Costa Ed Altri Cittadinanza Quaderno_101

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    PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

    QUADERNI DELLA RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO

    101

    SOCIET ITALIANA PER LO STUDIO DELLA STORIA CONTEMPORANEA

    Cittadinanza.Individui, diritti sociali, collettivit

    nella storia contemporanea

    Atti del convegno annuale SISSCOPadova, 2-3 dicembre 1999

    a cura diCARLOTTA SORBA

    MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALIDIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

    2002

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    DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVISERVIZIO DOCUMENTAZIONE E PUBBLICAZIONI ARCHIVISTICHE

    Direttore generale per gli archivi: Salvatore ItaliaDirettore del Servizio: Antonio Dentoni-Litta

    Comitato per le pubblicazioni: Salvatore Italia,presidente, Paola Carucci, Antonio Dentoni-Litta, Ferruccio Ferruzzi, Cosimo Damiano Fonseca, Guido Melis, Claudio Pavone,Leopoldo Puncuh, Isabella Ricci, Antonio Romiti, Isidoro Soffietti, Giuseppe Talamo,Lucia Fauci Moro, segretaria

    2002 Ministero per i beni e le attivit culturaliDirezione generale per gli archivi

    ISBN 88-7125-249-7Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato

    Piazza Verdi, 10 - 00198 Roma

    Tipografia ALPHA PRINT s.r.l. - Via Caltanissetta, 26 - Roma - Settembre 2002

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    SOMMARIO

    Premessa del curatore VII

    DEFINIZIONI

    SILVIO LANARO, La cittadinanza tra semantica e storia 3

    PIETRO COSTA, Il discorso della cittadinanza in Europa: ipotesi di lettura 12

    PERCORSI NAZIONALI

    ARNALDO TESTI, Cittadinanza sociale e cittadinanza politica negli StatiUniti: considerazioni sul non voto degli americani nel Novecento 41

    ANTONIS LIAKOS, Identit e cittadinanza nella Grecia moderna 63

    UFFE STERGAARD, Stato e societ civile in Danimarca: il paradossodanese 70

    ANDREA GRAZIOSI, Levoluzione dei diritti sociali in URSS (1917-1956) 115

    LUCIANO MARROCU, Il contesto marshalliano: origine e sviluppo delWelfare State britannico 141

    CITTADINANZA EWELFARE STATE: LITALIA

    LORETO DI NUCCI, Lo stato sociale in Italia tra Fascismo e Repubblica: laricezione del piano Beveridge e il dibattito nella Costituente 161

    IGNAZIO MASULLI, Cittadinanza e stato sociale in Italia: azione sindacalee politiche governative negli anni Sessanta e Settanta 189

    UGOASCOLI, Il modello storico del Welfare State italiano 215

    Indice dei nomi di persona 225

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    PREMESSA

    Fin da quando si cominci a discuterne, lidea di dedicare il convegno an-nuale della Sissco al tema della cittadinanza parve al direttivo dellassociazioneinsieme attraente e difficile. Anche se ben consolidato nel lessico politico occi-dentale il termine continuava a rappresentare un tema infinito e sfuggente , perusare le parole con cui Giovanna Zincone titolava un paragrafo introduttivo delsuo volume pi noto sullargomento 1. Si trattava per di pi di un terreno distudio frequentato generalmente dagli scienziati sociali e dai politologi piuttostoche dagli storici, sia nellimmediato dopoguerra quando T. H. Marshall aveva

    elaborato quel nesso tra cittadinanza e diritti che con la sua particolare tipologiaevolutiva ne ha segnato fino ad oggi linterpretazione, sia nella pi recente ri-scoperta del concetto di cittadinanza come chiave di lettura nuova sulle specifi-cit delle democrazie moderne. Come si vedr nei testi, e come gi mostrava ilsotto-titolo che abbiamo infine dato al convegno (Individui, diritti sociali, collettivitnella storia contemporanea), il punto di vista della cittadinanza rappresenta oggi untentativo di approccio rinnovato alla dimensione politica e alla sua storia, in unafase delicata di sfiducia diffusa nella politica stessa: un approccio che spostalattenzione sullindividuo e allo stesso tempo ne disegna il profilo a partire daisuoi rapporti con la collettivit civile e politica.

    Il quesito che si poneva agli organizzatori era dunque il seguente: come af-frontare da storici un tema cos ampio e diversificato, oltre che concettualmentecomplesso, le cui molte accezioni possibili chiamano in causa competenzeanalitiche diverse tra loro? Alla fine del 1999, quando il convegno si svolto aPadova, il tema cominciava in realt ad affiorare con sempre maggiore frequenzaanche nella letteratura storica e anzi pareva offrire spazi di analisi e di riflessioneparticolarmente stimolanti 2. Valeva la pena dunque di esporsi a qualche rischioscegliendo di ragionare intorno ad un tema non ancora storiograficamenteconsolidato ma sul quale linteresse era crescente, come era daltronde consuetu-dine dei convegni annuali della Sissco.

    Il presente volume raccoglie la maggior parte degli interventi di quelle gior-nate padovane 3e disegna un percorso che tocca alcuni dei molti modi possibili

    1G. ZINCONE, Da sudditi a cittadini. Le vie dello stato e le vie della societ civile, Bologna, IlMulino, 1992.

    2 Si veda la bella recensione di Francesca Sofia ai primi due volumi dellopera di P.COSTA, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, Roma-Bari, Laterza, 1999 e 2000, in Passatoe presente , 53, maggio-agosto 2001, pp. 165-180.

    3Oltre agli interventi qui raccolti va ricordato quello di Enzo Bartocci su Le origini dellepolitiche sociali in Italiache non ha potuto essere incluso nel volume.

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    PremessaVIII

    di analizzare il processo storico di costituzione della cittadinanza. Lo fa partendoda un tentativo preliminare di definizione del campo semantico, che in un certo

    senso conferma il carattere sfuggente delloggetto ma nel contempo mette inluce la proficuit di un approccio al tema che cominci con lo storicizzareMarshall e le sue elaborazioni post-belliche per affrontare gli usi, le interpreta-zioni e infine le pratiche della cittadinanza con lo sguardo pi attento alle moltearticolazioni diacroniche e geografiche del reale, in questo caso particolarmenteintricate.

    Un secondo gruppo di interventi segue dunque percorsi nazionali diversi,privilegiando in alcuni casi (la Grecia, la Danimarca) lottica dellidentit edellappartenenza, e in altri (gli Stati Uniti, lUnione Sovietica e la Gran Bretagna)quella dei diritti sociali. infatti intorno a questo tema pi specifico e molto

    attuale, i rapporti tra cittadinanza e Welfare state, che si infine scelto di concen-trare queste giornate di studio delimitando in modo pi netto loggetto delladiscussione. Lultima parte, sul caso italiano, verte appunto su questo particolareaspetto del problema.

    Il quadro che ne emerge enfatizza se possibile la complessit dei processi inesame mostrando come intorno alla definizione dei diritti di cittadinanza siintreccino tutti gli elementi propri della costruzione dello stato nazionale nei suoimolteplici percorsi, discorsivi e pratici, e nelle sue interazioni con la societcivile. Per ricostruirne i tratti si rivelano utili allora sia il lungo periodo tipicodelle narrazioni identitarie, sia il tempo breve di alcuni momenti cruciali di

    trasformazione politica e istituzionale e il punto di vista parziale ma decisivodella cosiddetta cittadinanza sociale. Come e forse ancor pi del concetto dinazione quello di cittadinanza ci pone cos di fronte a situazioni e casi moltodiversi tra loro, il cui studio solo agli inizi. Come se ci non bastasse ci inducead aprire il problema sempre pi complesso dellappartenenza a pi dimensioni 4.

    Vorrei ricordare infine che un ruolo centrale nellindicare limportanzadellottica sulla cittadinanza anche per gli studi storici stato svolto dalla storia digenere. Anche di questo si ampiamente parlato nella tavola rotonda che haconcluso queste giornate di studio con una discussione tra Luciano Cafagna,Ernesto Galli Della Loggia, Paolo Pombeni, Claudio Pavone, Mariuccia Salvati,

    Angelo Ventura. A loro, oltre che ai relatori e autori dei saggi che seguono, va ilringraziamento della Sissco.

    Carlotta Sorba

    4Ad es. sulla cittadinanza europea si veda E. GROSSO, La cittadinanza: appartenenza, iden-tit e partecipazione dallo Stato liberale alla democrazia contemporanea, in Storia dItalia, Annali 14,Legge diritto giustizia, a cura di L. VIOLANTE, Torino, Einaudi, pp. 140-142.

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    DEFINIZIONI

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    Silvio Lanaro2

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    La cittadinanza tra semantica e storia 3

    SILVIO LANARO

    La cittadinanza fra semantica e storia

    Nel 1944, in uno dei capitoli centrali della Teoria generale del diritto e dellostato, Hans Kelsen sviluppa intorno al concetto di cittadinanza alcune riflessioniche andrebbero restituite allintrinseca attualit che ancora possiedono 1. Dopoaver asserito che la cittadinanza, sinonimo di nazionalit, consiste in uno statuspersonale che comporta reciprocit di diritti e doveri previsti da un ordinamen-to statuale, Kelsen si sbarazza abbastanza in fretta della questione dei doveri:generalmente, sostiene, essi si riassumono nellobbligo di fedelt , e tuttaviafedelt una categoria giuridicamente evanescente assimilabile piuttosto a unimperativo morale o politico che acquista spessore solo quando configuralobbedienza a un sistema di norme positive e dunque si pu esigere anche daglistranieri a cui non richiesta alcuna professione di lealismo. Quanto ai diritti

    ancora distinti in civili e politici, perch la triade marshalliana di l da

    venire Kelsen afferma che i politici sono molto pi importanti dei civili (epertanto vengono attribuiti agli stranieri con oculatezza e parsimonia) perchconcorrono in misura maggiore alla formazione dellordinamento giuridico ,ma insiste anche a questo proposito sul principio secondo cui (...) lordina-mento nazionale pu concedere i diritti politici a non-cittadini, e specialmente acittadini di un altro stato, senza violare il diritto di questo stato .

    Di solito prosegue si considerano come diritti politici anche talune libertgarantite dalla costituzione, come la libert religiosa, la libert di parola e di stampa, ildiritto di tenere e portare armi, il diritto alla sicurezza della propria persona, della propriacasa, dei propri documenti ed effetti, il diritto contro perquisizioni e sequestri irragione-voli, il diritto a non essere privato della vita, della libert o della propriet senza il proce-dimento prescritto dalla legge, a non essere espropriato senza giusta indennit, ecc. (...)Le libert da essa enunciate sono diritti in senso giuridico soltanto se i sudditi hanno lapossibilit di appellarsi contro gli atti dello stato da cui siano state violate le disposizionidella costituzione, allo scopo di farli annullare. Tutti questi diritti non sono necessaria-mente limitati ai cittadini; essi possono essere concessi anche ai non-cittadini 2.

