C&P Architettura - Zaha Hadid

45
>sinuoso, fluido e sorprendente. Ecco lo spazio secondo Zaha Hadid di Sarah Sagripanti È la signora indiscussa dell’architettura mondiale. I suoi progetti hanno cambiato il modo di percepire lo spazio urbano: non più una serie ordinata di edifici razionali ma un organismo leggero e fluttuante «dove gli elementi possano contrarsi ed espandersi». Zaha Hadid, architetto di origini irachene ma londinese di adozione, premio Pritzker per l’architettura nel 2004, è chiamata in tutto il mondo per ripensare spazi, edifici e infrastrutture. E il suo tocco è arrivato anche in Italia: a Cagliari, Milano, Roma, Salerno e Napoli. Spesso però i suoi progetti lungo lo Stivale trovano difficoltà nella realizzazione. Questo perché «in Italia ogni cosa è lenta e bisogna avere molta pazienza». Ma oggi le cose sembrano muoversi. Finalmente gli architetti potranno tornare ad esprimersi pienamente in un Paese dove «è bellissimo lavorare, perché esiste un equilibrio tra ciò che si dà e ciò che si riceve». Parola di Zaha Hadid 16 C&P

description

intervista

Transcript of C&P Architettura - Zaha Hadid

Page 1: C&P Architettura - Zaha Hadid

>sinuoso, fluidoe sorprendente.Ecco lo spaziosecondo Zaha Hadid

di Sarah Sagripanti

È la signora indiscussadell’architettura mondiale. I suoiprogetti hanno cambiato ilmodo di percepire lo spaziourbano: non più una serieordinata di edifici razionali maun organismo leggero efluttuante «dove gli elementipossano contrarsi edespandersi». Zaha Hadid,architetto di origini irachene malondinese di adozione, premioPritzker per l’architettura nel2004, è chiamata in tutto ilmondo per ripensare spazi,edifici e infrastrutture. E il suotocco è arrivato anche in Italia: aCagliari, Milano, Roma, Salernoe Napoli. Spesso però i suoiprogetti lungo lo Stivale trovanodifficoltà nella realizzazione.Questo perché «in Italia ognicosa è lenta e bisogna averemolta pazienza». Ma oggi lecose sembrano muoversi.Finalmente gli architettipotranno tornare ad esprimersipienamente in un Paese dove «èbellissimo lavorare, perchéesiste un equilibrio tra ciò che sidà e ciò che si riceve».Parola di Zaha Hadid

16 C&P

Page 2: C&P Architettura - Zaha Hadid

KARTAL-PENDIKMASTERPLAN, ISTANBUL

TERMINAL MARITTIMO,SALERNO

GUGGENHEIMHERMITAGE, VILNIUS

MAXXI,ROMA

Zaha Hadid, Bagdad, 1950. Maxxi, Museo nazionale dellearti del XXI secolo, Roma, 1998-2008 (in costruzione)

foto

di S

teve

Do

uble

STORIA DI COPERTINA

17C&P

Page 3: C&P Architettura - Zaha Hadid

Kartal-Pendik Masterplan, Istan-bul, 2006 (proposta progettualeper un nuovo centro urbanonella zona est di Istanbul)

Ren

der

ing

co

urte

sy o

f Zah

a H

adid

Arc

hite

cts

18 C&P

Page 4: C&P Architettura - Zaha Hadid

SONO INNAMORATA DELLA COMPLESSITÀ DI ISTANBUL, UN LUOGO DOVE NON SAI MAI COSA TIASPETTA DIETRO L’ANGOLO. LA CITTÀ È FORMATA DA TANTI STRATI DIVERSI, TUTTI PIENI DIRICCHEZZA. NON MI STANCO MAI DI ANDARCI PERCHÉ È PIENA DI TESORI INATTESI

STORIA DI COPERTINA

19C&P

Page 5: C&P Architettura - Zaha Hadid

L’universo spaziale di Zaha Hadid è perennemente inmovimento. Un linguaggio fatto di fluidità dinamica attra-versato da linee curve e sinuose, da direttrici spezzate che sirincorrono e si intersecano, da contrapposizioni di concavoe convesso. Strutture che si armonizzano con l’ambiente incui sono pensate. Come il Museo nazionale delle Arti delXXI secolo di Roma, pensato come un tutt’uno con il conte-sto ambientale circostante. «Qui il luogo diventa parte inte-grante della città. La città fluisce verso l’interno, mentre ilprogetto verso l’esterno» spiega Hadid. Quello di Roma èsolo uno dei progetti che lo studio dell’architetto irachenosta realizzando in Italia. Lavori che però stanno incontrandodifficoltà realizzative. Signora Hadid, quali sono secondo lei le maggiori difficoltànel fare architettura in Italia?

Qui ogni cosa è più lenta e bisogna avere molta pazienza.Ogni progetto sembra essere destinato a permanere inuna costante situazione di stallo. Credo dipenda dal fattoche non è successo niente per tanto tempo. L’architetturanon era contemplata tra le questioni di interesse pubblico.Adesso, invece, c’è un revival ed è positivo il fatto chequesta inversione di tendenza sia voluta dall’alto, dalle isti-tuzioni. Dobbiamo però ancora fare i conti con un rodag-gio lento e faticoso, anche se oggi senza dubbio le cosevanno meglio.Lavorare in Italia, in un territorio ricco di patrimoni arti-stici e architettonici, è limitante per un architetto con-temporaneo?Sostenere che la tradizione è un limite è solo un alibi. Anzi,per noi architetti è bellissimo lavorare in Italia perché c’è un

Ren

der

ing

co

urte

sy o

f Zah

a H

adid

Arc

hite

cts

20 C&P

Page 6: C&P Architettura - Zaha Hadid

grande equilibrio tra ciò che si dà e ciò che si riceve. Mo-dernità significa cercare di aprirsi a qualcosa di nuovo e noncerto distruggere il passato.Qual è l’approccio necessario per conciliare progetto econtesto in un Paese dove gli spazi urbani sono forte-mente caratterizzati da storia e tradizione?C’è una linea veramente sottile tra il credere nel nuovo e co-munque pensare che non bisogna demolire per forza tuttoe ricostruire da capo. Infatti credo sia un peccato perdere lastoria. Non ritengo però che le città debbano essere sempre

come Venezia, senza crescere né cambiare per niente. È im-portante intervenire con un approccio contemporaneo, maoccorre farlo in una maniera precisa. Ed è quello che ab-biamo provato a dimostrare con i nostri progetti urbani. Tra i suoi progetti italiani quale ritiene più significativo?Un buon esempio è la progettazione del Maxxi di Roma.Una cosa interessante a proposito di questo Museo è chenon si tratta più di un edificio-oggetto, ma piuttosto di uncampus aperto alla città. Non più solo un museo, ma unvero centro urbano. Qui abbiamo tessuto una densa trama

DIRE CHE LA TRADIZIONE È UN LIMITE È UN ALIBI. PER NOI ARCHITETTI È BELLO LAVORARE IN ITALIAPERCHÉ ESISTE UN EQUILIBRIO TRA CIÒ CHE SI DÀ E CIÒ CHE SI RICEVE. DEL RESTO MODERNITÀ SIGNIFICAAPRIRSI A QUALCOSA DI NUOVO E NON CERTO DISTRUGGERE IL PASSATO

Terminal marittimo, Salerno, 2006(in costruzione)

STORIA DI COPERTINA

21C&P

Page 7: C&P Architettura - Zaha Hadid

di spazi interni ed esterni. È una mescolanza di gallerie perle mostre permanenti, temporanee e commerciali, che irri-gano un vasto campo urbano con superfici espositive li-neari. Ciò significa che, attraverso il diagrammaorganizzativo degli spazi, si potrebbero tessere diversi pro-grammi espositivi. Ad esempio, creando collegamenti tra ilMuseo dell’Architettura e quello dell’Arte: i ponti possonoavvicinarli e proporli in un’unica soluzione. In questo modosi crea l’interessante possibilità di avere un’esposizione chesi estende da una parte all’altra del campus. Per visitare glispazi, infatti, si può camminare attraverso un intero seg-mento della città. Pensando invece al suo lavoro per CityLife a Milano, come

commenta l’infinito iter del progetto?In questo caso tocca ai privati trasformarlo in qualcosa di ve-ramente importante. Il lavoro per la vecchia fiera è il risul-tato di mediazioni e di una forza di volontà che hanno pocoa che fare con noi. Non c’è dubbio che la vecchia strutturafosse veramente orribile.Cantieri eternamente aperti, progetti fermi alla fase ini-ziale, continui ritardi. Cosa si prova a non vedere mai rea-lizzato un progetto?Ci sono momenti in cui mi sento decisamente giù, ma il mioscoraggiamento non dura mai molto a lungo. Sono fonda-mentalmente un’ottimista e so che alla fine si uscirà dalla si-tuazione di stallo.

