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UGO LEANDRO JARftDRE II Segreto della Grandezza di Padre Giovanni Minozzi: LA SUA PREGHIERA PEPPINO MINOZZI Gli ultimi giorni di Padre Giovanni Minozzi CVANG€LIZARC Anno III - n. 11 - Novembre 1996 pauperibus misit me

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UGO LEANDRO JARftDRE

II Segreto della Grandezza di Padre Giovanni Minozzi:

LA SUA PREGHIERA

PEPPINO MINOZZI

Gli ultimi giorni di Padre Giovanni Minozzi

CVANG€LIZARC Anno III - n. 11 - Novembre 1996 pauperibus misit me

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Anno III - n, 11 - Novembre 1996 35 Anno dalla fondazione

NUMERO SPECIALE

s omma/^/o

1 Prefazione

3 II segreto della grandezza di Padre Giovanni Minozzi: La sua preghiera

12 Preghiera

13 Sempre il pregare

14 Preghiera viva

15 Preghiera senza parole

Id (litre la morte: la vita

18 Preghiera per chiedere I'amore fraterno

19 Ultimi giorni

di Padre Minozzi net ricordi di Peppino Minozzi

29 Testaments Olografo di P. Giovanni Minozzi

3(1 Comepevi il Giudizio vicino!

32 Ultimi miei rieordi di P. Giovanni Minozzi a enra di I). Rueuiero Cavaliere FdD

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DIKI I I A l ) \ l I \ 1 AVl ldl IA 1)1 I DISCI I'OI I

Dirt'tmrc Rt'sponuihilc Don MichcleCelibeni

St'xrcitirio di Aniiiiini\lnizione Michele Leone

Dirczione - Rciluzionc - Amniinistraziont': Viadei I'lancllan. 7 I'd 06/68801409 Fax 06/6861025 - C.c.p. .13870007 1)0186 K O M A

Autori//.. I rib. Roma N. I8S del 27 aprile 1994 Sped, in Ann. postale 50' < Roma

Stwnpo

Tipolitografiu IN.CiRA.C. s.r.l. Iel. (0776) 429988 03049 S. Klin Fiumerapido(FR)

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PREFAZIONE

Novembre, per la Famiglia Minozziana e mese significativo, perche portatore dell'anni-versario della morte del Fondatore padre Giovanni Minozzi, che l'11 novembre 1959 concludeva la sua vicenda terrena.

Quella data per noi e ora motivo di gioia e di festa. Punto centrale delle nostre program-mazioni "familiari".

Di padre Giovanni Minozzi nulla vogliamo che si perda, neppure un "episodio", neppure il piu piccolo ricordo. Tutto di lui diventa espressivo per noi, di lui impegnato sempre ad essere "copia" del Maestro Divino, in tensione continua verso quella perfezione nella carita, che e ricerca instancabile e dialogante con Dio ed accettazione completa della sua divina volonta.

Trentasette anni sono passati dalla sua morte. Tanti sono pero ancora, anche se in continua diminuzione numerica, i testimoni viventi ed

oculari della sua vita, che ne hanno condiviso e sperimentato con modalita diverse le vicende varie.

II dottor Leandro Ugo lapadre, ex-alunno ofenese della prima ora, rimasto poi sempre fedele e vicino al padre, da semplice laico immerso nella cultura del nostro tempo che diffonde nel presente e trasmette al futuro con il suo lavoro editoriale, ne ha interpretato e descritto I'animo di orante, di contemplativo divorato dall'azione di carita, di uomo dimorante in Dio pur nel frastuono e nell'affanno degli assilli quotidiani per i poveri, della cui sorte si era fatto carico. Ne scopre il segreto della grandezza, intesa come perfezione personate e molla della sua infaticata ed infaticabile attivita caritativa, portata all'inverosimile, al 'lino alia fine"... delle sue forze, del suo tempo e della sua vita, nella sua capacita di preghiera.

La preghiera e la misura della san-tita e dell'attivita di padre Minozzi.

Dalla preghiera deriva il suo essere ed il suo operare.

Bellissima e verissima intuizione, che ci permette di vedere nel fondato­re essenzialmente un uomo di Dio, un uomo cioe pieno di Dio e per questo eccezionale strumento nelle sue mani.

I mm,-

Dio Provvidenza che opera attraverso la persona del padre Minozzi!

Solo da questa angolatura possia-mo intendere il prodigioso moltiplicarsi delle Case dell'Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'ltalia e la fondazione della Famiglia dei Discepoli, delle Ancelle del Signore e dell'Associazio-ne degli Ex-alunni. E tante altre cose!

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Ne e cosciente Egli stesso, che in un suo scritto cosi afferma: "La preghiera esprime, obiettiva all'esterno uno stato di viva agitazione spirituale, uno

stato di grazia in cui la volonta rafforzata e come rinata si protende negli eventi desiati e ne vuole il dominio. Realmente qualcosa di superiore si agita in noi, qualcosa fuor di noi ci muove quando preghiamo... Mossi allora dallo Spirito, noi andiamo verso I'avvenire e lo awolgiamo in una attrazione spirituale che ce lo rende simpatico e favorevole".

Descrizione autobiografica del Fondatore! In questa capacita di stare dinanzi a Dio per i poveri e la grandezza minozziana! Ha visto

bene il nostro Leandro! Senza questo aspetto nulla avrebbe da dirci padre Minozzi! Tanti altri uomini, senza sguardo in Dio, hanno fatto cose similari. Ma non ci interessano piu di tanto!

II dottor Peppino Minozzi, che ha ereditato il nome da don Giuseppe Minozzi, patrio-ta-martire dell'unita e indipendenza d'ltalia e prozio del fondatore, del quale quest'anno abbiamo celebrato il centenario di morte, e stato il nipote che ha seguito piii da vicino "i giorni delta passione" di padre Minozzi.

Con lui, in fraterna alternante collaborazione, il cugino Mario Minozzi. Dal primo di ottobre di quel fatidico 1959 fino all'11 novembre fu sempre vicino al grande

zio infermo ed agonizzante, che assiste con competenza e passione fino alia fine. Nella sua memoria indelebilmente scolpiti restano vivi gli awenimenti di ogni giorno.

Non poteva disperdersi un materiale testimoniale cosi importante! Da noi pregato, Peppino, con penna e calamaio, si e messo all'opera e ci ha regalato

preziose memorie, note a lui solo e che volentieri mettiamo a disposizione dei nostri lettori. Peppino, a differenza di don Pierino Salvador! FdD, testimone anch'egli dell'estremo

"combattimento" del padre, descrive gli accadimenti cosi come si sono rivelati ai suoi occhi, senza preoccuparsi di interpretarli in senso religioso.

Animato da un sano anticlericalismo, di che si trova traccia anche nei suoi antenati, descrive fatti "umani" che lascia alia libera interpretazione dei lettori.

Egli vuol descrivere gli "ultimi giorni" vissuti in condivisione di sofferenza con lo "Zio Don Giovanni", fratello del padre Antonio, e basta. Che lo zio fosse anche Padre Giovanni Minozzi dalla vasta risonanza sociale, che sappiamo, a lui non importa piii di tanto. II rapporto di sangue prevale su quello del personaggio!

II suo stile scorrevole ed avvincente rende piacevole ed edificante la lettura che si fa tutta di un fiato.

L'augurio per Leandro, Peppino e tutti noi e che scritti e pubblicazione non restino inutilizzati e infruttuosi.

D. Michele Celiberti FdD

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IL SEGRETO DELLA GRANDEZZA DI PADRE GIOVANNI MINOZZI:

LA SUA PREGHIERA

In questo annuale raduno familiare di amici e di conoscenti, di estimatori e di confratelli, riuniti per celebrare la figura e I'opera di Padre Minozzi io rappresento, data la mia eta, una calia semispenta, sca-turita dalla grande fiammata dell'Opera da lui fondata. Come tale sono assalito davve-ro da un concreto spavento nel dover evocare il calore ardente della fiamma ga-gliarda, enorme, sprigionata dal cuore e dall'anima di Padre Minozzi, da una delle due micce - Padre Semeria ne e I'altra -accese a suo tempo dalla Divina Provvi-denza per il bene nostro, della Chiesa e della nostra societa.

Tuttavia anche le scintille non spente, come certi stagionati amatori, conservano un'oncia di luce, un pizzico di calore e qual-

Dott. Leandro Ugo Japadre, autore della relazione tenuta ad Amatrice nel novembre 1995.

che nostalgia dell'antica fiamma da cui furo-no accesi. Parafrasando allora il poeta Virgilio oserei ripetere anch'io, sempre am-mirato ed innamorato di Padre Minozzi:

"agnosco veteris vestigia flammae", "conosco [e porto] i segni dell'anlica fiam­

ma" che mi accende e mi incoraggia nel tentativo audace.

Ebbene chiedendovi venia per le mie de-ficienze e per aver aderito imprudentemente alle affettuose insistenze del padre superio-re, Don Michele Celiberti, cerchero di comunicarvi quel poco del residuo baglio dei miei ricordi e tutto il sincero affetto, la stima incondizionata che ancora resistono dentro di me per Padre Minozzi.

Mi si chiede di ricordarlo e di parlare di lui, del segreto della sua grandezza. Questo segreto era indubbiamente uno soltanto ed era rappresentato dalla sua preghiera. Vi parlero pertanto di lui come "uomo di pre­ghiera" perche molte persone, in passato, Io hanno ricordato e celebrato come "uomo di azione," come "uomo di cultura", come "vo-lano trainante di energia caritativa".

II mio compito si fa quindi piu arduo e piu difficile, ma abituato, come sono, per una certa tendenza a cogliere, con le apparenze fugaci, anche particolari piu nascosti, a scandagliare le sfumature e gli indizi rivela-tori che promanano daN'intimo dei miei simili, aduso - dicevo - a cercare sintonie e simpatie, messaggi e confidenze stimolanti, mi riesce abbastanza consentaneo e mi e congeniale rievocare il mio segreto archelipo tipologico, il mio modello mnemonico della figura di Padre Minozzi, uomo di preghiera.