    1H. KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato, Milano 1963, p. 241.2Ibidem.

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    Silvio Lanaro4

    Date simili premesse, non stupisce che la cittadinanza detenga agli occhidellautore una qualche utilit solo sul terreno del diritto interstatale, perch serve

    a proteggere gli individui dai soprusi, dagli arbtri o dalle vessazioni del potere diuno Stato strutturato diversamente da quello a cui sono soggetti. In definitiva, (...) quando un ordinamento giuridico statale non contiene alcuna norma che,secondo il diritto internazionale, sia applicabile ai soli cittadini e le normeriguardanti il servizio militare sono praticamente le sole la cittadinanza unistituto giuridico privo di importanza (p. 246).

    Naturalmente proposizioni come queste devono essere subito storicizzate,come si suol dire: infatti esse rinviano, innanzitutto, alla lunghissima polemica frail giusnaturalismo (che postula lesistenza di diritti inalienabili consustanzialialluomo come tale) e il normativismo (che rifiuta la fluttuante soggettivit dellenozioni di natura e di uomo ravvisando la presenza di un diritto solo dove

    vige una regola di condotta ), e poi non si pu escludere in piena guerramondiale che lesule austriaco Hans Kelsen sia influenzato dal medesimosconforto per i crimini della nazionalit che nel 1942 permea le paginedellesule austriaco Joseph Alois Schumpeter, quando giunge a scrivere in Capita-lismo, socialismo e democrazia che entrando nel raggio della politica il cittadinomedio scende a un grado inferiore di rendimento mentale 3. E tuttavia, allesoglie del Duemila, laffievolimento del concetto classico di cittadinanza sembraoffrire una rivincita postuma a Kelsen per almeno tre ottimi motivi:

    I - perch ormai alcuni diritti comunemente riconosciuti come tali peresempio il diritto alla salute, al benessere e allintegrit fisica dellambiente non possono pi essere tutelati da uno statusdi cittadinanza che coincida conlappartenenza nazionale, vuoi a causa di quell ecoimperialismo che secondoRichard Falk induce i paesi pi forti a scaricare sui pi deboli le scorie tossichedella loro produzione industriale, vuoi per ladozione di politiche energetichedifformi da parte dei governi di aree territorialmente contigue 4;

    II - perch le possenti ondate migratorie e la nascita di societ multietnichedeterminano lobsolescenza dei tradizionali requisiti della cittadinanza, vale a direius sanguinis, ius soli e interiorizzazione mitica dei princpi fondamentali su cuisi reggono gli Stati (basti pensare, per quanto riguarda la Francia, alla leggePasqua del 1993);

    III - perch la concessione di prerogative civili, di benefici assistenziali e so-prattutto del diritto di voto locale deliberata nei Paesi Bassi, in Danimarca, in

    3J. A. SCHUMPETER, Capitalismo, socialismo e democrazia, Milano 1955.4Sull ecoimperialismo cfr. R. FALK, Per un governo umano. Verso una nuova politica globale,

    Trieste, Asterios, 1999, pp. 111-116.

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    La cittadinanza tra semantica e storia 5

    Svezia e in Norvegia a partire dalla met degli anni 70 costituisce un esempiodi dissociazione clamorosa fra cittadinanza e nazionalit e si traduce in un vero e

    proprio paradigma transcostituzionale.Le interpretazioni ottimistiche di questo frantume sollecitano alcuni fau-tori della mondializzazione democratica come David Held e Roland Ro-bertson a sollecitare laccelerazione dei processi che possono comunqueapprodare a una forma di cittadinanza multipla:

    Agli individui si potrebbe (...) garantire (...) lappartenenza politica alle diverse co-munit politiche che influiscono su di loro in modo significativo. Essi sarebbero cittadinidella comunit politica a cui appartengono direttamente, e delle pi ampie reti regionali eglobali che incidono sulla loro vita. Questa comunit politica rifletterebbe e abbraccereb-

    be, per forma e sostanza, le diverse modalit di potere e autorit che operano attraverso iconfini e allinterno di essi e che, prive di controllo, minacciano di riportarci alla fram-mentazione di un nuovo medioevo 5.

    Ci che Held sembra qui sottovalutare, peraltro, il carattere spesso duplice,binario, conflittuale dei flussi di decomposizione della dottrina classica sullacittadinanza, e che si manifesta proprio nelle societ multietniche sottospecie di regressione degli universalia dello stato di diritto e di rivendicazione daparte delle minoranze allogene di uno spazio pubblico dallimpronta accentua-

    tamente monoculturale. Il caso delle comunit musulmane residenti nellUnioneEuropea da questo punto di vista particolarmente istruttivo. I seguaci del-lislamismo la cui identificazione oltretutto non per nulla pacifica, comedimostra il dibattito in corso fra i pakistani della Gran Bretagna si fannogeneralmente latori di ripiegamenti e pretese identitarie che creano difficolt alsistema occidentale di codificazione: cessione di terreni per ledificazione dimoschee e di cimiteri; possibilit di alimentazione halalin tutti i locali di ristoro;diffusione di macellerie e mattatoi controllati da religiosi; libert di abbigliamentonelle strade e nelle scuole; facolt di rispettare la scansione musulmana del tempo

    di lavoro (ramadan, orari di preghiera, Venerd festivo); separazione dei sessi nellescuole e nelle attivit sportive; diritto di assistenza religiosa nelle carceri, negliospedali e nelle caserme; apertura di scuole islamiche parificate; definizione di unconcordato che renda valido agli effetti civili il matrimonio religioso; deduzionedalle imposte della zakacoranica; applicazione della sciariaalmeno al diritto difamiglia (divorzio, tutela dei figli, diritto successorio).

    5D. HELD, Democrazia e ordine globale. Dallo Stato moderno al governo cosmopolitico, Trieste1999, p. 235.

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    Alla radice di questo scarto fermenta lambiguit originaria del termine cit-tadinanza , contrassegnato per secoli non solo, si badi, nellet delle demo-

    crazie moderne dallintreccio o dalla compresenza di una stanzialit variamen-te disegnata e di una titolarit di diritti altrettanto variamente articolata. NelDictionnaire de lAcadmie Franaise del 1964 il cittadino il residente di unacitt , mentre nel Petit Laroussedel 1989 diventato il membro di uno Statoconsiderato dal punto di vista dei suoi diritti e doveri politici . In Italia, secondoil Dizionario etimologico di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, agli inizi del Trecento cittadinanza compare in Dante con il significato di insieme degli abitanti diuna citt 6, mentre gi verso la met dello stesso secolo si affaccia dalle paginedella Cronica di Matteo Villani per indicare l appartenenza del singolo a uno

    stato (cio a un altro e superiore status). Ancora. In tempi pi recenti il Vocabo-lario nomenclatore di Palmiro Premoli (1912) designa il cittadino come colui che appartiene ad uno Stato e deve rispettarne le leggi 7, quando invece il Vocabo-lario della lingua italiana dellEnciclopedia Treccani (1986) lo definisce come chiappartiene ad uno stato (cio a una comunit politica, a una nazione), e per talesua condizione soggetto a particolari doveri e gode di determinati diritti .

    Si commetterebbe un errore, per, se si ritenesse che nel delineare il perime-tro della cittadinanza i diritti si aggiungano allo stato e alla citt solo conil progredire della civilt liberal-borghese e segnatamente dopo la Dichiarazione

    dei diritti delluomo e del cittadino. Litinerario storico del concetto, e delle pratichelegislative che se ne diramano, sinusoidale piuttosto che lineare o curvilineo.Nella repubblica romana la condizione di civis optimo iure, che con la Lex PlautiaPapiria de civitate danda viene estesa nell89 a.C. agli italici insediati a suddellArno, comporta tutta una serie di diritti positivi: ius commercii (diritto dipropriet), ius connubii(diritto di contrarre matrimonio legale), ius suffragii(dirittodi voto), ius honorum (diritto di essere eletto a una magistratura), ius provocationis(diritto di appellarsi al popolo nelle cause criminali). Viceversa allepoca dellemonarchie assolute, allincirca diciassette secoli pi tardi, essa ridotta a una vaga

    obbligazione di scambievolezza fra il sovrano e i suoi sudditi: come annota JeanBodin nei Sei libri sulla repubblica(1583), perch appunto sussista un vincolo dicittadinanza il primo tenuto ad assicurare al secondo per la fede e lob-bedienza che riceve giustizia, conforto, aiuto e protezione 8.

    6M. CORTELAZZO - P. ZOLLI, Dizionario etimologico della lingua italiana,Bologna 1979, advocem.

    7 P. PREMOLI, Il tesoro della lingua italiana. Vocabolario nomenclatore, I, Bologna 1989, advocem.

    8J. BODIN, I sei libri dello Stato, a cura di M. ISNARDI PARENTE, Torino 1997, passim.

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    La cittadinanza tra semantica e storia 7

    Nemmeno da credere, come sembrano ritenere alcuni politologi anglosas-soni, che laccesso ai diritti civili sia temporalmente anteriore alla conquista dei

    diritti politici. Fin dal 1814 la Norvegia retta dalla Costituzione pi democraticadEuropa: lassemblea parlamentare lo Storthing viene eletta a suffragiolarghissimo, non pu essere sciolta se non alla scadenza naturale della legislatura,emana provvedimenti anche contro la volont del re, si divide in due tronconi ilsecondo dei quali (la Camera alta) composto da alcuni membri del primo, eletticon voto di secondo grado e competenti solo sul controllo della regolarit deibilanci. Con tutto ci, le confessioni cristiane dissidenti ottengono la tolleran-za di culto nel 1845, gli ebrei guadagnano lemancipazione nel 1851 e la libertreligiosa loro accordata nel 1887, mentre ladesione al luteranesimo rimane

    obbligatoria per tutti gli impiegati dello Stato. In questo paese, che introdurr ilsuffragio universale maschile nel 1898 e il suffragio universale femminile nel1913, pu accadere che il leader della sinistra contadina Sverdrup il qualequattro anni prima si era battuto per il miglioramento dellistruzione pubblica eper unulteriore estensione del diritto di voto nel 1886 scateni unoffensiva

    violentissima per ordinare che siano radiati dallalbo delle parrocchie conperdita conseguente della capacit elettorale, perch le parrocchie fanno tuttunocon i consigli comunali coloro che si siano staccati dalla Chiesa ufficiale o cheabbiano lasciato trapelare una condotta immorale 9.

