Crisi fanzine numero 1

26

description

Crisi è una fanzine indipendente che si occupa di musica, sport, associazioni, arti visive, fumetto, editoria, fotografia, autoproduzione, ambiente e iniziative nel Nord Sardegna…

Transcript of Crisi fanzine numero 1

Page 1: Crisi fanzine numero 1
Page 2: Crisi fanzine numero 1

02

Ore 6:46 dell’11 maggio 2011.Aprendo la persiana dello studio scopro che il sole è sorto già da un pezzo, lo stridere dei gabbiani e l’azzurro del cielo sullo sfondo mi suggeriscono che sarà una splendida giornata.Solo ora, mi rendo conto che da quando ho iniziato a dedicarmi a questo progetto, il tempo sembra trascorrere molto più velocemente; probabilmente perchè, inconsapevolmente, mi sto dedicando esattamente a ciò da sempre mi interessa…

Vorremmo ringraziare un sacco di persone per il supporto fornito e scusarcicon altrettante per le mancanze, ma in questo caso il limite è lo spazio…

Abbiamo ricevuto molti complimenti e alcune critiche costruttive riguardanti il numero zero. Tra queste, quella che ci ha maggiormente coinvolto è stata quella di chi avrebbe preferito un maggiore approfondimento degli articoli.Purtroppo quella che qualcuno ha letto come “sbrigatività” o addirittura “pochezza” non è altro che un adattamento relativo a limiti e costi di stampa. In ogni caso, ogni articolo è accompagna-to da relativi link dove è possibile approfondire gli argomenti.Vi facciamo notare che già da questo numero “Crisi” ha una copertina decente, con una carta di grammatura maggiore rispetto alle pagine interne, e che il numero di pagine è aumentato a 28. L’intenzione e la speranza, per il prossimo numero, è di portare il numero di pagine a 52.Questo comporterebbe un ampliamento e un approfondimento delle tematiche trattate, stimolante tanto per voi che leggete, quanto per noi che scriviamo, ricerchiamo e ideiamo gli argomenti.Per far ciò, va da se, il prezzo della fanzine dovrebbe aumentare al doppio rispetto a quello attuale. Sareste disposti a spendere 2 euro anziché 1 per un prodotto con il doppio dei contenuti?

Per il momento, non ci resta che augurarvi buona lettura.

SOMMARIOIntro

06MusicaRecensioni di album e videoclip prodotti da gruppi di Olbia e dintornia cura di: Roger Dunn, Thorex, Lorena Pinna, Tore Desini, A.Monaco, Tatiana Calia

08SportDanza: Intervista a Simona Deiana (danzatrice professionista)di Tatiana Calia

10AssociazioniIntervista a Lanchilonghi (compagnia teatrale)di Domenique Serena Antignano e Valerio Asara

16EditoriaIntervista a Giuseppe Pulina autore di “La cura” (scrittore)di Lucio Ghezzo

12Arti visiveIntervista a KF (crew di aerosol writers formata nel 2006)di Fantastico Remo

14FumettoIl balcone (realizzato esclusivamente per Crisi)Soggetto e sceneggiatura di Fantastico Remo - Disegni di Antonio Polese

26Corsi, laboratori, segnalazioni…Nei campi della musica, sport, arti visive, fumetto, editoria, fotografia…Segnalati via mail al nostro indirizzo: [email protected]

18FotografiaIntervista a Piermario Orecchioni (Fotografo)di Mauz

20Do it YourselfOrigine e sviuppo - Abbigliamento autoprodottodi Tatiana Calia

24AmbienteFregatura nuclearedi Rebelde Zamorano

Crisi staff

A cura di: Polemico

03MusicaIntervista a Enigma (mc dal 2005)di Emiliano C

04MusicaIntervista a State of Mind (gruppo hardcore formatosi nel 2009)di Tore Desini

Hanno collaborato a questo numero:Redattori: Tatiana Calia, Polemico, Emiliano C, Tore Desini, Domenique Serena Antignano, Valerio Asara, Fantastico Remo, Lucio Ghezzo, Rebelde Zamorano, Mauz, Lorena Pinna, Roger Dunn, Thorex, A. MonacoGrafico: Mauro GFotografi: Piermario Orecchioni, Mammalapis, Ciro Strazzullo, Matteo Capra, Fabio Bernardini, Giulia MartiniFumettista: Antonio PoleseEdizione a cura di: Editrice Taphros - Olbia - www.taphros.com

Ringraziamo per il supporto e la disponibilità fornitaci:Mammalapis, Editrice Taphros, Downtown Skateshop, Devil Kiss, Golconda, En?gma, State of Mind, Simona Deiana, Lanchilonghi, KF Crew,Piermario Orecchioni, Clò Handmade, Chiaralascura, Zona Bandinu University, Teoria, Marcella N, Marta G, Salmo e tutta la Machete Productions, Altergrafica, Argonauti, King Kietu, Gesuino e Jimi Deiana, Dr. Boost, Los Locos,Stefania Ceffoni, Mario Pischedda, Marianna Corpino, Pierpaolo Luvoni,Pam Polythene, Bass Conquerors, Underground Experiment Zine

Foto di copertina: Mammalapis - Giomo - Maia

Page 3: Crisi fanzine numero 1

Questa volta incontriamo EN?GMA, mc di Olbia ap-partenente alla crew “Machete Productions”, autore dello street album “Coma”.

Com’è nata l’attrazione per l’hip-hop e perché l’hai scelto come mezzo d’espressione?È nato tutto abbastanza per caso.Prima dell’avvicinamento al rap non m’ero mai “assestato” su un genere musicale preciso, in camera mia potevi trovare dischi dei Prodigy, Daft Punk e Chemical Brothers, come quelli dei gruppi metal-cros-sover dei primi 2000. In mezzo a questa marmellata spuntarono dischi d’hip-hop italiano e non, e verso il 2005 ho cominciato a scrivere i primi testi per provare a registrarli poco tempo dopo.Di pari passo iniziai a seguire i primi video in rete del 2theBeat e delle battle di freestyle, per poi riuscire a vedere un po’ di eventi dal vivo quando ho comincia-to a vivere a Milano qualche anno dopo.P.S. Andate agli eventi dal vivo. Molti parlano dei loro dischi hip-hop con tono saccente e solenne, ma poi non vanno nemmeno a un cazzo di evento per capire come si muove realmente questa roba.

“Coma” è il tuo primo progetto artistico, cosa rap-presenta per te e quali obiettivi intendi raggiunge-re con questo lavoro?“Coma” rappresenta un punto d’inizio. A dire il vero sarebbe il mio secondo lavoro, perché tre anni fa feci un demo di 15 tracce che distribuii qua e la a livello cittadino; il tutto su strumentali americane e italiane già note, e ovviamente con un livello qualitativo “fatto in casa”. L’obiettivo di “Coma” è quindi quello di mettermi in gioco in maniera più congeniale e ragionata: innanzitutto su strumentali originali, il che mi ha permesso di cimentarmi anche alle macchine oltre che al microfono in buona parte dello street album; ma anche cercando un’evoluzione lirica e stilistica per quanto riguarda la scrittura, cosa che ho voluto alimentare cercando di variare le sonorità all’interno del disco.

Cosa caratterizza il tuo street album?Il filo conduttore di “Coma” è sicuramente l’introspe-zione, condita con metafore spesso citazionistiche.Di natura sono parecchio lunatico, e quest’aspetto per

forza di cose è andato a riflettersi sul disco, creando un’atmosfera abbastanza varia.Il Coma di cui parlo è quello mentale di chi si fa addormentare e rincoglionire, sia dalle situazioninegative della vita, sia dai teatrini televisivi mediati-co-gossippari, utili solo a renderci burattini.Ovviamente ci trovi anche me in coma, spesso evolentieri... per parlare di una cosa devi conoscerla!

In “Coma” sono presenti molti dialoghi e citazioni provenienti dal mondo del cinema, in generale cosa ispira e motiva un tuo testo?Il cinema mi ispira tantissimo, e credo non mi stan-cherò mai di citarlo, probabilmente quando lo farò non mi verrà più da scrivere: essendo una passione forte ne traggo tanti spunti.In generale poi mi faccio ispirare dal suono, ed è perciò la strumentale che mi da l’incipit per l’ambien-tazione e il taglio che voglio dare al testo.

Il video della traccia “Tyler Durden” è online, par-laci di come hai vissuto quest’esperienza.Girare il video di “Tyler Durden” è stata un’esperienza bellissima e a tratti surreale, visto quello che voleva-mo rappresentare. Il regista è Mirko de Angelis, tar-gato Machete, che in meno di sei mesi ha tirato fuori videoclip qualitativamente alti, partendo dall’ideazio-ne fino ad arrivare alle riprese e alla post-produzione.Inoltre, per “Tyler Durden” è stato fondamentale l’apporto di Salmo, sia per la realizzazione che per il concepimento del tutto. Il pezzo di per se s’ispira alla filosofia di “Fight Club” (prima libro di Chuck Palah-niuk, poi film di David Fincher), e nel video abbiamo scelto di richiamare anche il film, considerato anche quanto quella pellicola ha segnato il mio modo di pensare riguardo certe cose.

