Custode di mio fratello

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ANNO XXX NUMERO 1 GENNAIO 2015 Custode di mio fratello Scuola diocesana di Formazione alla cittadinanza attiva di A. Lanzieri Convocazione annuale del Rinnovamento nello Spirito Santo di A. e L. Caliendo La raccolta degli oli esausti della parrocchia Maria SS. della Stella di Nola di A. Menna La singolare pedalata dell’UILDM di Cicciano di A. Bonfiglio Un numero dedicato al mese della pace: cos’è, come si può costruire, perché è importante. Riflessioni, testimonianze ed iniziative diocesane

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Mensile della Chiesa di Nola XXX - 1 - Gennaio 2015

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015

Custode di mio fratello

Scuola diocesana di Formazione alla cittadinanza attivadi A. Lanzieri

Convocazione annuale del Rinnovamento nello Spirito Santodi A. e L. Caliendo

La raccolta degli oli esausti dellaparrocchia Maria SS. della Stella di Noladi A. Menna

La singolare pedalata dell’UILDM di Ciccianodi A. Bonfiglio

Un numero dedicato al mese della pace:cos’è, come si può costruire, perché è importante.Riflessioni, testimonianze ed iniziative diocesane

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mensile della Chiesa di Nola

in Dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985Direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo FormisanoStampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 27 gennaio 2015

Il tema della pace è quello che accompagna il tempo dell’uomo

e il suo percorso di vita. Tema ricco e complesso. Il primo ri-lievo da fare è che i tre nomi «šalŏm, eirēně e pax» esprimono aspetti caratteristici di uno stile di vita di una realtà: totalità in-tegra del benessere soggettivo e oggettivo (šalōm), la condizione propria del tempo e dello stato in cui esiste l’assenza del con-flitto e della guerra (eirēně) e la certezza di accordi stipulati e accettati (pax).

La pace, nel senso ebraico ori-ginario, sembra essere «l’atto del completamento», della «con-dotta a pienezza» di una realtà che in sè risulta mancante. Pace, nel senso latino del termine, sembra indicare una condizione stabile complessiva, che risulta dall’atto di offrire un riferimento preferenziale tanto allo stato og-gettivo di una realtà che è quale deve essere, quanto alla condi-zione soggettiva di soddisfazione o appagamento di chi non man-ca di nulla; šalōm, dice dunque “bene, benessere”. Pace, dun-que, è armonia del gruppo uma-no e del singolo con Dio, con la realtà umana, con gli altri simili, gruppi ed individui e con se stes-si, benessere totale.

Nell’esperienza della prima umanità, il mancato incontro con il Signore, che porta all’allonta-namento di Adamo ed Eva dall’E-den, assume una tonalità par-ticolare. La nascita di un figlio offre l’opportunità di assaporare la positività della vita nonostan-te il buio sperimentato. Poiché in

ebraico “qayin” ha il significato di «acquistare», il nome dato – Caino – esprime la concezione del figlio come dono del Signore.

Sin dall’inizio, Caino è il per-sonaggio principale. Dobbiamo evidenziare che non è presentato come figlio di Adamo, ma come fratello di Abele. Il termine “fra-tello” è ripetuto ben sette volte lungo il racconto. Questo vuol dire che l’autore biblico ha volu-to porre al centro la realtà della fraternità. Adamo ed Eva sono prototipi dell’umanità; Caino ed Abele lo sono della fraternità. Dicono che gli uomini hanno un legame: sono fratelli. Il signi-ficato del nome di “Abele”, più che indicare un nome proprio, è un nome comune, che ha una valenza simbolica. Esso significa «soffio, alito, respiro» per indi-care la natura transitoria della vita. Caino è il coltivatore, Abe-le il pastore. Rappresentano due stili di vita, modi di vivere di po-poli diversi. Nel racconto biblico può essere stato un evidenziare la vita seminomade (Abele) in contrasto con la vita sedentaria (Caino prima del delitto) e quel-la strettamente nomade (Caino dopo il delitto). È la storia che ora riceve un significato più uni-versale: riguarda tutta l’umanità. Ciò che accade nel rapporto tra Caino ed Abele diventa il proto-tipo dello scontro e del conflitto.

Il peccato originale, non tan-to come evento che, cronologi-camente è primo, ma in quanto rappresenta l’essenza stessa del peccato, mentre nel rapporto tra Adamo ed Eva accade nel rappor-

«Sono forse il custode di mio fratello?»di Paolo di Palo

Arcobaleno di umanitàdi Mariangela Parisi

Un numero dedicato alla pace non solo perché gen-naio è il mese dedicato a questo prezioso bene e fine dell’umanità, ma anche e soprattutto perché ci sem-brava importante parlare di pace mentre il mondo è sotto tiro, mentre ognuno è ormai costretto a vivere nel mirino di cecchini del giorno.Gli attentati di Francia hanno reso evidente che il mondo è tutt’altro che in pace, non solo perché tan-ti sono i focolai di guerra ma anche perché si è tal-mente distratti dalla corsa del mondo che non ci si accorge che in molte parti esso è in guerra.La distrazione, sorella dell’indifferenza, ci fa vi-vere restando insensibili al dolore,al sangue, al terro-re….fino a quando non ci piombano in casa.Ma non ci si può dare da fare per la pace solo quan-do la nostra pace apparen-te è turbata, non ci si può indignare solo quando è il nostro sangue che rischia di scorrere: ci piaccia o no, siamo sempre chiamati ad essere custodi dei no-stri fratelli, a generare alla vita, a raccontare ai più piccoli la bellezza del do-narsi.Queste responsabilità ab-biamo voluto raccontare in questo numero attraverso due riflessioni, delle testi-monianze di chi proviene da terre difficili, il raccon-to della marcia diocesana dell’Ac la cui gioia ha at-traversato le gocce di piog-gia battente generando un arcobaleno di umanità.

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03gennaio 2015

La Terza Paginato dell’uomo con se stesso, come rifiuto della propria creaturalità, come pretesa di onnipotenza, nel rapporto tra Caino ed Abele vie-ne colto nel suo versante sociale, nel rapporto dell’uomo con il suo fratello in quanto «altro».

L’offerta del frutto del proprio lavoro evidenzia la diversità, umiliante per Caino, gratificante per Abele. Non è spiegato il moti-vo della differenza di accoglien-za: è una realtà che appartiene al Signore. Ma è interessante notare che potrebbe essere l’in-teresse del Signore per ciò che è minore, e, in questo caso, il figlio minore, come Isacco nei confron-ti di Ismaele, Giacobbe di Esaù, Giuda rispetto ai suoi fratelli maggiori. Questa è l’occasione per dire che il peccato, la ten-tazione, sono raffigurati come un animale continuamente presente e «accovacciato» che attende la sua preda sul ciglio della strada.

Caino la prese proprio male, non riesce ad assorbire questa dif-ferenza. L’immagine che emerge è una persona che cammina con la testa bassa, lo sguardo rivolto alla terra. Mentre il peccato vie-ne descritto sobriamente, senza drammatizzare, ci troviamo di fronte al progredire del male che trova conferma nella risposta in-solente di Caino a Dio stesso.

Qui interviene il Signore. Il suo parlare è come la coscienza, sacrario dove avviene il dialogo tra Dio e la persona. Senza man-care di rispetto potremmo dire che è come il grillo parlante di Pinocchio. «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?». La voce di Dio, che è la coscienza buona, conduce Caino ad un’ana-lisi di se stesso. Dal momento in cui la vita umana deriva da Dio, il sangue versato da una creatu-ra griderà verso il suo legittimo signore. L’agire cattivo è l’espe-rienza del male accovacciato alla porta del centro decisionale dell’uomo.

La terra ha qui un ruolo impor-tante. Il rapporto tra l’uomo e la terra è condizionato dalla di-pendenza dell’uomo dai frutti di essa. Il rapporto si spezza.

Il racconto dell’omicidio è

espresso in poche parole. La sop-pressione del fratello nasce da una soggettività che non acco-glie la diversità dell’altro. Cai-no non accetta Abele. L’interesse del racconto non sull’omicidio in se, ma su ciò che lo prece-de e su ciò che segue. Il delitto diventa castigo: Caino diventa “nomade”. Essere bandito dalla terra significa essere confinato a luoghi deserti. L’omicidio nasce nel cuore di un uomo che accet-ta solo se stesso e gli altri come se stesso. Ciò significa che Caino rifiuta di avere un fratello e di essere fratello. Caino cancella il fratello dalla realtà della sua mente: «Sono forse il custode di mio fratello?», è la cancellazione totale dal proprio mondo.

Caino cancellando Abele can-cella anche se stesso, il suo es-sere fratello. Abele, che non ha mai parlato, una volta ucciso, fa sentire la sua voce: «La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo». È la voce del violen-tato, dell’oppresso, del crocifis-so, il quale fa elevare la richiesta e l’esigenza della giustizia. La terra (l’uomo è il “terrestre”, fatto di terra) è profanata e que-sta profanazione produce la sua ribellione. Uccidendo il fratello, l’uomo perde la sua dimensione di fraternità e perde la terra. Sarà fuggiasco e chiunque lo in-contrerà potrà anche ucciderlo. Si innesca la catena: l’omicida potrà incontrare altri omicidi sul-la terra non più coltivata.

Ma il Signore vieta la vendet-ta, protegge la sua vita, anche se omicida. Alla violenza non si può rispondere con la violenza. Subi-rà la vendetta, che è la «vindi-catio», il diritto dell’ucciso. Così Dio stesso si fa custode della vita di Caino, si cura di lui, presen-tandosi come il Dio che difende il diritto dell’ucciso – Abele – e si fa difesa della vita dell’omicida.

A partire da questa esperienza, l’opera della pace, nella vita cre-dente, ha un aspetto che riguar-da la propria persona umana e cristiana, che consiste in un com-portamento che è conseguenza di una volontà di vivere in armo-nia, sintonia con l’altro. La pro-

mozione di questo atteggiamento e stile di vita è la conseguenza di aver accolto i sentimenti del cuo-re di Cristo, il quale ha realizzato l’opera della riconciliazione.

La crescita nell’esperienza della costruzione della pace è la possibilità di fare l’esperienza profonda di divenire figli abbrac-ciati dall’amore di Dio, il cui mo-dello è la beatitudine: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio», dove è an-ticipato, in qualche modo, il contenuto allo stile di esistenza: amore totale, anche nei confron-ti dei propri nemici, «per essere e dirci realmente che siamo figli del Padre che è nei cieli».

Realizzare la pace, per custo-dire la vita del proprio fratello, nei profili contraddittori del no-stro tempo, chiede agli uomini di buona volontà ad appassionar-si alla «cultura della vita», non per un semplicistico sopravvivere dell’uomo, ma per la qualità del suo percorso esistenziale.