    Daltronde, anche il cammino apparentemente ascensionale dei diritti politicistricto sensu specialmente in materia di suffragio disseminato da arresti,lentezze e paradossi. Proprio nei paesi che pi precocemente si dotano di unassetto parlamentare liberale o liberal-democratico resistono a lungo istitutianacronistici e sostanzialmente incompatibili con la ratio della rappresentanza:sar sufficiente ricordare la persistenza del voto plurimo in Gran Bretagna, e lasopravvivenza durata fino a tempi recentissimi della tassa elettorale in nonpochi degli Stati Uniti dAmerica.

    I diritti sociali infine (diritto allistruzione, allassistenza gratuita in caso di

    malattia, allindennit di quiescenza e cos via) non sempre sono il frutto dellelotte dei lavoratori e del movimento operaio raccolto nei sindacati e nei partiti disinistra. Se i francesi strappano le ferie pagate ai governi di Fronte popolare,frequentemente le misure di perequazione salariale e di limitazione del lavorominorile e femminile scaturiscono dalliniziativa di filantropi ambiziosi, di politiciabili e intriganti di funzionari idealisti, di apostoli della dottrina sociale della

    9 Sul caso norvegese, per quanto ormai remote, sono ancora ineguagliabili le osserva-zioni di C. SEIGNOBOS, Histoire politique de lEurope contemporaine. Evolution des partis et des formespolitiques, Paris 1897, pp. 532-538.

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    Silvio Lanaro8

    Chiesa, di notabili che riescono a trasformare in leggi le consuetudini del bonumfacere di ancien rgime: quando non capita addirittura (lInps pur stato fondato in

    Italia durante il fascismo) che il nascente tat providenceprovenga da un barattoperverso, per quanto talora inconsapevole, delle garanzie di sicurezza economicacon la rinuncia alla libert personale. In altri casi ancora, poi, recenti ricercheempiriche hanno dimostrato che i paesi pi precoci (almeno nellespansione deidiritti sociali) non sono quelli in cui esiste una rappresentanza operaia che lirivendica, ma piuttosto monarchie non parlamentari come la Germania, la Da-nimarca, lAustria e la Svezia. Alcuni studiosi spiegano il fenomeno con il fattoche questi regimi vantano un esecutivo forte e compatto, e quindi pi idoneo aimporre decisioni radicali e tempestive; inoltre le loro scelte si basano soprattutto

    sul consenso della grande propriet terriera, e quindi essi possono far ricadere icosti del neonato Welfaresulla borghesia industriale e sulla stessa classe operaia.Questo percorso accidentato, e non di rado caotico, dipende dal fatto che i

    diritti tutti, nessuno escluso sono affidati alle norme pi facilmente espun-gibili dal corpo di un ordinamento giuridico, e rappresentano un campodintervento in cui si realizza con maggiore difficolt la traduzione della leggeincomando predicata da Hegel nel primo libro della Fenomenologia dello spirito. Il che

    vuol dire, molto probabilmente, che scorretto parlare di cittadinanza e di diritticome se la prima fosse larca santa dove sono custoditi gelosamente i secondi, a

    parte il periodo del secondo dopoguerra con le debite varianti quando lalegislazione ordinaria consolida il Welfare State sottraendolo alla precaria quantosolenne proclamazione dintenti delle Costituzioni modellate sul testo weimaria-no dellagosto 1919. Ma allora, da dove sgorga lidea della cittadinanza comecondizione tendenzialmente perfetta della vita collettiva e della saldezza dellecompagini sociali? Forse qualche breve incursione lessicografica giover un pocoa schiarire lorizzonte.

    Nel cosiddetto triennio rivoluzionario (1796-1799) la parola cittadino assume anche in Italia una gamma assai vasta di connotazioni e sfumature, di cuirende adeguatamente conto il ricchissimo glossario collocato da Erasmo Leso inappendice al suo studio su Lingua e rivoluzione. La cittadinanza, in primo luogo, il braccio semantico delleguaglianza, e trasferisce sul piano del linguaggio e dellacomunicazione sociale una trasformazione gi acquisita o in stato di avanzataesecuzione: La legge delluguaglianza scrive il Monitore napolitano non permette di riconoscere alcuno de titoli vani e fastosi che lantica tiranniaprodigava; ella non conosce che quello di cittadino 10.

    10E. LESO, Lingua e rivoluzione. Ricerche sul vocabolario politico italiano del triennio rivoluzionario,Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere e arti, 1991. A parte il testo della ricerca vera e

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    La cittadinanza tra semantica e storia 9

    Nonostante qualche abbozzo di definizione sociologica come quella diGiuseppe Compagnone, che negli Elementi di diritto costituzionale democratico

    (1797) sentenzia che per cittadino (...) non altri sintende che un uomo nato inuno di que luoghi che per essere unaggregazione di famiglie notabili si addo-manda citt, e pi propriamente sintende chi appartiene alla seconda classe degliabitanti della citt, essendo la prima quella de nobili e la terzaltra de plebei (...)

    costui prima di tutto un patriota, un individuo che tramite lesercizio dellevirt civili costruisce appunto la patria dei cittadini in forma di comunitolisticamente organizzata: Sai tu cosa significa cittadino? si interpella retori-camente Girolamo Bocalosi in Delleducazione da darsi al popolo italiano Significa un uomo i di cui pensieri, le parole, le opere e gli affetti denno tutti

    dirigersi alla prosperit della repubblica ; e ancora pi esplicito MelchiorreCesarotti, il quale nel suo saggio sul Patriottismo dichiara che (...) un cittadino una specie di cenobita patriottico che non ha nulla di proprio. Talenti, attivit,fatiche, sostanze, amor proprio, tutto sia subordinato, tutto sacrificato alla pa-tria .

    Laccezione del sostantivo sempre e rigorosamente politica, anzi politico-militare. Perch i Democratici prendono il nome di Cittadini? , domanda ilCatechismo rivoluzionario veronese; e risponde: Il titolo di Cittadino il solotitolo che conviene alla dignit di un uomo libero, perch questo nome esprime

    che esso membro di un governo libero ed a parte della sovranit . Quellacitt libera veramente incalza Ugo Foscolo negli Scritti letterari e politici in cui tutti i cittadini sono soldati al di fuori e in cui tutti i soldati tornati allaPatria sono tanti magistrati .

    Quando la Costituzione ammonisce un deputato dellAssemblea dellaRepubblica cisalpina comincia a parlare de diritti e doveri dei cittadini essaintende cittadini attivi. Il cittadino attivo , che tenuto di non essere inutile e di promuovere i vantaggi della societ senza pregiudicarla (Nicio Eritreo,Grammatica repubblicana), si distingue dunque dal cittadino semplice perch

    essenzialmente un legislatore e un milite della nazione. Secondo la Costituzionedel 1797 (...) ogni uomo nato e dimorante nel territorio della Repubblica, ilquale abbia compiuta let di anni venti e siasi fatto descrivere nel registro civicodel suo comune, purch non sia mendicante o vagabondo cittadino dellaRepubblica cisalpina ; di conseguenza pu dar voto nelle assemblee primarie ed essere chiamato a svolgere le funzioni stabilite dalla Costituzione .

    propria sempre acuto e penetrante del volume di Leso fondamentale per lo studioso ilricchissimo Glossario (pp. 350-392), di cui mi sono avvalso per tutte le esemplificazioni cheseguono.

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    Del pari Eleonora Fonseca Pimentel addita la necessit di arruolare una truppa civica dove ciascuno sullarmi non perch soldato ma perch citta-

    dino .In questo universo ideologico e verbale i diritti sono sempre delluomo e idoveri sempre del cittadino, di un buon cittadino che con le leggi dee forma-re de costumi e pertanto ha lobbligo di essere buon figlio, buon padre, buonfratello, buon amico, buon marito (Costituzione della Repubblica romana, 1798).

    Nella discussione teorica contemporanea si sono perdute anche le tracce diquesti incunaboli. Marshall come Giddens, Alber come Rokkan, Bendix come

    Wilensky nonostante le loro diversit di opinione parlano abitualmente di diritti di cittadinanza , mostrando di considerare questultima come una sorta

    di tessuto connettivo delle libert civili, sociali e politiche che negli ultimi duesecoli hanno conosciuto un processo di espansione provocato dalla comparsasulla scena di attori sociali inesistenti allepoca della Rivoluzione francese. Eppu-re la petrosa eredit del vocabolario giacobino, con il suo intenso fervore deonto-logico, sedimenta ancora producendo equivoci, anatropismi e ingorghiconcettuali. certo comprensibile che si coniughino i diritti con la cittadinanza,perch dalla loro maggiore o minore ampiezza che deriva il grado dipartecipazione collettiva alla vita pubblica, ma quando scompaiono i confini difruizione dei diritti stessi o si disperdono i siti visibili del potere legittimo ritorna prepotentemente a galla linconsistenza di una categoria storicamente natacome sinonimo di nazionalit. La patria dei cittadini , appunto.

    Due punti vorrei ancora toccare, sia pure di sfuggita. Il primo concerne ilruolo che fra Otto e Novecento stato svolto da istituti non politici nella difesadei diritti individuali. Le Costituzioni e le leggi sono infatti linvolucro di enuncia-ti le cui prescrizioni non sono affatto automatiche, perch

    (...) la libert oggi deve cercarsi come sosteneva Silvio Spaventa in un celebrediscorso del 1880, pronunciato davanti allAssociazione costituzionale di Bergamo non tanto nella costituzione e nelle leggi politiche quanto nellamministrazione e nelle

    leggi amministrative. Nellamministrazione, la libert essenzialmente il rispetto deldiritto e della giustizia; ci che costituisce quello che i tedeschi chiamano Rechtstaat, ilcarattere cio della monarchia moderna, per cui non solo i diritti relativi ai beni privati,ma ogni diritto e interesse che ciascun cittadino ha nellamministrazione dei beni comuni,siano morali, siano economici, a ciascuno sicuramente garentito e imparzialmentetrattato 11.

    11S. SPAVENTA, Giustizia nellamministrazione. Discorso pronunciato nellAssociazione costituzio-nale di Bergamo la sera del 7 maggio 1880, in I liberali italiani dopo il 1860, a cura di F. PICCOLO,Firenze 1934, p. 139.

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    La cittadinanza tra semantica e storia 11

    Ora, la diffusione della dottrina giuridica di Georg Jellinek ha grandementecontribuito distinguendo i diritti pubblici soggettivi dagli interessi legittimi

    a difendere il cittadino dagli abusi della pubblica amministrazione e a trasformarein un moderno strumento di giurisdizione il vecchio contenzioso paleo-liberale.

    Analogamente, lo sviluppo della stampa e la proliferazione dei mezzi din-formazione sono riusciti almeno in parte a fugare i timori di quella dittaturadellopinione pubblica che angosciava John Stuart Mill, per il quale la legge nonera sufficiente a garantire la pi preziosa di tutte le libert: la libert del costume edello stile di vita.

