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novembre 2010 numero 7 / anno 1 boom da bash: tutta fama e niente dread 27 hip-hop: generazioni di b- boy a confronto 10 brindisi in vignetta 11 mappa dei palazzi storici dimenticati fermento cultura in i resti di una In distribuzione gratuita l'ultimo sabato del mese foto di:

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novembre 2010

numero7 / anno 1

boom da bash: tutta fama e niente dread 27

hip-hop: generazioni di

b- boy a confronto 10brindisi

invignetta 11

mappa dei palazzistorici dimenticati

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9rassegna stanca

associazioni alla ricerca di contenitori culturali

30vetrine inedite

antonio ligorio, radio - rinascita

25ne vale la penna

continuano le storie di ucciu lu vasciu

14scomunicando

quei film maledetti

22radici quadrate

i monumenti inaugurati da vittorio emanuele III

Redazione: Via Schiavone, 12

Brindisi0831.529491 / 347.0466197

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Editore:Vetrine Inedite

(Ass. di Promozione Sociale)Direttore Responsabile:

Serena Passarelli

Impaginazione e Grafica:Stefano Ranalli (Quadra)

Segreteria di Redazione:Ilaria Passarelli

Stampa:Locopress

Mesagne (BR)In redazione:

Italo BernardiMassimiliano GattiFrancesco Piccinin

Maura Gatti

Emanuele Vasta Giovanni Membola

Gabriele CiulloVirginia FrigioneMonica CucinelliMichele Cavallo

Roberto SpagnolettoClaudia Corsa

Maura CesariaMarco Falcone

Vincenzo Maggiore

novembre 2010

numero7 / anno 1

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EDITORIALECari lettori di CicloStyle,ci ritroviamo qui, dopo un anno, con mille altri progetti e tante novità editoriali. Rispondiamo così a quanti dicevano che saremmo durati solo un numero! Spegneremo la nostra prima candelina il 5 dicembre salutando questo primo anno di duro lavoro. Un anno fatto di tante

difficoltà, che ci hanno reso più forti. Di tante critiche, che ci hanno “convinti” ancora di più. Un anno fatto di successi, che ci hanno responsabilizzato. La nostra dedizione, il nostro impegno, la nostra passione, si rinnovano quotidianamente grazie al vostro entusiasmo. È difficile concretizzare con le parole il disappunto che provo quando leggo alcuni articoli di giornalisti sempre pronti a parlare male della nostra città. Una città trattata come una prostituta da lapidare a tutti i costi sotto gli occhi di tutti: cittadini e turisti. Brindisi, a onor del vero, è una realtà piena di contraddizioni, una città fatta di cittadini discutibili, di mentalità sbagliate. Ma è anche una città di tante risorse per niente valorizzate. Noi, abbiamo deciso di schierarci contro l’atteggiamento di critica che esaspera e che di costruttivo non ha nulla. Noi, cittadini davvero innamorati di questa città, abbiamo deciso di cambiarla a modo nostro e forse percorrendo la via più difficile. Perché se è pur vero che bisogna “combattere” e mettere in risalto ciò che non va, bisogna, allo stesso tempo, mettere in risalto tutti quei brindisini che quelle stesse realtà potrebbero cambiarle drasticamente. Allora basta! Avere la popolarità e l’approvazione per una polemica senza mezzi termini, è fin troppo facile. Perché si sa, tanti brindisini dicono che non c’è lavoro, ma poi nemmeno si mettono a cercarlo. Tanti brindisini, ti dicono “bravo” quando hai il coraggio di alzare la voce, ma poi loro stessi si lamentano sottovoce. Cambiamola questa città, con quei pochi che si lamentano ma che non stanno a guardare. Cambiamola questa città, con coloro che hanno deciso di alzare la voce e che vogliono far parte di un coro che le “canta” quando occorre. Cambiamola questa città, con coloro che non scenderebbero mai a compromessi e non accetterebbero mai le raccomandazioni. Iniziamo così questo nuovo anno, accogliendo nuovi giornalisti o aspiranti tali. Correndo ovunque, per portare avanti le nostre piccole inchieste. Scaveremo a fondo nelle situazioni ma mai con l’intento di distruggere la dignità di questa città. Mai! Buona lettura.

Serena Passarelli, Direttore Responsabile Ciclostyle

in copertina mariella lonoce, di francavilla f.na (br), giornalista di puglia tv. foto di luca montemurro

Testata registrata presso il Registro Stampadel Tribunale di Brindisi n. 14/2009

chiuso il 22 novembre 2010

DIETRO LE QUINTE

Stefano Ranalli Graphic Designer

Luca MontemurroFotografo

Marialba GuadalupiResp. Commerciale

Ilaria PassarelliSegretaria di Redazione

www.ciclostyle.it | [email protected] numero 7 | novembre 2010 | pag 3

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I restI dI unacultura Infermento

percorsi turistici da scrivere:mappa dei palazzi storici dimenticati

Dimenticati dietro mura decrepite e stemmi consumati, raccontano i vecchi fasti di una nobiltà in fer-

mento: sono i palazzi storici di Brindisi.È da qui che può ripartire il rilancio della cultura, quella che soddisfa le richieste dei turisti e che tiene in vita le associa-zioni cittadine, a caccia di nuovi “conte-nitori” culturali. Il punto di partenza per il rilancio culturale, storico e artistico è, dunque, la riscoperta della bellezza. Come affermava lo scrittore e filosofo Al-bert Camus: “La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza”.La rivoluzione è iniziata e la caccia al bel-lo è aperta, anche se non si direbbe.È come se la bellezza, della città e dei suoi abitanti, fosse nascosta sotto gli abiti trasandati di un nobile decaduto. Gli stessi abiti che vestono i palazzi storici, maestosi e invisibili tesori nel cuore della città. La rivalutazione del bello è partita sì, ma tra alti e bassi. Ne è un’ottima te-stimonianza Palazzo Granafei-Nerve-gna, dimora storica, oggi sede di alcuni uffici del Comune e contenitore di tante iniziative culturali. Altra storia le Scuole Pie, riportate agli antichi splendori per

accogliere “La corte degli artigiani”, una galleria espositiva con laboratori e sala convegni. Dopo due anni di attività questi spazi sono in completo disuso. Antonio D’Aprile, architetto e consigliere comuna-le che ne ha curato il restauro, ci spiega il perché: “La struttura non decolla no-nostante prezzi d’affitto accessibili. Non bastano i costi agevolati, perché la zona non è di passaggio. Lì dovrebbero con-centrarsi più attività culturali e la movida, stimolate da una zona a traffico limitato studiata per agevolare il passeggio”. L’architetto Domenico Calizzi, ex dirigen-te comunale del settore Beni Monumen-tali, invece, si sofferma su Palazzo Guer-rieri: “Una struttura destinata all’Assesso-rato alla Programmazione e alle Politiche comunitarie e, nel progetto originario, predisposta anche ad accogliere alcune aule dedicate al conservatorio Tito Schi-pa”. Spazi non sempre disponibili e anco-ra poco conosciuti. Accanto ai contenitori culturali “fantasma” ci sono quelli poten-ziali ma vestiti di stracci. Sono i palazzi nobiliari privati, in attesa da anni di una spinta finanziaria che li riporti in vita tra-sformandoli in punti di interesse storico. una svolta dal grosso peso economico, artistico e strategico.

Lo conferma l’assessore al Turismo Teo Titi: “L’unico strumento a nostra disposi-zione per rimettere in piedi turismo e cul-tura è la rivalutazione dei monumenti e la rievocazione di epoche storiche per rac-contare quello che Brindisi è stata”. Sui sedimenti della Ruga Magistra e dell’anti-co Corso della città, i palazzi storici degni di nota sono decine ma non c’è neanche un cartello che ne indichi la presenza. Che la vera rivoluzione parta proprio da qui? Nella rivalutazione culturale in atto, da un lato le associazioni richiedono spa-zi pubblici e dall’altro i privati cercano il supporto istituzionale. Ma i tempi strin-gono, le risposte stentano ad arrivare e le carte da giocare per tenere in vita tesori dimenticati come Palazzo Cafaro (in via Carmine), sono sempre meno.La caccia al bello è aperta. Ma è rivoluzio-nario accontentarsi, apprezzando quel poco che resta della bellezza dimentica-ta, prima che sia troppo tardi?

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TOMMASEO: ECCO QUEL ChE RESTA Si trova nel cuore del porto, sotto gli occhi di tutti i brindisini o meglio di quei pochi che ancora riescono a ve-derlo. Invisibile eppure ingombrante. Questo è ormai da tanti anni il desti-no dell’ex Colleggio Navale Niccolò Tommaseo. Quei pochi che riescono a vederlo non possono fare a meno di chiedersi come mai un simile gioiello architettonico sia stato completa-mente abbandonato a se stesso. Claudia Corsa (continua su www.ciclostyle.it)

in basso: foto del tommaseo di claudia corsa

www.ciclostyle.it | [email protected] numero 7 | novembre 2010 | pag 5

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turIstI acHIlometro Zero

un percorso alternativo da fare col naso all'insù, alla scoperta dei palazzi

storici dimenticati di Brindisi.un viaggio nel tempo e nella storia della nostra città ve-stendo, per una volta, i panni di turisti a chilometro zero.Non solo una passeggiata però, anche uno stimolo cul-turale, una originale critical mass. Percorriamo le vie del centro per ricordare, rivalu-tare e ricominciare a tutelare i tesori nascosti di una città che aspetta di essere riap-prezzata. Il tragitto si svilup-pa per le vie del centro alla ricerca di particolari, racconti e leggende che sfuggono allo sguardo e talvolta alla memo-ria. Ha supportato la ricerca la ricca bibliografia di Anto-nio Guadalupi, appassionato di storia e cultura di Brindisi, amante della sua città e per questo alle prese da anni con documenti storici dimenticati, nascosti negli angoli impolve-rati delle biblioteche cittadine.

1 Palazzo Catanzaro(via Dè Catanzaro)

Oronzo Catanzaro fu sindaco di Brindisi nel 1740 e nel 1747. L'impianto del palazzo risale al 1600 così come si evince dalle decorazioni floreali sulle travi in legno all'interno dell'edificio.