Com’è la reazione del pubblico al tuo cd, ti ritieni soddisfatto a riguardo?Per ora mi ritengo soddisfatto, sia per quanto riguar-da il disco, sia per il video...Le infamate sono state contenute! Scherzi a parte, nella prima settimana il video ha fatto 300 visua-lizzazioni al giorno, e chi mi ha comprato il disco non mi ha dato del ladro, perciò nel mio piccolo mi accontento così!

Ti muovi tra Milano e la Sardegna, trovi differenze tra il modo di vivere e recepire la musica? Quali sono gli aspetti che più e meno ti piacciono dei due scenari?La differenza è sostanzialmente una: la posizione ge-ografica. A Milano come in Sardegna trovi la persona tremendamente attaccata ad un certo modo di fare rap, definito “vecchia scuola”, così come ci trovi quella con l’attitudine alla sperimentazione. Detto questo, ho avuto modo di girare un po’ al nord, e ho anche par-tecipato a qualche contest (di strofe, non di freestyle) vincendolo; quindi, evidentemente la differenza qua-litativa tra la nostra isola e lo stivale non è poi così in-colmabile. Bisogna borbottare meno e agire di più, con criterio, ovviamente. In questo momento la Sardegna è rappresentata più che degnamente anche da Olbia, nella figura di Salmo, che sta riscuotendo tantissimi consensi ovunque in Italia. Gli ottusi che rimuginano, ascoltino quel disco e si facciano delle domande.

Ultimamente la scena musicale olbiese è florida e produttiva, la tua impressione a riguardo?Nell’ultimo anno c’è stato un grossissimo fermento nell’ambito rap a Olbia. I video, i dischi e i consensi ne sono la naturale conseguenza. Io credo che il talento in città non sia mai mancato, ma ad oggi è trainato da una concreta voglia di fare, credo mai vista prima.Per quanto mi riguarda ho un buon rapporto con chiunque, ma nello specifico mi muovo con la “Mache-te Productions” collettivo che racchiude Mc’s, registi, beatmaker e fotografi, che mettono a disposizione di ognuno la propria competenza. Io poi sono sempre stato un amante del fare gruppo in generale, nella vita, perciò non posso che essere contentissimo ed entusia-sta nel far progredire questo progetto, che ha già dato segnali tangibili delle proprie potenzialità tramite i suoi componenti. Lo spirito è quello del rispetto, personale e dei ruoli, che va a braccetto con amicizia e intesa di fondo, fuori dai paletti del concetto di “crew”.

Progetti artistici futuri?Ho in programma un EP che sarà scaricabile gratu-itamente da internet entro l’estate e nel frattempo suono ad ogni data disponibile al fianco di Salmo,Dj Valium o Dj Slait. Un enorme grazie a Crisi, e a chi è arrivato alla fine di quest’intervista.

In Alto a Destra:En?gma

EN?GMAyoutube.com/enigmasfidio facebook: “EN?GMA”Intervista: Emiliano C • Grafica: Mauro G • Foto: Ciro Strazzullo

03

Page 4: Crisi fanzine numero 1

02

Incontro due deicinque componenti,rispettivamenteAndrea (chitarra)e Simone (voce)di primo pomeriggio, un fantastico soleprimaverile e una birra fresca ci invogliano a chiacchierare dipunk-hardcoresenza filtri,e fare profondeconsiderazioni su musica, pensiero punk-rock e arte in generale.

Signore e signori gli State of Mind!

Domanda di rito, quand’è nata la vostra band e in quali circostanze?Siamo nati nel dicembre del 2009, a scuola, vo-lavamo formare una band in puro stile hardcore New York, con Ale al basso, Andre alla chitarre e me alla voce.Abbiamo iniziato a suonare il pomeriggio seguente. Dopo un cambio di formazione si sono aggiunti Manuele alla batteria e Luciano alla chitarra e abbiamo posto delle basi solide per la band.

Dove avete registrato il vostro album?Abbiamo registrato da Riccardo Melosu al 36 Crazy Studio.

“Love - Friends - Family” avete scelto per l’album un titolo molto significativo, credete profondamente in quelle tre cose?Certo. Crediamo che l’amore alla nostra età,sia un sentimento che ti fotte!Pur essendo frivolo, ti sballa.La famiglia ci è sempre stata vicina sia moneta-riamente che in maniera fisica, accompagnan-doci ai concerti, visto che abbiamo tra i 15 e i 18 anni e invogliandoci a suonare.Gli amici sono il motore della band.Loro credono in noi e noi cerchiamo di non deluderli.

Cosa pensate della scena hardcore italiana?I gruppi ci sono, ci sono le palle, ma manca lo spazio per metterle! Ci sono parecchi gruppi validi ma senza possibilità d’espressione, insom-ma sono più le band che suonano nei garages, quelle che suonano dal vivo cambiano il loro ideale musicale di partenza, giusto per suonare.

Siete giovanissimi,ma già molto sicuridi voi.Credete che col tempo cambieranno i vostri ideali e gustimusicali?Abbiamo delle basi e delle idee di pensiero forti, stringiamo il culo e andiamo avanticon il nostro genere, nichilisti al massimo, viviamo alla giornatae speriamo in positivo.

Secondo voi internet, musicalmente par-lando, è una risorsa positiva o negativa?Internet è di facile presa e la tua musica arriva dappertutto, però si perde la voglia di esplorare, di scoprire veramente la musica.

Tre buoni motivi per ascoltare la vostra musica.1) Il cd dura poco.2) Non siamo nessuno per influenzarvi.3) Nessun business. Orgoglio e voglia di fare.

Grazie mille ragazzi, siete la prova che chi ci crede arriva al traguardo.

Nelle foto (dall’alto):Luciano (chitarra), Manuele (batteria), Andrea (chitarra), Simone (voce), Alessandro (basso).

STATE OF MINDIntervista: Tore Desini • Grafica: Mauro G • Foto: Matteo Capra facebook: State of Mindyoutube.com/stateofmindohc

04

Page 5: Crisi fanzine numero 1

03

Page 6: Crisi fanzine numero 1

06

Souls of Diotima “Maitri”Copro/Casket Records (Power Progressive Metal)myspace.com/soulsofdiotimaGruppo sassarese in grande ascesa con il loro Power symphonic-progressive Metal, l’album appena uscito “Maitri” sta già riscuotendo molti consensi.“Killing my enemies” è uno dei miei brani preferiti, ma non da meno sono tutti gli altri.Grande voce femminile e musicisti tecnicamente

molto preparati, un giusto mix tra potenza di suono e melodia. L’accom-pagnamento dalle tastiere crea atmosfere oscure e gotiche, a tratti malin-coniche, che permeano l’album già dall’intro “Limits”, per poi trasformarsi in metal puro. Dopo aver recentemente aperto il concerto degli Obituary a Bologna, si accingono ad aprire gli Hatebreed a Thiesi insieme agli OlbiesiTo Ed Gein. (Lorena Pinna)

Big Island “Dream and dread”Autoproduzione (Reggae) myspace.com/bigislandfamilyQuest’album è un miracolo di musicalità e spontaneità.Big Island ha realizzato una magica alchimia Reggae, Blues, Balearic che ha l’energia del sole e del sale, con le radici ben salde nella Madre Terra Sardegna. È Il sound di un’alba gioiosa sul mare della vita, ritmo, note e vividi colori s’inseguono, i bambini danzano felici tra la spuma delle onde Reggae. La produzione è accurata e

gli arrangiamenti fondono armoniosamente la voce dolce e avvolgente di Janette Brandanu, i preziosi inserti di chitarra “Menphis Style” di King Kietu, la Dub Poetry di Marco e le percussioni libere; così da creare un flusso sonoro irresistibile, che libera la mente nella gioia del presente. Bella anche la grafica, con un “flash” di copertina che rende tributo alla forza selvaggia della “Grande Isola” da sempre musa ispiratrice di King Kietu. (Thorex)

Salmo “The island chainsaw massacre”Kick Off! Records / Machete Productions (Hip Hop) myspace.com/salmonlebonBoom! Questo l’effetto del primo ascolto. Scrittu-ra più che varia, metriche più che perfette, voce e modulazione imponente; strumentali proprie, belle da sentire e rappabili con gli stili più vari. Sono proprio le molteplici sfaccettature stilistiche che si

fanno notare. Ogni traccia meriterebbe un bis subito dopo il primo ascolto, ed è proprio il secondo ascolto che regala la cognizione accurata dei vari virtuosismi presenti nel disco. Quest’album sta conferendo a Salmo i giusti riconoscimenti in giro per l’Italia, ed è la dimostrazione che non è vero che dalla Sardegna non si può uscire a livello nazionale. Ascoltatatelo, godetevelo e diffondetelo! (Roger Dunn)

En?gma “Coma”Autoproduzione (Hip Hop)myspace.com/enigmasfidioGià dal primo ascolto il prodotto esprime una certa freschezza. Ovviamente, un esordio del genere richie-de un secondo ascolto per approfondire i concetti trattati che non cadono mai nella banalità e sono il manifesto di una visione personale della realtà.