    Linclinazione degli uomini, siano essi governanti o semplici cittadini osservava

    nel 1858 in una pagina del Saggio sulla libert a imporre agli altri, come norma dicondotta, le proprie opinioni e tendenze cos energicamente appoggiata da alcuni deimigliori e dei peggiori sentimenti inerenti allumana natura, che quasi sempre frenatasoltanto dalla mancanza di potere; e poich questultimo non in diminuzione ma inaumento, dobbiamo attenderci che se non si riesce a erigere una solida barriera di con-vinzioni morali contro di esso nellattuale situazione del mondo il male si estenda 12.

    Lultima questione. Da quanto si detto sin qui si deve dedurre che lidea dicittadinanza polverosa e claudicante devessere relegata nelle soffitte del

    pensiero politico e delle tecniche di governo della societ? Nientaffatto. Anchese non pi lo scrigno di tutte le franchigie, io credo, essa va piuttosto ricuperatapazientemente in chiave solidaristica e identitaria, perch pu porre un frenoallindividualismo, alledonismo, al nuovo feudalesimo economico e finanziario,allinflazione di diritti superflui o addirittura dannosi perch forieri di nuovedisuguaglianze.

    12J. S. MILL,Saggio sulla libert, con prefazione di G. GIORELLOe M. MONDADORI, Mi-lano 1997, pp. 17-18.

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    PIETRO COSTA

    Il discorso della cittadinanza in Europa: ipotesi di lettura

    Devo subito avvertire che il titolo rischia di promettere troppo rispetto aquello che la relazione pu effettivamente offrire. Non pretendo di condensare

    in poche pagine il senso di una vicenda culturale estremamente articolata ecomplicata. Mi propongo due obiettivi molto pi modesti. In primo luogo,intendo chiedermi che cosa significhi lavorare come storici sulla cittadinanza: holimpressione che possano essere immaginate ricerche piuttosto diverse fra loroquanto a oggetto e a metodo, anche se tutte intitolate al lemma cittadinanza , epu essere forse di qualche utilit tentare di introdurre qualche considerazione dicarattere metodologico. In secondo luogo, far riferimento a qualche profilotematico di carattere generale, suggeritomi dalla mia concreta esperienza diricerca, nel tentativo di rendere pi concrete le riflessioni di metodo menzionan-do, sia pure nella forma di rapsodiche e sintetiche esemplificazioni, alcuni deipassaggi che segnano non dico la storia della cittadinanza, ma almeno quellastoria della cittadinanza di cui tento di occuparmi.

    1. Vengo al primo punto. Che cosa significa fare storia della cittadinanza?Come ci si muove, da storici, in un campo ormai da tempo intensamente fre-quentato da sociologi, giuristi, filosofi, politologi? Quali operazioni storico-ermeneutiche si possono compiere con il termine-concetto cittadinanza ?Occorre a mio avviso fissare alcune distinzioni, forse scontate ma, spero, noninutili.

    Occorre decidere se assegnare cittadinanza al dominio del metalinguaggioo allambito del linguaggio-oggetto. Nel primo caso cittadinanza un filtro danoi prescelto, uno strumento concettuale definito convenzionalmente allo scopodi ritagliare nel magma delle esperienze unarea unitaria, un insieme coerente e dotato di senso di cui narrare la storia. Nel secondo caso, cittadinanza non lo strumento che ci permette di porre domande al passato (o al presente), ma loggetto diretto dellanalisi: non mi servo di cittadinanza per ordinare e darsenso a un insieme di testi e contesti, ma assumo cittadinanza come unaespressione gi come tale circolante nei testi che vengo considerando.

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    Il discorso della cittadinanza in Europa: ipotesi di lettura 13

    A voler essere puntigliosi, solo in questultimo caso si potrebbe parlare distoria dellacittadinanza: una storia che assume la parola cittadinanza a proprio

    oggetto. La storia della cittadinanza in questo caso la storia di una parola;una storia che pu essere condotta in modi molto diversi, pu essere intesacome una vera e propria storia semantica, lessicale, oppure essere interpretata, insenso pi ampio, come analisi di un geschichtli cher Grundbegriff1, ma resta co-munque una indagine che si vuole vincolata a una precisa concrezione linguisti-co-concettuale.

    Nettamente diversa la prospettiva quando si assuma cittadinanza comeuno strumento metalinguistico: cittadinanza non allora loggetto direttodellanalisi, ma un suo strumento; usiamo cittadinanza una qualche defini-

    zione o ridefinizione del termine per porre una domanda al passato; la usia-mo come uno strumento di riduzione della complessit, come un proiettore chegetta un fascio di luce sulla realt e mette in evidenza alcuni profili anzich altri.Parlerei in questo caso di storia attraverso la cittadinanza e, insieme, di storiaintornoalla cittadinanza.

    Certo, anche nel primo caso, anche quando cittadinanza figura comeunespressione del linguaggio-oggetto (del linguaggio assunto come oggettodelloperazione interpretativa) e la ricerca mira a intenderne il significato o isignificati, non si esce dal circolo ermeneutico : muoviamo comunque (implici-tamente o esplicitamente) da un qualche significato previo di cittadinanza esu questa base compiamo le nostre operazioni di decifrazione del passato. Restaper caratteristico di questo tipo di ricerca il fatto che loperazione storiografica,pur se influenzata (com inevitabile) dalla definizione previa di cittadinanza,si concentra comunque sul lemma assunto come oggetto diretto dellindagine,appunto lespressione cittadinanza come parte del linguaggio-oggetto, comecentro di un campo semantico di cui si vuole ricostruire la genesi e il funziona-mento. In questa prospettiva sar indotto a studiare cittadinanza in Jellinek, inFichte, in Bodin, se e solo se Jellinek, Fichte o Bodin fanno uso del termine cittadinanza e il mio problema sar appunto intendere il senso peculiare

    assunto da quel termine nel corpus di testi (nel linguaggio-oggetto ) che loospita.

    Non sfuggir a nessuno il fatto che, per esigenze di didascalica chiarezza,sto esasperando, entro unoperazione storico-ermeneutica complessivamenteunitaria, la distinzione fra due elementi, il metalinguaggio e il linguaggio-oggetto (il linguaggio che serve a ordinare i dati e a raccontarli e il linguaggio

    1Mi riferisco al senso assunto da questa espressione nella grande impresa GeschichtlicheGrundbegriffe, a cura di O. BRUNNER - W. CONZE - R. KOSELLECK, Stuttgart, Klett, 1972-1997.

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    Pietro Costa14

    assunto come oggetto dell ordinamento e della narrazione), che di regola, nellaconcreta esperienza di ricerca, si presentano non gi disgiuntivamente, ma

    simultaneamente. Varia semmai, per cos dire, il dosaggio dei due elementi,il loro modo di combinarsi: la concreta, individuale operazione storico-ermeneutica che decide la propria strategia e realizza uno degli innumerevolimodi (per lappunto il suo proprio e originale) di combinare metalinguaggio e linguaggio-oggetto , dando luogo a un concreto atto di intellezione storica.

    Se vero dunque che il bilanciamento fra i due momenti affidato allaconcreta e individuale strategia del singolo ricercatore, altrettanto vero chepossono esistere dati oggettivi che rendono pi complessa e delicata la messaa punto di un metalinguaggio adeguato. questa la difficolt che a mio avviso sitrova di fronte chiunque si dedichi a una qualche storia della cittadinanza .Certo, anche quando si affronti la storia di uno qualsiasi dei grandi concetti della cultura politico-giuridica ( libert , eguaglianza , Stato , democrazia e via enumerando) necessario risolvere in qualche modo (implicito o esplicito)il problema del rapporto fra metalinguaggio e linguaggio-oggetto: si muoverpure da una rosa di significati previ (ad esempio) di libert per procederepoi, su questa base, a selezionare e interrogare i testi pertinenti allo scopo diricostruire in essi il significato e le movenze caratteristiche del nostro tema.

    C per un dato oggettivo che rende la situazione dello storico dellacittadinanza in qualche misura diversa dallo storico della libert (o dellegua-

    glianza, o della sovranit ecc.) una diversit che nasce dalla storia e dal pesospecifico dei termini-concetti che sto mettendo a confronto. Libert , egua-glianza , sovranit ecc. sono termini storicamente sovraccarichi di senso,diffusi ubiquitariamente nei pi diversi meandri del discorso pubblico europeo inun lungo arco del suo sviluppo. Cittadinanza invece un termine che ha unastoria diversa: per molto tempo la sua collocazione nel cielo dei grandi concettipolitico-giuridici stata relativamente marginale e solo in tempi recentissimi cittadinanza parsa capace di assumere un significato di grande respiro, diporsi al centro di un campo semantico ampio e articolato.

    Si comprende allora che la scelta fra una storia semantica, lessicologica, deltermine cittadinanza e una storia guidata da una ridefinizione metalinguisticadi questo (secondo le coordinate suggerite dallodierno dibattito teorico-politico)appare una scelta fra approcci che restano fra loro pi distanti di quanto nonavvenga per chi lavora su termini-concetti la cui portata generale e fondante non recente ma coestensiva alla loro intera parabola storica.

    questo il motivo per cui, nelle mie ricerche sul campo , ho optato deci-samente a favore non di una storia lessicale , ma di una storia la cui condizionedi possibilit dipende prevalentemente dalla ridefinizione metalinguistica del

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    Il discorso della cittadinanza in Europa: ipotesi di lettura 15

    termine cittadinanza : si tratta di introdurre una ridefinizione convenzionale di cittadinanza allo scopo di renderla uno strumento flessibile ed efficace, una

    lente capace di mettere a fuoco connessioni storico-concettuali di una qualcheimportanza.Guardare a cittadinanza come a un concetto destinato ad assumere una

    posizione di rilievo nel cielo dei concetti politici non ovviamente, per chi abbiaaffrontato questo problema nel corso degli anni Novanta del XX secolo, unascelta privata e gratuita. Le odierne fortune di questo termine, i molteplicistimoli a dilatarne il significato e a sottolinearne limportanza affondano le radicinella sensibilit e nei problemi del nostro tempo, segnato (tanto per riferirmi adalcuni fra i pi ovvi e macroscopici fenomeni) dalla crisi delle appartenenze nazionali e dalla pressione di inediti fenomeni migratori che sembrano potermettere in crisi il quadro consolidato dei meccanismi identitari e degli strumentidi tutela giuridica.