2 Palazzo De Laurentis(via Marco Pacuvio)

Palazzo ottocentesco, si af-faccia su una piazzetta. Par-ticolare, lo stemma ad angolo.

3 Palazzo De Marzo(P.zza Concordia, ang. via Palma)

Ha una balaustra in pietra la-

vorata e una loggia rinasci-mentale. Il proprietario origina-rio, da cui prende il nome, lo abitava nel 1700. Fu sede dell'esattoria delle imposte e venne dato alle fiamme con la rivolta cittadina dell'aprile 1946.

4 Palazzo Dionisio(viale Regina Margherita)

un'enorme costruzione con terrazze, giardini e remini-scenze classiche che si al-ternano allo stile barocco. Il palazzo è stato costruito nel 1910 secondo il progetto di Dioniso Dionisi, console belga. Poggia su una struttura anti-chissima, forse aragonese.

5 Palazzo Laviano(largo Laviano, 3)

Da notare sulla facciata lo stemma con tre stelle risalen-te al 1618.

6 Palazzo Lacolina(via lata, 112)

Ornato, al centro della faccia-ta, da un nobile stemma ormai poco decifrabile che tratteggia un mappamondo posato su un capitello, simbolo delle ampie vedute dei suoi nobili inquilini. Si contraddistingue anche per l’arco omonimo adiacente, l’ul-timo dei tanti presenti in città.

7 Palazzo della Morte(Corso umberto)

Era dove oggi sorge l'hotel Majestic. Il nome di fantasia, è stato attribuito per la diffu-sa credenza che fosse abitato dai fantasmi. Situato al limite estremo del corso sui resti di quello che fino al 1863 era stato il famoso Bastione San Giorgio.

8 Palazzo Cafaro(via Carmine, 29)

Prende il nome dal suo più antico proprietario ovvero il fisico Nicola Cafaro, originario di Lequile, che verso il 1600 lo fece costruire sulle case mez-ze diroccate della via. Da nota-re lo stemma: un delfino sor-montato da una decorazione.

9 Palazzo Ripa(via carmine, 19)

Da osservare il portale ador-nato da uno stemma interes-sante ma non molto decifra-bile.

10 Palazzo Laviano(largo Laviano)

Antico palazzo abitato dalla famiglia Ripa nel 1754.

11 Palazzo Cocotò(viale Regina Margherita)

I ruderi meglio conservati della chiesa di San Giovani dei Gre-ci ne ornano il cortile dove si osservano colonne di architet-tura medievale, gli stipiti e gli architravi della porta e il rosone rabescato (un tempo la fine-stra della chiesa) che oggi ha la forma di un grande vaso da cui spunta un albero ornamentale.

12 Palazzo D’Oria(via Lata, 32)

Risalente al 1700, mantenuto in ottime condizioni. Gradevo-le la vista della facciata che comprende due arcate.

13 Palazzo Mezzacapo(via Seminario, angolo via Duomo)

Lo stemma di famiglia, posto all'angolo con via Duomo, raf-figura una mezza testa. Il por-tale è abbellito da due colonne laterali. Si racconta che anche questo palazzo, un tempo, era

dimora di un fantasma. 14 Palazzo Perez

(via S. Assennato, 16)

Riporta uno stemma sbiadi-to, l'antico portale e l'antica mensola di una loggetta, inve-ce, testimoniano la presenza di un palazzo risalente al XVII

secolo.15 Palazzo Titi

(via Montenegro, 37)

All'interno del palazzo si celano mura di cinta messapico roma-ne, risalenti ad un'età in cui Brin-disi era nel fiore del suo sviluppo economico, tanto da essere

considerata l'emporio del Salento.

16 Scuole Pie(via Tarantini)

Appartenente ai Padri Celestini sino al 1659 quando monsignor Francesco de Estrada lo acquistò con l'an-nesso convento degli Scolopi che vi stanzia-rono fino al 1808.Ex sede del carcere mandamentale, della Croce Bianca, di scuo-le e palestre. Oggi è di proprietà del comune.

17 Palazzo Guerrieri(via Guerrieri)

È costituito da un in-sieme di stratificazioni e commistioni di ele-menti architettonici realizzati con il passa-re del tempo e frutto di demolizioni e aggiunte. Negli anni ha fatto fron-te a diversi usi, ad avvi-cendamenti degli abi-tanti, soddisfacendo i gusti di molte epoche.

18 PalazzoCrudomonte(via Congregazione e

largo Crudomonte)

Prende il nome dall'e-roe cittadino Crudo-monte. L'architettura è di stile gotico ca-talano. Negli anni è passato alla Cassa di Risparmio di Puglia.

alla riscoperta dei palazzi storici dibrindisi. un percorso turistico alternativo

CICLOSTYLE - STORIE DA COPERTINAdi MAuRA CESARIA > [email protected]

CICLOSTYLE - STORIE DA COPERTINAdi MAuRA CESARIA > [email protected]

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un libro per riportare in luce uno dei palazzi più illustri di Fasano, Palaz-zo Pezzolla, custode della storia

della città. L’idea è di un giovane fasane-se innamorato della sua città e della sua arte, Gianni Lacialamella. Restauratore e decoratore di professione, è da tempo impegnato nel recupero e nella salva-guardia del patrimonio artistico locale. un volume di 128 pagine e 120 foto, 1000 copie (molte delle quali vendute grazie alla collaborazione con l’associazione u’mbracchie), in cui descrive il patrimo-nio custodito nelle volte dei palazzi stori-ci. Ben 71 soffitti di 20 palazzi affrescati dal 1774 al 1940. “Quattro mesi di lavoro - ci spiega l’autore - per raccogliere fondi per il restauro del soffitto del salotto di Palazzo Pezzolla realizzato da Beniami-no Bianco nel 1895. E per far capire, so-prattutto ai fasanesi, che la nostra città è ricca sia dal punto di vista artistico che storico-culturale”.

Cosa hai riscontrato in questo viaggio culturale?Fasano è ricca di interni di pregio in cui le pitture sono conservate benissimo grazie al fatto che sono in case private tutt’oggi abitate. Proprio per questo i capolavori, alcuni dei quali di autori notevoli, vengono mantenuti in memoria storica e familiare. Quale lo stato di queste opere?Ottimo, molte ancora in patina originale.Perchè raccontare un volto della città celato per secoli agli occhi dei fasanesi?

È molto importante perché dimostra l’importanza di Fasano nell’arte e nel tempo. Negli affreschi si raccontano 300 anni di storia con diversi riscontri negli avvenimenti locali.Quali le tecniche pittoriche degli affreschi?Varie e di qualità. Dalla tempera, alla calce, agli stucchi (molto rari nelle case private qui da noi), bellissime dorature, scene dipinte su tela o a olio direttamente su intonaco.E gli autori? Le case più importanti hanno autori eminenti. Tra tutti Nunzio Bonamassa, pittore materano, a Fasano dalla metà del ‘700, si occupò della Chiesa del Purgatorio. Diverse opere sono riprodotte in tre soffitti risalenti al 1774. Ci sono opere di Settimio Carelli, pittore di Monopoli appartenete ad una famiglia di decoratori che, tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800, lavorò per la corte di Napoli, uno dei rari esempi in Puglia di pittura Neoclassica. Dopo di lui suo nipote Francesco Barbanito. E a fine ‘800 pittori locali come Beniamino Bianco.Durante il lavoro hai incontrato ostacoli per accedere a case di privati?Non tanti perchè molte di queste opere le ho restaurate personalmente, quindi ho avuto l’appoggio incondizionato dei proprietari. Quanti sapevano dell’esistenza di un simile tesoro?A parte i proprietari e me, pochissimi sapevano e non immaginavano tanta ricchezza. Sorpreso dell’interesse e dal supporto

del comune?No, perché l’ignoto è sempre interessante e il fine dell’iniziativa ha fatto il resto.Credi che questi tesori dovrebbero essere inclusi in un circuito di promozione turistica?Potrebbe essere un’idea, ma personalmente mi occupo di restauro. Sono convinto che sono più belli e preziosi perché non visitabili. Intanto sappiamo che ci sono.

L'INTERVISTA

CICLOSTYLE - STORIE DA COPERTINAdi MICHELE CAVALLO > [email protected]

un lIbro perrestaurare palaZZopeZZollaintervista a gianni lacialamella,autore e restauratore

copertina del libro

gianni lacialamella

assocIaZIonI allarIcerca dI contenItorIculturalIil disagio di alcune delle realtà più attivesul territorio. la parola ai presidenti

La ricerca di una sede a prezzi “acces-sibili” preoccupa le aziende, tanto più le associazioni presenti sul territorio

che operano concretamente a favore della collettività senza alcuno scopo economi-co. L’alternativa? I locali comunali. Il van-taggio? Le associazioni risparmiano e i lo-cali comunali riprendono vita e magari an-che forma, dal momento che verrebbero comunque messi a nuovo. Inoltre, si avreb-bero punti di riferimento stabili per la cultu-ra. Quasi tutte le associazioni ci hanno pro-vato: richieste protocollate, anche da più di un anno. Mai evase. Per diverse settimane, abbiamo cercato di conoscere meglio il mercato immobiliare mettendoci alla ricer-ca di una sede dignitosa, contattando pri-vati ed agenzie. I costi mensili di locazione oscillano dalle 400 alle 600 euro, un prez-zo di riguardo dal momento che la richiesta viene da un’associazione. I locali disponibi-li per l’affitto, se scartiamo le proposte del-le agenzie allo scopo di risparmiare, sono decisamente inferiori rispetto a quelli in vendita. Anche questo è l’evidente risultato della crisi economica. Locali dai 30 ai 50 metri quadri, spesso completamente da ri-strutturare, nascosti e pieni di umidità. La ricerca affannosa e costante è il duro com-promesso per trovare l’eccezione. Per rac-contare la situazione di disagio che crea la mancanza di una sede, abbiamo contatta-to i presidenti di alcune delle associazioni più attive sul territorio. 1. ESPRESSIONE LIBERA- Maria Stella CaponeAl momento siamo senza sede, nomadi alla ricerca di un po’ di ospitalità.Abbiamo sostenuto una spesa di 400 euro