Ren

der

ing

co

urte

sy o

f Zah

a H

adid

Arc

hite

cts

22 C&P

Page 8: C&P Architettura - Zaha Hadid

EDI-

Altrove le cose vanno decisamente meglio. La funicolare diInnsbruck è stata progettata e realizzata in meno di dueanni. In quale Paese lavora meglio?La Germania è fantastica, perché c’è un sistema di lavoripubblici che funziona veramente bene, così come in Austria.Anche lavorare in Francia si è rivelata un’ottima esperienza,ma da qualche tempo anche questo Paese sta vivendo unafase di immobilismo. Al contrario della Spagna dove, invece,esiste una grande vivacità.E guardando al futuro, dove le piacerebbe realizzare unnuovo progetto?Sono innamorata della complessità di Istanbul, un luogodove non sai mai cosa ti aspetta dietro l’angolo. La città è

formata da tanti strati diversi e pieni di ricchezza. Non mistanco mai di andarci perché è piena di tesori inattesi.Oltre a edifici e infrastrutture ha progettato anche sceno-grafie e mobili. Cos’altro le piacerebbe progettare?Non posso proprio dire quale sarà il mio prossimo pro-getto. Dipende da quello che mi chiederanno di fare.Credo però che tra ciò che abbiamo sviluppato in questiultimi trent’anni, manchino progetti su larga scala. E nonintendo esclusivamente progetti che riguardino un’interacittà, ma anche parte di essa. Sono interessata alle moda-lità con cui si può effettivamente agire su spazi ampi, neiquali non si deve per forza intervenire con un unico edifi-cio di grandi dimensioni, ma si può progettare un’ampia

STORIA DI COPERTINA

NELL’ATTIVITÀ PROGETTUALE NON PRENDIAMO SEMPLICEMENTE INDICAZIONI, MA CERCHIAMO DIINTERPRETARE LE INTENZIONI DI UN’ISTITUZIONE. NON CI INTERESSA SOLO LA FORMA DI UN EDIFICIO,MA IL MODO IN CUI PUÒ ESSERE REALIZZATA UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE DELLA SUA VITA

Museo Guggenheim Hermitage,Vilnius, Lituania, 2008

23C&P

Page 9: C&P Architettura - Zaha Hadid

serie di strutture.La fluidità è uno dei tratti distintivi della sua architettura.Da dove viene questa predilezione?Il fluido dinamismo del disegno a mano libera è una fedelescelta per la nostra architettura, che è allo stesso tempoguidata dai nuovi sviluppi del design digitale e intensifi-cata dalle capacità manifatturiere. Nell’attività progettuale,non prendiamo semplicemente indicazioni, piuttosto cer-chiamo di interpretare le intenzioni di un’istituzione. Non ciinteressa solo la forma di un edificio, ma il modo in cui puòessere realizzata una nuova organizzazione della sua vita. Dal suo osservatorio, negli anni come è cambiato l’ap-proccio alla progettazione?

La complessità e i progressi tecnologici dei software digrafica digitale e delle tecniche costruttive hanno consen-tito linguaggi architettonici moderni, nuovi ed eccitanti, aiquali credo, insieme ai miei collaboratori, di aver dato uncontribuito. Il computer ha semplificato le cose e allostesso tempo ha permesso di raggiungere un alto grado dicomplessità. Quello che mi manca del periodo antece-dente all’era informatica è la ricchezza della cultura mate-rica. I modelli fisici offrivano qualcosa di diverso dalleprospettive disegnate, che a loro volta erano differenti ri-spetto alle piante o ai dipinti. Ora c’è una sostanzialeuguaglianza e mancano le sorprese. Non ci sono, in-somma, più strati da scoprire.

STORIA DI COPERTINA

Museo Guggenheim Hermitage, Vilnius,Lituania, 2008, particolare di un interno

LA VITA

31 ottobre 1950. Nasce a Bagdad, Iraq

1971. Master in matematica all’Università americana di Beirut

1976-1978. Fa parte di Oma, con Rem Koolhaas ed Elia Zenghelis

1977. Si laurea all’Architectural association di Londra

1979. Apre il suo studio professionale a Londra

1983. Con la vittoria al concorso The Peak (Hong Kong, 1983) inizia la notorietà internazionale

1988. È tra gli architetti che espongono al Moma di New York nella mostra sull’architettura decostruttivista

1994. Insegna alla Graduate School of Design della Harvard University

2004. È la prima donna a vincere il premio Pritzker per l’architettura2006. Il Guggenheim di New York le dedica una retrospettiva2007. Riceve la medaglia Thomas Jefferson in Architettura

Ren

der

ing

co

urte

sy o

f Zah

a H

adid

Arc

hite

cts

24 C&P

Page 10: C&P Architettura - Zaha Hadid

>al l enar s i a l l a c r ea t i v i t àÈ uno dei più grandi progettisti italiani. La sua esperienza spazia dal design applicato

all’industria alla realizzazione di prototipi fino all’engineering. La sua Italdesign compie

40 anni e lui, Giorgetto Giugiaro, è pronto a intraprendere una nuova sfida:

lavorare sugli spazi pubblici. Cercando la giusta miscela tra estetica e funzionalità.

Ma con un unico obiettivo: essere originali di Laura Pasotti

160 C&P

Page 11: C&P Architettura - Zaha Hadid

ARREDO URBANO tocchi d’autore

161C&P

Page 12: C&P Architettura - Zaha Hadid

«Il design è progetto e inven-zione, non solo poesia per gli occhio cambiamento di forme. È un con-tenuto che deve tener conto della ri-producibilità». Risponde cosìGiorgetto Giugiaro, una delle firmeitaliane più prestigiose nel mondodel design applicato al settore indu-striale, a chi gli domanda di dareuna definizione al suo lavoro. Unbackground artistico, il suo, (una fa-miglia di pittori e gli studi di BelleArti alternati ai corsi di progetta-zione tecnica) che lo ha portato, al-l’inizio, a voler emulare i grandimaestri. Poi la passione per le tre di-mensioni ha avuto il sopravvento.Ed è nata la Italdesign. «Le Belle Artisono cultura – spiega Giugiaro –, ilmondo del design è molto più com-plicato perché coinvolge ingegneriaed economia. Che sia una sedia oun’automobile, quello che stai pro-gettando ha una parte economicafondamentale. Perché non stiamorealizzando una scultura o un pezzounico ma un oggetto da produrre inserie». Dopo 40 anni di attività nelsettore dell’industrial design, dal-l’engineering alla realizzazione diprototipi, Giugiaro ha deciso di in-vestire nell’ambito dell’architettura,dell’interior design e dell’arredo ur-bano. Una scelta che ha portato allanascita di Giugiaro Architettura,sotto la direzione del figlio Fabrizio.«Siamo ancora agli inizi nel settore– afferma Giugiaro – ma intendiamocontinuare seguendo la nostraesperienza. Con i tempi giusti. E te-nendo conto di aspetti che in ge-nere gli architetti sottovalutano». Unesempio di questa nuova avventura?La struttura espositiva per gli eventi

di Torino 2006 inpiazza Solferino.«Atrium – spiegaGiugiaro – non ènato per essere inarmonia con lapiazza o le casecircostanti macome “conteni-tore” provvisorio». La struttura è di-visa in due padiglioni di 19milametri quadri nel cuore della cittàcon strutture portanti in legno la-mellare, acciaio e vetro e luce nettacoperta in un’unica campata di circa60 metri. Elementi che hanno resonecessarie analisi di idoneità dei sitie del verde per evitare che il risul-tato fosse troppo evidente e finisseper offendere lo spirito della piazza.Un progetto però eseguito «semprecon estrema attenzione alla raziona-lità – continua Giugiaro – e rispet-tando gli standard economici».Perché quando si lavora su spazipubblici è indispensabile organiz-zare visivamente ed ergonomica-mente un’opera, sia essa unapanchina, una pensilina o un sem-plice pannello di richiamo. «Ancorauna volta si deve porre attenzionealla razionalità – chiarisce – per faci-litare la lettura e l’approccio visivo dichi poi dovrà interagire con questioggetti». L’estetica deve scendere apatti con la funzionalità, senza di-menticare che anche l’occhio vuolela sua parte. «È difficile distinguerecosa è bello da cosa non lo è – diceil designer –. Le opinioni sono tantee servirebbe un tribunale super par-tes per stabilirlo. Certo possiamoanche guardare solo alla bellezza diun oggetto come accade per certe

162 C&P

Page 13: C&P Architettura - Zaha Hadid

ARREDO URBANO tocchi d’autore

sedie da decoro con lo strascico oper i cucchiai con il manico rotondoprogettati da Joe Colombo. Maquando si parla di arredo urbanonon si può certo trascendere dagliaspetti funzionali». Nascono così lepensiline e i sistemi di affitto bici-clette pensate per Cemusa, pro-dotte in serie grazie all’uso di unnumero ridotto di stampi con mate-riali impiegati al “naturale” perché

non risultino alterati nel loroaspetto. O ancora gli impianti pub-blicitari per Avip, fortemente inno-vativi rispetto all’attuale panoramadel settore, caratterizzati da lineecurve e proporzionate che ben siprestano all’inserimento lungo per-corsi turistici e paesaggistici. O iprogetti per il nuovo complesso uni-versitario delle Facoltà di Scienzepolitiche e Giurisprudenza di Torino,

affacciato sulle rive della Dora. E an-cora la ristrutturazione della sedecentrale di Confindustria a Roma incui l’intervento di Giugiaro Architet-tura ha ridato luminosità agli am-bienti, rinnovando la distribuzioneinterna e la dotazione tecnologica oil Parco Commerciale e per il tempolibero “Mondovicino” di Mondovìdove troveranno spazio un outlet,un cinema multiplex, un ipermer-