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mensile della Chiesa di Nola

«Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa

hai fatto del tuo fratello?” (cfr Gen 4,9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani». Si chiude così il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale per la Pace 2015. Si chiude con una domanda: il santo Padre afferma che a noi, che trascorriamo la vita a domandare felicità, alla fine dei tempi verrà posta una domanda sulla felicità del nostro prossimo.

La vita, che è un continuo interrogarsi, un continuo dubitare, dovrebbe quindi chiudersi con una domanda che contiene in sé la risposta alle domande della vita: la carità, la possibilità di scoprirsi

pienamente uomini poggiando il proprio sguardo sulla vita degli altri: non per impossessarcene ma per mettercene al servizio, per generare alla vita nella e per la libertà. Come infatti affermano Mauro Magatti e Chiara Giaccardi in Generativi di tutto il mondo unitevi, non basta mettere al mondo: se pianto un fiore e non lo innaffio, quel fiore muore. Generare è infatti un’azione iterativa, un fare continuativo e condiviso che osta con l’atteggiamento da consumatori che domina l’oggi e che ci spinge ad essere continuamente iniziatori di azioni che difficilmente portiamo a termine. Generare è cura nel tempo: come la pace, come la libertà: non sono date per sempre ma sono da conquistare continuamente. Come l’amore che non si riduce alla fase dell’innamoramento ma è un continuo accogliersi e perdonarsi, un continuo domandare all’altro la verità del proprio cuore.

Perché senza verità non si dà amore e non si dà pace ovvero non si dà giustizia: la non verità è un voltare le spalle alla realtà, è un voltarsi dall’altra parte davanti al fratello in difficoltà, davanti ad un sopruso, davanti ad una sofferenza, davanti ad un’ingiustizia, anche quella che ci pare venga compiuta contro di noi: voltarsi dall’altra parte è rifiutare il dialogo e la possibilità di sanare l’ingiustizia, di medicare la ferita. La non verità è favorire la schiavitù dell’altro e la nostra.

«Oggi, - scrive ancora il Santo Padre - a seguito di un’evoluzione positiva della coscienza dell’umanità, la schiavitù, reato di lesa umanità, è stata formalmente abolita nel mondo. Il diritto di ogni persona a non essere tenuta in stato di schiavitù

Per costruire la pace è necessario non voltarsi dall’altro lato, è necessaria la verità

PACe: queStIoNe DI GeNeRAtIVItàdi Mariangela Parisi

o servitù è stato riconosciuto nel diritto internazionale come norma inderogabile. Eppure, malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme

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05gennaio 2015

CusTode di mio FraTeLLoe avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone - bambini, uomini e donne di ogni età - vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù».

“Che cosa hai fatto di tuo fratello?”: questo ci verrà chiesto. Non come ti sei comportato con tuo fratello, ma cosa hai fatto cioè come hai lavorato con quella preziosa materia prima che è la

vita di quanti incontriamo e ci vengono affidati: ne hai fatto un capolavoro? L’hai generato alla vita e alla libertà? Ti sei posto come testimone di umanità? O davanti alla complessità della vita altrui ti sei voltato dall’latro lato? O davanti alla preziosità della vita altrui ti sei comportato da padrone? Non ci sarà mai pace se l’altro sarà solo qualcuno da “tollerare” e non da accogliere, da generare. Generare - sottolineano ancora Magatti e Giaccardi - è la

forma della generosità e della genialità che fa bella la vita e la rinnova da dentro, attraverso un atto di donazione di sé che non è annullamento ma continuo aprirsi alla vita e alle sue forme nella fedeltà al suo essere stati generati. La generatività salva dal delirio dell’Io e apre al mistero, alla sorpresa: ecco perché essa arriva a trovare anche quello che non cerca e a raccogliere quello che non ha seminato, ecco perché solo da essa può venire la pace.

GIUSEPPINA BAKHITA (1869-1947) Il testimone del Messaggio del Papawww.vatican.va

Giuseppina M. Bakhita nacque nel Sudan nel 1869 e morì a Schio (Vicenza) nel 1947. Bakhita non è il nome ricevuto dai genitori alla sua nascita. La terribile esperienza le aveva fatto dimenticare anche il suo nome. Bakhita, che significa «fortunata», è il nome datole dai suoi rapitori. Venduta e rivenduta più volte conobbe le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù. Nella capitale del Su-dan, venne comperata da un Console italiano, il signor Callisto Legnani. Per la prima volta dal giorno del suo rapimento si accorse, con piacevole sorpresa, che nessuno, nel darle comandi, usava più lo staffile. Situazioni politiche costrinsero il Console a partire per l’Italia. Bakhita chiese ed ottenne di partire con lui e con un suo amico, un certo signor Augusto Michieli. Giunti a Genova, il Signor Legna-ni, su insistente richiesta della moglie del Michieli, accettò che Bakhita rimanesse con loro. Ella seguì la nuova «famiglia» nell’abitazione di Zianigo (frazione di Mirano Veneto) e, quando nacque la figlia Mimmina, Bakhita ne divenne la bambinaia e l’amica.L’acquisto e la gestione di un grande hotel a Suakin, sul Mar Rosso, costrinsero la signora Michieli a trasferirsi in quella località per aiutare il marito. Nel frattempo, dietro avviso del loro amministra-tore, Illuminato Checchini, Mimmina e Bakhita vennero affidate alle Suore Canossiane dell’Istituto dei Catecumeni di Venezia. Ed è qui che Bakhita chiese ed ottenne di conoscere quel Dio che fin da bambina «sentiva in cuore senza sapere chi fosse».Dopo alcuni mesi di catecumenato Bakhita ricevette i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana e quindi il nome nuovo di Giuseppina. Era il 9 gennaio 1890. Quel giorno non sapeva come esprimere la sua gioia. I suoi occhi grandi ed espressivi sfavillavano, rivelando un’intensa commozione. In seguito la si vide spesso baciare il fonte battesimale e dire: «Qui sono diventata figlia di Dio!».Quando la signora Michieli ritornò dall’Africa per riprendersi la figlia e Bakhita, quest’ultima, con de-cisione e coraggio insoliti, manifestò la sua volontà di rimanere con le Madri Canossiane e servire quel Dio che le aveva dato tante prove del suo amore. La giovane africana, ormai maggiorenne, godeva del-la libertà di azione che la legge italiana le assicurava. Bakhita rimase nel catecumenato ove si chiarì in lei la chiamata a farsi religiosa, a donare tutta se stessa al Signore nell’Istituto di S. Maddalena di Canossa. L’8 dicembre 1896 Giuseppina Bakhita si consacrava per sempre al suo Dio che lei chiamava, con espressione dolce, «el me Paron».Per oltre cinquant’anni questa umile Figlia della Carità, vera testimone dell’amore di Dio, visse pre-standosi in diverse occupazioni nella casa di Schio: fu infatti cuciniera, guardarobiera, ricamatrice, portinaia. Venne la vecchiaia, venne la malattia lunga e dolorosa, ma M. Bakhita continuò ad offrire testimonianza di fede, di bontà e di speranza cristiana. A chi la visitava e le chiedeva come stesse, rispondeva sorridendo: «Come vol el Paron». Nell’agonia rivisse i terribili giorni della sua schiavitù e più volte supplicò l’infermiera che l’assisteva: «Mi allarghi le catene...pesano!». Fu Maria Santissima a liberarla da ogni pena. Le sue ultime parole furono: «La Madonna! La Madonna!», mentre il suo ul-timo sorriso testimoniava l’incontro con la Madre del Signore. M. Bakhita si spense l’8 febbraio 1947 nella casa di Schio, circondata dalla comunità in pianto e in preghiera. Una folla si riversò ben presto nella casa dell’Istituto per vedere un’ultima volta la sua «Santa Madre Moretta» e chiederne la pro-tezione dal cielo. La fama di santità si è ormai diffusa in tutti i continenti. processo per la causa di Canonizzazione iniziò dodici anni dopo la sua morte e il 1 dicembre 1978 la Chiesa emanò il decreto sull’eroicità delle sue virtù

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gennaio 201506

mensile della Chiesa di Nola

La pace rischia di essere un’entità metafisica, un

puro concetto vuoto e formale, se non si incarna in storie di vita capaci di raccontarla. Lo scorso 18 gennaio c’è stata a Pomigliano d’Arco la “Marcia per la pace” organizzata dall’Azione Cattolica diocesana (ne parliamo a pag. 8). Un appuntamento per sensibilizzare soprattutto bambini e ragazzi, assieme alle loro famiglie, sul tema della pace, tornato di drammatica attualità.

Due i testimoni di pace che hanno animato quella giornata. Li avviciniamo a margine dell’incontro. Il primo è Vincenzo Bellomo, classe ’79, laico fidei donum di Mazara del Vallo, E’ sposato e ha due figli.

Vincenzo quando sei arrivato in

Terra Santa?Nel settembre del 2006, con un

mandato laico della mia diocesi Mazara del Vallo, missionario a servizio della Chiesa di Gerusalemme in un progetto di scambio e cooperazione tra le chiese del mediterraneo. Ora la mia attività si svolge per lo più a Betlemme. Qui i cristiani sono meno del 15% ed è un bel numero, se consideriamo che i cristiani in Terra Santa raggiungono a malapena il 2%.

Di cosa ti occupi?Il mio lavoro è quello di servire

le locali comunità cristiani, nello specifico sono incaricato di seguire la Caritas: assistiamo gli ultimi, gli ammalati, i bambini, anche promuovendo per questi un servizio di adozioni a distanza, aiutiamo la gente a ricevere

servizi e via di seguito. Purtroppo operiamo in un contesto armato. Il conflitto sembra non trovare dover trovare mai una soluzione. Cerchiamo di dare speranza concreta alle persone che incontriamo.

Dopo l’attentato di Parigi al giornale Charlie Hebdo, è mutato il clima sociale in Terra Santa?

Ad essere sincero non è cambiato molto. Purtroppo, le scene di Parigi noi le viviamo di frequente: attacchi, attentati. Viviamo, come dicevo prima, in un contesto di guerra. Quello di cui però le persone nei luoghi dove vivo si accorgono è che i fatti di Parigi mettono in luce la fragilità del sistema europeo. Sembra che l’Europa abbia perso la propria identità, anche

Due testimoni di pace: Vincenzo Bellomo e Alassane Natremy

DIFFeReNze A tu PeR tudi Alfonso Lanzieri

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07gennaio 2015

CusTode di mio FraTeLLoreligiosa, e appare smarrita, quasi paurosa.

Che cosa vuol dire costruire la pace in Terra Santa?