di affitto fino al mese scorso. Con un’asso-ciazione nata e chiusa prima di questa, presentai una domanda per un locale di proprietà comunale. Era il 6 novembre del 2006. A gennaio del 2008 arrivò la rispo-sta positiva del Comune. L’associazione che aveva fatto richiesta non c’era più, bi-sognava ripresentare una nuova istanza e rimettersi in fila.2. MA.DI.MA - Massimiliano GattiAbbiamo fatto la richiesta 4 o 5 volte.La prima è stata protocollata 3 anni fa.Paghiamo circa 400 euro di affitto, spesa che incide su tutte le attività dell’associa-zione. Fortunatamente abbiamo un pro-prietario comprensivo.3. MERIDIANI PERDUTI - Daniele Guarini Abbiamo fatto richiesta all’amministrazio-ne comunale nel luglio 2009, ma non ab-biamo ancora avuto risposta.Abbiamo trovato una certa disponibilità da parte delle istituzioni nell’ovviare, se pur con soluzioni temporanee, a questa situa-zione di nomadismo. Fino a giugno, tutti i sabato e domenica, occuperemo i locali messi a disposizione a titolo gratuito dalla succursale del rione Perrino della scuola media Marco Pacuvio. Tuttavia, se pure è un grande passo avanti, le difficoltà orga-nizzative restano evidenti. 4. POLPIFRITTI Cult-Project- Michele LamacchiaNon abbiamo ancora fatto ri-chiesta di un locale comunale. Siamo forse un po’ scoraggiati dai racconti di amici. La nostra sede legale attuale è piuttosto piccola, quindi di norma la usiamo a rotazione o come ve-

trina esemplificativa del nostro lavoro. Ab-biamo avuto bisogno di spazi più grandi e abbiamo lavorato insieme in parchi pubbli-ci, in capannoni e garage concessi in pre-stito, o presso il CSV (Centro Servizi del Vo-lontariato). L’affitto, pur non essendo mol-to elevato, incide in modo importante sul bilancio associativo.5. CANTIERI IMMAGINE - Angelo PezzollaAbbiamo fatto la richiesta di un locale circa un anno e mezzo fa. Non abbiamo avuto ancora risposta. Ad oggi, ci appoggiamo al CSV per corsi e per fare delle riunioni.La sede, per noi, non è fondamentale ma agevolerebbe non poco. 6. MAMADÙ: Annamaria MitaLa nostra esperienza è positiva perché ab-biamo avuto un locale (di proprietà della Provincia). Sebbene non sia molto centra-le, ci troviamo bene. Condividiamo la sede con l’associazione Motùmus.7. ASSOCIAZIONE MUSICALEFRESCOBALDI - Camillo FasuloGrazie alla lungimiranza della preside della scuola Crudomonte, Claudia Zezza, abbia-mo instaurato una partnership che ci con-sente di avere gli spazi in cambio di servizi per i suoi studenti. Dal '92 abbiamo presen-tato le richieste un anno sì e uno no. Mai una risposta ufficiale, solo qualche pro-messa mai concretizzata.

leggi l’articolo completo su:

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RASSEGNA STANCA - L'ALTRA FACCIA DELLA VERITÀdi SERENA PASSARELLI > [email protected]

pag 8 | novembre 2010 | numero 7 numero 7 | novembre 2010 | pag 9www.ciclostyle.it | [email protected] www.ciclostyle.it | [email protected]

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RASSEGNA STANCA - L'ALTRA FACCIA DELLA VERITÀdi FRANCESCO PICCININ > [email protected]

HIp – Hop:generaZIonIdI b-boy a confronto

“Io ci sono. Io voglio uscire dalla mediocrità. Io voglio ‘svoltare’. Guardatemi”.In Italia come negli Stati uni-ti, nonostante la differenza di background, l’essenza dell’hip-hop rimane la stes-sa: l’emancipazione sociale e personale. L’arrivo in Italia di questa cultura di strada si fa risalire all’inizio degli anni ‘80. E guarda caso, Brindisi è stata una delle primissime città italiane -e probabilmente la prima del Meridione- ad accogliere l’hip-hop, portato da noi, secondo quello che racconta la leggenda, da due ragazzi francesi. I DEPOSITARI DELLA STORIADELL’hIP-hOP BRINDISINO

Per farci raccontare tutto quello che è ac-caduto da quei giorni ad oggi abbiamo riu-nito al Salento Fun Park, due generazioni di b-boy di Brindisi e Mesagne. “Un evento mica da ridere”, commenta uno dei pila-stri della cultura street brindisina, Arturo La Palma. Insieme a lui ci sono tanti nomi da ricordare, nomi “storici” del movimen-to rispettati come deposi-tari della storia dell’hip-hop brindisino. Tra i “saggi” c’è Mino Mini-stro, dj e produttore, nella “scena” hip-hop ormai da molti anni... “Ognuno – rac-conta – cerca nell’hip - hop la sua ragione. C’è un istin-to alla comunicazione per il quale ognuno di noi ha da dire qualche cosa. Infatti, il

punto di contatto con la realtà è proprio questa condivisione dell’esperienza, l’esi-genza di esprimersi. Tant’è vero che tra le prime cose più famose di New York, com-pare la tag, un elemento che vuole dire ‘ io esisto’. Il rap ha emancipato il popolo afroamericano. E forse noi, negli anni ‘90, cercavamo proprio questa emancipazio-ne. Ci trovavamo all’inizio di Mani Pulite.Il motivo per fare hip-hop era una sorta di contestazione”.OLD SChOOL E NEw SChOOL

A differenza di altre culture, però, l’hip-hop - che si manifesta con tutte le sue discipline - riesce tuttora a produrre

avanguardia. “È un movi-mento culturale – prosegue Mino – che rappresenta le dinamiche umane, la socia-lità. ‘Io esisto’, ‘ io sento l’esi-genza di dirlo’”.una realtà spesso molto competitiva, che fa di ele-menti come l’individualità, lo stile, lo studio, la cono-scenza della storia e della cultura, i fulcri per la propria

evoluzione. un’evoluzione, però, che ha l’esigenza di un contesto all’interno del quale svilupparsi. Da qui il concetto di co-munità. Per cui l’hip-hop è nulla senza la comunità così come la comunità è nulla senza qualcuno che esprima al meglio la comunità stessa. una vera e propria sim-biosi.L’evoluzione, però, spesso è traumatica e porta con sé divisioni. Così come è ac-caduto anche a Brindisi, con il passaggio da old-school a new-school. un tema che accende il dibattito. “Questa separazione – spiega Arturo– è solo un’invenzione ed è stata fin troppo dannosa qui da noi.

Tanta gente, infatti, nel bal-lare, nel modo di presentar-si, ha prodotto solo divisioni.Se Mesagne e Brindisi fos-sero state unite, avremmo fatto tanto a livello naziona-le.Anche se, bisogna dire, an-cora oggi abbiamo elementi forti”. In effetti il nostro territorio, soprattutto negli anni ‘80 e

RASSEGNA STANCA - L'ALTRA FACCIA DELLA VERITÀdi FRANCESCO PICCININ > [email protected]

‘90, ha prodotto eccellenze di altissimo livello. I nostri breakers non sfiguravano nei Battle of The Year, i campionati mon-diali della breakdance, ed i nostri muri – come il celebre “wall of Fame” – finivano addirittura sui magazine americani. Per non parlare di esponenti di spicco del wri-ting brindisino che ormai sono conosciuti in tutto il mondo come Andrea “wany” Sergio. Ma c’è chi la pensa in maniera diversa e crede che la divisione tra old-school e new-school sia sostanziale, non solo superficiale.“Se prima – sottolinea Mino – c’erano del-le jam in cui uno dipingeva, l’altro suona-va e l’altro ballava, ora a livello alto quasi tutte le cose sono organizzate per disci-pline. C’è il contest di breakdance senza un live rap, c’è un contest di writing senza dj, e così via. Questa è la differenza so-stanziale tra old school e new school”. LA STRADA, IL CENTRO SOCIALE, LE SFIDE

La parcellizzazione sta portando ad ul-teriori divisioni sia nella breakdance, che ormai si divide in varie ramificazioni come elettroboogie, new style, hip-hop, house, ma anche nel writing. Il vero b-boy, invece, è quella persona che pratica tutte e quattro le discipline.“Ai tempi del centro sociale di via Santa Chiara (di Brindisi) – ricorda Mino – l’hip-hop era molto ghettizzato, c’erano po-chissime persone che lo seguivano.Eravamo sempre gli stessi, Daniele, Vito Morano, Andrea Sergio. Ora siamo tanti ed il discorso si può specializzare perché ci sono le persone e gli spazi”. un racconto confermato anche da Arturo.“Quando ballavamo, eravamo al massimo dieci o undici. Ci allenavamo sempre in-sieme e per questo un giorno decidemmo di dividerci in due gruppi.Per affrontarci e diventare più forti. Erava-mo i Positive Force ed i Fresh Kiss. Grazie a questo allenamento potevamo andare a sfidare realtà come Milano, Roma o To-rino. Ed allora, erano veramente numeri”. LA COMMERCIALIZZAZIONE

Oggi molti di quelli che vi- segue a pag 12 >

la storia, l’essenza e i nomi del fenomeno brindisino

foto di: claud

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i ragazzi del salento fun park

street art

street style

numero 7 | novembre 2010 | pag 11www.ciclostyle.it | [email protected] | [email protected] 10 | novembre 2010 | numero 7

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RASSEGNA STANCA - L'ALTRA FACCIA DELLA VERITÀdi FRANCESCO PICCININ > [email protected]

vono questa coltura cercano di farne un vero e proprio lavoro. I writer spesso lavorano su commissione, i dj diventano produttori, i rapper ven-dono centinaia di migliaia di dischi ed i breakers si guadagnano da vivere con ap-parizioni in tv o aprendo scuole di danza. Esattamente come è accaduto a Brindisi con la “Street School hip-hop Academy”. Anche sulla “commercializzazione”, natu-ralmente, si apre un acceso dibattito. “C’è chi fa di questa cultura – spiega il breaker Nico D’Agnano – un business e dà catti-va informazione sull’argomento e poi c’è chi resta nell’underground e, parados-salmente, è più conosciuto e soprattutto riconosciuto da chi davvero vive questa cultura. Il bello di questo mondo è la parte sociale. Si gira per l’Europa, si fanno nuo-ve amicizie e, se le cose vanno bene, si porta in alto il nome della propria città”.“Fino a pochi anni fa – precisa Andrea Se-meraro dei Fritti Mistici – esisteva una doppia scena. Quella di chi, per vendere la propria musica, si adattava a rendere

il proprio lavoro maggiormente orecchia-bile e quindi commerciale e quella di chi, al contrario, difendeva i valori dell’hip-hop ‘puro’. Ora la situazione è cambiata, come del resto in tutto il panorama musicale.Noi cerchiamo di ricreare quell’atmosfe-ra, quella delle ‘ jam’ ma in questo modo bisogna rinunciare ad organizzare grandi eventi. Si è un po’ persa quell’idea dello stare insieme”.Alla fine, per tutti, non c’è niente di male nel lavorare con l’hip-hop. Anche perché il possibile bacino di utenza si è moltipli-cato in maniera esponenziale. “Questa – conclude Mino – è una cultura di cui si può fare un mestiere. Se c’è genio, si rico-nosce l’universalità”.