Prima di estemarvi il mio ricordo di Lui e necessario chiarire - direi meglio - confron-tare la sua posizione con la nostra posizione

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sull'argomento tematico in cui cercheremo II primo di essi, Soren Kierkegaard, a di addentrarci. proposito della preghiera ha affermato:

Che cos'e la preghiera? Per quale moti- «...Giustamente gli antichi dicevano che vo Egli la considerava cosi importante? Don pregare e respirare. Qui si vede quanta sia Minozzi ha fatto della sua vita una ricerca sciocco voler parlare di un perche. Perche io costante del Signore e da creatura capace respiro? Perche altrimenti morrei. Cosi con di amare, come da uomo impegnato, ricono- la preghiera». sceva umilmente di aver bisogno dell'aiuto II filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein, del Signore. La preghiera pertanto assume- di dubbia ed incerta religiosita concludeva va per Lui, per la sua vita, una necessita tuttavia: «Pregare e pensare al senso della assoluta. Nella sua diuturna fatica sapeva vita» trovare sempre il tempo necessario per pre- E il celebre filosofo tedesco Martin gare, perche attraverso la preghiera viveva Heidegger, morto circa venti anni fa' e tuttora ed operava, si rapportava a Dio come alia sulla cresta dell'onda usava dire concisamente fonte della vita. Cosi come molti spiriti eletti una frase facile da memorizzare anche per chi hanno sempre pensato e fatto non conosce il tedesco: «Denken ist danken»

Voglio asseverarvi, a mia volta le tesi di chesignifica «pregaree ringraziare». Padre Minozzi con ben altri riferimenti al pen- Ma in modo ancora piu sintomatico il filo-siero contemporaneo, messi in evidenza da sofo polacco Abraham Heschel, anch'esso un teologo e da un cultore biblico, che va oggi morto di recente, cosi diceva: per la maggiore, Gianfranco Ravasi, il quale «Pregare e la grande ricompensa dell'es-nei suoi Colloqui con Dio riporta le opinioni di sere uomini». tre o quattro filosofi di diversa estrazione e di Mi pare giusto allora inquadrare sotto il diverso atteggiamento religiose flash di queste pregiudiziali, profonde ed

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eclettiche riflessioni I'atteggiamento e la considerazione del nostra Padre Giovanni Minozzi riguardo alia preghiera. Ma a tale proposito mi viene incontro la sua stessa diretta confessione, carpita qua e la nel suo libra "Ricordando". Nei momenti critici della sua giovinezza e della sua formazione egli sapeva sempre rifugiarsi nella preghiera: A pag. 71, ove deluso ci narra il suo vagabon-daggio, di collegio in collegio, per completare i suoi studi, tra le delusioni in cui spesso incorreva, dichiara:

«...AIto mare di nuovo; nuvolaglia in tem-pesta. Giornate attediate, grevi, penose. Ala sotto la preghiera...».

Ed in pagine successive, quando con tocchi magistrali ci dipinge il deterioramento culturale e religioso dei tempi in cui per molti «la ragione vaneggiava in un vano idealismo immanentistico che era un vera e proprio ateismo" creando smarrimento in Lui, di­chiara:

«Doveui salvarmi da me, soffrendo e pregando, studiando da solo, figgendo da solo lo sguardo febbroso all'avvenire, inna-morato sempre di Dio ecc....»

E ancora, nel raccontarci delle sue tribola-zioni per le ingiustificate calunnie di modemismo, che i soliti arrivisti invidiosi ave-vano fatto circolare nella Curia romana su di Lui, quando andava a dir messa nell'Agro ro-mano, tra i pastori, cosi confessava: «Entrai stanco non ricordo in che Chiesa e mi rac-colsi in preghiera meditando a lungo».

Potrei seguitare a citarlo, come vedete, con tante altre dichiarazioni, ma mi e gradi-to, da testimone vivente dell'uomo di preghiera, comunicar-vi il ricordo che affiora alia mia memoria.

Ero ancora ragazzo, appena imbocciato di devoto raccoglimento e me lo vedevo da-vanti il Padre, vivo, solenne nell'antica chiesuola della Colonia Frasca, ad Ofena, con i paramenti sacri da celebrante, da gran sacerdote, presso I'altare addobbato a festa.

La sua Messa era specialissima, prega-va lentamente, assorto, socchiudendo gli occhi per aprire quelli interiori della sua ani-ma come rivolgendoli in alto, nell'abside, verso visioni angeliche o forse verso un im-maginario ocello deU'Empireo, simile a quelli rappresentati dal Mantegna o dal Correggio nelle cupole famose della Bassa Padana, con le figure beatifiche del Signore.

Ed io tremavo, trepidavo per lui mentre si girava, deciso ma assorto ancora, per il "Dominus vobiscum" sul breve spazio del piedritto, formato dagli scalini dell'altare, spazio sproporzionato alia sua hgura mae-stosa.

Ma quanto ardore in quella sua Messa! Con la fronte ed il capo elevati al cielo

pregava adagio, soppesando le parole, assaporandole, come a sottolinearne il sen-so, con tono di voce ora alto, ora sommesso, quasi afono, nel quale si perce-piva il momento preciso in cui al "flatus vocis" subentrava il trasporto mistico della contemplazione estatica. E restavo come fascinato e trascinato dalla sua solenne gestualita liturgica, che agiva da incentivo al pari della potente calamita dei suoi occhi traslucidi e dolcissimi su tutti gli astanti, am-maliati, nel silenzio dell'ascolto, dalla evidente tensione della preghiera.

Me lo rivedo il Padre, quando, adole-scente, piu cresciuto, sbirciando attraverso le finesLre dello studio, a piano terra del col­legio, io lo coglievo, in qualche pausa dei suoi incontri, a passeggiare nel cortile col suo cappellaccio a sghimbescio sulla nuca e col suo breviario in mano.

Anche allora, alternando lunghe pause al moto, sollevava in alto il suo capo corrugan-do la fronte e socchiudendo gli occhi come a cercare la concentrazione giusta per entrare nella dimensione della trascendenza.

Me lo figuravo quasi a dissodare con I'acuto collro della sua mente il profondo e vasto contesto della salmodia per farvi ef-fondere il vaporaso olibano della bibliche

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ataviche aspirazioni e la melopea accorata del popolo eletto; aspirazioni che certamen-te faceva proprie in una sinergia di scopi ed in una sintonia di intese certamente attualizzabili e riferibili alle sue quotidiane odissee, alle sue esperienze, alle sue gioie ed alle sue sofferenze.

La sua preghiera non era soltanto una pratica devozionale, ma era sublimazione ed elevazione poetica anche perche sapeva trovare per il Signore le immagini e le parole piu belle. - Insistero su questo concetto, ma non abbastanza da saper cogliere e mescervi in cuore la valenza elitaria che vi ho sempre scoperto e che conserva la pre-

P. Minozzi.

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ziosa caratura deirineffabilita: bisogna che riusciate a scoprirla da soli. - Egli sapeva vivificarle di contenuto e di sentimento, ani-marle sapeva di ardente trasporto.

Me lo rivedo il Padre, mistico e poeta, quando, occasionalmente, mi spingeva a re-citare la nota lirica preghiera dantesca di San Bernardo alia Vergine Madre. Attento ed as-sorto seguiva la cadenza del ritmo, le pause, le assonanze eufoniche e rimiche per gustar-ne il senso profondo. Pregava anche allora.

Prendeva, anche allora, per darvi una colorita ma molto pallida idea, quell'atteggia-mento ircnico e gaudioso che forse, alcuni di voi, come me, hanno vislo assumere in tele-visione dal poeta Ungaretti nel recitare i propri versi.

Questo atteggiamento nasceva eviden-temente da un habitus mentale ben preciso, da una consuetudine sperimenta-ta, ma certamente - e doveroso rilevarlo ed ammetterlo col senno di poi - scaturiva dal-la sua cultura teologica, filosofica ed umanistica.

Egli sapeva diramare ed affondare nel profondo della speculazione dottrinaria le ra-dici del suo sostentamento spirituale. Temprato, com'era, nella forgia della teolo-gia tomistica, (egli stesso ci narra di aver assorbito con gioia le lezioni della Secunda Secundae di S. Tommaso, tenute dal mira-bile P. Bucceroni) ne aveva poi seguito e ne seguiva gli sviluppi piu recenti, avvicinando-si, anche per certe sue frequentazioni giovanili, a molti spiriti illuminati, precursori del nostra recente Concilio Vaticano Secon-do (a P. Genocchi in primis, ma anche a Romolo Murri, a Giulio Salvadori, alio stesso P. Semeria, a Bonaiuti, a mons. Benigni, a Sturzo ecc.)

Si trovava quindi in compagnia con gli antesignani di certe anticipazioni ecclesiali, di certe innovazioni liturgiche sostanziali e formali, che permeavano fin da allora il suo modo di pregare.

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Aveva certamente conosciuto, da giova-ne, le opere del filosofo cardinale Antonio Rosmini, stimatissimo da parte di due spiriti magni, quali erano Manzoni e Tommaseo, ma pressoche sconosciuto e vilipeso dalla grettezza di alcuni santoni del bigoltismo, rinchiusi nel carapace della reazione piu re-triva e deH'immobilismo; da questi era per lo meno guardato con prevenzione se non ad-dirittura con sospetto. Per fortuna, oggi il filosofo, pienamente riabilitato, e assurto a livello di patente genialita e santita. Non e infatti solo mera coincidenza, constatare qui, che anche per il cardinale Antonio Rosmini, recentemente, e suonata la squilla del pro-cesso di beatificazione.

Ebbene Don Minozzi interpretava nelle sue manifestazioni ieratiche, nel suo concet­to di rapporto con Dio, le convinzioni peculiari, formulate nei trattati rosminiani dell'Etica e dell'Estetica, nei quali veniva a trovare logica sistemazione la scala gerar-chica dei nostri valori esistenziali, armonizzati con I'essenza della Rivelazione cristiana. Per cui certi nostri comportamenti di relazione, sia riferiti all'uomo, sia riferiti a Dio, non possono prescindere dalla legge della "deontologia universale", la quale com-prende in se il concetto di archetipo assoluto, di Dio stesso insomma.

Tale legge si attua quindi attraverso due categorie, quella dell'ascetica e quella della callologia. In sostanza ogni essere umano, attraverso I'ascetica tende ad avvicinarsi a Dio, contempla il fascino infinito dei suo amore universale; attiva in se un processo continuo di teleetica e di pedagogia, mano a mano che egli assimila il linguaggio di Dio e della Rivelazione; mentre attraverso la callologia o filocalia (da "kalo"" e "logo"" = discorso, culto del bello) I'uomo ricerca le norme cultuali piu nobili e piu degne che, idealizzandosi nella sublime offerta sacrifica-le della S. Messa, si estendono poi alia scelta formale della liturgia e persino a quel­la delle regole eufoniche delle nostre

espressioni per dichiarare la nostra devozio-ne e per indirizzare i nostri aneliti alia compiacenza ed alia confidenza della som-ma Bellezza e del Sommo Amore. Aneliti che Don Minozzi definiva: «...polle di misticismo gementi sempre dall'intimo cuor mio».

Nel rivolgere le proprie sincere preghiere a Dio, egli quindi attuava questa prassi con-creta. Basta leggere alcune sue orazioni, contenute nel "Rituale dei Discepoli". Sono tutte permeate di ansia, di ardore, di vera poesia. Basta riflettere sulla selezione dei singoli brani, intonati alle varie operazioni della giornata ed alia scelta delle 'melodi' e dei salmi classici piu idonei.

In queste scelte, originalissime, egli si pone sulla scia di altri numerosi personaggi sacri e dei santi che ci hanno lasciato com-posizioni ben note a cominciare da Davide e da Salomone per giungere alia purezza del francescano "Laudato sii mi Signore" agli inni di S. Tommaso, di S. Alfonso dei Liguori, di San Juan de La Cruz ecc.

E che cosa chiedeva Don Minozzi al Signore? Quello che ci ha insegnato a chiedere nel suo Rituale a sostegno del nostra agire quotidiano perche egli era convinto della forza della preghiera e da essa traeva sicuramente il tonico neces-sario al suo impegno assiduo. Cos) pregava:

«Dammi la prudenza vigile, o Signore, I'attivita premurosa e illuminata, la pazienza umile e serena per compiere i miei doveri: dammi, o Maestro, la longanime benevolen-za, la dolcezza pia con tulte le creature che mi farai trovare, nella tua misericordia infini-ta, sulla via per salire a Te».