In alto, Giorgetto Giugiaro, uno dei più grandi designer italiani. Qui sopra, rendering del progetto perl’Università degli studi di Torino e, sotto, l’organo della Cattedrale di Losanna in Svizzera

I GRANDI ARTISTI HANNO FATTO UN ENORME PERCORSO PER RIUSCIRE A TOGLIERSI DI DOSSO ILCLASSICISMO E TORNARE A ESSERE INGENUI COME BAMBINI. IN REALTÀ SIAMO NOI A ESSERE OTTUSIPERCHÉ DOVREMMO ESSERE APERTI A RICEVERE MESSAGGI DIVERSI

163C&P

Page 14: C&P Architettura - Zaha Hadid

cato, un complesso alberghiero euna struttura commerciale specializ-zata. Il modello di riferimento? Giu-giaro non ha dubbi: «Tokyo è unbell’esempio di cultura diversa dallanostra in cui architetti e designerhanno imparato a razionalizzare».Ma in che modo è possibile ripen-sare una struttura “anonima” comeuna pensilina per gli autobus o untraliccio? «Disegnare oggetti di usoquotidiano è estremamente compli-

cato – conferma Giorgetto Giugiaro–. Un traliccio o una maniglia richie-dono molto più lavoro rispetto aelementi di valore artistico mag-giore. Bisogna tener presenti il sup-porto tecnologico e la funzionalitàdella struttura». Costruire un og-getto funzionale richiede un’analisiprecisa e accurata. Al contrario, se-condo il designer, in giro c’è molta,forse troppa, distrazione. Essere ca-paci di creare qualcosa di originale è

altrettanto fondamentale. Ma dovesi trova l’ispirazione dopo 40 anni diattività? «L’ispirazione è un allena-mento – spiega Giorgetto Giugiaro–. È come per i vignettisti dei quoti-diani. Li guardiamo ogni giorno e cichiediamo dove riescano a trovaresempre idee nuove. Siamo comecomputer – continua – che ricevonopercezioni anche a livello inconscio.Oggi però la cosa più difficile è farequalcosa di diverso dagli altri». Per

164 C&P

Page 15: C&P Architettura - Zaha Hadid

INTERNI arredo d’autore

questo si perde più tempo a guar-dare ciò che è stato già realizzato daqualcun altro che a farlo e basta. Maun margine di originalità c’è sem-pre. Un po’ come nella musica, artenella quale persiste ancora la possi-bilità di trovare ritmi e motivi nuovi.«Quello che conta – allarga le brac-cia Giugiaro – è l’allenamento gior-naliero». La libertà di pensiero fainventare all’uomo cose insospetta-bili e, a volte, le idee arrivano in

modo assolutamente imprevisto.«Amo visitare le mostre dei ragazzidelle elementari e delle medie –svela il designer sorridendo – per-ché rivelano una creatività sorpren-dente. Lo stesso vale per le mostred’arte africana, che raccolgonoopere meravigliose che non sonofrutto né di studi né di accademie».«I grandi artisti – spiega – hannocompiuto un enorme percorso pertogliersi di dosso il classicismo e tor-

nare a essere ingenui come i bam-bini. Siamo noi a essere ottusi per-ché siamo abituati al vino buono evogliamo solo quello». Mentre si do-vrebbe essere pronti e aperti a rice-vere messaggi diversi. «È un po’come la cucina – conclude –. Laprima volta che sono andato in Giap-pone non ho mangiato nulla. Oggi,al contrario, mangio cose che diprimo acchito qualche anno fa nonavrei mai nemmeno toccato».

Dall’alto in senso orario, Mondovicino, impianto pubblicitario realizzato per Avip, pensilina realizzata perCemusa, lampione ecologico per Disano e sistema di affitto per biciclette realizzato per Cemusa

ARREDO URBANO tocchi d’autore

165C&P

Page 16: C&P Architettura - Zaha Hadid

>in

pri

ncip

io f

u la

mat

ita

Dal

l’in

teri

or

al f

ash

ion

de

sig

n.

Dal

l’au

tom

ob

ile a

ll’ar

chit

ett

ura

. C

hi

pe

nsa

ch

e s

ia f

init

a q

ui

sbag

lia.

Pe

rch

é l

a n

uo

va f

ron

tie

ra è

il

bu

il-

din

g.

Il d

esi

gn

ch

e m

iglio

rerà

l’a

mb

ien

te e

la

qu

alit

à d

ella

vit

a fi

r-

mat

o P

inin

fari

na

di L

ara

Mar

iani

Un design che sia soprattuttoemozionale. Dove la funzione este-tica prevale sulla funzione d’uso.«Perché la funzionalità fine a sestessa è assolutamente riduttiva. In-discutibilmente meccanica. Io sonoun ingegnere approdato al design ecome tale non potrò mai tralasciare,dimenticare, trascurare la funzioned’uso. Ma sono convinto che l’og-getto debba parlare soprattutto unlinguaggio estetico». Paolo Pininfa-rina mette in evidenza le priorità cheil design deve rispettare, perché«l’estetica rappresenta il progresso,il futuro». E non solo per quanto ri-guarda l’oggettistica, l’arredamentoe le automobili. Perché l’espansionedel design ha prospettive molto piùampie. Lei si è definito un ingegnere ap-prodato al design. Come riesce adadattare le esigenze tecniche allepriorità estetiche?Il segreto è capire quali sono le fun-zioni che si vogliono soddisfare: lasostenibilità di un edificio, il raffred-

La sorpresa dell’uovo di cioccolato realiz-zato con Gobino, “N’Uovo”: una sculturain alluminio che raccoglie e avvolge con lesue forme essenziali e dinamiche gli stru-menti del designer, le matite

148 C&P

Page 17: C&P Architettura - Zaha Hadid

MAESTRI design

damento di un motore di un’auto-mobile, l’inserimento di un televisorein un letto. Partendo dalle necessitàfunzionali che fanno la differenza, chesegnano l’innovazione di un pro-dotto, bisogna arrivare a esaltarnel’estetica e la funzione emozionale.Quindi si parte da un’esigenza pra-tica e successivamente questa vieneinvestita dalla preponderante fun-zione estetica ed emozionale.Esattamente. A proposito vorrei ci-tare le parole del mio amico AldoCoretti, filosofo prestato al design,che una volta disse “non c’è etica

senza estetica”.Ma estetica è anche ispirazione. Dacosa viene alimentata la sua capacitàcreativa?Poco tempo fa mi è capitato di ascol-tare un’intervista a Luciano Ligabueche ha fatto una dichiarazione checondivido assolutamente: “Noncredo ci siano momenti magici in cuicon la facilità di uno schiocco delledita possa maturare una bella can-zone”. Come nella musica, dietroogni progetto c’è un grande lavoro,un grande studio. L’ispirazione im-mediata o innata non esiste.

Allora a chi o a cosa si riferiscequando è in cerca di idee?Alla storia, alle grandi vetture delpassato, ai problemi risolti e alle so-luzioni tecniche trovate in certi ambitie poi trasportate in altri. E poi alla na-tura, alle sue forme, ai suoi materialie ai suoi colori. Ma la vera fonte diispirazione è il lavoro di squadra, per-ché oggi l’architetto o il designer nonpossono pensare neanche lontana-mente di portare avanti singolar-mente un progetto altamentecomplesso. Per ogni lavoro servonocompetenze specifiche di tipo inge-

Paolo Pininfarina, Presidente e ADdi Pininfarina Extra e

Vicepresidente di Pininfarina SpA

149C&P

Page 18: C&P Architettura - Zaha Hadid

gneristico, ambientale e tecnologico.Compensabili solo con il lavorod’équipe.Cosa caratterizza il progetto disquadra?L’attitudine mentale ad analizzare laconcorrenza, a sviluppare la creativitàin libertà e riportarla nei binari dellafattibilità. Con la capacità di svilup-

parla e definirla attraverso la tecno-logia, renderla prototipo e infinerealizzarla.Il design ormai è ovunque. Gli og-getti, le auto, persino l’edilizia. C’èancora qualcosa che non è ancorastato investito da quest’onda?Gli ambienti in senso lato. Manca ar-monia nei centri urbani. Ci sono an-

cora troppi problemi di integrazionetra trasporto pubblico e privato, diparcheggio e di arredo urbano. Il fu-turo dovrà propendere verso il mi-glioramento degli ambienti e gliurbanisti, gli architetti e i designerdovranno impegnarsi a miglioraresoprattutto la qualità della vita nelsuo complesso.