> segue da pag 11

RASSEGNA STANCA - L'ALTRA FACCIA DELLA VERITÀdi MARCO FALCONE > [email protected]

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Leggi il reportage completosul web: www.ciclostyle.it

Le altre vignette sono sul web: www.ciclostyle.it

foto di: claud

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Ogni mese, la rubrica “Rassegna Stanca - L’altra faccia della Verità” racconterà, attraverso le vignette

del fotografo brindisino Marco Falcone, realtà e paradossi della nostra società.Chi ha “occhi” per intendere, intenda!

street art

numero 7 | novembre 2010 | pag 13www.ciclostyle.it | [email protected] 12 | novembre 2010 | numero 7

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QueI fIlmmaledettI

pellicole diventate leggenda per via di alcuni episodi

accaduti durantele riprese

I film, da sempre, appassionano milioni di persone. Emozionano, stupiscono, annoiano e, a volte, terrorizzano.

Ci sono alcuni film che oramai sono diven-tati leggenda, non per la pellicola in sé, ma per gli episodi che si sono verificati duran-te le riprese.

L’ESORCISTAFilm maledetto per eccellenza, colleziona una serie inquietante di incidenti e morti.Durante le riprese, per un inspiegabile cor-to circuito, il set andò a fuoco. Le riprese andarono a rilento a causa dei guasti gior-nalieri ai macchinari impiegati. L’attrice Ellen Burstyn, che inter-pretava la madre dell’indemonia-ta, ebbe un infortunio al collo che la paralizzò per oltre una settima-na. Il fratello di Max Von Sydov, che ha il ruolo dell’esorcista, muo-re in Svezia durante la lavorazione del film così come il giovane non-no di Linda Blair, la protagonista. Il figlio di Jason Miller, padre Karras nel film, si schianta con la moto a pochi metri dal set e rimane tra la vita e la morte per tre giorni.L’attore Jack MacGowran, il prete ucciso dalla posseduta, morì due mesi dopo aver recitato l’ultima scena.In ultimo, morirono il ragazzo che refrigerava la stanza dopo gli esor-cismi e il bimbo appena nato di un macchinista.Le sventure furono talmente tante che indussero i responsabili del cast a chiedere l’intervento di un vero esorcista.

IL CAVALIERE OSCUROFilm che ha visto una delle più brillanti interpretazioni di heath Ledger nel ruolo di Jocker. Sembra che l’attore si fosse a tal punto immedesimato nel personaggio da non riuscire più a distinguere la sua persona dal personaggio stesso. Al New York Times dichiarò di non riuscire più a liberarsi di Jocker, soprattutto di notte. Infatti l’attore dormiva appena due ore a notte, da qui l’utilizzo di potenti sonnife-ri. Sembra che Jack Nicholson, che a sua volta aveva interpretato il ruolo di Jocker,

lo avesse messo in guardia. “Quel perso-naggio prende l’anima”, aveva dichiarato.Il protagonista Christian Bale, subito dopo la conclusione delle riprese, fu arrestato per percosse ai danni della madre e del-la sorella. Colto da un raptus improvviso quanto inspiegabile, Christian aveva pic-chiato entrambe le donne e poi, come se nulla fosse, si era presentato alla cerimo-nia per la presentazione del film, dove fu arrestato. Morgan Freeman, invece, ha ri-schiato di morire a causa di un bruttissimo incidente; Conway wickliffe, tecnico degli

effetti speciali, morì mentre gira-va una scena in Surrey, a Londra, schiantandosi contro un albero.SUPERMANInterpretare il grande supereroe non ha di certo portato fortuna agli attori, né alle attrici.Margot Kidder, Lois Lane nel pri-mo superman, fu vittima di un incidente aereo nel 1990 e, da sempre, soffre di disturbi psichici. Nel '59 George Reeves, il secondo superman, fu trovato morto per colpi di arma da fuoco pochi giorni prima di sposarsi.La stranezza sta nel fatto che, malgrado fosse stato archiviato come suicidio, non furono trovate impronte sulla pistola.Christopher Reeve, il superman per eccellenza, rimase paralazzito in seguito a una caduta da caval-lo nel 1995, morì quasi dieci anni dopo. Richard Pryor, Superman III, morì nel 2005 per sclerosi mul-tipla.

SCOMUNICANDOdi MAuRA GATTI > [email protected]

ne Vale la penna. brIndIsI tra le rIgHeprima edizione del premio nazionale di narrativa

“Ne vale la Penna. Brindisi tra le righe”. È questo il nome del primo premio di narrativa or-

ganizzato da Vetrine Inedite (editore di Ciclostyle) in sinergia con l’associazione brindisina Espressione libera. Questa pri-ma edizione del premio vuole favorire la libertà d’espressione attraverso strumen-ti narrativi. Possono partecipare tutti gli appassionati di narrativa, maggiorenni e non, senza distinzione alcuna.Non sono previste limitazioni di genere, pertanto è possibile partecipare con ope-re di qualsivoglia natura, purché in lingua italiana e recanti un riferimento descritti-vo (piazza, via, monumento, ecc…) della città di Brindisi e sull’importanza dell’uso della bicicletta. I premi saranno consegna-ti nel corso di una serata organizzata per l’occasione e verranno assegnati da una giuria di esperti. Al primo premio andran-no duecentocinquanta euro. Mentre, al secondo e al terzo, cento euro. I premi sa-ranno offerti dagli sponsor. Le associazio-ni valuteranno la possibilità di raccogliere tutti gli elaborati in una pubblicazione.È possibile scaricare il bando dal sito:www.ciclostyle.it sezione “iniziative”. Gli elaborati dovranno essere consegnati entro le ore 19 del 20 dicembre presso la segreteria in via Schiavone, 12. (traversa di via Appia prima del Bar Peddy).Infoline: 0831.529491 / 347.0466197

foto di: virg

inia frigio

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SCOMUNICANDOdi MAuRA GATTI > [email protected]

marialba guadalupi, 29 anni, brindisina. lei è la testimonial dell’iniziativa.

numero 7 | novembre 2010 | pag 15www.ciclostyle.it | [email protected] 14 | novembre 2010 | numero 7 www.ciclostyle.it | [email protected]

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SCOMUNICANDOdi MARIALBA GuADALuPI > [email protected] di MARIALBA GuADALuPI > [email protected]

SCOMUNICANDO

Quando l’arteIncontraIl cInema

intervista al direttoredella fotografia paco maddalena

Paco Maddalena, direttore della foto-grafia, nato e cresciuto a Brindisi, quest’anno approda al Lido di Ve-

nezia con il film “Sposerò Nichi Vendola” del regista barese Andrea Costantino. 33 anni e quasi altrettanti cortometraggi alle spalle, accanto agli spot tv e ai videoclip, tra gli altri, di Simone Cristicchi e Dente.

Come ci sei arrivato, ma soprattutto da dove sei partito?A livello figurativo sono stato molto influenzato da mia nonna, diplomata all’accademia delle belle arti. Lei dipingeva tutto il giorno. Anche mio padre è un ottimo disegnatore. La mia passione è nata quando ho avuto modo di scattare le prime foto, a Bologna a metà degli anni '90.Qual è stata la tua formazione?Superato il test di ingegneria (che ho abbandonato ancora prima di iniziare) e sei esami di Economia aziendale, ho deciso di stravolgere tutto e di buttarmi in quello che avevo nel sangue: l’arte. Mi sono iscritto al Dams e mi si è aperto un mondo fatto di persone totalmente diverse da quelle già incontrate, ma che corrispondevano esattamente alla mia essenza.

E la fotografia?Storia dell’arte di giorno, camera oscura di notte: ho aperto un piccolo studio fotografico, con sala posa e camera oscura per la pellicola; il digitale non esisteva ancora. Chi aveva a che fare con la fotografia aveva studiato e conosceva il mezzo, non come accade ora che con photoshop sono tutti fotografi senza sapere cosa sono i tempi di esposizione e che diaframma scegliere.La fotografia è evidentemente una passione dura e costosa. Come riuscivi a mantenere uno studio fotografico?Facevo il fotografo di scena di set bolognesi: tutto quello che passava da Bologna lo fotografavo e dopo qualche giorno riportavo i provini alle produzioni, le quali mi ordinavano le stampe che, di notte, nella solitudine totale del mio studio, impressionavo con il mio ingranditore. Fino a 40 ingrandimenti a notte.Quando è arrivato l’incontro con il cinema?Grazie alla fotografia di scena: mi ha fatto capire i segreti dell’illuminazione artificiale, conoscere i primi registi bolognesi e sperimentarmi, da direttore della fotografia, sui primi cortometraggi home made. Nel 2003 il servizio civile come responsabile all’audiovisivo presso

la videoteca del dipartimento di Cinema in via Barberia a Bologna, una delle più grandi in Italia, mi ha permesso di consultare e studiare film introvabili. Contemporaneamente, ho iniziato a fare l’assistente operatore sui set a Roma, esperienza durissima per chi come me non è figlio di cinematografari. Dei d.o.p. (Director of Photography, Ndr) con cui ti è capitato di lavorare, chi credi ti abbia insegnato di più? Ho avuto modo di imparare da diversi direttori della fotografia, tra cui Gianfilippo Corticelli, Roberto Forza, Italo Petriccione, Sandro De Pascalis. Tutti mi hanno dato qualcosa, ma sempre con la stessa regola inespressa che "sul set si ruba con gli occhi", non si fanno domande.Tra tutte le maestranze delle troupe con cui lavori, qual è la tua figura preferita? Si chiama gaffer, non esiste in Italia, è la spalla destra del d.o.p., un pò come il nostro capoelettricista ma con più nozioni e meno manovalanza: è lui che concretizza in numeri ciò che il direttore della fotografia vuole; qui in Italia fa tutto il dop e dice al capoelettricista come deve essere il set up dei proiettori, scena per scena.E la frase più bella che hai sentito sui set romani?

