Curiosità e spigolature/ a cura di Arnaldo Picuti · 2018. 9. 9. · 38 Curiosità e spigolature/...

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38 Curiosità e spigolature/a cura di Arnaldo Picuti Verdi e freschi i pensieri corrono più allegri sulle colline fra pecore e invisibili ulivi. Le strade qui si nutrono e crescono con le radici affondate nella dolce e dorata chioma dell’unico Sole che illumina il mio riposo con mille sorrisi e incendia i fiori rossi pieni di vino, sangue chiassoso, sui balconi di case-sentinella alzate con incassate pietre. Non c’è bisogno di palazzi in questa città, Bevagna, nel cui teatro cantarono Roma. La poesia insegue e bacia i suoi cantucci per far dimora nella nostra mente. E il nostro sguardo d’estasi germoglia, dono celeste, qui, divina figura che dalle solinghe finestre strizza l’occhio. Lunedì 25 agosto 2014 a Bevagna, Umbria, Italia Ilia Galán a Bevagna. Un testo inedito del poeta spagnolo a cura di Anton Carlo Ponti Qualche mese fa, nel 2015, a casa del pittore Franco Venanti, conobbi il professor Ilia Galán. Parlammo a lungo di poesia e entrammo in sintonia. Fra le molte altre cose, accennai al “Grande Dizionario di Bevagna” e Ilia mi disse che conosceva assai bene il nostro piccolo paese. Come d’accordo gli feci avere un paio di numeri della rivista. Ne fu entusiasta. All’inizio di questo anno mi inviò per posta elettronica questa poesia. Mi è piaciuta e è piaciuta anche alla Redazione. L’ho tradotta e eccola qui. Ilia Galán (Miranda de Ebro- Burgos, 1966), professore di Estetica nella Università Carlos III di Madrid, è stimato fra i maggiori poeti contemporanei spagnoli. Professore invitato nelle Università di Oxford, New York, Cambridge, Harvard. Università per Stranieri di Perugia, è fondatore e direttore della rivista “Aula Cero”, cofondatore di “Ahora”, editorialista di “El País”, “Albacete”, “Diario de Burgos” e del “Conde de Aranda”. Come poeta ha pubblicato cinque raccolte, fra cui Umbria al sole, Perugia, Morlacchi, 2013. Anche narratore e commediografo, la sua bibliografia conta oltre settanta titoli, fra cui undici di estetica e filosofia.

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Curiosità e spigolature/a cura di Arnaldo Picuti

Verdi e freschi i pensieri

corrono più allegri sulle colline

fra pecore e invisibili ulivi.

Le strade qui si nutrono e crescono

con le radici affondate nella dolce e dorata

chioma dell’unico Sole

che illumina il mio riposo

con mille sorrisi

e incendia i fi ori rossi

pieni di vino, sangue chiassoso, sui balconi

di case-sentinella alzate

con incassate pietre.

Non c’è bisogno di palazzi

in questa città, Bevagna,

nel cui teatro cantarono Roma.

La poesia insegue e bacia i suoi cantucci

per far dimora nella nostra mente.

E il nostro sguardo d’estasi germoglia,

dono celeste, qui, divina fi gura

che dalle solinghe fi nestre strizza l’occhio.

Lunedì 25 agosto 2014 a Bevagna,

Umbria, Italia

Ilia Galán a Bevagna.Un testo inedito del poeta spagnoloa cura di Anton Carlo Ponti

Qualche mese fa, nel 2015, a casa del pittore Franco Venanti, conobbi il professor Ilia Galán. Parlammo a lungo di poesia e entrammo in sintonia. Fra le molte altre cose, accennai al “Grande Dizionario di Bevagna” e Ilia mi disse che conosceva assai bene il nostro piccolo paese. Come d’accordo gli feci avere un paio di numeri della rivista. Ne fu entusiasta. All’inizio di questo anno mi inviò per posta elettronica questa poesia. Mi è piaciuta e è piaciuta anche alla Redazione. L’ho tradotta e eccola qui.