Gli interni di Torre Mexico, a Città delMessico, progettati da Pininfarina perla società messicana Gicsa

150 C&P

Page 19: C&P Architettura - Zaha Hadid

MAESTRI design

L’EDILIZIA VERTICALE È MOLTO PIÙ SOSTENIBILE RISPETTO A QUELLA ORIZZONTALE: OCCUPA MENOSUPERFICIE, RIDUCE LA MOBILITÀ DELLE PERSONE, CONSENTE DI DARE PIÙ SPAZIO ALLE AREE VERDI

Si parla tanto di qualità della vita edell’ambiente. Ma le soluzioni pro-spettabili sono fattibili?Questo è il secolo dell’ambiente.Ogni progetto, ogni azione vengonovalutati in termini di impatto am-bientale. Ma io non aderisco alla vi-sione catastrofista. Voglio pensare

che dobbiamo reagire, mettere latecnologia, i cervelli e la creatività aservizio del globo. Abbiamo comeobiettivo le emissioni zero? Allora ri-vediamo tutta l’architettura dell’au-tomobile per realizzare un oggettocompletamente nuovo come l’autoelettrica.

Paradossalmente il problema am-bientale si può trasformare in un’op-portunità per fare innovazione.È vero. Il design e l’architettura de-vono cogliere le esigenze attualiper poi svilupparle e dare unaforma estetica ai bisogni individualie collettivi.

151C&P

Page 20: C&P Architettura - Zaha Hadid

Secondo lei questa prospettiva è at-tuabile anche nell’edilizia?Dipende. Innanzitutto servirebbe uncambiamento di mentalità.Cosa intende?In Italia siamo molto meno propensiad accettare l’innovazione. Ad esem-pio, nel nostro Paese c’è una inspie-gabile resistenza verso l’ediliziaverticale che, invece, per definizione,

è molto più sostenibile rispetto aquella orizzontale: occupa meno su-perficie, riduce la mobilità delle per-sone, consente di dare più spazio allearee verdi e quindi di migliorare laqualità della vita. In Italia invece igrattacieli vengono considerati mo-stri, enormi e inermi colate di ce-mento armato.Una posizione che contrasta il nuovo

stato dell’architettura e della bio-ar-chitettura che dimostra, al contrario,che l’edilizia verticale contribuisce auna maggiore sostenibilità.Sì, ma accade solo da noi. All’estero,dove forse c’è più ottimismo, e so-prattutto dove hanno un passato euna storia meno incombente, sonopiù propensi ad accogliere il buildingdesign. A volte anche le esaspera-

In alto, Las Olas Marina, complesso residenziale di Cancun di cui Pininfarina sta progettando sia gli esterni che gli interni. In basso, laFerrari P4/5 by Pininfarina, one-off realizzata per il collezionista americano Jim Glickenhaus

152 C&P

Page 21: C&P Architettura - Zaha Hadid

MAESTRI design

zioni, basti pensare alla penisola aforma di palma realizzata a Dubai.Se le chiedessero oggi di sceglierel’emblema del design, cosa rispon-derebbe? L’auto elettrica o il buil-ding design?«Risponderei, la matita. Al di là del-l’analisi di mercato, al di là deimezzi tecnologici, chi fa architet-tura, almeno nella fase embrionaledel progetto, deve saper dialogare.E la matita è eccezionale. È il mi-gliore mezzo di comunicazione. Ungruppo di persone che vuole ela-borare un’idea non può riunirsi at-torno a computer. A quel puntonessuno parlerebbe. Il disegno ma-nuale invece stimola la discussione.È il miglior strumento di comunica-zione utilizzabile nella fase inizialedel lavoro. La matita è il simbolodella creatività italiana, quella piùcalda nelle sue espressioni. La tec-nologia viene dopo».

La reception del KeatingHotel di San Diego,

California, il primo hotel firmato Pininfarina

153C&P

Page 22: C&P Architettura - Zaha Hadid

52 C&P

>il volto etico dell’esteticaUna leggenda. Che ha attraversato mezzo secolo di fermenti culturali esociali. Un intellettuale che ha segnato la storia dell’architettura contem-poranea. Progettando università, centri culturali, teatri, stadi, quartieri ecittà in tutto il mondo. La firma di Vittorio Gregotti è impressa su operecollocate in 22 Paesi a testimonianza della grande tradizione dell’archi-tettura made in Italy di Marilena Spataro

Un aristocratico sabaudo,dalle maniere schiette e leali. È que-sta l’impressione che Vittorio Gre-gotti, nato a Novara nel 1927, dà disé al primo impatto. Ed è l’impres-sione giusta. Sintetico, essenziale.Dal giudizio impietoso, ma sempregarbatamente ironico. Senza mai ri-dondanze. Nella professione comenel linguaggio. Intelligenza sottile esguardo acuto. Che sanno indagaredentro le cose, interpretandole conefficacia e profondità, sia che si trattidi territori o spazi da cui trarre ele-

menti e criteri creativi per elaborareprogetti architettonici o urbanistici,sia che si tratti dei vissuti storici e cul-turali della società. Alla base del la-voro intellettuale del professionistapiemontese, uno dei migliori e piùinnovativi talenti dell’architettura edel design attuali a livello internazio-nale, c’è il rigore. «Il compito dell’ar-chitettura – ha sempre affermato – èdi produrre ordine e non di evitare ilcaso, le virtù del progetto sono sem-plicità, organicità e precisione». Prin-cipi, questi, che lo hanno guidato, e

foto

Leo

nard

o C

énd

amo

Page 23: C&P Architettura - Zaha Hadid

PROFILI D’AUTORE

A sinistra, Vittorio Gregotti.In questa pagina, dall’alto,l’architetto con Luca Ronconi allaBiennale di Venezia nel 1976; unostudio di fattibilità perl’Esposizione Universale di Parigidel 1989; Gregotti, Aldo Rosii,Umberto Eco e Mario Spinella allalibreria Feltrinelli di Milano per lapresentazione del libro “Territoriodell’Architettura” nel 1967

Page 24: C&P Architettura - Zaha Hadid

continuano a guidarlo, nella sua atti-vità d’architetto, docente universita-rio, teorico e saggista. E checaratterizzano la sua personalità e lasua figura d’intellettuale. VittorioGregotti traccia così le linee del suopercorso professionale, inscrivendoleall’interno dei fermenti sociali e cul-turali di ieri e di oggi, a partire daglianni della sua formazione giovanile,quando ebbe l’opportunità di con-frontarsi e dialogare con la più quali-ficata intellighenzia del Novecento,non solo italiana, ma di mezzomondo. E lo fa col medesimo trattoabile e inimitabile con cui la suamano traccia le linee dei suoi dise-gni. Lei è stato tra i protagonisti deglianni più importanti e innovativi del-l’architettura e del design. Come liricorda?I fermenti innovativi sono stati diversia secondo del periodo di riferimento.Io mi sono laureato nel ‘52 al Politec-nico di Milano, e negli anni ’50 ho vis-suto due tipi di esperienze: una eraquella della ricostruzione dell’Italianel Dopoguerra, animato dal fer-mento dell’edilizia popolare, l’altra ri-guardava il rapporto con la storia econ il contesto sociale. Insieme ad

altri architetti di quella generazioneabbiamo cominciato a riflettere suquali fossero le relazioni da metterein campo, senza per questo dovertradire la modernità, ma tenendoconto del clima storico e dei contestispecifici. In quello stesso periodo hoavuto la fortuna di viaggiare. Per unlungo periodo ho vissuto in Francia eInghilterra e attraversato tutta l’Eu-ropa e gli Stati Uniti. In Italia sono tor-nato con un bagaglio di esperienzeche mi hanno avvantaggiato rispettoai miei coetanei. Negli anni ’60, poi,ho vissuto un’avventura culturaleestremamente importante, entrandoa far parte, come unico architetto,del Gruppo 63. Quel periodo fu inte-ressato alla relazione tra poesia, pit-tura, musica, filosofia. Il filosofo EnzoPaci è stato uno dei miei grandi mae-stri, i suoi allievi avevano più o menola mia stessa età. Gli anni ’70, furonoinvece caratterizzati dall’interesse peril disegno urbano, della città, del ter-ritorio, della grande scala. Fu allorache progettai i miei primi lavori inte-ressanti: l’Università della Calabria equella di Palermo. Quanto queste esperienze sonostate determinanti successivamentenell’influenzare il modo di fare archi-

tettura sia a livello collettivo che suopersonale? Questo periodo ha influenzato pa-recchio la mia visione dell’architet-tura e del mondo. Dagli anni ’70 agli’80 ho lavorato molto in Europa:Francia, Spagna, Portogallo, Germa-nia; ho così avuto la possibilità di col-tivare e consolidare una serie direlazioni che si erano già costruiteprecedentemente. Queste frequen-tazioni, nella loro ricchezza di posi-zioni spesso diverse l’una dall’altra,hanno contribuito a vivacizzare ilclima culturale e la discussione in unproficuo scambio di opinioni. I pro-blemi sorti negli anni successivi sonoin molti casi la conseguenza dellaperdita di questo rapporto tra teoriae prassi. C’è stata una frammenta-zione della teoria, per cui ciascunocominciò a muoversi per conto pro-prio, mentre fino a tutti gli anni ’70 ei primi anni ’80 la discussione tra i di-versi architetti rispetto alle posizionidell’architettura, era molto viva. Perquanto riguarda il mio percorso per-sonale, la maturazione professionaleè arrivata tra gli anni ’60-’70. Il pro-blema per me è sempre stato quellodi dare ordine alle cose, un ordineche sappiamo benissimo essere tem-