Essere promotori di pace significa essere semi di pace, significa costruire ogni giorno con la propria presenza, con la propria vita, delle azioni quotidiane che trasmettono agli altri il messaggio della nostra fede. Ogni giorno come cristiani ovunque siamo, e dunque spero anche io a Betlemme, dobbiamo dare la nostra testimonianza di fede col nostro lavoro. La testimonianza di fede, in quanto tale, è un’azione di pace.

Il secondo testimone si chiama Alassane Natremy, viene dal Burkina Faso, nazione di quel continente, l’Africa, scenario di brutali conflitti etnici e religiosi. Il suo quindi è un osservatorio privilegiato.

Abita da circa dieci anni a Napoli. Ha lavorato a stretto contatto coi bambini nell’ambito di progetti educativi ed è attore. Nelle sue parole la realtà semplice di un incontro realmente vissuto tra appartenenti a fedi diverse.

Prima di venire in Italia qual era la tua vita in Burkina Faso?

Prima di trasferirmi in Italia lavoravo in una farmacia. Poi le ferie, un viaggio in Europa, e la voglia di restare in Italia, a Napoli, dove già altri miei connazionali vivevano.

L’Africa è spesso teatro di scontro tra diverse etnie e gruppi religiosi. Proprio le cronache di questi mesi raccontano purtroppo di massacri di cristiani in Nigeria. Come è la situazione nel tuo paese?

Fortunatamente nella mia nazione i fedeli delle diverse religioni convivono abbastanza pacificamente. Circa la metà della popolazione è di fede islamica – e anche io sono

musulmano – poi circa il 30% sono cristiani. La restante parte è di fede animista. Il punto è che nessuna religione istiga all’odio. Io ho la fortuna di venire da un territorio nel quale la differenza non è mai stata la scusa per atti violenti.

A questo punto Alassane mi racconta un simpatico aneddoto dell’infanzia.

Quando ero bambino avevo amici cristiani e giocavamo

assieme. Ad un certo punto, però nel pomeriggio, loro dovevano andare al catechismo. Io non volevo staccarmi da loro, volevo continuare a giocare.

Allora li seguivo e stavo con loro durante il tempo del catechismo. E questo non ha mai costituito un problema per me personalmente o per le nostre rispettive famiglie. La pace è un comportamento, e si può assumere solo nello sforzo di conoscenza reciproca.

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gennaio 201508

mensile della Chiesa di Nola

“La gioia di condividere con voi questi momenti è sempre

tanta. Sono felice che la mia parrocchia abbia partecipato a questa giornata entusiasmante!”

“Nonostante l’organizzazione stravolta all’ultima ora...la giornata è andata benissimo!”

“È stato bellissimo vedere una chiesa gremita di gente. Tutti insieme per un solo scopo: dare vita alla pace! Grazie, a ciascuno di voi!”

Sono solo alcuni delle decine e decine di post su facebook scritti dai partecipanti alla ‘Marcia della Pace’ organizzata dall’Azione Cattolica diocesana che si è tenuta lo scorso 18 gennaio a Pomigliano D’Arco. Quasi un migliaio i partecipanti all’evento che ha visto unirsi i bambini, giovani, educatori e famiglie, tutti assieme per dire anche pubblicamente l’impegno quotidiano per la pace. A rischiare di guastare l’appuntamento, la forte pioggia che si è abbattuta in Campania proprio nel week-end in cui era prevista la Marcia e che ha costretto gli organizzatori a modificare all’ultimo momento il programma previsto. I partecipanti, infatti, avrebbero dovuto percorrere le principali vie pomiglianesi attraversando a

piedi la città. Il maltempo, però, ha fatto sì che la manifestazione si svolgesse interamente presso la parrocchia Maria SS. Del Rosario, nel centro del comune.

Il cambiamento repentino, però, non ha ridotto il calore e la partecipazione: l’aula liturgica della parrocchia è stata letteralmente invasa da bambini e ragazzi provenienti dalle diverse zone della diocesi. Qui, tra danza, musica e riflessioni, la pace è stata gridata, celebrata e pensata assieme, a misura di bambino.

In particolare, i due interventi di Vincenzo Bellomo, missionario laico in Terra Santa, e Alassane Natremy, attore originario del Burkina Faso, sono stati particolarmente apprezzati per la loro incisività. Non poteva mancare ovviamente la presenza del vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma, che ha sottolineato quanto sia fondamentale costruire legami amorevoli nel quotidiano per tessere la trama della pace nel nostro territorio: “la pace è frutto dell’educazione. La comunità cristiana e la famiglia devono educare alla pace inculcando il rispetto e l’attenzione per l’altro”.

Marcia della Pace a Pomigliano

CoStRuIRe PoNtI PeR uN MoNDo uNItodi Alfonso Lanzieri

Stesso concetto ribadito dal presidente diocesano dell’Azione Cattolica, Marco Iasevoli:” la pace è per noi anzitutto un impegno ordinario ad avere relazioni sane a casa, in famiglia, a scuola, sul lavoro. Per noi la pace è viver bene l’ordinario. Certo, questo ha un prezzo, essere uomini di pace a volte non paga. Se non accetti le regole del conflitto, della competitività esasperata, puoi pagarne il prezzo nei rapporti, nella carriera. Vivere da uomini di pace vuol dire saper fare un passo indietro rispetto alla proprie ambizioni per fare spazio anche alle ambizioni di un altro, per il bene comune. Questo è un costo che spesso non tutti vogliono accettare. L’idea di una marcia – ha aggiunto Iasevoli - nasce dal desiderio di portare in strada la bellezza concreta di una vita vera, piena, entusiasta, felice”.

Una concretezza testimoniata anche dall’iniziativa di solidarietà promossa durante la Marcia. L’evento, infatti, è servito anche a raccogliere fondi attraverso la vendita delle “matite della pace”, fondi che saranno destinati all’installazione di pompe idriche nei villaggi del Burkina Faso.

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09gennaio 2015

Abitare i luoghi, dar vita agli spaziInaugurazione della Scuola diocesana di Formazione alla cittadinanza attiva

Vivere nella SperanzaConvocazione diocesana annuale dei gruppi del Rinnovamento nello Spirito Santo

Acqua nuova alla locandaIl seminario del Rinnovamento nello Spirito Santo di Nola e Acerra presso una comunità di recupero

La persona e l’economia: un abbraccio possibileFormazione permanente dei presbiteri: incontro con Leonardo Becchetti

Cafè ShoahStudenti a teatro per il Giorno della Memoria

un silenzio carico di ascolto esercizi spirituali dei giovani di Azione Cattolica

In Diocesi

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mensile della Chiesa di Nola

Inaugurazione della Scuola diocesana di Formazione alla cittadinanza attiva

ABItARe I LuoGhI, DAR VItA AGLI SPAzIdi Alfonso Lanzieri

ni, gli individui formatisi nel sud continuano ad avvertire. In altri termini “negli ultimi anni la mo-bilità di laureati si sta trasfor-mando in mobilità degli studen-ti. E la Campania non riesce ad essere attrattiva per gli studenti di altri territori. Il sud soffre di una grave emorragia di capitale umano da anni. Come possiamo immaginare uno sviluppo econo-mico al sud se perdiamo la classe dirigente di domani?”. Il punto, ha spiegato ancora il prof. Man-fredi, è che non possono esiste-re territorialità e appartenenza

Riparte per il quarto anno con-secutivo la Scuola diocesana

di Formazione alla cittadinanza attiva. Lo scorso venerdì 16 gen-naio, infatti, presso il Salone dei Medaglioni del Palazzo vescovi-le di Nola, è stato presentato il piano del percorso formativo pro-mosso dall’Ufficio per i Problemi sociali e il lavoro e dall’Azione Cattolica. Il tema di fondo di que-sto quarto anno della Scuola sarà “Territorialità e partecipazione”.

L’inaugurazione ha visto la pre-senza del prof. Gaetano Manfre-di, rettore dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” che ha relazionato sul tema: ‘Territo-rialità e Appartenenza. Impegno e Responsabilità per tutti’. Dopo i saluti e l’introduzione di Don Aniello Tortora, responsabile del-la Pastorale sociale diocesana, il prof. Manfredi – iniziando il suo intervento – ha elencato e de-scritto i fenomeni sociali che im-poveriscono il nostro territorio. Primo tra tutti, l’enorme “fuga di cervelli” di cui è vittima il sud Italia, prima ancora che – com-plice la crisi – questa dinamica iniziasse ad interessare l’intero territorio nazionale. Ad andarse-ne, nella maggior parte dei casi, sono proprio quei giovani alta-mente scolarizzati (in possesso di lauree o formazione post-laurea) che non riescono a trovare col-locazione lavorativa nelle regio-ni meridionali. In questi ultimi tempi però, sottolinea il Rettore, questo fenomeno ha conosciuto una sorta di evoluzione, in nega-tivo: se infatti fino a pochi anni fa ad andarsene erano i laureati, oggi i giovani lasciano il sud subi-to dopo il diploma perché scelgo-no di formarsi altrove in Italia o all’estero. In tal modo, si inter-rompe anche quel nient’affatto flebile sentimento di appartenen-za territoriale che, seppur lonta-

senza sviluppo economico perché senza quest’ultimo la gente non ha opportunità: opportunità di restare per veder riconosciuti qui i suoi talenti, la sua professiona-lità, per poter inseguire qui, nel proprio territorio la felicità cui aspira.

Ecco un altro aspetto da chia-rire. Al sud non manca, dice il Rettore, qualità della forma-zione. “Dai nostri licei arrivano all’Università giovani molto do-tati. Evidentemente nelle scuole secondarie di secondo grado ci sono ancora ottimi insegnanti e

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11gennaio 2015

in dioCesigiovani di grande talento. Tutta-via la mancanza di opportunità e la bassa qualità della vita spinge queste persone a lasciare il me-ridione in vista di prospettive mi-gliori”.

Il prof. Manfredi, inoltre, ha sottolineato un altro drammati-co fenomeno che riguarda anche il nostro sud: l’esistenza di una fetta rilevante di ragazzi che né studia né lavora (in Campania si aggirano attorno al 20% degli in-dividui in età giovanile). Un pro-blema di cui certamente occorre farsi carico con risposte urgenti.

Come rispondere ai problemi evidenziati? Come declinare la territorialità in chiave moderna, in modo da rispondere alle sfide di questi anni? Due i punti sotto-lineati. Anzitutto “serve ripartire dal sistema formativo, il quale

deve includere la maggior parte della popolazione in modo che abbia opportunità. In tal senso occorre una vera e propria stra-tegia eccezionale per affrontare il tema dell’inclusione scolasti-ca”.