Ilia Galán (Miranda de Ebro-Burgos, 1966), professore di Estetica nella Università Carlos III di Madrid, è stimato fra i maggiori poeti contemporanei spagnoli. Professore invitato nelle Università di Oxford, New York, Cambridge, Harvard. Università per Stranieri di Perugia, è fondatore e direttore della rivista “Aula Cero”, cofondatore di “Ahora”, editorialista di “El País”, “Albacete”, “Diario de Burgos” e del “Conde de Aranda”. Come poeta ha pubblicato cinque raccolte, fra cui Umbria al sole, Perugia, Morlacchi, 2013. Anche narratore e commediografo, la sua bibliografi a conta oltre settanta titoli, fra cui undici di estetica e fi losofi a.

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Verdes y frescos los pensamientos

más alegres por las colinas corretean

entre invisibles ovejas y olivos,

Las calles aquí se nutren y crecen

con las raíces clavadas en la dulce y dorata

cabellera del único Sol

que iluminado en mí queda

por mil sonrisas

y enciende las fl ores rojas.

Llenas de vino, sangre bulliciosa,

[en los balcones

de las sencillas casas levantadas

[con encajadas piedras.

No son necesarios los palacios

en esta villa, Bevagna, en cuyo teatro

[cantaban a Roma.

La poesía sus rincones recorre y besa

pues hace morada en nuestra mente y

de nuestra mirada exstasiada brota

don celeste, aquí, con divina fi gura

en sencillas ventanas se me aparece.

Lunes 25 de agosto de 2014, Bevagna, Italia

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Podestà e uffi ciali a Nocera, cittadini di Bevagna, in alcuni documenti ineditidi Mario Centini

Negli Statuti comunali di ancien regime (sec. XIII-XVI) è presente la fi gura istituzionale del Podestà con il compito di amministrare la città per un certo periodo di tempo.La sua funzione è quella di applicare le norme emanate dal Consiglio generale o ristretto con l’ausilio dei Priori, che lo affi ancano e controllano.Al termine del mandato è soggetto a sindacato ispettivo, una sorta di Corte dei conti dell’epoca.Le città umbre (Bevagna, Foligno, Gualdo Cattaneo, Cannara, Assisi, Nocera, Gualdo, per citarne alcune) sono governate da Podestà provenienti da fuori, al fi ne di assicurare l’imparzialità e l’equidistanza dalle fazioni cittadine.Il Podestà e i suoi uffi ciali negli Statuti di Bevagna e Nocera, che qui maggiormente interessano, devono provenire da una città distante non meno di sedici miglia1.Alcuni cittadini mevanati, grazie a questa norma, hanno prestato servizio come uffi ciali a Nocera, città sulla quale ho effettuato ricerche archivistiche2.Sui rapporti tra Nocera e Bevagna

scrisse già nel Seicento lo storico folignate Ludovico Iacobilli nella sua celebre opera Nocera nell’Umbria e sua Diocesi: «In detto anno 1546 fu podestà di Nocera Matteo Iacomo degl’Alberti nobile di Mevania, e Benedetto da Nocera fu podestà di Bevagna».Un’altra notizia si ricava dall’elenco dei Notai di Bevagna: risulta un certo Nicolaus Mensuratus di Nocera Notaio a Bevagna negli anni 1625-1650; aveva iniziato a Nocera (1620-1621) ma qui era forte la concorrenza di altri Notai, soprattutto Hieronimus Iacobutius, molto attivo, tanto da operare per 50 anni lasciando 32 protocolli3. Qui però mi preme citare alcuni atti notarili inediti nei quali compaiono dei

mevanati.Il 16 maggio 1434 il Notaio Giovanni di Bartolello roga un atto con il quale il Podestà di Nocera Giovanni di Andrea di Bevagna nomina Cristoforo di Domenico della balia di S. Gregorio tutore di Venanzo di Tommaso di Morico della balia di S. Angelo4.Un altro Podestà è attestato in un atto del Notaio Giovanni Vannucci del 1450: si tratta di Marcus Iacobi de Albertis de Mevania5.Ma l’atto più interessante l’ho rinvenuto nel primo registro dei Consigli e Riformanze del Comune di Nocera Umbra (1506-1512)6.Nel verbale del 5 dicembre 1506 è riportato il giuramento del nuovo Podestà Tiberius de Amannis

Statuto di Bevagna, 1500.