MENTRE NEGLI ANNI ’70 E ALL’INIZIO DEGLI ANNI ‘80 LA DISCUSSIONE TRA I DIVERSI ARCHITETTI RI-SPETTO ALLE POSIZIONI DELL’ARCHITETTURA ERA MOLTO VIVA, SUCCESSIVAMENTE C’È STATA UNAFRAMMENTAZIONE DELLA TEORIA E CIASCUNO HA COMINCIATO A MUOVERSI PER CONTO PROPRIO

(foto Elinord Studio - Milano)

Page 25: C&P Architettura - Zaha Hadid

PROFILI D’AUTORE

55C&P

poraneo, ma al quale non possiamosottrarci. Il disordine non è un me-todo con cui l’architettura può pro-cedere. Anche le forme più bizzarreracchiudono un ordine, in un modo onell’altro, e questo è il destino degliarchitetti.Cosa pensa di quei suoi colleghi che

hanno atteggiamenti da star? Faccio l’architetto da oltre quarantaanni e ho visto passare e tramontaremolte mode. Penso che le nuove ge-nerazioni siano un po’ stanche diquesta situazione, dove la creativitàè pensata come una bizzarria, dove imonumenti sono immagini che de-

vono comunicare un messaggio con-sumistico o di mercato e nulla più.Penso che un’architettura civile nondebba richiedere l’applauso. Pensoche molti architetti non abbiano piùattitudine critica e si pongano neiconfronti dell’attuale società comese fosse la migliore possibile. Mentre

In basso a sinistra, trasformazione dellearee Pirelli alla Bicocca di Milano, 2007.

In questa foto, Grand Théatre deProvence, Aix-en-Provence, 2003-2007

foto Donato Di Bello

Page 26: C&P Architettura - Zaha Hadid

56 C&P

l’arte si è sempre caratterizzata peravere uno spirito critico, pensando aquello che non c’è ancora. Il suoobiettivo non è certo quello di fare ilritratto di ciò che già esiste. L’artedeve saper mantenere la distanzadalla società, per essere in grado dianticiparla. Esiste quindi una valenza etica, oltre

che estetica, nella progettazione? Oggi è molto difficile avere rapporticon la società perché essa stessa è incrisi, non sa più cosa vuole. Da unlato non è mai contenta, dall’altro loè sempre, ha opinioni che diventanosubito credenze e che poi improvvi-samente cambiano. Per la società dioggi solo l’economia, la finanza, il

consumo e il denaro hanno valore, equesto non coincide esattamentecon i valori con cui gli architetti si de-vono confrontare. Esistono problemioggettivi che riguardano il servizioalla società in generale e che sonosempre connessi all’attività di un ar-chitetto. Riuscire o meno a superarlidipende dalla qualità del lavoro chepoi si riesce a fare.Milano si prepara all’Expo 2015.Questo appuntamento può trasfor-marsi in un’opportunità per ripro-

LA MAGGIORE COINCIDENZA TRA TEORIA E PRASSI SI CONCRETIZZANEL CENTRO CULTURALE DI BELÈM DI LISBONA. MI FA MOLTOPIACERE PENSARE CHE SIA UN LUOGO DI AGGREGAZIONE SOCIALE

foto

Mim

mo

Jo

dic

e

Page 27: C&P Architettura - Zaha Hadid

PROFILI D’AUTORE

57C&P

grammare l’aspetto urbano del ca-poluogo lombardo? Ci sono molti modi di approfittare diqueste occasioni, innanzitutto ra-gionando sul lungo termine. E so-prattutto sottraendosi alle sirene deigrandi immobiliaristi che natural-mente cercano di impadronirsi diqueste occasioni per fare quattrini.In questo tipo di appuntamenti cisono state città come Barcellonache hanno saputo utilizzare le facili-tazioni burocratiche e l’arrivo di fi-

nanziamenti per il proprio futuro;altre, invece, come Siviglia o Osaka,non ce l’hanno fatta. Gli edifici co-struiti sono ora in rovina. Su Milanosono molto prudente, ma è troppopresto ancora per esprimere un giu-dizio. Al momento non vedo unachiarezza di prospettive, può ancoraaccadere che si riesca a mettere in-sieme un programma utile per lacittà in futuro. C’è qualche opera che rappresentameglio i suoi valori o la sua estetica?

Quanto ai valori, il grande centro cul-turale polivalente di Belèm a Li-sbona. Per l’aspetto estetico, invece,il teatro di Aix-en-Provence dove sitiene uno dei più interessanti festivaldi musica contemporanea. A cosa sta lavorando ora?A parte i nostri lavori in Cina, dovestiamo progettando anche una cittàper centomila abitanti, stiamo lavo-rando in Marocco, in Portogallo, e ul-timando un progetto di una torre aPadova per la ricerca scientifica.

Nella pagina accanto, dall’alto insenso orario, Alvaro Siza Vieira in

occasione della consegna aGregotti del “Premio alla carriera

Trienal Millennium” nell’ambitodella prima Triennale

Internazionale di Architettura diLisbona, edizione 2007;

lo stadio Olimpico di Barcellona; ilCentro culturale di Belém, Lisbona.

A destra, Torre della Ricerca aPadova. Sotto, nuova città di

Pujiang, Shanghai

foto

Fer

din

and

o R

olla

ndo

Page 28: C&P Architettura - Zaha Hadid

L’INTERVENTO DELL’UOMO È SEMPRE UN’OPERAZIONE CHE MODI-FICA QUALCOSA, MA SONO CONVINTO CHE NON SI DEBBA MAISTRAVOLGERE UN AMBIENTE. ANCHE SE CI SONO DELLE ECCEZIONIIN CUI, A VOLTE, È LECITO ANCHE INTERVENIRE CON AUDACIA

Una suggestiva immagine della piscina a sfioro circondata da unampio parco di cactus provenienti da tutto il mondo. Abitazioneprivata di Punta Lado, in Sardegna.Nel riquadro l’architetto Gianni Gamondi

268 C&P

Page 29: C&P Architettura - Zaha Hadid

TURISMO

L’amore per la natura e per la vita all’aria aperta.Una laurea in architettura conseguita al Politecnico di Mi-lano con docenti del calibro di Gio Ponti e Ernesto N.Roger. Sono stati questi gli elementi determinanti nelsegnare il destino professionale di Gianni Gamondi. Cheoggi, infatti, è conosciuto e stimato a livello internazio-nale quale uno dei migliori architetti del turismo d’élite,con la peculiarità di realizzare lussuose e raffinate strut-ture che si armonizzano perfettamente con l’ambientenaturale circostante. Una capacità che gli deriva, oltreche da un’innata sensibilità, anche da una profonda co-

noscenza e studio, acquisiti in tanti anni di viaggi negliangoli più sperduti del pianeta. L’amore per la natura eper gli sport naturali portano, infatti, l’architetto milanesea viaggiare fin da giovanissimo verso mete esotiche elontane. «A 16 anni – ricorda non senza un pizzico di no-stalgia – ero in Sila a pescare, a 18 anni a Capo Nord conla mia Topolino». Dal punto di vista professionale lasvolta arriverà a metà degli anni Sessanta. Sarà la Sarde-gna, con i suoi paesaggi, al tempo assolutamente ver-gini, a diventare il primo banco di prova per i suoi esercizidi stile architettonico. « È stata come una scuola – rac-

>segu i r e l e fo r me de l l a na tu r aLe sue opere sono capisaldi nell'architettura internazionale. Progetti

da sogno, realizzati per il jet set internazionale. L'architetto Gianni Gamondi

ripercorre le tappe che lo hanno portato al successo

di Marilena Spataro

269C&P

Page 30: C&P Architettura - Zaha Hadid

conta – che mi ha posto di fronte alle dimensioni dellanatura». Le prime case le realizza sulle rocce, «dove senon si calibrano bene le dimensioni di un fabbricato –sottolinea – si rischia di vedere la collina che si “sgon-fia”, il che porta fuori dimensione la natura». Dopo i la-vori a Porto Rotondo, dove tra gli anni Sessanta e glianni Settanta l’architetto progetterà il 90 per centodelle costruzioni site nella cittadina, le opportunità di la-voro si moltiplicano. Basta scorrere la lista dei perso-naggi illustri e prestigiosi, una buona fetta del jet setinternazionale, che oggi costituiscono la clientela del suostudio di Milano per capire quanto il suo tocco e il suo

gusto siano ricercati. La mappa dei luoghi paradisiacidove ha impresso la propria firma tocca tutti gli angolidel pianeta: dall’Irlanda alla Francia, dai Caraibi alle Ber-muda, da Antigua alle Hawai. Le sue opere sembrano perfettamente armonizzarsinell’ambiente naturale in cui sono collocate. Da dove lederiva questa capacità di contestualizzare i lavori archi-tettonici?L’intervento dell’uomo è sempre un’operazione che mo-difica qualcosa, ma sono convinto che non si debba maistravolgere un ambiente. Anche se ci sono delle ecce-zioni in cui, a volte, è lecito anche intervenire con auda-