L'INTERVISTA

Una frase che riecheggia spesso è: "ha fatto due film in uno” intendendo il primo e l’ultimo insieme e si usa quando un d.o.p. non ci capisce niente. Non è stato il mio caso!Torniamo in Puglia: come hai visto crescere l’industria cinematograficapugliese e quale pensi ne sarà il futuro?Il cinema pugliese in questi ultimi anni è cresciuto molto, anche grazie allo spessore della Film Commission che apre le porte agevolando produzioni di tutta Italia a girare nel nostro territorio, pieno di bei paesaggi e con delle caratteristiche uniche nel panorama nazionale. L’apporto più grosso, i pionieri in un certo senso, sono stati Piva, Rubini e Winspeare. Spero che si continui così, magari spingendo affinché autori nuovi con buone idee riescano a concretizzare, soprattutto ovviando alla mancanza di tecnici e fornitori di materiale.Hai mai pensato di produrre qualcosa di tuo, magari su Brindisi, per cui curaresceneggiatura, regia, oltre alla direzione della fotografia?Ho sperimentato la direzione di un cortometraggio a Brindisi, tanti anni fa, ma è stata un’occasione unica, dato che non faccio regia. Ma un bel film, interamente pugliese, dove potermi esprimere al meglio, chiaramente come d.o.p., sarebbe un’emozione molto forte che prima o poi vorrei provare: non voglio sbilanciarmi troppo, ma penso che presto l’occasione arriverà, ci stiamo muovendo in questo senso con Andrea Costantino, con cui ho ormai stretto una fraterna collaborazione.In questo momento di crisi, come vedi il futuro della tua figura professionale?Spero di avere la convinzione necessaria per andare avanti: oggi viviamo un momento di crisi economica tra le peggiori che l’Italia del dopoguerra ha vissuto e la cultura è la prima a subire dei tagli. Qualcuno può spiegare a Bondi che io con questo mestiere ci campo?

a sx e dx: paco maddalena sul set.foto di laura carnemolla

www.ciclostyle.it | [email protected] | [email protected] 18 | novembre 2010 | numero 7 numero 7 | novembre 2010 | pag 19

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Quanti di noi si sono domandati cosa avviene dopo che la pellicola del rul-lino è stata impressionata dal sole e

in che modo le foto arrivano alla carta stampata? Questo misterioso procedi-mento avviene in Camera Oscura, un am-biente completamente oscurato, in cui “magicamente” le nostre foto prendono vita. Con l’avvento del digitale, questa af-fascinante tecnica è stata, da molti, mes-sa da parte. Per questo motivo abbiamo dato agli allievi dell’Accademia Fotografica Italiana la possibilità di capire e conoscere i processi fondamentali dello sviluppo e della stampa.Per sviluppare la nostra pellicola dobbia-mo innanzitutto procurarci alcuni semplici oggetti: una tank (contenitore a tenuta di luce, con all’interno una spirale su cui av-volgeremo la pellicola e con un coperchio che consente di introdurre i bagni chimi-ci); un termometro (per misurare la tem-peratura dell’acqua che deve essere co-stante a 20°C); le forbici (per tagliare il rocchetto della pellicola); un cilindro gra-duato (per misurare i liquidi); liquidi (ac-qua, rivelatore, bagno d’arresto e fissag-gio); un cronometro (per misurare il tem-po); bottiglie (per conservare i liquidi dopo l’utilizzo).

Introduciamo nella spirale della tank la pellicola ed avvolgiamola all’interno della stessa, lavorando completamente al buio. Avvolta tutta la pellicola nella spirale, in-troduciamo nel foro centrale un cilindretto che serve per mantenere in posizione la spirale stessa all’interno della tank. Avvi-tato il coperchio a tenuta di luce, tutto è pronto per iniziare lo sviluppo.A questo punto, tutto il resto delle fasi si eseguiranno alla luce. Dal coperchio della tank, introdurremo gli agenti di sviluppo attraverso un comodo foro. Iniziamo la-vando la pellicola con sola acqua a 20° C per cinque minuti. Vuotata la tank dall’ac-qua, inseriamo il rivelatore che avrà il compito di trasformare gli alogenuri d’ar-gento dell’emulsione della pellicola espo-sti alla luce, in argento metallico.Facciamo partire l’orologio per i minuti ne-cessari (ogni casa dà le indicazioni di trat-tamento per i diversi tipi di pellicola, Ndr), agitiamo la tank capovolgendola a inter-valli regolari, al variare dell’agitazione va-ria il contrasto. Trascorsi i minuti necessa-ri, vuotiamo la tank dal liquido e introdu-ciamo il bagno d’arresto, che ha il compito di bloccare il processo di sviluppo. Suc-cessivamente svuotata la tank, la riempi-remo nuovamente introducendo questa

volta l’ultimo bagno chimico: il fissaggio.Trascorso il tempo necessario, apriamo la tank e laviamo la pellicola in acqua corren-te per circa venti minuti. Nell’ultimo ri-sciacquo finale, aggiungiamo poche gocce di sapone per le mani per far scivolare dal-la pellicola tutta l’acqua e ridurre la forma-zione di calcare. Appendiamo la pellicola, con una molletta da bucato, in un luogo asciutto e possibilmente senza polvere. Lasciamola asciugare.A questo punto il nostro negativo è pronto per essere stampato.

SCOMUNICANDOdi VIRGINIA FRIGIONE - Accademia Fotografica Italiana - AFI > [email protected]

a leZIonedIfotografIa

la camera oscura:fascino e mistero (prima parte)

pellicola dopo lo sviluppo

SCOMUNICANDOdi SERENA PASSARELLI > [email protected]

modelle per un gIornonuoVo style peruna sola lettrIce

Dalla sinergia e dalla cooperazione nasce “Modelle per un giorno”, un’iniziativa che vuole promuovere

le bellezze del nostro territorio attraverso iniziative concrete.I parrucchieri di Smoovy Look, Vetrine Inedite e Virginia Frigione (Afi) hanno ideato e promosso questa iniziativa giunta già alla sua seconda edizione.L’idea è quella di rifare il look di aspiranti modelle, tutte brindisine, che diventano poi le testimonial di un campagna di co-municazione volta a presentare la moda capelli del momento.Quest’anno, la collezione autunno – in-verno, si chiama “Asimetric” e le tre pro-

tagoniste sono: Viviana Boccadamo, Mariangela De Vincentis e Chiara Gior-dano. La collezione è stata ufficialmente pre-sentata al Quetzal di Brindisi in una domenica pomeriggio di novembre nel corso della quale tagli e acconciature sono stati straordinari protagonisti di un aperitivo. L’iniziativa prosegue, ogni mese, per i lettori di CicloStyle. Infatti, affideremo le candidate di “Modelle per un giorno”, alle sapienti mani di Smoovy Look.Il risultato lo documenteremo attraverso reportage fotografici che pubblicheremo nelle nostre pagine. Per partecipare basta

inviare una e-mail, allegando una foto, alla nostra redazione ([email protected]) specificando, nell’oggetto, “Modelle per un giorno”.

ciccio Riccio srlViale Duca degli Abruzzi, 26Brindisi / 0831.584151 / 335.8284088

smoovy look, afi e vetrine inedite: una simpaticainiziativa per valorizzare le bellezze brindisine

Il reportage fotografico completo è su: www.ciclostyle.it

i ragazzi dell’afi in camera oscura

pag 20 | novembre 2010 | numero 7 www.ciclostyle.it | [email protected] www.ciclostyle.it | [email protected] numero 7 | novembre 2010 | pag 21

e Marco

tedesco

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il settimanale indipendente nell'edizione che raccontava la visita del re del 4 novembre 1933

Negli anni che seguirono la fine del primo conflitto mondiale, dalla metà degli anni '20 e per circa un

decennio, a Brindisi furono realizzate una serie di opere pubbliche che doveva-no conferire un aspetto urbanisticamen-te più moderno ed adeguato per il rilancio nazionale del capoluogo della nuova pro-vincia. L’avvio e il termine dei lavori erano spesso un’occasione utile ad alcuni espo-nenti del regime per elogiare e propagan-dare la politica fascista. Il più “illustre” ospite di quegli anni fu certamente il re Vittorio Emanuele III che presenziò a due eventi celebrativi sempre nel mese di no-vembre, in occasione dell’inaugurazione del Monumento ai Caduti e del Banco di Napoli e, due anni dopo, per l’inaugura-zione del Monumento al Marinaio d’Italia. Il primo avvenimento risale al 22 novem-bre del 1931: alle ore 9 il sovrano giunse alla stazione di Brindisi dove fu accolto da una folta rappresentanza istituziona-le. Sul settimanale l’Indipendente fonda-

to da Giustino Durano si legge di una “ folla festante” schierata sin dalle prime ore del giorno, nonostante la fitta pioggia, al fianco di reparti armati lungo il percorso adorno di tricolori. Il corteo di auto accompagnò la vettura reale su corso umber-to, corso Garibaldi, via Regina Margheri-ta sino al Palazzo del Governo in piazza Montenegro, tra “due fitte ali di popolo acclamante e getto di fiori”.Qui il Savoia ricevette dal prefetto Rosso “l’omaggio di tutte le popolazioni della provincia” prima di recarsi all’inaugura-zione della nuova sede del Banco di Na-poli in piazza della Vittoria (un bel palaz-zo in stile Liberty demolito poi nel marzo del 1969), dove venne accolto davanti l’e-dificio dagli alti funzionari dell’Istituto. La cerimonia, aperta con la benedizione dei locali impartita dall’Arcivescovo Valeri, si svolse nel grande salone del pianterreno. Dopo il discorso del direttore generale Fri-gnani, il sovrano visitò le sale del palazzo prima di affacciarsi dalla loggia principale “ammirando lo spettacolo grandioso del-la marea umana che non si stancava di acclamarlo”. Alle ore 11 Vittorio Emanuele fu accompagnato in automobile in piazza Engelberto Dionisi, dove era stato collo-cato il Monumento ai Caduti della Grande Guerra commissionato allo scultore brin-disino Edgardo Simone. L’opera in marmo bianco di Carrara, con il basamento in marmo rosso di Verona, prima di essere spostata definitivamente nel 1940 in piazza Impero (oggi Piazza S.Teresa), fu relegata nell’angusto spazio del