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de Balneo regio e dei suoi uffi ciali, i mevanati Federico e Vespasiano, i quali «iuraverunt eorum offi cia ius quisque bene et fi deliter exercere et sine fraude». Al loro seguito le guardie Pasqualis Pauli mevanas e Natius mevanas. Nell’occasione, come consuetudine, il nuovo Podestà versa due fi orini per il pallio da offrire alla Chiesa di S. Maria, il Duomo di Nocera.Il verbale prosegue con l’inventario dei beni del palazzo comunale che i Priori sono tenuti a fare all’atto dell’insediamento. Nella prima stanza vi sono i libri della cancelleria e lo Statuto della città («item statutum civitatis Nucerii»7). Nella camera del Podestà una tavola di legno per mangiare e un banco per sedere, una fi nestra di legno, un cassone per riporre oggetti con piedi di legno, due porte, una mensola a muro per riporre libri, un ‘castello’ di legno per le armi.Nella cucina: due porte, una fi nestra di legno verso la strada, un’altra porta per entrare nella camera del Podestà, quattro fi nestre di legno, una porta per entrare in altra cameretta, una scala di legno che conduce alla camera del soldato, una porta della camera del soldato chiusa a chiave.Nella sala del palazzo: una porta grande con ‘catarcione’, quattro fi nestre lignee, un pulpito o ‘arengheria’ («unum pulpitum sive arengheria»8), un banco con tripodi, una porta con ‘catarcione’ della camera che fu del cancelliere, una corda grande nuova per la tortura («unus funiculus magnus novus ad tormenta actus»9), una scala lignea che conduce al piano superiore.

1. Lo Statuto di Bevagna così stabilisce:

«et quod nullus possit esse potestas Mevanee

vel rector qui fuit a quinque annis citra nec

possit esse de Mevania nec de aliqua Terra que

sit prope Mevaneam per sexdecim miliaria»

(Statuto, Libro I, cap. II). Gli Statuti di

Nocera si esprimono in termini analoghi: «Nec

etiam ipse potestas secum ducere vel tenere

aliquem […] offi cialem vel famulum qui sit

vicinus civitatis Nucerie ratione originis vel

domicilii per sexdecimen miliaria» (Statuti,

Libro I, cap. 3).

2. cfr. «Alfatenia-Bollettino storico

nocerino», che si può ricevere gratuitamente

via email ([email protected]).

3. cfr. Guida agli archivi notarili comunali e mandamentali soppressi dell’Umbria, a cura

di S. MARONI, 2008.

4. Ecco un estratto del testo: «Venantius

condam Thome Morici de baylia Sancti Angeli,

comitatus predicti, adultus etcetera coram

nobili viro Iohanne ser Andree de Mevanua,

honorabili potestate civitatis Nucerii,

pro tribunale sedente ad dictum bancum

personaliter constitutus et cum instantia

petiit per ipsum dominum potestatem sibi

Venantio adulto dari et concedi in curatorem

Christoforum Dominici de baylia Sancti

Gregorii» (Archivio storico Diocesi Nocera e

Gualdo, Notaio Giovanni di Bartolello, vol.

II, b.1047; cfr. M. ZUCCARINI, Ricerche sulle istituzioni ecclesiastiche nocerine nella prima metà del ’400, Tesi di Laurea, Università di

Perugia-Facoltà di Magistero, a.a. 1977-1978).

Il Podestà compare anche in un altro atto del

Notaio Giovanni Vannucci (Archivio Notarile

Mandamentale Nocera Umbra, n. 4)

5. Archivio Notarile Mandamentale Nocera

Umbra (ANNU), n. 4.

6. Si tratta del registro pubblico più antico

giunto fi no a noi, in quanto gli atti comunali

precedenti andarono perduti a causa degli

eventi del 1501, quando i fuorusciti perugini

occuparono e devastarono la città (cfr. M.