270 C&P

Page 31: C&P Architettura - Zaha Hadid

cia. Ad esempio, nella pianura lombarda potrei tranquil-lamente fare una costruzione di 400 metri di cristallosenza creare alcun trauma all’ambiente. Ma in una col-lina della Sardegna questo sarebbe semplicemente im-morale. Mi è capitato molte volte di modificare unprogetto per salvare un ramo o un albero. Un lavoro architettonico può contribuire alla valorizza-zione della località dove viene realizzato? Anche in questo caso dipende dalle circostanze e dalmodo in cui si progetta. Se si realizza un campo da golfin una natura arida, quel luogo di certo si valorizza ri-spetto a prima. Attualmente sto mettendo a punto un

parco di 80 ettari dove intervengo a piccole macchie dileopardo, lasciando la natura totalmente intatta. Ma, purnon stravolgendo l’ambiente circostante, comunque fa-talmente mi inserisco con la mia opera, che è semprequalcosa di diverso, anche se è bella. A Puntaldia, in Sar-degna, esiste una quercia che ogni qualvolta mi vede,mi dice grazie. Ho, infatti, sacrificato un pezzo di casaper non tagliare uno dei suoi antichi rami. Quanto questi suoi interventi si basano sulle tradizionidel territorio e sull’identità culturale degli abitanti?Da buon razionalista, quando ho cominciato a lavorarein costa Smeralda ho fatto case molto squadrate, utiliz-

TURISMO

271C&P

Page 32: C&P Architettura - Zaha Hadid

zando pietra, legno, ginepro, selciato. Tutti materiali chesi inseriscono perfettamente nell’ambiente e rispettanole costruzioni tradizionali. La componente naturale cuiispirare il mio tema la ritrovo di continuo, che sia alle Ber-muda, alle Hawaii o ad Antigua.La maggior parte delle sue opere sono realizzate peruna clientela ricca ed esigente. Come è arrivato a lavo-rare per il jet set? È dipeso dai luoghi dove ho cominciato a operare e incui lavoro tutt’ora, come ad esempio la Costa Smeralda.Qui l’incontro con la clientela ricca è venuto quasi da sé.Poter contare su una disponibilità economica ingente in-dubbiamente aiuta a realizzare opere di prestigio. Possodire, però, che ho fatto dei villaggi con costi non tra-

scendentali, ovviamente utilizzando materiali meno no-bili ma comunque belli, come un legno scabro, un teksabbiato o tirato a lucido. Quello che più conta in tutti icasi è il modo di utilizzare i volumi e la funzionalità dellacostruzione. Pure nelle ville del jet set uso materiali sem-plici, senza indulgere troppo in ridondanze.In genere il progetto lo propone lei al cliente? Ho clienti che mi danno carta bianca, altri meno, ma èpossibile fare bella architettura in entrambi i casi. In-nanzitutto dialogo con loro per capirne le esigenze. Laprima proposta che presento è quasi sempre quella giu-sta. Il 40% dei miei progetti è pensato sulla base dellafunzionalità, il 30-40% è frutto del mio immaginario ar-chitettonico, il resto tiene conto della natura e delle esi-

Nella seconda pagina il disegno dell’Agorà, un complesso polivalente composto da tre nuclei principali a tema circolare: la piazza, il teatroe la torre. Al centro un particolare della Torre degli ibiscus. L’Agorà è parte di una villa privata costruita in Sardegna, vicino Porto Rotondo.Sopra a sinistra, la serra polifunzionale. A destra panoramica di una villa privata recentemente costruito ad Antigua. Nella pagina accanto ilsoggiorno e un mosaico che riproduce un gruppo di sterlizie. Sotto il prospetto di una villa in costruzione nelle isole Hawai

272 C&P

Page 33: C&P Architettura - Zaha Hadid

TURISMO progetti d’élite

genze della committenza.Quali sono i materiali e le tecniche di costruzione chepredilige?Le tecniche di costruzione sono abbastanza semplici. Ioho la passione per le grandi vetrate, dalla casa si devepoter guardare all’esterno. Nelle mie ville più presti-giose c’è quasi sempre un patio interno. La prima cosache segno sullo schizzo di una casa sono gli angoli vi-suali, i luoghi dai quali si può ammirare una montagna, iltramonto, il mare: su queste prime tre direttrici impostoil progetto. Cerco poi di progettare gli interni perché siarmonizzino con quello che ho progettato per gli esterni.In genere utilizzo gli stessi materiali lavorati diversa-mente. L’interno è più rifinito e l’esterno più azzardato,in modo che questo interpreti il paesaggio circostante.Quali sono le nuove tecnologie che si prestano di piùalla sua architettura?Utilizzo molto quelle legate alla luce. In un teatro privato

all’aperto da me progettato tra-mite computer siamo arri-

vati ad ottenere

circa tremila effetti, utilizzati in maniera diversa per sotto-lineare ogni scena. Una buona conoscenza tecnica dellaluce aiuta a valorizzare i dettagli: una pianta, una roccia oun soggiorno. Adopero molto le nuove tecnologie ancheper il risparmio energetico. Ho costruito ville con pozzi dicento metri per ottenere calore attraverso lo scambio ter-mico. Lavorando ai Carabi ho capito come fare a menodell’aria condizionata: basta individuare il riscontro d’aria,basandosi sull’esperienza fatta propria dalle tradizioni lo-cali, oggi dette anche tecnologie appropriate.Quale valore crede lasceranno le sue opere rispetto almodo di concepire l’architettura moderna?Sono pochi i casi in cui si lasciano segni profondi eserci-tando una professione. Nell’arco della mia vita ho vistotanti personaggi che dopo dieci anni sono spariti nel nulla.Come architetto penso di lasciare villaggi, ville e altre co-struzioni importanti. Ma se queste sopravviveranno altempo non sarà certo grazie alla mia fama di oggi. Sulla base dell’esperienza acquisita in tanti anni di la-voro in Italia e all’estero che consiglio si sente di dareper incrementare il turismo in Italia?Da noi, per fortuna, nonostante la pesante speculazioneedilizia del secondo Dopoguerra e del boom econo-mico, sono rimasti ancora dei luoghi quasi incontami-nati, come in Sardegna, dove quel fenomeno hainteressato non più del 5% della costa. Quello che serveè un piano turistico serio, che realizzi le condizioni fa-vorevoli affinché le forze produttive del settore turisticoe commerciale abbiano l’opportunità di operare al me-glio per poter creare un livello qualitativo dei servizi ca-paci di attrarre sia il turismo nazionale sia quellointernazionale

273C&P

Page 34: C&P Architettura - Zaha Hadid

>tag l i en t isguard i d ’a r t i s taPer scoprire i segreti più intimi

dell’esistenza ha scelto il linguaggio

della scultura. Arnaldo Pomodoro,

tra i nomi più famosi dell’arte

contemporanea italiana, ripercorre

le tappe della sua esperienza

artistica di Marilena Spataro

Una lunga, brillante carriera.Il successo riscosso a livello interna-zionale come scultore non ha impe-dito ad Arnaldo Pomodoro, artista diorigine marchigiana, di esprimersi inaltri campi a volte anche lontanidalle arti figurative. «Fin da giovanemi sono appassionato alla lettura deitesti teatrali classici e moderni e misono interessato alla scenografia.Nel corso della mia attività ho pro-gettato le scene e i costumi per nu-merosi lavori» spiega l’artista. Checonsidera questa esperienza teatralecome una porta che gli ha apertonuovi orizzonti, incoraggiandolo epersino ispirandolo a sperimentarenuovi approcci e nuove idee per lesculture di grandi dimensioni. «In al-cuni progetti per la scena, soprat-tutto nel caso di testi classici, dopoun lungo studio, ho realizzato grandimacchine spettacolari». Non è uncaso che le sculture di Pomodoro sicaratterizzino, oltre che per l’origi-nalità e la suggestione espressivadelle forme, anche per le loro di-mensioni monumentali. «La sculturadiventa così il modo di mutare ilsenso di una piazza, di un ambientee inventare uno spazio per la dimen-

232 C&P

Page 35: C&P Architettura - Zaha Hadid

A sinistra, Novecento, 2000-2002Scultura in bronzo collocata a Roma,Piazzale Pier Luigi Nervi.Sotto un primo pianodi Arnaldo Pomodoro(entrambe le foto di Carlo Orsi)

