COSA SIGNIFICA MMC? FORMAZIONE DEI LAVORATORI l’altro

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1 FORMAZIONE DEI LAVORATORI RISCHI SPECIFICI COSA SIGNIFICA MMC? Con il termine “movimentazione manuale dei carichi” si intendono le operazioni di trasporto, sostegno di un carico da parte di uno o più lavoratori, comprese le azioni del: sollevare deporre spingere tirare portare spostare un carico. Operazioni che per caratteristiche, per condizioni sfavorevoli possono comportare, tra l’altro rischi di lesioni dorso-lombari; questo perché anche se possono esserci effetti ad altri livelli, il tratto dorso-lombare è: una porzione interessata facilmente da varie patologie osteo-articolari sensibile ai sovraccarichi funzionali COSA SONO LE LESIONI DORSO - LOMBARI? Sono lesioni a carico di: ossa muscoli tendini nervi vasi a livello del tratto dorso-lombare della colonna vertebrale, anche denominata rachide. COLONNA VERTEBRALE SOSTENERE LO SCHELETRO E MANTIENE LA STAZIONE ERETTA PROTEGGERE IL MIDOLLO SPINALE IN ESSA CONTENUTO; COLONNA VERTEBRALE La nostra colonna vertebrale svolge la funzione di sostegno nel nostro corpo, nel mantenimento delle posizioni del corpo stesso e nel compimento di movimenti. Il rachide è formato da segmenti ossei: le vertebre, disposte una sull’altra. Tra una vertebra e l’altra c’è un cuscinetto ammortizzante ad elastico: il disco intervertebrale. disco intervertebrale vertebra

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FORMAZIONE DEI

LAVORATORI

RISCHI SPECIFICI

COSA SIGNIFICA MMC?

Con il termine “movimentazionemanuale dei carichi” si intendono leoperazioni di trasporto, sostegno di uncarico da parte di uno o più lavoratori,comprese le azioni del:

⚫ sollevare

⚫ deporre

⚫ spingere

⚫ tirare

⚫ portare

⚫ spostare

un carico.

Operazioni che per caratteristiche, per

condizioni sfavorevoli possono comportare,

tra l’altro rischi di lesioni dorso-lombari;questo perché anche se possono esserci

effetti ad altri livelli, il tratto dorso-lombare

è:

una porzione interessata facilmente da

varie patologie osteo-articolari

sensibile ai sovraccarichi funzionali

COSA SONO LE LESIONI DORSO-LOMBARI?

Sono lesioni a carico di:

• ossa

• muscoli

• tendini

• nervi

• vasi

a livello del tratto dorso-lombare dellacolonna vertebrale, anche denominata

rachide.

COLONNA VERTEBRALE

SOSTENERE LO SCHELETRO

E MANTIENE LA STAZIONE

ERETTA

PROTEGGERE IL

MIDOLLO SPINALE IN ESSA CONTENUTO;

COLONNA VERTEBRALE

La nostra colonna vertebrale

svolge la funzione di sostegno nel

nostro corpo, nel mantenimento

delle posizioni del corpo stesso e

nel compimento di movimenti.

Il rachide è formato da segmenti ossei: le vertebre, disposte una

sull’altra.

Tra una vertebra e l’altra c’è un cuscinetto ammortizzante ad elastico:

il disco intervertebrale.

disco intervertebrale

vertebra

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7 CERVICALI

12 DORSALI

5 LOMBARI

5 COCCIGEE

4 SACRALI

COLONNA VERTEBRALE COLONNA VERTEBRALE COLONNA VERTEBRALE

COLONNA VERTEBRALE COLONNA VERTEBRALE

LEGAMENTI

COLONNA VERTEBRALE

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UNA LESIONE A CARICO DEI LEGAMENTI PUÒ CAUSARE:

➢ MOBILITÀ VERTEBRALE;

➢ DISTORSIONI;

➢ LUSSAZIONI;

➢ LESIONI MIDOLLARI;

➢ EMATOMI;

➢ LESIONI NERVOSE;

➢ EMORRAGIE.

➢ FLESSO-ESTENSIONE;

➢ EXTRA-ROTAZIONE;

➢ IPERFLESSIONE

LATERALE;

➢ SCHIACCIAMENTO;

➢ OSTEOPOROSI.

CAUSE DI TRAUMA

CIFOSI

LORDOSI

COLONNA VERTEBRALE

COLONNA VERTEBRALE PATOLOGIE ERNIA DISCALE

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ERNIA DISCALE

Secondo la postura, per un carico di 50Kg. la forza che viene esercitata a livello delle vertebre lombari è di 750Kg, o 150Kg.

TRAUMI VERTEBRALI AVVENGONO PER

NO

VICINO AL CORPO

TORSIONE

NO1 2 3

TORSIONE LA LEGGE ITALIANA SPECIFICA I SEGUENTI

VALORI LIMITE PER QUANTO RIGUARDA IL SOLLEVAMENTO DI PESI

Kg. 25

Kg. 15

MASCHI ADULTI

FEMMINE ADULTE

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ESERCIZI DI RILASSAMENTO, STIRAMENTO E RINFORZO MUSCOLARE

Qui sono presentati alcuni semplici

esercizi, che richiedono pochi minuti e

che possono essere fatti, oltre che a

casa, anche nelle pause di lavoro. Essi

sono indicati per togliere il senso di peso quando la fatica comincia a farsi

sentire.

PER IL COLLO

STIRAMENTO

• Mettersi in questa posizione, intrecciare le dita sulla testa e tirare lentamente il capo in basso.

• Restare così per 10 secondi.

Ripetere 10 volte.

PER IL COLLO

RINFORZO

• Fare come “Totò”: ritrarre il mento, poi tornare

in posizione normale.

• Spingere il mento, poi tornare in posizione normale.

Ripetere 10 volte.

PER GLI AVAMBRACCI

STIRAMENTO

• Mettere le mani come in

figura e mantenere la posizione per 20-30 secondi.

Ripetere 5 volte.

STIRAMENTO

• In posizione seduta portare

una mano tra le scapole tenendo il gomito bene in alto. Per aumentare lo

stiramento aumentare progressivamente

l’estensione del capo.

• Mantenere la posizione per 20 secondi.

Ripetere alternando per 5 volte

PER LE SPALLE PER LA SCHIENASTIRAMENTO

• Seduti su di una sedia, la schiena

ben diritta, i piedi appoggiati a

terra, le gambe leggermente

allargate. Abbandonare le braccia

fra le gambe, lasciarsi cadere in

avanti lentamente a partire dalla

testa fino a toccare terra con il

dorso delle mani.

• Restare in questa posizione

qualche istante, poi tirarsi su

lentamente: prima la parte

lombare poi il dorso, le spalle e

infine la testa.

Ripetere l’esercizio 5 volte.

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DISPOSITIVI DI PROTEZIONE

INDIVIDUALE

DEFINIZIONI

Il dispositivo di protezione individuale

(DPI) è qualsiasi attrezzatura destinata ed essere indossata e tenuta dal

lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute

durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a

tale scopo.

DEFINIZIONI

I DPI devono essere impiegati

quando i rischi non possono essere

evitati o sufficientemente ridotti da

misure tecniche di prevenzione, da

mezzi di protezione collettiva, da

misure, metodi o procedimenti di

riorganizzazione del lavoro.

DEFINIZIONI

Non sono dispositivi di protezione

individuale:

• gli indumenti di lavoro ordinari

• Le uniformi non specificatamente

destinati a proteggere la sicurezza

e la salute del lavoratore.

DEFINIZIONI

Non sono dispositivi di protezione

individuale:

• gli indumenti di lavoro ordinari

• Le uniformi non specificatamente

destinati a proteggere la sicurezza

e la salute del lavoratore.

DEFINIZIONI

I DPI vengono messi a disposizione

dei lavoratori dal datore di lavoro

Devono essere utilizzati

conformemente all’informazione ed

alla formazione ricevuta

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I LAVORATORI

• Devono avere cura dei DPI messi a loro disposizione

• Non devono apportare modifiche di propria iniziativa

• Devono segnalare al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto

od inconveniente del DPI

• Al termine del loro utilizzo devono seguire

le procedure aziendali per la riconsegna.

TIPOLOGIE DI DPI

I DPI servono a proteggere:

• I piedi

• Le mani

• Il volto e gli occhi

• L’udito

• Le vie respiratorie

• Il corpo

DPI MANI

A seconda del rischio a cui si è esposti, vengono

forniti guanti di protezione differenti:

• Rischio biologico e Rischio chimico

È consigliato l’uso di guanti monouso (anallergici)

leggeri e resistenti all’usura. Proteggono dal

contatto con il sangue ed altri materiali biologici e

da sostanze irritanti, allergizzanti, caustiche.

DPI VOLTO ED OCCHI

Possono essere:

• Occhiali di protezione

Riparano da sostanze e da radiazioni ed hanno la protezione

laterale

• Maschere (o occhiali a visiera)

Proteggono viso ed occhi da schegge, sostanze chimiche,

radiazioni. Non hanno la protezione laterale

• Schermi e ripari facciali

Sono fissati all’elmetto di protezione o ad altri dispositivi di

sostegno. Non sono completamente chiusi.

DPI PER LE VIE RESPIRATORIE

I DPI per le vie respiratorie sono diverse in base allo

scopo per cui sono impiegati:

• DPI antipolvere

• DPI antigas (o vapori)

• DPI misti

Le mascherine chirurgiche o igieniche sprovviste di

filtro di cui alla norma UNI EN 14683 sono impiegate in

ambito sanitario, ma non sono dispositivi considerati

DPI.

VALUTAZIONE DEI RISCHI

NEI REPARTI DI DEGENZA

RISCHIO BIOLOGICO

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TRASMISSIONE DELLE MALATTIE INFETTIVE

AGENTE

AMBIENTE OSPITE

LE COMPONENTI NECESSARIE

PER LA TRASMISSIONE

DELLE MALATTIE

INFETTIVE SONO:

CHE COSA SI INTENDE PER:

L’ambiente è quella variabile chepermette all’ospite e all’agente diincontrarsi e permette la trasmissionedella malattia.

AMBIENTE Dove l’agente e l’ospite interagiscono

OSPITE La persona che

“ospita” l’agente e può trasmetterlo

L’uomo o l’animale che alberga in sé il

microrganismo patogeno

CHE COSA SI INTENDE PER:

AGENTE Il microrganismo cioè la

vera causa di malattiaLa maggior parte delle malattietrasmissibili all’uomo sonoprovocate da batteri e virus e moltidi questi hanno l’uomo come unicoospite. Altri microrganismi sonoinvece patogeni anche per glianimali ed hanno come serbatoioanimali domestici o selvatici.

CHE COSA SI INTENDE PER: LA CATENA EPIDEMIOLOGICA

La catena epidemiologica rappresenta quella seriedi eventi concatenati che permettono latrasmissione del germe tra:

un ospite suscettibile che si è ammalato di una malattia infettiva e contagiosa

e

un altro ospite suscettibile

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LA CATENA EPIDEMIOLOGICA

La trasmissione può avvenire

Direttamentecioè senza intermediariEs. baci, rapporti sessuali

LA CATENA EPIDEMIOLOGICA

mediante vettori

(componenti animate).

mediante veicoli

(componenti inanimate)

Indirettamente

LA CATENA EPIDEMIOLOGICA

L’infezione rappresenta il risultato della penetrazione nell’organismo di un agente patogeno. Le conseguenze della “lotta” tra l’agente infettivo e le difese dell’organismo ospite possono essere molto variabili.

LA CATENA EPIDEMIOLOGICA

In altri casi vi può essere lo sviluppo di una malattia conclamata con segni e sintomi importanti.

Nella maggior parte dei casi non si ha sviluppo di malattia.

In altre situazioni si verifica una condizione patologica lieve e con leggeri sintomi.

Questa continua e costante variabilità è dovuta principalmente alla diversa rispondenza che ogni singolo individuo ha verso un attacco di un agente esterno.

LA CATENA EPIDEMIOLOGICA LA CATENA EPIDEMIOLOGICA

Nella trasmissione delle malattie infettive le variabili che vengono considerate sono:

qualità e quantità del germe

(tipologia e carica microbica)

stato di benessere dell’individuo

condizioni ambientali

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IL LAVAGGIO DELLE MANIPer igiene delle mani si intende un insieme di azioni che hanno l’obiettivo di rimuovere, ridurre o distruggere i microrganismi presenti sulla cute delle mani. Comprende il lavaggio sociale, con antisettico, l’antisepsi alcolica (frizione) e il lavaggio chirurgico.

CATEGORIE DI EVIDENZANella dispensa in alcuni casi è riportato il livello di evidenza scientifica

delle raccomandazioni, secondo la classificazione proposta dai CDC (1998)

CATEGORIE INDICAZIONI

I A Misure fortemente raccomandate per tutti gli ospedali e sostenute da studi sperimentali ed epidemiologici ben disegnati

I B Misure fortemente raccomandate per tutti gli ospedali e considerate efficaci da esperti nel settore e dall’Hospital Infection Control Practices Advisory Committee (HICPAC)

I C Misure richieste da leggi

II Misure suggerite per l’adozione in molti ospedali. Tali raccomandazioni sono sostenute da studi clinici o epidemiologici, da un forte razionale teorico o da studi definitivi applicabili ad alcuni, ma non a tutti gli ospedali

QUESTIONE IRRISOLTA

TIPOLOGIA OBIETTIVO PROCEDURA

LAVAGGIO

SOCIALE

Eliminare lo sporco visibile e rimuovere la flora transitoria*

Energico sfregamento di tutte le superfici cutanee delle mani con un normale sapone, seguito dal risciacquo sotto un getto d’acqua (rimozione meccanica dei microrganismi)

LAVAGGIO ANTISETTICO

Rimuovere, distruggere la flora transitoria* e ridurre quella residente** rendendola innocua

Utilizzo di sapone antisettico o soluzione detergente che contiene un antisettico.

ANTISEPSI ALCOLICA (frizione)

Distruggere la flora transitoria * (o inibirne la crescita).

Sfregamento di tutte le superfici cutanee delle mani con una piccola quantità di soluzione antisettica alcolica, fino all’evaporazione della stessa, senza utilizzo di sapone e acqua corrente. L’antisepsi alcolica non va eseguita in presenza di sporco visibile sulle mani.

LAVAGGIO CHIRURGICO

Rimuovere, distruggere la flora transitoria* e di ridurre quella residente**

Utilizzo di soluzione antisettica garantendo un certo tempo di contatto del prodotto disinfettante

•FLORA TRANSITORIA = Costituita da microrganismi contaminanti (es. Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Serratia

spp.)che tendono a non moltiplicarsi sulla cute. Questi batteri possono essere dotati di elevata patogenicità e sono causa della

maggior parte delle infezioni ospedaliere. La flora transitoria si rimuove facilmente con l’adozione di un corretto lavaggio delle

mani.