L’aspetto educativo, insomma, è un punto nevralgico. In secon-do luogo, serve far ripartire lo sviluppo ed uno sviluppo vero, che non sia frutto di logiche as-sistenzialistiche. In quest’ottica “va notata – ha affermato il re-latore – una certa incapacità ad intercettare le domande delle imprese che spesso ricercano ma-nodopera qualificata e non la tro-vano mentre, di contro, in altri settori esistono troppe persone qualificate per pochi posti dispo-nibili”. In breve: c’è una distonia tra sistema formativo e sistema

produttivo-imprenditoriale. Per incoraggiare l’appartenenza al nostro territorio, ha concluso Manfredi “non serve incoraggiare una sorta di narrazione oleogra-fica e romantica del meridione, magari in contrapposizione al nord. Serve, più realisticamente, rendere competitivi i nostri terri-tori in termini di sistema produt-tivo, formativo e infrastruttura-le”.

Il vescovo di Nola, mons. Benia-mino Depalma, prendendo la pa-rola a conclusione dell’inaugura-zione, ha citato quella che lui ha definito “una strana benedizione cinese”: possa tu vivere momenti difficili. “I momenti difficili – ha detto Padre Beniamino – sono an-che i più belli perché i più deci-sivi. Decisivi perché ci invitano a ripensare l’intera struttura della nostra esistenza.

Oggi l’Europa rischia di perdere la sua vocazione umanistica. Stia-mo vendendo la nostra storia al consumismo e all’individualismo. Si tratta allora di formare l’uo-mo, come ha giustamente sotto-lineato il Rettore. Ma dobbiamo essere vigili: la territorialità e l’appartenenza oggi, nel mondo contemporaneo, non possono più essere declinati in maniera stati-ca. Non ci è più concesso in un mondo globale. L’appartenenza non si deve identificare con lo statico rimanere ma col portare sempre con sé la propria identità ben formata”.

Gli incontri di formazione si svolgeranno da gennaio a mag-gio, presso la Curia vescovile di Nola, dalle 9:00 alle 12:00. Par-tecipazione, Città e costituzio-ne, Legalità, Ambiente, Lavoro ed economia sociale i temi che si affronteranno, affidati rispet-tivamente a don Aniello Tortora, al dott. Umberto Ronga, dell’U-niversità di Napoli Federico II, al dott. Vincenzo D’Onofrio, Magi-strato, al dott. Stefano Di Fog-gia, Responsabile della Pastorale sociale per la Diocesi di Aversa e al Prof. Gian Paolo Cesaretti, dell’Università Parthenope di Na-poli.

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mensile della Chiesa di Nola

Convocazione diocesana annuale dei gruppi del Rinnovamento nello Spirito Santo

VIVeRe NeLLA SPeRANzAdi Antonio e Lina Caliendo

“[…] ma quelli che sperano nel Signore rinnovano le loro

forze, mettono le ali come aquile, corrono senza affaticarsi, camminano senza stancarsi” (cf Is 40,31). Questi i versi sui quali lo scorso 21 dicembre, presso la Parrocchia “Sacro Cuore” di Pontecitra in Marigliano, i 10 gruppi del RnS della diocesi, hanno meditato in occasione dell’annuale convocazione.

Mario Landi, Coordinatore Nazionale del RnS in Italia, ha relazionato sul tema aiutando i presenti a ripensare alla figura del profeta come colui che ‘parla in nome di Dio’, la cui parola è parola di Dio e proietta nel futuro ciò che Dio mette nel cuore di ogni credente: la speranza. Il profeta è colui che ci invita a non essere ripiegati su noi stessi ma ad alzare lo sguardo, tralasciando la tristezza e il fallimento, perché il Cristiano vive per guardare il Cielo e non la terra. Quando parla il profeta? Quando la nostra vita è ad una svolta. Il profeta alimenta la fede e la fiducia degli uomini nelle promesse di Dio.

Noi che speriamo nel Signore

siamo chiamati a vivere la nostra storia con gioia e speranza. Dio fa ad ogni uomo una promessa e la promessa è Gesù che è venuto in mezzo a noi. Il prologo di Giovanni inizia proprio con questa promessa che si è realizzata: “[….] e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”(cf Gv 1,14). Se non c’è questa promessa non c’è Avvento. Papa Francesco ci invita a cercare Gesù ogni giorno: Egli deve nascere nel cuore di ogni cristiano ogni giorno perché l’Avvento ci sia sempre. Con Gesù possiamo alzare il nostro sguardo, Egli sempre ci dona e ridona la gioia. «Dio si prende cura di ogni creatura nella gioia e nelle avversità» ha sottolineato nella sua catechesi Landi, concludendo con lo sprone a sperare sempre, ricordando come Abramo sperò contro ogni speranza e che fu proprio la speranza a sostenere la fede di Abramo.

La speranza sostiene la fede e la carità. Simpatico l’esempio fatto da Landi, delle tre sorelle che si tengono per mano: la fede senza la speranza è la fede dei cristiani tali per tradizione; la carità senza speranza è fare del bene fine a sé stesso. È la speranza a dare forza, a farci avanzare. La speranza fa di ogni battezzato un “cristoforo”, un portatore di Cristo, perché quando si incontra Gesù Cristo non si può più rimanere fermi.

Tutti prima di incontrarLo (Maria di Magdala, i discepoli di Emmaus, la Samaritana, ciascuno di noi) siamo senza speranza, ma quando lo incontriamo, mettiamo ali come aquile, corriamo per raccontare agli altri ciò che abbiamo vissuto: l’incontro con Gesù che parla al nostro cuore e ridona la speranza di una vita migliore, una vita spesa con

amore per l’Amore. La giornata ha visto il suo

culmine nella Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo di Nola S.E. Mons. Beniamino Depalma e concelebrata insieme a don Pasquale Giannino, parroco della Chiesa di Pontecitra.

Nell’omelia p. Beniamino ha profeticamente continuato la riflessione iniziata al mattino da Mario Landi. Soffermandosi sulla figura di Maria che riceve l’annuncio dell’angelo, il Vescovo ha sottolineato la fiducia della Vergine in tutto ciò che Dio compie: Ella da subito si offre come serva del Signore, dona la Speranza accogliendola nel suo grembo. L’incarnazione di Gesù è l’attesa più importante, che ci fa superare ogni ostacolo, ogni difficoltà, ogni momento difficile che non manca mai nella vita dei cristiani. Padre Beniamino, nel ringraziare il RnS per la sua presenza in diocesi, con il fare paterno che lo contraddistingue, ha rassicurato Mario Landi: «Questi gruppi della diocesi di Nola hanno un grande senso di Chiesa, sono molto legati alla Chiesa locale. Sento questi gruppi molto vicini al nostro cammino pastorale e anche al mio ministero» e ha lasciato due grandi consegne: rendere le nostre parrocchie più vive, più vivaci, non per le attività, non per l’organizzazione ma per la presenza dello Spirito; il servizio alle famiglie e al mondo.

Nel pomeriggio, raggiunti da don Luigi Mucerino, tutti i convocati hanno adorato Gesù Eucaristia e pregato per 30 fratelli che hanno ricevuto la preghiera per una rinnovata effusione dello Spirito Santo. La giornata si è conclusa con un piccolo rinfresco e torta beneaugurante di una vita nuova nello Spirito Santo.

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in dioCesi

Durante un ritiro di tre gruppi del Rinnovamento nello Spirito

Santo della diocesi di Nola, tenutosi lo scorso 6 luglio presso la “Locanda del gigante” di Acerra (comunità di recupero che ospita persone con dipendenze di ogni genere e carcerati che stanno scontando una pena), lo Spirito Santo ha messo nel cuore del relatore, Dino De Dominicis, una mozione profetica: il Signore ci chiedeva di ritornare in quel luogo per iniziare un Seminario di vita nuova nello Spirito per i ragazzi e i volontari della Locanda. Si tratta di un vero e proprio tempo di grazia la cui regia è affidata interamente allo Spirito Santo che, attraverso l’annuncio kerigmatico, manifesta la potenza della Parola di Dio che tocca i cuori, suscita un profondo ardore interiore, un nuovo bisogno di conversione, un nuovo amore per Dio, la Chiesa, l’umanità tutta. Dopo aver serbato nel cuore questa profezia per due mesi nel silenzio e nella preghiera, a ottobre siamo andati dal Dott. Petrella, fondatore e responsabile della comunità, per proporgli il progetto, nonchè per condividergli la promessa di Dio sulla Locanda. La parola profetica che infatti abbiamo ricevuto in preghiera in quei due mesi è stata “Ecco io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di ciò che sto per creare”(cf Is 65,17-18). Con grande sorpresa dei volontari, il dottore ha acconsentito ed è iniziato così il progetto che ha visto coinvolta in prima linea una equipe stabile di 5 persone, affiancata dai fratelli di 3 gruppi del RnS della diocesi di Nola e alcuni della diocesi di Acerra. A questo seminario hanno partecipato 9 fratelli di età compresa tra i 30 e i 60 anni (tra cui due evangelici), 3 volontari e ad un incontro anche 12 dei loro familiari. I primi incontri alla Locanda sono stati di carattere conoscitivo e conviviale. Sono seguiti poi un incontro di presentazione del seminario; 5 incontri di annuncio kerigmatico con

momenti esperienziali mistagogici, avallati da testimonianze di conversione di fratelli del RnS con esperienze passate di carcere e droga; una celebrazione eucaristica; una penitenziale e una adorazione con animazione carismatica (durante le quali uno dei due fratelli evangelici si è confessato e ha adorato Gesù Eucaristia!). Al contempo ci siamo adoperati per promuovere la vendita dei prodotti frutto del lavoro dei ragazzi della Locanda, presso le nostre parrocchie e i fratelli dei nostri gruppi, mostrando attenzione e sensibilità anche a questo aspetto. Il seminario di vita nuova si è concluso il 14 dicembre scorso, con mezza giornata di ritiro, iniziato con una affettuosa accoglienza da parte dei “ragazzi” che, aspettandoci per la colazione, ci hanno preparato dei cornetti caldi. È seguito il saluto del Vescovo di Acerra S.E. Mons. Di Donna che ha ringraziato il Rinnovamento nello Spirito per aver preso sul serio l’invito di Papa Francesco ad “uscire verso le periferie esistenziali”e ci ha incoraggiato nel lavorare per rendere la fede operosa e incarnata nella storia. Questa giornata di ritiro ha visto come relatore Mario Landi, Coordinatore Nazionale del RnS, che è intervenuto sul tema dell’ effusione dello Spirito Santo e ha guidato un’esperienza spirituale che ha spalancato i cuori dei presenti, preparandoli a ricevere la grazia della preghiera per una rinnovata effusione dello Spirito. Dopo questo tempo, culminato nella Celebrazione Eucaristica presieduta da Don Pasquale Giannino, abbiamo festeggiato i neo-effusionati restando tutti a pranzo in Locanda come una grande famiglia.