    Se dunque la fortuna recente del termine cittadinanza inseparabiledallodierna stagione e dagli attuali problemi delle nostre democrazie, dal puntodi vista della genealogia concettuale la messa a punto di una definizione di cittadinanza , tesa a dilatarne il significato e a reclamare per essa nuova einedita rilevanza, rinvia al sociologo inglese T. H. Marshall e ad un suo scrittoche, pur risalente nel tempo, ha goduto (non a caso) di una seconda giovinezzanegli anni Ottanta-Novanta del Novecento 2. sulla definizione marshalliana

    che quindi necessario riflettere brevemente per tentare di capire se e fino a chepunto essa possa essere utilmente impiegata come strumento metalinguistico,come volano di operazioni storico-ermeneutiche.

    2Cfr., come esempi di una letteratura ormai ampissima, M. RIEDEL, Brger, Staatsbrger,Brgertum, in Geschichtliche Grundbegriffe... cit.,vol. I, Historisches Lexicon zur politisch-sozialenSprache in Deutschland, Stuttgart, Klett, 1974, pp. 672-725; A. GIDDENS, Profiles and Critiques inSocial Theory, London, Macmillan, 1982; D. HELD, Political Theory and the Modern State, Stanford,Stanford University Press, 1989; D. HEATER, Citizenship, London and New York, Longman, 1990;S. VECA, Cittadinanza, Milano, Feltrinelli, 1990; J. SHKLAR, American Citizenship, Cambridge(Mass.), Harvard University Press, 1991; G. ZINCONE, Da sudditi a cittadini, Bologna, Il Mulino,1992;P. RIESENBERG, Citizenship in the western tradition: Plato to Rousseau, Chapel Hill-London,The University of North Carolina Press, 1992; R. P. BELLAMY, Citizenship and Rights, in Theoriesand Concepts of Politics, a cura di R. P. BELLAMY, Manchester, Manchester University Press,1993; Rights of Citizenship, a cura di R. BLACKBURN, London, Mansell, 1993; Il dilemma dellacittadinanza, a cura di G. BONACCHI - A. GROPPI, Roma-Bari, Laterza, 1993; La cittadinanza, acura di D. ZOLO, Roma-Bari, Laterza, 1994; Citizenship today. The contemporary relevance of T.H.Marshall, a cura di M. BULMER - A.M. REES, London, UCL Press, 1996; F. BELVISI, Cittadi-nanza, in Le basi filosofiche del costituzionalismo, a cura di A. BARBERA, Roma-Bari, Laterza, 1997,pp. 117-144; E. GROSSO, Le vie della cittadinanza: le grandi radici, i modelli storici di riferimento,Padova, CEDAM, 1997.

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    Pietro Costa16

    Thomas Humphrey Marshall, in una lezione commemorativa su AlfredMarshall, mette a fuoco quello che a suo avviso uno dei lasciti pi rilevanti

    delleconomista suo omonimo: la convinzione cio che debba esistere unaforma di uguaglianza umana fondamentale connessa con il concetto di pienaappartenenza ad una comunit . questa piena appartenenza ad una comuni-t che il sociologo suggerisce di denominare cittadinanza . Alla diseguaglianzaimposta dalla presente (e passata) stratificazione sociale occorre reagire invocan-do un concetto che valga in qualche modo come contrappeso o bilanciamentodella differenziazione in classi della societ; e cittadinanza per Marshall sugge-risce appunto lidea di uneguaglianza che si traduce nella partecipazione ditutti i cittadini a un comune patrimonio, a una medesima forma di vita 3. Glistrumenti principali, le nervature di questa partecipazione sono costituite, per ilsociologo inglese, dai diritti: la cittadinanza, oggi, si arricchita di nuova so-stanza ed stata investita di un formidabile apparato di diritti 4.

    guardando ai diritti di cui la cittadinanza si compone che il nostro socio-logo suggerisce una tripartizione, la cui logica gli appare dettata dalla storia primaancora che da esigenze analitiche.

    Chiamer queste tre parti o elementi scrive Marshall il civile, il politico e ilsociale. Lelemento civile composto dai diritti necessari alla libert individuale (...). Perelemento politico intendo il diritto a partecipare allesercizio del potere politico (...). Per

    elemento sociale intendo tutta la gamma che va da un minimo di benessere e di sicurezzaeconomica fino al diritto di partecipare pienamente al retaggio sociale e a vivere la vita dipersona civile, secondo i canoni vigenti nella societ 5.

    La cittadinanza, dunque, viene definita dalla combinazione di tre elementi: lacittadinanza come appartenenza a una comunit, la cittadinanza come uno status-contenitore dei diritti di cui il soggetto viene a essere titolare, la cittadinanzacome il risultato di un processo storico che ne dilata progressivamente, senzasovvertirlo, il nucleo originario e costitutivo.

    Marshall non sta svolgendo considerazioni di sconvolgente novit: linte-

    resse della sua operazione consiste semmai nel trovare un unico contenitore la cittadinanza per profili tematici (i diritti, lappartenenza alla comunitpolitica) non sempre adeguatamente collegati fra loro. Da questo punto di vistail suo merito indubbio, anche se occorre storicizzarne la portata, in pisensi.

    3T. H. MARSHALL, Cittadinanza e classe sociale, Torino, UTET, 1976, p. 7.4Ibidem.5Ibid., p. 9.

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    Il discorso della cittadinanza in Europa: ipotesi di lettura 17

    In primo luogo, la proposta di intendere cittadinanza come un concettocapace, per un verso, di tematizzare il nesso fra individuo e comunit politica e,

    per altro verso, di riferirsi non a un profilo specifico della condizione dei sogget-ti, ma allinsieme delle loro prerogative e dei loro oneri, al loro status, ha illustri precedenti nella storia del pensiero politico-giuridico europeo. Valgano dueesempi, tanto noti quanto rilevanti: a fine Ottocento Jellinek, che, fra gli statusche connotano la posizione giuridica del soggetto (inseparabile, nella prospettivastatocentrica della giuspubblicistica tedesca, dal rapporto con lo Stato) enumeralo status civitatis e lo status activae civitatis; oppure, agli inizi del secolo, Roma-gnosi, che, mentre affermava che il cittadino membro di ununione di perso-ne che godono, oltre che dei diritti originari, dei diritti compresi nellatto di

    unione , dichiarava che cittadinanza devessere intesa come uno di queidiritti chiamati dai legisti col nome di universali , devessere usata come untermine riassuntivo della complessiva posizione giuridica del soggetto di frontealla comunit politica 6.

    In secondo luogo ed il profilo che pi importa la definizione mar-shalliana di cittadinanza deve essere storicizzata non soltanto evocando la serie(pi o meno lunga) dei suoi precedenti , ma soprattutto riferendosi alla con-giuntura storica entro la quale essa prende forma ed esplicitando le preciseintenzioni ideologico-politiche che la sostengono 7. Il testo marshalliano registra

    esigenze e aspettative caratteristiche di una cultura ampiamente diffusa, nelsecondo dopoguerra, in Inghilterra non meno che in Italia: anche solo perparlare dellItalia, la partizione marshalliana dei diritti (la triplice categoria deidiritti civili, politici e sociali), la convinzione che essi si affermino storicamenteper ondate successive e giungano finalmente, tutti insieme, a offrire alla cittadi-nanza del XX secolo il suo contenuto peculiare collimano, nella sostanza, con lagrande (e discussa) scommessa su cui la maggioranza dellassemblea costituente,nel 48, decide di convergere; la scommessa di affiancare ai diritti civili non solo idiritti politici ma anche i diritti sociali, considerandoli momenti fra loro comple-

    mentari di una complessiva emancipazione umana, una scommessa peraltro gitentata, sulla base di diverse premesse, dalla costituzione weimariana del 19.Loperazione teorica intrapresa o avviata da Marshall ridefinendo il termine

    cittadinanza in linea con laspettativa di una democrazia impegnata a mante-

    6G. D. ROMAGNOSI, Istituzioni di civile filosofia ossia di giurisprudenza teorica,Parte Prima, inG. D. ROMAGNOSI, Opere, Firenze, Piatti, 1833, t. XIX, pp. 245-246.

    7 Cfr. E. LOW, Rediscovering T. H. Marshall: A Contextual Study of Citizenship and SocialClass. American Political Science Association, Meeting 1999: http://pro.harvard.edu/papers/001/001011LowEugenia.pdf.

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    Pietro Costa18

    nere le sue promesse, tesa a coniugare la diminuzione delle disuguaglianze conlincremento della partecipazione, la moltiplicazione dei diritti con la tenuta

    dellordine. possibile assumere come tale la definizione marshalliana perfarla strumento di unoperazione storiografica? La risposta pu essere, se sivuole, affermativa, ma devono anche esser messi in chiaro i limiti e i rischidelloperazione.

    Marshall ci offre una definizione ideologicae sostantivadi cittadinanza. Il so-ciologo inglese non si limita a ri-definire cittadinanza invitando a dilatare ilsuo spettro semantico, precisando che quel termine pu svolgere un utile servi-zio funzionando come termine di collegamento fra aree tematiche distinte, ilsoggetto, i diritti, la comunit politica. Marshall, nel momento in cui invita a

    riflettere sullopportunit di collegare soggetto, diritti e appartenenza, presuppo-ne e fa propria una precisa visione del soggetto, dei diritti e dellappartenenza: cidice quali sono i diritti cui egli pensa, li riempie di precisi contenuti, li collega aunappartenenza a sua volta inseparabile da quellimmagine di democrazia politi-ca e sociale che si offre come limmanente teleologia della sua ridefinizione delconcetto di cittadinanza.