** FLORA RESIDENTE = Composta da organismi normalmente presenti sulla cute (es. Staphylococcus aureus, Stafilococchi

coagulasi negativi, Acinetobacter spp, Microcuccus spp). Possiede basso potenziale patogeno, a meno che non sia introdotta

nell’organismo attraverso traumi o dispositivi medici (es. cateteri venosi). La flora residente, proprio perché tale, è difficile da

rimuovere mediante frizione meccanica

Perché Allontana lo sporco e la flora transitoria (Pseudomonas, Escherichia coli, Salmonella)

ma non la flora residente

Evita che le mani degli operatori rappresentino un veicolo d’infezione

Cosa Acqua e detergente

Come Inumidire con acqua tiepida le mani, versare il detergente sulle mani e sui polsi

Insaponare palmo, dorso e spazi interdigitali

Frizionare energicamente le superfici insaponate per circa 1minuto

Sciacquare sotto acqua corrente

Asciugare le mani con salviette di carta monouso utilizzando la stessa anche per la chiusura del rubinetto

Quando Tutte le volte che lo si ritiene necessario

Prima e dopo la distribuzione e somministrazione farmaci

Prima e dopo aver effettuato procedure pulite e non invasive

Inizio e fine turno

Tra un paziente e l’altro

Dopo l’uso dei servizi igienici

Dopo aver rimosso i guanti

Dopo aver rimosso padelle e pappagalli

Dopo aver rifatto i letti

Dove In tutti i lavandini dove sia presente il detergente

Criticità Se non viene rispettata la corretta gestione del prodotto detergente, il detergente stesso può essere contaminato, producendo così una colonizzazione delle mani del personale con bacilli gram-negativi

LAVAGGIO SOCIALE LAVAGGIO ANTISETTICO

Perché Distrugge rapidamente la flora transitoria e riduce la carica della flora residente[Staphilococco aureo, Bacilli gram negativi, lieviti (molti operatori sanitari sonoportatori)]

Cosa Acqua e soluzione detergente – antisettica (clorexidina, iodopovidone)

Come Inumidire con acqua tiepida, versare soluzione antisettica sulle mani e sui polsi

Insaponare distribuendo uniformemente la soluzione antisettica sulle mani e sui polsi

partendo dalla zona periungueale, ponendo particolare attenzione agli spazi

interdigitali per circa 2 minuti

Risciacquare accuratamente sotto acqua corrente

Asciugare accuratamente con salviette di carta monouso utilizzando la stessa anche

per la chiusura del rubinetto.

Quando Prima di indossare e dopo la rimozione di guanti sterili (Cat. IB)

Prima di eseguire procedure invasive o comunque manovre che richiedono una

procedura asettica (es: cateterismo vescicale, inserimento di cateteri venosi, prelievi

per esami culturali, punture esplorative,ecc.) (Cat. IB)

Se si opera in unità operative ad alto rischio (terapia intensiva, sala operatoria)

Dopo il contatto con oggetti posti nelle immediate vicinanze del paziente (II)

Dopo il contatto accidentale con liquidi biologici (Cat.IA)

Dopo l’assistenza a pazienti in isolamento

Dove Nei lavandini in cui sia stato previsto il detergente-antisettico

ATTENZIONE: nel vuota vasi l’antisettico deve essere utilizzato in caso di contaminazioni da materiale

biologico, NON per il lavaggio mani prima di pratiche asettiche.

Perché Distrugge rapidamente la flora transitoria e riduce la carica della flora residente

[Staphilococco aureo, Bacilli gram negativi, lieviti (molti operatori sanitari sono

portatori)]

Evita che le mani degli operatori rappresentino un veicolo d’infezione

Cosa Soluzione idroalcolica

Come Prelevare una dose di antisettico (3-5 ml)

Distribuire il prodotto prelevato su entrambe le mani

Frizionare dita, spazi interdigitali, palmo della mano e polsi fino a completa

evaporazione del prodotto

Quando Non deve essere utilizzata in caso di mani visibilmente sporche o contaminate

Prima di eseguire procedure invasive o comunque manovre che richiedono una

procedura asettica (es: medicazione chirurgica o CVC, prelievi per esami culturali,

prelievo di urocoltura da catetere vescicale, prelievi per emocolture, ecc.)

Se si opera in unità operative ad alto rischio (terapia intensiva, sala operatoria)

Dopo il contatto con oggetti contaminati

Durante l’assistenza a pazienti in isolamento

Tra un paziente e l’altro

Prima di indossare e dopo la rimozione di guanti sterili

Dove Flacone 500 ml sui carrelli (medicazione, prelievi, ecc), banchi di lavoro

Flacone 50 o 100 ml individuale

Criticità Ridotta attività residua

Odore non sempre gradito agli operatori

Il volume ideale può variare a seconda delle formulazioni.

ANTISEPSI ALCOLICA

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VALUTAZIONE DEI RISCHI

RISCHIO DA VIDEOTERMINALE

DEFINIZIONI

• IL LAVORATORE VIDEOTERMINALISTA:

É colui che utilizza un’attrezzatura munita di video

terminale in modo sistematico e abituale, per almeno 20 ore settimanali, dedotte le pause

(che consistono in un cambiamento di attività) di 15 minuti ogni 120 di applicazione

continuativa al videoterminale.

DEFINIZIONI

• I VIDEOTERMINALI (VDT):

Sono le apparecchiature dotate di schermo alfanumerico o grafico costituite da personal computer, sistemi di videoscrittura, di elaborazione dati, di testi o di immagini.

DEFINIZIONI

➢ Il lavoro al videoterminale, di per sé non

costituisce un rischio per la salute dell’operatore.

➢ Il lavoro svolto, però, in condizioni ambientali e/o organizzative inadeguate può determinare l’insorgenza di problemi per l’integrità fisica e mentale dell’operatore.

DEFINIZIONI

• LA POSTAZIONE LAVORATIVA

➢ L’insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, con tastiera, gli

accessori opzionali, le apparecchiature connesse, il telefono, il modem, la stampante, la sedia e il piano di lavoro

MISURE PREVENTIVE• Il Datore di Lavoro deve individuare ed adottare apposite misure di prevenzione dei rischi:

➢ Indurre la sorveglianza sanitaria con visite preventive (prima dell’avviamento alla mansione) e periodiche (di norma ogni 5 anni)

➢Fornire, a sue spese, i dispositivi speciali di correzione, qualora i risultati degli esami specialistici ne evidenzino la necessità

➢Organizzare le mansioni e i compiti lavorativi

comportanti l’uso di videoterminali al fine di evitare il ripetersi e la monotonia delle operazioni

➢Elaborare ed attuare un piano specifico di

formazione ed informazione per i lavoratori addetti ai videoterminali

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Numerosi studi hanno evidenziato che i principaliproblemi legati all’uso del VDT possono essere:

➢ FATICA VISIVA;

➢ I DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI, LO STRESS.

Questi disturbi non sono l’inevitabile conseguenzadel lavoro con VDT. In generale derivano da unainadeguata progettazione dei posti e dellemodalità di lavoro.

Essi possono essere prevenuti non solo conl’applicazione di principi ergonomici, ma anchecon comportamenti adeguati da parte degliutilizzatori.

GLI EFFETTI SULLA SALUTE

• Questi disturbi costituiscono la sindrome da

fatica visiva , l’ASTENOPIA, che può insorgere

in situazioni di sovraccarico dell’apparatovisivo, e che comprende un insieme di sintomi

e segni in prevalenza oculari, ma anche

generali.

• L’ASTENOPIA ha come base fisiopatologicaprincipale lo sforzo cui viene sottoposta la

muscolatura oculare intrinseca ed estrinseca

durante l’attività del vedere. I meccanismi

precisi attraverso cui si sviluppa la fatica visiva

e si producono i sintomi non sono noti.

I DISTURBI OCULO VISIVI

OCULARI:• bruciore/fastidio

• arrossamento• pesantezza

oculare/dolore• prurito

• ammiccamento frequente

• lacrimazione eccessiva/secchezza cornea

• fotofobia

I DISTURBI OCULO VISIVI: I SINTOMI

VISIVI:

• visione sfuocata

• riduzione dell’acuità visiva

• visione sdoppiata

GENERALI:

• cefalea

• nausea, dispepsia

➢Caratteristiche intrinseche del compito visivo

➢ Fattori illuminotecnici ambientali

➢Microclima

➢ Inquinamento indoor

➢Grado di funzionalità dell’organo visivo

➢ Fattori extra visivi

ASTENOPIA

➢ In genere i disturbi sono transitori erecedono poco dopo la cessazione dellavoro.

➢ Talvolta però il disagio può perdurare piùa lungo

➢Non è stato finora dimostrato né undecremento della funzione visiva, néalcuna alterazione organica permanente

ASTENOPIA

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• Nelle contrazioni muscolari statiche, ad

esempio quando si digita a braccia non appoggiate, ai muscoli arriva meno sangue del necessario: il muscolo mal nutrito si affatica e

diventa dolente.

• Digitando con gli avambracci appoggiati o introducendo periodi di riposo muscolare, si

evita questo problema.

I DOLORI MUSCOLARI COMPAIONO SOPRATTUTTO PERCHE’:

LE PRINCIPALI CAUSE DEI DISTURBI MUSCOLO - SCHELETRICI

• Posizioni di lavoro inadeguate per l’errata scelta e disposizione degli arredi del VDT.

• Posizioni di lavoro fisse e mantenute per tempi

prolungati anche in presenza di posti di lavoro ben strutturati.

• Movimenti rapidi e ripetitivi delle mani:

digitazione o uso del mouse per lunghi periodi.

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LO STRESS

• Lo stress lavorativo si determina quando le capacità di una

persona non sono adeguate rispetto al tipo e al livello delle

richieste lavorative.

• Il tipo di reazione ad una data situazione dipende anche dalla

personalità del soggetto: lo stesso tipo di lavoro può risultare

soddisfacente, monotono o complesso in personalità diverse.

• Negli operatori al vdt il contenuto di lavoro monotono e ripetitvo

e’ la maggiore causa dello stress lavorativo

PROTOCOLLO DI SORVEGLIANZA SANITARIA

In assunzione e periodicamente

• QUESTIONARIO

• ESAME/TEST OFTALMOLOGICI

• ESAME DEL SEGMENTO ANTERIORE DELL’OCCHIO

• VISITA MEDICA CON EVENTUALE VALUTAZIONE DEL RACHIDE

Eventuali esami specialistici richiesti dal medico competente

• VISITA OCULISTICA

• VISITA FISIATRICA

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PRESCRIZIONI

•Limitazione del tempo di impiego complessivo del VDT Limitazione di lavoro al VDT ad un massimo di 3 ore continuative giornaliere

•Pause di durata e frequenza diverse da quelle previste per la popolazione lavorativa generale ( ½ ora ogni 2 ore di lavoro al VDT )

•15’ ogni 120’ di lavoro al VDT

•Controlli sanitari a periodicità più ravvicinata dopo il controllo specialistico

•Correzione ottica

•Esercizi ortottici in caso di deficit della motilità oculare

I disturbi visivi e muscolo-scheletrici possono essere evitati attraverso pause o cambiamenti di attività che interrompano:

• L’impegno visivo ravvicinato, protratto e statico.

• La fissità della posizione seduta.

• L’impegno delle strutture della mano e dell’avambraccio nella digitazione.

• Laddove è possibile, è opportuno organizzare il proprio lavoro alternando periodi al VDT con periodi, anche di pochi minuti, in cui si svolgano compiti che permettano di sgranchirsi le braccia e la schiena e non comportino la visione ravvicinata.

• Nelle pause di lavoro (ufficiali e non) evitare di rimanere seduti, impegnando la vista (es. leggendo il giornale o facendo videogiochi).

PAUSE E CAMBIAMENTI DI ATTIVITA’

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LA POSIZIONE CORRETTA LA POSIZIONE CORRETTA➢ LO SCHERMO VIDEO

• Deve essere collocato correttamente in relazionealle finestre (luce)

• Deve essere regolabile secondo le esigenze

dell’operatore

• Deve essere posizionato ad una distanza di lettura di50-70 cm

• Deve essere dislocato in modo da avere il bordo

superiore all’altezza degli occhi dell’operatore

LA POSIZIONE CORRETTA➢ IL TAVOLO DA LAVORO

• Il piano ottimale è di 160 x 90 cm

• L’altezza deve essere compresa tra i 70 e gli 80 cm

• Lo spazio per le gambe deve essere:

larghezza min. = 70 cm

lunghezza min. = 60 cm (ginocchio)

lunghezza min. = 80 cm (piedi)

• Il colore deve essere dai toni neutri ed è necessario

prestare attenzione ai riflessi della luce

• occorre un canale passacavi

LA POSIZIONE CORRETTA➢ LA SEDIA

• Il sedile deve essere di tipo girevole, stabile contro slittamenti e rovesciamenti, dotato di un

basamento stabile o a 5 punti di appoggio

• Deve essere possibile un facile spostamento della sedia anche in rapporto al tipo di pavimento

presente

• Il piano della sedia deve essere realizzato a bordi smussati, in materiale non troppo cedevole, permeabile al vapore acqueo e pulibile

LA POSIZIONE CORRETTA➢ LA SEDIA

• Lo schienale del sedile deve essere regolabile in altezza ed inclinazione

• Il piano della sedia deve essere regolabile in altezza

• Il piano della sedia e lo schienale debbono poter

essere regolati in maniera indipendente così da assicurare un buon appoggio dei piedi ed il

sostegno della zona lombare

• I comandi per la regolazione del sedile devono essere facilmente raggiungibili e facilmente manovrabili

LA POSIZIONE CORRETTA➢ LA TASTIERA

• La tastiera deve essere inclinabile e dissociata allo schermo e tale da non costringere il lavoratore a posizioni scomode

• I simboli dei tasti devono essere facilmente leggibili dall’utilizzatore

• La superficie della tastiera deve essere opaca per evitare riflessi

• Lo spazio davanti alla tastiera deve consentire un appoggio per le mani e gli avambracci dell’utilizzatore

• E’ bene posizionare la tastiera dinanzi allo schermo, salvo i casi in cui lo schermo venga utilizzato in maniera saltuaria

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LA POSIZIONE CORRETTA➢ ATRI ACCESSORI

• Il poggiapiedi è necessario quando l’altezza minima del tavolo rimane eccessiva, la dimensioni deve essere di 40x30x15 cm e l’inclinazione < 20

• Il portadocumenti è utile per la videoscrittura, deve avere un’inclinazione regolabile e posizionato alla stessa distanza dello schermo

• Il mouse deve garantire una buona impugnatura (ergonomica) e deve essere utilizzato avendo cura di posizionare l’avambraccio al piano di lavoro

LA POSIZIONE CORRETTA➢ ATRI ACCESSORI

L’impiego prolungato dei computer portatilinecessita della fornitura di una tastiera e di unmouse o altro dispositivo di puntamento esterninonché di un idoneo supporto che consenta ilcorretto posizionamento dello schermo

LA POSIZIONE CORRETTA➢ ILLUMINAZIONE

• Un ambiente di lavoro deve essere dotato di sufficiente illuminazione naturale, eventualmente integrata da sistemi di illuminazione artificiale anche localizzati

• Per l’illuminazione artificiale, il parametro di riferimento utilizzato è l’illuminamento definito come il rapporto tra il flusso luminoso che incide su di una superficie e l’area della superficie stessa e si misura in Lux. I valori di illuminamento raccomandati negli uffici sono compresi tra 300 - 750 Lux

LA POSIZIONE CORRETTA➢ ILLUMINAZIONE

• L’illuminamento dell’ambiente realizzato con luce

naturale deve avvenire mediante una o più finestre

dotate di tende o veneziane da regolare secondo le

necessità

• Al fine di evitare riflessi sullo schermo e

abbagliamenti dell’operatore ed eccessivi contrasti

di luminosità, la postazione di lavoro va

correttamente orientata rispetto alle finestre presenti

nell’ambiente di lavoro (preferibilmente gli schermi

vanno posti a 90° rispetto alle finestre)

VALUTAZIONE DEI RISCHI

RISCHIO DA MICROCLIMA

MICROCLIMA

È necessario che nella postazione di lavoro la velocità

dell’aria sia molto ridotta, evitando la presenza di

correnti d’aria provenienti da porte, finestre, bocchette di condizionamento, ventilatori,

apparecchiature poste in vicinanza ecc.

