Cromazio di Aquileia al crocevia di genti e religioni · italiche, slave e tedesche. Le sfide della...

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9 dai vescovi delle storiche diocesi facenti capo al patriarcato di Aquileia. Gli eventi dell’anno cromaziano si sono arti- colati anche in visite-pellegrinaggio alle sedi patriarcali di Costantinopoli e di Alessandria, e alle maggiori Chiese che furono in relazione con Cromazio e con la Chiesa di Aquileia. Un Convegno internazionale di studi, dal 22 al 24 maggio 2008, a cura di Pier Franco Beatrice e di Alessio Persic, ha riunito in Aquileia numerosi studiosi. Sono stati messi a fuoco molteplici aspetti della personalità di Cromazio: il suo essere cultore e promotore della conoscenza degli scritti biblici, i suoi interessi volti alla sto- riografia, le relazioni con le personalità e gli eventi della sua epoca. Questo nell’orizzonte delle vicende di una Chiesa come quella di Aqui- leia, città di frontiera e ponte tra l’Occidente e l’Oriente. Lo stesso papa Benedetto XIV dedicava il 5 dicembre 2007 una sua catechesi a San Cro- mazio. Alla presenza degli arcivescovi di Udine S. E. mons. Pietro Brollo e di Gorizia S. E. mons. Dino De Antoni, del vescovo emerito di Parenzo-Pola, S. E. mons. Anton Bogetic ˇ, la mostra è stata inaugurata dal cardinale S.E. L’anno cromaziano P resso il Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo dal 6 novembre 2008 per quattro mesi, fino all’8 marzo 2009, è stata proposta la mostra Cromazio di Aquileia al crocevia di genti e religioni (fig. 1). La Mostra è stata voluta e promossa dal Comitato Nazionale per il XVI Centenario della morte di San Cromazio vescovo di Aquileia (388-408), il compatrono dell’Arci- diocesi di Udine. È stato uno degli eventi di maggior interesse dell’anno cromaziano 1 , per favorire la riscoperta di questo grande padre della Chiesa aquileiese e le vicende che caratterizzarono quell’epoca che ne fu l’età d’oro. La personalità, l’opera, le qualità di pastore di San Cromazio, sono attestate all’unanime apprezzamento dei contemporanei, Sant’Am- brogio, San Giovanni Crisostomo, San Giro- lamo, Rufino di Concordia, come lungo i secoli dall’incessante sua venerazione. L’Anno Cromaziano è stato ufficialmente inaugurato il 2 dicembre 2007, memoria litur- gica, con la solenne Eucaristia nella basilica di Aquileia, presieduta dal cardinale Franc Rodè, emerito arcivescovo di Lubiana, e concelebrata Fig. 1 - L’invito. 1 Cromazio di Aquileia al crocevia di genti e religioni Rivisitando la mostra Sandro Piussi

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dai vescovi delle storiche diocesi facenti capo al patriarcato di Aquileia.

Gli eventi dell’anno cromaziano si sono arti-colati anche in visite-pellegrinaggio alle sedi patriarcali di Costantinopoli e di Alessandria, e alle maggiori Chiese che furono in relazione con Cromazio e con la Chiesa di Aquileia. Un Convegno internazionale di studi, dal 22 al 24 maggio 2008, a cura di Pier Franco Beatrice e di Alessio Persic, ha riunito in Aquileia numerosi studiosi. Sono stati messi a fuoco molteplici aspetti della personalità di Cromazio: il suo essere cultore e promotore della conoscenza degli scritti biblici, i suoi interessi volti alla sto-riografia, le relazioni con le personalità e gli eventi della sua epoca. Questo nell’orizzonte delle vicende di una Chiesa come quella di Aqui-leia, città di frontiera e ponte tra l’Occidente e l’Oriente.

Lo stesso papa Benedetto XIV dedicava il 5 dicembre 2007 una sua catechesi a San Cro-mazio.

Alla presenza degli arcivescovi di Udine S. E. mons. Pietro Brollo e di Gorizia S. E. mons. Dino De Antoni, del vescovo emerito di Parenzo-Pola, S. E. mons. Anton Bogetic, la mostra è stata inaugurata dal cardinale S.E.

L’anno cromaziano

Presso il Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo dal 6 novembre 2008 per quattro

mesi, fino all’8 marzo 2009, è stata proposta la mostra Cromazio di Aquileia al crocevia di genti e religioni (fig. 1). La Mostra è stata voluta e promossa dal Comitato Nazionale per il XVI Centenario della morte di San Cromazio vescovo di Aquileia (388-408), il compatrono dell’Arci-diocesi di Udine.

È stato uno degli eventi di maggior interesse dell’anno cromaziano1, per favorire la riscoperta di questo grande padre della Chiesa aquileiese e le vicende che caratterizzarono quell’epoca che ne fu l’età d’oro.

La personalità, l’opera, le qualità di pastore di San Cromazio, sono attestate all’unanime apprezzamento dei contemporanei, Sant’Am-brogio, San Giovanni Crisostomo, San Giro-lamo, Rufino di Concordia, come lungo i secoli dall’incessante sua venerazione.

L’Anno Cromaziano è stato ufficialmente inaugurato il 2 dicembre 2007, memoria litur-gica, con la solenne Eucaristia nella basilica di Aquileia, presieduta dal cardinale Franc Rodè, emerito arcivescovo di Lubiana, e concelebrata Fig. 1 - L’invito.

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Cromazio di Aquileiaal crocevia di genti e religioniRivisitando la mostra

Sandro Piussi

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il concilio ecumenico, che ristabilì secondo la retta fede apostolica la concordia delle Chiese occidentali; nel 388 ordinò vescovo Cromazio; nel 395 alla disfatta militare della parte pagana dell’impero, in Aquileia intercedeva per la sal-vezza degli avversari dell’imperatore Teodosio, quelli cui Cromazio aveva dato asilo in una basi-lica aquileiese. “Si rimane stupiti – commentava il cardinale – di fronte alla vicinanza di cui è segnata la vita di Ambrogio e di Cromazio, che raggiunge una vera e propria condivisione nella fede e nell’azione pastorale: una condivisione che non appiattisce la ricca personalità di ciascuno e la viva specificità delle loro comunità, ma che le raccorda e le unifica in una comunione profonda nel pensare e nell’operare”.

L’età di Cromazio

L’età di Cromazio vescovo è inserita tra due date significative: il 378 la disfatta che i Romani subirono ad Adrianopoli da parte delle tribù dei Goti e il 410, circa trent’anni più tardi, quando gli stessi Goti raggiunsero la capitale dell’Impero e la saccheggiano per tre giorni.

È questa l’epoca riconosciuta come uno spar-tiacque; dette inizio, e non in sordina, all’apertura di un’inedita pagina nella civiltà antica: si stava innescando un susseguirsi di fatti che, mentre distaccava la storia dell’occidente europeo – fino allora compaginato nell’impero di Roma – da quella dell’oriente, prospettava verso quella sto-ria dell’Europa tutt’ora in atto, segnandone le caratteristiche. La portata e le conseguenze di questa svolta epocale avrebbero marcato sem-pre più l’unità dell’antica civiltà mediterranea,

Walter Kasper, Prefetto del Pontificio Consi-glio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (fig. 2). “Cromazio – ha detto – visse non solo al crocevia geografico fra Oriente e Occidente ma anche al crocevia storico fra l’Antichità e il Medioevo: un periodo simile al nostro, di sus-sulti, di transizione e profonda trasformazione. Anche per questo Cromazio ha qualcosa da dire a ciascuno di noi, è un moderno esempio di vescovo e pastore, chiamato ad annunziare la buona novella del Vangelo sulla base delle sacre scritture. Come allora, oggi non c’è un’altra via per un rinnovamento e un risveglio della Chiesa, per ricostruire l’unità fra Oriente e Occidente e per una nuova evangelizzazione, una via che implica leggere, pregare, testimoniare la Bibbia e vivere secondo la Bibbia”.