MAESTRI

233C&P

Page 36: C&P Architettura - Zaha Hadid

sione urbana». Realizzati in bronzo, la maggior parte diquesti lavori trovano oggi collocazione nei luoghi e neglispazi più prestigiosi del mondo. Quel mondo che il fe-condo immaginario dell’artista marchigiano ha tradottoin bronzee forme sferiche, tanto levigate e perfette ester-namente, quanto internamente corrose, fin nel profondodelle viscere. «La sfera è la forma perfetta, magica. Tuttoquello che c’è dentro è l’energia in una forma. Guardan-dola, si può anche visualizzare il fatto che si possa scin-dere, come un campo di forze. Essa può rappresentareanche la terra, il mondo, il mondo d’oggi, che può esserecorroso dalla civiltà tecnologica». Qual è il suo primo approccio con l’idea?A volte l’idea mi viene dai ricordi e dalle suggestioni deimiei viaggi, in Egitto, in Turchia, in Yemen. Altre voltel’opera nasce su commissione. In tal caso studio a fondoogni aspetto del luogo in cui deve essere collocata lascultura, ricevendone stimoli e visioni. Poi eseguo delleprove dimensionali con rilievi e sagome. Quali sono i moventi della sua ispirazione?Si tratta piuttosto di suggestioni, folgorazioni che ti ven-gono in diverse situazioni, in momenti non previsti.Quando ho iniziato la ricerca sui solidi della geometriaera perché volevo investigare l’interno di una forma. Nel1960 al MoMa di New York, la visione delle opere di Bran-cusi mi ha fatto riflettere sul valore della scultura astratta.Attraverso vari passaggi, egli arriva a una sintesi formaleassoluta. Di fronte alla perfezione ideale di Brancusi a meè venuta una forte tensione, un bisogno di scavare den-tro le forme geometriche per scoprirne i fermenti interni,il mistero che vi è racchiuso, la vitalità che vi è compressa.Le sue opere le concepisce con la mente o con il cuore?Il processo d’ideazione e realizzazione di un’opera è perme complesso e avviene ogni volta in modo differente,tuttavia a esso concorrono al contempo sia elementiemozionali che razionali.Le sue sculture rappresentano puntualmente delle fi-gure geometriche, esternamente sempre perfette, maall’interno corrose. Quali sono la poetica e il senso arti-stico di questa scelta espressiva?Ho lavorato su tutti i solidi della geometria euclidea:cubo, cilindro, piramide, cono, sfera, provocando tagli elacerazioni nella superficie esterna e scavandone l’interno“come una termite”. Che ruolo gioca e quanto è importante la materia nellesue opere?Per chi fa lo scultore il contatto con la materia è fonda-mentale. Con essa io ho un rapporto di estrema manua-lità. Imprimo nell’argilla con le mani e con tanti attrezzidiversi la forma al negativo. L'impronta si trasferisce, at-traverso procedure complesse, prima al gesso, poi allostampo in gomma siliconica, sul quale viene colata lacera, per arrivare infine alla fusione in bronzo. Insomma,

è la terra che dà vita alla scultura.Cosa si prova nell’assistere all’idea che prende forma?È sicuramente il momento più emozionante. La lavora-zione poi è complessa e impegnativa e richiede tantotempo e pazienza. Fin quando l’opera non è finita nonsono certo del risultato. La trasformazione della materia inerte in opera d’arte èun atto creativo simbolicamente paragonabile a quellodella divinità.La forza dell’arte dipende dalla capacità di interpretaree sintetizzare il proprio tempo e, a volte, persino, di an-ticiparne le tensioni e le dinamiche. Nel mio lavoro sisente molto anche la memoria del passato. Ho avutosempre una grande attenzione per tutti i segni misteriosie astratti delle scritture arcaiche e anche per la sempli-cità delle rappresentazioni primitive della figura umana.Credo che le mie opere esprimano una sensazione am-bivalente di rispetto per il passato e di ammirazione perla tecnologia e per il progresso, intesi come aspirazionea nuove scoperte e conoscenze.Quanto l’inserimento dell’opera contribuisce a caratte-rizzare esteticamente e architettonicamente lo spaziocittadino?L’ideale per uno scultore è ambientare le sue opere al-l’aperto, tra la gente, le case, le vie di tutti i giorni. In-fatti, come diceva Hegel, la scultura è una presa di unproprio spazio nello spazio maggiore dove si vive e ci simuove e ha senso se trasforma il luogo in cui è posta. Insieme a Lucio Fontana, lei è stato tra i protagonistidel gruppo informale “Continuità”. Qual è il peso dellalezione informale sul mondo dell’arte contemporanea?L’esperienza di “Continuità” è stata molto importante.Tra il ‘58 e il ‘59 ci furono vari incontri con Fontana, Dan-gelo, Dorazio, Bemporad, Turcato, Novelli, Perilli. Poiseguirono le prime mostre presentate da Guido Ballo,Giulio Carlo Argan e Franco Russoli. Ci frequentavamomoltissimo, discutendo e anche polemizzando. Per tuttinoi il problema era quello di organizzare il segno inmodo nuovo, più strutturato. Ho cominciato allora amuovere le mie superfici piane e segniche, a curvarlefino a realizzare la prima “Colonna del Viaggiatore” nel‘59. Ho cominciato a capire dunque che la mia via eramuovere la superficie, convessa e concava, con una miaserie di segni vari. Mi ricordo che Guido Ballo li definì“tagli di infinito”. Oggi in Europa sembra vi sia un rinnovato interesse neiconfronti di forme espressive legate alla tradizione ealla figura. Cosa ne pensa al riguardo?Il problema non è quello di un ritorno o meno alla “fi-gura”, in cui era, e deve essere, presente e forte la con-cezione del corpo nelle sue funzioni e nelle sue parti, maquello di ripensare e dare un nuovo senso al Novecentoper recuperare o ristabilire il percorso dei suoi valori.

234 C&P

Page 37: C&P Architettura - Zaha Hadid

IMPRIMO NELL’ARGILLA CON LE MANI E CON ATTREZZI DIVERSI LAFORMA AL NEGATIVO. L'IMPRONTA SI TRASFERISCE, ATTRAVERSOPROCEDURE COMPLESSE, PRIMA AL GESSO, POI ALLO STAMPO INGOMMA SILICONICA, SUL QUALE VIENE COLATA LA CERA, PERARRIVARE INFINE ALLA FUSIONE IN BRONZO. INSOMMA, È LA TERRACHE DÀ VITA ALLA SCULTURA

MAESTRI

Foto

di A

ldo

Ag

nelli

235C&P

Page 38: C&P Architettura - Zaha Hadid

Moto terreno solare, 1989-94, cemento, Marsala, Simposio di Minoa (Foto Ermanno Casasco)

Non bisogna dimenticare che, con gli sviluppi del-l’astrattismo, che abolendo la figurazione fa parlarepiani, segni, volumi, luci, spazi, e del costruttivismo chedà nuovo valore alla struttura e quindi all’ambientazionearchitettonica e spaziale, la scultura è potuta tornare al-l’aperto in modo nuovo riprendendo il dialogo attivocon il pubblico senza alcuna monumentalità celebrativa. Cosa pensa di una certa scultura contemporanea che siesprime attraverso performance o istallazioni?Il rapporto tra l’artista e la materia è diventato assoluta-mente libero e variegato. Tra gli artisti e il mezzo espres-sivo si è sviluppato un rapporto nuovo ed eterogeneo.Importante è escludere operazioni di pura spettacola-rizzazione, ripetitive, commerciali e finalizzate a seguire

le mode e i gusti del momento. Lei ha creato la Fondazione Arnaldo Pomodoro. Qualisono le finalità e i valori su cui è sorta?Oltre a far conoscere il mio lavoro, la Fondazione in-tende sostenere i giovani artisti, in particolare quelli im-pegnati in un lavoro di ricerca e sperimentazione sullinguaggio espressivo della scultura. La Fondazionevuole essere un laboratorio di idee e di iniziative perl’arte e la conoscenza, un luogo di incontro e di parte-cipazione per la vita culturale di Milano, per riprendereil discorso e la prassi della fantasia e dell’inventività.Ha trascorso l’infanzia nel Montefeltro. Che traccia lehanno lasciato quei luoghi e quella cultura?Le prime immagini che ricordo sono le rocce, le fenditure

236 C&P

Page 39: C&P Architettura - Zaha Hadid

aspre e misteriose, la natura stessa di quei luoghi mera-vigliosi. Poi le opere dei grandi artisti: Bramante e Fran-cesco di Giorgio Martini. C’è un rapporto fra una certaprevalenza "rupestre" del luogo montefeltrino e il miostile, come ha espresso molto bene Paolo Volponiquando parla della mia marchigianità. Credo che il suodiscorso sia soprattutto da intendere in relazione ai luo-ghi in se stessi, al loro aspetto geografico e antropolo-gico, e anche visionario. Le mie radici sono ancora là.Nelle Marche hanno avuto luogo alcune delle mie mo-stre più importanti, da quella del ‘71 a Pesaro, con le scul-ture collocate nelle strade e nelle piazze a quella del ‘97,dedicata a Cagliostro, allestita nella Rocca di San Leo. Dalle Marche al mondo. Lei è stato recentemente no-

minato personaggio dell’anno 2008 dall’Accademia diarte contemporanea di Tel Aviv. Quali sono state lemotivazioni?Riporto la motivazione ufficiale che mi ha molto emo-zionato e onorato: “In apprezzamento della sua staturadi scultore e umanista che ha contribuito con il suo la-voro all’arricchimento delle arti e delle lettere e inoltre,con la sua attività di mecenate, allo sviluppo di un rin-novato senso civico”. Di recente ho ricevuto un altro im-portante riconoscimento nell’ambito della sculturamondiale, il Lifetime Achievement Award dell’Interna-tional Sculpture Center. Quando il mio lavoro viene pre-miato, provo quasi un senso di sgomento, perché sentoaumentare la mia responsabilità etica e intellettuale.