Altrettanta precauzione andrà posta per evitare fonti di calore radiante poste nelle immediate vicinanze della postazione, quali impianti di riscaldamento, ma

anche finestre che possano essere colpite da irraggiamento solare diretto

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MICROCLIMA

• Temperatura

• Umidità

• Ventilazione

• Illuminazione (naturale ed artificiale)

• Condizioni lavorative particolari

Con il termine di microclima si in-

tendono quei parametri ambientali

che influenzano gli scambi termici

tra soggetto e ambiente negli spazi

confinati e che determinano il

"benessere termico".

MICROCLIMA

Una situazione di benessere termico

(comfort termico) prevede quindi unequilibrio tra la quantità di calore

prodotta dall'organismo e la quantità di

calore assunta dall'ambiente o ceduta

all'ambiente attraverso i diversi

meccanismi di termoregolazione

MICROCLIMA

non sono mai indicati valori o termini perentori e precisi per indicare le

condizioni di comfort ambientale negli ambienti confinati.

Ciò è dovuto al carattere altamente soggettivo di benessere o malessere

collegato con questo problema.

MICROCLIMA

In base alle caratteristiche ambientali, lenorme tecniche distinguono gliambienti in:

1. Ambiente moderato;

2. Ambiente severo freddo;

3. Ambiente severo caldo.

MICROCLIMA

Normalmente gli ambienti di lavoro

sono compresi nella norma UNI EN

ISO 7730 (1997) e s.m.i. “ambienti

termici moderati – determinazione

degli indici PMV e PPD e specifica

delle condizioni di benessere termico”.

MICROCLIMA

19

Per una valutazione dei parametri microclimatici, la sensazione soggettiva di benessere non dipende da

uno solo dei relativi fattori ambientali (temperatura, umidità, velocità dell’aria etc.), bensì dalla loro

combinazione.

Per esprimere questo concetto, sono stati quindi studiati vari indici microclimatici.

MICROCLIMA

Gli indici più importanti, noti come INDICI DI

FANGER, sono:

• PMV (predicted mean vote):

esprime un voto medio previsto per la sensazione di benessere termico

• PPD (predicted percentage of disatisfied):

è la percentuale prevista delle persone

insoddisfatte

MICROCLIMA MICROCLIMAPMV (Predicted Mean Vote)

È una quantità che in una scala termica a 7 punti:

–3 (molto freddo) (0 = neutro) +3 (molto caldo)

Fornisce il giudizio medio che verrebbe espresso da un campione

di soggetti esposti ad un determinato microclima.

Secondo la norma UNI EN ISO 7730 (1997) e

s.m.i. “ambienti termici moderati –determina-

zione degli indici PMV e PPD e specifica

delle condizioni di benessere termico”, sono

accettabili valori di:

• PMV compreso tra –0,5 e +0,5;

• PPD < 10%.

MICROCLIMA MICROCLIMA

PMV compreso tra –0,5 e +0,5 PPD < 10%

RADIAZIONI

OTTICHE ARTIFICIALI

(R.O.A.)

20

COSA SONO?

Onda: perturbazione da uno stato di equilibrio

Onda elettromagnetica: perturbazione di natura

simultaneamente elettrica e magnetica che si propaga

nello spazio e che può trasportare energia da un punto

ad un altro. Si parla in questo caso di energia radiante o

radiazione

COSA SONO?

Le radiazioni si possono classificare in base a:

Cosa sono?

CHE COSA SONO?

Le sorgenti di radiazioni ottiche possono inoltre essere

classificate in:

ORGANI A RISCHIO

Gli organi più esposti alla radiazione ottica sono quelli direttamente

raggiungibili dalla radiazione stessa:

EFFETTI BIOLOGICI

Tali possibili lesioni sono dovute:

21

ULTERIORI RISCHI POTENZIALI

Oltre ai rischi per la salute dovuti all’esposizione diretta alle radiazioni

ottiche artificiali esistono ulteriori rischi indiretti quali:

Sovraesposizione a luce visibile: disturbi temporanei visivi, quali abbagliamento, accecamento temporaneo;

Rischi di incendio e di esplosione innescati dalle sorgenti stesse e/o dal fascio di radiazione

LA SEGNALETICA DI SICUREZZA

La segnaletica di identificazione della presenza di ROA si trova nelle aree

in cui i lavoratori o i visitatori possono essere esposti al rischio.

RADIAZIONI OTTICHE COERENTI

Agli accessi delle aree contenenti laser di

classe 3B e classe 4

RADIAZIONI OTTICHE INCOERENTI

Mancando uno specifico cartello di avvertimento, in attesa

di chiarimenti normativi, è stato impiegato quello previsto

dalle Indicazione operative del Coordinamento Tecnico per

la Sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle

Province autonome in collaborazione con ISPESL e ISS.

VALUTAZIONE DEI RISCHI

RISCHIO ELETTRICO

INTRODUZIONE

➢ In Italia si verificano mediamente cinque infortuni elettrici

mortali ogni settimana: un primato europeo!

➢ I luoghi più pericolosi, dal punto di vista elettrico, sono i cantieri

edili e i locali da bagno o per doccia.

➢ La maggior parte degli infortuni sono causati dagli impianti di

bassa tensione non conformi alla regola dell’arte, ed in misura

minore dai componenti elettrici e dall’errore umano.

➢ Molti infortuni avvengono per contatto con le linee elettriche

aeree esterne, di media tensione; i mezzi di contatto più

frequenti sono le gru, le autogru, le autobetoniere, le aste

metalliche, le canne da pesca.

➢ Almeno il 10% di tutti gli incendi hanno origine dall’impiantoelettrico o dagli apparecchi elettrici utilizzatori.

EFFETTI DELLA CORRENTE ELETTRICA

SUL CORPO UMANO➢ Il passaggio di corrente elettrica attraverso il corpo umano può

determinare numerose alterazioni e lesioni, temporanee o

permanenti. La corrente elettrica produce un’azione diretta:

1. TETANIZZAZIONE

2. ARRESTO DELLA RESPIRAZIONE

3. FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE

4. USTIONI

➢ Sui vasi sanguigni, sul sangue, sulle cellule nervose

➢ Nel sistema cardiaco (aritmie, lesioni al miocardio,

alterazioni permanenti di conduzione)

➢ Nell’attività celebrale (modificazione

dell’elettroencefalogramma) e nel sistema nervoso

centrale.

Gli effetti più frequenti e più importanti che la corrente produce sul

corpo umano sono fondamentalmente quattro:

TETANIZZAZIONE

➢ Se uno stimolo elettrico è applicato ad una muscolo, esso si contrae, per poiritornare allo stato di riposo. Se al primo stimolo ne segue un secondo, prima

che il muscolo sia tornato allo stato di riposo, i due effetti possono sommarsi.Più stimoli opportunamente intervallati contraggono ripetutamente il muscoloin modo progressivo (contrazione tetanica).

➢ La “tetanizzazione dei muscoli” è la contrazione involontaria dei muscoliinteressati al passaggio della corrente.

➢ E’ per questo motivo che l’infortunato, se attraversato da corrente alternata,

può rimanere appiccicato alla parte in tensione; il contatto perdura neltempo e può produrre svenimenti, asfissia, collasso, stato di incoscienza.

➢ Il più elevato valore di corrente per cui il soggetto è ancora capace dilasciare la presa della parte in tensione con la quale è in contatto è la

corrente di rilascio:

Donne: 10 mA (50Hz); Uomini: 15 mA (50 Hz)

22

ARRESTO DELLA RESPIRAZIONE

➢ Correnti superiori ai limiti sopra indicati per la corrente di

rilascio producono nell’infortunato difficoltà di

respirazione e segni di asfissia: il passaggio della correntedetermina una contrazione dei muscoli addetti alla

respirazione e una paralisi dei centri nervosi che

sovrintendono alla funzione respiratoria; se la correnteperdura, l’infortunato perde conoscenza e può morire

soffocato.

➢ Circa il 6% delle morti per folgorazioni è dovuto ad

asfissia. Di qui l’importanza della respirazione artificiale

(bocca a bocca), della tempestività con la quale èapplicata e della durata per cui è praticata. E’

necessario intervenire al max. entro 3-4 min.

FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE

➢ La contrazione del muscolo cardiaco nel suo normale

funzionamento è prodotta da impulsi elettrici provenienti dal nodo

seno-atriale, che è un generatore biologico di impulsi elettrici che

comandano il cuore (pacemaker naturale del cuore).

➢ All’attività elettrica normale corrisponde il pulsare ordinato e

ritmico del muscolo cardiaco; quando giunge l’azione

perturbatrice esterna le fibrille ricevono segnali elettrici eccessivi

ed irregolari, vengono sovrastimolate in maniera caotica e iniziano

a contrarsi in modo disordinato, l’una indipendentemente

dall’altra, sicchè il cuore non riesce a svolgere più la sua funzione.

➢ La fibrillazione ventricolare è responsabile di oltre il 90% delle morti

per folgorazione.

➢ E’ stato dimostrato più di recente che una scarica elettrica

violenta opportunamente dosata può arrestare la fibrillazione

stessa (apparecchio defibrillatore). Essa deve essere però

applicata in breve tempo.

USTIONI

➢ Il passaggio di corrente elettrica su una resistenza è

accompagnato da sviluppo di calore per effetto Joule; il

corpo umano non fa eccezione a questa regola generale.

➢ Le ustioni peggiori si hanno sulla pelle, perché questa presenta

una resistività maggiore rispetto agli altri tessuti.

➢ Inoltre la densità di corrente è maggiore in corrispondenza dei

punti di entrata e di uscita della corrente.

RESISTENZA ELETTRICA DEL CORPO UMANO

➢ Spesso ci si riferisce più alle tensioni pericolose che alle

correnti pericolose. Ovviamente le due grandezze sono

legate, tra loro tramite la legge di Ohm, alla resistenza

elettrica del corpo umano:

TBB UIZ = (Tensione di contatto)

➢ In verità il corpo umano corrisponde, in

termini circuitali, ad una impedenza

capacitiva. La capacità Cp risiede

principalmente nella pelle, che si interpone

come isolante elettrico e il tessuto

conduttore sottostante. Il carattere

capacitivo dell’impedenza ZB risulta

evidente solo sopra i 1000 Ohm.

➢ Ai 50 Hz l’impedenza è solo resistiva. E’ una

grandezza estremamente variabile con le

condizioni ambientali.

Circuito

equivalentedel corpo umano

COMPORTAMENTI DA ADOTTARE

• Non toccare attrezzature elettriche con mani bagnate ed assicurarsi che il pavimento o le superfici su cui poggiano, siano asciutti

• Nell’inserire o disinserire le spine dalle prese, impugnare l’apposito involucro esterno e non tirare mai il cavo elettrico

• Evitare la presenza di cavi elettrici sul pavimento e la presenza di prese volanti

• Non effettuare interventi su impianti elettrici e sugli apparecchi in tensione

• Richiedere la sostituzione dei cavi elettrici schiacciati, usurati o rotti

• Non installare ed utilizzare apparecchiature elettriche non autorizzate

• Al termine della giornata lavorativa spegnere, dove è possibile, tutte le apparecchiature elettriche

VALUTAZIONE DEI RISCHI

RISCHIO RUMORE

23

RISCHIO RUMORE

D.Lgs 9 aprile 2008 n°. 81

TITOLO VIII

AGENTI FISICI

CAPO II

PROTEZIONE DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DI ESPOSIZIONE AL RUMORE DURANTE IL

LAVORO

➢ pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della

pressione acustica istantanea ponderata in frequenza "C";

➢ livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): valore

medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di

esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di

otto ore;

➢ livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w): valore

medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di

esposizione giornaliera al rumore per una settimana nominale di

cinque giornate lavorative di otto ore,

ART. 188 - DEFINIZIONI

➢ valori limite di esposizione rispettivamente

LEX = 87 dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 μPa);

➢ valori superiori di azione: rispettivamente

LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 μPa);

➢ valori inferiori di azione: rispettivamente

LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 μPa).

ART. 189 - VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE E VALORI DI AZIONE

Il suono è una perturbazione meccanica emessa da una sorgente

che si propaga in un mezzo elastico (gas, liquido, solido) sotto forma

di vibrazioni e che è in grado di eccitare il senso dell’udito.