Il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, on. Renzo Tondo, ha ricordato come, in un momento difficile dal punto di vista eco-nomico, sociale e culturale come quello attuale riuscire a ritrovare le proprie radici significa trovare la possibilità di guardare con fiducia al futuro. Il sindaco di Udine, Furio Honsell, ha ringraziato il Comitato “per aver dato una possibilità di conoscere noi stessi e di prepararci meglio al futuro”. Il presidente della Provincia di Udine, on. Pietro Fontanini, ha evidenziato come quest’esposizione permetta di riandare nella memoria alle radici storiche di questa nostra Regione, che ha vissuto molte sofferenze, ma anche grandi momenti di incontro e di spe-ranza attraverso la fede cristiana”.

Il 6 febbraio la mostra è stata visitata dall’ar-civescovo di Milano S. E. il cardinale Dionigi Tet-tamanzi (fig. 3). Sant’Ambrogio venne più volte nella città altoadriatica: nel 382 guidò in Aquileia

Fig. 2 - L’inaugurazione.

Fig. 3 - Udine, castello, salone del Parlamento.

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Il progetto di raccontare quell’età si è profi-lato quasi una sfida. Si trattava di far emergere un’età per tanti aspetti ancora sconosciuta o poco familiare al grande pubblico, e con essa anche la figura del santo vescovo Cromazio.

I criteri espositivi

Per favorire l’intelligibilità di un quadro com-plesso e drammatico, la mostra ha offerto al visi-tatore differenziate modalità comunicative. Nelle singole sezioni è stato creato un microambiente in cui i segni dell’arte e della storia convergessero con le voci dei contemporanei, favorendone la percezione globale nella proposta filmica degli eventi, grazie anche alle virtuali ricostruzioni dei monumenti romani e paleocristiani sia della romana Aquileia sia presenti nei territori alpini e alto adriatici dove si estese l’evangelizzazione, ora nella Slovenia, in Carinzia, in Croazia, e nel Friuli Venezia Giulia, come anche a Concordia Sagittaria, che nel 389 da Cromazio fu elevata a sede episcopale.

La presenza di Cromazio è in gran parte e prioritariamente affidata a ciò che di lui noi oggi meglio conosciamo: la sua parola. Quella parola che, grazie alla riscoperta di tante sue omelie

approfondendo la scissione tra l’oriente e l’oc-cidente, tra l’impero della tradizione – quello romano-bizantino – e quello franco-germanico dei nuovi popoli, tra l’Europa nord-occidentale e quella balcanico-orientale. Si stavano ponendo le premesse per la formazione di due civiltà dif-ferenti, e spesso tra loro antagoniste. Aquileia, dunque, espressa dalla sua Chiesa, ne sarebbe rimasta indissolubilmente implicata entro una storia posta sul limitare, drammaticamente e profondamente lacerata tra due mondi, e con alterna sorte.

Aquileia, fondata nel 181 a. C., colonia militare per la difesa dei confini nordorientali dell’impero romano, era la prima città dell’Italia al di qua delle Alpi orientali. Il suo territorio è, per così dire ‘faglia’, non solo geografica, ma anche degli incontri e degli scontri della storia fra popoli, culture e religioni. Fu allora che, al crepuscolo del IV secolo, la Chiesa di Aquileia, grazie all’opera del vescovo Cromazio (fig. 4), visse la sua epoca d’oro. Fu quell’esperienza spirituale che infuse alla Chiesa aquileiese, all’interno di quel drammatico trapasso epo-cale, quelle potenzialità d’anima che l’avrebbero resa Chiesa madre per differenti culture e genti: italiche, slave e tedesche.

Le sfide della mostra

Organizzata in collaborazione con l’Uffi-cio Beni Culturali, gli Archivi e le Biblioteche dell’Arcidiocesi di Udine, con il Museo Arche-ologico Nazionale di Aquileia, con il Civico Museo di Storia e Arte di Trieste, l’allestimento, quasi scenica evocazione, è stato curato con stile raffinato e sobrio dall’architetto Leonardo Miani.2 In armonioso equilibrio con le stanze del palazzo, che fu in Udine l’ultima residenza dei patriarchi di Aquileia, nella compresenza degli affreschi tiepoleschi, l’esposizione ha saputo far coesistere le tante e diverse suggestioni dei documenti d’arte e di cultura adatte a far per-cepire l’evocazione dell’ epoca di Cromazio. Il percorso espositivo, sui tre piani del Museo, è scandito dal succedersi di undici temi.

Fig. 4 - San Cromazio nell’affresco della sala del trono in Palazzo patriarcale.

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San Cromazio. Le vivaci guazze di Gianni Di Lena, disposte in modo suggestivo lungo il per-corso della mostra, evocano imperatori e santi.

Il percorso

La Mostra è articolata in undici sezioni, che sono proposte in compendio all’ingresso, nella prima sezione: Aquileia, crocevia di potenti, di mercanti, di barbari, di religioni (fig. 5). Ad accogliere il visitatore è il volto ideale di San Cromazio (dal pennello di Gianni di Lena) in atto di ostendere il libro del Verbo.

Significativi documenti d’arte sono cam-piti in un quadriconco: segni di un’Aquileia al crocevia dei potenti, Massimino il Trace sono emblematicamente proposti dal massivo e dram-matico busto marmoreo (Musei Capitolini), che disceso in Italia, assediò la città nel 238 d. C., e vi incontrò una tragica disfatta; e dall’altare della Vittoria (calco, dal Museo Archeologico Nazio-nale di Aquileia) che fu dagli aquileiesi eretto per commemorare la liberazione dal tiranno; Aquileia è raffigurata in atto implorante ai piedi di Roma in trono.

e di commenti evangelici, diviene per i visita-tori lungo il percorso della mostra, commento e mediazione esplicativa. La voce del santo vescovo si intreccia, in tal modo, con quella di altri suoi contemporanei: in tal modo sono interpretati i fatti, e ricevono significato di fede le opere d’arte; parole di commento nelle dida-scalie, voci che risuonano nei filmati. 3

Insieme con i filmati, anche le ricostruzioni virtuali approntate appositamente, hanno per la prima volta favorito nel visitatore la possibilità di ammirare la città romana, come le basiliche urbane ed extraurbane, e quel complesso cat-tedrale con il battistero in fronte alla basilica meridionale, che fu creazione esemplare, pro-gettata da Cromazio. Ricostruzioni tanto più necessarie in quanto i monumenti di Aquileia per la quasi totalità sono stati distrutti.

Viaggio, dunque, nell’Aquileia romana e cri-stiana del IV-V secolo, grazie alle oltre duecento opere, provenienti da vari musei e collezioni dell’Europa: reperti archeologici, opere di scul-tura, sarcofagi cristiani, ritratti e statue, oreficerie, monete, avori, oggetti della glittica, come della toreutica, vetri, insieme alle miniature che in numerosi codici ci mostrano l’ideale aspetto di

Fig. 5 - L’ingresso alla mostra.

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sia militare sia ecclesiastica dell’età di Cromazio (fig. 7). La didascalia è da Erodiano: La natura ha provvisto smisurate montagne come fortifi-cazioni dell’Italia: le cime giungono alle nubi, e tanto estese che tagliano fuori tutta l’Italia, correndo a destra fino al mare Tirreno, a sinistra fino al golfo dello Ionio. Un primo filmato ne illustra le vicende.