lungomare, a pochi metri dalla scalinata delle Colonne romane. Accese polemiche avevano preceduto la scelta dell’ubica-zione del monumento per nulla gradita dall’Autore, tanto che non partecipò all’i-naugurazione dell’opera marmorea.Al suono della marcia reale e dell’inno al Piave, tra salve di cannone e lancio di co-lombe, fu fatto cadere il velario tricolore che copriva il monumento. Al breve rito religioso e alla benedizione dell’Arcive-scovo seguirono i discorsi del podestà Giannelli e del ministro della marina Si-rianni, quindi il sovrano, che aveva preso posto nella tribuna reale, depose ai piedi del simulacro la corona di alloro e un ce-sto di fiori raffigurante lo stemma sabau-do donatogli dagli orfani di guerra. La cerimonia si concluse con la visita a bordo dell’esploratore Quarto dove il re passò in rassegna l’equipaggio prima di essere riaccompagnato alla stazione da dove ripartì in direzione Lecce.Il terzo re d’Italia fece ritorno a Brindisi il 4 novembre del 1933 in occasione della grande manifestazione organizzata per l’inaugurazione del Monumento al Ma-rinaio d’Italia, opera realizzata in poco meno di un anno grazie anche ai fondi raccolti nei concerti organizzati a tale scopo dal tenore salentino Tito Schipa.

RADICI QUADRATEdi GIOVANNI MEMBOLA > [email protected]

Il re arrivò in treno alle ore 9.30, dalla sta-zione fu accompagnato dal corteo reale a Palazzo Montenegro, quindi raggiunse in motoscafo il piazzale sottostante il mo-numento progettato dall’architetto Luigi Brunati e dallo scultore Amerigo Batoli, denominato “Sta come torre”. Sulla tri-buna reale, eretta al centro della piazza, presero posto anche il principe ereditario umberto e le alte cariche politiche, civili e militari; migliaia di persone affollava-no ordinatamente i lati del palco mentre nel porto erano ancorate diverse unità militari della seconda squadra navale. Per facilitare l’accesso alle autorità, dalla banchina Montenegro sino a quella di Po-sillipo la Regia Marina aveva predisposto un ponte di zattere con ringhiera, largo 18 metri e lungo 250. Alle ore 10.30 nove rintocchi della campana appartenuta alla nave “Benedetto Brin” (esplosa il mattino del 27 settembre 1915 nel porto medio, un cimelio oggi conservato nella cripta alla base del Monumento) e ventuno sal-ve di cannone accompagnati dal volo de-gli idrovolanti aprirono la cerimonia inau-gurale, che proseguì con la benedizione impartita dal cappellano della Marina, i discorsi delle autorità e conclusa con il canto dell’inno “Apoteosi al Marinaio”. La cronaca della manifestazione e i discorsi furono radiotrasmessi dalla stazione di Bari dell’Eiar e furono ascoltati anche dal-la folla adunata sul lungomare grazie agli altoparlanti sistemati per l’evento.Dopo la colazione a bordo del piroscafo del Lloyd Triestino “Helouan”, i reali pre-sero posto sul palco eretto di fronte a piazza Vittoria e alle ore 15 in punto iniziò la grande parata che vide ben 8000, tra militari e rappresentanti di associazioni, sfilare davanti al sovrano. Alle 16.30 il re ripartì dalla stazione centrale non prima di ricevere un cestino di vimini raffiguran-te una nave, colmo di garofani, lavorato e donato dagli orfani di guerra. I festeggia-menti continuarono in serata con musi-che di orchestre e di bande militari.Quasi dieci anni dopo Vittorio Emanue-le III tornò a Brindisi e qui si rifugiò dopo l’ignobile fuga da Roma, e dal 10 settem-bre 1943 all’11 febbraio 1944 la città di-venne “Capitale del Regno del Sud”.

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il piazzale sottostante il monumento al marinaio il giorno dell'inaugurazione (4 nov 1933)

il re arriva al banco di napoli il giorno dell'inaugurazione (22 novembre 1931). fototeca briamo

il settimanale "Giornale di Brindisi" che racconta la visita del 4 nov. 1933

il settimanale indipendente nell'edizione che precedeva l'arrivo del re a brindisi del 22 novembre 1931

il ponte di zattere realizzato dalla regia marina in occasione

dell'inaugurazione del monumento al marinaio (4 nov 1933)

I monumentIInauguratIda VIttorIo emanuele III

accadde nel novembre degli anni che furono

www.ciclostyle.it | [email protected] numero 7 | novembre 2010 | pag 23www.ciclostyle.it | [email protected]

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A Brindisi c’è chi la moda la cuce ad-dosso alle persone e alle case, do-nando un tocco di eleganza e di ori-

ginalità, ricercato, unico e senza tempo. Case tutte uguali e look stereotipato. Prezzi alti e scarsa qualità. Prodotti made in China. Quante volte, entrando nei nego-zi capita di pensare che in fondo sono tutti uguali? Allora, come esprimere al meglio la propria personalità? La risposta viene da chi ha fatto della qualità il suo punto di forza, vincendo la scommessa giocata contro l’omologazione. Rosa e Paola Mastropasqua accompagna-no i loro clienti in un mondo da esplorare. Nel loro negozio di via Palestro, Cesana, si può trovare biancheria per la casa e la persona. Ma con un approccio diverso per-ché qui, ci si prende cura delle necessità dei clienti sotto ogni aspetto. una scom-messa, dicevamo, in tempi come questi in cui si punta al ribasso. un caso di econo-mia virtuosa da tenere in considerazione. Basta guardare le etichette della merce scelta per essere piacevolmente sorpre-si: qui tutto è selezionato tra le migliori

proposte del Made in Italy. una scelta coraggiosa e vincente. Sempre più perso-ne scelgono Paola e Rosa come amiche e professioniste, un punto di riferimento per la cura propria immagine e quella del-la propria casa. Somma, Dea, Mirabello, Cottymarianne e Fischbacher: alcuni dei marchi scelti per vestire la casa. Stile in-confondibile e raffinato come la tradizio-ne artigianale insegna, con uno sguardo rivolto all’innovazione e alle novità.La creatività spazia fino alla ricerca di tes-suti e colori per nuovi modelli pensati ad hoc. un nuovo modo d’arredare che cura minuziosamente i dettagli. Tessuti d’arre-damento classici (come quelli dell’Opifi-cio) o in stile moderno (come quelli di De-signer Guilt), per cucire cuscini, trapunte, tende, tovaglie, lenzuola e addirittura pi-giami anche su misura. un’altra eccezione la fa la manodopera esperta delle migliori sarte e degli artigiani brindisini.

Gli spunti per la selezione dell’intimo, poi, provengono dal Salone della Lingerie di Parigi, tappa immancabile per Rosa e Pa-ola sempre attente alle ultime novità per donna e uomo. Oscalito, Girardi, wolford e Ritratti, alcuni dei brand più ricercati dai clienti di ogni età.“Per il 2011 le tendenze dell’intimo pun-tano alla femminilità”, spiega Rosa. “Ri-tornano il pizzo, il grigio, il blu e il rosso rubino; le sottovesti, gli stringi vita e i bus-tini”, conclude. Se la nota sexy è il vostro cruccio, allora, non temete per la vestibi-lità: per la moda mare e per l’intimo, ogni stazza qui trova la sua forma ideale. Il percorso controcorrente scelto da Paola e Rosa è tutto da scoprire. E continua nella nuova sede in pieno centro storico. Per i più curiosi basterà guardare la nuova ve-trina per capire la differenza che fa l’alta qualità italiana.

cesana: la casae l’IntImo sI rIVestono

dI eleganZa

NE VALE LA PENNAdi ROBERTO SPAGNOLETTO > [email protected]

LA PALESTRAUcciu lu Vasciu s’è 'nnammuratu

già era scemu mo è propria rintrunatu.Si creti ca eti beddue Maria Pinnaculu

L’è futtutu d’atru picca di cirvieddu.Siccomu intra li pantaloni non ci caccia mancu l’anca destra

S’e’ signatu alla palestra.Accomu è trasutu tuttu nu murmuriuComu pi diri: “ci eti stu chinu ti siu?”

Sobbra alla cicletta non 'nci rrivava alli pitaliE di qua si veti quantu è carniali.

Vulia a livava lu cavallettulu struttori l’è critatu: “spiccila ca mo ti truevi intra nu liettu”.

Quiddu ca è capu tesa è rispostu pi li rimi“Struttò pensa cu fatii e bbascimi lu silloni

Ca iu so vasciu ma quando stau nervosu diventu nu lioni”.Allu struttori l’è nchianata la nervatura alli mitoddi

Ci putia l’era scrafazzatu comu li mpoddiMa lu clienti teni sempri ragioni

Puru ci eti nu cugghioni.Dopu tre minuti ca sta pitalava

Già no si sta fitava.

“Struttò mi sta essunu ti fori li uecchiE mi sta fannu mali li canecchi”

È vulutu a vai sobbra lu tapirulannipropria quai è cuminzatu cu faci danni.