SORGENTE propagazione RICEVITORE

IL SUONO LIVELLI DI PRESSIONE SONORA (DB) NELLA VITA QUOTIDIANA

SOGLIA DEL DOLORE

Aereo a reazione al decollo130

Motori e reattori al banco/discoteca in talune

situazioni

120

Martello pneumatico / allarme110 - 120

Tromba di automobile / tessitura100 - 110

LIMITE DI SOPPORTABILITA’

Motociclo in accelerazione90 - 100

Traffico stradale / aspirapolvere70 - 80

Conversazione / ufficio affollato60 - 70

biblioteca / abitazione silenziosa30 - 40

Tic tac di un orologio20

Soglia di udibilità5 – 10

Il RUMORE è invece prodotto da onde

irregolari e non periodiche che

generano una sensazione sgradevole e

fastidiosa dell'orecchio

Il SUONO è prodotto da onde acustiche regolari

e periodiche con uguale frequenza (toni puri)

IL SUONO E IL RUMORE

Effetti del rumore: dipendono principalmente dall’intensità e dalla durata dell’esposizione.

A livello uditivo l’esposizione a rumore elevato per tempi prolungati può determinare l’insorgenza di ipoacusia neurosensoriale bilaterale.

24

LAeq,Te

Per quantificare l’esposizione di un lavoratore al rumore si utilizza

il:LIVELLO EQUIVALENTE

livello, espresso in dB, di un ipotetico rumore costante che, se sostituito al

rumore reale per lo stesso intervallo di tempo T, comporterebbe la stessa

quantità totale di energia sonora. VALORE ENERGETICO MEDIO

(Ppeak): valore massimo della pressione sonora acustica

istantanea ponderata in frequenza C

E’ molto importante nella valutazione del rumore impulsivo.

È noto infatti che a parità di contenuto energetico medio, un rumore

che presenta caratteristiche di impulsività costituisce un fattore di rischio

aggiuntivo per la salute di cui bisognerebbe tenere conto nella

valutazione del rischio.

Ppeak

PRESSIONE ACUSTICA DI PICCO D.P.I.

(dispositivi di protezione individuale)

➢ INSERTI (ovatte e filtri da introdurre nelcondotto uditivo)

➢ CUFFIE (adatte a esposizioniprolungate, più efficaci degli inserti,permettono l’ascolto della voce diconversazione)

➢ CASCHI (indicati per attivitàparticolarmente rumorose,ingombranti, non permettonol’ascolto della voce di conversazione)

USO DEGLI INSERTI E DELLA CUFFIA

25

OTOPROTETTORI PERSONALIZZATI

INSERTI PERSONALIZZATI➢Comodi e confortevoli, perché realizzati

su misura;➢Costosi;➢Duraturi.

IMPORTANTE!Per essere pienamente efficace, i dispositivi di protezione individuale dell'udito devono essere utilizzati con continuità per tutta la durata dell’esposizione al rumore

PROTEZIONE DA

AGENTI CHIMICI

➢ esplosivi;

➢ infiammabili;

➢ facilmente infiammabili;

➢ estremamente infiammabili;

➢ comburenti;

➢ corrosivi;

CAMPO DI APPLICAZIONE

Occorre riferirsi ad agenti chimici pericolosi per la sicurezza

classificati come:

➢ molto tossici;

➢ tossici;

➢ nocivi;➢ irritanti;

➢ sensibilizzanti;

➢ tossici per il ciclo produttivo;

CAMPO DI APPLICAZIONE

e ad agenti chimici pericolosi per la salute classificati come:

mentre sono escluse dal campo di applicazione sostanze e preparati che siano solo pericolosi per

l’ambiente.

AGENTI CHIMICI CLASSIFICATI COME SOSTANZE PERICOLOSE AI SENSI DEL D.lgs. 52/97, E SUCCESSIVE MODIFICHE;

AGENTI CHIMICI PERICOLOSI

AGENTI CHIMICI CLASSIFICATI COME MISCELE (EX PREPARATI) PERICOLOSE AI SENSI DEL D. LGS. 14 MARZO 2003, N. 65, E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI, NONCHÉ GLI AGENTI CHE RISPONDONO AI CRITERI DI CLASSIFICAZIONE COME PREPARATI PERICOLOSI DI CUI AL PREDETTO DECRETO.

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AGENTI CHIMICI CLASSIFICATI COME MISCELE (EX PREPARATI) PERICOLOSE AI SENSI DEL D. LGS. 14 MARZO 2003, N. 65, E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI, NONCHÉ GLI AGENTI CHE RISPONDONO AI CRITERI DI CLASSIFICAZIONE COME PREPARATI PERICOLOSI DI CUI AL PREDETTO DECRETO.

AGENTI CHIMICI PERICOLOSI VIE DI ASSORBIMENTO DEI PRODOTTI CHIMICI

INTOSSICAZIONE ACUTA:

Dovuta all’esposizione a quantità elevate di prodotto e si configura come infortunio sul lavoro

RISCHI DOVUTI AD AGENTI CHIMICI

INTOSSICAZIONE CRONICA:

Si manifesta dopo l’esposizione continuata e prolungata anche a quantità minime di prodotto

MALATTIE ALLERGICHE:

Le malattie allergiche possono insorgere in soggetti con predisposizione individuale dopo un’esposizione di durata variabile ad agenti chimici anche non pericolosi

ALCUNI RISCHI VENGONO PERCEPITI CON MAGGIORE EVIDENZA(una macchina pericolosa, l’alta velocità in automobile, la manipolazione di sostanze pericolose note a tutti come varichina o acido muriatico)

L’INSIDIA DEL RISCHIO CHIMICO

ALCUNI AGENTI CHIMICI PERO’ NON DANNO SEGNALI EVIDENTI DELLA LORO NOCIVITA’ ED ALTRI PRODUCONO EFFETTI SOLO A LUNGO TERMINE O POSSONO REAGIRE TRA LORO.

E’ IL PRINCIPALE VEICOLO DI INFORMAZIONI PER VALUTARE LA POTENZIALE PERICOLOSITA’ DEL PRODOTTO E

QUINDI ANCHE IL RISCHIO NELL’USO

LE SCHEDE DI SICUREZZA

• DEVONO ESSERE FORNITE GRATUITAMENTE DAL PRODUTTORE;

• IN LINGUA ITALIANA;

• AGGIORNATE E RIDISTRIBUITE IN CASO DIMODIFICHE DELLA COMPOSIZIONE DEL PRODOTTO.

• DEVONO ESSERE FORNITE GRATUITAMENTE DAL PRODUTTORE;

• IN LINGUA ITALIANA;

• AGGIORNATE E RIDISTRIBUITE IN CASO DI MODIFICHE DELLA COMPOSIZIONE DEL PRODOTTO.

LE SCHEDE DI SICUREZZA

LE “SCHEDE DI SICUREZZA” DEI PRODOTTI UTILIZZATI DEVONO ESSERE DISPONIBILI PRESSO LO STABILIMENTO.

SONO DIVISE IN 16 PUNTI:

27

Punto 1 Identificazione della sostanza e della società produttrice

Punto 2 Composizione/informazione sugli ingredienti

Punto 3 Identificazione dei pericoli

Punto 4 misure di primo soccorso

Punto 5 Misure antincendio

Punto 6 Misure in caso di fuoriuscita accidentale

Punto 7 Manipolazione ed immagazzinamento

Punto 8 Controllo dell’esposizione/protezione individuale

Punto 9 Proprietà fisiche e chimiche

Punto 10 Stabilità e reattività

Punto 11 Informazioni tossicologiche

Punto 12 Informazioni ecologiche

Punto 13 Considerazioni sullo smaltimento

Punto 14 Informazioni sul trasporto

Punto 15 Informazioni sulla regolamentazione

Punto 16 Altre informazioni

PRINCIPALI SIMBOLI DI PERICOLO

CHIMICO

LO STRESS LAVORO –

CORRELATO

28

RISCHIO PSICOSOCIALE

L’INSIEME DELLE VARIABILI ORGANIZZATIVE, GESTIONALI,

AMBIENTALI E RELAZIONALI CHE POSSONO CAUSARE UN

DANNO PSICOLOGO, SOCIALE O FISICO ALLE PERSONE (COX,

RIAL – GONZALES, 2002)

… NONCHÉ DETERMINARE EFFETTI NEGATIVI IN TERMINI DI

EFFICIENZA E DI IMMAGINE A LIVELLO ORGANIZZATIVO,

ECONOMICO, SOCIALE E AMBIENTALE (DE CARLO, FALCO E

SIRAGUSA, 2008)

RISCHIO PSICOSOCIALE

❑ I RISCHI PSICOSOCIALI E LO STRESS LAVORO-CORRELATO

CONSIDEREVOLI RIPERCUSSIONI SULLA SALUTE DELLE

SINGOLE PERSONE, MA ANCHE SU QUELLA DELLE IMPRESE

E DELLE ECONOMIE NAZIONALI

❑ CIRCA METÀ DEI LAVORATORI EUROPEI CONSIDERA LO

STRESS COMUNE NEI LUOGHI DI LAVORO E AD ESSO È

DOVUTA QUASI LA METÀ DI TUTTE LE GIORNATE LAVORATIVE

PERSE

RISCHIO PSICOSOCIALE

È IMPORTANTE NON CONFONDERE I RISCHI PSICOSOCIALI, CON

UN AMBIENTE CON UN CARICO DI LAVORO ECCESSIVO, MA

ESEGUITE IN CONDIZIONI STIMOLANTI,

DIVERSO E’ UN AMBIENTE DI LAVORO CHE DÀ SOSTEGNO E I

LAVORATORI SONO CORRETTAMENTE PREPARATI E MOTIVATI A

UTILIZZARE AL MEGLIO LE LORO CAPACITÀ, NONOSTANTE IL

LAVORO SIA TALVOLTA IMPEGNATIVO.

UN BUON AMBIENTE PSICOSOCIALE CONSENTE DI

PROMUOVERE IL MIGLIORAMENTO DELLE PRESTAZIONI, LO

SVILUPPO PERSONALE E IL BENESSERE FISICO E MENTALE DEI

LAVORATORI

RISCHIO PSICOSOCIALE

LO STRESS SI MANIFESTA TRA I LAVORATORI QUANDO LE

RICHIESTE AVANZATE NEI LORO CONFRONTI SUPERANO LA

LORO CAPACITÀ DI FARVI FRONTE

OLTRE AI PROBLEMI DI SALUTE MENTALE, I LAVORATORI

SOTTOPOSTI A STRESS PROLUNGATO POSSONO SVILUPPARE

GRAVI PROBLEMI DI SALUTE FISICA COME LE MALATTIE

CARDIOVASCOLARI O I DISTURBI MUSCOLOSCHELETRICI

GLI EFFETTI…DALLA PARTE DELLE

AZIENDE

❑ UNA SCARSA REDDITIVITÀ COMPLESSIVA

❑ UN MAGGIORE ASSENTEISMO

❑ PRESENTEISMO MA CON SCARSA EFFICIENZA

❑ AUMENTO DEI TASSI DI INCIDENTI E INFORTUNI.

❑ LE ASSENZE TENDONO AD ESSERE PIÙ LUNGHE DI QUELLE

DOVUTE AD ALTRE CAUSE

FATTORI DI RISCHIO

FATTORI OGGETTIVI

❑ ORGANIZZAZIONE E PROCESSI

DI LAVORO

❑ CONDIZIONE E AMBIENTE DI

LAVORO

❑ COMUNICAZIONE

FATTORI SOGGETTIVI

❑ PERCEZIONE SOGGETTIVA

DELLO STRESS

❑ MANIFESTAZIONE EMOTIVE

(ANSIA, TENSIONE,

IRRITABILITÀ, INSICUREZZA)

❑ COMPORTAMENTO

DISFUNZIONALI ABUSO DI

ALCOL E/O SOSTANZE

ILLEGALI

❑ COMPORTAMENTI

SINTOMATICI DI STRESS

(AGGRESSIVITÀ, FUGA,

ISOLAMENTO)

29

STRESS

❑ REAZIONE NON SPECIFICA ESIBITA DALL’ORGANISMO

QUANDO DEVE AFFRONTARE UN’ESIGENZA O ADATTARSI AD

UNA NOVITÀ

❑ STRESS IN SE NON È UNA CONDIZIONE NEGATIVA, AL

CONTRARIO È UNA REAZIONE ADATTIVA DELL’ORGANISMO

STRESS

STRESSOR STIMOLI ESTERNI CHE ATTIVANO IL MECCANISMO

❑ STIMOLI FISICI

❑ STIMOLI CHIMICI

❑ RELAZIONALI: EMOZIONI, FRUSTRAZIONI, CONFLITTI E

RELAZIONE INADEGUATE

STRESS

PUÒ DIVENTARE DISFUNZIONALE PER L’OPERATORE STESSO EPER L’ASSISTITO ED INFICIARE LA RELAZIONE.

SE LA PERSONA NON RIESCE A COMPRENDERE E ADADATTARSI, NON ELABORANDO COGNITIVAMENTE GLI STIMOLIIN CHIAVE POSITIVA, RISCHIA DI INSTAURARE UNA CONDIZIONEDI STRESS NEGATIVO

STRESS

SITUAZIONE DI ESAURIMENTO DELLE FORZE FISICHE E

PSICHICHE

GLI ELEMENTI CHE DETERMINANO LA GRAVITÀ DI UNA

SITUAZIONE DI STRESS SONO:

❑ DURATA DELL’ESPERIENZA

❑ INTENSITÀ (GRADO DI GRAVITÀ E DI PERICOLOSITÀ)

❑ CAMPO DI AZIONE ( AREA COLPITA)

30

STRESS

“NON È TANTO IMPORTANTE QUELLO CHE CI ACCADE,

QUANTO IL MODO IN CUI VI REAGIAMO!”

STRESSOR VALUTAZIONE

COGNITIVA ATTIVAZIONE

EMOZIONALESTRESS

Esperienze precedenti

Struttura di personalità

Aspetti fisiologici

Aspetti comportamentali

STRESS RAPPORTO TRA INTENSITÀ E GRADO DI

STRESS

SIA LA MANCANZA CHE L’ECCESSO DI STIMOLI STRESSANTI

POSSONO PORTARE AD UNA REAZIONE DI STRESS.

LA MANCANZA TOTALE DI STRESS PROVOCA LA MORTE

UN GRADO MODERATO DI STRESS HA EFFETTI POSITIVI

STRESS

I GRADI MASSIMI DI STRESS SI TROVANO AGLI ESTREMI DEL

CONTINUUM DI STIMOLAZIONE (LEVYNE)

GRADO DI STRESS

MINIMA STIMOLAZIONE MASSIMA

STRESS

STRESS CRONICO

SINDROME DI BURN – OUT

PROBABILE

CHE COSA È IL BURN – OUT?