«Domine, vivifica me secundum eloquium tuum».

«Signore fammi vivere secondo le tue in-dicazioni».

E ancora: «Vinci Tu in me, Signore mio onnipotente,

dolce Signore, la mia fiacchezza molle, la mia

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vilta paurosa, fammi soldato fiero del tuo amore».

«Ti preghiamo, Signore, previeni le nostre azioni con la Tua ispirazione e accompagnaci col tuo aiuto affinche ogni nostra preghiera e ogni nostra azione abbia inizio da Te e dopo essere stata incominciata per mezzo Tuo, sia portata felicemente a compimento».

«Mi venga in aiuto la Tua mano!». Appare dunque evidente che tutta I'ener-

gia deH'uomo d'azione aveva le sue scaturigini da quesLa maniera di pregare. lo potrei continuare usque ad limina patientiae vestrae a citare le moltissime formule rituali del Padre per darvi concreti riferimenti a so-stegno del mio assunto lematico, ma mi auguro che ciascuno sappia e voglia trovar-sele con piii agio proprio nel Rituale e con esse confermare questo mio dire, meglio di quanto io possa farlo, e appagando meglio il proprio cosciente risconlro.

Ma dove Padre Minozzi si rivela piu coe-rente con quanto andiamo sostenendo e dove egli ci sembra genialmente illuminato e negli scritti inediti sulla "Preghiera" che ho avuto il privilegio di scorrere, non certo di approfondire appieno poiche essi si appalesano cosi sorprendenti e cosi gravidi di pensiero da richiedere lunga meditazione.

In tali scritti per es., fin dall'inizio, proprio in riferimento ai concetti ontologici rosminiani definisce la preghiera come un bisogno di afflato soprannaturale; cito le sue frasi:

«che esce dal chiuso del cuore e si veste di parole, di sospiri, di canto, di musica vela-ta di lacrime o inghirlandata di gioia. La preghiera che esleriormente si estrinseca, si obbiettiva, che si socializza, che si espande, si gitta fuori e si allarga»; ma a queslo con­cetto, di per se esplicito, aveva gia premesso un pensiero che ci pare integrati-

Momento delta Commemorazione di P. Minozzi.

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vo e contestuale all'impegno cosciente della propria psiche, secondo la semantica rosminiana; ascoltate - sono sempre parole del Padre:

«La preghiera... ha un suo etemo motivo psicologico, il valore immanente di una gin-nastica morale che nessun'altra forza puo sostituire, una ginnastica la cui santita nes-suno puo misconoscere cui I'anima non sia ghiacciata dalla morte.».

Badate, cari amici, che questo non e bizantinismo teoretico e tanto meno romanti-cismo, non e retorica. Le convinzioni di Padre Minozzi, da me forse superficialmente inter-pretate ed estrapolate, affondano i fasci cribrosi del loro nutrimento culturale proprio nell'humus di una Teologia e di una Teosofia, che nascendo e partendo dalla Rivelazione, si arricchisce o si chiarisce gradualmente nel pensiero della Patristica, da Origene ad Agostino, da Crisostomo a Girolamo, via via, fino a Tommaso d'Aquino, a Bonaventura da Bagnoreggio, a Caterina da Siena a San Gio­vanni della Croce, per giungere, come abbiamo vislo, ad assumere aspetto e conte-nuto sistematico con Rosmini.

Non e mai romanticismo o bigottismo la preghiera, come erroneamente credeva Gioberti che non riusciva a cogliere I'ontologia dell'ideologia rosminiana e che, partendo da assurde premesse panteistiche accusava Rosmini di psicologismo e di soggettivismo. La preghiera - afferma Padre Minozzi, come abbiamo visto: « e insopprimibile ed etemo motivo psicologico» «perche essa - dira in seguito, spiegando -salita dal cuore alle labbra, esce e mi ritoma arricchita di mirabile potere suggestivo e si rillette in me e si rifrange nell'anima come eco che venga dall'alto, dai regni dell'etemo, dove ha le sue fonti la vita».

Ai cavalieri dell'lppogrifo satanico del-I'ateismo, i quali vorrebbero sostenere che il mondo si sia creato da "Caos", il Padre Minozzi - lo ripetiamo - avrebbe risposto: "L'uomo e eco che viene dall'alto, dai regni

dell'etemo, dove ha le sue fonti la Vita; e noi aggiungiamo che l'uomo e stato creato "ad immagine e somiglianza di Dio" ed e I'unico essere, I'unico spiraglio nell'Universo in gra-do di esplorarlo e di compiere introiezioni psicologiche, che ha, cioe, la coscienza di se stesso, finche ripone ed ammette che la fonte della Scienza e solo Dio, I'Onnisciente.]

Solo chi nutre in se stesso questa con-vinzione riesce a pregare e ad ottenere; ad attuare in vita il «petite et accipietis; il pulsa­te et aperietur vobis»

E Padre Minozzi, il nostra uomo di pre­ghiera, per ottenere in concreto il miracolo dei risultati dell'Opera sua grandiosa, prega-va con questa intima persuasione, con questa fede interiore.

II segreto della sua energia ideativa e della sua enorme capacita realizzativa era tutto qui, nella preghiera. Ce lo confessa an-cora nel suo inedito con parole entusiastiche: «La preghiera - afferma - e come un'ondata polente di ottimismo che si riversa su di noi e ci trascina... che la pre­ghiera rasserena poi e pacifica I'anima, la riposa in un'attesa paga e sicura, in un'aspettazione del divino piena di umilta e di fiducia che da forze umane per I'azione, che invita con soave fermezza ad agire ecc.».

Dunque che egli traesse energie ed em-pito d'azione dalle proprie preghiere e realta evidente, incontrovertibile. Solo a scorrere e a ricordare la nota conferenza, fatta lo scor-so anno, in forma certamente degna e puntuale, da don Michele Celiberti:

"Un'Opera nata dalla preghiera fondala sugli uomini", si resta edificati dalle citazioni epistolari inedite di Don Minozzi stesso, nel-le quali emerge tutta la sua umana trepidazione ed il suo scoramento per gli inevitabili contrasti, per le difficolta ineluttabili, per le ansie, per gli insuccessi; ma, nel contempo, si resta commossi per la

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P. Minozzi impone le mani su un discepolo ordi-nando sacerdote.

sua fiducia incrollabile nella preghiera. Egli quindi regola la sua vita di azione

traendo carica dall'orazione. Diviene un tra-volgente volano operativo che assume sempre due punti stabili di equilibrio (non uno, come la trottola, che stramazza a terra dopo I'abbrivo irruente e limitato d'una volubilila caduca): Don Minozzi diviene un volano con due punti stabili: un perno anco-rato nella contemplazione e nella intuizione dell'anima, tesa al sublime, al sommo verti-ce dell'aspirazione umana, a Dio e I'altro perno ancorato nelle strutture della propria realta umana, impegnata a ricercare le ope-re gradite a Dio, le primizie da offrire a Lui, la migliore espressione della bellezza "poietica" a lode di Dio stesso.

Che questa ricerca, che questa tendenza o tensione fossero una costante della vita di Padre Minozzi e fatto qualificante di tutta la sua esistenza. Egli aveva un gusto aristo-cratico del linguaggio, il senso eletto della proprieta espressiva, sia nella sclezione dei canli per i suoi ragazzi e per i suoi discepoli e confratelli, sia nella realizzazione artistica delle strutture ospitanti, nello stile ricercato e

modernissimo delle chiese e delle cappelline, in quello dell'arredamento sacro, nell'armoniosa temperie di serenita che sa-peva donare all'ambiente.

Sapeva circondarsi di noti specialisti e di insigni cultori d'arte; ne ricordo vagamente qualcuno: il musicista Lorenzo Perosi, i poeti e scrittori Bertacchi, Fogazzaro, Salvadori, I'architeto Paron; sapeva valorizzare le doti e la genialita degli ex alunni e degli allievi, ricordo lo scultore Molteleone, il pittore Masetti ecc, sempre ed unicamente con lo scopo di celebrare la gloria del Signore se-condo il biblico adagio: "Servite Domino in laetitia".

Lo stimolo che Padre Minozzi riceveva da questo equilibrio spirituale e tutto I'effetto della sua dinamica operativa sono sotto i nostri occhi e sotto gli occhi del mondo, ne sto qui ad illustrarli nei dettagli: basta guar-darsi intorno. La conclusione da trarre e apodittica: ogni stimolo, ogni impulso opera­tivo era conseguenza della sua fiducia nella efficacia della preghiera.

Mi piace pero concludere insistendo sulla figura dell'uomo ascetico, e sull'indole della sua anima innamorata del Signore ed in tali immagini prospettiche mi e gradito avvicinar-lo ad un altro grande Giovanni, anch'egli innamorato, consunto di mistico ardore, a San Giovanni della Croce che nel suo "Can­to spiritual" raggiunge livelli espressivi che parrebbero folli se non fossero sostanziali dalla santita delle opere.

L'opera stessa allora, I'opera intensa del Padre diviene tutta preghiera ed offerta quo-tidiana nell'amalgama di una vita di santita costante e coerente. Ma il nostra Don Gio­vanni non confidava soltanto nelle preci proprie, egli esortava e raccomandava a tutti di pregare. Come San Paolo a Timoteo cosi egli a don Tito, alle orfanelle, alle suore di Amatrice. Nel ricordato florilegio epistolare, fatto da Don Michele Celiberti, spigolando, mi piace farvi questa sinossi:

Paolo a Timoteo (2, 1-8): «Carissimo, li

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raccomando prima di tutto che si facciano domande, suppliche, preghiere ecc.».

Don Minozzi a don Tito: «...Fa pregare molto, molto»; alle orfanelle: «...una sola cosa vi chiedo: di amare I'Opera e di prega­re per essa, molto molto»; alle suore di Amatrice: «...continuate a pregare e a far pregare».

Questo affidarsi e confidare nella pre-ghiera altrui era fede, basata sulle parole del Cristo:

«Dove saranno due o tre congregati in nome mio, ivi sard io» oppure:

«Quando tu preghi, va nella stanza, chiu-di la porta e prega il Padre tuo nel segreto» (Marteo 6, 7).

Non e quindi un atteggiamento pavido dello spirito il suo, o il timore di affrontare le immancabili difficolta: niente affatto, ma -dira piu avanti nel suo inedito - «...la pre-ghiera e una liberazione che anima e rasserena».

A tale proposito mi urge sottolineare su-bito anche il suo rigore intellettuale riguardo a certi esecrabili luoghi comuni ciclici c sem-pre riemergenti nella storia della Chiesa. Durante la giovinezza di Don Minozzi non era ancora spento I'eco rousseauniano degli empiristi e i loro attacchi anticlericali e gia si coglievano i prodromi dell'ateismo bolscevico che definivano le pratiche cristia-ne: "debolezza, vilta, oppio ecc".