Il giorno dopo, un giovane padre in attesa di essere trasferito nel Carcere di Poggioreale ha scritto «…sono molto felice di avervi incontrati e conosciuti. Grazie a voi ho sentito la presenza di Dio che io nemmeno conoscevo ma che cercavo sempre credetemi, nelle mie saltuarie preghiere. Siete per gli altri l’amore di Gesù e anche io

da oggi voglio essere così. Ora so di avere un Padre che mi guida in tutto e io lo cercherò sempre. Grazie a tutti voi per la gioia e l’amore che avete portato in questi periodi bui ma che ora sono diventati preziosi nel mio cuore e in quello di questi altri fratelli. Nulla so del mio domani ma io so che pur domani mi terrà per mano Gesù. Vi voglio bene…». Benediciamo infinitamente il Signore per quanto i nostri occhi hanno visto e le nostre orecchie hanno udito. Benediciamo il Signore perché in questo percorso le nostre povertà sono diventate ricchezze grazie a questi ragazzi. Benediciamo il Signore perché lo Spirito sempre ci precede, apre strade nel deserto, ci conduce per vie misteriose. Benediciamo il Signore perché abbiamo visto muri crollare; ferite guarire attraverso l’esperienza della misericordia del Padre; sguardi spenti dallo scoraggiamento e dalla disperazione, illuminarsi di speranza; cuori e volti cupi per l’odio, la sofferenza, la solitudine, i fallimenti, i tentativi di morte, risorgere nella potenza dello Spirito. Il Dott. Petrella qualche settimana fa ci ha detto «La Locanda era come una palude. Voi avete portato acqua nuova. Era un deserto e voi avete portato la vita».

Lodiamo il Signore per le meraviglie di cui siamo stati testimoni, perché la parola profetica di Isaia che Dio ci ha donato all’inizio di questo percorso, si è realizzata proprio sotto i nostri occhi e sappiamo che molta grazia ancora ci attende, perché il progetto alla Locanda del gigante continua.

Il seminario del RnS di Nola e Acerra presso una comunità di recupero

ACquA NuoVA ALLA LoCANDAdi Roberta Nava

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mensile della Chiesa di Nola

Formazione permanente dei presbiteri: incontro con Leonardo Becchetti

LA PeRSoNA e L’eCoNoMIA: uN ABBRACCIo PoSSIBILedi Alfonso Lanzieri

e solo orientata alla superiorità dell’azionista principale su tut-ti gli altri portatori d’interesse (lavoratori, clienti, comunità locali): ciò mortifica la diversi-tà organizzativa che è ricchezza per il bene comune e genera so-cietà capaci di superare le crisi. In fine, riduzionismo dell’idea di ricchezza. La ricchezza di una nazione, infatti, non è solo il Pil, non coincide col flusso di beni e servizi economici creati ma con tutto l’insieme di beni econo-mici, culturali, spirituali, rela-zionali, ambientali di una certa comunità e di un territorio. E se noi, per migliorare la situazione economica, distruggiamo tutti questi altri altri beni, noi stiamo distruggendo in realtà ricchezze essenziali per quella comunità».

Significative a questo propo-sito la convergenza tra le idee espresse dal prof. Becchetti e ciò che possiamo trovare nella Dottrina Sociale della Chiesa. Nel Compendio, infatti, al nume-ro 338 si legge: “l’impresa deve caratterizzarsi per la capacità di servire il bene comune”, e al nu-mero 375: “per la dottrina socia-le, l’economia è solo un aspetto ed una dimensione della com-plessa attività umana (…) la vita dell’uomo, al pari di quella so-ciale della collettività, non può essere ridotta ad una dimensione materialistica”.

Il nodo decisivo: le disugua-glianze

Le soluzioni sono molte e que-ste coinvolgono la vita associa-tiva, la responsabilità dei citta-dini, nella loro capacità di fare rete. Il «problema originario», secondo Becchetti, è la dispari-tà enorme delle condizioni eco-nomiche tra “Nord” e “Sud” del mondo. Mentre l’economia glo-

Lo scorso 13 gennaio si è tenu-to a Nola presso il Seminario

vescovile l’incontro tra i mem-bri del presbiterio diocesano e il noto economista, saggista e docente presso l’Università Tor Vergata di Roma, prof. Leonar-do Becchetti. L’appuntamento fa parte del ciclo di incontri annuale che il clero di Nola si riserva per la sua formazione permanente,. Difficile riportare tutti i passaggi e gli accenni del ricco interven-to del prof. Becchetti sul tema “ La Chiesa ed economia”, contia-mo perciò di metterne qui in luce solo alcuni spunti significativi.

Quattro gravi crisi e tre riduzio-nismi

Anzitutto, rispetto alla situazio-ne di crisi economica che stiamo vivendo, ha chiarito il prof. Bec-chetti, occorre una attenta ana-listi del contesto e dei suoi ele-menti critici. Una lettura che va fatta anche alla luce della Dottri-na Sociale della Chiesa e che non può avere conseguenza una revi-sione anche profonda dell’attuale paradigma economico-finanziario che per lo più struttura il siste-ma nel quale siamo inseriti. «Noi abbiamo – ha affermato Becchet-ti – quattro gravi crisi: povertà, ambiente, finanza e felicità e tre cause filosofiche profonde di tut-to questo, tre riduzionismi, tre modi angusti di vedere le cose, che non rendono conto di tutte le potenzialità. Primo tra tutti, il riduzionismo antropologico: l’uo-mo ridotto alla dimensione della soddisfazione materiale. Questa riduzione genera tristezza diffusa ed è socialmente pericolosa. Le categorie del dono, della gratuità e della fraternità sono fondamen-tali per una società fertile. In se-condo luogo il riduzionismo della concezione di impresa, sempre

bale, complessivamente, cresce, ci sono ancora 1,2 miliardi di per-sone con meno di 1,25 dollari al giorno e 2,7 miliardi con meno di 2 dollari: occorre ridurre questo divario perché in una economia globalizzata i salari nei paesi più sviluppati saranno progressiva-mente trascinati in basso, stan-te la possibilità per una azienda di potersi virtualmente spostare ovunque sia più basso il costo del lavoro. In tal senso, allora, l’e-vangelica opzione fondamentale per gli ultimi – rileva Becchetti - non è il lusso del missionario ma

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Formazione permanente dei presbiteri: incontro con Leonardo Becchetti

LA PeRSoNA e L’eCoNoMIA: uN ABBRACCIo PoSSIBILedi Alfonso Lanzieri

in dioCesi

l’impegno di noi tutti per salvare il mondo in cui viviamo. Certo, la crescita economica dei paesi meno industrializzati è in alcuni casi vertiginosa – il prof. cita il caso dell’Angola – tuttavia questo processo di «convergenza» dei paesi poveri verso i ricchi è molto lento. Il vero problema di fronte al quale valutare la bontà dei no-stri progetti politici ed economici è dunque il seguente: la nostra azione, nel medio-lungo periodo, produrrà convergenza verso l’al-to, avvicinando le condizioni del “sud” del mondo al “nord” op-

Leonardo Becchetti è ordinario di Economia Politica presso la facol-tà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata”, direttore del corso di specializzazione in European Economics and Business Law e del Master MESCI di Development and International Cooperation. Ha conseguito il Master of Science, in Economics presso la London School of Economics e il Dottorato presso le Università di Oxford e di Roma La Sapienza. Ha pubblicato circa quattrocento lavori tra articoli su riviste internazionali e nazionali. E’ autore inoltre di numerosi saggi.

pure verso il basso, portando noi “ricchi” verso le condizioni dei paesi meno industrializzati?

Il nostro ha fatto poi notare come la diseguaglianza, portatri-ce di distorsioni di cui poi il si-stema economica chiede il conto, non sia affatto ostacolata dall’u-so che il sistema finanziario fa del danaro.

L’economia civileIn risposta a questo sistema,

il prof. Leonardo Becchetti (in collaborazione con altri famo-si economisti) ha elaborato una proposta di “economia civile”: un modello economico alternativo, esposto in numerose pubblicazio-ni e articoli. In cosa consiste que-sto modello? L’attuale sistema prevede da un lato i produttori di beni, che badano a massimizzare i profitti, dall’altro i consumato-ri, che puntano semplicemente ad avere il prodotto migliore al prezzo più basso.

In mezzo a questi due sogget-ti “egoisti” (ciascuno guarda al proprio utile) ci sono legislato-ri, concorrenza e reputazione, «pianificatori benevolenti», che hanno il compito bilanciare e or-dinare il conflitto degli interes-si (ci riescono davvero?) al fine di salvaguardare il benessere degli attori di questo scenario, agendo quasi con modalità “al-truistiche”. Quest’apparato non può funzionare perché prescinde dalle responsabilità dei singo-li e pone troppe aspettative nel

compito dei “pianificatori” di cui sopra. Di contro, ci spiega Bec-chetti, è necessario ripensare il sistema economico ponendo alla base il bene comune, pensan-do in termini di “auto-interesse lungimirante”. Serve puntare, ad esempio, sulla responsabili-tà dei cittadini incoraggiando il “voto col portafoglio”: premia-re cioè quelle aziende che sono all’avanguardia nel creare valore economico in modo socialmente e ambientalmente acquistando i loro prodotti. Il mercato è fatto di domanda e di offerta. L’acqui-rente è, appunto, la parte della domanda, un lato del mercato, ed è spesso inconsapevole del potere enorme che può avere scegliendo di servirsi dei prodot-ti di determinati marchi anziché di altri, avendo come criterio di scelta la quantità di “etica” pre-sente nella politica aziendale: abbiamo nelle nostre tasche, ha affermato Becchetti, «le chiavi del lucchetto delle nostre cate-ne». In più, si possono privilegia-re le banche sostenibili, e queste ultime non essendo orientate alla massimizzazione del profitto ma a creare valore economico per la società (le casse rurali ad esem-pio) prestano molto di più delle loro risorse etc. Fondamentale anche il ruolo d’incentivo del-le istituzioni locali che possono premiare fiscalmente (come già hanno iniziato a fare) le filiere con maggiore valore sociale ed ambientale.