Due sculture (da Aquileia) alludono alla sua importante posizione strategica: la stele aquile-iese di un cavaliere veterano e il cippo celebrativo di quattro imperatori, Gioviano, Valentiniano, Valente, Graziano.

Varcato il passaggio, il visitatore, che si accinge a scandire la scalinata al piano supe-riore, ammira la ricostruzione virtuale della città

Aquileia crocevia dei mercanti è suggerita dalla metopa di una grande nave oneraria (calco, dal Civico Museo di Storia e Arte, Trieste) e dall’epigrafe greca di un marinaio originario di Corinto. Allude al suo essere crocevia dei bar-bari quella metopa dei vinti sui quali s’innalza il trofeo romano (Civico Museo di Storia e Arte di Trieste). La parola di Cromazio qui intercetta per la prima volta il visitatore: nel segno del trofeo di sangue e di sconfitta il vescovo scorge l’allusione al segno della croce di Cristo, appor-tatrice di salvezza.

L’Aquileia al crocevia delle religioni trova eco nel segno per eccellenza cristiano, quello di Giona profeta (cattedrale di Sessa Aurunca), vigoroso e nobile altorilievo, parapetto di un imponente ambone marmoreo del duecentesco (fig. 6).

La seconda sezione, Aquileia città di fron-tiera, è conseguente: fa riconoscere quale sia stata la sua posizione strategica, le strade che la collegavano all’Italia centrale e occidentale, al Norico, alla Pannonia e all’Istria. Il visita-tore transita in un ambiente ellissoidale: nella Tabula peutingeriana legge di città e località che nell’Italia e nell’Illirico furono teatro della storia

Fig. 6 - Giona. Sessa Aurunca, cattedrale: parte di ambone.

Fig. 7 - La seconda sezione della mostra.

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ratore del cielo; l’uno era re degli uomini, l’altro re degli angeli.

Al centro della stanza lo stupefacente elmo dorato, decorato di multicolori paste vitree, di età costantiniana (da Berkasovo: Museo di Novi Sad, Vojvodina), è segno della potenza e dello

(fig. 8). All’immagine tridimensionale della città romana si alterna, in intermittente sovrapposi-zione, quella dell’attuale Aquileia: la fisionomia imponente della passata architettonica romana si congiunge a quella del suo presente. Allusiva del suo essere città di frontiera è la cacciata degli angeli ribelli, drammatico affresco tiepolesco che, dal soffitto dello scalone, incombe zeni-talmente.

La terza sezione, i potenti di Roma e i bar-bari, si spalanca al visitatore dentro l’ampia sala del trono del palazzo (fig. 9). I ritratti di quegli imperatori che, fra IV e V secolo, soggiorna-rono in Aquileia, che lì si scontrarono con gli usurpatori, combattendo dentro e fuori le sue mura, che da lì emanarono editti a favore del cristianesimo, sbalzano dalla penombra, in allu-siva compresenza con i ritratti dei vescovi e patriarchi che prima e dopo Cromazio furono a capo della comunità cristiana. Il logo di questa sequenza enuncia: Aquileia è al crocevia di ogni lotta tra i potenti e con i barbari. Ma non sempre sta dalla parte giusta… E su quel potere la parola di Cromazio riflette: Era veramente augusto ed eterno Gesù, che nacque da una Vergine. Quel Cesare Augusto non era che un uomo, questo è Dio; uno era imperatore della terra, l’altro impe-

Fig. 8 - Aquileia romana (virtuale), nell’allestimento dello scalone d’onore.

Fig. 9 - L’allestimento nella sala del trono.

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sfarzo del potere imperiale (figg. 10-11). È espo-sto per la seconda volta al di fuori dai confini della Serbia, e per la prima in Italia. Attorno si compongono i sei ritratti di imperatori (fig. 12): il busto del giovane Costantino, che in Aquileia si era fidanzato e che di Aquileia fu il benefat-

Fig. 10 - Nella sala del trono: l’elmo e gli imperatori.

Fig. 11 - Nella sala del trono: l’elmo dorato da Berkasovo (Serbia).

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tore (Galleria Chiaramonti dei Musei Vaticani), quello dell’usurpatore Magno Massimo (Musées de Vienne, Vienne), che fece di Aquileia la sua piazzaforte e da cui scappò in rotta; quello di Valentiniano (Musei Capitolini, Roma), grande generale vittorioso sui barbari, quello del fratello Valente (Galleria degli Uffizi, Firenze), ucciso nella gran disfatta di Adrianopoli, quello di Graziano, figlio maggiore di Valentiniano, (copia: Römisch-Germanisches Zentralmuseum, Tre-viri), coraggioso comandante, ma succube del tradimento; la statua di Valentiniano II (copia, dal Museo della Civiltà Romana, Roma), figlio minore di Valentiniano, sprovveduto giovanetto che fu assassinato da un semibarbaro.

Di ciascun imperatore il visitatore può cogliere la fisionomia storica dalla duplice dida-scalia che cita quanto, da una parte, ne dissero i pagani e quanto, dall’altra, i cristiani. Il IV secolo, infatti, è l’epoca caratterizzata dalla con-trapposizione, anche violenta, fra la tradizionale cultura religiosa e il crescente cristianesimo, cui dettero impulso gli imperatori stessi.

Collegate, e gravitanti con questa sala espo-sitiva, sono i due ambienti laterali. Nella cap-pella il visitatore può cogliere gli sviluppi delle drammatiche relazioni tra il potere di Roma e quello crescente dei Goti; un filmato ne illustra

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da Teodosio e rigettato dal figlio Onorio, in quell’altalenante politica filo e poi xenofoba, che dapprima fece accogliere i Goti come alleati stessi, ma che poi violentemente giunse a quel braccio di ferro che si concluse con il saccheggio di Roma nel 410.

L’immagine delle difese alpine dalla Noti-tia dignitatum (Biblioteca Civica di Piacenza) allude al ruolo strategico di Aquileia nella difesa dei confini d’Italia. Alcuni corredi tombali goti (Museo Nazionale Archeologico di Concor-dia-Portogruaro, dal Museo Archeologico Nazionale di Mantova, di Altino, dal Museo di Castelvecchio di Verona, da Trieste, da Aqui-leia) documentano della capacità artigianale di quella gente, che risentiva anche dei motivi della romanità. Ed infine, la riproduzione di due fogli del Codice Argenteo (Universiy Library di Upp-sala) testimonia della cristianizzazione dei Goti, favorita dagli imperatori cristiani ma ariani; evangelizzazione di cui fu missionario l’ariano Ulfila. Un filmato racconta questa intensa e tra-gica storia di fine IV secolo.

Nella galleria affrescata dal Tiepolo (fig. 14) in sequenza con altri imperatori fino ad Onorio, tra i quali un supposto ritratto imperiale fittile

le vicende. Fa da catalizzatore, tra le opere espo-ste, il nobile missorium di Teodosio (copia, dalla Real Academia de la Historia, Madrid): l’ampio piatto d’argento dorato celebra l’epifania dei tre imperatori colleghi, e raffigura le guardie del corpo nella persona di militari di etnia gota (fig. 13). Un secondo elmo dorato (Berkasovo) allude allo splendore delle armatura dei militari scelti come guardie del corpo imperiale, ai quali si riferisce la lastra tombale del soldato dardano detta il ‘refrigerium’ (Aquileia). Il dittico del gene-rale vandalo Stilicone (copia, dal Museo e Tesoro del Duomo, Monza) documenta dell’importanza di questo generale di origine barbara, favorito

Fig. 12 - Nella sala del trono: volti di potenti.

Fig. 13 - Nella cappella: il missorium di Teodosio.

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Fig. 14 - Nella galleria tiepolesca: esposizione di denari e di aurei.

Fig. 15 - Nella sala rossa: Aquileia romana.

