Cs grig 15 gen '15 scarico cologna veneta (vr)
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COMUNICATO STAMPA GRUPPO DI INTERVENTO GIURIDICO – VENETO, 15 GEN. ’15
E QUESTA SAREBBE ACQUA DEPURATA? SOPRALLUOGO DEL GRIG ALLO SCARICO DI COLOGNA VENETA (VR)
Nella mattinata dell’11 gen. ’15 una delegazione del GrIG ha incontrato il Senatore del M5S Enrico
Cappelletti in località Sule a Cologna Veneta (VR) dove si trova lo scarico del collettore fognario ARICA, il
quale dirige i reflui di cinque impianti di depurazione (Trissino, Montecchio Maggiore, Arzignano,
Montebello Vicentino e Lonigo) nel corso d’acqua Fratta-Gorzone.
Ad accogliere la delegazione l’ormai tristemente famoso scarico lurido e maleodorante che, con efficienza
ventiquattr'ore su ventiquattro, sversa sostanze tossiche nel fiume Fratta.
La questione dei reflui industriali del Distretto industriale di Valdagno e Valle del Chiampo, dove è
localizzato un enorme distretto tessile e conciario e lo stabilimento di fluorocomposti della Miteni Spa, risale
già ai primi anni sessanta, ma non è per questo ammissibile come un destino ineluttabile!
Le analisi condotte dall’ARPAV evidenziano che l’incidenza della contaminazione provocata sul corso
d’acqua Fratta-Gorzone a Cologna Veneta è prevalentemente dovuta alla rilevante presenza di sostanze
perfluoro-alchiliche nello scarico industriale della ditta Miteni Spa, allacciata all’impianto di depurazione di
Trissino, la quale contribuisce per il 96,989% all’apporto totale di PFAS, in presenza di un impianto di
depurazione non in grado di abbattere tale tipo di sostanze, in quanto non dotato di tecnologia adeguata.
Ma allora, se Miteni Spa può andar fiera di “operare come un attore importante nella chimica del fluoro da
più di 45 anni” come scrive nel proprio profilo aziendale, chi ha permesso e chi continua a permettere
cinquant’anni di veleni per vicentini, veronesi e padovani e tutti gli esseri viventi che popolano questa
regione?!
Scrive l’ARPAV: “Allo stato attuale risulta che la propagazione della contaminazione ha raggiunto
un’area di estensione di circa 150 km2 ed interessa principalmente le province di Vicenza, Verona e
Padova, con presenza in falda e nei corsi d’acqua superficiali e nel sistema dei pozzi utilizzati per uso
potabile nella zona di Lonigo, Sarego, Brendola e Vicenza”.
Un inquinamento folle che infetta e aggredisce una zona che va almeno da Trissino (VI) a Montagnana (PD).
Il Gruppo di Intervento Giuridico, a più di un anno dal suo primo esposto in merito, del 20 settembre 2013,
intende alzare la posta con un nuovo esposto indirizzato anche ai Nuclei Investigativi Polizia Ambientale e
Forestale del Corpo Forestale dello Stato e al Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri.
Se è vero che la presenza di sostanze perfluoro-alchiliche nell'acqua non è ancora fatta oggetto di specifici
limiti (standard di qualità ambientale), come affermato dal Ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti
rispondendo ad un’interrogazione parlamentare del Senatore Enrico Cappelletti, da parte evidentemente della
ritardataria e carente normativa italiana, è altrettanto vero che la Direttiva 2013/39/UE del Parlamento
Europeo e del Consiglio, del 12 agosto 2013, che modifica le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE per
quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque, individua l’acido
perfluoroottansolfonico e derivati (PFOS) come sostanza pericolosa prioritaria, fissandone lo standard
di qualità ambientale (SQA) ad una concentrazione di 6,5 × 10 –4
μg/l e cioè 0,65 ng/l, a fronte di valori
rilevati nelle acque superficiali e sotterranee nella Valle dell’Agno e del Chiampo che, come dimostrato
dallo studio dell’Istituto di Ricerca Sulle Acque - IRSA del Consiglio Nazionale delle Ricerche,
raggiungono valori di PFOA (acido perfluoroottanoico) superiori a 1000ng/L e di PFAS totale
superiore a 2000ng/L.
Questo significa che le acque della Valle dell’Agno e del Chiampo, e di tutto il tessuto idrografico che insiste
in quella regione, possono presentare valori di sostanze perfluoro-alchiliche che eccedono di 1.500, 2.000
volte lo standard di qualità proposto dalla Direttiva Quadro sulle Acque di 0,65ng/L !!
E supererebbero di molto anche i valori soglia tedeschi (100ng/L per la somma dei perfluorurati per una
esposizione decennale) e, sempre e comunque, anche i limiti molto più permissivi espressi dalla United
States Environmental Protection Agency (200ng/L per PFOS e 400ng/L per PFOA).
Ma tenetevi forte, perché in data 02/07/2013 l’ARPAV ha registrato somme totali di PFAS (∑PFAS) in
uscita dallo scarico ARICA di Cologna Veneta (VR) pari a 49.877 ng/l !! E le concentrazioni rilevate
da IRSA il 05/05/2011 sono state di 42.000 ng/l .
Il GrIG ricorda che, indifferentemente dalle lungaggini dei recepimenti di direttive europee e di adeguamento
di normative italiane, esiste un Principio di precauzione sancito dall’articolo 191 del trattato sul
funzionamento dell’Unione europea che viene altresì ribadito nell’ Art. 3-ter. del Decreto Legislativo 16
gennaio 2008, n. 4 avente titolo "Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" e che recita:
1. La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti
gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata
azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via
prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonche' al principio «chi inquina paga» che, ai sensi
dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia
ambientale.
L’inquinamento va pertanto prevenuto: non si interviene a disastro ambientale già avvenuto!
Il Principio di Precauzione sussiste nel momento in cui i PFAS, inquinanti organici persistenti soggetti
pertanto a bioaccumulo, sono riconosciute come interferenti endocrini sulla base della letteratura
scientifica internazionale e numerosi studi tossicologici, epidemiologici e clinici effettuati in numerosi
paesi hanno dimostrato la tossicità delle sostanze perfluoroalchiliche per la tiroide, il sistema
riproduttivo maschile e femminile, il fegato e l'apparato cardiovascolare. Tale tossicità è più marcata per
l'organismo in via di sviluppo (feto e bambino) e può portare anche alla promozione di cancro negli organi
bersaglio. Non a caso il PFOS (perfluorottano sulfonato) è classificato nel DESC (Database ecotossicologico
sulle sostanze chimiche) del Ministero dell'ambiente come cancerogeno (categoria di pericolo 2), tossico
per la riproduzione (categoria di pericolo 1b) e nocivo per i lattanti allattati al seno, tossico per diversi
organi bersaglio per esposizione ripetuta (categoria di pericolo 1), tossico per gli organismi acquatici con
effetti di lunga durata.
Nell'ambito del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e della legge 7 agosto 1990, n. 241, art 1.
comma 1, il sindaco di Cologna Veneta (VR), in qualità di tutore della salute pubblica, sulla scorta delle
rilevazioni IRSA – CNR, dell’ ARPAV e in forza del Principio di precauzione, emani un'ordinanza
urgente di interruzione dello scarico.
E chi inquina paga.
Gruppo di Intervento Giuridico – Veneto.