CENTINI, Nocera Umbra-Problemi e documenti dalle origini al Novecento, Perugia, Guerra,

2010.

7. Lo Statuto citato nel verbale è perduto;

è pervenuta solo un’edizione a stampa del

1567, nella quale è attestata la promulgazione

degli Statuta avvenuta nel 1371; risulta,

tuttavia, nel fondo diplomatico perugino,

la sottomissione del Comune di Nocera al

Comune di Perugia nel 1202 (cfr. M. CENTINI,

Lo Statuto medievale di Nocera Umbra,

Perugia, Guerra, 2007).

8. Arengheria, con la variante arengo,

arrenga, è un termine longobardo. Nello

Statuto di Nocera è citata la via dell’arengo.

9. Lo Statuto di Nocera prevede diversi tipi

di tortura da praticare in Rocca, luogo di

residenza del Podestà.

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In difesa dell’‘Accorda’di ArnaldoPicuti

È tempo oramai di sollevare un problema di carattere toponomastico, o meglio linguistico – dialettale che potrebbe sembrare ozioso o quanto meno accademico, ma che consiste in realtà nella difesa di un termine che fa parte del patrimonio culturale – anche se immateriale – di Bevagna: intendo parlare dell’Accorda. Patrimonio culturale sembrerà a taluno, un termine fuori luogo, ma a ben rifl ettere anche la tradizione dialettale è un aspetto della civiltà comunale che va difeso, perché parte essenziale della nostra memoria storica. Dunque: Accorda o Accolta? Come dobbiamo chiamare questo invaso fl uviale della nostra città che è stato uno dei punti più vitali di Bevagna con i suoi mulini e che rimane ancora oggi uno dei suoi angoli più caratteristici visualizzato anche in spot pubblicitari televisivi. Poiché questa rivista va in mano anche a molti forestieri – che sia detto con un punto di orgoglio – l’apprezzano tessendone lusinghieri elogi, precisiamo che l’Accorda è un punto dove il Clitunno, prima di gettarsi nel Timia, forma un bacino che da vita ad un mulino e un lavatoio.Fino a qualche anno fa, quando eravamo povera gente, e non andavamo al mare, i ragazzi – e non solo loro – si gettavano dal soprastante ponte sulla Flaminia, mentre le lavandaie pulivano la biancheria che spandevano poi al sole nei vicini spazi verdi. La mia cattiva guerra in difesa dell’Accorda cominciò quando mi avvidi che a livello toponomastico Maria Venturini, triestina, donna di grande cultura, poetessa, scrittrice e raffi nata amante delle arti musiche – che aveva eletto Bevagna a sua seconda patria – indicava il posto che era diventato punto di incontro dei suoi concerti estivi, con la dizione ‘accolta’. Manifestai affettuosamente a Maria il mio disappunto, con una giocosa lettera,

nell’agosto del 2003:«Eh no – le scrivevo – l’Accorda è l’Accorda e basta; è un termine dialettale intraducibile, uno di quei vocaboli che è nato così e non può essere reso nella nostra lingua comune oramai corrotta quotidianamente da giornalai ignoranti ed incolti».Precisavo ancora che «il nostro Ciro Trabalza, linguista e letterato di fama, tra l’Ottocento e il Novecento, nel suo Saggio di vocabolario umbro-italiano e viceversa non lo registra». Le dicevo ancora che «il vocabolo Accolta nel nostro caso è senza signifi cato anche perché Accorda nella sua accezione dialettale non si sa cosa signifi chi: forse raccolta d’acqua, o forse raccordo, incontro di due fi umi (il Clitunno e il Timia)» e concludevo che su questo però non mi avventuravo e cedevo la penna ai linguisti; ma che una cosa è certa, Accolta non signifi ca niente come possiamo sincerarci sfogliando qualsiasi dizionario italiano, dal momento che

Foto di Bernardino

Sperandio, da Bevagna.

Frammenti, 1994, pag. 50.