La maggior parte dei pezzi è farcita da skit che ravvivano l’interesse nell’ascol-to delle tracce. Da notare la bonus track prodotta da Dj Shocca & hosted by Mistaman. L’ascolto di questo album fa pensare che En?gma con i prossimi lavori potrà stupirci. Ascoltatelo e non ve ne pentirete!(Roger Dunn)

Asthra Gubba “Gubbanatural”Autoproduzione (Hip Hop) myspace.com/asthragubbaLe tematiche trattate nel disco rendono chiaro fin da subito che Sparra e Nepa sono due bravissimi freestyler visto il buon uso delle parole. La scrittura evidenzia la vita vissuta tutti i giorni, in manie-ra semplice ma diretta. Sparra inoltre è un buon produttore e alcune strumentali presenti nel disco lo

dimostrano, anche gli altri beat non sono da meno: insomma, il disco anche dal punto di vista strumentale si fa notare. L’album è da ascoltare, ma ne è ancor di più consigliata la visione e l’ascolto live, viste le capacità d’improv-visazione. Chicca per appassionati, titolo e copertina dell’album omaggiano una nota serie tv! (Roger Dunn)

State of Mind“Love - friends - family”(Hardcore) myspace.com/stateofmindohcQuando si dice: “debutto col botto”. Il lavoro dei giovanissimi State of Mind,band olbiese hardcore-punk, spiazza l’ascoltatore con delle ritmiche infuocate e ossessive.Ottime basi di batteria e basso in un classico

old school style, meravigliosi intrecci di chitarre e voce graffiante rendono questo mini album una piccola perla nel panorama del genere.Da non perdere la quinta traccia “V.I.P.” e la settima “Never giving up”!(Tore Desini)

COPERTINANON ANCORADISPONIBILE

RECENSIONI MUSICAA cura di: Roger Dunn • Lorena Pinna • Tore Desini • Thorex • King Kietu

Page 7: Crisi fanzine numero 1

07

Naive Mind “(Put a title in this line if you want)”Autoproduzione (Ambient) myspace.com/naivemindVado visitare le sale prove del Michelucci con un amico, ed incontro un ragazzo dallo sguardo sincero e sicuro di se. Non sapevo della sua esistenza, mi sento distante dalla scena musicale olbiese, ma mi torna la curiosità e la speranza, così gli chiedo dei suoi progetti e scopro che sono tanti. Dopo uno scambio di cd, mi congedo da lui. Risalgo in macchina e spingo il cd nel lettore, non so cosa aspettarmi. La cover è semplice. In apparenza potrebbe sembrare di impostazione open source, (Put a title in this line if you want). L’impatto è emotivo e lascia spazio all’immaginazione. Nei 7 km che mi riportano allo studio, il suono di Naive Mind, veste l’interno dell’auto, e cade il silenzio tra me e il mio amico in ascolto attento, si sbaglia strada più del solito, forse inconsciamente

per non rompere la magia, l’immersione è totale. Si riesce a riprendere la strada per casa ed è quasi doloroso dover uscire dal sogno. Saluto il mio amico: Bel viaggione! Eh? Mi sorride con occhi di pesce. Riprenderò l’ascolto di notte e l’indomani. Resta un cd da conservare. Beat d’autore, synt di warpiana memoria, sample e noise fx in contrasto con la costante linea di suono ambientale, loop magici e bassi in pedale che mantengono vivo lo stato di trance. Cercate questo cd, vestitevi del suono di Naive Mind e dategli il vostro titolo, if you want… io lo chiamerò “Fish Eyes”. (A. Monaco)

Salmo “Yoko-ono” Machete productions/Digital Stars disponibile su YouTubeNotevole. Basterebbe quest’aggettivo per definire tutto il video. Notevoli le riprese di Alberto Salvucci, la fotografia di Mirko de Angelis, notevoli il montaggio e l’interpretazione del cast (su tutti spiccail “commissario”). Ottimi e d’impatto gli stop-frame, soluzione stilistica adottata per rappresentare la sospensione del tempo, piccola metafora dell’immobilità della morte. Una piccola opera cinematografica, non ci sono dubbi. La canzone poteva prestarsi a rappresentazioni più banali, ma con buona pace di noi tutti è stata scelta la strada dell’insolito: tenendo fede al titolo dell’album Salmo massacra le sue Yoko Ono. Che poi, si sa, l’assassino è sempre il maggiordomo... O era il cameraman? (Tatiana Calia)

Negli ultimi due mesi la crew del Machete ha sfornato quattro ottimi video; Mirko de Angelis si sta consolidando come videomaker della scena musicale olbiese.

Per il video del pezzo “Multicultural” di El Raton, Mirko è volato in terra inglese, per catturare le immagini di quella variopinta multiculturalità tipica di Londra. Niente messa in scena per questo clip, solo la realtà espressa nei volti delle persone che popolano la metropoli, una scelta perfetta per tradurre in immagini i concetti della tune e il “ruido multicultural”. Con le sue strofe in spa-gnolo El Raton s’inserisce tra quei volti e quelle strade, confermando l’attitudine cosmopolita del pezzo, del videoclip e dei suoi autori. Ne esce un prodotto che non ha niente da invidiare a quelli trasmessi dai canali musicali “autorevoli”.

Il secondo video estratto dall’album di Salmo è per il brano “Un Dio personale”, scenario obbli-gato: una chiesa.La fotografia in toni chiari e freddi ha il sapore del vintage e dell’etereo e contrasta con il testo che di etereo ha ben poco.Un gioco di contrasti che abbina ai dettagli di oggetti sacri strofe al limite della blasfemia, e contrappone l’oscurità dell’interno della chiesetta con la luce dell’esterno, in cui le riprese dal basso ci mostrano un Salmo sovrastato da un’imponente crocifisso.

Il primo videoclip di En?gma è per il pezzo “Tyler Durden” ed è ovviamente un omaggio al “Fight Club” di Fincher. Più “recitato” degli altri, vedeSalmo nel doppio ruolo di Tyler e secondo regista.A movimentare la scena i ragazzi della palestra Shardana K-1, che combattono nello scenario di un immaginario fight club olbiese, mentre En?gma snocciola rime dal ring. L’alternanza con le riprese realizzate col fish-eye rende bene la dimensione metaforica del testo.Tenete d’occhio questi ragazzi, hanno tutte le skills per arrivare molto lontano!

En?gma“Tyler Durden”Machete productionsyoutube: MacheteTv

El Raton“Multicultural”Machete productionsyoutube: MacheteTv

Salmo “Un Dio personale”Machete productionsyoutube: MacheteTv

RECENSIONI VIDEOCLIPA cura di: Tatiana Calia

Page 8: Crisi fanzine numero 1

Simona Deiana, danzatrice professionista, nata ad Olbia 25 anni fa; nel 2005 si trasferi-sce a Roma per iniziare la formazione artistica professionale. In questi anni, danza per diver-se compagnie e partecipa ad alcune produ-zioni di rilievo, tra cui nel 2010 “I promessi sposi. Opera moderna” con la regia di Michele Guardì (debuttato allo stadio San Siro davanti a 25.000 persone, ed andato in onda qualche mese dopo in prima serata su Rai1) e balla per la compagnia di prosa di Silvio Spaccesi.In territorio olbiese, nel 2004 ha partecipato come ballerina ospite (insieme ad altri danza-tori olbiesi) allo spettacolo di fine anno della compagnia di teatro danza di fama interna-zionale La Fura del Baus.

Abbandonare la Sardegna...Percorso obbligato?Purtroppo si. La Sardegna offre poche opportu-nità ai giovani, soprattutto quelli che vogliono intraprendere una carriera artistica, basti pensare che l’unico ente lirico si trova a Cagliari. Essendo isolani, siamo limitati anche e soprattutto geo-graficamente. Chi vuole formarsi ed avere l’unico titolo riconosciuto in Italia deve farlo presso l’Ac-cademia Nazionale di Danza che si trova a Roma (anche se a mio parere alcuni teatri offrono una preparazione molto più elevata); chi vive nella penisola può farlo semplicemente prendendo un treno, per noi è un po’ più complicato. Nessuno ha mai avuto lo scrupolo di portare un minimo di quella professionalità qui... esistono scuole di danza molto valide, e anche molti talenti sparsi nel territorio regionale, ma non tutti hanno l’op-portunità d’inseguire questo sogno fuori.Per me non è stato facile, ho dovuto abbandona-re le mie certezze, la mia terra, famiglia e amici, per essere catapultata in un mondo dove prima di essere una persona sei la rivale di qualcun altro. Senza il supporto dei miei genitori, che hanno creduto in me, sarei stata una delle tante con un sogno nel cassetto.

Cos’è per te la danza?Tutto. È un modo di essere, una filosofia di vita, una visione distorta del proprio corpo. È mettersi degli obiettivi e cercare di raggiungerli avendo la consapevolezza dei propri limiti. È sofferenza psicofisica, tante lacrime versate, non sempre comprese da chi ti circonda. Ma tutta questa ne-gatività svanisce quando sono sul palco: quando sono lì non penso alla coreografia, ai passi che devo fare, li faccio e basta, è la mia vera essenza che si manifesta; c’è un’interazione di energie tra me e il pubblico, io sento loro e loro sentono me, è una sensazione bellissima che ti riempie

ed appaga.È anche una rivincita verso tutti coloroche non credevano e non credono in me.

Quando hai capito che la danza sarebbe potu-ta diventare il tuo lavoro?Quando ho capito che potevo rinunciare ad al-cune cose, soffrendo, e la danza avrebbe placato questa sofferenza avendo la priorità su tutto. Ma è una scelta che metto continuamente in discus-sione, come tutti davanti alle scelte della vita.