Ebbene all'antropomorfismo religioso dei primi che sostenevano la impassibility e la immutabilita di Dio di fronte alle preghiere umane, Padre Minozzi, opponeva la sua co-sciente certezza: «Dio concede a noi quello che ab aeterno ha deciso di concederci in vista pero delle nostre preghiere, in ragione di esse» e ancora «...Nell'ingranaggio me-raviglioso del Cosmo la preghiera s'insinua e si attacca agli eventi statuiti come condi-zione al loro realizzarsi, come lubrificante, mi si passi la frase, tra le innumeri ruote del meccanismo mirabile». Sembra evocare, in questa immagine, la intuizione dantesca

"L'Amor che move il sole e le altre stelle". Agli atei, agli ipercritici rispondera cos): «...guardate voi come si consuma in se

stesso I'ipercritico che sciupa le proprie energie migliori in una penosa sfiducia di tut-to e di tutti, in un ripiegamento interiore che da le vertigini, che inabissa con le volute dei vortici, dannoso a se stesso ed agli altri». Ed anche qui I'immagine lucirerina di questi entronauti del raziocinio ipercritico sembra evocare le dantesche volute di Gerione che trasporta il dannato sprofondando nei gironi infemali.

Non paura quindi, non bigottismo, non sussiego clericale quello di Padre Minozzi, ma «fiducioso appello all'aiuto di Dio» per-che - sono sempre parole sue - «la preghiera accordando la natura (I'uomo pre­ga per istinto; da millenni sente il bisogno innato di pregare) e la legge (che prescrive al nostra spirito un atto di compartecipazio-ne ontologica alia realta dell'universo); accordando - dicevo - la natura e la legge, ci santifica, ci rende capaci delle piu ardue conquiste».

E Don Minozzi concludera con San Pao­lo (ai Filippesi IV-17): "Omnia possum in eo qui me confortat".

Potrei continuare in queste citazioni che costituiscono un moderno "Enchiridion militis christiani" cioe un "pugnaletto di difesa per il cristiano", ma non posso profittare della vo-stra benevola e paziente attenzione, ne vorrei apparire pletorico.

Padre Minozzi, in ordine al suo rapporto con la preghiera, che ho cercato vagamente di illustrarvi, cari amici, meriterebbe ben altro approfondimento e davvero un 'peana' celebrativo da parte di persona piu compe-tente, come atto dovuto all'anima di un grande mistico, di un santo schietto e di un poeta dell'espressione sacra, da lui elevata anche a dignita d'arte. La quale non e poi cosa tanto materiale perche, suo tramite, il nostra spirito ottenebrato si illumina e si in-nalza, per giungere alia conoscenza della

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Verita, come quando ammiriamo un edificio monumentale o gustiamo un brano di musica.

Le preziose invocazioni, le preghiere di Padre Minozzi non sono facondia oratoria, ma slancio sincero di una nobile anima e portano a raggiungere tali risultati chiunque abbia la sensibilita di apprezzarle. Esse da sole valgono a mettere in evidenza, meglio di quanto abbia potuto fare io, lo spessore della sua personality ed il carisma della sua santita. Prendete allora queste mie parole per un semplice atto di gratitudine a Lui per il bene che Egli mi ha fatto e, letteralmente, per grazia ricevuta.

Non vorrei aggiungere altro, a sussidio delle mio modesto contributo di affetto, se non formulare un invilo a tutti: I'invito a comportarci e ad operare secondo le direttive dello spirito minozziano, secondo i suggerimenti che come ex alunni e neo confratelli laici ci saranno, via via; dati dagli epigoni diretti di Padre Minozzi, dai sacer-doti de 'I Discepoli', che mi auguro possano

moltiplicarsi, interpretare ed attualizzare il mandato evangelico, da Lui raccolto ed as-sunto a norma di vita: "Evangelizzare pauperibus misit me"; e I'invito a pregare con le parole di Don Minozzi, I'invito a ca-larci nell'idillio spirituale della sua vibrazione ascetica, ad immergerci nell'ac-qua lustrale del suo frasario devozionale, che esprime in genere lo stesso slancio apocalittico dell'evangelista Giovanni: "lode, gloria, adorazione, rendimento di grazie", ma anche umana, filiale ed affet-tuosa supplica al Padre Celeste.

Ne trarremo sicuramente anche noi un almo tonico quotidiano per ben operare, una commozione profonda dell'anima, un godi-mento interiore impa-gabile e saremo trascinati, in spontanea emulazione, dal-I'esempio del Padre Minozzi alia elevazione salvifica di noi stessi. Con questi propositi e con tali prospettive Egli ci protegga, ci bene-dica e ci aiuti sempre!

Lui

PtetfUleAa

Signore che in famiglia ci riunisti

nell'Opera che voile suscitare

Padre Minozzi, fulgido model lo

di carita, fa che Egli ora ci acquisti

le grazie a cui ciascuno osa anelare

per i suoi meriti e che il nostro appello,

presto, Suo tramite, come beato"

dal Tuo buon cuore venga assecondato.

Amatrice, 10 Novembre 1995 Leandro Ugo lapadre

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SEMPRE IL PREGARE Sembra a talune che il pregare lungamente sia un noioso ripetersi, un'inuti-

le tiritera, un multiloquio vano che stanca e allontana pur il Signore. Cosi sarebbe dawero se noi borbottassimo superficialmente parole e paro­

le, a vanvera, superflue, senza attenzione alcuna, senza alcuna disposizione, senza ombra di affetto, di interiorita sincera e schietta.

Ma il molto pregare e ben altra cosa dal molto cianciare. Di molto, moltissimo pregare ci ha dato I'esempio Gesu per primo che

passava intere notti in orazione dopo le giornate faticose fra le turbe che I'assediavano. Gli e che il pregare deve fiorire dal profondo, e allora nessuna stanchezza pud soprawenire, nessuna eccessivita e concepibile.

Pregare con fervore e gioia, perpetua gioia che rinasce di continuo in noi in freschezza d'aurora.

E comunicazione con Dio il pregare, intima comunicazione; e I'amore che, in una tensione spirituale inebhante, cerca I'Amore, conversa con I'Amore eterno, mai sazio di ripetere le parole che sono il fior dell'amore, le gemmanti espressioni del cuore.

Oggettiviamo noi stessi, pregando con insistenza, ci mettiamo innanzi, dispieghiamo via via i nostri bisogni, le varie necessita nostre per meglio considerarle e per eccitarpiu intenso, innanzi ad esse, I'ardor nostro segreto.

Parole miste e gemiti silenziosi, o lagrime ardenti fiottano allora dall'anima e s'intrecciano a palpiti di tenerezza, a sospiri di speranze ineffabili.

Le parole, nelle lunghe preghiere, sono meno numerose di quel che s'im-maginano coloro che criticano senza sapere: le avviva tutta un'onda di sentimento squisito che se ne rende, a sua volta, canora, se ne increspa scintillando al sol delta Grazia.

Chi molto prega, parla poco e medita assai.

Preghiamo cosi, a gara, in santa emulazione, in mu-tua carita, implorando dal Signore la pace interiore per ognuno di noi, la moltiplica-zione lieta e feconda, a gloria Sua, delta cara famiglia che si e compiaciuto donarci, il trionfo pieno del suo Amore.

P. Giovanni Minozzi Manoscritti inediti

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PREGHIERA VIVA

Molti santi hanno chiamato I'azione preghiera viva. Detto bene. E vero. Ma quale azione? Non tutte, evidente, non sempre. Preghiera viva e I'azione investita dalla Grazia, I'azione nata dall'amore di Dio, fatta per amore di Dio. Faticare comunque, trascinar il peso quotidiano senza alcun riferimento a Dio, senza nessuna luce dell'alto, senza nessuna precisa volonta di bene; con scontrosita dispettosa anzi, con ribelle capricciosita, non e certo pre­ghiera. Chiaro. Lavoro materiale che vale quel che vale, e basta. Perche il lavoro, ogni lavoro diventi preghiera bisogna aleggiarlo, spiritualizzarlo, compierlo come dovere sacro, in funzione dell'anima e servizio di Dio. Ogni mattina percio, dal primo destarci, dobbiamo offrire al Signore tutte le azioni della giornata, perche tutte fioriscano nel Suo nome; e nel giorno di continuo dobbiamo pensare a Lui, sentendolo, vedendolo quasi sensi-bilmente a noi accanto, entro di noi a renderci lieve la croce, soave il gioco sulle deboli spalle. Non servono molte parole: un sospiro, un'elevazione breve del tacito cuore, e via. Allora si fa preghiera ogni cosa e ostie d'immolazione veracemente diven-tiamo nel perfetto amore.

P. Giovanni Minozzi - Manoscritti Inediti

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PREGHIERA SENZA PAROLE

Quando I'ardore nostra religioso e veramente intenso la parola balbetta a pena o tace: la fiamma rovente la brucia. Contempliamo allora e adoriamo mutamente, rapito in Dio.

La pupilla s'annega pe' fulgori celesti e il cuore arresta i suoi palpiti. Siamo fuori del tempo.

La profonda soavita delle dolcezze di Paradiso e intraducibile in linguag-gio umano terreno. S. Paolo lo sperimento gia e lo disse chiaro. Succede aH'anima estasiata, salita a contatto immediato con la Bellezza e la Verita, quel che successe, nel campo deirarte, al Manzoni che, vinto, lo confessava da par suo:

"e sento, ohime! che il piu divin s'invola, ne pud il giogo patir delta parola!" Oh, saperci astrarre dalle mutevoli cose e pur tra le affaccendate vicende

quotidiane, volar alto per forza d'amore e abbandonarci tacite in Dio, a turbare, colombe trepide, sul suo cuore paterno!

Amare, amare dobbiamo per questo, ardentissimamente amarlo, il Signo-re, per poterci inebriare di Lui.

Qualunque cosa noi facciamo, e nulla senza I'amore. AH'amore guarda Iddio, all'amore schietto, sincero, profondissimo: piu

arde I'amore, piu Egli ci riama e ci riempie di Se. E I'amore perfetto solo che arriva ai culmini della contemplazione beata.

P. Giovanni Minozzi - Manoscritti Inediti

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OLTRE LA MORTE: LA VITA

Che idea aveva p. Minozzi della morte e chi erano i morti per lui? Non potendo dare uno sguardo completo ci limitiamo qui a uno approccio parziale attingendo dalle preghie-re che egli ci ha lasciate (Rit.), dalle sue Meditazioni (M.) e alia "Buona notte" (B) ai suoi figlioli.

Francescanamente il padre considera "la morte: nostra inseparabile sorella" (B 361)

egli che piu di una volta, pur apparente gi-gante invulnerabile, aveva lottato tra la vita e la morte. Sorella dunque, non ineluttabile avversaria, "la morte che serve la vita, nutre la vita: (B 361). La fine che da senso e orientamento a tutte le scelte dell'oggi in vi­sta di una sorte incomparabile che ci attende e che si fa cifra del nostra agire. Solo chi ha una visione negativa e assoluta

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dell'exitus terreno puo temere e provare smarrimento e anche disperazione, non che dalla fede trae certezza di pienezza di vita: "La morte spegne le pupille velate gia, affan-nate annebbiate dal tempo; illumina e dilata all'infinito le pupille rese dall'amore avide d'eterno" (B 385).

