Tadao Ando & Giorgio Armani

ph. GianAngelo Pistoia /A.P.ph. Mark Edward Harris/Contour by Getty