Quanto influisce la crisi economica sulla tua professione?Come su tutte: tanto. Anche se noi non venia-mo considerati dei lavoratori come gli altri e siamo meno tutelati. Negli ultimi anni i tagli dei fondi statali hanno toccato maggiormente il settore delle attività culturali (in cui rientra la danza), costringendo gli enti lirici ad alzare l’età pensionabile dei danzatori fino ad oltre 45 anni, e di conseguenza limitando le possibilità di noi giovani. Inoltre a causa dei tagli non vengono più erogate sovvenzioni nemmeno per le piccole produzioni, facendo saltare mesi di lavoro (parlo per esperienza personale);oggi l’unico modo di andare in scena è l’au-toproduzione, o avere la fortuna di trovare qualcuno che investe sul tuo lavoro.

Quindi come si mantiene un ballerino nel 2011?L’allievo diventa necessariamente il maestro.Può essere poco appagante per un ballerino che sogna il palcoscenico, ma l’insegnamento rima-ne un’ancora di salvezza che permette di pagare l’affitto e le bollette! Io amo il mio lavoro.

Simona DeianaIntervista: Tatiana Calia • Grafica: Mauro G

Nelle foto in questa pagina:Simona Deiana

Crisi e Simona vi consigliano 6 film sulla danza:Pina di Wim Wenders - 2011Il cigno nero di Darren Aronofsky - 2010Rize di David LaChapelle - 2005Il ritmo del successo di Nicholas Hytner - 2000Il sole a mezzanotte di Taylor Hackford - 1985Due vite una svolta di Herbert Ross - 1977

Page 9: Crisi fanzine numero 1

ALTERNATIVE CLOTHING & ACCESSORIES

ABBIGLIAMENTO UOMO - DONNAETNICO ED ETICO - STREETWEAR

ACCESSORI AUTOPRODOTTISPRAY E ARTICOLI PER WRITERS

AREA GRAFFITIARTICOLI PER FUMATORI

Golconda via Vignola, 75 (traversa di viale aldo Moro) - Email: [email protected]

MODA SOLIDALEPER LE PERSONEDI PRINCIPIO

Foto

: Ant

onio

Pol

ese

Page 10: Crisi fanzine numero 1

Se nel pomeriggio di un lunedì o un giovedì, vi trovaste nel complesso del Michelucci ad Olbia e si aprisse la porta che da all’interno, restereste di certo sorpresi. Fuori, un enorme anfiteatro di cemento che guarda il mare in un imbarazzante silenzio rotto solo dal pas-saggio degli aerei del vicino aeroporto e dalle sirene delle navi, dentro l’eccitante magia del circo: bambini che svolazzano su trapezi, mo-nocicli che corrono, trampoli che saltellano, camminate su sfere rotolanti e fili d’acciaio. E poi palline, stoffe, piatti…Il loro nome è “Lanchiloghi” e sono una compagnia creata nel 2007 da Daniela Ban-dinu e Fedro Muliello, già fondatori dell’as-sociazione “Un Chapitau Parapluie” che opera professionalmente nel teatro di strada da più di dieci anni. Abbiamo incontrato i due per porgli alcune domande.

Chi sono i “Lanchilonghi” e che cosa rappre-sentano nel territorio?Sono bambini e ragazzi che approfondiscono un sapere artistico in diversi campi: il teatro, il circo, la musica, la danza. A oggi sono una compagnia teatrale nel vero senso della parola, che crea e propone i suoi spettacoli nel territo-rio, lavorando durante tutto l’arco dell’anno alla

formazione dei propri attori e alla costruzione delle proprie attrezzature.È un progetto che ha dato la possibilità a molti ragazzi e alle relative famiglie di conoscere da vicino discipline artistiche che si immaginavano lontane dal proprio vissuto.È una realtà che contribuisce alla diffusione di una curiosità artistica nella popolazione, risvegliando nei bambini e nei giovani in genere l’interesse per lo spettacolo dal vivo.

Che percorsi artistici avete fatto voi due e com’è nata la vostra collaborazione?Ci siamo incontrati durante un seminario di te-atro a Bologna. Abbiamo attraversato gli studi universitari, seminari di teatro di ricerca, espe-rienze di teatro di strada, la voglia di conoscere da vicino il mondo del clown. E così è arrivata la scuola teatrale Jacques Lecoq per Daniela, la scuola di circo Les Noctambules per Fedro, e per entrambi un’esperienza di formazione-lavoro con la famiglia di Leris Colombaioni.

Queste le esperienze con un “nome” più importante, ma per quel che ci riguarda la formazione non finisce mai, ce ne sono state e ce ne saranno molte altre importanti.

Qual’è stata la necessità che ha spinto “Un Chapi-teau Parapluie” a scegliere di lavorare con i ragazzi?In parte è stata la lenta scoperta di una vocazione. Spesso sono i ragazzi che hanno scelto noi, non il contrario. In senso più generale, gli anni di studio, di gavetta, e l’osservazione della realtà sociale intorno a noi, ci hanno condotto a pensare che la diffusione di determinati saperi nella società passi attraverso un progetto cultu-rale, e non si realizzi semplicemente “per caso”.

Come scegliete i ragazzi che si decide di far entrare nei “Lanchilonghi”?La “bravura” non costituisce l’elemento distinti-vo della scelta. Il primo elemento, piuttosto evi-dente ma non per questo scontato, è l’incontro.Che sia avvenuto un incontro con la nostra realtà per qualche motivo.Poi gli elementi sono molteplici, e ben miscelati vanno a dare forma alla scelta. Fra questi:- l’interesse da parte del bambino/a- l’osservazione attenta, l’ascolto del suo immaginario e delle sue doti nascoste

LANCHILONGHIIntervista: Domenique Serena Antignano - Valerio Asara • Grafica: Mauro G chapiteau-parapluie.blogspot.com Facebook: I ragazzi “Lanchilonghi”

Foto

: Lan

chilo

nghi

Foto

: Fab

io B

erna

rdin

i

Foto: Fabio Bernardini

10

Page 11: Crisi fanzine numero 1

- la capacità di mostrare impegno nel “lavoro” - Non ultimo, come si riesce a intuire quella individualità all’interno del gruppo già esistente. La Compagnia teatrale è una microsocietà.

Che cosa è per voi il circo?Daniela Il mio sogno da bambina.Una sorta di universo dove tutto è possibile.Fedro Un sapere. Un gioco. Concentrazione. Sfida. Apprendimento diretto.Leggerezza e fatica insieme.Un paradosso insomma!Il circo può essere un ottimo strumentodi esercizio della “presenza” scenica.La pratica delle discipline circensi permette ai bambini (e anche agli adulti) di compiere un lavoro di consapevolezza molto profondo sul proprio corpo e sulla propria persona.

Quanto incide il teatro in questo tipo di formazione?Il teatro è il punto di partenza del nostrolavoro. Il sapere teatrale è sempre stato una guida “sotterranea” anche quando sembrava che facessimo tutt’altro, ed è il sapere che ci permette di creare spettacoli che trovano riscontro positivo nel pubblico. Ad esempio il lavoro sul clown, moltoimportante per noi, prevede che i bambini siano anzitutto attori. Attori in un teatro di creazione, confrontandosi con stili di diversa provenienza.Diamo degli impulsi, chiedendo ai ragazzi di essere propositivi in prima persona, leggendoe riscrivendo ciò che si vedono intorno.Trasmettiamo degli strumenti, un sapere che consenta di confrontarsi con il pubblico su una strada, su una piazza, su un palco, in un teatro. Relazionarsi allo spazio circostante con coscien-za è un elemento troppo importante della vita sociale. Esibirsi in tante situazioni diverse è una fantastica “palestra” per trovare il proprio posto nella comunità.Negli spettacoli della compagnia c’è un vero lavoro di drammaturgia, molto attento al potere evocativo del linguaggio teatrale.

Che ruolo hanno i genitori in tutto ciò?Il ruolo più naturale. I genitori sono le figure che accompagnano un bambino nei primi anni del suo sviluppo umano.Sono coloro che incoraggiano, sostengono, “lasciano andare”. Senza di loro un progetto così non potrebbe esistere.

Quale è la realtà di Sanalvò, cosa intende essere per i “Lanchilonghi”?Sanalvò è la località di campagna dove ha sede “Un Chapiteau Parapluie”.Uno stazzo gallurese e lo spazio circostante che si trasformano lentamente in un luogo di creazione e di vita artistica. Un luogo ancora permeato di vita tradizionale, lontano dai fulcri culturali del pianeta, dove si può sperimentare (secondo la nostra veduta) nella serenità di un luogo permeato dalla natura i saperi più diversi,

anche i più evoluti e moderni.È il luogo che ha ospitato, da quando ci siamo fermati in Sardegna, tutte le compagnie e gli artisti che hanno collaborato con noi o che sono semplicemente passati a conoscerlo.È il luogo dove dopo una lezione con un artista straniero i bambini possono giocare a nascondi-no tra le rocce galluresi.Dove si studia, ad esempio, batucada brasilia-na e si ascolta il suono del gregge durante le pause. Cosa rappresenta per i “Lanchilonghi”? Chiedetelo a loro!

Progetti futuri?Un Cabaret Lanchilonghi. Dei numeri aerei all’interno degli spettacoli. Una sede vera a questo progetto, che sia un luogo dove si possa lavorare senza contare i minuti. Che possa di-ventare un fulcro culturale, centro di pedagogia e di creazione artistica, con l’orecchio sempre teso alla vita sociale che lo circonda.

