Così muore la libertà di un Paese A proposito di UeAnno XLI - n.5 giugno 2014 Reg. n. 119 del...

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in PROSPETTIVA PERSONA “Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1/ TE” MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA Anno XLI - n.5 giugno 2014 Reg. n. 119 del 17-10-1974 - Tribunale di Teramo - R.O.C. n. 5615 Così muore la libertà di un Paese Il Rapporto 2014 della Corte dei Conti è tornato a dirci che siamo il Paese più tartassato d’Europa: alla fine del 2013 il 43,8% del Pil se n'è andato in tasse, tre punti più del 2000 e quattro punti in più rispetto alla media degli altri Paesi Ue (poi, com’è noto, c'è chi fornisce dati ancora più cupi). In pratica siamo a livel- li da esproprio (per non parlare degli immobili). Lavoriamo gratis per un padrone, lo Stato, per oltre metà dell’anno, senza avere in cambio servizi almeno decenti e assistendo, anzi, ad uno spettacolo di sprechi, ruberie e corruzione che fa ribol- lire il sangue. Nonostante un dissanguamento così pesante la situazione non migliora. Siamo già al terzo anno di cura “illuminata” del- l’economia e in due anni 20.000 aziende hanno chiuso, dal 2007 la produzione è crollata del 25,5 % (mentre nel mondo aumentava del 10%). Dal 2001 abbiamo perso più di un milione di posti di lavoro. L’(op)pressione fiscale è sempre più forte,il debito pubblico continua a cresce- re e la disoccupazione aumenta senza tregua. A ciò si aggiungono le mille oppressioni burocratiche, che limi- tano o rendono impossibile la libertà di intrapresa, e la perdita progressiva della nostra competitività... Conclusione: la nostra libertà economica è morta. O almeno morente. È noto infatti il principio liberale su cui sono nate le democrazie moderne: “no taxation without representation”. Tale principio dice che - contrariamente a quanto si pensa in Italia, specie a sinistra - le tasse non sono un salasso dovuto al sovrano-Stato perché sperperi miliardi, magari sotto la bandiera ideologica (fasulla) della redi- stribuzione del reddito, come se i contribuenti fossero dei rei da punire per i soldi guadagnati che - secondo gli statalisti - sarebbero sottratti ai “poveri”. Al contrario sono nuova ricchezza prodotta col loro lavoro. Tale tributo deve essere governato da coloro che i (tar)tassati hanno eletto per amministrare i loro soldi. Questo meccanismo - che poi si chiama democrazia - è stato scardinato a livello nazionale in molti modi. Pensiamo alle leggi elettorali che non ammettono la scelta di candidati né partiti (ci hanno perfino persuaso che ci sottraevano le preferenze “per il nostro bene”) e da “leggi truffa” (presenti e future) per cui delle minoranze finiscono per avere abnormi maggioranze parlamentari. A livello internazionale il principio è stato travolto da progressive e colossali cessioni di sovranità che ci hanno sottratto il governo della moneta, delle politiche fiscali ed economiche cosicché tutti oggi ci sentiamo governati da tecnocrazie che non abbiamo eletto (dalla Bce alla Commissione europea) o da governi, come quello tedesco, eletti da altri (con annessa Bundesbank). E siamo in balia di altre tecnocrazie sovra- nazionali (come il Fmi o il Wto) che deci- dono le sorti dei popoli e degli Stati (il caso greco, ma anche il caso italiano, dovrebbe- ro farci chiedere se siamo ancora popoli che possono eleggere i loro governi). Da ultimo, in Italia c’è in cantiere pure una legge, quel- la contro la cosiddetta omofobia, che rischia di introdur- re perfino il reato d’opinione. Inconcepibile in democra- zia. E stante la indeterminatezza, se approvata come è stata proposta, metterà il bavaglio a chi esprime idee ‘non allineate’ alla nouvelle vague del pensiero dominan- te, con la conseguente violazione dei diritti costituziona- li, della libertà di manifestazione del pensiero, della libertà religiosa e della libertà di educazione dei genito- ri verso i figli, comprendente anche l’educazione sessua- le. A tal proposito, il movimento delle “Sentinelle in piedi”, costituito in molte città per opporsi a questo Ddl, in queste settimane, durante le sue manifestazioni silen- ziose, è stato sottoposto in più casi ad atti di intolleran- za inammissibili, di fronte ai quali le autorità e i media sono pressoché indifferenti. Politikon (Liberamente ispirato da un articolo di Antonio Socci) Eliminati dal mondiale di calcio, è iniziato il Toto Ct della nazionale. L’Italia, umiliata dai lottatori di Costarica ed Uruguay ha offerto uno spettacolo deprimente anche per chi non fa del calcio una