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diventa sede di alti dirigenti amministrativi e militari, come pure del soprintendente alla fab-bricazione dei tessuti di porpora. Ausonio, poeta di corte, la celebra in ragione del suo essere stata nel 388 teatro della vittoria di Teodosio: Non era questo, Aquileia, il grado tuo; ma, cre-sciuta in grazia di un merito recente, nona tra le illustri città, sarai chiamata: colonia italica che fronteggi i monti d’Illiria, per le mura e per il porto famosissima.

Le opere nella quasi totalità provengono da Aquileia. Al centro della stanza – affrescata dal Giudizio di Salomone del Tiepolo – è il bel marmo del tronco d’albero cui si avvolge la vite e una pantera; suggerisce che, oltre alle attività portuali e commerciali aquileiesi, la viticoltura era una delle più produttive espressioni della sua economia (fig. 15). Commenta Erodiano: Gli abitanti, dediti alla coltivazione di una terra particolarmente ferace per la produzione del vino, ne esportano una gran quantità a quanti non coltivano la vite.

La valva del dittico dei Lampadi (Museo della città di Brescia) è un prezioso avorio del IV secolo che raffigura il circo Massimo, che a Roma come anche in Aquileia era in stretta relazione con la residenza imperiale. Nella sala un filmato illustra l’urbanistica della città: il foro, il porto, il teatro, l’anfiteatro, le terme e il circo (fig. 16). Cromazio illustra quali siano le attività degli abitanti.

(Altino): le bacheche espongono denari e aurei (da Trieste e da Aquileia) l’unico mezzo che il potere di Roma impiega per pagare le truppe a difesa dei confini e i tributi ai barbari alleati.

La quarta sezione, Aquileia delle genti, è indi-cata da Erodiano: già da molto tempo Aquileia, che era città importantissima, aveva una popola-zione assai numerosa. Il visitatore si accosta qui a quella Aquileia, elevata dal 297 a centro della provincia della Venezia e Istria, dove avevano residenza il governatore e il capo della flotta, dove era attiva la zecca; Aquileia che tra il 379 e il 423, durante i regni di Teodosio e di Onorio,

Fig. 16 - Aquileia, ricostruzione virtuale (part.).

Fig. 17 - I volti degli aquileiesi.

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La sezione quinta, Cromazio tra cristiani e pagani, propone il tema della compresenza e dei rapporti tra il paganesimo e il cristianesimo (fig. 19). Il logo di Cromazio ne enuncia il senso: Abbiamo già elevato il nostro canto a coloro che non hanno vita: alle divinità dei pagani e alle sta-tue degli idoli. Ma cantavamo invano, perché vane erano le cose che adoravamo. Un terzo filmato illustra i momenti successivi di quel concitato evolversi epocale.

Il calco della colonna di Marco Aurelio raf-figurante il miracolo della pioggia (Museo della Civiltà di Roma) è il primo documento da met-tere in rapporto con la presenza di cristiani nelle file dei legionari romani già nel 174 d. C. Grazie alle loro preghiere cadde forte la pioggia a dis-setare le legioni che partite da Aquileia difende-

Il volto dell’aristocrazia aquileiese è esem-plificato (fig. 17), insieme con la coppa argen-tea niellata, dal ritratto marmoreo di un console (Lapidario di Grado) e dalla testa marmorea di eroe, parte di una più ampia composizione a fregio che decorava una casa patrizia, forse la residenza imperiale. Si susseguono ritratti di aquileiesi, uomini, donne e giovinetti. Contra-stano con questi i volti di stranieri: quei vigorosi ritratti di atleti campiti nei mosaici delle terme costantiniane. Altri forestieri, che a vario titolo soggiornarono in Aquileia, sono documentati da epigrafi (fig. 18), come quella di Domnula Peregrina e in greco quella di Tiberio Claudio Magno di Efeso che divenne decurione in Aqui-leia, del palestinese Kaiounos, del costantino-politano Eutropis. Seguono l’epigrafe latina di Restutus, africano, che venne a visitare la città e quella del giudeo, Lucio Aiacio Dama, liberto di Publio, la più antica testimonianza della presenza ebraica in Aquileia, testimoniata anche da alcune lucerne con il segno della menoràh (da Trieste e da Aquileia). La didascalia di Cromazio ricorda come in occasione della Pasqua di risurrezione: anche giudei e pagani, quantunque sembrino ancora estranei a questa solennità, non possono non gioire, perché avvinti da una certa grazia nascosta e dalla potenza del nome di Cristo che regna su tutti.

Fig. 18 - Epigrafi di forestieri.

Fig. 19 - Nella sala gialla: segni pagani e cristiani in Aquileia.

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nianza, rifulgono in Cristo come prezioso scarlatto. I martiri sono l’ornamento della Chiesa di Cristo. Segno della vittoria della Croce sono due bronzi di provenienza aquileiese: un ampio clipeo con il segno del Chrismòn (Museo Estense, Modena), qui per la prima volta esposto (fu descritto già dal canonico Gian Domenico Bertoli a fine ’700); è elemento di un monumentale lampadario; la grande croce monogrammatica con i pendagli dell’Alpha e Omèga, (Vienna, Kunsthistoriches Museum). Cromazio dichiara: Per mezzo della sua croce Cristo ha trionfato sulla morte e sul diavolo... La croce di Cristo è la nostra vittoria… La vittoria della croce ha procurato redenzione ai popoli, salvezza alle città, libertà alle province, sicurezza al mondo intero.

Nella sala dal soffitto decorato a grottesche da Giovanni da Udine il visitatore entra nella sesta sezione: Cromazio nel segno della Parola (fig. 20). Il logo è da una omelia pronunciata in giorno di mercato: Questo concorso e affluenza di popolo in un giorno di mercato ci offre l’occasione di proporvi, fratelli miei, la parola del Vangelo…Se i commercianti si rallegrano per i facili guada-

vano i confini al Danubio contro i Marcomanni. La religiosità degli aquileiesi è documentata da diverse are: quella al dio indigeno Bèleno, protettore di Aquileia, quella di Iside, di Anubi (Trieste). Serapide, di cui grande era la fama nell’antichità, compare in un busto di marmo alabastrino (Civici Musei di Udine), come nella statua marmorea in trono (Galleria Chiaramonti dei Musei Vaticani). Questa riproduzione di ridotte dimensioni ripropone l’enorme statua cultuale del Serapeion di Alessandria d’Egitto, che fu distrutta violentemente per decreto di Teodosio, emanato proprio da Aquileia nel 392: lo racconta lo storico cristiano Rufino di Con-cordia, che ne scrisse su incarico di Cromazio. La raffinata patera di Parabiago propone i culti iniziatici di Cibele-Attis (copia del Museo della Civiltà Romana); il culto di Mitra è ricordato dal rilievo su lastra marmorea, che propone l’eroe che uccide il toro, e da una statuetta che lo raffigura mentre ne trasporta il corpo (entrambe dal Pokrajinski Muzej, Ptuj, Slovenia); la statua di Dadoforo, (Aquileia) si riferisce al rituale dei mitrei. Un amuleto dorato con formula magica (Museo Archeologico Nazionale, Cividale) atte-sta quanto fosse vivo anche tra gli aquileiesi il desiderio della salvezza. Evoca quale drammatica percezione i pagani avessero del trascorrere del tempo un inquietante torso virile dell’Aiòn, (Trieste), dalla testa leonina e dalle ali spiegate, esempio di quei simulacri mostruosi che, al dire di San Girolamo, erano collocati nei mitrei.

Cromazio così commenta: Il Signore venne per salvare chi, nel culto degli idoli, venerava le memorie dei re oppure le statue di uomini morti. Si è degnato di venire in questo mondo al fine di liberare dalle catene della schiavitù diabolica i popoli tutti.