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mensile della Chiesa di Nola

Studenti a teatro per il Giorno della Memoria

CAFè ShoAhdi Redazione

incontrano due persone: Shlomo, attore comico ebreo sopravvissuto ad un campo di concentramento e Adolf, un borghese ariano che ha condiviso la politica nazista. In questo luogo, vittime e carnefici si guardano virtualmente ancora negli occhi e la tragedia della shoah riprende corpo con parole, suoni e immagini. Il tutto, lo dicevamo, attingendo anche a quel magnifico e ma poco diffuso patrimonio umoristico della cultura yiddish, elaborato dal Popolo dell’Alleanza sotto i colpi delle sue vicissitudini storiche. In quel deposito di malinconico umorismo non mancano barzellette e freddure ironiche

In vista del giornata delle memoria, lo scorso 23 gennaio,

650 studenti, in rappresentanza di circa 30 istituti superiori del territorio della diocesi, hanno assistito alla pièce tealtrale “Cafè shoah” nel palazzetto dello sport della scuola media Merliano – Tansillo di Nola. Lo spettacolo teatrale è stato messo in scena dalla compagnia “Magazzini di Fine Millennio” e ha raccontato – con un pizzico di umorismo yiddish – la tragedia dell’Olocausto ebraico.

La vicenda ha inizio a Vienna, nell’estate del 1945. La guerra è appena finita. In un immaginario café – cabaret della città, si

sulla tragedia dell’Olocausto, prodotte mentre si consumava il terrore dello sterminio e giunte fino a noi: l’unica spuntata arma delle vittime per esorcizzare l’abisso spaventoso di quegli anni.

L’appuntamento è stato promosso dall’Assessorato all’istruzione ed alla cultura del comune di Nola in collaborazione con l’Ufficio Scuola diocesano. “Per noi adulti ed educatori, la giornata della Memoria rappresenta un’occasione importante per aiutare le nuove generazioni a coltivare il valore della memoria. Il ricordare – ha dichiarato don Virgilio Marone, direttore dell’ufficio scuola della diocesi - è fondamentale per l’oggi, indispensabile per costruire percorsi alternativi alle tante realtà di dolore che la storia registra. Tutti insieme, studenti, docenti, istituzioni religiose e laiche desideriamo, in modo cooperativo, aiutarci a curare lo sguardo educativo sulla storia, la natura, le cose, sviluppare sintonia valoriale, testimoniare rapporti umani di reciprocità”.

L’assessore all’istruzione ed alla cultura del Comune di Nola, Cinzia Trinchese ha sottolineato come l’appuntamento del 23 gennaio scorso abbia inaugurato una stagione di collaborazione con l’ufficio scuola della diocesi di Nola che “ci vedrà lavorare fianco a fianco per perseguire l’obiettivo comune della crescita culturale, della partecipazione territoriale e della sensibilizzazione verso temi importanti per la vita delle nostre comunità. Le scuole rappresentano una importante agenzia educativa per questo è necessario che siano protagoniste del processo formativo e culturale che tutti abbiamo il dovere di sostenere”.

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17gennaio 2015

in dioCesi

esercizi spirituali dei giovani di Azione Cattolica

uN SILeNzIo CARICo DI ASCoLto di Giuseppina orefice

intimi e personali ci siamo sentiti più leggeri, liberi dalle catene delle nostre paure, delle ansie e delle oppressioni quotidiane. È venuta fuori la consapevolezza che confidare nelle cose umane produce costanti delusioni, alimentate dalle nostre illusioni e proiezioni, solo la fiducia in Dio e l’amore disinteressato per l’uomo possono portare frutto.

La liturgia, le preghiere, la meditazione hanno acquisito un gusto nuovo, tutto rinnovato; riuniti intorno alla Mensa del Signore stretti come piccola Comunità intorno al suo altare abbiamo colto un’opportunità forte e siamo riusciti ad assaporare ogni momento senza vocii, senza distrazioni e anche l’Eucarestia è divenuta esperienza nuova, rigenerativa.

Abbiamo vissuto la notte del sabato accompagnati da una straordinaria presenza - l’adorazione eucaristica notturna- alternandoci in coppia a pregare davanti a Gesù. Alla presenza del silenzio di Dio negli spazi profondi dell›animo abbiamo assaporato un silenzio carico di ascolto. Saper abitare la solitudine, ci consente di poter incontrare positivamente anche gli altri, altrimenti lo stare insieme è alimentato soltanto da un bisogno egoistico.

L’anno nuovo è iniziato con una proposta “forte” di spiritualità: dal 2 al 5 gennaio, infatti, presso la struttura nota come “Casa del Clero” a Nola, attigua al Seminario Vescovile, si sono tenuti gli Esercizi Spirituali per i giovani di Azione Cattolica. Questa è la testimonianza di Giuseppina Orefice.

Dalla nostra parrocchia “Maria SS.ma del Carmine

e S. Liberatore” di Mugnano del Cardinale, new entry dell’associazione, siamo partite in tre, cariche di aspettative e un po’ timorose per questa nuova esperienza che avremmo vissuto.

Tutto l’anno le attività parrocchiali, quelle sociali, il lavoro, prendono il sopravvento, manca materialmente, forse anche un po’ per scelta, il tempo, soprattutto quello per ascoltare se stessi e per raccogliersi nel silenzio, tempo che gli esercizi ci hanno donato.

La guida di don Luigi Vitale è stata eccezionale, e le sue parole cariche di Spirito hanno saputo guidarci nelle profondità del nostro essere. “Ha ragione don Luigi” mi sono subito detta, quando con delicatezza ci ha introdotto in questa forte esperienza di silenzio e di preghiera, spiegandoci che spesso il rumore dell’attivismo, la tv accesa la sera, sono inconsciamente desiderati per non restare da soli, la distrazione allontana la paura di rimanere insieme ai nostri pensieri e ci distoglie dal silenzio.

Dunque, una forte esperienza con Dio che ha messo a nudo il nostro essere e che sotto l’azione dello Spirito, nella preghiera e nella meditazione ha reso forte la voce del discernimento. Scrutando in noi stessi, facendo emergere i nostri timori più

Tre giorni che non si possono spiegare banalmente e che lasciano un segno indelebile in ciascuno e che hanno trovato nell’omelia, tenuta da Padre Beniamino durante la celebrazione domenicale, la massima concretezza: “la visione del volto di Dio è nella vita di ogni uomo”. Le parole del nostro Vescovo hanno trovato la linea di congiunzione con il percorso introspettivo iniziato: diventare una benedizione per gli altri è lo scopo che persegue chi decide di vivere nella vita la presenza di Gesù. Confidare nel Signore, con l’orecchio in ascolto di Dio e la mano tesa al prossimo, questo quanto abbiamo messo nella nostra valigia per il rientro nella nostra quotidianità. Tanti i momenti di meditazione guidata e di crescita personale spirituale e culturale. Un ringraziamento particolare a don Luigi presente e disponibile, ai responsabili Alfonso, Carmine e Sara che ci hanno fatto sentire a casa, avendo cura di ogni momento della giornata.

In parrocchia al rientro molti ci hanno chiesto dell’esperienza vissuta, abbiamo subito manifestato la gioia e la pace incontrata e abbiamo sottolineato che è un’esperienza più che da spiegare, da vivere!

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mensile della Chiesa di Nola

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Credere nel Dio fatto “storia”La Parrocchia dell’Immacolata di Saviano sui passi di don tonino Bello

Doppia opportunitàLa parrocchia Maria SS. Della Stella di Nola raccoglie oli esausti ricevendo, in cambio, oli da cucina

Storia di fede, devozione e tradizione500° anniversario dalle apparizioni di S. Maria a Parete

Condivisione e solidarietàPranzo dell’epifania della Comunità nolana di Sant’egidio

In Parrocchia

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mensile della Chiesa di Nola

La Parrocchia dell’Immacolata di Saviano sui passi di don tonino Bello

CReDeRe NeL DIo FAtto “StoRIA”di Michele Romano

Tra Natale e Capodanno, quan-do nelle agende si affollano

appuntamenti, visite, scambi di auguri, presepi viventi, quando la mole di opportunità rende diffici-le persino il poter scegliere come trascorrere questi pochi giorni di “vacanza”, ecco che si presenta un’alternativa: far visita ai luoghi in cui è vissuto un uomo, un ve-scovo, uno che sapeva scegliere, uno che aveva fatto degli “ulti-mi” la sua scelta.

È così che un gruppo di fedeli della Parrocchia Immacolata di Saviano insieme al parroco don Paolino, ha trascorso gli ultimi giorni del 2014 che nella Litur-gia fanno da corona all’Ottava di Natale. Un viaggio, un pelle-grinaggio che ci ha permesso di sperimentare la bellezza e il si-gnificato profondo del Natale at-traverso la testimonianza di don Tonino Bello: la vicinanza di Dio all’uomo, dell’uomo all’uomo. Il 28 Dicembre la prima tappa: la diocesi di Molfetta – Giovinazzo – Terlizzi – Ruvo del quale don To-nino fu pastore dal 1982 al 1993.

Tra Giovinazzo e Molfetta si svolge la nostra giornata dedica-ta all’incontro con testimoni che ci aiutano a conoscere e ad en-trare in sintonia con questo per-sonaggio, semplice ma famoso, del quale riusciamo a scorgere fotografie e dediche tra le tende nelle case e in ogni negozio del posto.

In particolare la testimonianza di Mimmo Pisani che fu un colla-boratore del vescovo sin dal suo arrivo in diocesi. Mimmo ci rac-conta l’episcopato di don Tonino, contornato da successi e delusio-ni. E lo fa con gli occhi che brilla-no di commozione per il solo por-tare alla memoria i tanti, e tutti significativi, momenti trascorsi con don Tonino. Ne parla come di un fratello, di un amico, di

un confidente. Ci racconta delle sue scelte pastorali che trovano nel “Povero” il loro significato. Ci racconta della “Chiesa del grem-biule” che don Tonino voleva e viveva. Gli sforzi che metteva in campo affinché l’attenzione all’altro diventasse l’obiettivo di tutta la comunità cristiana che celebra l’Eucarestia e coniuga la carità con la giustizia. La volontà di stare con gli ultimi per condivi-dere con loro la nostra ricchezza, definendo il volontariato come “tempo dell’amore”. Il progetto e la realizzazione di una struttu-ra di recupero per tossicodipen-

denti a Ruvo e una per persone e famiglie in difficoltà a Molfetta e come se non bastasse, raccon-tava Mimmo, lui apriva ai poveri e ai senza tetto i locali della cu-ria e il suo stesso appartamento. Un uomo che amava la gente di un amore che in Dio aveva la sua sorgente. Appassionato del bene comune ricercava sempre il dia-logo con le istituzioni perché de-dicassero attenzioni e sforzi alle “pietre di scarto” della società. “Ascoltino gli umili e si rallegri-no” era il suo motto episcopale tratto dal Salmo 34; parole che incarnava nelle scelte e nelle si-

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21gennaio 2015

in ParroCChiatuazioni così da vivere il Vangelo “sine glossa”: era il suo stile di vita.