    Non sono in questione la legittimit metodologica o lo spessore concettualedella definizione proposta da Marshall. Allo storico per la definizione (ognidefinizione) interessa come uno strumento operativo, come un tramite di opera-zioni ermeneutiche. Occorre allora chiedersi quali operazioni storiografichesiano effettivamente rese possibili da quella definizione. Ora, la definizionemarshalliana, proprio perch ideologicamente connotata e sostantivamentepregnante, predetermina in maniera precisa e vincolante il terreno e le caratteri-stiche della sua applicazione: se la cittadinanza la sintesi di quei diritti civili,politici e sociali che innervano la partecipazione e danno corpo alla democraziapolitica e sociale che Marshall privilegia, la storia che si pu venire scrivendo apartire da una siffatta definizione previa di cittadinanza non pu essere che laricostruzione della genesi e della graduale affermazione di quel determinatomodello politico-sociale assunto da Marshall come contenuto e sostanza della

    sua ridefinizione di cittadinanza.Adottare come strumento metalinguistico la definizione marshalliana di cit-

    tadinanza unoperazione perfettamente legittima, a patto per di essere consa-pevoli dei limiti imposti dal carattere stesso di quella definizione: che non silimita a stabilire uninedita e interessante connessione formale fra diritti e appar-tenenza, ma, nel momento in cui imprime una precisa caratterizzazione contenu-tistica ai diritti, allappartenenza e quindi alla cittadinanza, pre-costituisce inmodo stringente lorizzonte delloperazione storiografica che su quella base ci siappresti a compiere. Assumere la definizione marshalliana come presupposizione

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    storico-ermeneutica conduce in sostanza a ripercorrere analiticamente il percor-so che Marshall stesso delinea nel suo saggio: resta ovviamente aperta la possibi-

    lit di una diversa ricostruzione della vicenda, ma sono nettamente predetermi-nati i suoi confini e le sue principali scansioni.In realt, le caratteristiche e i limiti dellimpiego metalinguistico (in funzione

    storiografica) della definizione marshalliana di cittadinanza sono il risultatoobbligato del tipo di definizione proposta da Marshall: una definizione, ripeto,ideologicamente pregnante e sostantivamente ricca. Con apparente paradosso,per, quanto pi una definizione contenutisticamente ricca, articolata e deter-minata, tanto pi il suo impiego come supporto di unoperazione storico-ermeneutica diviene problematico perch fortemente vincolante. Quando si

    muove (implicitamente o esplicitamente) da una definizione forte e sostantivadi cittadinanza (o di democrazia, o di libert ecc.), la storia che, a partire da essa,ci si appresta a narrare una storia di quella definizione, pi che una storiacondotta attraversoessa. La definizione non pi soltanto il punto di partenza,ma anche il punto di arrivo e la storia che si viene narrando la ricostruzionedi un processo circolare che si diparte da un modello (nel caso di Marshall ilmodello di democrazia politico-sociale del pieno secolo XX), va alla ricerca deisuoi stadi formativi ed evolutivi e torna al suo punto di origine.

    perfettamente plausibile assumere lo schema marshalliano come alveo nelquale contenere per intero la propria ricerca storiografica quando lobiettivoperseguito sia appunto quello di ricostruire il nesso fra diritti e partecipazionenelle moderne democrazie europee. Credo per vi siano anche possibilit alter-native (o comunque ulteriori), che emergono quando si rifletta pi da vicino sullecondizioni dettate dalluso metalinguistico di cittadinanza . Occorre insommachiarire che cosa si fa , che cosa si intende fare, quando ci si accinge a impiega-re questo termine come guida, come binario delle nostre operazioni storico-ermeneutiche. In questa prospettiva, Marshall costituisce certo un fecondopunto di partenza, ma non ci offre una definizione di cittadinanza immediata-mente spendibile per qualsivoglia operazione storiografica. Perch questo sia

    possibile occorre a mio avviso non gi prendere per buona la definizione mar-shalliana, ma lavorare ulteriormente su essa: occorre, per un verso, accettarne esvilupparne lintuizione di fondo, ma, per altro verso, depurarla dalle sue impli-cazioni valutative, dalle sue determinazioni sostantive, dalle sue componentiassertive. Occorre insomma trasformarla da un modello ideologico-politico,impegnato a descrivere-valutare un preciso contesto storico-sociale, in una seriedi concetti fra loro collegati, ma indeterminati nei loro contenuti.

    Non sto difendendo limmagine (difficilmente sostenibile al termine di undibattito ermeneutico pi che secolare) di unoperazione interpretativa preservata

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    Pietro Costa20

    dagli interessi, dalle passioni, dal radicamento storico-culturale, dai pregiudizidellinterprete. D per scontato che una qualsiasi storia della cittadinanza include

    una componente (implicitamente o esplicitamente) valutativa; ritengo altrettantoacquisito che lintervento di prosciugamento cui voglio sottoporre la defini-zione metalinguistica di cittadinanza sia tendenziale e asintotico e che al fondo diqualsiasi formale definizione continui a resistere, contro ogni operazione dide-sostanzializzazione, un irriducibile nucleo contenutistico e valutativo ;infine, valutativa e storicamente radicata nel mondo dellinterprete (nel nostro mondo) la scelta stessa del tema cittadinanza e la decisione di proporlocome una nozione strategicamente rilevante nel concerto dei concetti politico-giuridici.

    Se questo (lapalissianamente) vero, per a mio avviso altrettanto veroche resta allinterprete un consistente margine di manovra: non ogni definizione eguale a qualsiasi altra e dal riconoscimento dellesistenza di un irriducibile

    plafondsostantivo e valutativo non consegue la tesi dellimpossibilit di mettere apunto un apparato linguistico-concettuale relativamente indeterminato sul pianosemantico, il pi possibile aperto e disponibile ad assumere contenuti volta per

    volta diversi.Luso metalinguistico dei concetti (in funzione di operazioni storico-

    ermeneutiche) impone una trasformazione alchemica dei concetti stessi, che, conapparente paradosso, serve a renderli non gi pi ricchi ed esplicativi, bens pideboli e problematici. Vorrei esprimere questo punto di vista con la seguenteformula sintetica: i concetti metalinguistici svolgono al meglio la loro funzione(quella di rendere possibili successive operazioni storico-ermeneutiche) se sirisolvono non gi in asserzioni, bens in domande. Il concetto metalinguistico cui

    voglio ricorrere non deve gi dirmi chi lassassino , chi il marito e chi lamante , lasciandomi semplicemente lonere di ricostruire per filo e per segnocome effettivamente siano andate le cose e quali siano i fatti e i misfatti occorsinella drammatica vicenda. Il metalinguaggio deve darmi soltanto la possibilit diipotizzare che fra diverse dramatis personaeesistano relazioni magari insospettate:

    deve permettermi solo di formulare qualche domanda indiscreta, di chiedermiche tipo di relazione possa correre fra Tizio, Caio e Sempronia, senza che sianopredeterminati labbigliamento, lindole, il volto dei protagonisti e lintrecciodelle loro azioni.

    Fuor di metafora: non ho bisogno (in funzione storico-ermeneutica) di unateoria forte della cittadinanza, di una filosofia aggiornata e attendibile che midica esattamente che cosa siano i diritti, i doveri, lappartenenza, che attribui-sca loro precisi e fondati contenuti; mi servono piuttosto definizioni meramenteorientative e ipotesi di relazioni formali fra concetti che, dispensandomi da

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    pregiudiziali asserzioni impegnative, mi permettano di porre domande al passato:sar il passato, saranno gli innumerevoli e diversissimi testi e contesti del passato,

    a offrire le risposte alle domande per la cui formulazione il metalinguaggiosvolge la sua funzione insostituibile. possibile esprimere il senso di questa operazione mutuando spunti dalla

    riflessione che da tempo la logica, la filosofia del linguaggio e letnometodologia 8dedicano alle espressioni indessicali: a locuzioni cio il cui senso, referente e/o

    valore di verit variano a seconda del contesto 9. Non solo espressioni come io , qui , ora e simili, ma anche locuzioni di carattere tipologico ed espres-sioni (anche molto diverse fra loro) abitualmente usate nel linguaggio ordinario 10presentano un margine pi o meno ampio di indeterminazione semantica che

    viene risolta dalla concreta messa in azione della locuzione in un dato conte-sto.Ora, se il logico ha spesso e volentieri considerato un preoccupante di-

    sturbo e un problema difficilmente dominabile le espressioni indessicali,letnometodologo propone wittgensteinianamente di prenderle sul serio assumendole come momenti di una comunicazione produttiva di significati voltaper volta diversi a seconda dei contesti. Per quanto ci riguarda, ci che per il logico un inconveniente il carattere semanticamente indefinito di untermine diviene, per la definizione metalinguistica che andiamo cercando, la

    pi raccomandabile qualit. Mettere a punto, oltre Marshall , una definizionemetalinguistica di cittadinanza significa assumere cittadinanza (e il reticolatodelle sue connessioni tematiche) come unespressione (una serie di espressionifra loro collegate) indessicale : significa preservare a cittadinanza quelmargine di indeterminatezza semantica che la rende flessibile e quindi euristica-mente efficace; assunta come locuzione indessicale, cittadinanza permette a definite collection of considerations without providing a boundary , dalmomento che il passaggio dalla indeterminazione alla definiteness is assuredby circumstantial possibilities of indefinite elaboration 11. La definizione meta-

    linguistica di cittadinanza si rende un utile strumento di operazioni storico-ermeneutiche in quanto si traduce non in asserzioni vincolanti, ma in domande

    8Devo preziose indicazioni al riguardo ad Emilio Santoro.9 J. COULTER, Logic: Ethnometodology and the Logic of Language, in Ethnomethodology and the

    Human Sciences, a cura di G. BUTTON, Cambridge, Cambridge University Press, 1991, p. 34.10 Cfr. H. RICHTER, Indexikalitt: ihre Behandlung in Philosophie und Sprachwissenschaft,

    Tbingen, Niemeyer, 1988.11H. GARFINKEL - H. SACKS, On Formal Structures of Practical Actions, inEthnomethodological

    Sociology, a cura di J. COULTER, Aldershot, Elgar, 1990, p. 56.

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    aperte e impregiudicate: adattando al nostro caso un suggerimento di Richards 12,converrebbe racchiudere cittadinanza (e le sue interne articolazioni) fra un

    doppio punto interrogativo, converrebbe scrivere ?cittadinanza? per sottoli-neare lesigenza di intenderla come un outset specifically undecided 13.Quali sono le domande nelle quali il lemma cittadinanza pu risolversi?

    Fino alla recente fortuna della definizione marshalliana la risposta sarebbe statapiuttosto prevedibile: nel linguaggio quotidiano come nel linguaggio dei giuristilassociazione pi immediata e spontanea suscitata dallespressione cittadinan-za si sarebbe identificata con lopposizione cittadino/straniero.

    Si tratta di unopposizione concettuale relativamente agevole da trattare intermini metalinguistici. Le domande che sulla base di essa si possono formulare

    riguardano il problema del rapporto fra comunit politiche indipendenti: sitratter allora di capire il gioco del dentro e del fuori , le condizioni diimmissione nella comunit dellestraneo oppure, simmetricamente, dellespul-sione del cittadino (il capitolo che classicamente i giuristi intitolano allacqui-sto e alla perdita della cittadinanza), lo statuto giuridico e sociale dello straniero,la molteplicit delle figure che esso assume nei confronti della comunit 14.

    Il nesso fra la presupposizione metalinguistica e la ricerca storiografica inquesto caso limpido e semplice, perfettamente corrispondente allesigenzametodica cui prima mi richiamavo, quella di disporre di un concetto metalingui-stico semanticamente aperto e contenutisticamente debole . Limmagine del dentro e del fuori (per continuare a utilizzare una metafora peraltro diffi-cilmente sostituibile), lopposizione concettuale fra due o pi classi di soggetti inragione della loro appartenenza o non appartenenza a una comunit politica siprestano a tradursi in domande aperte , non predeterminate contenutistica-mente e come tali riferibili ai pi diversi contesti: posso con ragionevole plausibi-

    12I. A. RICHARDS, Speculative Instruments, Chicago, University of Chicago Press, 1955, pp.