SINDROME DOVUTA AD UNA CONDIZIONE DI FORTE STRESS

LAVORATIVO

SITUAZIONE EMOZIONALE DI FRUSTRAZIONE E

DEMORALIZZAZIONE, IN CUI L’INDIVIDUO SENTE DI USARE

RISORSE E COMPORTAMENTI INADEGUATI PER FRONTEGGIARE

GLI EVENTI

31

CAMPANELLI DI ALLARME

C H E AV V E R T O NO D E L PA S S A G G I O D A U N A

C O N D I Z I O N E D I S T R E S S C R O N I C O NO N P I Ù

T O L L E R A B I L E AL L A S I T U A Z I O N E D I B U R N - O UT

V E R A E P R O P R I A

CAMPANELLI DI ALLARME

SEGNALI FISICI

DOLORI MUSCOLARI, ADDOMINALI E AL PETTO; SUDORE ALLE MANI; AFFATICAMENTO; SENSAZIONE DI BOCCA SECCA; DISTURBI DEL SONNO E DELL’ALIMENTAZIONE

SEGNALI EMOTIVI

DEPRESSIONE, PAURA, ANSIA, FRUSTRAZIONE, RABBIA, IRASCIBILITÀ E INTOLLERANZA, SENTIMENTO DI INUTILITÀ

SEGNALI COMPORTAMENTALI

PERDITA DELL’ATTENZIONE E DELLA CONCENTRAZIONE, IPERATTIVITÀ, PIANTO IMPROVVISO, VITTIMISMO

FATTORI DI RISCHIO

FATTORI SOCIO – AMBIENTALI

ECCESSIVO CARICO DI LAVORO, SCARSA DEFINIZIONE DI RUOLI E COMPETENZE, TENDENZA ALL’INDIVIDUALISMO, COMPETITIVITÀ, QUALITÀ DELLE RELAZIONI CON I COLLEGHI

FATTORI INDIVIDUALI

SIGNIFICATO ATTRIBUITO AL LAVORO, ASPETTATIVE ECCESSIVE E IRREALISTICHE, SCARSA MOTIVAZIONE

32

DISAGIO CRESCENTE IN TRE FASI

1) ESAURIMENTO EMOTIVO

2) DEPERSONALIZZAZIONE

3) RIDUZIONE SEMPRE PIÙ MARCATA DEL SENSO DELLA

RELAZIONE PERSONALE

ESAURIMENTO EMOTIVO

SQUILIBRIO TRA LE RISORSE DISPONIBILI E IL CARICO CUI

L’OPERATORE DEVE FAR FRONTE

LAVORO PERCEPITO COME NON PIÙ STIMOLANTE, MA COME

ROUTINE, MONOTONIA E TUTTO DIVENTA PESANTE E GRAVOSO

STANCHEZZA, STRESS, AFFATICAMENTO, SCORAGGIAMENTO,

SENSAZIONE DI FALLIMENTO, RABBIA, TENSIONE, TENDENZA

ALL’ISOLAMENTO, SINTOMI DEPRESSIVI

INSONNIA, DISTURBI DEL SONNO, EMICRANIA, PROBLEMI

GRASTRO-INTESTINALI

SINTOMI

DEPERSONALIZZAZIONE

ATTEGGIAMENTO DIVERSO VERSO IL LAVORO E VERSO GLI

ASSISTITI, PERCEPITI COME COSE E NON PERSONE

CINISMO, AGGRESSIVITÀ,INCAPACITÀ DI ASCOLTO

ASSENTEISMO, RIGIDEZZA, RIPETITIVITÀ PASSIVA E ACRITICA

DELLE PROCEDURE

PERDITA DEL SENSO DI REALIZZAZZIONE PERSONALE

PERDITA DELLA FIDUCIA IN SÉ STESSI COME LAVORATORE,

DELLE PROPRIE COMPETENZE E CAPACITÀ PROFESSIONALI

SINTOMI

❑ APATIA, OSTILITÀ E DISTACCO EMOTIVO

❑ FREDDEZZA, CINISMO

❑ AGIRE ESCLUSIVAMENTE TECNICO E PERDITA DELLA

RELAZIONE DI AIUTO (PRENDERSI CURA)

❑ FALLIMENTO PROFESSIONALE

❑ FRUSTRAZIONE PER LA PROPRIA INADEGUATEZZA

33

COME CI DIFENDIAMO?

LA PERSONA TERAPEUTA DI SE STESSA

ELIMINARE I PREGIUDIZI SULLO STRESS

COMPRENDERE LA FUNZIONALITÀ DELLO STRESS

VALUTARE DA SOLI LE PROPRIE SPECIFICHE CAUSE DI STRESS

PER TROVARE SOLUZIONI ADATTIVE

COME CI DIFENDIAMO?

COMPRENDERE LE RISPOSTE INDIVIDUALI AL SOVRACCARICO

DI STRESS

L’IMPORTANZA DI RIVESTIRE UN RUOLO ATTIVO NEL DISAGIO MA

ANCHE NELLA GUARIGIONE

FORMAZIONE CONTINUA

PREVENZIONE

« A F F R O N TA R E L A Q U E S T IO N E D E L L O S T R E S S

L AV O R O - C O R R E L ATO P U Ò C O N D U R R E A D U N A

MA G G IO R E E F F IC IE N Z A E A D U N MIG L IO R A M E N TO

D E L L A S A L U T E E D E L L A S IC U R E Z Z A D E I

L AV O R ATO R I , C O N C O N S E G U E N T I B E N E F IC I

E C O N O MIC I E S O C IA L I P E R L E A Z IE N D E ,

L AV O R ATO R I E S O C IE T À N E L S U O C O MP L E S S O »

PROMOZIONE DEL BENESSERE

ORGANIZZATIVO

CAPACITÀ DI UN’ORGANIZZAZIONE DI PROMUOVERE E

MANTENERE IL BENESSERE FISICO, PSICOLOGICO E SOCIALE

DEI LAVORATORI

34

AZIONI DI MIGLIORAMENTO (Accordo Europeo, 8/10/2004)

MISURE DI GESTIONE E DI COMUNICAZIONE

❖ CHIARIRE GLI OBIETTIVI AZIENDALE

❖ SOSTEGNO ADEGUATO RECIPROCO

❖ COERENZA, RESPONSABILITÀ E CONTROLLO SUL LAVORO

FORMAZIONE DEI DIRIGENTI E DEI LAVORATORI

IN-FORMAZIONE E CONSULTAZIONE DEI LAVORATORI

TENDERE ALLA QUALITA’ SIGNIFICA…..

❖ EFFICACIA RAGGIUNGIMENTO OBBIETIVI PREFISSATI

❖ EFFICIENZA USO APROPRIATO DELLE RISORSE NO

SPRECO

❖ PRODUTTIVITA CAPACITA DI OFFRIRE QUANTO STABILITO

❖ INTEGRAZIONE COORDIMENTO DELL RIORSE PER

COLMARE I BISOGNI DELL’UTENTE

IO

UTENTEGRUPPO

CONNESSIONE

COMPORTAMENTO INDIVIDUALE

❑ MATURITÀ PSICOLOGICA: VOLONTÀ DI FARE

❑ MATURITÀ PROFESSIONALE: CAPACITÀ DI FARE

❑ MATURITÀ RELAZIONALE: VOLONTÀ DI FARE INSIEME

STRATEGIE OPERATIVE

STRATEGIE ATTE A RIDURRE LO STRESS E PROMUOVERE IL

BENESSERE

1. IL PROBLEM SOLVING

2. IL COPING

3. IL GRUPPO DI LAVORO

IL PROBLEM SOLVING

PROCESSO MEDIANTE IL QUALE CI CONCENTRIAMO SUL

PROBLEMA PIUTTOSTO CHE SULLA RICERCA DI UNA SOLUZIONE

IMMEDIATA

DISAMINA DELLA SITUAZIONE PROBLEMATICA A PARTIRE DAGLI

SCENARI, CONTESTI E SITUAZIONI

35

PROCESSO METODOLOGICO DEL

PROBLEM SOLVING

a) PERCEZIONE E RICONOSCIMENTO DEL PROBLEMA NELLA SUA COMPLESSITÀ E NEL SUO CONTESTO

b) DEFINIZIONE DEL PROBLEMA

c) ANALISI DEL PROBLEMA: VALUTAZIONE DELLE CAUSE E DIVISIONE DEL PROBLEMA NELLE SUE PARTI PIÙ ESSENZIALI

d) PRODUZIONE DI SOLUZIONI ALTERNATIVE: FASE PIÙ CREATIVA IN CUI SI CERCA DI PRODURRE TUTTE LE SOLUZIONI POSSIBILI

e) VALUTAZIONE DELLE ALTERNATIVE MEDIANTE ANALISI CRITICA DELLE SOLUZIONI PROPOSTE

COPING O FRONTEGGIAMENTO

STRATEGIA MESSA IN ATTO DAL SOGGETTO PER “FAR FRONTE” A UN PROBLEMA, INTESO COME UNA SITUAZIONE IN CUI LA PERSONA PERCEPISCE IL COMPITO DA ESEGUIRE COME TROPPO FATICOSO IN BASE ALLE SUE RISORSE INTERNE E ALLE SUE CAPACITÀ.

RELAZIONE ASTRATTA TRA LE RISORSE DEL SOGGETTO E IL COMPITO DA SVOLGERE.

DUE CATEGORIE DI COPING

COPING CENTRATO SUL PROBLEMA

LA PERSONA SI FOCALIZZA SUL PROBLEMA TENTANDO DI MIGLIORARNE LA SITUAZIONE E MODIFICANDO IL CONTESTO, MEDIANTE AZIONI SPECIFICHE (CHIEDERE AIUTO, CERCARE INFORMAZIONI, FISSARE OBIETTIVI)

COPING CENTRATO SULLE EMOZIONI

LA PERSONA SI IMPEGNA PER ALLEVIARE LA TENSIONE EMOTIVA ASSOCIATA ALLA SITUAZIONE STRESSANTE, MEDIANTE MECCANISMI DI DIFESA ATTI A FAR STARE MEGLIO LA PERSONA (MINIMIZZAZIONE, PROIEZIONE, ATTRIBUZIONE DI SIGNIFICATO ECC…)

IL LAVORO DI GRUPPO

COSA SIGNIFICA ESSERE GRUPPO?

NOI

IOIO

IO

IOIOIO

IO

IO

IO

SPAZIO DI CONDIVISIONE PER RIFLETTERE SUI PROBLEMI E

TROVARE SOLUZIONI INSIEME

GRUPPO

❑ OGNI COMPONENTE DEL GRUPPO È UN VALORE AGGIUNTO

❑ DEFINIZIONE PRECISA DEI RUOLI E DEI COMPITI DI

CIASCUNO

❑ RICONOSCIMENTO DELL’ALTRO E DELLE COMPETENZE DI

CIASCUNO

❑ NON GRUPPO RIGIDO – CHIUSO

❑ SOSTEGNO E AIUTO RECIPROCO NELLE SITUAZIONI

QUOTIDIANE

36

GRUPPO

❑ FLESSIBILITÀ PER CONSIDERARE I DIVERSI PUNTI DI VISTA

❑ ASSERTIVITÀ

❑ CREATIVITÀ E FANTASIA

❑ EMPATIA

❑ SENSO DI RESPONSABILITÀ PER IL PROPRIO LAVORO

❑ SENSO DI APPARTENENZA AL GRUPPO E

ALL’ORGANIZZAZIONE

IL LAVORO DI GRUPPO

1) OBIETTIVO E FINE COMUNE

2) COLLABORAZIONE TRA I MEMBRI

3) COORDINAMENTO DEI CONTRIBUITI DELLE PERSONE

4) PROFESSIONALITÀ VARIE E SPECIFICHE

5) CONDIVISIONE DI CULTURA E DI VALORI COMUNI

6) INTEGRAZIONE TRA I MEMBRI

7) LIBERTÀ DI ESPRESSIONE

8) SVILUPPO DI IDENTITÀ DI GRUPPO

9) CONOSCENZA DEI MEZZI E/O STRUMENTI DI LAVORO

10) COMUNICAZIONE EFFICACE

LAVORARE

LAVORARE IN GRUPPO

LAVORARE IN GRUPPO, COME AMBIENTE SIA FISICO CHE

RELAZIONALE, DOVE LE PERSONE SI TROVANO PER OPERARE

INSIEME

LAVORARE CON IL GRUPPO, COME STRUMENTO IN CUI

VENGONO SVOLTI DETERMINATI COMPITI CHE PER LORO

NATURA RICHIEDONO ILCONTRIBUTO COORDINATO DI PIU

FIGURE PROFESSIONALI

LAVORARA PER IL GRUPPO, COME INGRANAGIO PER

FUNZIONARE IN MODO OTTIMALE NECESSITA DI ATTENZIONI PARTICOLARE E DI UNA CONTINUA MANUTENZIONE

IL LAVORO DI GRUPPO

RISCHIO AGGRESSIONE

37

RISCHIO AGGRESSIONE

Le aggressioni talvolta non si limitano solamente alle offese verbali, ma il più delle volte evolvono col

contatto fisico, fino all’aggressione con esiti che possono arrivare fino alla morte.

Prevenire gli atti di violenza contro gli operatori diviene quindi uno degli obiettivi principali al fine di

consentire l’eliminazione o riduzione delle condizioni di rischio presenti e per consentire l’acquisizione di competenze da parte degli operatori nel valutare e

gestire tali eventi quando accadono.

RISCHIO AGGRESSIONE

Ciascuna struttura dovrebbe elaborare ed implementare un programma di prevenzione della

violenza, le cui finalità sono:

➢ Diffondere una politica di tolleranza zero verso atti

di violenza, fisica o verbale, nei servizi assicurarsi che operatori, pazienti, siano a conoscenza di tale

politica;➢ Incoraggiare il personale a segnalare prontamente

gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o

eliminare i rischi;

RISCHIO AGGRESSIONE

L’aggressività ha origine da due fattori:

➢ Comportamenti caratteriali della persona

➢ Comportamenti specifici della patologia di cui sono affetti

RISCHIO AGGRESSIONE

Esistono tre tipi di violenza

Violenza cosiddetta di tipo caldo (reattiva, non pianificata e di solito collegata a una frustrazione e a un aumento dello stato di ESCALATION) di cui sono

segni comportamentali prodromici:

Violenza di tipo freddo (pianificata, generalmente in relazione a deliri cronici di persecuzione, di gelosia o erotici);

Tendenza cronica al comportamento violento.

Che se non opportunamente bloccate portano all’aggressione vera e propria:

RISCHIO AGGRESSIONE

Alcune cause che possono far scaturire l’aggressione:

NegazioneControllo degli effetti personali

Modalità degli operatori nella relazioneCambiamentiStati di eccitazione

Mancata volontà di eseguire dei compiti o di rispettare le regole.

Occorre fare una ricerca continua delle motivazioni che fanno scaturire un’aggressione.