Dopo l’incontro con Mimmo nel seminario minore di Molfetta ci muoviamo verso sud alla volta di Lecce, avvicinandoci alla ter-ra natale del Servo di Dio. Non poteva mancare una visita alla splendida città, perla del Salento e deposito di arte, cultura e fede alla quale richiamano le splendidi chiese che contornano il centro storico, in particolare il Duomo e la Basilica di Santa Croce. Da lì muoviamo i nostri passi verso Ales-sano, città in cui nel 1935 nacque don Tonino e ultima tappa del no-stro viaggio. Dopo la celebrazio-ne dell’Eucarestia nella parroc-chia di don Tonino, l’incontro con l’attuale parroco, don Gigi, che ci racconta della sua amicizia con don Tonino e in particolare della

capacità di quest’uomo di saper valorizzare ogni persona che in-contrava: “quando parlava con te, eri l’unica persona che in quel momento importasse”. Don Toni-no era una persona che amava Dio profondamente e con il quale era sempre in sintonia, attraver-so la preghiera a la meditazione. Il vescovo amico dei giovani con i quali riusciva ad avere un dialogo sincero e profondo. Ad Alessano incontriamo anche Trifone Bel-lo, fratello di don Tonino, che ci racconta delle esperienze vissute insieme al fratello e della sua vo-lontà di voler condividere tutto con le persone “normali”, rinun-ciando a titoli e privilegi.

Trifone ci racconta anche degli ultimi momenti della vita di don Tonino, quando stremato dalla malattia, non poteva fare a meno di celebrare l’Eucarestia, pur ri-

mando a letto, e del desiderio di padre e pastore, di voler tornare a Molfetta dove morì il 20 aprile del 1993.

Infine, a suggello del nostro viaggio, la visita alla tomba del vescovo nel cimitero di Alessa-no. Una lastra di pietra, specchio della semplicità che ha caratte-rizzato la sua vita. Non poteva-mo trovare compagno di viaggio migliore in questo tempo di Na-tale. Don Tonino ci ricorda che il Bambino di Betlemme lo incon-triamo nelle strade del nostro pa-ese, negli ospedali, nelle carceri. Ci insegna a stare con gli ultimi per amore di un Dio che non ha mai perso fiducia nell’uomo e che ci invita ad amare i poveri con “viscere di misericordia”, a farci poveri con poveri. Don Tonino ci insegna a credere nel Dio che si è fatto “storia” che è “storia”.

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gennaio 201522

mensile della Chiesa di Nola

La parrocchia Maria SS. Della Stella raccoglie oli esausti ricevendo, in cambio, oli da cucina

DoPPIA oPPoRtuNItàdi Angela Menna

Ogni associazione ha sempre degli obiettivi, alcuni facili

altri difficili altri impossibili, ma ciò che ho capito in questi anni di adesione a “Il Portico di Pao-lino” è che “volere è potere” e soprattutto che a piccoli passi si possono raggiungere medi e grandi risultati, l’importante è cooperare. Uno tra i tanti obiet-tivi previsti per l’anno 2013/14 dell’associazione era quello di occuparsi dell’ambiente. Argo-mento multidimensionale, ma soprattutto difficile. Le nostre ri-unioni, nei primi mesi sono state ricche d’idee, per certi aspetti utopiche, ma alla fine abbiamo deciso di occuparci dei “prodot-ti post consumo” e tra un caffè ed un biscotto, abbiamo iniziato a pensare che il nostro obiettivo potesse riguardare la raccolta de-gli oli esausti. L’olio è utilizzato da tutti in cucina per cucinare ma nessuno sa come smaltirlo corret-tamente una volta “utilizzato”. Grazie alla collaborazione dell’ Ing. Testera Claudio abbiamo ini-ziato a pensare a come agire e abbiamo contattato l’Ecolit s.r.l. : l’accordo con questa società prevedeva, in cambio dell’olio

esausto “ olio da cucina” che noi avremmo donato alle persone bisognose. I nostri incontri sono sempre avvenuti in parrocchia ed è qui che abbiamo deciso di di-stribuire le lattine per la nostra raccolta. Ricordo ancora quella domenica di Ottobre in cui le di-stribuimmo, la gente si fermava, ci chiedeva e prendeva la latta per la raccolta domestica degli oli esausti. Il nostro piccolo grup-po stava avviando il progetto, un po’ timorosi e preoccupati ma decisi a realizzarlo. La raccolta ebbe inizio: ancora oggi, ogni sa-bato pomeriggio, dalle 16 alle 18 ci alterniamo per attendere i no-stri “donatori d’olio”. Quest’an-no molte altre persone hanno de-ciso di aiutarci nella turnazione, donandoci qualche ora della loro giornata. La raccolta ha riscos-so successo e noi siamo davvero

soddisfatti. Le parole più belle a conclusione del primo anno della nostra raccolta sono state di una signora che alla consegna dell’o-lio esausto ci disse: “sono io a ringraziare voi perché non solo avete creato un punto di raccolta in una zona facilmente raggiun-gibile, ma grazia a voi le nostre falde acquifere sono un po’ meno inquinate”. In questo anno abbia-mo raccolta Lt 1010, ottenendo 72 bottiglie di olio da cucina che prima di Natale abbiamo donato sia alla Mensa Fraterna di Nola sia ad un gruppo di famiglie più biso-gnose della parrocchia. Ad oggi, siamo noi a voler dire 1010 volte Grazie, grazie a chi ha creduto e crede nel nostro progetto, grazie alle persone che c’anno aiutato, grazie al nostro gruppo che nono-stante tutto crede in ciò che sta facendo.

La raccolta degli oli esausti viene effettuata ogni sabato pomeriggio dalle 16 alle 18 presso la Parrocchia Maria S. Stella di Nola a cura di un gruppo di volontari dell’associazione de “Il Portico di Paolino”. Quanto raccolto sarà consegnato all’Ecolit s.r.l., piattaforma CONAI certificato ISO 9001 e 14001, che in cambio darà all’associazione olio alimentare da distribuire alle famiglie più bisognose. Per maggiori informazioni: Tel: 081/823 16 74E-mail: porticodipaolino.it

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23gennaio 2015

in ParroCChia500° anniversario dalle apparizioni di S. Maria a Parete

StoRIA DI FeDe, DeVozIoNe e tRADIzIoNedi Giorgina Nappi

Il Santuario di S. Maria a Parete sorge nel luogo dove la Madonna

apparve, sulla collina, nel comu-ne di Liveri. Il grande comples-so, visibile in tutto l’agro nolano per la sua posizione privilegiata, è splendidamente affacciato sul Vesuvio e si erge, maestoso, su una grande e suggestiva scalinata in piperno. L’anno 2014 appena trascorso ha visto la celebrazio-ne del 500° anniversario del ri-trovamento della Sacra Immagine della Madonna custodita nel san-tuario.

Le apparizioni marianeSi tramanda che nell’aprile del 1514 la Vergine apparve alla fan-ciulla Autilia Scala e le disse: “ti ho scelta per una delle più alte imprese, portati dal Conte Enrico Orsini, in Nola, e digli, che sot-to quel cespugli, vi è sepolta una mia immagine; voglio che si scavi e si edifichi in mio onore un Tem-pio”. Il Conte non volle dar cre-dito a quel racconto, ma il gior-no dopo riapparve la Madonna e, come segno tangibile della visio-ne, toccò il volto della veggente con la mano e cinque raggi riful-sero sulla guancia della fanciulla. Allora il Conte credette e in ac-cordo col Vescovo di Nola, scavò tra i rovi: il 14 aprile 1514 fu por-tata alla luce la Sacra Immagine dipinta su di una vecchia parete, identificata quale Immacolata Regina delle Vittorie; ai suoi pie-di fu trovata una campanella, al cui suono si attribuiscono miraco-lose virtù. La Sacra effigie di S. Maria a Parete è un affresco di scuola bizantina databile intorno al XIII sec. La Madonna, al centro, è raffigurata in atteggiamento di preghiera, con le mani giunte, in abito regale e la corona in capo. Due angeli la affiancano offren-dole del pane, una palma e lo

scettro, simboli del suo potere di intercessione. Verso la fine del 1500 fu eretto il Tempietto della Vergine poi dichiarato Basilica e consacrato il 20 gennaio 1861.

Il SantuarioIl Santuario di S. Maria a Parete è da allora meta di innumere-voli fedeli. L’edificio, costruito intorno al piccolo tempio origi-nario presenta una pianta a cro-ce greca con una sola navata: al centro si slancia una cupola ma-estosa. La facciata è ornata da un portale con colonne corinzie. Il tempietto con il dipinto della Madonna, è affrescato con epi-sodi dalla vita di Maria e con le immagini degli otto profeti. Sul-la cornice gli affreschi di Belisa-rio Corinzio, rappresentano temi ispirati alla Divina Commedia. A sinistra del Santuario vi è un pic-colo chiostro, con pilastro e poz-zo centrale, nonché il museo del santuario.

500 anni di grazia, fede, storia.Il Santo Padre, Papa Francesco, ha concesso un Giubileo straor-dinario in occasione del 500° an-niversario dalle apparizioni della Vergine. L’anno Giubilare, inizia-to il 21 Aprile 2013, si è conclu-so l’11 maggio 2014. Ci è stato concesso un anno di grazia per promuovere la santità di vita di quanti desiderano affidarsi a Ma-ria, in sintonia con le finalità del Sinodo diocesano. Molte impor-tanti opere ed iniziative hanno esaltato il ruolo e la funzione del Santuario in questo anno specia-le. Per tutto il 2014 l’immagine di S. Maria a Parete, è stata por-tata in processione dalla comuni-tà liverese nelle Parrocchie della nostra Diocesi, per essere solen-nemente esposta e ricordare ai fedeli il miracoloso evento delle

Apparizioni. Numerose comunità parrocchiali hanno accolto con fervore l’iniziativa , tanto che la “Peregrinatio Mariae” prosegue e verrà ancora portata avanti su richiesta delle parrocchie. Molti cori diocesani si sono esibiti in concerto, nella grande navata del Santuario mentre altri hanno scelto di cantare alle celebrazio-ni eucaristiche nel giorno stesso dell’anniversario. Momento di grande fede e condivisione, uno spettacolo unico, eccezionale ed emozionante si è svolto a marzo: il raduno delle delegazioni delle più importanti Confraternite Re-ligiose. Quest’anno il Santuario è balzato all’attenzione mediatica con lo speciale dedicato dall’e-mittente TV2000 nella trasmis-sione “Borghi d’Italia” e la messa domenicale in diretta nazionale su Rai 1.

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gennaio 201524

mensile della Chiesa di Nola

Pranzo dell’epifania della Comunità nolana di Sant’egidio

CoNDIVISIoNe e SoLIDARIetàdi Rossella Avella

“Mamma che bello! Guarda quante cose da mangiare e

quanti festoni. È proprio una grande festa!”. È emozionata una piccola amica della Comunità no-lana di Sant’Egidio, ha gli occhi sgranati, lucidi dall’emozione, la sua voce è tremante. È sem-pre più felice ad ogni portata che arriva a tavola, lei come tutti gli amici che sono seduti a mensa.