    17 e seguenti.13H. GARFINKEL - H. SACKS, On Formal Structures...cit., p. 61. Cfr. anche H. GARFINKEL,

    Studies in Ethnomethodology, Englewood Cliffs, N.J, Prentice-Hall, 1967, pp. 4 e seguenti. Cfr.P.P. GIGLIOLI - A. DAL LAGO, IntroduzioneaEtnometodologia, a cura di P.P. GIGLIOLI - A. DALLAGO, Bologna, il Mulino, 1984, pp. 9-51.

    14Valgano, come esempi di ricerche riferite a questo profilo, gli importanti lavori dedicatida J. Kirshner al problema dellacquisto e della perdita della cittadinanza nella cultura giuridicamedievale. Altri esempi in questa direzione, per epoche diverse: M. ASCHERI, Lo straniero nellalegislazione e nella letteratura giuridica del Tre-Quattrocento: un primo approccio , in Rivista di Storia deldiritto italiano , LX (1987), pp. 179-194; C. STORTI STORCHI, Ricerche sulla condizione giuridicadello straniero in Italia dal tardo diritto comune allet preunitaria. Aspetti civilistici, Milano, Giuffr,1989; W.R. BRUBAKER, Cittadinanza e nazionalit in Francia e Germania, Bologna, il Mulino,1997.

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    lit interrogarmi sul rapporto fra cittadino e straniero a proposito della polisgreca, del comune medievale, della Francia rivoluzionaria o della Germania

    nazionalsocialista. So gi in partenza (approssimativamente, indicativamente)quello che voglio sapere, ho una domanda da porre, un tema da declinare alpassato dispongo di una presupposizione ermeneutica senza la quale laricerca storiografica non sarebbe pensabile ma mi avventuro nel mio viaggionel tempo con un bagaglio estremamente leggero: non avanzo nella giunglaportando con me la mia casa e tutte le sue suppellettili, ma uso solo gli strumenticartografici indispensabili per seguire una traccia, per indirizzarmi a una meta.

    Luso metalinguistico della nozione (per intendersi) tradizionale di citta-dinanza (centrata sullopposizione cittadino/straniero) dunque (nella miaprospettiva) tranquillamente raccomandabile proprio perch quella nozionepossiede la caratteristica di essere tipicamente indessicale e di prestarsi quindi aessere tradotta in una serie di domande riferibili ai pi vari contesti. Credoanche per che questa nozione tradizionale non sia lunica possibile e che ilrecente dibattito teorico-politico, che ha di nuovo messo in circolazione lideamarshalliana di cittadinanza, possa offrire suggerimenti preziosi anche per leindagini storiografiche. Perch questo avvenga non possiamo comunque, a mioavviso, recepire e utilizzare come tale la definizione marshalliana: anche inragione della sua relativa novit cittadinanza non una nozione gi pronta perun uso storiografico facile e immediato, ma un concetto che merita di essereapprofondito e articolato perch possa dispiegare pienamente la sua feconditeuristica.

    In questa prospettiva conviene sviluppare fino in fondo lidea prefigurata daMarshall e porre al centro del tema cittadinanza il problema dellidentitpolitico-giuridica del soggetto. Occorre lavorare intorno a questo nucleo temati-co, coglierne tutte le implicazioni e le connessioni, utilizzare e sviluppare leintuizioni marshalliane, ma nel contempo svuotare la definizione di cittadinanzadelle sue determinazioni sostantive, trasformarla in una rete di locuzioni indessi-cali, quindi in una serie di domande aperte e contenutisticamente impregiudi-

    cate.I termini essenziali di una siffatta ridefinizione di cittadinanza sono a mio

    avviso i seguenti: il soggetto, linsieme delle caratteristiche e delle prerogative chevolta per volta gli vengono attribuite, il rapporto di appartenenza che lo lega auna comunit politica, lordine complessivo che da tutto ci scaturisce.

    Perch ricorrere allespressione cittadinanza ? Mi sembra che almeno duemotivi militino a favore di questa scelta. In primo luogo, disporre di unespres-sione unitaria permette di sottolineare plasticamente il necessario agencementdeisuoi termini costitutivi. Lavorare intorno alla cittadinanza non allora lavorare

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    su temi che procedono per linee parallele, il soggetto, le sue prerogative e i suoioneri, la comunit politica, lordine; ma al contrario sottolineare lesigenza di

    cogliere i punti di innesto fra queste diverse grandezze . In secondo luogo, e diconseguenza, parlare di cittadinanza in questa nuova accezione suggerisce diassumere come prioritario un punto di osservazione: il soggetto. Parlare dicittadinanza significa insomma guardare il costituirsi dellordine e lo strutturarsidella comunit politica dal basso verso lalto, dal soggetto allassetto oggettivo: ilpunto di vista della cittadinanza il punto di vista del soggetto, lo sguardo delsoggetto sulla comunit politicamente ordinata.

    In questa prospettiva, cittadinanza si propone come il punto di raccordofra una serie di espressioni semanticamente aperte e in questo senso funziona

    come un programma di operazioni storico-ermeneutiche fra loro connesse. Cittadinanza insomma un concetto che permette di formulare una serie didomande insistendo sullipotesi del loro essenziale collegamento: non sappiamoa priori che cosa sia cittadinanza; sappiamo solo che parlare di cittadinanza parlare del nesso fra alcune grandezze (il soggetto, le sue prerogative e i suoioneri, la comunit politica, lordine), ancora largamente indefinite e disponibili adassumere i pi vari significati una volta che siano calate nelluno o nellaltrocontesto.

    La prima grandezza la domanda sul soggetto individuale: una domandache, nella logica della cittadinanza , occupa una posizione strategica, dal mo-mento che il soggetto, il suo punto di vista , langolo prospettico dal qualeguardare il costituirsi dellordine. Chi sia lindividuo non per n una domandaingenua n un dato acquisito, ma una domanda aperta alle pi diverse risposte.Lindividuo non ovviamente una realt omogenea e sempre eguale a se stessa,bens la risultante di complesse strategie socio-culturali che lo costituiscono ,lo plasmano, lo rappresentano diversamente nei diversi contesti, gli attribuisconocontrassegni di identit, gli riconoscono pretese, gli impongono oneri volta per

    volta diversi. Il costituirsi dellidentit politico-giuridica del soggetto quindi laprima domanda, in qualche modo la domanda inaugurale e fondante, di una

    riflessione intorno alla cittadinanza .Certo, il discorso sullindividuo che si apre a partire dal tema cittadinanza

    non coinvolge la soggettivit nellintero spettro (ovviamente amplissimo) dellesue manifestazioni: linchiesta sul soggetto comunque guidata dal nesso chequesto intrattiene con le grandezze collegate; se vero che cittadinanza implica guardare allordine politico a partire dal soggetto, anche vero che delsoggetto la cittadinanza tematizza quei profili che nelluno o nellaltro contesto

    vengono assunti come rilevanti per il costituirsi del rapporto con la comunitpolitica.

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    Non si presuppone dunque lesistenza di un soggetto come tale n si as-sume una determinata figura di soggetto come protagonista della storia della

    cittadinanza: si ipotizza lesistenza di una fenomenologia della soggettivit estre-mamente ricca e storicamente diversificata e con essa si tenta di fare i conti nelmomento in cui ci si interroga sul nesso che lindividuo (questo individuo, pla-smato originalmente dalle regole interattive che ne determinano lidentit) intrat-tiene con la comunit politica e con lordine complessivo.

    Ecco allora intervenire la seconda grandezza (la seconda domanda) im-plicata dal tema cittadinanza , appunto il regime dei rapporti che collegano unsoggetto a una collettivit politicamente organizzata. a questo proposito cheMarshall ha insistito sul nesso fra diritti e appartenenza . Occorre per

    procedere con cautela: occorre, per un verso, allargare le maglie della definizionemarshalliana, e, per altro verso, intervenire ancora una volta per evitare ognivincolo eccessivamente contenutistico .

    Il nucleo importante che devessere salvato ed evidenziato , in primo luo-go, il fatto che parlare di cittadinanza significa interrogarsi sul nesso frasoggetto e ordine (a partire dal soggetto), nella convinzione che fra individuo ecomunit politica si sviluppi una complessa partita doppia di prerogative eoneri da cui dipende in modo decisivo lidentit politico-giuridica del soggetto.

    Devono restare invece impregiudicati i contenuti di cui la relazione fraindividuo e collettivit si riempie perch proprio questa una delle domandecentrali che la nozione metalinguistica di cittadinanza permette di formulare.Occorrer impiegare quindi con prudenza la stessa espressione diritti e do-

    veri soggettivi: come il soggetto individuale, cos il diritto del soggetto nonpu essere assunto come una nozione evidente, sempre eguale a se stessa, inqualche modo scontata; non daremo per gi noto ci che al contrario costituisceuna delle nostre pi rilevanti domande: come cio al soggetto vengano ricono-sciute una serie di prerogative e di oneri. Quali siano queste prerogative, comesiano fondate, come vengano rafforzate o sfidate dal nesso con la civitas, come

    vengano tradotte in veri e propri diritti (e quale sia il senso che volta per volta

    venga attribuito a questa espressione): sono queste le domande reali , nonretoriche, che limpiego metalinguistico di cittadinanza ci induce a formularee le risposte non possono essere pregiudizialmente racchiuse nelle nozionimetalinguistiche impiegate come guida della concreta indagine storico-erme-neutica; al contrario, la nozione metalinguistica di cittadinanza deve servire aformulare quelle domande nel modo pi aperto possibile, adatto a valorizzarele pi diverse risposte.

    Non conviene dunque irrigidire (marshallianamente) il nesso partecipazio-ne-diritti soggettivi, come se non fosse storicamente possibile immaginare una

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    partecipazione (alla comunit politica) che non si traduca in un preciso siste-ma di diritti soggettivi , oppure, viceversa, come se non fosse possibile attri-

    buire al soggetto un nutrito corredo di diritti senza passare attraverso la portastretta dellappartenenza. Valgano due esempi, eguali e contrari, a illustrazione diquesto assunto.

    Il primo esempio: la civitasmedievale. In quel contesto il regime di rapportiche si instaura fra lindividuo e la comunit politica costellato di oneri e prero-gative che definiscono lidentit politico-giuridica dellindividuo in accordo conle strutture (culturali e materiali) della diseguale e gerarchica societ medievale.Possiamo, se si vuole, parlare di diritti del soggetto , legati al rapporto diappartenenza fra il cittadino e la citt: dovremo per stare molto attenti a non

    fare di ogni erba un fascio e scambiare lunivocit del nome con lidentit dellacosa; e converr allora giocare pi sulle differenze specifiche che sulle assonanzegeneriche e mettere in evidenza la peculiarit di un sistema di prerogative e oneriche presuppone la disuguaglianza giuridica fra i soggetti, la dottrina degli status,un amalgama strettissimo fra le dimensioni giuridica, etica e religiosa.