RISCHIO AGGRESSIONE

CICLO DELL’AGGRESSIONE

Il comportamento violento avviene spesso secondo una progressione che, partendo dall’uso di espressioni verbali aggressive, arriva fino a gesti estremi quali

l’omicidio.La conoscenza di tale progressione può consentire al

personale di comprendere quanto accade ed interrompere il corso degli eventi.

Uso di espressioni

verbali aggressive

Impiego di gesti

violenti

Minaccia Contatto fisico

38

RISCHIO AGGRESSIONE

CICLO DELL’AGGRESSIONE

Ogni agito violento segue un andamento che parte dalla causa (innesco della reazione) segue un escalation o arousal fino all’acme (dove si ha l’agito)

poi una fase di de-escalation fino al disinnesco della reazione.

➢ Pugni stretti, denti serrati, sguardo minaccioso

➢ Minacce verbali, aumento di volume della voce, emissione della voce continua

➢ Gesticolazione, camminata rapida, altri movimenti

corporei➢ Assenza di recettività in risposta al primo intervento

del terapeuta

RISCHIO AGGRESSIONE

CICLO DELL’AGGRESSIONE

RISCHIO AGGRESSIONE

CICLO DELL’AGGRESSIONE

ESCALATION è la condizione di attivazione psicomotoria che è alla base di qualunque atto di aggressività e che è caratterizzata da cambiamenti

emotivi, fisici e psicologici, l'inibizione delle abituali capacità di comunicazione e risoluzione dei problemi,

il prevalere delle idee dominanti. L'organismo si predispone così alla lotta o alla fuga;

DE-ESCALATION è l'insieme di interventi di desensibilizzazione che hanno come obiettivo il

contenere lo sviluppo comportamentale naturale del ciclo dell'aggressione.

RISCHIO AGGRESSIONE

CICLO DELL’AGGRESSIONE

ESCALATION è la condizione di attivazione psicomotoria che è alla base di qualunque atto di aggressività e che è caratterizzata da cambiamenti

emotivi, fisici e psicologici, l'inibizione delle abituali capacità di comunicazione e risoluzione dei problemi,

il prevalere delle idee dominanti. L'organismo si predispone così alla lotta o alla fuga;

DE-ESCALATION è l'insieme di interventi di desensibilizzazione che hanno come obiettivo il

contenere lo sviluppo comportamentale naturale del ciclo dell'aggressione.

IL PIANO DI EMERGENZA

IL PRINCIPALE OBIETTIVO È QUELLO DI

PROTEGGERE LA VITA UMANA E

SALVAGUARDARE LA PROPRIETÀ E

L’AMBIENTE

OBIETTIVI

39

La struttura del piano varia molto a

seconda del tipo di attività, del tipo di

azienda, dalla sua conformazione, dal

numero di dipendenti e da una serie di

parametri talmente diversificati che ne

impediscono la creazione di un modello

valido per tutti i casi

STRUTTURA

Occorre ricordare che in caso di stress e

tensione si tende a perdere lucidità e

pertanto il piano va strutturato tenendo

conto di tale aspetto

AZIONI

Le azioni devono essere

poche, semplici ed

efficaci

(con procedure complesse il rischio di saltare alcuni passaggi fondamentali è molto

elevato)

AZIONI

❖ SEGUIRE LE PROCEDURE;

❖ DARE L’ALLARME E ALLONTANARE LE PERSONE IN

PROSSIMITA’ DELL’EVENTO;

❖ INTERCETTARE LE ALIMENTAZIONI DEL GAS E

DELL’ENERGIA ELETTRICA;

❖ ALLONTANARE DALLA ZONA EVENTUALI

COMBUSTIBILI;

PROCEDURE❖ INIZIARE L’OPERA DI ESTINZIONE SOLO CON LA

GARANZIA DI UNA VIA DI FUGA SICURA ALLE

PROPRIE SPALLE E CON L’ASSISTENZA DI ALTRE

PERSONE;

❖ AZIONARE GLI IDRANTI SOLO DOPO LA

CONFERMA DELL’AVVENUTA INTERCETTAZIONE

DELLA CORRENTE ELETTRICA;

❖ NEL CASO: ACCERTARSI CHE TUTTO L’EDIFICIO

VENGA EVACUATO;

❖ ALL’ARRIVO DEI VIGILI DEL FUOCO INTERROMPERE

TUTTE LE ATTIVITA’ TRANNE QUELLE DI

EVACUAZIONE

Il piano costituisce la base per la

formazione di tutto il personale in

tema di evacuazione dello stabile e

comportamento in caso di allarme

incendio.

Le esercitazioni di evacuazione

sono annuali (e fondamentali!).

40

RAPPORTI CON I VIGILI DEL FUOCO

Il modo migliore per collaborare con i

Vigili del Fuoco durante l’incendio è

quello di, se richiesta, mettere a

disposizione la vostra capacità ed

esperienza lavorativa e la conoscenza

dei luoghi.

SEGNALETICA DI

SICUREZZA

DECRETO LEGISLATIVO 81/08

Titolo VSEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL

LAVORO

LA SEGNALETICA

La segnaletica svolge un ruolo

fondamentale

nella prevenzione degli infortuni

I cartelli in base a forma e colore

ci danno informazioni differenti

segnale di divieto

un segnale che vieta un comportamento che

potrebbe far correre o causare un pericolo;

segnale di avvertimento

un segnale che avverte di un rischio o pericolo;

segnale di prescrizione

un segnale che prescrive un determinato

comportamento;

segnale di salvataggio o di soccorso

un segnale che fornisce indicazioni relative alle

uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di

salvataggio;

VIETATO FUMARE

VIETATO FUMARE O USARE FIAMME LIBERE

VIETATO AI PEDONI

DIVIETO DI SPEGNERE CON ACQUA

ACQUA NON POTABILE

SEGNALI DI DIVIETO

41

PERICOLO GENERICO

ATTENZIONE AI CARICHI SOSPESI

PERICOLO CARRELLI IN MOVIMENTO

TENSIONE ELETTRICA

MATERIALI RADIOATTIVI O IONIZZANTI

SEGNALI DI PERICOLO O AVVERTIMENTO SEGNALI DI OBBLIGO O PRESCRIZIONE

PROTEZIONE DEGLI OCCHI

CASCO DI PROTEZIONE

PROTEZIONE VIE RESPIRATORIE

GUANTI DI PROTEZIONE

CALZATURE DI PROTEZIONE

PROTEZIONE DELL’UDITO

DIREZIONE USCITA D’EMERGENZA

USCITA D’EMERGENZA

FRECCIA DI DIREZIONE

PRONTO SOCCORSO

SCALA D’EMERGENZA

SEGNALI DI SALVATAGGIO

ALLARME ANTINCENDIO

ESTINTORE

ESTINTORE CARRELLATO

NASPO

IDRANTE

SEGNALETICA ANTINCENDIO

In tutti i locali di lavoro

SEGNALI DI DIVIETO PLANIMETRIE PIANO DI EVACUAZIONE

42

ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA

L’ impianto di illuminazione di Sicurezza

deve fornire, in caso di mancata

erogazione della fornitura principale della

energia elettrica e quindi di luce artificiale,

una illuminazione sufficiente a permettere

di evacuare in sicurezza i locali (intensità

minima di illuminazione 5 lux).

LE RELAZIONI DI AIUTO COSA SIGNIFICA?

ESISTENZA DI DUE INDIVIDUI, UNO DEI QUALI È IN DIFFICOLTÀ,

IN UNA SITUAZIONI DI SOFFERENZA, DI MALATTIA E DI DISAGIO

E L’ALTRO SI PONE IN RELAZIONE CON LUI PER SVOLGERE UN

RUOLO DI TERAPIA E/O DI ASSISTENZA

LE CARATTERISTICHE DI UNA

RELAZIONE D’AIUTO

❑ RELAZIONE SBILANCIATA

❑ DIPENDENZA DI UN MEMBRO DELLA RELAZIONE

❑ EMPATIA

❑ COMPRENSIONE DELL’ALTRO AL FINE DI RENDERNE L’ALTRO

CONSAPEVOLE

❑ CURARE ≠ PRENDERSI CURA

CONTESTO FORTEMENTE EMOZIONALE PER ENTRAMBE LE

FIGURE COINVOLTE

LA RELAZIONE DI AIUTO SI BASA SULLE EMOZIONI ED È

NECESSARIO IMPARARE A FAR FRONTE NON SOLO ALLE

EMOZIONI DELL’ASSISTITO, MA ANCHE A QUELLE

DELL’OPERATORE, INEVITABILMENTE INNESCATE DAL

CONTATTO QUOTIDIANO CON LA SOFFERENZA DEGLI ALTRI

43

QUALI SONO LE EMOZIONI

DELL’OPERATORE?

QUALI SONO LE EMOZIONI

DELL’OPERATORE?

❑ ANSIA DI NON RIUSCIRE AD AIUTARE L’ALTRO

❑ SENTIMENTI DI IMPOTENZA E SCONFITTA DINANZI AD UN

INSUCCESSO

❑ ANGOSCIA DI MORTE

❑ PAURA DELLA MALATTIA E DELLA SOFFERENZA

LA RELAZIONE DI AIUTO È UNO STRUMENTO RELAZIONALE

CON POTENZIALITÀ TERAPEUTICHE ENORMI MA CON

ALTRETTANTI RISCHI

COSA È L’ANSIA?

L’ANSIA È LA CONDIZIONE DI ALLARME NELLA QUALE SI PONE

L’ORGANISMO DINANZI AD UNA SITUAZIONE DI PERICOLO.

E’ FISIOLOGICA E SANA NELLA MISURA IN CUI PROTEGGE

L’INDIVIDUO E ATTIVA MECCANISMI DI DIFESA.

ALLO SPARIRE DELLO STIMOLO ANSIOGENO SVANISCE ANCHE

L’ANSIA.

COSA È L’ANSIA?

E’ PATOLOGICA E DISFUNZIONALE SE ECCESSIVA RISPETTO

ALL’EVENTO E/O SITUAZIONE CHE LO HA PROVOCATO.

ANSIA ADATTIVA

REAZIONE NORMALE AD UNA SITUAZIONE POTENZIALMENTE

PERICOLOSA E AIUTA LE PERSONE A PREPARARSI, COSÌ DA

MIGLIORARNE IL FUNZIONAMENTO

ANSIA GENERALIZZATA

DISAGIO PSICHICO CONNESSO ALLA SENSAZIONE DI NON

ESSERE IN GRADO DI FRONTEGGIARE LA SITUAZIONE,

APPARENTEMENTE NON PERICOLOSA

COME CI DIFENDIAMO DALL’ANSIA?

LA NOSTRA MENTE ATTUA LE INFORMAZIONI RELATIVE AD UNA

SITUAZIONE DI STRESS E/O ANSIA E LA RIELABORA ATTIVANDO I

MECCANISMI DI DIFESA, AL FINE DI PRESERVARNE IL

FUNZIONAMENTO

ESPERIENZA E CAPACITÀ DI TOLLERARE LA SOFFERENZA E LA

MORTE SENZA TUTTAVIA DIVENTARE UNA PERSONA CINICA E

DISTACCATA

LA RISPOSTA DELL’OPERATORE DINANZI

ALLA SOFFERENZA E AL DOLORE

AFFRONTARE IL DOLORE SIGNIFICA DARGLI SIGNIFICATO E VEDERLO COME UNA DELLE CONDIZIONI POSSIBILI DELLA VITA

NO NEGAZIONE:

NEGARNE L’ESISTENZA È UN MECCANISMO DISADATTIVO

NO DISTACCO ESAGERATO:

ATTENZIONE ESCLUSIVA ALL’AGIRE TECNICO E PERDITA DI VISTA DELLA RELAZIONE UMANA

NO COMPASSIONE ESAGERATA:

SORTA DI FUSIONE PSICOLOGICA CHE IMPEDISCE L’USO DELLA PROPRIA PROFESSIONALITÀ

44

LA MORTE…

MORTE SOCIALE:

RITIRO E LA SEPARAZIONE DELL’ASSISTITO DAGLI ALTRI

MORTE PSICHICA:

LA PERSONA SI SENTE COME MORTA E SI RITIRA IN SE STESSA,

RIFIUTANDO LA VITA

MORTE BIOLOGICA:

ESISTE IL CORPO MA LA PERSONA NON È COSCIENTE

MORTE FISIOLOGICA:

DECESSO

L’ELABORAZIONE DEL LUTTO

ACCETTAZIONE DI AMBIVALENZA DI SENTIMENTI

A MO R E , T E N E R E Z Z A E P IE T À

V S

R A B B IA , D IS P E R A Z IO N E , D E L U S IO N E ,

S E N S A Z IO N E D I IMP O T E N Z A E P E R F IN O O D IO

“ S O L O C O L O R O C H E S I T E N G O N O L O N T A N I

D A L L ’ A M O R E P O S S O N O E V I T A R E L A

T R I S T E Z Z A D E L L U T T O .

L ’ I M P O R T A N T E È C R E S C E R E , T R A M I T E I L

L U T T O , E R I M A N E R E V U L N E R A B I L E

A L L ’ A M O R E . ”

J O H N B R A N T N E R

COME PREVENIRE LE COMPLICANZE

DEL LUTTO?

❑ COINVOLGIMENTO FORTE NEL DRAMMA

❑ ASCOLTO E PRESENZA DISCRETA: CONDOGLIANZE VIENE DA

CUM-DOLERE, CIOÈ ‘SOFFRIRE CON’

❑ LA PRESENZA DI CHI ACCOMPAGNA DEVE ESSERE

RISPETTOSA E FRATERNA, COMPRENSIVA E DISCRETA, MA

REALE ED EFFICACE

❑ OGNI LUTTO, COME OGNI MORTE, È UNICO E COSÌ VA

CONSIDERATO E RISPETTATO

COSA NON FARE MAI…

❑ MAI OFFENDERSI PERCHÉ L’OFFERTA DI AIUTO È

OSTEGGIATA

❑ MAI OFFENDERSI PERCHÉ LE REAZIONI DELL’ALTRO SONO

CONTRARIE AI NOSTRI VALORI (BESTEMMIE, INSULTI...)

❑ MAI TENTARE DI BLOCCARE LE MANIFESTAZIONI DEL

DOLORE, DELLA SOFFERENZA

❑ MAI TENTARE DI FARE RAGIONARE COLUI CHE SOFFRE

PERCHÉ LA DIMENSIONE DELLA SOFFERENZA NON È

MISURABILE, COME NON LO È LA PERCEZIONE DEL DOLORE

FISICO

VALUTAZIONE DEI RISCHI

NEI REPARTI DI DEGENZA

RISCHIO BIOLOGICO

45

PROBLEMI GENERALI

Le infezioni correlate all'assistenza

sanitaria rappresentano un evento frequente e grave, associato a costi elevati per le strutture sanitarie, che interessa, anche se in misura diversa, sia i pazienti che gli operatori sanitari.