Dies natalis, per il cristiano la morte e I'inizio della vera vita, quella che non cono-sce tramonto e che finalmente appaghera ogni umano desiderio perche non ci sara piu "ne morte ne lutto, ne lamento, ne affanno" (Ap. 21,4).

"E la morte che appar vita, che si infiora di vita per gabbare il mondo: che strana iro-nia... Oh, dall'alto miriamo le cose, figlioli, dall'alto per ordinarle al loro posto e apprez-zarle come si conviene, dall'alto, dall'eterna luce" (B 392). Questa la nostra consapevo-lezza, la nostra forza e la nostra serenita, pur nel dolore del distacco. II cristiano reagi-sce differentemente di fronte all'evento piu certo e drammatico della vita: non e come quelli che non hanno speranza.

Se cos) leggiamo il senso della morte, chi sono i morti per noi? Non certamente dei finiti, degli irragiungibili, legati a noi solo dal­la memoria che il tempo sbiadisce e annulla.

Sono "I fratelli trapassati, oltre le rive del tempo (M. 89), dal tempo all'eterno (Ritua-le), dalle rive brevi del tempo all'oceano sterminato dell'eternita (idem)".

La morte e un passaggio un ponte che collega due sponde del tempo e della vita: quella temporanea e prowisoria in cui noi oggi siamo e quella eterna e definitiva ove essi sono approdati. "Essi sono andati a rag-giungere quelli che li amarono e ad attendere noi che li amammo" (S. Bernardo).

"...anelantispasimosialia patria beata"o saziati finalmente in quel desiderio che tutti interiormente ci portiamo anche se non riu-sciamo ad esprimerlo: "Ci hai fatti per te o Signore, e il nostra cuore e senza pace, fin-che non riposa in te" (S. Agostino). "Quale gioia quando mi dissero: andremo alia casa del Signore, e ora i nostri piedi si fermano

alle tue porte Gerusalemme" (SI. 121). Giunti al compimento del destino umano

e fruitori finalmente di quella pienezza che la fede promette, essi non si sono dimenticati di noi, ne lo potrebbero, facenti parte con noi dell'unico corpo di Cristo che e la Chiesa. Anzi, sono "ansiosi e gioiosi di consigliarci, confortarci, guidare nelle vicende giornalie-re" (M. 88). E' questa quella che la Chiesa chiama la "comunione dei Santi", quella fitta relazione che continua a tenere uniti e soli-dali "i pellegrini ancora della terra e vittoriosi della morte... a salutare conforto e gioia del-I'anima"(Costituzione dei Discepoli, n. 133).

Noi preghiamo per loro perche il Signore affretti "I'ora del trionfo, della pace in lui, nel-la sua luce ineffabile, nel gaudio perfetto della sua visione suprema, della sua disvelata presenza"(Rit. 95-96). Ed essi in-tercedono per la nostra salvezza, "tendendoci generosi la mano, fatta potente dall'Altissimo, ...perche possiamo donarci con piii pronto amore a chi soffre, con piu tenera premura affrettarci a raccogliere gli abbandonati dail'egoismo i calpestati dall'or-goglio, tutti che gemono per la vita, sbattuti dalla tormenta infernale"(R\\. 93/94).

Per tutto cio, da parte nostra deve scaturire "gratitudine d'amore ascoltandone piamente gli intimi suggerimenti, le trepide raccomanda-zioni, le pudiche parolette brevi" (M. 89).

Potremmo obbiettare: ma questo aspet-tarcelo dai santi, ma i nostri morti... che cosa possono fare? P. Minozzi e inequivocabile nella risposta: i morti o sono santi, anche se in fase di purificazione, o sono irrimediabilmente perduti staccati da noi per­che fuori dalla circolazione della grazia di Dio per loro voluta e ostinata scelta. Chi e morto in Dio e nella sua amicizia e vivo. "Morti che non son morti, che non furon mai morti... che de' morti veri la Chiesa non si cura, non pud curarsi: li piange accorati ne I'abisso della loro miseria e basta... gli altri son vivi... varia-mente vivi, ma tutti vivi" (B.370).

P. Cesare Faiazza

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PREGHIERA PER CHIEDERE L'AMORE FRATERNO

"L'amore con cui ci hai amato

sia sempre in noi, o Padre amatissimo,

Padre onnipotente, sempre;

affinche ci amiamo a vicenda

come tu hai comandato e tutti riconoscano

che siamo veramente tuoi discepoli

dalVamore che ciportiamo tra noi,

dalVamore con cui amiamo te,

Padre immenso, eterno Dio.

Per amor tuo, o Gesii dolcissimo,

sempre con te eper te".

P. Giovanni Minozzi

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ULTIMI GIORNI DI PADRE MINOZZI NEI RICORDI DI PEPPINO MINOZZI

RICOVERO IN OSPEDALE: 4° PIANO, STANZA 41

Giovedi, 1 ottobre 1959, ore 8.00 Accompagnato dal cugino Antonio

Santarelli e dal fedele Cesare Spizzichino, si reca all'Ospedale Fatebenefratelli, per una visita.

Da circa un mese, tomato da Ischia (Casamicciola), dove gi era recato per le an-nuali cure termali, accusa una crescente distensione addominale, molto fastidiosa, anche se indolore.

Lo visita il dott. Cesare Valenti, che, guardandomi esterrefatto, mi dice trattarsi di voluminosa ascite (liquido neH'addome) di natura da determinare.

Saliamo al 2° piano, dove il prof. Alceste De Lollis, suo grande amico ed estimatore, sta operando. Lo visita, e consiglia di proce-dere subito ad una paracentesi, per estrarre il liquido e farlo esaminare. Ne vengono estratti circa 10 litri, il cui esame di laborato­ry da esito negative Respiro di sollievo.

Viene comunque consigliato il ricovero per ulteriori accertamenti.

Contrariato, dapprima, per questa inoppor-tuna, forzata sosta, si adegua poi docilmente e viene ricoverato al 4° piano, stanza 41.

// Dott. Peppino Minozzi (primo a destra) autore dei ricordi con il cugino Mario Minozzi.

che ex alunno alia ricerca di un lavoro. Ma il benessere dura poco. Dopo circa

10 giorni, il liquido ascitico invade nuova-mente la cavita addominale, rendendo necessaria una nuova paracentesi. Un cam-pione di liquido viene inviato in laboratorio. Referto: presenza di emazie e cellule atipiche. Diagnosi: Tumore del peritoneo. Prognosi: infausta!!

Sgomento generale. Comunico la notizia a Don Tito Pasquali

e a Don Pierino Salvadori. Sbandamento completo.

PROGNOSI INFAUSTA

Ridotta, sensibilmente, la tensione addo­minale, si sente sollevato e fiducioso. Si fa portare la sua rubrica telefonica. Continua cosi la sua frenetica attivita, chiamando al telefono personaggi politici ed amministrati-vi, tutti suoi amici, per cercare di risolvere i mille problemi dell'Opera o segnalare qual-

PIETOSE BUGIE

Intanto lui, all'oscuro di tutto, freme: non puo perdere tempo in ospedale; I'Opera, Discepoli hanno bisogno di lui e a tal fine m sollecita a far si che "quei tonti d'Egitto de medici" si decidano a dimetterlo: avrebbe continuato le cure a casa!...

Si comincia allora a propinargli pietose bugie dai vari sanitari, tutti peraltro, suoi

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estimatori ed amici carissimi: dal prof. De Lollis, primario chirurgo, al prof. Borromeo, primario medico, che con le loro equipe pas-sano ogni giorno per la normale visita. La versione datagli e "un blocco del fegato che va trattato con fleboclisi di plasma". Ci vuole tempo e pazienza.

"Santa Pazienza"! Al prof. Alceste De Lollis pone, durante

le visite giornaliere, una serie di domande, che mettono in serio imbarazzo I'illustre cli-nico, che non vuole, "non pud" rivelare la gravita del male al suo grande amico.

Tanto che sempre piu spesso, giunto con la sua equipe, davanti alia sua porta, passa oltre, visibilmente turbato. E se ne tur-ba anche lui, lo zio, per quei silenzi sempre piu prolungati, per lo strano comportamento e per le visite sempre meno frequenti.

SEMPRE IN ATTIVITA

Si organizza, comunque, in modo da espletare, anche in quel triste frangente, la sua travolgente attivita: vuole rapporti dall'uf-ficio ragioneria dell'Opera, da Don Tito, da Don Pierino.

Di tutto si interessa, a tutto vuole provve-dere :«Non ci si pud fermare. Tante le cose da fare. Tante le cose in sospeso!»

19 0TTOBRE1959 GIORNO DEL SUO COMPLEANNO

Per tutta la giornata uno stato di sopore profondo e sudorazione algida, ribelle alia terapia infusionale somministrata, fanno pre-vedere prossima la fine.

Presenti nella sua stanza alcuni confratelli e I'immancabile suor Maria. Verso sera le condizioni sono stazionarie. Restia-mo ad assisterlo io e Mario. Verso la mezzanotte, come svegliatosi da un profon­do sonno, chiede da bere. La sudorazione e cessata: ha decisamente superato la crisi.

Dopo un po' chiede di spegnere la luce, che vuole riposare.

II resto della notte passa tranquillo.

Don Tito Pasquali.

UN AFFETTO COMMOVENTE

La mattina successiva, il portiere del-I'ospedale mi dice che durante la notte un piccolo prete era rimasto appoggiato al muro del Tevere, con gli occhi incessante-mente rivolti verso la finestra illuminata della stanza 41 e se ne era allontanato solo quan-do aveva visto spegnersi la luce.

Quel prete era Don Tito!

ATTENTO AGLI STUDENTI TEOLOGI

Segue con paterno affetto gli studi dei suoi Discepoli frequentanti il corso di teolo-gia a Roma: Antonio De Lauretis, Luigi Corsini, Bartolomeo D'Achille ed il piu giova-ne, Giorgio Giunta.

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Per loro vuole una preparazione pratica infermieristica, che ritiene utilissima negli istituti. A tal fine vuole che a turno presenzino alia somministrazione della sua terapia, che consiste principalmente nella in-fusione endovenosa di plasma, durante la quale colloquia paternamente con loro, par-lando di tutto e di tutti.

SUOR MARIA, DON PIERINO, DON TITO

Suor Maria Valenti, sempre presente, si affaccenda laboriosa nella stanza, Don Pierino lo mette al corrente dell'andamento dell'Opera, Don Tito arriva fino alia porta con la morte nel cuore, ma non entra, non vuole "disturbarlo". Teme che la sua presen-za lo stanchi, teme che legga nel suo volto distrutto la disperazione, che non riesce a nascondere: «Don Giovanni non deve sape-re, soffrirebbe troppo!»

DIRGLI LA VERITA? ECCO IL DILEMMA!

Don Pierino mi sollecita, d'altro canto, a comunicargli tutta la verita. Deve sapere, in quanto sacerdote e per il futuro dell'Opera sua, dei Discepoli, delle Ancelle.

Intanto lui, nonostante il lento progressi­ve abbandono delle forze fisiche, lavora alacremente, sempre pronto a tracciare nuo-vi programmi, fidando come sempre non nelle sue possibility fisiche ed economiche, ma nella Divina Provvidenza.