ragione di vita e di conversazione: quando gioca la Nazionale l’orgoglio patrio si sveglia ma il mondiale ha dimostrato che non vale il binomio genio e sre- golatezza, paravento per le nostre vittorie, e forse sarebbe meglio un po’ di regolatezza, ammesso che ci sia davvero il genio nella compagine schierata da un Ct. poco grintoso, poco incoraggiante anche a bordo campo. Il gioco è stato lo specchio di una nazione senza attributi, di un popolo alquanto rammollito, esterofilo, incapace di stimolare e coltivare i talenti autoctoni, pronto ad arrangiarsi per vie traverse, volto al compromesso, disposto ad osannare il personaggio di turno senza vederne i limiti... ma tant’è gli italiani sono fatti così! Per i calciatori troppi agi, troppi soldi, troppe coccole, troppe chiacchiere e troppe coperti- ne. Mancano pragmatismo, disciplina, umiltà, senso della nazione, della comunità, del gruppo. Come succede in Parlamento: privilegi e fiumi di parole. Però ora è arrivato Renzi, nuovo Ct del governo.Comanda con pugno fermo, annuncia mirabilie, vende il suo prodotto con straordinaria maestria: offerte speciali di 80 euro, donne (possibilmente belle) in pole position nelle liste, spot martellanti sulla velo- cità delle riforme, dei pagamenti dei debiti della P.A. alle aziende, movimiento movimiento! Tasi e aumenti vari, sono come gol presi in amichevole... Non fanno male!!!! Vinceremo! Affidiamo a Renzi, come ho letto, pure la Nazionale! Accorpando gli incarichi risparmiamo i soldi dati a Prandelli, Lui ha certo una ricetta vincente, ama accentra- re il gioco, creare un gruppo di fedelissimi/e, gestire tutto o quasi tutto e dovunque ‘mette la faccia’. Facciamo un sondaggio: per il 40,8% sarebbe un ottimo Ct: in tre settimane rico- struisce il team, in 15 giorni sistema i gioca- tori atleticamente e tat- ticamente, in 7 giorni fa fare tre amichevoli e un mese dopo ci qualifi- chiamo per l’europeo ! Un’idea per la Nazionale di calcio Scrive Marcello Veneziani che è’ inizia- to il semestre europeo a guida italiana e l’Anonimo Europeo invia il seguente mes- saggio in bottiglia. L’Europa non aderisce ai popoli perché è un guanto indossato a rovescio: è morbido e accogliente all’ester- no, ispido e rigido all’interno. È permeabi- le fuori e impermeabile dentro. L’Europa si veste quando è in casa e si spoglia quando esce; indossa l’elmo (tedesco) e l’uniforme (bancaria) tra le pareti domestiche e invece esce in pigiama e pantofole. Dentro rompe le scatole, fuori rompe le righe. Fiscale con gli indigeni, inerme con gli allogeni.Che l’Europa sia un guanto indossato a rove- scio lo si capisce anche dal nome in codice che usa: si fa chiamare Ue anziché Eu che è il suo prefisso e che in greco indica ciò che è bene e volge al meglio. I simboli a rove- scio hanno sempre qualcosa di funesto: la svastica è simbolo di luce ma i nazisti la ruotarono al contrario, in direzione inver- sa. Simboli e metafora rispecchiano perfet- tamente la realtà europea. Uniforme all’in- terno, dove occorrerebbe riconoscere e valo- rizzare le differenze, informe all’esterno, cioè incapace di esprimere una politica estera univoca o almeno concorde, di darsi una comune linea strategica, militare e per fronteggiare l’immigrazione, l’importazio- ne, la concorrenza extraeuropea e le forme striscianti di colonizzazione. L’incapacità di presentarsi unita all’esterno viene assur- damente compensata dalla rigidità dei suoi parametri all’interno. Rovesciate il guanto. E per i popoli mediterranei meno guanti e più ventagli”. A proposito di Ue VACANZE PER TUTTI Filastrocca vola e va del bambino rimasto in città. Chi va al mare ha vita serena e fa castelli con la rena, chi va ai monti fa le scalate e prende la doccia delle cascate.. E chi quattrini non ne ha? Solo resta in città: si sdraia al sole sul marciapiede, se non c'è un vigile che lo vede, e i suoi battelli sottomarini fanno vela nei tombini. Quando divento Presidente faccio un decreto a tutta la gente: - Ordinanza numero uno: in città non resta nessuno; ordinanza che viene poi, tutti al mare, paghiamo noi; inoltre le Alpi e gli Appennini sono donati a tutti i bambini. Chi non rispetta il decreto va in prigione difilato. Gianni Rodari Ai lettori Come ogni anno LaTenda va in vacanza. Sappiamo che sarà triste un’estate senza il nostro mensile ma siamo certi che saprete resistere! Auguriamo buone vacanze a tutti e arrivederci a settembre. Per vincere la nostalgia potete rileggere i numeri del giornale sul sito: www.prospettivapersona.it La magnifica redazione H.Bosch, morte e miseria,1490.