Come si riesce ad andare avanti, soprattutto in questo periodo?Stringendo i denti. Lavorando a testa bassa.

Foto

: Lan

chilo

nghi

Foto: Fabio Bernardini

Foto: Lanchilonghi

Page 12: Crisi fanzine numero 1

Randa realizzato da Zeno

12

Karma

Randa realizzato da Zeno

A sto giro andiamo a conoscere alcuni writers della Kris Factory Crew (KF Crew), negli ultimi anni il gruppo maggiormente attivo nella zona di Olbia.

Buona sera ragazzi chi siete e come vi fate chiamare?Ci facciamo chiamare Karma e Zeno, siamo ragazzi normali, e come tutti gli altri con voglia di esprimersi. Noi lo facciamo con le bombolet-te. Alcuni di noi però non si dedicano solo alla spraycan art ma all’aereosol art più in generale.

Com’è nata questa passione?Zeno In questa città non c’era molto da fare, e sono cresciuto guardando i graffiti di gente come Arem, Rima, Salmo e Dier che mi hanno dato l’ispirazione e un bel giorno mi son detto “Perché no? Perché non provarci anche io?”.Ci ho provato, e ora continuo a farlo.Mi piace sta cosa dei muri tutti colorati,ora sono quasi 8 anni che dipingo. Karma Per caso, ho conosciuto Zeno ed abbia-mo aderito alla KF Crew nel 2006 fondata da Scascio e Big Foot.

Cosa volete esprimere con le vostre opere?Zeno Che bastarda questa domanda... tutto quello che ci passa per la testa, ovvio no?! Mi piace rielaborare le lettere e attraverso questo cercare di trasmettere quello che sento. Ora sto aggiungendo frecce e tagli e cerco di slanciare le lettere il più possibile.Karma Mi piace dare un significato diverso ad ogni lavoro, cercando di elaborare una tematica specifica di volta in volta, a breve ho intenzione di iniziare ad affrontare tematiche sociali.

In giro per la città non è difficile incapparein vostri lavori realizzati per locali e negozi.Riuscite a trovare molti lavori su commissio-ne, nonostante la crisi economica?Si, da quasi due anni abbiamo iniziato a fare qualche lavoretto con Main, altro membro della KF, per lo più decorazioni a tema.Per il momento però le commissioni sono sporadiche, e ci permettono semplicemente di recuperare un po’ di spray.

Cosa significano KF e i nomi che usate?Zeno Il mio nome niente di che, mi piace come suona!

Intervista: Fantastico Remo • Grafica: Mauro G www.?

Kris Factory Crew

Page 13: Crisi fanzine numero 1

Al centro:Enigma

03

Kris Factory CrewKarma Io sono fissato con la reincarnazione, che reputo la cosa più logica dopo la morte, ed il karma ne è uno dei pilastri.Ah, KF sta per Kris Factory, letteralmente fab-brica di coltelli, i kris sono i pugnali malesiani. Ma i nostri pugnali sono le bombolette.

Ad Alghero, al Jiix festival di agosto 2010 avete vinto un contest di writing, ce ne volete parlare?Non troppo bene. Pessima organizzazione, siamo tornati a casa vincitori ma non è una cosa di cui ci vantiamo troppo. Stiamo ancora aspettando il premio.

La cosa vi ha portato almeno un po’ più di visibilità e contatti con altri writers sardi?Oltre a tante chiacchiere, un po’ di agganci con i quali speriamo di riuscire a collaborare il prima possibile. Non vogliamo anticipare nulla, ma stiamo cercando di organizzare qualcosa di interessante qui a Olbia, e speriamo di riuscire a partecipare a qualche evento a livello nazionale.

Oltre ai writers locali ci sono state altre influen-ze che vi hanno plasmato?Karma Mi piace un sacco Dalì e le sue atmo-sfere da sogno. A livello di writers italiani mi

piacciono Blef, Eron e Wany, che non lavorano solo sulle lettere.Zeno Boh, guarda io non ho manco internet!Mi piace Cope 2 perché da ragazzino avevo una sua videocasseta, ma non è che ne conosca troppi... diciamo che il mio stile è poco influen-zato!

Avete qualche consiglio per chi vuole iniziare una “carriera” come writer?Zeno Non copiare e sbozzettare, sbozzetare, sbozzettare.Karma Eh sì! Sono pienamente d’accordo: dateci sotto!

Cosa ne pensate del nostro progetto?Finalmente qualcuno che non parla solo di discoteche e alberghi ma anche di arte e altro. Bella storia! Vi auguriamo di diventare il punto di riferimento per chi fa cultura ad Olbia e dintorni.

Qualche saluto?In ordine sparso Teoria, Dj Slait, Main, Venom, Scascio, Big Foot, Stamby, All Caps, Dj Valium Salmo, Enigma, El Raton, Birken & SHC, Rima e la vecchia scuola, i nostri amici e ovviamente Crisi fanzine. Bella!

Karma e Zeno

Karma

Karma

Page 14: Crisi fanzine numero 1

14

IL BALCONESoggetto: Fantastico Remo • Disegni: Antonio Polese antoniopolese.blogspot.com

14

Page 15: Crisi fanzine numero 1

1315

Page 16: Crisi fanzine numero 1

Chiacchiero un po’ con Giuseppe assaporando un caffè, e arriviamo al dunque: parlare del suo ultimo libro “La cura. Anche tu sei un essere speciale”, una lunga e raffinata variazione sul tema proposto dalla coppia Battiato Sgalambro nella celeberrima omonima canzone.

Come si fa a passare dagli animali alla musica? [Il precedente lavoro di Giuseppe Pulina è appunto“Animali e filosofi”]È che mi sento tanto animale musicale e che anche per me vale in parte quello che di se diceva Wim Wenders “Il rock mi ha salvato la vita”. A me se non l’ha salvata l’ha condita, e questo mi basta e avanza.

Perché proprio “La cura”?Perché è una canzone estremamente filosofica... Va al cuore e assedia il cervello, mettendo direttamente in gioco chi la ascolta.

In che modo?“La cura” è una canzone d’amore ma non solo: promette guarigione e addirittura di sovvertire l’ordine naturale “an-dando contro le correnti gravitazionali e l’invecchiamento” per essere un essere speciale.

Chi è questo essere speciale?Nell’identità di questo essere speciale consiste il fascino di questa canzone, perché tutti sono in fin dei conti degli esseri speciali.

In che senso?Nel senso che ogni essere vivente è un’entità irriducibile e portatrice di talenti peculiari e specialità. Tutto sta nel rico-noscere in se e negli altri queste benedettissime specialità.

Ma allora è nel riconoscimento di queste specialità che consiste la cura?Sì perché la cura è un inno all’empatia e perché non può es-serci vera guarigione senza un autentico rapporto empatico.

Facciamo un passo indietro: da che cosa dobbiamo curarci?Dalle malattie, dal male, dalla vecchiaia, dalla morte...O dalla vita?Dalla vita, facendo della vita stessa l’antidoto a cui ricorrere. Ciò significa, per dirla col nostro vecchio caro Nietzsche, che occorre avere il coraggio di amarla fino in fondo anche quando sembra prossima ad un tradimento.

Ma è la vita che ci tradisce o siamo noi che tradiamo la vita?La vita non è mai fraudolenta. Come il caffè che stiamo facendo assieme ad Elio.

CURA OSCURA incontro conGiuseppe Pulina

Intervista: Lucio Ghezzo • Grafica: Mauro G

16

In alto: Lucio Ghezzo Sopra: Giuseppe Pulina - l’autore de “La cura” - Editrice ZONA

Sopra: la copertina del libro

Giuseppe Pulinanato a Sassari nel 1963, insegna filosofiain un liceo della Gallura e antropologia filosofica presso l’Istituto Euromediterraneo ISSRdi Tempio Pausania.

Giornalista e studiosodel pensiero mitteleuropeo, collabora con numerosetestate e dirige la rivista “Mneme Ammentos”.

Ha all’attivo diversepubblicazioni, tra cui: “L’imperfetto pessimista. Saggio sul pensiero di Michelstaedter”(Lalli, 1996);in collaborazione conMarco Lodola,che ne ha illustratoi diversi capitoli,“Minima Animalia.Piccolo bestiario filosofico” (Mediando, 2005);“Animali e filosofi”(Giunti, 2008);“L’angelo di Husserl.Introduzione a Edith Stein” (Zona, 2008)e, insieme aFrancesca Rigotti,“Asini e filosofi”(Interlinea, 2010).

Page 17: Crisi fanzine numero 1

Taphros Editrice editrice_taphros

Page 18: Crisi fanzine numero 1

Guardando il tuo set mi viene da pensare che le tue fotografie siano tutte ponderate, che abbiano un pen-siero dietro, un’archi-tettura pensata.È così o sonopiù istantaneee sanguigne?Un po’ entrambe

le cose, direi comunque più istantanee che ponderate.Mi capita spesso di associare parole o stati d’animo alle fotografie. A volte trovo qual-cosa che fa al caso mio tra foto già scattate, altre volte ho un’idea in testa da illustrare, così esco e cerco di trovare attorno qualcosa che faccia al caso mio.