Allude ai tanti testimoni della fede cristiana, anche in Aquileia, l’immagine che decora una coppa fittile (Römisch-Germanisches Museum, Mainz): una donna a braccia espanse fra due leoni reca l’iscrizione Domina Victoria, che ne esplicita il significato di martire vittoriosa. Cromazio commenta: I martiri sono il mantello scarlatto del Cristo, il re dei martiri; battezzati dal loro sangue e ornati del sangue della testimo-

Fig. 20 - Nella sala Giovanni da Udine: nel segno della parola di Cromazio.

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dei Valeri, è ritenuta dono battesimale probabil-mente al suocero della nobildonna Melania, che dal 381 al 397 si recò a Gerusalemme con Rufino di Concordia, per compartecipare di un’intensa esperienza di vita ascetica. La lucerna pensile, a due fiamme, a forma di navicella dalla vela gonfiata dal vento; a poppa siede san Paolo, che regge il timone, a prua sta Pietro, con il braccio disteso in atto di eloquio. Cromazio sviluppa un’efficace allegoria: La nave della Chiesa per-corre il mare provvista del timone della fede, e segue la scia sicura e fortunata attraverso il mare di questo secolo; Dio le fa da capitano…Quella nave, benché attraversi il mare di questa vita, non appartiene al mondo presente, ma appar-tiene a Dio.

Agli annunciatori del vangelo alludono le immagini di due apostoli seduti su cattedra che decorano una pàtera fittile nordafricana, (Mainz, Römisch-Germanisches Zentralmuseum), come pure due vetri dorati, dove Pietro e Paolo sono incoronati da Cristo (l’uno dai Musei Vaticani, Reparto Arti applicate, l’altro da Verona, Museo del Teatro Romano). La pregevole statuetta bronzea di Pietro portacroce (StaatlicheMuseum Berlino) è da Cromazio misticamente commen-tata): Pietro in vecchiaia prese sopra di sé la croce per Cristo…Pietro fu inchiodato a piedi in su per dirigersi verso il cielo a passi velocissimi. Simbo-leggiano l’accoglienza della grazia battesimale le lucerne (da Trieste, da Berlino) e le lampade vitree (Portogruaro-Concordia). Cromazio com-menta: La lucerna spirituale accesa in noi nel bat-tesimo, fatta splendere per la nostra salvezza, deve sempre essere viva in noi. Ci è stata consegnata con il comando di custodirla sempre: la lampada della grazia dello Spirito. La coppa con incisa a bulino l’immagine del profeta Daniele tra i leoni è splendido vetro (Portogruaro-Concordia) cui fanno commento le parole di Cromazio: Gettato nella fossa dei leoni, che erano lì – si sarebbe detto – con le fauci aperte per sbranarlo, Daniele poté invece essere nutrito da Dio.

L’interno della Biblioteca Delfiniana (fig. 22) è scenario adatto per evocare la settima sezione, il cuore della mostra: Cromazio e la Chiesa del suo

gni del momento, quanto più dobbiamo rallegrarci e felicitarci tutti insieme per aver trovato tali perle del Signore.

Le opere sono proposte con intento dida-scalico: scelte per entrare in correlazione con la parola con cui il santo vescovo spiega il Verbo cristiano. Una serie di contenitori in vetro, fiale, balsamari (Trieste) suggeriscono quanto egli annuncia del mistero dell’incarnazione quale profumo dissigillato che si espande. È campita a parete la riproduzione del sarcofago del tipo Traditio legis (San Giovanni in Valle, Verona): unico esemplare integralmente superstite di tutta la ricca produzione scultorea della Venezia e Istria. Gli fa da contrappunto un frammento di sarcofago aquileiese, scampato alle sistemati-che distruzioni, che raffigura la simile scena del profeta Daniele salvato nella fossa dei leoni. La parola di Cromazio rivela quanto Dio sia stato provvidente verso Daniele. Le scene del Natale e dell’Epifania nella fronte di un secondo sarco-fago marmoreo (Museo Pio Cristiano, Vaticano) sono illustrate da Cromazio, che ne attualizza il significato: Il Signore e Salvatore nostro è stato adagiato in una mangiatoia; egli è, infatti, il nutrimento dei credenti. Anche noi, che siamo animali dotati di ragione, abbiamo una mangia-toia celeste presso la quale ci riuniamo. La nostra mangiatoia è l’altare di Cristo, attorno al quale ci riuniamo ogni giorno per prendervi il corpo di Cristo, alimento della nostra salvezza… Nei doni dai Magi presentati al Bambino noi riscontriamo significata l’adesione alla fede di tutte le genti e i primi inizi della fede stessa.

Nel contesto espositivo acquista preminenza la coperta di evangeliario “delle cinque parti” (Museo Diocesano di Milano; avorio del V secolo, straordinariamente prezioso (fig. 21). Dalle omelie di San Cromazio sono tratti i com-menti alle scene evangeliche, racchiuse entro le protomi degli Evangelisti: sono un’illuminante e pertinente convergenza tra arte e parola.

Una particolare bacheca evoca il percorso della fede. Il fulcro è dato dalla suggestiva lucerna bronzea a navicella con gli apostoli Pie-tro e Paolo (Museo Archeologico Nazionale, Firenze): rinvenuta sul Celio, nella casa signorile

Fig. 21 - Il dittico ‘delle cinque parti’ Milano, Museo Diocesano.

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Singolari attestazioni della vasta venerazione in Europa per San Cromazio quale cultore della Sacra Scrittura, sono i codici biblici esposti. Le loro miniature decorano le traduzioni di que-gli scritti biblici che Cromazio, insieme con il confratello e amico Eliodoro il santo vescovo di Altino, era andato commissionando a Girolamo. I due vescovi compaiono, infatti, nell’atto di ricevere da Girolamo, che si trovava a Betlemme, i lavori di traduzione eseguiti (come nella Bibbia di Amburgo - Gl. Kgl. Saml., sec. XIII, Kon-gelige Bibliotek, Kopenhagen (fig. 23); nella Bibbia, cod. 90, sec. XII, Biblioteca Nazionale, Parigi (fig. 24); nella Bibbia di Heisterbach: Theol. lat. 379, sec. XIII, Staadtsbibliothek, Berlino). Il solo Cromazio è raffigurato nella Bibbia ms. Edili 126, sec. XII (Biblioteca Medi-cea Laurenziana, Firenze); i due vescovi com-paiono vicini nella Bibbia Capitolare ms. 1, sec. XIII (Biblioteca Capitolare, Lucca). Poiché la tradizione assegna a Cromazio e ad Eliodoro il progetto di trasmettere le memorie dei mar-tiri, il Martyrologium, il codice ms. 838, sec. XIII (Bibliothéque Municipale, Valenciennes) presenta Girolamo nell’atto di acconsentire e, quindi, di consegnare ai due santi vescovi l’opera commissionatagli del Calendario martiriale.

Vuole alludere al commento che San Cro-mazio ha redatto del vangelo di Matteo il codice

tempo. Ne è logo la formula del Credo aquileiese, campita nelle quattro finestre: Noi seguiamo la norma che abbiamo ricevuto nella chiesa di Aquileia con la grazia del Battesimo. Un filmato prospetta il significato delle vicende della storia delle Chiese nell’età cromaziana. Un contra-sto estenuante divideva il cristianesimo di fede cattolica da quello eretico ariano; in Aquileia gli imperatori nel 381 convocarono i vescovi dell’occidente per porre fine all’eresia presente nell’Illirico: con la guida di Ambrogio, mentre Cromazio era presbitero e consigliere del vescovo San Valeriano, fu ristabilita la concordia.