MAESTRI

237C&P

Page 40: C&P Architettura - Zaha Hadid

Nelle immagini, alcune delle setteisole tematiche curate da altrettanti re-

gisti italiani allestite per la mostrainaugurale del Design Museum. Dal-

l’alto in senso orario, I Grandi Semplicidi Ermanno Olmi; I Grandi Borghesi e

la Sacralità del Lusso di Silvio Soldini; Il Teatro Animista di Mario Martone e il

Teatro Agorà, luogo di inconrtri edeventi; nell’ultima immagine, il book-

shop della Triennale Bovisa

252 C&P

Page 41: C&P Architettura - Zaha Hadid

>l ’an ima de l l a con tempor ane i tàContaminazione come nuova visione dell’arte. Pensare la complessità dei linguaggi,

sviluppando nuove metafore. Scoprire le diverse visioni. La “T” rossa come brand da

esportare nel mondo e il valore sociale dell’arte. Davide Rampello racconta la sua Triennale.

Tra progetti e nuove sfide di Concetta Gaggiano Foto Fabrizio Marchesi

MUSEI comunicare l’arte

È uno dei protagonisti della scena milanese. Dacinque anni presidente della Triennale, Davide Ram-pello è uomo eclettico, docente universitario, ex regi-sta televisivo, manager Mediaset e direttore dimanifestazioni culturali. Con la vivacità di idee e l’intuitodel manager ha dato al Palazzo delle Arti una nuovaveste, ne ha allargato gli orizzonti fino ad arrivare aTokyo, all’interno dello Shiodome Creative Center, dovela Triennale gestisce uno Spazio Design. «Il tema del-l’internazionalizzazione è fondamentale. Oggi la sfidanon è più all’interno dei confini italiani ma è una que-stione globale. La T rossa – spiega Rampello – deve es-sere un brand forte e riconoscibile in tutto il mondo.Solo in questo modo potremo competere con il Louvre,il British Museum o il Guggenheim». Da qui nascono iprogetti di espansione a Shanghai e il sogno di sbar-care a New York che presto potrebbe diventare realtà.Il manager di origine siciliana ha trasformato la Trien-

253C&P

Page 42: C&P Architettura - Zaha Hadid

nale in un grande spazio espositivodove il leit motiv è contaminazione.Tra arte e design, fotografia e archi-tettura, libri e cucina. Il risultato è statoun ritorno dei milanesi a frequentaredi nuovo l’edificio di viale Alemagnadalla cui costola nascerà il museod’Arte Contemporanea progettato daDaniel Libeskind. «Il progetto delnuovo museo c’è, ora bisogna met-tersi intorno a un tavolo con tutte leparti e parlare della gestione». Ed èquesta la parte più impegnativa. «Inun momento in cui tutto si consumavelocemente, oggi si deve, più che

mai, vivere nel tempo con una lineaguida e una gestione ben precise. Ilvero interrogativo è quale tipo di im-pronta dare al museo attraverso unagestione lungimirante che gli per-metta di vivere negli anni». Il ruolo diun’istituzione culturale come la Trien-nale è mettere l’arte al servizio del-l’uomo. «Parlare di arte – affermaRampello – significa parlare dell’in-contro tra l’opera dell’uomo e la suacreatività. L’architettura e il designsono arte così come lo sono le arti ap-plicate e ogni altra attività umana. Lacreatività è una grande opportunità

che l’uomo ha per comprendere lavita». Disciplina che comunica emo-zione, in cui l’esperienza personale èirrinunciabile. Intimamente legata allavita sociale perché fatta da artisti cheinterpretano la società nella quale vi-vono. Un legame che passa inevitabil-mente dal rapporto con la politica.«Chi ha il ruolo di amministrare la so-cietà non può prescindere da unagrande capacità di veduta e soprat-tutto da grande generosità – continuaRampello –. Doti che devono essereespresse attraverso due aspetti: l’indi-viduazione di un chiaro percorso da

A fianco, Davide Rampello (foto di CarloCerchioli/Grazia Neri), presidentedella Triennale; sotto, la camera da lettorealizzata da Gio Ponti e Piero Fornasettinel 1951. Nella pagina accanto,“La Dinamicità” di Davide Ferrario

254 C&P

Page 43: C&P Architettura - Zaha Hadid

seguire e la capacità di lasciare all’ar-tista libertà di esprimere il propriosentire. Due poli ambivalenti all’in-terno dei quali esiste la possibilità difare arte. La comprensione, la gene-rosità, l’altruismo sono qualità indi-spensabili». Da qui al tema caldodell’Expo e della nuova immaginedella Milano che verrà, il passo èbreve. E Rampello non si sottrae.«Penso che la città sia stata ferma pertroppo tempo. Nei prossimi anni gliocchi del mondo saranno puntati suMilano e sulla sua Expo. Come si fa anon capirlo? Trovo molto bello il grat-

MUSEI comunicare l’arte

255C&P

Page 44: C&P Architettura - Zaha Hadid

tacielo di Libeskind, che non è sola-mente un grande architetto ma unapersona dotata di una rara sensibilità.Innovare del resto significa andareavanti». Come dire che la Milano del-l'Esposizione del 2015 deve puntaredi più e meglio sulla cultura, sul valoredell'arte, sulla funzione positiva delleintelligenze creative e delle energiepubbliche e private. Rampello poispiega di essere affascinato dalla cul-tura metropolitana, fatta di forme elinguaggi artistici che si sono diffusidappertutto. E dai giovani talenti ita-liani e internazionali. «Far emergeretalenti è una nostra vocazione. Aiutareil ricambio e onorare la memoria de-vono essere gli imperativi – continuaRampello – perché chi è giovane deveconoscere ciò che è stato e ciò che è,ma deve avere anche la possibilità diesprimersi». La Triennale ha una voca-zione verso l’architettura e il designma anche per tutto quello che è con-

temporaneità, che negli ultimi anni harappresentato una fortissima attrat-tiva. Rampello, però, individua nel-l’autoreferenzialità dell’artecontemporanea il suo limite, perchéporta queste opere in una cerchiamolto ristretta di fruitori e compratori.«L’arte è un sistema. Non può esseresvincolata dal mercato e viceversa.Essa non è pura, è la creatività a es-sere pura. Il sistema arte ha bisognodi collezionisti e committenti, ha biso-gno di critici che spieghino alla genteil suo significato – precisa Rampello –. L’arte contemporanea non è semprecompresa ma suscita attrazione e cu-riosità. In certi casi non c’è niente dacapire ma solo da riconoscere e rico-noscersi». E sull’accusa di organizzaremostre da botteghino? «Non esistearte facile o difficile, esiste l’arte ebasta». E spiega cosa intende par-lando della mostra dedicata a Joe Co-lombo. «La mostra ha fatto registrare

30mila presenze grazie al fatto checontemporaneamente ospitavamouna personale di Keith Haring, altri-menti ne avrebbe avuti 13mila. In que-sto modo abbiamo fatto conoscere inmaniera più diffusa un grande mae-stro del design meno noto però alpubblico». Il messaggio da far passareè che un’istituzione culturale ha ilcompito di diffondere la conoscenza.Altro è, secondo Rampello, coltivare icircoli elitari, che servono allo stessoscopo. Le élite sono importanti pur-chè i protagonisti manifestino un at-teggiamento di apertura,comunicando e diffondendo la cul-tura. Perché se l’élite resta chiusa in sestessa non serve a nulla. «La Triennaledeve portare a conoscenza eventi,movimenti e problemi. Come è statogià fatto con la mostra “Le città invisi-bili”, in cui abbiamo fatto conoscere ilterritorio che va da Malpensa a Orioal Serio e le realtà che lo compon-

L’ARTE NON È PURA, È LA CREATIVITÀ A ESSERE PURA. L’ARTE NON PUÒ ESSERE SVINCOLATA DALMERCATO, HA BISOGNO DI COLLEZIONISTI E COMMITTENTI, DEI CRITICI PER SPIEGARE ALLA GENTEL’OPERA D’ARTE CHE, A VOLTE, L’ARTISTA STESSO NON RIESCE A SPIEGARE

Accanto, il nuovo museo d’arte Contem-poranea dalla Piazza 3 Torri(Studio Daniel Libeskind/New York).Nell’altra pagina, il Design Cafè all’internodella Triennale e sotto, “I Grandi Borghesie la Sacralità del Lusso” di Silvio Soldini

256 C&P

Page 45: C&P Architettura - Zaha Hadid

gono, o quando abbiamo messo inscena il corridoio di un carcere con14 celle, portando all’attenzione delpubblico uno dei problemi piùdrammatici e dolorosi della nostrasocietà: la condizione di vita carce-raria». Internazionalizzazione, unapersonale dedicata ad AlbertoBurri, quella dedicata a Fontana nel2009 e poi la sfida per la realizza-zione del Museo d’Arte contempo-ranea. Sono questi i temi didiscussione per il futuro della Trien-nale. E poi la Biennale di Fotografiain collaborazione con Il Sole 24 Oree Motta Editore, nell’autunno del2009. «Finalmente un tributo -spiega Rovello - a una delle formeespressive più nobili di questo se-colo. Valorizzeremo in questo modole realtà che si occupano di foto-grafia, sia pubbliche che private, efaremo di Milano un punto di riferi-mento per l’intero settore».

MUSEI comunicare l’arte

257C&P