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in PROSPETTIVA PERSONA

“Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1/ TE”

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURAA n n o X L I - n . 5 g i u g n o 2 0 1 4Reg. n. 119 del 17-10-1974 - Tribunale di Teramo - R.O.C. n. 5615

Così muore la libertà di un PaeseIl Rapporto 2014 della Corte dei Conti è tornato a dirciche siamo il Paese più tartassato d’Europa: alla fine del2013 il 43,8% del Pil se n'è andato in tasse, tre punti piùdel 2000 e quattro punti in più rispetto alla media deglialtri Paesi Ue (poi, com’è noto, c'è chi fornisce datiancora più cupi). In pratica siamo a livel-li da esproprio (per non parlare degliimmobili).Lavoriamo gratis per un padrone, loStato, per oltre metà dell’anno, senzaavere in cambio servizi almeno decenti eassistendo, anzi, ad uno spettacolo disprechi, ruberie e corruzione che fa ribol-lire il sangue.Nonostante un dissanguamento cosìpesante la situazione non migliora. Siamogià al terzo anno di cura “illuminata” del-l’economia e in due anni 20.000 aziendehanno chiuso, dal 2007 la produzione ècrollata del 25,5 % (mentre nel mondoaumentava del 10%). Dal 2001 abbiamoperso più di un milione di posti di lavoro.L’(op)pressione fiscale è sempre piùforte,il debito pubblico continua a cresce-re e la disoccupazione aumenta senza tregua. A ciò siaggiungono le mille oppressioni burocratiche, che limi-tano o rendono impossibile la libertà di intrapresa, e laperdita progressiva della nostra competitività...Conclusione: la nostra libertà economica è morta. Oalmeno morente.È noto infatti il principio liberale su cui sono nate ledemocrazie moderne: “no taxation without representation”.Tale principio dice che - contrariamente a quanto sipensa in Italia, specie a sinistra - le tasse non sono unsalasso dovuto al sovrano-Stato perché sperperi miliardi,magari sotto la bandiera ideologica (fasulla) della redi-stribuzione del reddito, come se i contribuenti fosserodei rei da punire per i soldi guadagnati che - secondo glistatalisti - sarebbero sottratti ai “poveri”. Al contrariosono nuova ricchezza prodotta col loro lavoro.Tale tributo deve essere governato da coloro che i(tar)tassati hanno eletto per amministrare i loro soldi.