È carcatu tutti li buttuniL’aggeggiu è cuminzatu a 'ccellerari

E cu l’anchi curti no si binchiava ti scappari.È finitu ti facci an terra comu nu carniali

Trenta a trentunu cu no spiccia allu spitaliA stu puntu lu struttori l’è zziccatu razzu razzu

“sienti va scassilu a natra vanda lu cazzu”.Ringrazia diu ca tegnu l’educazioni

Ci no ti lu 'nfilava nu carzaloni.Ucciu lu vasciu è pigghiatu lu vulu

Comu ci tinia nu pipu an culu.È pinsatu mentri sta fucia

Beh ci Maria Pinnaculu voli nu cristianu ti sustanzaSi pigghia a mei cu totta la panza.

uccio a volte é anche romantico questa é la poesia che ha scritto per Maria Pinnaculu titolo: “no mi wuei!” svolgimento: “iu 'mpaccescu pi tei, ma tu non n'ci 'mpaccisci pi mei”.

laboratorIoVIrtuale dI poesIa escrIttura creatIVanasce una nuova rubrica su web

un laboratorio virtuale di poesia e scrittura creativa nasce su ciclo-style.it. uno spazio virtuale di scrit-

tura in cui giocare con le parole, improv-visare, esprimersi. Poesie, haiku, brevi pensieri o prose, frammenti di emozioni, di risposte o domande. Il tutto accompa-gnato da suggestioni visive (immagini, colori), auditive(brani musicali), olfattive (profumi) e sensoriali varie. Per parteci-pare è necessario compilare il form pro-

posto nel canale “Ne vale la Penna” di Ciclostyle.it. Potrai così inviare i tuoi scritti e i file (audio, video e immagini) che ne hanno suscitato la nascita. un modo per consentire ai brindisini di liberare la pro-pria creatività e tutto il proprio talento nel campo della poesia e della scrittura creati-va. La rubrica sarà curata da Monica Cuci-nelli ([email protected]).

[ALI]Semplicemente,

a volte,le senti sulla schiena

cosìpronte a spiccare il volo,

e d'improvvisosi aprono,

leggere. Monica Cucinelli

contInuano le storIedI uccIu lu VascIu

paola e rosa mastropasqua, una scommessagià vinta contro l’omologazione

paola e rosa mastropasqua

NE VALE LA PENNAdi REDAZIONE > [email protected]

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Tutte le storie di Uccio su:www.ciclostyle.it

pag 24 | novembre 2010 | numero 7 www.ciclostyle.it | [email protected] www.ciclostyle.it | [email protected] numero 7 | novembre 2010 | pag 25

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“uno” è il titolo del primo album, due sono le voci e tre i d.j. Sono i numeri dei Boom da Bash. Solo

fama e niente dread. Per scoprire il riddim (giro di basso presente in un brano di ori-gine giamaicana, ndr) e chi si cela dietro questo nome apparentemente frivolo, li abbiamo incontrati a Mesagne (Br) nella loro sala di registrazione, covo di rullate e creazioni. una favola reggae raccontata da Angelo Rocoli, alias Biggie (cantante); Blazon, all’anagrafe Angelo Cisternino (d.j. - produttore) e Paolo Pagano artisticareg-gae detto Payà (cantante).

Mi butto! Boom da Bash sta per “esplosione dal sud”?Certo, potrebbe essere un’altra interpretazione (sorridono). In effetti la frase “Boom Da Bash” significherebbe “Esplodi il colpo” in slang giamaicano. Ci piaceva il suono di questa unione.Dove avete nascosto i dread?(sono formati aggrovigliando i capelli su loro stessi, Ndr)Paya - Io li ho avuti. Per noi è solo un modo di portare i capelli, per i giamaicani la religione. Una nota canzone dei Morgan Heritage recita “non è per i dread che sei rasta”.Il progetto parte da Bash o dal Boom? Blazon - Tutto è iniziato nel 2002. Eravamo tre d.j. Successivamente si sono uniti: Pajà (voce) e Biggy .Biggy - La formazione attuale si completa col d.j.brindisino Luigi Magni (GanDj) e Fabio Clemente (Mr Ketra).

Il vostro genere è impastato o filoreggae?(ridono) Proveniamo da differenti realtà, ma l’anima è sempre reggae.Tra noi abbiamo radici hip-hop, raggamuffin, rock e metal. I vostri testi: autori e lingua prediletta?Ognuno scrive la sua parte, poi amalgamiamo le idee che diamo in pasto al riddim. Scriviamo in lingua salentina, inglese o patwah giamaicano (lingua creola contaminata dall’inglese, Ndr).Paradossalmente per noi, quest’ultima è più semplice. Ma non starete per caso fissando i canoni di uno stile?Non dimentichiamo che il reggae made in Italy è stato creato da salentini quali i Sud Sound System, Africa Unite e derivati. Siamo figli di queste realtà con un’altra forma musicale alla quale daremo o daranno un nome. Siete rimasti nell’underground o avete venduto l’innocenza al mainstream? Se vuoi fare i soldi è necessario venderti altrimenti rimani nell’underground e ti muovi in base alla tua testa. Noi siamo nel limbo. Facciamo dei pezzi

volutamente commerciali, ma pochi ci conoscono. Noi ci siamo venduti a noi stessi. (ridono)Chi ha prodotto il vostro primo lavoro ?L’etichetta romana OneLove su vinile e su cd. La prima uscita è stata stampata sulla compilation Bam Bam del 2007. Quali padiglioni auricolari stuzzicate? La nostra musica è un ibrido di stili che stuzzica la fascia adolescenziale fino alle orecchie più mature dei cinquantenni. Vi sta stretta la Puglia?In questo momento meno. Non abbiamo mai avuto i mezzi; difatti ci sta stretta a livello tecnico ma a livello artistico ed umano le altre regioni ci guardano con invidia. Parecchi artisti si sono trasferiti in Puglia, tipo Roy Paci. Certamente non navighiamo nell’oro. La nostra terra dispone di artistoni sconosciuti e poco valorizzati.

Cosa c’è in cantiere?Nel disco “Uno” siamo stati un po’ instradati. A breve produrremo il nuovo lavoro, che non si chiamerà “Due”! (ridono). Musicalmente sarà prodotto da noi, perché sentiamo che le nostre potenzialità sono cresciute.Ora fatemi voi una domanda.Scommettiamo che t’eri fatta un’idea sbagliata di noi? (ridono).

L'INTERVISTA

boom da basH:tutta fama

e nIente dread

VETRINE INEDITEdi GABRIELE CIuLLO > [email protected]

lorenZo fIscHettI, In gIamaIca con Il reggae

deI boo boo VIbratIon

Musicista, graphic designer, illu-stratore, pittore, appassionato di arte, cinema e di tutte le emozio-

ni che nella vita vale la pena “assaggia-re”. Lorenzo Fischetti, brindisino dell’84, ci ha raccontato di sé e del progetto dei Boo Boo Vibration, reggae band che sta riscuotendo grande successo in tutta Italia e che si appresta a sbarcare anche in Giamaica grazie alla collaborazione con la star internazionale Alborosie.

Come nasce il progettoBoo Boo Vibration?Nasce nel 2000, inizialmente come duo freestyle di voci formato dagli attuali cantanti della band, Kubla e Emc. In questi 10 anni, il gruppo ha subito diverse trasformazioni, ma alcuni dei fondatori sono rimasti nella crew. Attorno a loro si sono avvicendati diversi validi musicisti. L’attuale formazione ha una provenienza molto eterogenea: Umbria, Lazio, Croazia e due cantanti della provincia di Lecce. Poi c’è anche un altro brindisino, il tastierista e corista Fabio Santoro.Sei il batterista del gruppo da ormai due anni. Come ci sei entrato in contatto?Nel 2002 ero con i Mama Roots in Sicilia e i nostri tour si sono casualmente

incrociati. Da allora, è nato un bel rapporto di amicizia che siamo riusciti a mantenere vivo negli anni. Fino a quando i Boo Boo mi hanno contattato per invitarmi a far parte del loro progetto. Nonostante io vivessi a Milano e loro a Bologna ho accettato la proposta di buon grado, al costo di dovere rinunciare a qualche weekend con gli amici. Come riesci a conciliare il lavoro, la musica e tutte le passioni che coltivi nell’ambito delle arti visive? Ho sentito spesso dire che non si può fare tutto nella vita. Io non sono d’accordo, penso piuttosto che sia necessario stabilire delle priorità e impegnarsi ogni giorno per raggiungere gli obiettivi che ci si é posti. Per fortuna, al mondo ci sono tante cose interessanti da vivere, fare e imparare. Per me è molto stimolante “assaggiarle” tutte, poco per volta: a volte si scopre che non ci piacciono, ma spesso si trasformano in passioni che ti accompagnano per tutta la vita. Il lavoro assorbe gran parte della mia giornata e nel tempo libero mi dedico alla pittura, al disegno e ultimamente anche alla scrittura. Poi ci sono prove, registrazioni, concerti e video con entrambi i

gruppi. A me piace così… piuttosto non dormo!Come siete entrati in contatto con Alborosie?Tutto è nato la scorsa primavera con la featuring nel singolo “Rumors”, di cui abbiamo girato anche un video insieme. Successivamente abbiamo aperto due suoi live, dando vita a una collaborazione che ci porterà a incidere il nuovo album allo “Shengen Studio” di Kingston, in Giamaica. Il missaggio sarà invece made in UK. Quest’esperienza ci consentirà di registrare svariate partecipazioni con grossi nomi della scena reggae mondiale e ad affinare il nostro sound rendendolo più internazionale, senza mai dimenticare le nostre radici. Il management si sta già muovendo per organizzare un intenso tour che ci porterà in lungo e in largo per l’Italia e non solo. Ci attendono videoclip, singoli e… forse è meglio non svelare troppo per il momento.Quando a Brindisi?Speriamo prestissimo. Non c’è cosa più bella che suonare nella propria città.