Qui l’immagine ideale di Cromazio è propo-sta dal busto reliquiario della cattedrale di Udine. È campito sullo sfondo delle commosse parole a lui indirizzate dal vescovo di Costantinopoli San Giovanni Crisostomo. Testimoniano la rico-noscenza e la comunione fraterna che lo legava a Cromazio, che, da pur così grande distanza, aveva perorato presso l’imperatore il suo ritorno dall’esilio: È giunta fino a noi la fama della tua calda e sincera carità, Cromazio, come squilli di tromba; è echeggiata chiara e, prolungata a tanta distanza, si è diffusa fino all’estremità della terra. Alla pari dei tuoi concittadini, noi conosciamo, malgrado la distanza, la tua viva e ardente carità, il tuo parlare deciso, franco e ardito, la tua fer-mezza simile al diamante.

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Fig. 22 - Biblioteca: Cromazio e la Chiesa del suo tempo.

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Istria, vivaci e sognanti sanguigne schizzate da Gianni Di Lena.

In questa parte l’architetto Leonardo Miani con appropriata sensibilità ha allestito l’espo-sizione delle memorie dell’età cromaziana in rapporto di consonanza spirituale con le sculture lignee dei Santi del Museo Diocesano (fig. 25). Transitando lungo la sezione ottava, Cromazio in Aquileia cristiana, ci è dato così di percepire il succedersi nell’arte della cristianità aquileiese.

Il logo è: Nati dalla Pasqua. Cromazio spiega: Il primo mese è il tempo della Pasqua in cui tutto riprende vita. Sono innumerevoli i popoli che oggi in tutto il mondo risorgono a vita nuova per l’acqua del battesimo. In questo tempo la Chiesa di Dio procrea al Cristo quali agnelli, greggi di fedeli, nutrendoli col latte della vita. Due marmi da sarcofagi aquileiesi raffigurano il Cristo come il Buon Pastore e come il datore della Legge; rimandano a Lui come al Salvatore: la croce con il ritratto di giovane defunto (da Aquileia) e il cucchiaio con il Chrismòn (da Aquileia).

È nel segno della santità che il filmato rac-conta con parole tratte da Cromazio la vita dei cristiani aquileiesi: le prime architetture eccle-siali, il sacramento battesimale, le testimonianze dei suoi martiri, l’evocazione dei luoghi che ne venerano la memoria. La fede degli aquileiesi nella risurrezione è resa esplicita da quei tituli

“di San Marco” (CXXXVIII, sec. VI, Museo Archeologico Nazionale, Cividale) che gli è posto accanto. Il suo straordinario interesse dipende non solo dalle credute origini marciane della Chiesa di Aquileia, ma anche dall’essere singolare testimonianza della successiva sua azione missionaria verso le popolazioni dell’area danubiana fra l’VIII e il X secolo.

I contemporanei di Cromazio, che con lui condivisero quella difficile ed esaltante stagione, sono evocati dalle immagini del vescovo Vale-riano, di Girolamo di Stridone e di Rufino di Concordia, del vescovo di Altino Eliodoro non-ché del vescovo di Milano Ambrogio. Le due icone (sec. XVI), di Sant’Atanasio di Alessandria e di San Giovanni Crisostomo di Costantino-poli (Museo dell’Istituto Ellenico, Venezia), ricordano i legami ecclesiali di Aquileia con la cristianità dell’oriente. Due opere, in copia, sono allusive dei contatti con altre tre grandi Chiese: Milano (capsella argentea di San Nazaro), Roma e Gerusalemme (capsella eburnea di Samaghèr, dal Museo Archeologico di Venezia). Samaghèr è toponimo di località istriana presso Pola, che echeggia il protomartire Ermagòra.

Da qui si scende alla terza, e conclusiva, parte dell’itinerario cromaziano: fanno compagnia i numerosi martiri delle Chiese della Venezia e

Fig. 23 - Girolamo Cromazio ed Eliodoro, Kopenhagen, Det Kongelige Bibliotek, Gl. Kgl. Saml. 4, Prologo a Tobia, f. 21r.

Fig. 24 - Girolamo, Cromazio ed Eliodoro, Parigi, Biblioteca Nazionale, Parisimus 90, Prologo a Tobia, f. 122r.

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repertorio paleocristiano. Il culto dei tre nobili fratelli Canziani, andò diffondendosi in tutta l’Europa, come attestano i versi del poeta ‘aqui-leiese’ Venanzio Fortunato: Se avrai l’occasione di avvicinarti alla città di Aquileia, venera in sommo grado i Canziani, amici del Signore. Dal luogo della loro sepoltura – l’attuale San Canzian d’Isonzo – proviene il titulus del martire Proto, che fu loro pedagogo. Sono, quindi, esposte le scarne attestazioni – ma per questo tanto più preziose – della distrutta basilica dedicata ad altri due martiri aquileiesi, i fratelli vicentini Felice e Fortunato; li ricordava così Cromazio: Oggi celebriamo la nascita al cielo dei santi martiri Felice e Fortunato, che, per il glorioso martirio, sono l’ornamento della nostra città. Quasi reli-quie di pietra sono pertanto i lacerti del mosaico pavimentale, insieme con un marmoreo capitello e una lastra funeraria del piccolo Pisinio.

sepolcrali (da Aquileia, Trieste, Udine, San Can-zian d’Isonzo), che echeggiano la speranza della salvezza e dove il fedele si affida all’intercessione dei santi.

Nella sala attigua il centro ideale è rappre-sentato dal suggestivo mosaico della fenice, sim-bolo che allude alla risurrezione del Signore come a quella dei credenti in lui (fig. 26). Il logo è tratto dal poeta cristiano Commodiano: La credenza che l’uccello fenice rinasca da morte ci dà l’immagine che, dopo la tomba, risorger potremo. L’onnipotente Dio ancor più c’invita alla fede: tempo verrà, per i morti, di rinnovare la vita.

La venerazione dei martiri di Aquileia è documentata dalla capsella argentea dei Can-ziani (Tesoro della Basilica di Sant’Eufemia, Grado). L’argento, degli inizi del VI secolo, forse di laboratorio aquileiese, che non ha eguali nel

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Fig. 25 - Nelle sale della scultura: Aquileia cristiana.

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piamo il rito. Noi laviamo i piedi del corpo; egli lava i passi dell’anima. Noi immergiamo il corpo nell’acqua; egli rimette i peccati. Noi immergiamo; egli santifica. Noi sulla terra imponiamo le mani; egli dal cielo manda lo Spirito Santo. Al battesimo come sacramento di guarigione alludono anche due documenti di artigianato fittile (da Mainz e da Aquileia), che raffigurano con affinità icono-grafica la scena evangelica del paralitico risanato. Un significativo lacerto del mosaico pavimentale dal battistero cromaziano congiunge il dato reale alla sua evocazione ricostruttiva.

La decima sezione, Cromazio e i segni della cristianizzazione nella Venezia e Istria e ai confini nordorientali, dilata l’orizzonte oltre Aquileia a quelle terre dove tra l’Adriatico e le Alpi orien-tali testimonianze d’arte e di fede indicano il diffondersi del cristianesimo (fig. 28). Quelle comunità avrebbero passato il testimone della fede lungo tempi burrascosi di invasioni e di trasmigrazioni dei popoli: semi di speranza in regioni di violente distruzioni. Il logo di Croma-zio enuncia: Dopo la venuta di Cristo, la Chiesa accolse il seme della parola divina e divenne fecon-da e fertile. Ha procreato e continua a procreare ogni giorno innumerevoli figli a Dio nel mondo intero, in tutte le genti. Tutti, infatti, coloro che arrivano alla fede sono procreati spiritualmente dal suo grembo.