Confida le sue pene ed i suoi timori al Cap-pellano dell'Ospedale, gia prete-soldato della guerra 1915-18, ed a lui mi rivolgo per consigli.

Come fare? E' bene metterlo al corrente della sua prossima dipartita come consigliato-mi dal suo Vicario? Quale la sua reazione?

II buon cappellano mi esorta a non dire nulla, e con commozione mi riferisce di con-siderarlo un Santo, anche alia luce della recente confessione generale. Comunque lui stesso, qualora le condizioni fossero pre­cipitate, lo avrebbe messo al corrente.

IL LATTE DI MANDORLA DEL PROF. AURITI

Mentre tutt'intorno regna lo sgomento e la disperazione, lui docile e fiducioso, si la-scia curare: «Fatemi tutto cio che ritenete necessario, ma fate presto, non posso per-mettermi di perdere altro tempo!».

Ma, nonostante le cure intensive, cui vie-ne giornalmente sottoposto, le condizioni generali peggiorano gradualmente. Ai pro-blemi addominali, aggravati dalla insorgenza di masse neoplastiche, si aggiunge una stomato-glossite, che lo tormenta, rendendo sempre piu difficoltosa la deglutizione. Unico sollievo il latte di mandorla, che il prof. Filip-po Auriti, ordinario di otorinolaringoiatria deH'Universita di Roma, con devoto affetto gli porta. E' la stessa moglie a prepararlo in casa, sapendo quanto lui lo desideri! Lo stesso prof. Auriti consiglia, per mitigare il bruciore delle labbra e della bocca, toccature con violetto di genziana.

POVERO ANCHE NELLA SUA MALATTIA

La sera, si faa controllare la pressione arteriosa, e cerca di trovare nella giornata passata un qualche segno di miglioramento,

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Suor Maria Valenti.

che induca i medici a dimetterlo dall'ospeda-le. «E una bella stanza - mi dice - ma non si puo spendere tanto. Quello che faccio qui lo posso fare a casa. Cosa dicono quei tonti di medici? Perche non si fanno piu vedere?».

Le notti sono insonni. Smania e prega; e freme per quel "tonto di fegato" che lo co-stringeva a stare in ospedale, con tutte le cose da fare!

Ad assisterlo, pertanto, durante la notte, e con me mio cugino Mario Minozzi.

ORARIO TERAPEUTICO

Durante il giorno, la sua permanenza in ospedale era cos) organizzata. Alle 7,00 la Santa Comunione, portata dal frate Cappel-lano dell'Ospedale. Alle 8,00 fleboclisi di plasma ed emoderivati, durante la quale gli leggo il giornale, che lui, sempre attento ed interessato agli argomenti politici e socialil brillantemente commenta.

LA MORTE DEL CARD. TEDESCHINI

Ricordo: una mattina di fine ottobre, noto un articolo sulla scomparsa del Card.

Tedeschini, articolo che io, sapendo quanto fosse per lui doloroso apprendere notizie di decesso, evito di leggere. Girando lo sguar-do verso il giornale, notata la fotografia del porporato, me ne chiese chiarimenti.

Saputo della morte, dopo una pausa di raccolto silenzio, esclama: «Era un Cardina-le, ma era un amico!». Mi racconta poi, con un sorriso divertito, di averlo invitato all'inau-gurazione dell'Asilo di Antrodoco, suo paese natale, ove i festeggiamenti ed i ringrazia-menti furono tutti per il Cardinale, che aveva contribuito solo con "copiose benedizioni".

LA VISITA DI G.B. MONTINI, DEL CARD. TRAGLIA E TARDINI

In occasione del decesso del card. Tedeschini, ricordo la visita del card. G.B. Montini, futuro Papa Paolo VI, venuto a Roma per presenziare ai funerali. Era la sera del 3 novembre. Mi annunciano la visi­ta del Cardinale di Milano! Entro nella stanza ed annunciai la visita. Lo zio e stanco e depresso. Non vuole, non e in condizioni di ricevere nessuno. Entra il Cardinale, lo abbraccia affettuosamente ed esce, visibil-mente commosso. Mentre lo accompagno all'uscita, messo al corrente delle gravi con­dizioni dello zio, manifesto il desiderio di rivederlo al piu presto. Deve, quella sera stessa, tornare a Milano, per la festa di S. Carlo del giorno seguente.

Nei giorni precedenti, aveva avuto la visita del Vice Gerente di Roma, Card. Traglia, ve­nuto a portargli gli auguri e la benedizione del Santo Padre e, molto gradita, la visita del Card. Tardini, suo amico dagli anni giovanili.

VISITATORI VARI

Innumerevoli le visite dei confratelli, ex alunni parenti ed amici. Ne ricordo alcuni:

- il dottor Sparisci, segretario particolare del Presidente della Repubblica, Giovanni

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// Card. Traglia con un gruppo

di Discepoli.

Gronchi, che frequentemente viene ad infor-marsi sulle condizioni di salute dello zio ed a sollecitare la richiesta del Presidente ad es-sere ricevuto.

Richiesta mai accolta! - il prof. Filippo Auriti, ordinario ORL del-

I'Universita di Roma; - il Conte Vanni Teodorani, scrittore fine

ed oratore eloquente, nipote di Mussolini, per averne sposato la nipote, figlia di Arnaldo, che passa tutte le mattine, prima di recarsi in ufficio per chiedere notizie di lui.

Lo zio, al quale riferisco tali frequenti,

commosse visite, esprime il desiderio di ve-derlo: «Nei prossimi giorni fallo venire. E' un bravo figliolo!».

Ricordo le visite degli illustri clinici, proff. Raffaele Bastianelli e Cesare Frugoni, i qua-li, preavvertiti delle pietose bugie propinategli, confermano una grave insuffi-cienza epatica, che comporta un periodo di riposo piuttosto lungo. Al che mi chiede di adoperarmi per riportarlo a casa, dove puo riposare e sottoporsi alle cure, evitando le "inutili spese d'ospedale".

Commoventi le frequenti visite del prof. Cammarota Lorenzo, che fa la sera, tornando da Rieti, dove svolge la sua attivita di Prima-rio chirurgo presso I'Ospedale. Non vuole, non puo accettare siffatta, infausta diagnosi, mi ripete con le lacrime agli occhi: «Perche non provare a trattarlo anche con la streptomicina, come se I'ascite fosse causata da patologia specifica? Proviamo.... Chissa!!»

Ricordo la visita dell'on. Emilio Colombo, di ritorno da Napoli, ove aveva partecipato ad un congresso della DC, visita che lo la-scia, politicamente, amareggiato.

Quotidianamente passa a baciargli la mano il prof. Salvatore Galanti, otorinolarin-goiatra dell'Ospedale Fatebenefratelli, ex alunno dell'Opera sua.

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A CONOSCENZA DEL SUO MALE

Ma intanto le forze, di giorno in giorno, inesorabilmente scemano. Si alza poco. Scarsissima la nutrizione, viene alimentato per fleboclisi.

Una sera degli ultimi giorni di ottobre, ac-cingendomi a controllare la pressione, mi allontana sdegnato, per averlo ingannato sulla gravita del male, che tutto era ormai inutile' Essendo il male incurabile chiede di tornare a casa o presso qualche istituto.... Amatrice, ad esempio.

Ha saputo tutta la verita sulla sua malattia! Chiede I'Estrema Unzione, che gli viene

impartita dal cappellano dell'Ospedale, igna-ro di tutto e visibilmente commosso.

La notte seguente e penosa per lui e per noi che I'assistiamo.

LA VISITA DEL COMM. DARMON

Nonostante mi abbia imposto di non fare entrare piu nessuno nella stanza, la sera se­guente, riceve il comm. Darmon. L'incontro e commovente e straziante: abbracciati I'un I'altro, piangono sommessi e tra i singhiozzi egli esprime il rammarico per i tanti progetti irrisolti, per i molti cantieri aperti, per il futuro dell'Opera sua.

«Ho troppo preteso!.. - lacrima - E' la giusta punizione al mio troppo pretendere!»

INESORABILE AVANZATA DEL MORBO

I giorni seguenti segnano un continuo inesorabile peggioramento.

La stomatite e peggiorata, la lingua a lampone lo tormenta, le paracentesi sempre piu frequenti, per il rapido riprodursi dell'ascite, anche in presenza di tumefazioni neoplastiche addominali, fanno presagire un rapido decline

Riesce a deglutire, con difficolta, piccoli sorsi di latte di mandorle. Unico sollievo le toccature con violetto di genziana.

Ed al male fisico si aggiunge una profon-da prostrazione: parla poco. Si odono appena sommessi sospiri e preghiere sus-surrate.

L'occhio spento, egli non vuole piu ve-dere nessuno o meglio non vuole farsi vedere da nessuno. Ha sempre nascosto a tutti le sue preoccupazione e le sue sof­ferenze, ora vuole concludere la sua vita terrena dignitosamente.

Non vuole che altri soffrano delle sue sofferenze. Notando che qualcuno scruta attraverso la porta socchiusa, mi sollecita a chiuderla. «Che piacere puo esserci a vedere un vecchio che muore?!

Lasciatemi morire in pace!»

SOLO CON DIO SOLO

Nella sua pudica riservatezza, non po-tendo piu nascondere agli altri la sofferenza atroce di quei giorni, desidera restar solo con se stesso, raccolto nella preghiera e, come quando, nell'accingersi a celebrare la S. Messa si raccoglieva in sublime preparazione all'incontro con il suo Signore sull'altare, cosi, conscio or­mai della sua prossima fine terrena, si prepara al grande incontro con il Padre.

Ma ha paura! Chi ha il coraggio di presentarsi faccia a

faccia con Domineddio?

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P. Minozzi vegliato da fratelli e nipoti.

COLLASSO CARDIOCIRCOLATORIO

II 4 novembre, all'alba, egli viene colpito da un grave collasso cardiovascolare. II dr. Gastone Tenaglia, chirurgo di guardia, pron-tamente accorso, gli prepara una vena sul collo del piede destro, attraverso la quale vengono iniettati flebocortid e plasma.

Dopo circa due ore, contro ormai ogni nostra aspettativa, si riprende e, chiesto del giorno, inizia a parlare della Vittoria, della sua dolce Italia, con tale passione, che la-scia tutti sbalorditi ed increduli.

voglio Vescovi e Cardinali. Intorno a me i miei orfani. Tu celebrerai i funerali».

Dopo un breve penosissimo silenzio, si rivolge a me, che sto ai piedi del letto: "Tu penserai ai funerali. Una bara semplice. Po-chissime le spese. Desidero essere sepolto in Amatrice."

Detto questo, sopraffatto dall'emozione, ci congeda e chiude gli occhi in raccogli-mento.