Il 6 gennaio scorso, per la prima volta la Comunità di Sant’Egidio a di Nola ha organizzato il pranzo in occasione dell’Epifania presso il complesso del Seminario vesco-vile di Nola. Gli amici giungono presso la struttura a mezzogiorno circa e quello che si sviluppa nelle ore a venire è davvero una grande festa. Quasi come fosse un arco-baleno i corridoi del seminario si tingono di mille colori, culture e tradizioni che senza nessuna dif-ficoltà si incastrano tra loro come pezzi complementari dello stesso puzzle. Diventa un gioco di nomi, circa 50, un “indovina chi” alla scoperta delle tante storie che si nascondono dietro le persona-lità, a volte complesse, di questi uomini, famiglie alla ricerca di un futuro migliore che emigrano senza meta e che diventano parte di una società sempre più multie-

tnica. “Questo è il pranzo come Gesù vuole e come Dio vorrebbe fosse sempre, uniti nel Suo nome senza differenze - sono le parole di Mons. Mariano Imparato, padre spirituale della comunità campa-na di Sant’Egidio- una giornata curata nei dettagli che ha rega-lato un sorriso a tante persone. Siete la testimonianza viva e con-creta del Vangelo, come per pri-mo Papa Francesco ne sta dando l’esempio. Bisogna aprire le porte della Chiesa ai più deboli, aiutan-doli ad integrarsi e ad interagire con il nostro mondo per evitare che diventino merce di scambio per quelli che della povertà ne fanno uno sporco commercio”.

Un augurio speciale da parte del Arcivescovo della Diocesi di Nola Mons. Beniamino Depalma che ha fatto pervenire agli ospiti specia-li tanti piccoli doni. Presente al pranzo anche Don Gennaro Roma-no, rettore del Seminario, che ha più volte ringraziato la Comunità

per avergli dato modo di ospitare nell’istituto vescovile un evento tanto speciale. Alle 15.00 circa si è sentito un tintinnare di campa-nelle, per la gioia di tutti i bam-bini è arrivato Babbo Natale con tanti doni per tutti, poi la corsa alla foto di gruppo e gli ultimi sa-luti.

Lo scorso 17 gennaio, poi, la Comunità nolana di Sant’Egidio ha compiuto un anno. In questo tempo gli amici si sono moltipli-cati, si sono intrecciate decine di amicizie, sono nate relazioni che vanno al di là del semplice affet-to ed amore verso il prossimo.

Il lavoro continua ed ogni ve-nerdì sera alle 19.30 ci si incon-trerà sempre con gli amici presso la nolana Piazzetta Immacolata, lì continueremo a trascorrere le nostre serate in amicizia atten-dendo un altro grande evento come quello appena realizzato, perché la solidarietà non abbia mai fine.

La Comunità di Sant’Egidio nasce a Roma nel 1968. Oggi è un mo-vimento di laici a cui aderiscono più di 60.000 persone, impegnato nella comunicazione del Vangelo e nella carità in Italia e in 73 pae-si dei diversi continenti. Si definisce come ‘associazione pubblica di laici della Chiesa’ strutturata in una famiglia di comunità radicate in differenti Chiese locali.

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25gennaio 2015

“Pedalata comoda” La passeggiata nolana su sedia a rotelle organizzata dall’uILDM di Cicciano

L’ apostolo di NapoliFrancesco Saverio Maria Bianchi: un santo formatosi a Nola

In Rubrica

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gennaio 201526

mensile della Chiesa di Nola

La passeggiata nolana su sedia a rotelle organizzata dall’uILDM di Cicciano

“PeDALAtA CoMoDA” di Angelo Bonfiglio

“La battaglia per l’abbattimen-to delle barriere architettoni-

che parte dalla stimolazione del-la sensibilità dei cittadini e delle amministrazioni. La “Pedalata Comoda” è uno dei tanti strumen-ti educativi volti a informare la società civile sull’inadeguatezza degli spazi e degli edifici pubbli-ci e delle attività commerciali”. Così Giovanni De Luca, consiglie-re dell’UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Cicciano, ha commentato il suc-cesso dell’iniziativa organizzata dall’associazione lo scorso 21 di-cembre, in occasione della quale alcuni sindaci e politici dell’agro nolano sono stati invitati fare una passeggiata su sedia a rotel-le, dalla stazione circumvesuvia-na di Nola a piazza Duomo, pres-so la casa comunale, per rendersi conto di persona quali ostaco-li incontri chi, non può contare sull’uso delle proprie gambe.

“Il nostro obiettivo - ha con-tinuato De Luca - è quello di far sì che tutti i Comuni italiani adottino il P.E.B.A. ovvero quello

che dal 1986 è definito Piano per l’Eliminazione delle Barriere Ar-chitettoniche, reso obbligatorio dalle leggi 41/1986 e 104/1992. La libertà di movimento e di au-todeterminazione sono diritti inviolabili della persona. I citta-dini dovrebbero cooperare per rimuovere tutti gli ostacoli, fisici e mentali, che limitano questa libertà. Speriamo che la nostra battaglia diventi presto la bat-taglia di tutti”. Alla passeggiata dimostrativa hanno aderito nu-merosi amministratori e rappre-sentanti politici del territorio come i parlamentari Paolo Russo e Massimiliano Manfredi, l’asses-sore regionale Pasquale Somme-se, 18 sindaci, l’Ambito di Nola N23, il Governatore del Distret-to 108YA Club Lions Internatio-nal Liliana Caruso, il Presidente del Distretto 108 YA dei Leo Club Luigi Delle Cave ed altre 58 As-sociazioni . Anche il vescovo di Nola Beniamino Depalma che ha atteso il corteo davanti al duomo si è dimostrato disposto, nel caso si riuscissero a superare i vincoli

della Sovrintendenza delle Belle Arti anche con l’aiuto della parte istituzionale presente alla mani-festazione, a far in modo che chi è costretto ad usare la sedia a ro-telle potesse accedere in Chiesa dalla porta principale e non da quella secondaria che si trova in via Duomo. La manifestazione si è conclusa con un convegno sul tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche nel cir-colo Giordano Bruno dove gli in-terventi hanno sottolineato che è l’ambiente a rendere le per-sone disabili e non la condizione dell’individuo, quindi ”se la per-sona con disabilità viene messa nella giusta condizione di poter fare, si scopre che la persona stessa tende a migliorarsi e a mi-gliorare l’ambiente circostante!”

L’obiettivo principe di questa “Pedalata Comoda” è soprattutto quello far capire ai politici e ai cittadini che un ambiente privo di pregiudizi, barriere culturali ed ostacoli consente alle Persone con Disabilità di vivere appieno il loro diritto alla cittadinanza.

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27gennaio 2015

in rubriCa

Il dì 31 Gennaio 1815, duecento anni or sono, moriva a Napoli, in

fama di santità, Francesco Save-rio Maria Bianchi, sacerdote bar-nabita, che con la sua presenza, anche se breve, era stato l’orgo-glio del Seminario di Nola.

Francesco Saverio nacque ad Arpino il 2 dicembre 1743. Con-trastato, sin dall’infanzia dai genitori nella sua vocazione sa-cerdotale, entrò tra i Barnabiti, vestendo, già a 13 anni, l’abito clericale e ricevendo l’ecclesia-stica tonsura il 2 Marzo 1757, in Sora. Continuò i suoi studi in Arpi-no per circa altri tre anni.

I seguito, nel 1758, i genitori, con l’intento di distrarlo dai suoi propositi, lo allontanarono dal suo territorio e lo inviarono nel Seminario di Nola ove rimase fino al 1760. Reggeva in questi anni la diocesi di Nola Monsignor Troia-no Caracciolo del Sole, Vescovo

che si distinse per zelo pastorale e santità di vita, il quale abita-va nel Seminario stesso, al fine di contribuire direttamente alla formazione dei giovani che aspi-ravano a far parte del suo Clero.

Il sagace Pastore si accorse su-bito della preziosità del novello alunno, per cui in una sola vol-ta, lo promosse ai quattro ordini minori, sebbene il giovinetto non avesse ancora compiuto il sedice-simo anno di età.

Inoltre, proprio nel Semina-rio di Nola avvenne l’incontro tra il giovane alunno e l’illustre S. Alfonso M. dé Liguori, il qua-le si trovava ivi per predicare di Esercizi spirituali. Quest’incontro fu decisivo per la futura vita di Francesco Saverio.

Il giovanetto aprì candidamen-te il suo animo al predicatore, ri-cevendo consigli di vita esemplari che lasceranno in lui un segno in-

delebile.Carlo Antonio Bianchi, padre di

Francesco Saverio, aveva manda-to il figlio a Nola per distoglierlo dalla vita religiosa ma il Signore si servì di questo fatto per meglio confermare il giovane nel suo re-ligioso proposito.

Entrato nei barnabiti definiti-vamente, fu professo nel 1763. Studiò filosofia e teologia a Mace-rata e a Roma e all’età di 24 anni venne ordinato sacerdote.

Insegnò ad Arpino e a Napoli; si dedicò intensamente alla cura delle anime in un tempo non fa-cile per il nostro Paese: passaggio tra rivoluzione francese ed era napoleonica, rivoluzione parte-nopea del 1799 e dominio france-se a Napoli.

A Napoli fu per diversi anni su-periore di Santa Maria a Portano-va. La sua lunga permanenza in quel Collegio insieme a una serie di opere di carità seguite da mi-racoli e segni prodigiosi, tra cui l’arresto della lava del Vesuvio, lo fecero diventare un Santo mol-to popolare con l’attribuzione dell’appellativo “Apostolo di Na-poli”.

Nel 1804 fu colpito da una mi-steriosa malattia alle gambe che lo immobilizzò. Da quel giorno la sua cella divenne luogo di incon-tro con persone di ogni condizio-ne sociale. Ebbe tra penitenti re, cardinali, sacerdoti del clero na-poletano e la Serva di Dio Maria Francesca delle Cinque Piaghe.

Morì il 31 Gennaio del 1815. Fu beatificato da Leone XIII il 22 Gennaio 1893; fu canonizzato da Pio XII nel 1951.

Il suo corpo riposa nella chie-sa di Santa Maria di Caravaggio a Napoli.

A due secoli dalla morte (1815 – 2015), la sua santità e la sua popolarità rimangono esemplari, non solo nella città di Napoli ma anche altrove.

Francesco Saverio Maria Bianchi: un santo formatosi a Nola

L’ APoStoLo DI NAPoLIdi Salvatore Feola

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