Un filmato sulla diffusione del cristianesimo e sulla presenza delle sedi più importanti agevola la contestualizzazione delle opere e la ricostruzione del loro aspetto architettonico. Centro ideale è la mistica imbarcazione di cui Cristo è il nocchiero

Beseleel, l’architetto del tempio è questo il logo che introduce alla sezione nona, dedicata a Cromazio che, con la parola e con i suoi progetti architettonici, pose cura ad edificare il tempio di Dio. Lo elogiava così Rufino: Dal momento che, dunque, anche tu, padre mio, sempre venerato, Cromazio, ci ordini e ci costringi, perché dalle abbondanti ricchezze dei Greci apportiamo qual-cosa per l’edificazione e la costruzione del divin tabernacolo, ventisei brevi sermoni su Giosuè figlio di Naum… ho provveduto per te tradu-cendole dal greco in latino in relazione alle mie deboli capacità. Ebbene, il giudizio di te, che sei il Beseleel del nostro tempo, si appunti su queste che ti presentiamo.

Le immagini virtuali consentono di vedere ricostruito quello che fu l’originario complesso basilicale con il battistero posto in asse all’in-gresso della basilica (fig. 27). Il fonte mutò l’ori-ginaria forma esagonale per assumere quella otta-gonale: decisivo era stato l’influsso di Ambrogio. Fu quello cromaziano il modello prototipo per altre chiese altoadriatiche e alpine. I documenti qui esposti sono pertinenti al sacramento del battesimo. Ne è efficace illustrazione la sugge-stiva scena incisa sul titolo sepolcrale aquileiese dedicato a colui che è chiamato Spirito Innocente che Dio ha eletto. Con tocco di alta capacità stili-stica e di soffuso lirismo il lapicida ha come tra-dotto iconograficamente sul marmo ciò che del battesimo Cromazio insegnava: Noi compiamo il rito; egli concede la grazia. Noi eseguiamo; egli dispone. La grazia viene da Lui, anche se noi com-

Fig. 26 - Nelle sale della scultura: la fenice e la teoria dei santi.

Fig. 27 - Il complesso cattedrale all’età di Cromazio (ricostruzione virtuale).

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zioni, sono documenti un architrave di pergula e da un vetro con l’immagine di Eva (Museo Archeologico, Altino). Anche le due chiese della montana Iulium Carnicum sono evocate da due elementi lapidei scolpiti del recinto dell’altare (Museo Civico, Zuglio). Testimonianze cristiane da altri siti dell’attuale Slovenia, arroccati in posizione difensiva, sono vari oggetti d’artigia-nato, salvati dalle depredazioni: tre cristogrammi in bronzo, un incensiere, e una fibula dorata con cristogramma, tra IV e V secolo (Museo Nazio-nale della Slovenia, Ljubjana; Museo Regionale di Celje). Toccante testimonianza della venera-zione per i martiri Canziani è il reliquiario ebur-neo contenuta in un’arca marmorea: fu casual-mente ritrovata su quel monte della Carinzia che ne echeggia il nome, Kanzianiberg (Museo della città di Villacco). Dalla valle della Drava in Carinzia provengono: la fibbia a croce da Teurnia, le due sezioni di mosaico, una da Teurnia e una dal monte di Hemmaberg-Globasnitz, insieme con le due colonnine marmoree di recinzione presbiterale da Teurnia, la prima dalla chiesa episcopale, la seconda da quella esterna alla città a destinazione sepolcrale (dal Landesmuseum Kärnten di Klagenfurt; fig. 29).

La conclusione del percorso cromaziano, l’undecima sezione, è nel Segno di Giona.

La connessione tra il profeta Giona e San Cromazio è proposta nell’alveo della tradizione aquileiese. Le tre scene del profeta biblico, annunciatore di conversione e di salvezza, sono il fulcro iconografico insieme con il Buon Pastore raffigurato nel pavimento dell’aula

e gli Evangelisti i rematori (rilievo marmoreo del IV secolo, Museo Pio Cristiano, Vaticano). Tra i siti cristiani ha grande rilevanza la romana Concordia, città in cui Cromazio elevò la Chiesa a sede episcopale. Il complesso cattedrale è per la prima volta ricostruito virtualmente, mentre del vicino sacello cruciforme che accolse le reliquie dei Santi è data documentazione da tre capitelli (Portogruaro-Concordia).

Anche della prima architettura ecclesiale a Parenzo è proposta la ricostruzione virtuale cui si riferiscono due policromi sezioni del mosaico pavimentale (Museo del vescovado, Parenzo-Poreč, Croazia). Della venerazione per gli Apo-stoli nella Chiesa di Pola è prezioso documento la teca esagonale argentea: raffigura il Cristo e gli Apostoli (fine IV secolo, Kunsthistoriches Museum, Vienna). Segni della cristianità nella romana Petovio (Ptuj, Slovenia) sono i due can-delabri in bronzo e argento, a tre e due bracci dalla bella forma di fiore con monogramma cri-stico, della fine del IV secolo (Kunsthistoriches Museum, Vienna).

Anche della Chiesa di Altinum – così cara a San Cromazio – nonostante le radicali distru-

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Fig. 28 - Nella sala di S. Eufemia: i segni della cristianizzazione.

Fig. 29 - I segni della cristianizzazione.

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stoli avrebbero annunciato il Signore risorto nel mondo intero, molti – anche tra i membri del popolo giudaico – si sarebbero convertiti, ma soprattutto tra le genti, così che avrebbero con-seguito la salvezza. Dunque il segno di Giona richiama questa esca per la vita, che è centrale della fede cristiana: Cristo crocifisso, disceso agli inferi e risorto. Inoltre richiama l’aper-tura universalistica della Chiesa che, in forza dell’unica fede, riesce ad abbattere i muri di divisione fra popoli, lingue e culture. L’ultimo dei filmati propone qui il senso di tutta la storia e del percorso cromaziano.

L’allestimento evoca l’interno dell’Aula Teo-doriana: propone una sezione dell’originale affresco parietale che decorava ‘a giardino para-disiaco’ l’interno e un ampio lacerto di affresco del soffitto che va collocato in alto, suggerisce l’interezza con le sue vivide cromie di rossi, verdi e gialli. Anche al pavimento alludono alcune sequenze del mosaico: le scene di Giona e il Cristo Buon Pastore, la pesca dalla barca. Altre

ecclesiale del vescovo Teodoro (affreschi del soffitto e delle pareti; fig. 30): dal tempo di morte della persecuzione era sbocciata mira-colosamente la risurrezione di una nuova età. Quel pavimento vide e sul quel mosaico calcò i passi Cromazio cristiano e vescovo. Il Segno di Giona è qui riproposto nelle scene del mosaico che raffigurano il profeta inghiottito dal ceta-ceo, rigettato sulla spiaggia e riposante sotto la pergola di zucche. La storia di Giona è allusiva della mistica pesca dell’evangelizzazione, che come suggerisce l’iconografia del mosaico col mare pescoso e i pescatori, è rivolta a tutti ed accolta da quanti, ascoltando con orecchio di fede, sono come pescati dalle profondità del mare e tratti e raccolti per la vera vita. Croma-zio tanto era legato alla vicenda di Giona, da citarlo più volte nei suoi scritti e da svilupparne efficaci applicazioni. Giona era il segno che il Signore intendeva dare ai Giudei: dopo che egli avrebbe messo sotto i piedi la morte per essere risorto vincitore degli Inferi, e dopo che gli Apo-

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Fig. 30 - Aula Teodoriana: conclusione del percorso.