PROBLEMI GENERALI

Le case di riposo, costituiscono una

specifica realtà, priva di chiari parametri di riferimento, che presenta alcuni aspetti tipici di una struttura sanitariatradizionalmente intesa, ma che da questa si discosta per le caratteristiche

dell'utenza, delle dimensioni della struttura, delle professionalità coinvolte(medici competenti, medici curanti, eventuali medici della struttura e

cooperative operanti nella struttura).

RISCHIO INFEZIONE

Il rischio di infezione da patogeni è un

fenomeno ben riconosciuto ed è riconducibile essenzialmente a tre modalità:1. nosocomiale propriamente detta

(dall'ambiente ai pazienti oppure

crociata tra pazienti);2. occupazionale (da paziente

infetto ad operatore);3. da operatore infetto a paziente.

MISURE BARRIERA

Prima di tutto è necessario operare correttamente il lavaggio delle mani.

Devono essere adottate misure barriera per prevenire l'esposizione a contatti accidentali con sangue e altri liquidi biologici; esse consistono in uso di dispositivi di

protezione individuale (D.P.I.) quali guanti, camici, mascherine, occhiali o visiere, utilizzo e smaltimento

corretti di aghi e taglienti, decontaminazione delle superfici sporcate da materiali biologici potenzialmente infetti.

MISURE BARRIERA

Tali misure barriera:➢ devono essere adottate da tutti gli operatori la cui

attività comporti contatto con utenti all’interno della struttura sanitaria;

➢ devono essere applicate a tutte le persone che

accedono alla struttura (ricovero, domicilio);➢ devono essere applicate di routine quando si

eseguono attività assistenziali e terapeutiche e quando si manipolano presidi, strumenti o attrezzature che possono provocare un contatto

accidentale con sangue o altro materiale biologico.

LAVAGGIO DELLE MANI

LAVAGGIO DELLE MANI:Le mani degli operatori sanitari sono il veicolo

principale di trasferimento di patogeni da un paziente all'altro e dal paziente a sé stessi.Il lavaggio delle mani è il sistema più efficace per

limitare questa trasmissione e deve avvenire:➢ Prima dell’inizio dell'attività lavorativa;

➢ Prima di indossare i guanti e dopo averli tolti;➢ Prima e dopo le procedure assistenziali;➢ Tra un assistito e l’altro;

➢ In caso di contaminazione biologicao chimica anche solo sospettata.

Negli ultimi due casi è consigliabile unsapone antisettico.

46

CURA DELLE MANI

CURA DELLE MANI:➢ Le unghie devono essere curate, corte, pulite e

senza smalto;➢ La cute delle mani deve essere mantenuta integra,

ricorrendo anche ad uso di creme emollienti;

➢ Durante l'attività lavorativa non si devono portare anelli, bracciali, orologi.

Norme comportamentali in caso di contaminazione(contatto accidentale con sangue o altri liquidi organici), procedere a:

➢ Lavaggio con acqua e sapone liquido in dispenser per 30 secondi, seguito da antisepsi delle mani con

idonei prodotti disinfettanti;➢ Lavaggio con antisettico in soluzione saponosa

detergente per 2 minuti.

DPI - MISURE BARRIERA

GUANTI (UNICI DPI PER OSS!):➢ Marchio CE come DPI per la protezione

da microrganismi (EN 374, classe 3).➢ Devono offrire la massima protezione ed

impermeabilità, consentendo la massima libertà di

movimento e la massima sensibilità tattile.➢ Devono essere sempre indossati in caso di contatto

con materiale biologico, sangue, nelle operazioni di pulizia, di raccolta rifiuti, di rifacimento dei letti e di raccolta della biancheria sporca.

➢ Prima e dopo l’utilizzo dei guanti l’operatore deve lavarsi le mani con acqua e sapone; nel passaggio

da un assistito all’altro, i guanti devono essere cambiati e l’operatore deve lavarsi le mani prima di indossarne un nuovo paio.

DPI - MISURE BARRIERA

GUANTI (UNICI DPI PER OSS!):

•Ispezionare i guanti prima dell’uso.•Un doppio paio di guanti può servire come

protezione aggiuntiva.•Nel caso di ferite o abrasioni sulla cute delle mani,

proteggerle con cerotti, bendaggi o simili come ulteriore precauzione, prima di indossare i guanti.•Dopo il loro utilizzo, non toccare mai l’esterno dei

guanti.

DPI - MISURE BARRIERA

GUANTI (UNICI DPI PER OSS!):

Indossare i guanti quando si prevede il contatto con

sangue o altro materiale biologico potenzialmente infetto, mucose, cute non integra, o cute intatta

potenzialmente colonizzata (es. pazienti con diarrea);Indossare guanti adatti e di durata appropriata per la mansione;

Indossare guanti monouso per l’assistenza diretta al paziente;

DPI - MISURE BARRIERA

GUANTI (UNICI DPI PER OSS!):

Indossare guanti monouso o riutilizzabili per la pulizia dell’ambiente o di presidi medici;Rimuovere i guanti dopo il contatto con il paziente e/o

l’ambiente circostante e le attrezzature usando tecniche appropriate per prevenire la contaminazione

delle mani. Non usare gli stessi guanti per l’assistenza a più pazienti. Non lavare i guanti per riusarli su altri pazienti;

Cambiare i guanti durante le procedure assistenziali che prevedano la possibilità di toccare sullo stesso paziente

parti del corpo contaminate (es. area perineale)e non contaminate (es. faccia).

DPI - MISURE BARRIERA

GUANTI (INDICAZIONI D’USO):

I guanti possono contaminarsi durante il lavoro

L’uso dei guanti per altre attività può determinare una contaminazione crociata

47

DPI - MISURE BARRIERA

GUANTI (INDICAZIONI D’USO):

I guanti devono essere sempre rimossi al termine della procedura e non vanno mai indossati nei

corridoi, negli ascensori, nelle aree di riposo, nella mensa e negli uffici.Questo è necessario per salvaguardare anche

la salute degli altri.

DPI - MISURE BARRIERA

GUANTI (INDICAZIONI D’USO):

• È un errore non lavare le mani prima di indossare i guanti• È un errore utilizzare lo stesso paio di guanti

– per diversi atti– per diversi pazienti

• È un errore (e uno spreco) utilizzare guanti sterili perprocedure contaminanti;• È un errore utilizzare guanti non sterili per procedure in

asepsi;• È un errore non gettare i guanti dopo l’uso;

• È un errore non lavarsi le mani dopo l’uso di guanti.

DPI - MISURE BARRIERA

INDUMENTI DI PROTEZIONE:Camici lunghi almeno fino a sotto il ginocchio con

maniche lunghe o completo giacca (con maniche lunghe) e pantaloni o tuta intera con maniche lunghe; - consigliabile la tuta intera.

NON SOLO DPI - ACCORGIMENTI TECNICI

➢ Non reincappucciare gli aghi;

➢ Utilizzare sempre contenitori rigidi per eliminare gli oggetti

appuntiti e taglienti;

➢ Non gettare gli aghi nei rot.

DPI - MISURE BARRIERA

SISTEMI PER LA PROTEZIONE DEL VOLTO:➢ Occhiali, visiere, schermi: sono raccomandati

quando le operazioni possono esporre occhi, bocca e vie aeree a schizzi di materiale biologico.

➢ Devono essere compatibili con occhiali o lenti a

contatto indossati dall’operatore, devono essere anti-appannamento.

➢ Devono essere marcati CEcome dispositivi per laprotezione da gocce

o spruzzi di (EN 166).

48

MOVIMENTAZIONE

MANUALE

DEI

PAZIENTI

MOVIMENTAZIONE MANUALE PAZIENTI

Il rischio da movimentazione manuale degli ospiti e quello biologico rappresentano i due problemi di

igiene occupazionale più rilevanti per le strutture che prestano assistenza agli anziani, specie se totalmente o parzialmente non autosufficienti.

MOVIMENTAZIONE MANUALE PAZIENTI

Nelle residenze assistite l’attività di movimentazione manuale dei carichi si identifica principalmente nella

movimentazione degli anziani.

Essa assume in questo contesto un particolare

carattere in quanto deve assicurare, il rispetto della sicurezza, del benessere, della dignità degli assistiti.

E’ noto che il sollevamentodei pesi, l’assunzione e

il mantenimento di postureincongrue determinano

l’insorgenza di episodidolorosi più spesso localizzatial tratto dorso lombare (low back pain).

FORMAZIONE

La formazione dei lavoratori è un elemento molto importante.

I contenuti di essa dovrebbero basarsi essenzialmente su:➢ corretto utilizzo di ausili (sollevatori ed ausili minori);

➢ corretto utilizzo di D.P.I.;➢ conoscenza sulle modalità di trasferimento e

sollevamento in relazione alla disabilità degli ospiti (parte teorica e pratica);

➢ criteri di scelta degli ausili in funzione della disabilità

del paziente;➢ modalità di relazione e comunicazione tra

operatore e paziente per stimolarne le residue capacità psichiche e motorie.

NON SOLO FORMAZIONE

Tuttavia l’effettuazione di manovre corrette e

l’impiego di dispositivi tecnici (ausili), durante

le attività di sollevamento e di spostamento del paziente, richiedono la disponibilità di

spazi adeguati e di idonee caratteristiche

dimensionali degli ambienti.

ATTREZZATURE ED AUSILI

L’adozione di ausili adeguati per la

movimentazione dei pazienti non

autosufficienti è di fondamentale importanza nella prevenzione delle patologie del rachide

del personale sanitario legate alla

movimentazione manuale dei carichi.

49

SCELTA DI ATTREZZATURE ED AUSILI

La scelta dell’ausilio deve avvenire in funzione del risultato di un’analisi che prende in considerazione

essenzialmente i seguenti tre parametri:

1. tipologia di pazienti non autosufficienti presenti;

2. tipo di operazioni che devono essere ausiliate;3. caratteristiche degli spazi, percorsi, arredi del

reparto/servizio.

Ogni scelta deve quindi essere preceduta da un

attento studio del contesto in cui gli ausili verrannocollocati.

SOLLEVA-PAZIENTI O SOLLEVATORE

Sono ausili per il sollevamento (categoria 12 36 della classificazione EN ISO 9999) che hanno la

caratteristica di permettere il sollevamento completo del paziente.Il solleva-pazienti può essere:

➢ meccanico: viene azionato manualmente tramite una manovella autobloccante;

➢ oleodinamico: viene azionato manualmente tramite una pompa oleodinamica;

➢ elettrico: viene azionato da un motore elettrico

tramite comandi elettrici (sull’apparecchio o a distanza). In questa tipologia possono rientrare

anche solleva-pazienti fissati a soffitto (fissi o mobili su rotaie) alimentati in rete.

SOLLEVATORE MOBILE

➢ SOLLEVATORE MOBILE AD IMBRAGATURA /CORSETTO:È indicato nei soggetti completamente disabili, con

necessità di ausiliazione in particolare nei passaggiletto/carrozzina e viceversa, rifacimento letti etc.

Limiti: è difficile da utilizzare nelle manovre di spostamento carrozzina/WC; non è adatto per il

sollevamento dei protesizzati d’anca (in quanto impossibilitati alla flessione/adduzione dell’anca).

SOLLEVATORE MOBILE

➢ SOLLEVATORE MOBILE A FASCIA TORACICA O DORSO/LOMBARE:

Ottimo per i passaggi da seduto a stazione erettae per i passaggi letto carrozzina, carrozzina/WC,letto poltrona etc., implica la permanenza di

capacità residua del paziente per l’aggrappamentoalle maniglie. Può pertanto essere usato nei

protesizzati d’anca se collaboranti in tal senso.

Limiti: non adatto in caso di

pazienti totalmente disabili.

SOLLEVATORE MOBILE

➢ SOLLEVATORE MOBILE A BARELLA:

Adatto per le necessità di sollevamento del pazientein toto (es. rifacimento letti)

Limiti: ovviamente

inadeguato nei passaggi in piedi– seduto. Può inoltre comportare ingombro

eccessivo in caso di spazi di manovra ridotti.

SOLLEVATORE MOBILE

➢ SOLLEVATORE MOBILE A SEDILE:

E’ indicato nell’ausiliazione di alcuni trasferimenti effettuati nelle unità spinali.

Limiti: non indicato in caso

di soggetti non collaboranti.

50

SOLLEVATORE MOBILE

➢ SOLLEVATORE FISSO A BINARIO SU SOFFITTO:

Indicato nei passaggi letto-carrozzina, letto-barella, letto-w.c. etc.,

trova la sua principale utilità nell’assistenza

domiciliare ed in caso di spazi ridotti.

SOLLEVATORE MOBILE

➢ SOLLEVATORE FISSO A PARETE:Indicato in caso di pazienti non autosufficienti a

degenza lunga e nell’assistenza domiciliare. Puòausiliare vari tipi di passaggi e spostamenti, essendotali aspetti dipendenti dall’imbragatura accessoria.

AUSILI MINORI PER IL TRASFERIMENTO

Gli ausili minori differiscono tra di

loro per tipologia e utilizzo, a

seconda delle necessità di

movimentazione, e delle ditte

produttrici.

AUSILI MINORI PER IL SOLLEVAMENTO

➢ TAVOLE RIGIDE AD ALTO

SCORRIMENTO:

attrezzature di circa 200x60 cm, che, sfruttando la

riduzione di attrito,

consentono i trasferimenti del

paziente in posizione supina

es. da letto a barella, senza necessità di sollevamento

superando anche piccoli

dislivelli (10-15 cm.).

AUSILI MINORI PER IL SOLLEVAMENTO

➢ TELO AD ALTO SCORRIMENTO:

attrezzatura di differenti dimensioni che,

sfruttando la riduzione di attrito, consente i trasferimenti del paziente, in posizione supina,

sullo stesso piano ed in assenza di dislivelli (es.

da letto a barella), senza necessità di

sollevamento.

AUSILI MINORI PER IL SOLLEVAMENTO

➢ CINTURA ERGONOMICA:cintura munita di maniglie laterali e

posteriori applicata alla vita del paziente che permette all’operatore di guidarne il movimento nei passaggi da

seduto a stazione eretta e viceversa; la cintura può essere applicata oltre che

al paziente anche all’operatore offrendo un sostegno al paziente, in tutti i casi è comunque preferibile

fornire al paziente un supporto di superfici di appoggio fisse ad esempio

il bracciolo della carrozzina, il piano del letto o idonee maniglie e corrimano.