Fotografi molto in analogico. È un esercizio di stile o c’è qualcosa di più?C’è stato un periodo, qualche anno fa, in cui pur fotografando in digitale, spesso correggevo leggermente le foto per avvicinarle di più al ca-lore della pellicola. Ad un certo punto mi sono chiesto se non fosse il caso di provare davvero a fotografare direttamente in analogico. Ho iniziato per curiosità con macchine usa e getta, vecchie 35mm sopravvissute agli anni 80, niente di che, spesso con rullini scaduti trovati

in un cassetto. Da lì a qualche tempo, per caso (e per fortuna), un amico mi ha dato in prestito perenne la sua vecchia reflex, una Contax con annessa famiglia di lenti Zeiss... a quel punto la frittata era fatta.

Tu sei di Olbia, la trovi stimolante da foto-grafare?Trovo stimolante il fatto di cercare qualcosa d’interessante in un posto che credi di conosce-re a menadito e che, magari proprio per questo, pensi non abbia molto da offrire o potrebbe risultare banale. Penso che la curiosità sia uno degli strumenti più preziosi di chi fotografa, a qualsiasi livello. Mi è capitato di girare decine di volte gli stessi posti, molto spesso il centro storico, e sorridere davanti agli sguardi perplessi (e spesso vagamente impietositi) di chi ti vede girare con la macchina fotografica sapendo che non sei un turista.

Se dovessi “fotografare” con una parola Ol-bia, che parola useresti?Olbia è un peccato. È la prima parola che mi viene in mente. Spiego. Potrebbe essere un posto spettacolare, con la posizione e la storia che ha alle spalle. Il problema è che quasi tutta questa storia è sotto i nostri piedi, custodita (per così dire) da palazzine e interventi urbani-stici che non hanno niente della lungimiranza e del rispetto che servirebbe per valorizzare la città. Mi spiace da morire vedere, specie durante la bella stagione, turisti o viaggiatori occasionali spaesati nel centro storico, alla ricerca di qualcosa da visitare oltre la chiesa di San Simplicio. Mi è capitato di vedere croceristi avventurosi ad una fermata dell’autobus alla fine di Via Barcellona, altri ancora perplessi tra le barchette in legno e i pontili in rovina di Via dei Lidi. Cose così. È un peccato. A volte ho l’idea di una città che non sa bene che scegliere o cosa essere, e temo che l’immagine data a qualcuno che ci capita di passaggio sia proprio questa. Un’occasione sprecata, o giocata male.

Parliamo di crisi: durante periodi di crisi, davanti a un bivio, come ti comporti?

La fotografia per te è uno sfogo, un modo di svagarti oppure passa in secondo piano? È per te uno stimolo o un blocco?Decisamente uno stimolo. Credo che la foto-grafia sia innanzitutto un modo per osservare le cose. Rivolgere la propria attenzione verso l’esterno, sforzarsi a provare interesse per le cose, cogliere particolari e spunti di meraviglia, somiglia più ad una sorta di esercizio dello spi-rito più che ad un passatempo. Così è stato per me. Durante periodi di crisi, o semplicemente davanti ad una giornata storta, mi è capitato di forzarmi ad uscire di casa per fotografare. Quasi sempre sono tornato a casa più leggero.

C’è un tuo set di fotografie che si chia-ma “Posso farti una foto?”. Sembra che tu instauri un dialogo prima di fare click. Hai ri-tratto tutte persone che conoscevi già oppure hai chiesto loro di poterle ritrarre?Quel set è una delle mie cose preferite.L’unica regola è chiedere se posso fare una foto, nel caso in cui sia uno sconosciuto incro-ciato per strada, oppure dire che sto per fare una foto, se davanti all’obiettivo c’è un amico o qualcuno che già conosco.Niente scatti a tradimento, niente candid.

Piermario: Intervista: Mauz • Grafica: Mauro G • Foto: Piermario Orecchioni flickr.com/photos/piermario

18

2 chiacchiere conun fotografo barbuto,curioso e spesso sorridente

Page 19: Crisi fanzine numero 1

Capita di incrociare persone talmente belle o interessanti da pensare che andar via senza aver tentato sarebbe perdere qualcosa. Non sempre riesco a farlo, ma quando mi decido a chiedere il permesso il più delle volte funziona. È una questione di sensazioni, magari partita da uno scambio di sorrisi, ed è quanto di più gratifi-cante ci sia, come fotografo e come persona. Vedere il sorriso di qualcuno a cui hai appena mostrato un interesse sincero mi ricorda quanto fondamentalmente siamo semplici. Di fronte ad una richiesta così aperta come “posso farti una foto?” c’è chi si spoglia di tutta la serietà e della “corazza” che indossiamo in mezzo agli altri. Ricordo ogni persona a cui ho chiesto il permesso, il momento, l’ora, le parole. Il batti-cuore prima di lanciarmi ed il cuore contento appena dopo. È bello.

Ti posso considerare un fondamentalista dell’analogico?Uhm... più innamorato dell’analogico chefondamentalista.Non ho particolari velleità artistiche oltre a quella, credo legittima, di fare foto che mipiacciano e, soprattutto, di divertirmi mentre scatto.

Il bello del ritorno all’analogico è dover fare i conti con dei limiti: il numero di scatti, la luce a disposizione, a volte la fortuna.Per contro, sono proprio questi limiti che fanno riscoprire il gusto di fotografare: dover scegliere le inquadrature e i momenti adatti, pensare un po’ di più, quindi osservare più a fondo le cose. Ripensando alla domanda della crisi, può essere anche una sorta di metafora del farsi bastare qualcosa, riconoscerne il valore e sprecare meno possibile. Specie quando fai un viaggio e per fotografare hai un tot di scatti sei obbligato a tenere a freno il ditino, però è gratificante.È un po’ come andare a caccia con arco e frec-ce anziché con un mitragliatore. (E comunque io sono contrario alla caccia.)

Perché fotografare?Per esercitare curiosità e coltivare un sensodi meraviglia troppo facile a perdersi.

Usi molto le polaroid, perché?Perché sono belle! In effetti non ne ho fatto un larghissimo uso... Poco dopo essere riuscito a procurarmi due macchine la pellicola è andata fuori produzione quindi ho scattato quelle che già avevo e basta.Recentemente è iniziata la vendita delle nuove pellicole compatibili, prodotte da Impossible, che hanno ancora un costo esorbitante (almeno per un uso “casuale” della Polaroid).Ragionando dal punto di vista biecamente eco-nomico, col costo di una ricarica puoi comprare tre rullini da 36 pose, il rapporto 100/10 per il momento mi fa preferire la pellicola.

Quanto influisce la musica nelle tue fotografie?Molto. Legare musica e fotografie è una cosa che ho iniziato a fare da quando pubblico le mie foto su Flickr. L’ho visto fare ad altri, ho provato e ci ho preso gusto.Spesso mentre ascolto musica mi viene in men-te una foto che ho scattato, oppure ho un’idea su qualcosa che vorrei fotografare.Mi capita anche di uscire a fotografare mentre ascolto musica in cuffia, non lo faccio spesso, ma a volte aiuta a trovare ispirazione.

Spesso invece, detto tra noi, usare parole o ti-toli di canzoni lascia ad altri la “responsabilità” della paternità dei titoli delle foto, che a volte potrebbero sembrare vagamente presuntuosi.

Le cose che non fotograferesti mai, quelleche invece senti di dover ancora fotografaree quelle che ti mancano come prede?In generale non sono a mio agio nel fotografare qualcosa di preparato o artificiale, ad esempio non saprei da dove iniziare per scattare un book fotografico.Per chiudere il cerchio con la prima doman-da, credo che fotografare sia innanzitutto un divertimento, fermare attimi spesso condivisi, possibilmente tentare di raccontare frammenti di storie.Fotografare una modella non è come fotogra-fare spontaneamente qualcosa o qualcuno a cui tieni. Quanto alle prede che mi mancano... molti altri sconosciuti a cui chiedere “posso farti una foto?” e sicuramente posti che non ho ancora visto. L’Islanda, ad esempio.

Page 20: Crisi fanzine numero 1

20

C’era una volta il punk e la sua etica (che non era solo siringhe e spille da balia) e c’era uno slogan: “DIY not EMI”. DIY era l’acronimo di Do It Yourself ovvero fallo da te, EMI era l’arci-nota etichetta discografica industriale.È con questo slogan che negli anni ‘80 i giovani anarchici armati di creste e strumenti musicali hanno dato vita all’etica dell’auto-produzione musicale con la conseguente nascita delle etichette indipendenti.In quegli anni il DIY rappresentava la risposta ad una ricerca di libertà espressiva a diversi livelli, possibile solo attraverso il rifiuto delle major. Il resto è storia. Pochi sanno che è proprio grazie al movi-mento punk e alla sua filosofia che sono nate le fanzine, intese come vera e propria stam-pa indipendente amatoriale, dove trovavano spazio i gruppi ignorati dalla stampa ufficiale, quegli stessi gruppi che avevano fatto del Do It Yourself il loro motto. Sulla scia di queste premesse etiche di oltre trent’anni fa, nasce anche la fanzine che tenete in mano in questo momento, in una versione più moderna, ma con lo stesso intento: dar voce alle realtà (non solo musicali) ignorate dal “mainstream”.In breve tempo, l’etica del DIY ha abbracciato sempre più campi della vita quotidiana, passan-do dalla musica e l’editoria per arrivare all’au-toproduzione di abbigliamento e vari beni di consumo materiali, diventando un’etica a tutto tondo, una vera e propria scelta di vita.