L'INTERVISTA

VETRINE INEDITEdi EMANuELE VASTA > [email protected]

Sito web: www.booboovibration.it/My Space: www.myspace.com/booboovibrationYou Tube: www.youtube.com/user/BOOBOOVIBRATION

lorenzo fischetti

alcuni componenti dei boom da bash durante l’intervista

leggi l’intervista completa su:www.ciclostyle.it

intervista all'ambiziosaformazione salentina

pag 26 | novembre 2010 | numero 7 www.ciclostyle.it | [email protected] www.ciclostyle.it | [email protected] numero 7 | novembre 2010 | pag 27

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Talenti sbocciati in età ormai matura ma tali da meritare le più alte platee sportive: Cosimo Caroli e Nuccio

Saladino, storici vigili urbani fasanesi, col vizietto della doppietta. E si! Perché è proprio con i loro fucili che, in meno di 10 anni, hanno saputo tener alto il nome della Polizia Municipale fasanese e non solo. In giro per il mondo, partecipando a numerose gare riservate a tutte le forze armate di ogni dove, hanno mietuto vit-torie a iosa nelle loro categorie di compe-tenza: la fossa olimpica e il double trap.

una passione, quella per il tiro al volo, da sempre covata nei due ed esplosa solo in età adulta. “Per anni abbiamo sempre frequentato il mondo della caccia – affermano entram-bi – fino a quando, nel 2002, il compianto comandante Leonardo Spalluto decise di creare un centro sportivo. Idea molto

sentita e partecipata al punto che, dopo solo un anno, organizzammo a Fasano i campionati italiani di tiro riservato ai cor-pi di polizia municipale. Iniziò così la no-stra carriera di sportivi, insieme ad alcuni colleghi con i quali nel corso degli anni abbiamo ottenuto successi individuali e di squadra”. un palmares, quello di Cosimo e Nuccio, che nel giro di solo 8 anni è notevolmen-te accresciuto. Pensate che dal 2006 il gruppo sportivo Spalluto è sempre cam-pione italiano a squadre di Doble Trap.Numerosi gli ori di categoria e gli asso-luti conquistati da Caroli e Saladino, con l’alternanza in squadra di Cataldo Bellanova e Vito Musa. Insomma infallibili cecchini che, nel 2003, durante i world Police Fire Game di Barcellona con la rappresentativa della Na-zionale di Polizia Munici-pale si sono laureati cam-pioni del mondo. “È stata l’esperienza più bella ed emozionante della nostra vita – affermano con oc-chi lucidi di commozione - vivere la magia di questi giochi mondiali confron-tandosi con i corpi armati

di tutto il mondo e salire poi sul gradino più alto del podio”. Insomma talenti di uno sport i cui riflet-tori si accendono solo in occasioni par-ticolari ma che richiede concentrazione, allenamento e molti sacrifici. “I costi di sostentamento – sottolineano i due ti-

ratori – sono il vero tallone di Achille di questa disciplina. Noi dobbiamo comun-que ringraziare il sostegno dell’ammini-strazione comunale e di alcuni amici im-prenditori che gentilmente ci danno una mano”. Ora il sogno è partecipare ai prossimi gio-chi mondiali di New York. Impresa non impossibile dopo il secondo posto con-quistato a Ponso (Padova) solo qualche mese fa ai Campionati Italiani di tutte le società sportive d’Italia. Squadra formata da Francesco d’Aniello, vice olimpionico e Germano Di Spigno (10 volte campione del mondo). Scusate se è poco.

cosimo caroli,nuccio saladinoe il vizietto della doppietta

sul podIo la polIZIamunIcIpale dI fasano

VETRINE INEDITEdi MICHELE CAVALLO > [email protected]

cosimo caroli e nuccio saladino

belleZZa:Il gIusto mododI coccolarsIintervista a stefania cuppone, titolare di adhara

Nella quotidianità frenetica, dove tutto appare e vuole necessaria-mente apparire, essere alla moda

conta quasi zero, se a questo non si asso-cia un'immagine impeccabile.È questo il momento di estetisti e par-rucchieri, oggi considerati il vero punto di partenza del proprio stile. Tuttavia, la concorrenza di "colleghi" che lavorano "a domicilio" (presso il proprio o presso quel-lo del cliente) vengono spesso preferiti ai professionisti del settore. Eppure questo è il punto di partenza in una realtà, come quella brindisina, dove il numero telefoni-co dei consulenti d'immagine non è pro-prio tra quelli delle ultime dieci chiamate. La professionalità delle due figure è risco-perta da pochi - scoperte dai più - come il giusto modo per coccolarsi e per scrollarsi

di dosso le fatiche di una lunga settimana.Presi d'assalto il sabato, i saloni di bellez-za, restano deserti durante la settimana.A raccontarci le differenze tra il trattamen-to "a domicilio" e quello "professionale" è Stefania Cuppone, parrucchiera brin-disina di 36 anni. Stefania è la titolare di Adhara, un salone di bellezza nel cuore del centro storico di Brindisi, nei pressi della chiesa di Santa Lucia (via Dè Gallo).

Non un parrucchiere ma un vero e proprio salone di bellezza dove è possibile fare davvero di tutto. Si, abbiamo scelto di offrire un ampio ventaglio di proposte, perché il cliente possa trovare in noi la soluzione a tutti i suoi capricci. (ride) Qui è possibile farsi perfino coccolare dalle poltrone massaggianti per un momento di vero relax. Perché si deve preferire un salone? Ci sono tante ragioni per cui il cittadino non dovrebbe assecondare il fenomeno "a domicilio". La prima è la frattura che il lavoro nero crea all'economia brindisina.Solo per il fatto di alzare tutte le mattine la serranda, siamo obbligati a pagare le tasse. La seconda è che ci sono accortezze di igiene da cui un salone o un parrucchiere non può prescindere. A tutto questo, si aggiunge un discorso di professionalità fatta di corsi di aggiornamento, di studio e di confronto con i colleghi. Non parliamo poi della scelta dei prodotti: un professionista sceglie sempre i marchi migliori, senza

pensare al risparmio. Da dove ha origine, secondo te,questo problema?Tante scuole sfornano continuamente parrucchiere ed estetiste. Forse si dovrebbero formare, allo stesso tempo, anche mentalità imprenditoriali. E poi è anche un po' colpa di qualche collega i cui prezzi sono decisamente troppo elevati. Io ho scelto di offrire qualità a prezzi accessibili. Cosa rende perfetto un taglio?Un taglio ha bisogno delle sue sfumature. Un vero professionista è colui che non stravolge completamente lo stile che una donna ritiene le appartenga. È anche colui che sa dire di no quando questa ha delle richieste che, ad esempio, intaccano la salute dei capelli. Spesso molti, però, pur di guadagnare due soldi in più al momento, perdono la cliente per sempre. Quali sono i trattamenti più richiesti? Colorazioni, giochi di luce, tagli. E poi epilazione, massaggi e ricostruzione unghie. Qual è il segreto per un make-up impeccabile? Ottenere un effetto più naturale possibile. Una base di fondotinta, mascara, rossetto o lucida labbra. Assolutamente da evitare il contorno labbra marcato.Il luogo giusto per coccolarsi?Adhara, ovviamente. (ride)

L'INTERVISTA

SCOMUNICANDOdi REDAZIONE > [email protected]

stefania cuppone, titolare adhara

foto di: claud

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pag 28 | novembre 2010 | numero 7 www.ciclostyle.it | [email protected]

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Antonio Ligorio, conduttore di Idea Radio, racconta come si intrecciaro-no la sua vita e la sua passione per

la radio, 25 anni fa.

Antonio non fa radio, Antonio è la radio. Spiegaci questo legame profondo.Sono nato ad Hagen ed ho vissuto in Germania fino ai 14 anni, quando i miei, di origini latianesi, decisero di ritornare in patria dopo una vita vissuta all’estero. Per me fu un trauma. Quando arrivai nel 1985 non parlavo una parola di italiano, non conoscevo nessuno ed in più a scuola ero deriso da tutti. Mi chiusi in casa ed in me stesso, non uscivo mai e stavo sempre al buio. Caddi in depressione. La mia unica compagnia diventò una radiolina regalatami da mio fratello, che ascoltavo ininterrottamente; per me rappresentava l’unico legame con la Germania. In camera mia mi aggrappavo alla radio, ascoltando musica quasi 24 ore al giorno. Dalla musica passai ad interessarmi ai programmi radiofonici; cominciai a capire le differenze tra un programma e l’altro, ne analizzavo i contenuti ed il modo in cui erano strutturati. Lentamente, la passione per la musica si trasformò in passione per il mondo radiofonico e per i suoi conduttori. La mia emittente preferita era Radio Rai, mi piacevano soprattutto Emilio Levi e Antonella Gianpaoli.Non parlavi italiano ed ora fai il conduttore in radio.Ascoltando la radio cominciai ad

imparare l’italiano, a capirne il suono, e questo mi aiutò ad aprirmi. Cominciai a farmi degli amici e una sera nell'ottobre di 25 anni fa, fui invitato ad una festa di compleanno organizzata da un gruppo di ragazzi di una radio locale, Radio onda stereo, che mi vollero in studio con loro. All’inizio osservavo e cercavo di imparare; poi, poco per volta, cominciai a lavorare. Con il passare del tempo sviluppai un mio modo di fare radio.Hai mai avuto voglia di tornare in Germania?All’inizio ci pensavo tutti i giorni. A 14 anni scappai di casa e tornai ad Hagen. Pianificai tutto nei minimi dettagli, quando arrivai in Germania bussai a casa di mia sorella e lei mi aprì, dicendo: “Ti stavo aspettando”. Passai tre mesi con lei, ma tutto mi sembrava diverso, cambiato. Capii che si deve guardare avanti e mi staccai dal ricordo della mia infanzia. Quella esperienza mi aiutò a crescere.Ora lavori con Idea Radio, come nasce questa collaborazione? Partecipo al progetto Idea Radio da 3 anni, da quando Tommaso D'Angeli (editore dell’emittente, ndr) mi chiamò per farne parte. Il progetto mi piaceva, l’idea era quella di dar vita ad una radio che fosse diversa dalle altre, che non fosse solo “ascoltabile”, ma

che interagisse e comunicasse con il pubblico. Una radio che parlasse del territorio e dei suoi abitanti, della gente comune, delle associazioni, di chi lotta ogni giorno per tirare avanti.Era proprio l’idea di radio che ho sempre avuto.E fuori dalla radio?Sono un uomo comune che ama gli amici e la buona tavola, il cinema e la musica. Devo a mio figlio Francesco la serenità e la leggerezza che mi accompagna, la sua nascita ha cambiato il mio punto di

vista su molte cose e tanti problemi non sembrano più così importanti.Cosa sogni per te e per gli altri?Per me di raggiungere, non tanto la felicità, ma la serenità in ogni campo.A tutti, me compreso, auguro una profonda crescita interiore ed una diffusione a pioggia di sorrisi.

L'INTERVISTA

intervista al conduttore dell’emittente radiofonicaidea radio

VETRINE INEDITEdi MASSIMILIANO GATTI > [email protected]

antonio ligorio

antonIo lIgorIo,radIo-rInascIta

www.ciclostyle.it | [email protected] 30 | novembre 2010 | numero 7

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