DOMENICA 8 NOVEMBRE

ULTIME RACCOMANDAZIONI

II 6 novembre pomeriggio, presente nella stanza Don Pierino: lo zio, come uscito da un profondo torpore, chiede di D. Tito, che, come al solito, assorto in preghiera, passeg-gia lungo il corridoio. Entrato Don Tito, a lui si rivolge e con voce sommessa sussurra: «Tu benedirai la mia salma». Quindi, piu commosso che mai, girata la testa verso Don Pierino, sul lato destro del letto: «Non

La notte precedente la passa insonne. Smania, nella ricerca di una posizione co-moda per riposare. Nel sollevarlo con il carissimo Mario, io avverto un forte dolore lombare. La mattina, mi accingo, dopo la terapia, come tutte le domeniche ad anda-re, a casa di mia sorella Maria Antonia, quando lui mi dice: «Non andare. Non stai bene. Mettiti a letto. Se hai bisogno di qualcosa, ci sono io. Ora telefono io alia buona Mariantonia, cosi ti portera cio che ti occorre!»

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Fatta la telefonata, mi ordina di chiude-re a chiave la porta ed a sdraiarmi sul letto.

Voglio uscire per fumare una sigaretta, ma lui, compreso il mio desiderio, dopo avermi sconsigliato il fumo ed elencati tutti i mali cui sarei andato incontro, mi invita, qualora non avessi potuto fame a meno, di fumare una sigaretta nella stanza, anzi mi dice di prendere nel suo comodino un pacchetto di Turmac, che qualche amico gli aveva lasciato. Mi invita, comunque, a riflettere bene prima di fumare. Aperto il pacchetto, vi trovo tre sigarette, una delle quali ancora conservo.

COMMOVENTE INCONTRO CON LE SUE ANCELLE

Dopo circa un'ora, un infermiere del re-parto citofona, per dirmi che fuori c'era "un gruppo di Suore". Lo dico alio zio: «No! - mi risponde - non sono in condizioni di ricevere nessuno. D) loro che tornino un altro giorno".

Mi faccio sulla porta ed, apertala, vedo le sue Ancelle, ansiose e spaurite, lungo il cor-ridoio. Non posso, non ho la forza di non farle entrare.

Raccomandata, pertanto, una visita bre-vissima e soprattutto di evitare pianti e "prevedibili scene penose", fatte presenti le precarie condizioni dello zio, le faccio entrare.

Lo zio, con un braccio di traverso sul viso, vinto da trabocchevole commozione, restava muto. Una suora sussurra: «Padre, ci dia la benedizione».

Avutala, la commozione prende il sopravvento. Cerco di farle uscire, senza successo, anche per dar modo, dico, alle consorelle, accalcate sulla porta, di poter entrare nella stanza, diventata troppo pic-cola.

Riesco nel mio intento, solo alzando la voce. Restati soli, chiudo la porta e solo allora

lo zio apre gli occhi e mi rimprovera per non averlo ascoltato.

Roma, corteo funebre in Piazza Navona.

ASSORTO IN PREGHIERA

Mi sdraio, affranto, sul letto vicino e lo guardo. E' assorto in preghiera. Un lieve movimento delle labbra tumefatte ed uno sguardo che di tanto in tanto si apre al cielo, come tante volte avevo notato in lui, nel-I'estasi della celebrazione della S. Messa, gli danno un aspetto sereno e disteso.

Solo nel tardo pomeriggio, mi chiede di dargli qualcosa che mitighi il bruciore e I'ar-sura della bocca. Pennello con il violetto di genziana le labbra e la bocca, ma il latte di mandorla e finite

Mi dice allora di prendergli dell'orzata al bar, che mi avrebbe fatto bene camminare un po' e di mangiare qualcosa. Mi ordina comunque di chiudere a chiave la porta e di portar via la chiave. Cos! faccio.

Le varie persone che sostano, per lui,

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lungo il corridoio e nel salottino del reparto, mi guardano stupiti e preoccupati. «E' im-pazzito!» Sento mormorare. Rientrato, poco dopo, nella stanza, lo zio gusta, particolar-mente un mezzo bicchiere di orzata, "deliziosamente fresca".

Entra Don Pierino ed inizia a rimprove-rarmi per il mio strano comportamento, ma lo zio, fortunatamente taglia corto, dicendo che quello e il suo volere e lo congeda.

Finalmente arriva Mario, insostituibile compagno di quelle lunghe e travagliate notti.

IL CAPO RECLINATO

Mercoledl 11 novembre. La notte e pas-sata senza particolari note. II mattino, come al solito, Mario e andato via e nella stanza ci sono Don Tito e Don Pierino.

Lo zio e in uno stato di profondo sopore. Mentre sono intento a radermi in un angolo della stanza, noto, attraverso lo specchio, uno strano reclinare della testa sulle spalle, in completo abbandono. Allarmato, avverto Don Tito e Don Pierino e frettolosamente esco dalla stanza, per prendere in medicheria i cardiotonici prescritti ed avvisa-re il medico di guardia.

Incontro il conte Teodorani e lo invito ad entrare, memore del desiderio dello zio, che si e giunti alia fine. Rientro nella stanza, pra-tico I'iniezione prescritta, senza notare alcuna reazione alio stimolo...

Intanto Don Pierino porta alle sue labbra il Crocefisso, sussurrando "Gesu, Giuseppe e Maria". Don Tito singhiozza disperato...

Alle ore 10,10, un profondo respiro, poi... piu nulla!

Don Tito, allora, benedice in lagrime la cara salma. Dopo qualche ora, essa viene portata in camera mortuaria. Con Mario, che e tempestivamente tomato, procediamo alia preparazione della salma ed alia sua vestizione, con i paramenti sacri portati dal suo devoto fra' Giovanni dalla Chiesa del Sa-cro Cuore. Fra le gli mani poniamo le Regole della Famiglia dei Discepoli, il Crocefisso e fra le dita il suo inseparabile Rosario.

Fra i piedi, dentro un bossolo di granata, lo Statuto dell'Opera.

LA CAMERA ARDENTE

La Camera ardente, su indicazione del Padre Generale dei Fatebenefratelli, viene allestita all'ingresso principale adiacente alia

fcTS P. Minozzi con le sue ancelle.

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Ff!N |

Chiesa dell'Ospedale. In-terminabili le visite di autorita e gente comune, beneficati e benefattori.

Tra le prime visite, Donna Carla Gronchi, mo-glie del Presidente della Repubblica, che, com-mossa, si allontana per andare a prendere a scuola i figli Mario e Cecilia e portarli a rendere omaggio alia cara salma. Nel pomeriggio, lo stesso Presidente della Repubbli­ca, accompagnato dal segretario dr. Sparisci e dal consigliere militare, rende omaggio deferente e particolarmente commosso "al grande amico".

Un mio caro amico fotografo scatta, a ricordo, delle foto alia Salma, e mi propone

AMA TRICE - Chiesa monumentale ove riposano le spoglie mortal! di P. Minozzi.

Note personality al Corteo Funebre.

di fare durante la notte un calco del viso per una futura riproduzione. Tale proposta, purtroppo, giunge alle orecchie dei Proff. Monteleone e Crocetti, che si risentono sdegnati, asserendo di essere in grado di riprodurne alia perfezione i tratti e I'espres-sione ad occhi chiusi.

RITORNO AD AMATRICE

II sabato 14 novembre, dopo i solenni fu-nerali, celebrati nella chiesa del Sacro Cuore da Don Pierino, presenti Autorita civili e reli­giose, la salma viene traslata in Amatrice. Fu vegliata durante la notte, come suo desiderio, nella Chiesa dell'Orfanotrofio Femminile, ed il giorno successivo, sotto una pioggia batten-te, viene provvisoriamente tumulata nel cimitero di Amatrice, ospite nella tomba dei cugini Santarelli, in attesa della traslazione definitiva nella Cripta della Chiesa monumentale deH'orfanotrofio maschile.

Nei giorni seguenti, riaprendo il suo libra "Ricordi di guerra", che stavo gia leggendo in Ospedale e che lasciavo nel comodino, vi scorgo due foglietti da lui scritti su uno dei quali, una breve poesia e sull'altra la preghiera per la nomina del suo successo-re nella Famiglia dei Discepoli, che io, ovviamente, consegno a Don Tito.

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI P. GIOVANNI MINOZZI Roma, 25 aprile 1952

Col presente mio testamento olografo, da me liberamente scritto e sotto-scritto, intendo dispone delle mie cose, come ultima volontd, nella chiara luce di Dio.

Lascio i beni ereditati dai miei antenati ai miei fratelli Antonio, Serafi.no, Geremia e ai low legittimi eredi, cost come li ho gid low consegnati da vivo.

Ogni ultra cosa, da me comunque acquistata o procurata, lascio all'Opera Nazionale per il Mezzogiomo cVItalia, fondata da me, in pieno accordo col dilettissimo amico efratello mio di lavoro, P. Giovanni Semeria.

Lascio tutti i miei libri e i miei manoscritti ai miei confratelli Discepoli, col cuore del mio cuore.

Lascio all'Orfanotwfio Femminile di Amatrice, che e stato la mia gioia piu pura, gli umili oggetti miei personali che la Reverenda Madre, Superiora dell'Orfanotwfio e delle mie "Ancelle del signore", scegliera a piacere per contentare anche le Orfanelle fra tutte dilette.

Raccomando ai miei fratelli e ai low eredi di essere sempre larghi di genero-si aiuti all'Asilo che porta, nella mia dolce Petra, il nome intemerato della Madonna nostra, la quale fu esempio nobilissimo di costante, squisita carita.

Desidero essere sepolto nella Cappella dell'Orfanotwfio Maschile di Amatrice, confunerali modestissimi.

Benedico i miei fratelli, le mie sorelle, i miei nipoti, tutti i parenti che ebbi continuamente presenti nelle mie preghiere.

Benedico i miei confratelli "Discepoli" e le mie "Ancelle del Signore" sogno e speranza della mia vita.

Ai miei Orfani e alia mie Orfane, che furon la mia ardente passione, I'au-gurio della santita che ho sempre, a giorno a giorno, cercata e invocata per low.

Roma, venticinque aprile mille novecento cinquantadue.

P. Giovanni Minozzi fu Pietro

Per Vautenticita della Copia Don Tito Pasquali

Cripta di Amatrice. Don Pierino Salvadori

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COME PESA IL GIUDIZIO VICINO! Pubblichiamo due lettere inedite del fon-

datore a suor Maria Valenti delle Ancelle del Signore, sua prima collaboratrice nella fon-dazione del ramo femminile, perche rivelatrici della concezione che di se aveva padre Minozzi.

Talmente alto era il senso del dovere-missione sacerdotale da ritenere sempre insoddisfacente quanto aveva operato per il Regno. Eppure la sua vita, "infaticabilmente premurosa della santificazione", era stata un

continuo donarsi senza posa e senza soste, impegnando le sue energia di mente e di cuore per Gesu incamato nei poveri, negli orfani in particolare.

Ogni attimo di tempo veniva utilizzato per il bene. Eppure I'idea di comparire dinanzi al Signore non lo lasciava tranquillo. "lo morso dal tormento di rubare I'inafferrabile tempo... quando declina gia al tramonto la giornata faticosa e il dovere urge a redimere quello sciupato in passato, a utilizzare al massimo

quel poco che ancora ne resta. Come fermarmi a riposare col lavoro che si moltiplica a ora a ora". Molto, a suo dire, non ave­va fatto, molto aveva malfatto e trascurato.