Questo accadeva nel secolo scorso, oggi nella società dell’informazione e del 2.0, il Do It Youself si è evoluto fino a diventare una vera e propria professione.Grazie a internet e in particolare ai social network, che danno visibilità immediata ai propri lavori, i giovani creativi possono aprire un negozio senza muoversi da casa propria.

Qualcuno lo fa nel tempo libero, qualcuno lo fa per reinventarsi un lavoro in questi anni di crisi, qualcuno ha studiato, qualcuno ha imparato dalla nonna, ma per qualsiasi ragione lo sifaccia una cosa è certa: se hai delle capacità esiste un modo per commercializzare i tuoi pro-dotti, il binomio AUTOPRODUZIONE + WEB.Nonostante mercatini e bancarelle abbiano ancora il loro fascino, il mercato economico dell’handmade si è spostato da qualche anno sul web.Capita così di imbattersi in profili Facebookin cui troviamo vendite (a prezzi spessoassolutamente politici) di borse assemblatee cucite a mano, t-shirt dalle grafiche originali create e stampate da giovani creativi, saponi naturali fatti in casa, bijoux e accessori di ogni tipo, oggettistica e complementi d’arredo,tutti prodotti a mano, spesso con pochi mezzie materiali riciclati. Esistono anche piattaforme apposite come Zazzle e Spreadshirt.it,in cui si può aprireil proprio negozio online gratuitamente,caricando e offrendoi propri designper abbigliamentoe oggettistica,e lasciando chei gestori si occupino di realizzare e spedirela merce.

Quando si parla di au-toproduzione, si entra “giuridicamente” nel campo dell’artigiana-to, per questo è possi-bile anche beneficiare di fondi e sovvenzioni statali per avviare la

propria attività. Purtroppo, come spesso accade in Italia, è difficile avere informazioni dettaglia-te sui fondi destinati ad attività di questo tipo, ma esistono bandi pubblici (statali, regionali, comunali e addirittura europei) per sussidi rivolti ad esempio a disoccupati di lunga data, agevolazioni per l’imprenditoria femminile spes-so con aiuti economici 100% a fondo perduto, ci sono poi i microcrediti per la fondazione di piccole imprese e gli aiuti rivolti ai giovani sotto i 35 anni. Esistono inoltre enti para-statali da cui si possono ottenere finanziamenti per la propria attività come Invitalia*.

Anche in territorio olbiese non mancano le persone che hanno fatto del DIY il proprio stile di vita, e in alcuni casi la propria fonte redditi-zia; per capire meglio di cosa stiamo parlando, abbiamo intervistato tre spiriti creativi con alle spalle diversi percorsi personali che li hanno portati a differenti approcci al Do It Yourself.

Do it Yourself. Origine e sviluppo

* Per approfondimenti è consigliato visitare i seguenti siti: invitalia.it, microcreditoitalia.org, sviluppoeconomico.gov.it

Testo e Interviste: Tatiana Calia • Grafica: Mauro G

Page 21: Crisi fanzine numero 1

Chi è Clo Handmade e cosa sono le tue creazioni?Handmade è una cosa che stava nascosta nella mia testa, è saltata fuori nel momento migliore! Le mie creazioni non sono altro che un modo divertente per affrontare la crisi, colorandola e trasformandola da Nemica ad Amica (Pericolo-Opportunità) con accessori realizzati ai ferri!

Come hai iniziato a produrre questi accessori?Dopo un’intensa stagione lavorativa/estiva, mi sono trovata senza lavoro, dunque con un sacco di tempo libero. Allora ho ripreso in mano i ferri e da lì col passaparola hanno iniziato ad arrivare gli ordini. Così ho pensato di rendere la cosa un po’ più professionale con un logo, un’etichetta, un biglietto da visita e la fan page su Facebook. Il resto è venuto da se. È durato poco perché per fortuna dopo poco tempo ho ripreso a lavo-rare, ma è stata una bellissima esperienza!

Quanto ha influito la crisi economica sul tuo lavoro?La crisi economica, in generale, non mi ha aiu-tata granché, nel senso che ho riscosso molto successo più che altro tra amici e parenti; però, allo stesso tempo, è “grazie” alla crisi che ho potuto riscoprire quella vena artistica che mi caratterizza, ormai ferma da anni!

Pensi sia possibile mantenersi con un lavoro di questo tipo?Beh, diciamo che è un po’ difficile. O meglio, bisognerebbe lavorare d’anticipo, preparare quanti più accessori possibili da vendere poi in più occasioni. Però no, non credo, dovreb-be diventare una produzione industriale per potercisi mantenere, a quel punto le creazioni perderebbero la loro preziosità e particolarità... Sono tutte diverse.

Consiglieresti ad altri un tipo d’esperienza come la tua?Ma certo! Tutti abbiamo un Handmade dentro di noi, dobbiamo solo trovare il modo di farlo uscire!

La disoccupazione ti ha dato…un bel mestiere!Facebook: Clo Handmade

Page 22: Crisi fanzine numero 1

22

Chi è Chiaralascura e cosa sono le tue creazioni?Chiaralascura è un soprannome che mi avevano dato quando mi atteggiavo da darkettona e che mi sono sempre portata dietro, mi piace perché è un ossimoro. Le mie creazioni sono t-shirt e gadget con disegnini un po’ naif, un po’ ironici e un po’ militanti.

Come hai iniziato a produrre T-shirt?Per gioco, come tutte le cose della mia vita: lavoravo in un’agenzia di comunicazione come video editor, ero frustrata, sottopagata e stressata e ho iniziato a disegnare per sfogarmi. Il mio ragazzo mi ha suggerito di aprire uno store su Zazzle, quando ho visto che la cosa funzionava e che avevo abbastanza feedback ho deciso di buttarmi, licenziarmi e produrle per conto mio.

“Go vegan” la tua è una missione?Si, volevo che i miei lavori avessero una mis-sione: diffondere il messaggio etico vegan ma senza essere “pesante”, far aprire gli occhi alle persone stimolandole con l’ironia.

Ho voluto creare un prodotto etico al 100%: le mie t-shirt sono organiche, prive di sostanze nocive, pvc e ftalati, certificate dalla Fair Wear Foundation e stampate con colori e solventi ecologici.

Sul tuo sito vediamo che hai una partita iva,lo shop è il tuo lavoro a tempo pieno?Ho due lavori ma entrambi sono da freelancer: con la stessa partita iva gestisco il negozio on-line e lavoro anche come grafica e video maker da casa. Nei tempi morti tra un rendering e l’altro gestisco lo shop. È un lavoro a tempo pieno e sono contenta di farlo, ho un sacco di soddisfazioni e di feedback, di persone che mi seguono su Facebook e non solo con cui ho stretto anche amicizia. Ancora i guadagni non sono tantissimi, devo ammortizzare la spesa iniziale, ma non mi posso lamentare e sto sicuramente meglio di prima: lavoravo 10 ore al giorno per uno stipendio da stagista.

Qual’è il processo creativo dietro le grafiche delle tue T-shirt?A monte c’è l’idea: di solito faccio uno schizzo nel mio quadernino e poi lo realizzo in vettoria-le al computer, lo modifico e scelgo i colori della gra-fica e poi i colori e il modello delle maglie. Poi invio la grafica alla serigrafia dove viene stam-pata. Ultimamente però sto cercando i finanziamenti per poter mettere su

un laboratorio e stamparle da sola in modo da ridurre i costi e anche l’impatto ambientale: meno tragitto fanno i prodotti e meglio è.

Quanto influisce la crisi economica sul tuo lavoro?Il mio lavoro è figlio della crisi: non riuscivo a vivere lavorando tutto il giorno, ero costretta a chiedere sempre soldi ai miei e il tempo libero non esisteva, non riuscivo a trovare un altro lavoro e così ho deciso di inventarlo.Mi sono detta: se devo lavorare tutto il giorno gratis o quasi è meglio farlo per me stessa che per qualcun altro. In questo caso credo che la situazione disperata in cui ci troviamo abbia alimentato la mia creatività: non avendo soldi per la pubblicità ho sfruttato al massimo il passaparola, Facebook e il contatto diretto con le persone. Ora mi trovo a Boston per motivi familiari e sto girando tutti i negozi vegan ed ecologici per proporre le mie t-shirt: molti sembrano interessati, speriamo bene!

chiaralascura.it Facebook: Chiaralascura shop

T-shirtper missione

Page 23: Crisi fanzine numero 1

23

Com’è nato il “progetto” Zona Bandinu University?Ah, è un progetto? Bene, nasce come punto vendita web per alcuni lavori fatti da me e da amici. Ho scelto il nome del mio quartiere in stile O.G. (Original Gangster) anche per il fatto che è un posto particolare, e ho aggiunto Uni-versity per far capire che crescere qui è meglio che andare in un college “ammerigano”.

Qual’è il processo creativo dietro le grafiche delle tue T-shirt?Uso modi di dire o fare di Olbia e dintorni, dagli anni ‘80 sino ad oggi.Poi vado a bere una birra col mio grafico e con lui vediamo che modifiche fare; se poi a farsi la birretta siamo in più persone bene o male ognuno dice la sua.