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anche dall’arte nelle successive età, lo esem-plificano due documenti, distanti per epoca, pregevoli per qualità: l’affresco del Cristo discen-dente agli Inferi (fine sec. IX, del sepolcro di San Cirillo, l’evangelizzatore degli Slavi, nella basilica inferiore di San Clemente a Roma) e la miniatura dal Salterio di Santa Elisabetta (metà secolo XIII), che raffigura gli Inferi come un mostro demoniaco dalle fauci spalancate, in cui il Cristo con il trofeo della croce entra vittorioso e da cui strappa le generazioni ivi racchiuse.

All’uscita il visitatore ravvisa, in un allusivo allestimento, congiunti e rapportati fra loro Giona e Cristo - Buon Pastore, nella suggestiva scultura di sarcofago marmoreo da Roma (tardo III secolo, Ny Carlsberg Glyptotek, København), e nell’affresco del Cristo vittorioso nella discesa agli Inferi, di Pellegrino da Udine (San Daniele del Friuli: chiesa di Sant’Antonio Abate).

La liturgia aquileiese della Nox Magna, la Grande Notte Pasquale canta la fede, quel Cum rex gloriae, che sigilla il percorso cromaziano:

Allor che il re della gloria, il Cristo, entrava nell’inferno per debellarloe il coro degli angeli ordinava che al suo cospetto fosser levate le porte dei potenti,il popolo dei santi, tenuto prigione nella morte,

riproduzioni artistiche del profeta Giona ne intensificano la presenza e il significato; sono quelle delle cinque preziose sculture marmoree del Museo di Cleveland, campite a piena parete e connesse con l’interrogativo di Cromazio: Giona affrontò la tempesta sul mare. Giona fu buttato tra le onde. Giona fu inghiottito dal cetaceo. Giona dopo tre giorni dentro il ventre, fu vomitato sulla spiaggia. Quale il significato di tali eventi?

Cristo ha adombrato se stesso nel segno di Giona, offrendosi ad ogni generazione: lui sapienza di Dio, il buon Pastore, disceso fin dentro gli inferi per cercare e salvare l’umanità amata; risorto dalle fauci della morte, per trarre alla vita le inghiottite generazioni sono coppe fit-tili (Roemisch - Germanisches Museum, Mainz). Due documenti della diffusione dell’iconografia di Giona, in rapporto al Cristo Buon Pastore, Che poi l’iconografia della pesca sia tema dai cristiani accolto e riformulato dal repertorio tradizionale romano, lo documenta una lastra con putti pescatori in barca (Museo Nazionale Romano).

Giona è il segno di Cristo che raggiunge e salva l’uomo anche dall’abisso della morte (fig. 31). Lo propone l’iconografia di un sar-cofago di Roma (IV secolo, Museo Nazionale Romano): Giona e il Buon Pastore vi sono rap-presentati. Che poi questa fede sia manifestata

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Fig. 31 - Nel segno di Giona.

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che Girolamo ha definito “il più sapiente tra i vescovi”. La gratitudine verso Joseph Lemarié si accresce ulteriormente perché egli fu il primo che, in pazienti e tenaci ricerche, riconobbe da numerose miniature di codici europei il volto ideale di San Cromazio (fig. 32).

La Mostra, pur contra votum, è dedicata anche alla cara memoria del suo allestitore, l’ar-chitetto Leonardo Miani, di cui abbiamo pianto la repentina e imprevedibile dipartita, avvenuta la mattina stessa dell’inaugurazione: “Che questa mostra possa essere il suo più bello e alto testa-mento spirituale e umano e che dall’alto, insieme a San Cromazio, possa guardare al successo di questa esposizione”, ha ricordato il presidente mons. Duilio Corgnali.

L’auspicio che al tempo dell’inaugurazione era stato dell’arcivescovo Pietro Brollo, che cioè la mostra, oltre al significato per la riscoperta delle radici, avesse potuto essere idonea soprat-tutto in vista della catechesi: “Non vogliamo

con voce di lacrime aveva alzato il grido:“Sei giunto, agognato, o tu, che aspettavamo nelle tenebre,per trar fuori in questa notte gl’incatenati dai carceri.Te chiamavano i nostri sospiri, te, i vasti gemiti invocavano:tu la speranza sei ai disperati, consolazione grande nei tormenti!” Alleluia

Il succo di tutta la storia

La Mostra, come il Catalogo – per i tipi della Silvana editrice –, cui si accompagna il DVD dei filmati e delle ricostruzioni4, sono dedicati ai due emeriti studiosi francesi, il padre Joseph Lema-rié e don Raymond Étaix, cui va l’imperituro e riconoscente ringraziamento di noi eredi della Chiesa aquileiese, per aver riscattato dall’oblio una gran parte degli scritti di San Cromazio,

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Fig. 32 - Il busto argenteo di San Cromazio e i codici nella Biblioteca Delfiniana.

1 L’idea, proposta da don Carlo Gervasi, parroco di San Cromazio in Udine, è stata accolta dall’arcivescovo di Udine, ed estesa alle diocesi contermini del Nord Est, eredi di Aquileia. Il Comitato Nazionale ha eletto suo presidente mons. Duilio Corgnali.Al progetto hanno aderito: le Arcidiocesi di Udine, di Gorizia, le Diocesi di Trieste, di Concordia-Pordenone, la Regione Autonoma Friuli Venezia, il Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo di Udine, le Università di Udine e di Trieste, il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, i Musei Civici di Udine, il Civico Museo di Storia e Arte di Trieste, l’Istituto per la Storia della Chiesa in Friuli ’Pio Paschini’, la Facoltà Teologica del Triveneto, l’Isti-tuto Superiore si Scienze Religiose di Udine e lo Studio

Teologico Interdiocesano ‘San Cromazio di Aquileia’; le Diocesi slovene di Lubiana e di Capodistria, la Diocesi austro-carinziana di Gurk-Klagenfurt, la Diocesi croata di Parenzo-Pola.2 La mostra è stata ideata e curata da chi scrive, responsabile dell’Ufficio Beni Culturali, come delle Biblioteche e degli Archivi Diocesani di Udine.3 Il Comitato Nazionale esprime il suo grato riconoscimento alla Direzione dell’Ufficio stampa della Regione Friuli Vene-zia Giulia, per aver acconsentito alla realizzazione, eseguita con accurata qualità dal regista e dagli altri operatori.4 Le ricostruzioni sono state eseguite dalla Ikon S.r.l., Sta-ranzano (Go); le foto qui riprodotte sono di Luca Laureati (Udine) e di Stefano de Colle (Terzo di Aquileia).

– spiegava – che la mostra sia visitata solo da critici d’arte e studiosi, ma da tutti i cristiani, soprattutto giovani e studenti”; a quell’auspicio è stata data piena risposta, come dimostra la presenza degli oltre undicimila visitatori, affluiti dal Friuli Venezia Giulia; da città d’Italia, come Roma, Milano, Venezia, Bologna, Padova; così pure dalla Carinzia, dalla Slovenia, attratti a Udine e al palazzo patriarcale dall’eco della santità di Cromazio e della fascinosa Aquileia.

Registriamo alcune delle impressioni tratte dal Libro dei visitatori; sono il miglior suggello

all’evento: “Una mostra grandiosa!”; “Affasci-nante” (Stefano, 8 anni); “Ottima cura nell’al-lestimento”; “In tempi come i nostri, la mostra è un chiaro esempio di integrazione e di fede al di là delle differenze di cultura”; “Esposizione ordinata, un buon percorso didattico”; “Davvero superiore a ogni aspettativa”; “Veramente ben organizzata e ottimo servizio di accoglienza”; “Grazie! Mostra utile a riflettere, al di là della sto-ria”; “La mostra è fantastica: speriamo continui a girare anche in Europa!”; “Bella la semplicità che ha il Padre Cromazio di leggere i segni dei tempi nella viva e superiore luce del Cristo”.