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Accolta ha un signifi cato diverso e preciso: riunione sediziosa o giù di lì, cosa che non può certo conciliarsi con il nostro Accorda.Maria stette al gioco, e mi espose il suo pensiero con una bella lettera che lo spazio concessomi non mi permette di pubblicare per intero, ma che mi piace far conoscere nella parte conclusiva: «Il linguaggio gode e soffre di un tasso di mobilità e mortalità altissimo. [...] Certo sui nomi propri la questione si fa delicata, ma lei stesso confessa che non trova traccia precisa su L’accorda e il suo signifi cato. E lo stesso può dirsi per la parola l’Accolta nata per caso, nel tentativo di dare un senso al luogo – potrebbe sempre essere un sostantivo tratto dal participio passato del verbo ‘accogliere’ per in qualche modo defi nire quel delizioso specchio d’acqua dove fi nisce il Clitunno, o, come lei osserva, dove Clitunno e Timia si incontrano e si accolgono a vicenda. Cedo anch’io la penna ai linguisti. [...]».Comunque a questo punto è doveroso precisare che l’intellettuale triestina, è stata si quella che ha fi nito per imporre a livello culturale il termine Accolta, ma la responsabilità maggiore – si fa per dire – ricade sulle Autorità Comunali che, mutuandone il termine, hanno voluto dare un nome alla zona davanti al piccolo bacino chiamandola Piazzale Accolta. Ma c’è di più: non sono un topo di archivio e quindi non so se il termine Accorda è documentato in qualche atto pubblico o notarile. È vero, però, che nella terza edizione del 1983 della preziosa guida artistica di Bevagna del prof. Carlo Pietrangeli, spoletino, eminente studioso, Direttore dei Musei Vaticani, legato alla nostra città da vincoli familiari (nella quale per la prima volta, veniva inserito il giro delle storiche mura, da all’invaso il nome di Accolta. Scriveva il Pietrangeli: (pag. 80) «Presso la Porta il fi ume

forma un invaso (Accolta) mediante uno

sbarramento; si ottiene così una caduta

d’acqua con la quale veniva azionato

il molino; qui è ancora in funzione,

rinnovato il lavatoio pubblico che sfrutta

l’acqua corrente del fi ume. Presso

questo luogo è possibile ancora osservare

i cordari al lavoro». Pietrangeli poi seguitando nella sua descrizione chiama il ponte sovrastante «dell’Accolta». Come Pietrangeli sia potuto arrivare a queste conclusioni e sia potuto cadere in questo che – chiedo perdono – seguito a ritenere un errore, non lo so. Azzardo un’ipotesi – audace per la verità – che qualcuno possa avere integrato la nuova edizione della Guida, senza la dovuta attenzione del suo autore. Ma c’è di più. Nel luglio 2010 il Sindaco pro tempore di Bevagna avendo denominato l’area davanti al lavatoio, via dell’Accolta e venuto a conoscere l’esistenza della mia amichevole polemica con la Venturini, mi invitava a volergli precisare il mio pensiero sulla questione. Rispondevo in sintesi che con la nuova denominazione, ci trovavamo di fronte non solo ad un falso storico, ma ad una violenza nei confronti della tradizione linguistica che ha consegnato quell’angolo della città alla parola Accorda, e che Accolta secondo un qualsiasi vocabolario della lingua italiana ha ben altro signifi cato di quello che gli si voleva dare.Concludo dicendo che la mia opinione trova comunque conferma nel “Vocabolario del dialetto del territorio di Foligno” raccolto e dichiarato dal Prof. Renzo Bruschi con una prefazione del Prof. F. A. Ugolini (Perugia, 1980, Università degli Studi di Perugia, Istituto di Filologia romanza) il quale registra proprio per Bevagna la voce akkorda, con questa dizione: «Confl uenza di più ruscelli in un fi ume; greto del fi ume ove un tempo le lavandaie si recavano a lavare il bucato; e per Spoleto: bottaccio del mulino». A questo punto, salvo a dare spazio ad altre opinioni, non posso che augurarmi che si giunga alla revisione della denominazione viaria con la «restaurazione popolare del termine Accorda».