Sempre a suor Maria Valen­ti, cosi scriveva da Casamicciola il 1 settembre 1955: «Un saluto da questa bella terra dove son venuto a rafforzare la mia perfetta inutili­t y .

Stentiamo molto a concepire anche lontanamente questa "perfetta inutilita" di padre Minozzi. Capiamo molto bene invece la sua profonda umilta, che lo fa abbandonare in un Dio-Amore, che "non discute le quisquilie del tempo e folgora tutto in un incendio tale di carita da fondere i rottami in un'unica fiamma d'amore".

La sua santita non sara quella dell'impeccabile, ma quella del peccatore perdonato.

Come tutti i Santi! Preta di Amatrice - Monumento ai Caduti.

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...19.10.1957

Mia buona figliuola, son bloccato qui da 15 giorni: una non propriamente simpatica

bronchite m'ha tolto da I la circolazione affannosa. Spero ripartir il 23-24 per Roma... lo son vecchio e rimbambito ormai e non so piu quasi leggere e

scrivere. Oggi compio 73 anni e mi par d'essere arrivato a Matusalem. Ah, quel la giovinezza che se n'e ita cost velocemente! Quanto tempo sciupato, quanto utilizzato tanto meschinamente!

Certo o il Signore deve chiudere ambedue gli occhi per non vedere, o folgorar tutto in un incendio tale di carita da fondere i rottami vari in un'unica fiamma d'amore; il che sarebbe la miglior cosa e sara forse I'eterna realta dello Spirito.

Dio e amore e I'Amore non si attarda a discutere le quisquilie del tempo.

Speranza ch'e certezza di ineffabile gioia. P. Giovanni Minozzi

Roma, 10 luglio 1958

Mia cara figliuola, il 12 luglio di cinquant'anni fa salivo la prima volta I'Altare al mio

paese natio. A riabbracciare il lungo spazio di tempo nell'intimo del-I'anima mi sento tremare. Quanto sciupio de' doni cosi largamente largitimi dal Signore, quanta scarsa rispondenza alia sua bonta infini-tai Come pesa il giudizio vicinoi

Prega tu, figliuola, che almeno al declinare del giorno che ne resta, le ultime mie ore siano veracemente tutte quante solo purezza di carita nella fiammante brama dell'Amore eternol

Benedico con immenso cuore te, le consorelle, le orfanelle nostre. Sempre nel Signore aff.mo

P. Giovanni Minozzi M. C.

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ULTIMI MIEI RICORDI DI P. GIOVANNI MINOZZI a cura di D. RUGGIERO CAVALIERE FdD

Non rivedevo Padre Minozzi dalla fine del mese di agosto e i primi giomi di settembre del 1958, quando venne ad Amatrice, per I'inaugurazione della "Casa di Riposo" di Petra.

In uno di quei pomeriggi, vidi il Padre in intimo, animato e lungo colloquio con il Vescovo di Ascoli Piceno Mons. Marcello Morgante, nella sua stanza, mentre portai loro un rinfresco.

Trasferito da Amatrice a Padula, io non ebbi piu I'occasione di incontrare P. Minozzi, nel periodo di quasi 12 mesi. Grande fu la mia gioia, quando mi potetti recare a Roccadimezzo per partecipare agli Esercizi Spirituali tenutisi dal 23 sera (domenica) al 29 mattina (sabato) agosto 1959.

Desideravo I'incontro col Padre, che immaginavo crucciato con me, in seguito al brusco trasferimento Amatrice-Padula, per fare svanire le ombre vaghe di colpe non commesse, e fu cosi.

Dopo I'abbraccio paterno, ogni dubbio sulla sua bonta piena, si dileguo in me; voile essere informato nei particolari circa la malattia di D. Peppino Di Gennaro. infermo a Padula dal 1 ; agosto, colpito da infarto; Io ragguagliai su tutto, ne fu soddisfatto e mi raccomando caldamente di fare somministrare a D. Peppino tutte le cure necessarie; tali raccomandazio-ni mi furono ripetute spesse volte durante gli Esercizi, aggiungendo che potevamo interpellare il Prof. Monaldi a nome suo.

Durante la permanenza a Roccadimezzo, ebbi I'im-pressione che il Padre fosse di salute eccellente; ho ancora presente nella mia mente la sua alta statura e imponenza; Io ricordo molto bene in cappella, seduto nel banco (piuttosto scomodo) con noi, leggermente appoggiato di sbieco al muro, attento alle meditazioni che ci impartiva il P. Predicatore degli Esercizi.

D. Ruggiero Cavaliere.

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Un giomo a tavola, dispensato il silenzio, presen­te I'On.le Santopietro in compagnia di un altro signore, si parlo della malattia dei tumori, che aveva fatto strage di tante persone; ad un certo momento svio la conversazione e si parlo di altro.

Inoltre, pure a tavola e nel medesimo giorno, il Padre col suo sorriso e contento quanta mai. accon-discese a rivelare, a richiesta dei confratelli, i loro trasferimenti nelle varie Case dell'Opera.

Riparti da Roccadimezzo il giorno prima della chiu­sura degli Esercizi, il venerdi 28 agosto, prima mattina, con Pierino Salvadori, per Roma ove I'attendevano im-pegni impellenti. Nel saluto paterno avanti al portone d'ingresso dell'lstituto, a me raccomando i Discepolini del Seminario, ove ero stato trasferito da Padula, quale P. Spirituale; poi guardando verso destra della Casa, col gesto della mano, indico ove sarebbe sorta la chie-sa, in un altro anno.

Rividi il Padre il giorno dopo sabato sera 29 ago­sto ore 19 a Roma, nel suo ufficio di Corso Rinascimento 19, tornando da Roccadimezzo con D. Tito Pasquali e D. Salvatore De Pascalis. Mi racco­mando ancora una volta la salute di D. Peppino Di Gennaro, poi si saluto da me, con De Pascalis e usci dall'ufficio, dicendo che si recava a confessarsi nella chiesa vicina: e rivolgendosi a De Pascalis aggiunse: «Spero che tu faccia Io stesso».

Seppi poi a Padula da D. Tito e D. Pierino, venuti a fine settembre, per la chiusura dell'lstituto, che il Padre stava poco bene.

Rividi il Padre I'ultima volta a Roma nell'ospedale "Fate Benefratelli", era il 21 ottobre 1959, ore 11/12.

Tornavo da Orvieto a Roccadimezzo. ove avevo accompagnato alcuni alunni di Padula per la chiusura dell'lstituto. Fu contento della sistemazione di essi nel-I'lstituto di Roccadimezzo, apertosi da poco, e poi in tono quasi di pena esclamo: «Dunque ritorna nel silen­zio la grande Certosa di Padula».

Al suono delle campane di Roma per il mezzo-giorno, mentre ancora consumava il cibo presentato con tanta cura da Sr. Maria Valenti, ordino di recitare I'Angelus Domini; poi congedo tutti i presenti, Sr. Ma­ria, D. Pierino e me.

Rividi il Padre la sera stessa, da solo: andai per salutarlo ancora; Io trovai un po' agitato; in camera con me entro I'infermiere che serv'i il Padre nei suoi bisogni; mi saluto, gli baciai la mano e partii.

Vivo, non Io rividi piu. (Allermo di aver detto il vero)

D. Ruggiero Cavaliere, Ofena 1/11/1969

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Padre Giovanni MINOZZI Nacque a Petra di Amatrice (RI) il 19 ottobre 1884. Visse a contatto con la gente

semplice e laboriosa del borgo montano e cap! subito che la vita era fatta di sentimenti schietti, di sacrificio, di fatica e di impegno costante. Nel 1908 fu ordinato Sacerdote. Col suo carattere "esplosivo" non si concesse mai soste, impegnandosi oltre le proprie attribuzioni in svariate attivita per il bene dei propri fratelli. Seguendo il richiamo per un apostolato ancora piu ricco di impegni, parti volontario alia Guerra di Libia, come Cappel-lano Militare. nel 1912. Nel 1915 parti ancora volontario nella Grande Guerra e fu un Padre provvido e consolatore, la dove i fratelli soffrivano e morivano dove poteva alleviare le pene. Nel 1916 si incontro e conobbe colui col quale formo un binomio inseparabile. una collaborazione che durera t'ino alia morte: P. Giovanni Semeria.

Fondo le case del Soldato al Fronte; nel 1919 inauguro il primo orfanotrofio dell'Opera ad Amatrice. La sua attivita si fece sempre piu frenetica. Realizzo I'Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia; fondo, in varie region! del Sud, orfanotrofi c asili. Fondo a Ofena (AQ) una Casa di Formazione per i primi "Discepolini" e nel 1931 cbbe inizio la professio-ne dei primi 14 "Discepoli", compreso il Padre Fondatore. Nel 1940 fondo la Congregazio-ne Religiosa delle ancelle del Signore. L' 11 novembre 1959. a Roma, dopo una breve degenza in seguito ad un male incurabile, rese la sua bella e Candida anima a Dio. I semi fecondi da lui lanciati continuano a fiorire e a dare frutti di Carita e di Amore. I "Discepoli" continuano con vigore le Opere del loro grande Padre Fondatore che dall'alto infonde nei loro animi la forza per il difficile cammino.

Padre Giovanni SEMERIA Nacque a Coldirodi (IM) il 26 scttembre 1867. Suo padre mori in seguito ad una grave

malattia contratta in guerra. prima che il nostra venisse al mondo. Orlano. dunque. e orfano di guerra. Questa dolorosa condizione segnera il suo futuro. A nove anni vennc inviato nel Collegio dei Gesuiti a Cremona. Conseguito la licenza ginnasiale. cntro al-l'lstituto dei Padri Barnabiti a Moncalieri dove continuo Titer scolastico. II giovane Giovanni Semeria, oltre alia passione per gli studi, non trascuro altri interessi: fu anche un buon attore nellc recite teatrali che I'abituarono a parlare in pubblico. la vocazione religiosa si manifesto fortcmente all'eta di quindici anni. II 5 aprile 1890 vennc ordinato Sacerdote e si mise subito in luce per le sue doli di straordinario oratore. Si esprimeva con parole semplici. originali e suggestive, ottenendo sempre un totale consenso. "Charitas Christi urget nos".

Questo motto fu la sorgentc da cui scatun tutta la vita apostolica di P. Semeria e gli dicde la forza necessaria per servire la Chicsa con la sua azione incisiva e penetrante. Nei tragici periodi di guerra fu Cappellano Militare e ai soldati morenti P. Semeria promette-va di provvedere ai figli orfani.

Questo impegno lo porto a fondare insiemc al suo caro amico e collaboratore P. Giovanni Minozzi, I'Opera per il Mezzogiorno d'Italia. L'Opera continua grazie ai "Di­scepoli" i quali mantengono viva la fiamma dello spirito di P. Semeria con generosita, amabilita e umilta. II servo di Dio P. Semeria volo in eielo il 15 marzo 1931, nell'orfano-trofio femminile di Sparanise, da lui fondato.

Page 36: CVANG€LIZARC - onpmi.org · PREFAZIONE Novembre, per la Famiglia Minozziana e mese significativo, perche portatore dell'anni-versario della morte del Fondatore padre Giovanni Minozzi,

NELLA VERITA E

NELL'AMORE

2 Gv 1,3

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