Zona Bandinu University nasce con un inten-to di aggregazione? Cosa vuol dire creare una linea d’abbigliamento “di quartiere”?Più che “di quartiere” cerco di puntare al popo-lare: diventare popolare mantenendo un prezzo

popolare, e il modo migliore per farlo credo sia partire dal posto in cui vivo.Chi indossa le mie T-shirt apprezza lo spirito del posto, e fa molto figo uscire e vedere in giro 10/12 persone con le mie T-shirt, oppure venire fermato a Cagliari “Ah! Ma a Olbia c’è un’altra Università?”Poi essendo le grafiche delle gran figate, chi le indossa entra nel club dei fighi e delle persone con buon gusto, il che fa aggregazione!

Lo fai per arrotondare lo stipendio o sei spin-to da altri intenti?In realtà volevo diventare come il tipo delle margheritine (Matteo Cambi di Guru): diventare ricco e sbagassarmi tutto in zoccole e cocaina!Mah, sta cosa delle magliette rende come tene-re dei soldi in banca...Solo che le possiamo indossare, cosa non da poco, no?Alla fine i pochi soldi che ne sono venutifuori sono stati utilizzati per stampare altremagliette, e fare alcune opere di bene:una colletta per un gatto, sponsorizzare un

atleta dilettante e regalare un sax all’orchestra dei Lanchilonghi!

Sul tuo sito, oltre alle magliette, vendi saponi artigianali. Come mai questa scelta?Sono rimasto molto colpito da una punkabbe-stia che vendeva sapone artigianale.Da lì per curiosità ho iniziato a studiare un po’ sta cosa dei saponi e nel frattempo un amico ha avuto una brutta dermatite dovuta ad allergia da conservanti dei saponi industriali;così abbiamo fatto un po’ di saponee ha fatto da cavia: puliva bene e nienteallergie, usando solo olio evo (extra verginedi oliva) vecchio che non era stato buttato.Ho fatto un po’ di esperimenti ed ora sto lavo-rando ai saponi del 2011, fatti esclusivamente con prodotti 100% sardi, possibilmente di zona, e utilizzabili anche da chi è vegano, senza al-cun prodotto superfluo o che può dare allergie. Elicriso, cisto, lavanda selvatica, iperico, carciofi, rosa e poi un’altra ricetta “Capo Ceraso”, che cerca di racchiudere le essenze, i colori e i pro-fumi di quell’angolo di paradiso.

zonabandinu.biz Facebook: Zona Bandinu University

Foto

: Giu

lia M

artin

i

Foto

: Giu

lia M

artin

i

Street culture& autoproduzione

Page 24: Crisi fanzine numero 1

24

Fino a qualche tempo fa mai avrei pensato Fino a qualche tempo fa mai avrei pensato che ci saremo ritrovati a parlare di archeo-che ci saremo ritrovati a parlare di archeo-logia energetica, invece grazie a speculatori logia energetica, invece grazie a speculatori e buontemponi ci viene riproposta la stessa e buontemponi ci viene riproposta la stessa minestra riscaldata che avevamo rispedi-minestra riscaldata che avevamo rispedi-to all’oste qualche anno fa nel precedente to all’oste qualche anno fa nel precedente referendum.referendum.

Nel frattempo accadde di tutto, da Nel frattempo accadde di tutto, da Chernobylfino a fino a Fukushima, senza contare i numerosis-simi incidenti di cui nulla ci è dato sapere in simi incidenti di cui nulla ci è dato sapere in quanto coperti da segreto militare.quanto coperti da segreto militare.Si riapre il dibattito e se ne sentono di tutti i Si riapre il dibattito e se ne sentono di tutti i colori, sopratutto da parte della nostra incom-colori, sopratutto da parte della nostra incom-petente classe politica che, fra una legge ad petente classe politica che, fra una legge ad personam e un festino, riesce anche a parlarepersonam e un festino, riesce anche a parlaredi “energie per il futuro”... tombale.di “energie per il futuro”... tombale.Si parla di centrali di nuova generazione quindi Si parla di centrali di nuova generazione quindi “sicure” ma che nessuno ha ancora mai testa-to, e si distoglie l’attenzione da uno dei pro-blemi principali del nucleare che sono le scorie, i rifiuti, che, a detta di diversi premi nobel, non trovano locazione sicura da nessuna parte per tutto il periodo necessario (spesso migliaia di anni).Se è vero che anche attorno alle centrali nu-cleari attive e funzionanti i tassi di radioatti-vità sono pericolosi, e secondo l’organizzazio-ne mondiale della sanità stanno sfociando in malformazioni, leucemie e tassi più elevati di mortalità, il vero dramma sono le scorie.

É bene ricordare che l’Italia è ancora alle prese con le scorie delle centrali chiuse, nel nord del paese fusti accatastati corrosi dal tempo per l’alta radioattività, rischiano di contaminare rischiano di contaminare uno dei fiumi più importanti, con conseguen-, con conseguen-te espansione alle falde acquifere potabiliespansione alle falde acquifere potabili del veleno peggiore: quello insapore e incolore.veleno peggiore: quello insapore e incolore.Gli Usa stanno letteralmente impazzendo Gli Usa stanno letteralmente impazzendo perché la montagna usata per lo stoccaggio perché la montagna usata per lo stoccaggio

dei rifiuti sta cedendo e rischia di contaminare un’area vastissima.Eppure qua si parla ancora di nuove centrali, ma perché? Non certo per il contributo ener-ma perché? Non certo per il contributo ener-getico, bensì per un getico, bensì per un forte interesse della cricca della cricca alla messa in opera di lavori molto costosi e alla messa in opera di lavori molto costosi e redditiziredditizi; la domanda nasce subito spontanea: ; la domanda nasce subito spontanea: vi fidereste voi a far costruire a questi “amici vi fidereste voi a far costruire a questi “amici degli amici” pseudo esperti, che non sanno degli amici” pseudo esperti, che non sanno costruire le case o che mettono sabbia al posto costruire le case o che mettono sabbia al posto del cemento come all’Aquila, le “nuove” centra-del cemento come all’Aquila, le “nuove” centra-li? Pensate che ci sono state diverse negligenze li? Pensate che ci sono state diverse negligenze in Giappone, e da noi patria della cricca in Giappone, e da noi patria della cricca come sarebbe?come sarebbe?

I sostenitori rispondono in due modi.I sostenitori rispondono in due modi.

Alcuni dicono di procedere nella realizzazione Alcuni dicono di procedere nella realizzazione che poi alle scorie ci si penserà dopoalle scorie ci si penserà dopo e nel e nel frattempo lo sviluppo tecnologico inventerà lo sviluppo tecnologico inventerà un modo per smaltirleun modo per smaltirle.Beh, a questo obbrobrio dell’intelletto vorrei far Beh, a questo obbrobrio dell’intelletto vorrei far rispondere una citazione di rispondere una citazione di Mauro BonaiutiMauro Bonaiuti su “Come sopravvivere allo sviluppo” di Serge Latouche che dice: che dice: “È come costruire grattacieli “È come costruire grattacieli senza scale ne ascensori nella speranza che un senza scale ne ascensori nella speranza che un giorno avremo la meglio sulla forza di gravità”giorno avremo la meglio sulla forza di gravità”. giorno avremo la meglio sulla forza di gravità”. giorno avremo la meglio sulla forza di gravità”É esilarante ma è ciò che stiamo facendo con É esilarante ma è ciò che stiamo facendo con il nucleare, il nucleare, accumulando rifiuti letali senza accumulando rifiuti letali senza avere in vista nessuna soluzioneavere in vista nessuna soluzione.

L’altro argomento dei sostenitori tra cui alcuni L’altro argomento dei sostenitori tra cui alcuni amministratori locali è quello che afferma che tanto così fan tutti, le centrali ce le abbiamo vicine quindi è lo stesso.Cari signori, altra inesattezza, guardiamo a Fukushima, anche se parlare di danni a persone e cose è prematuro, mi sembra che l’area con-gelata sia di circa 30 km, mentre a Tokio, non così lontana, si continua a vivere “normalmen-te”, per ora.

Quindi Quindi non è proprio la stessa cosa se si veri-la stessa cosa se si veri-fica un problema in Francia o nel tuo cortile fica un problema in Francia o nel tuo cortile di casa. Questi buontemponi mal informati . Questi buontemponi mal informati parlano di nucleare come di calcio al bar sport.parlano di nucleare come di calcio al bar sport.

Abbiamo la possibilità di fargli vedere che ne Abbiamo la possibilità di fargli vedere che ne sappiamo più di loro. Di quelli che dicono che Di quelli che dicono che sono per il nucleare ma non a casa nostra,sono per il nucleare ma non a casa nostra,tutti lo osannano ma non a casa propria,perché si sa, fa perder consensi.

Una sintesi efficace è l’immagine scelta da Greenpeace per la campagna stampa contro il nucleare, che utilizza la fotografia di uno stoccaggio di fusti tossici.Il claim recita: “Nucleare. L’affare di oggi.Il bidone di domani”.

Andiamo a votare e tumuliamo l’archeologia energetica!

Aerosol art: Teoria

FREGATURA NUCLEAREFREGATURA NUCLEARETesto: Rebelde Zamorano • Grafica: Mauro GMauro G • Foto: Teoria fermiamoilnucleare.it

Page 25: Crisi fanzine numero 1

23

Page 26: Crisi fanzine numero 1

“«Restiamo umani» è un’invito a ricordarsi della natura dell’uomo.

Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere.

Credo cha apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini

e dalle longitudini, a una stessa famiglia… che è la famiglia umana.”

Vittorio Arrigoni(tratto dall’intervista di Anna Maria Selini 2009)

crisi [email protected]