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AUSILI MINORI PER IL SOLLEVAMENTO

➢DISCO GIREVOLE :

attrezzatura che facilita la rotazione del

paziente in piedi sul proprio asse (in associazione con la cintura ergonomica nei

passaggi da seduto a seduto).

AUSILI MINORI PER IL SOLLEVAMENTO

➢ ASSE PER IL TRASFERIMENTO:

piano di appoggio di varie dimensioni e forme

per i trasferimenti autonomi o assistiti tra carrozzina e letto/w.c./automobile/vasca da

bagno .

AUSILI MINORI PER IL SOLLEVAMENTO

➢ TELO CON MANIGLIE (imbottitura di

trasferimento):

telo imbottito con maniglie che facilita la presa e lo spostamento del paziente nel letto.

BARELLE REGOLABILI IN ALTEZZA

Dispositivo per il trasferimento del paziente in posizione supina.

Da valutare:1. dimensioni: in relazione a spazi, arredi e percorsi.

(larghezza di massimo ingombro preferibilmente non

superiore a 65 cm.);2. sistema meccanico almeno oleodinamico;

3. pedale facilmente azionabile (max. a 30 cm da terra) e che non induca ingombro per l’avvicinamento al letto;

4. presenza di 4 ruote pivotanti gemellaribloccabili simultaneamente di cui una

con bloccaggio direzionale o almenodi 2 ruote pivotanti gemellari bloccabili simultaneamente e 2 ruote direzionali.

BARELLE REGOLABILI IN ALTEZZA

5. escursione di movimento (indicativo da 55cm a 92cm.);

6. schienale inclinabile meccanicamente;7. spondine laterali a scomparsa;8. maniglie di spinta che non creino ingombro

laterale;9. possibilità, se necessario, di posizione

Trendelenburg e antitrendelenburg;10.materasso in materiale lavabile e disinfettabile;11.presenza di accessori: aste porta-flebo,

porta-bombole, supportoporta-monitor, piano di appoggio

radiotrasparente, etc.

POSIZIONI IN BARELLA

Trendelenburg

Anti-Trendelenburg

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AUSILI PER L’IGIENE

Sono rappresentati da attrezzature che consentono di eliminare le operazioni di sollevamento manuale del

paziente durante le attività di igiene.

Nella scelta dell’ausilio è di particolare importanza

uno studio preliminare sia delle manovre da compierelegate alla tipologia di disabilità del paziente, sia degli

spazi e percorsi.

Le strutture fisse vanno posizionate rispettando

spazi/distanze previste dalla normativa di settore perl’handicap.

AUSILI PER L’IGIENE

➢ BARELLA DOCCIA:piano regolabile in altezza con

quattro bordi reclinabili, posto su base mobile, che consente il prelievo del paziente

direttamente dal letto di degenza.

E’ munita di tubo flessibile per lo scarico dell’acqua. La barella doccia è particolarmente

indicata nelle situazioni di carenza di spazi operativi, in

presenza però di almeno un bagno accessibile.

AUSILI PER L’IGIENE

➢ VASCA ATTREZZATA:Vasca regolabile in altezza che

può essere associata ad un sistema automatico di sollevamento del paziente

(barella regolabile in altezza con piano rigido che può essere

inserito direttamente nella vasca o sollevatore munito di idoneo imbrago possibilmente a rete).

AUSILI PER L’IGIENE

➢ VASCA A SEDILE CON PORTA PER ACCESSO:

indicata per pazienti parzialmente collaboranti.Le operazioni di pulizia vengono

compiute con paziente seduto. Ne esistono differenti tipologie di

cui le due più frequenti sono:▪ Vasca a sedile con porta

estraibile per accesso frontale;

▪ Vasca regolabile in altezza e meccanismo a bascula con

porta di accesso laterale.

AUSILI PER L’IGIENE

➢ DOCCIA ATTREZZATA:piatto doccia a filo pavimento

per un facile accesso di persone con ridotte capacità motorie (e con sedia a rotelle), dotata di

comoda o seggiolino, maniglioni per agevolare i trasferimenti del

paziente.La doccia attrezzata è particolarmente indicata per

pazienti parzialmente collaboranti e con buon controllo

del tronco.

CARROZZINE

(categoria 12 21 della classificazione EN ISO 9999)

Esistono in commercio sia carrozzine rigide checarrozzine pieghevoli la cui indicazione di utilizzo è però riservata ad uso personale del paziente (per

necessità di spostamento quotidiano in vari ambienti) o in caso di gravi carenze di rimessaggio.

Nei reparti di riabilitazione è comunque necessaria la presenza di carrozzine specifiche per

l’addestramento del paziente all’autonomia.

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CARROZZINE

➢ CARROZZINA ARTICOLATA AD AUTOSPINTA:consente lo spostamento autonomo in posizione

seduta. Può consentire se dotata di foro centralee tappo WC le funzioni di espletamento fisiologico dell’evacuazione. Sono modelli preferibili con ruote di

autospinta posteriori, le ruote di autospinta anteriori andranno riservate esclusivamente a specifiche

necessità determinate dall’handicap del paziente con limitazione del movimento odella forza degli arti superiori,

tenendo conto che le ruote grandianteriori rendono meno agevoli i

trasferimenti letto-carrozzina ecarrozzina-wc e rendono meno sicureper il paziente (maggiore pericolo di ribaltamento).

CARROZZINE

➢ BASCULA:carrozzina con seduta e schienale reclinabili che non

consente lo spostamento autonomo del paziente ma offre la possibilità di una vasta gamma di posture, indicata per agevolare il movimento dei pazienti

affetti da gravi disabilità.

LETTI ARTICOLATI AD ALTEZZA VARIABILE

La maggior parte delle attività di assistenza al paziente viene

effettuata presso il letto di degenza; è pertanto importante che il letto possieda alcuni

requisiti fondamentali quali:

➢ l’altezza variabile del piano letto (altezza minima non superiore ai 40cm comprensivi di materasso);

➢ la suddivisione in 3 o 4 sezioni snodabili per la variazione delle posizioni del piano letto;

➢ compatibilità con i solleva-pazienti in uso presso il

reparto/servizio: in particolare facilità di accesso della base del solleva-pazienti al di sotto del letto

in qualunque posizione.

VALUTAZIONE DEI RISCHI

NEI REPARTI DI DEGENZA

METODO “INDICE M.A.P.O.”

QUANTIFICAZIONE INDICE M.A.P.O.

Il presupposto su cui si basa la proposta (Menoni 1999) di

un indice sintetico di esposizione denominato MAPO

(Movimentazione e Assistenza Pazienti Ospedalizzati) è quello di valutare in modo integrato il contributo dei

principali determinanti del rischio da movimentazione

manuale di pazienti così come descritti e rilevati:➢ Fattore NC/Op e PC/Op: rapporto tra pazienti non

autosufficienti ed operatori;

➢ Fattore sollevatori (FS);➢ Fattore ausili minori (FA);

➢ Fattore carrozzine (FC);

➢ Fattore ambiente (Famb);

➢ Fattore formazione (FF)secondo la seguente espressione:

MAPO= (NC/Op x FS + PC/Op x FA) x FC x Famb x FF

QUANTIFICAZIONE INDICE M.A.P.O.

MAPO= (NC/Op x FS + PC/Op x FA) x FC x Famb x FF

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QUANTIFICAZIONE INDICE M.A.P.O. QUANTIFICAZIONE INDICE M.A.P.O.

Si considerano presenti gli ausili minori quando la dotazione del reparto comprende 1 telo ad alto

scorrimento più almeno due degli altri tre citati. Al relativo fattore è stato attribuito un valore demoltiplicativo (pari a 0,5), come da tabella 2:

QUANTIFICAZIONE INDICE M.A.P.O.

Per definire il valore del fattore carrozzine occorre valutare il ”PUNTEGGIO MEDIO DI INADEGUATEZZA”

ottenuto nella scheda di rilevazione (P.M.Carr.) in relazione alla sufficienza numerica delle carrozzine e/o comode come da tabella 3:

QUANTIFICAZIONE INDICE M.A.P.O.

Ultima determinante che contribuisce a definire l’indice di esposizione è la specifica formazione degli

operatori (FF).

FF viene calcolato come segue:

➢ effettuata con corso di formazione = 0,75

➢ effettuata solo con corso di addestramento utilizzo di ausili = 1

➢ effettuata solo con distribuzione di opuscolo

informativo = 1➢ non effettuata = 2

RISULTATI INDICE M.A.P.O.

MAPO= (NC/Op x FS + PC/Op x FA) x FC x Famb x FF

RISULTATI INDICE M.A.P.O.

MAPO= (NC/Op x FS + PC/Op x FA) x FC x Famb x FF

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MODALITÀ DI TRASFERIMENTO PAZIENTI

Le metodiche di trasferimento possono variare in relazione all’entità/tipologia della disabilità del

paziente. A tal fine è utile suddividere questi ultimi in due categorie:

➢ PAZIENTE NON COLLABORANTE: Il paziente non può aiutare il movimento né con gli arti superiori né con

gli arti inferiori (es.: tetraparetico, anziano allettato, paziente in anestesia generale, in coma, paziente che oppone resistenza alla mobilizzazione, ecc.);

➢ PAZIENTE PARZIALMENTE COLLABORANTE: Il paziente

può sfruttare una residua capacità di movimento (es.: emiplegico, paraplegico, paziente in fase di recupero funzionale, ecc.).

MODALITÀ COMPORTAMENTALI OPERATORI

Per minimizzare il rischio di infortuni alla zona dorso-lombare del rachide bisogna:

a) evitare di flettere la schiena, utilizzando la flessione delle ginocchia;

b) ampliare la base di appoggio, e quindi le condizioni di equilibrio, allargando e flettendo le gambe, in

senso trasversale o longitudinale a seconda della direzione dello spostamento.

MODALITÀ COMPORTAMENTALI OPERATORI

Nel caso di trasferimenti o spostamenti al letto del paziente, appoggiare un ginocchio sul letto.

c) avvicinarsi il più possibile al paziente da spostare;

d) garantire una buona presa del paziente (presa

crociata, sottoscapolare, zona cavo popliteo), eventualmente con uso di ausili tipo cintura ergonomica, prima di iniziare qualsiasi operazione di

movimentazione;

e) durante la mobilizzazione impartire le indicazioni con parole, frasi e gesti semplici.

MODALITÀ COMPORTAMENTALI OPERATORI

Nell’utilizzo della carrozzina:

f) posizionare la carrozzina nel modo più congruo rispetto al movimento da fare;

g) controllare che sia ben frenata;

h) rimuovere gli elementi ingombranti (bracciolo –pedana poggiapiedi);

Nell’utilizzo del letto:

i) controllare che le ruote del letto siano frenate;j) regolare l’altezza del letto articolato in maniera

adeguata alla statura dell’operatore ed alla manovra da effettuare.

POSIZIONAMENTO NEL LETTO DI PAZIENTE NC

GERARCHIA DI INTERVENTI:

1. Adeguamento del letto regolabile a tre sezioni e in altezza;

2. Uso di teli ad alto scorrimento;

3. Manovra manuale;4. Uso del sollevatore se necessario (es. per rifacimento

del letto occupato).

POSIZIONAMENTO NEL LETTO DI PAZIENTE NC

MANOVRA MANUALE DI ROTAZIONE IN DECUBITO LATERALE DEL

PAZIENTE:

La manovra è eseguita da un operatore e va scomposta in due

fasi:

➢ Fase 1 - Posizionamento del paziente con le gambe incrociate,

il braccio più vicino all’operatore abdotto e l’altro sull’addome;

➢ Fase 2 - Rotazione del paziente.

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POSIZIONAMENTO NEL LETTO DI PAZIENTE NC

MANOVRA MANUALE DI SPOSTAMENTO VERSO IL CUSCINO:

per questa manovra sono sempre necessari due operatori. Lo

spostamento va scomposto in due fasi:

➢ Fase 1 – far sedere il paziente;

➢ Fase 2 – spostare il paziente verso il cuscino.

SPOST. LETTO/CARROZZINA DI PAZIENTE NC

GERARCHIA DI INTERVENTI:➢ adeguamento del letto regolabile a tre sezioni e in

altezza;➢ utilizzo del sollevatore;➢ manovra manuale solo se il piano assistenziale lo

prevede.

SPOST. LETTO/CARROZZINA DI PAZIENTE NC

UTILIZZO DEL SOLLEVATORE:

Per questa manovra sono necessari due operatori, la manovra va

scomposta in tre fasi.

➢ Fase 1 – aggancio dell’imbragatura;

➢ Fase 2 – posizionamento del paziente in carrozzina;

➢ Fase 3 – sgancio dell’imbragatura.

1. Il braccio del sollevatore viene abbassato affinché gli

operatori facciano il minor sforzo possibile; devono essere

agganciate prima le spalle dell’imbragatura e, in un secondo

momento, le fasce che passano sotto gli arti inferiori;

2. Il paziente deve essere mantenuto in posizione semi-

orizzontale prima di essere spostato verso la carrozzina; il

cambio postura avviene in prossimità della carrozzina,

abbassando prima il braccio mobile del sollevatore e poi

azionando il meccanismo a leva;

3. Il braccio mobile del sollevatore viene abbassato, prima

vengono spostate le fasce sotto le cosce e poi viene rimossa

l’imbragatura stessa.

SPOST. LETTO/CARROZZINA DI PAZIENTE NC

MANOVRA MANUALE 1:

Per questa manovra sono sempre necessari due operatori.

➢ Fase 1 – far sedere il paziente;

➢ Fase 2 – trasferimento verso la carrozzina.

SPOST. LETTO/CARROZZINA DI PAZIENTE NC

MANOVRA MANUALE 2 (È DA CONSIDERARE MENO SOVRAFFATICANTE

QUANDO IL LETTO NON È REGOLABILE IN ALTEZZA):

Per questa manovra sono sempre necessari due operatori.

➢ Fase 1 – far sedere il paziente;

➢ Fase 2 – far sedere il paziente con le gambe fuori dal letto;

➢ Fase 2 – trasferimento verso la carrozzina.

SPOST. LETTO/BARELLA DI PAZIENTE NC

MANOVRA MANUALE:

Per questa manovra sono sempre necessari tre operatori.

➢ Fase 1 – spostamento del paziente al bordo del letto;

➢ Fase 2 – trasferimento verso la barella;

GERARCHIA DI INTERVENTI:

➢ Adeguamento del letto regolabile a tre sezioni e in altezza;

➢ Utilizzo teli ad alto scorrimento;

➢ Manovra manuale.

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GRAZIE

DELL’ATTENZIONE