    Se dunque in questo caso il nesso fra soggetto e comunit d luogo a unaserie di pretese e oneri difficilmente riconducibili allo schema (tipicamentemoderno) del diritto soggettivo , non mancano esempi perfettamente eguali econtrari, dove lattribuzione dei diritti prescinde completamente dai legami diappartenenza 15. fin troppo facile il riferimento al paradigma giusnaturalisticosei-settecentesco. In questo caso, la stessa rappresentazione del soggetto (la prima domanda posta dal tema cittadinanza ) a imporre lattribuzione di diritti allindividuo come tale, programmaticamente escludendo il collegamen-to con la comunit politica come fondamento obbligato dei diritti stessi. Sechiudessimo la nostra nozione metalinguistica di cittadinanza nel (marshalliano)cerchio partecipazione-diritti , dovremmo cancellare come non pertinenti lintera tradizione giusnaturalistica e buona parte dei dibattiti svoltisi negli annidella rivoluzione francese.

    La soluzione comprensibilmente diversa quando la nozione metalinguisti-

    ca di cittadinanza viene usata per mettere in relazione fra loro una serie didomande che partono dal soggetto e sfociano nel rapporto con la comunitpolitica. Non muoviamo insomma dallipotesi marshallianamente vincolante chenon si danno diritti se non radicati nel nesso di appartenenza dellindividuo allacivitas: ipotizziamo che nel mondo e nella storia vi siano pi cose di quellemarshallianamente prevedibili e non ci precludiamo la possibilit di offrire

    15Cfr. le rigorose considerazioni di L. FERRAJOLI, Dai diritti del cittadino ai diritti della perso-na, in La cittadinanza, a cura di D. DOLO, pp. 263 e seguenti.

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    risposte estremamente diversificate alla nostra domanda, la domanda sullidentitpolitico-giuridica del soggetto. Il paradigma giusnaturalistico allora unarisposta

    alla nostra catena di domande fra loro collegate (soggetto-comunit politica-ordine): una risposta che, in questo caso, sposta sullindividuo il fondamentodeidiritti ma non per questo omette di prendere in considerazione il rapportointrattenuto con la comunit politica dal soggetto (che quelsoggetto, il soggettoimmaginato in una caratteristica temperie culturale, il soggetto determinato nellasua identit dai diritti e dai doveri naturali).

    Il tema cittadinanza non si identifica con il nesso appartenenza-diritti: perun verso, perch i diritti sono solo una delle espressioni storicamente diversifica-te dei contenuti dellappartenenza, per altro verso perch il soggetto (in tutta la

    variet dei modi in cui viene rappresentato e identificato ) la prima domandasollecitata dal tema cittadinanza . Diviene allora comprensibile e pertinentecon il tema cittadinanza tanto per fare un altro esempio una dialetticafra immagini e tradizioni diverse che costituisce uno dei campi di tensionecaratteristici della rivoluzione francese: la dialettica fra la universalistica attri-buzione dei diritti (libert, propriet) ai soggetti come tali e la particolaristica celebrazione del legame fra soggetto e nazione (quindi la dinamica dei dirittipolitici, da un lato, e, dallaltro lato, il tema del diritto al soccorso ). Ad appli-care letteralmente lo schema marshalliano identificando cittadinanza con ilnesso immediato fra appartenenza e diritti, ci troveremmo di fronte a una stranadissociazione priva di termini di mediazione: saremmo di fronte a una cittadi-nanza rivoluzionaria che difende con una mano ci che sembra contrastare conlaltra. Se invece cittadinanza indica una serie di domande che partono dalsoggetto e giungono allordine socio-politico, tanto la declinazione del soggetto(e dei suoi diritti naturali) quanto il suo rapporto di appartenenza alla comunitpolitica, pur attivando diversi schemi fondativi, appartengono a un campoenunciativo profondamente unitario.

    Occorre quindi giocare su una definizione previa (metalinguistica) di cittadi-nanza che valorizzi ciascuno dei suoi termini costitutivi (il soggetto, il nesso con

    la comunit politica, lordine complessivo) e le loro relazioni, ma si sforzi dievitare unimpegnativa determinazione dei loro contenuti in modo da potertrasformare gli enunciati in domande disponibili a raccogliere dai vari contesti lerisposte pertinenti. Come per il soggetto e per lappartenenza cos anche per lacomunit politica (il terzo importante anello della catena tematica della cittadi-nanza) vale la medesima regola precedentemente enunciata: nemmeno lidea dicomunit politica deve essere rigidamente e sostantivamente caratterizzata; oalmeno: quanto pi la si determina rigidamente tanto pi si restringe la possibili-t di un suo impiego flessibile e vario. Certo, niente impedisce di dare alla comu-

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    nit un contenuto modellato, tanto per fare un esempio, sulle caratteristiche diun moderno Stato nazionale, purch per non si pretenda di applicare un siffatto

    schema metalinguistico a una realt con esso incompatibile. Quando invece sivoglia cogliere la molteplicit delle risposte che diversi contesti storici offrono almedesimo problema conviene far uso di una nozione semanticamente aperta di ente collettivo : solo per questa via sar possibile apprezzare e valorizzare la

    variet dei percorsi che dal soggetto conducono alla comunit politica e allacostruzione dellordine.

    Giunti a questo punto, credo di poter esplicitare la risposta alla domandache mi sono posto allinizio della relazione: mi chiedevo che cosa significa fare

    storia della cittadinanza, ma la mia sensazione che in realt non esiste unastoriadella cittadinanza; non soltanto perch (com ovvio) ogni interprete si crea ilproprio tragitto e attinge risultati originali anche quando lalveo generale dellaricerca ormai in qualche modo definito e consolidato, ma anche e soprattuttoperch si narrano storie profondamente diverse a seconda del metalinguaggioadottato; e dato che la nozione metalinguistica di cittadinanza (nella sua pidilatata significazione) ancora fluida e recente, alla diaspora dei punti di parten-za non pu non corrispondere una grande variet dei concreti percorsi di ricerca.

    Se poi si passa a considerare laltro polo della ricerca storico-ermeneutica,non lo strumentario concettuale che la rende possibile permettendo di formularela domanda da rivolgere al passato ma il livello di realt sul quale la ricerca siconcentra, la molteplicit degli approcci aumenta esponenzialmente.

    La mia impressione che anche per la storia della (o intorno alla) cittadi-nanza entri in gioco una distinzione che tendiamo a dare per superata nellateoria, ma che si ripropone sempre di nuovo nelle concrete strategie di ricerca: ladistinzione fra pratiche sociali e discorsi. Certo, ripetiamo tutti con Foucault chei discorsi sono pratiche e che le pratiche passano attraverso i simboli, le strategiediscorsive, i processi comunicativi. Non sono per sicuro che questa convinzio-ne teorica si rifletta senza distorsioni nelle nostre ricerche sul campo. Mi sembra

    pi frequente e comunque questo certamente il mio caso una strategiaeuristica che si orienta prioritariamente alluno o allaltro livello di realt e sipropone volta per volta come analisi di pratiche o di discorsi.

    Certo, in entrambi i casi, la domanda di fondo, la domanda sulla cittadinan-za, pu restare la medesima: ci si interroga comunque sul soggetto, i diritti elappartenenza. Mutano per la strumentazione della ricerca e i profili della realt

    volta per volta indagati, tanto da indurmi a chiedere ma non una domandaretorica se al carattere unitario della domanda segua necessariamente uncampo unitario della cittadinanza, un luogo ideale nel quale ricerche fra loro

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    diversissime si incontrano sullo stesso piano. Mi spiego con un esempio banale:interrogarsi sugli oneri e i privilegi che definiscono la condizione dei soggetti

    nella Firenze del Trecento e ricostruire la rappresentazione tomistica della civitassono itinerari di ricerca che dipendono, se si vuole, dalla medesima domanda, mail loro punto di incontro non cos ovvio e scontato e devessere scoperto ecostruito, piuttosto che semplicemente presupposto.

    Complichiamo ulteriormente il quadro: mi sono riferito alla grande dicoto-mia fra pratica e discorso come se questultimo fosse una totalit omogenea. Inrealt, non esiste undiscorso, ma unenorme variet di discorsi, caratterizzati daimmagini, strategie argomentative, finalit retoriche profondamente diverse. Siripropone dunque, anche quando ci si riferisca a un livello di realt in qualchemodo, intuitivamente, pi omogeneo i discorsi, o, se si preferisce, le pratichediscorsive la domanda precedente: se esista in senso proprio una storia dellacittadinanza come storia di un discorso unitario oppure esistano piuttosto storiefra loro diverse non solo perch, com ovvio, raccontano cose diverse delmedesimo discorso, ma perch insistono su oggetti solo apparentemente simili.

    Non soltanto dunque la pluralit delle possibili definizioni metalinguistichedi cittadinanza , ma anche la diversit delle esperienze (pratiche sociali, discor-si) sulle quali si appuntano le operazioni storico-ermeneutiche e infine la molte-plicit e la variet dei discorsi concretamente esistenti (pur riconducibili a un livello di realt relativamente omogeneo) sono elementi che rendono frasta-gliato e plurale il campo della storia, anzi delle storie , della cittadinanza.Non esiste un unico e vincolante punto di partenza metalinguistico n esiste ununico e obbligato linguaggio-oggetto sul quale tutti convergono: piuttostodeterminante la decisione teorica grazie alla quale ogni ricercatore ritaglia dalmagma delle esperienze il suo discorso della cittadinanza in base ad alcuniindicatori convenzionalmente determinati.

    2. Qual il mio discorso della cittadinanza? I testi che interrogo intornoalla cittadinanza hanno in comune la caratteristica di offrire una rappresentazio-

    ne generale e astratta del soggetto, dei diritti, dellappartenenza alla comunitpolitica. Sono testi ascrivibili a diversi generi letterari testi appartenenti allunoo allaltro sapere specialistico, oppure riconducibili a un pi eterogeneo e com-posito discorso pubblico ma sono comunque testi animati, per cos dire,dal pathos della verit: testi cio che, anche quando vengono a esistere e a fun-zionare nel vivo della lotta politica, intendono comunque offrire una visionecomplessiva della cittadinanza.

    Come leggere questi discorsi? Per noi, eredi, nonostante tutte le crisi e i su-peramenti, del neopositivismo novecentesco, la distinzione fra descrizione e

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    valutazione rischia di essere una sorta di riflesso condizionato. Credo per chequesta distinzione sia sostanzialmente improponibile per un lungo arco del

    discorso