Questo meccanismo - che poi si chiama democrazia - èstato scardinato a livello nazionale in molti modi.Pensiamo alle leggi elettorali che non ammettono lascelta di candidati né partiti (ci hanno perfino persuasoche ci sottraevano le preferenze “per il nostro bene”) e

da “leggi truffa” (presenti e future) per cuidelle minoranze finiscono per avereabnormi maggioranze parlamentari.A livello internazionale il principio è statotravolto da progressive e colossali cessionidi sovranità che ci hanno sottratto ilgoverno della moneta, delle politichefiscali ed economiche cosicché tutti oggici sentiamo governati da tecnocrazie chenon abbiamo eletto (dalla Bce allaCommissione europea) o da governi,come quello tedesco, eletti da altri (conannessa Bundesbank). E siamo in balia di altre tecnocrazie sovra-nazionali (come il Fmi o il Wto) che deci-dono le sorti dei popoli e degli Stati (il casogreco, ma anche il caso italiano, dovrebbe-ro farci chiedere se siamo ancora popoliche possono eleggere i loro governi).

Da ultimo, in Italia c’è in cantiere pure una legge, quel-la contro la cosiddetta omofobia, che rischia di introdur-re perfino il reato d’opinione. Inconcepibile in democra-zia. E stante la indeterminatezza, se approvata come èstata proposta, metterà il bavaglio a chi esprime idee‘non allineate’ alla nouvelle vague del pensiero dominan-te, con la conseguente violazione dei diritti costituziona-li, della libertà di manifestazione del pensiero, dellalibertà religiosa e della libertà di educazione dei genito-ri verso i figli, comprendente anche l’educazione sessua-le. A tal proposito, il movimento delle “Sentinelle inpiedi”, costituito in molte città per opporsi a questo Ddl,in queste settimane, durante le sue manifestazioni silen-ziose, è stato sottoposto in più casi ad atti di intolleran-za inammissibili, di fronte ai quali le autorità e i mediasono pressoché indifferenti.

Politikon(Liberamente ispirato da un articolo di Antonio Socci)

Eliminati dal mondiale di calcio, è iniziato il Toto Ct dellanazionale. L’Italia, umiliata dai lottatori di Costarica edUruguay ha offerto uno spettacolo deprimente anche perchi non fa del calcio una ragione di vita e di conversazione:quando gioca la Nazionale l’orgoglio patrio si sveglia ma ilmondiale ha dimostrato che non vale il binomio genio e sre-golatezza, paravento per le nostre vittorie, e forse sarebbemeglio un po’ di regolatezza, ammesso che ci sia davvero ilgenio nella compagine schierata da un Ct. poco grintoso,poco incoraggiante anche a bordo campo. Il gioco è statolo specchio di una nazione senza attributi, di un popoloalquanto rammollito, esterofilo, incapace di stimolare ecoltivare i talenti autoctoni, pronto ad arrangiarsi per vietraverse, volto al compromesso, disposto ad osannare ilpersonaggio di turno senza vederne i limiti... ma tant’è gliitaliani sono fatti così! Per i calciatori troppi agi, troppisoldi, troppe coccole, troppe chiacchiere e troppe coperti-ne. Mancano pragmatismo, disciplina, umiltà, senso dellanazione, della comunità, del gruppo. Come succede inParlamento: privilegi e fiumi di parole. Però ora è arrivatoRenzi, nuovo Ct del governo.Comanda con pugno fermo,annuncia mirabilie, vende il suo prodotto con straordinariamaestria: offerte speciali di 80 euro, donne (possibilmente

belle) in pole position nelle liste, spot martellanti sulla velo-cità delle riforme, dei pagamenti dei debiti della P.A. alleaziende, movimiento movimiento! Tasi e aumenti vari, sonocome gol presi in amichevole... Non fanno male!!!!Vinceremo!Affidiamo a Renzi, come ho letto, pure la Nazionale!Accorpando gli incarichi risparmiamo i soldi dati aPrandelli, Lui ha certo una ricetta vincente, ama accentra-re il gioco, creare ungruppo di fedelissimi/e,gestire tutto o quasitutto e dovunque ‘mettela faccia’. Facciamo unsondaggio: per il 40,8%sarebbe un ottimo Ct:in tre settimane rico-struisce il team, in 15giorni sistema i gioca-tori atleticamente e tat-ticamente, in 7 giorni fafare tre amichevoli e unmese dopo ci qualifi-chiamo per l’europeo !

Un’idea per la Nazionale di calcio

Scrive Marcello Veneziani che è’ inizia-to il semestre europeo a guida italiana el’Anonimo Europeo invia il seguente mes-saggio in bottiglia. L’Europa non aderisceai popoli perché è un guanto indossato arovescio: è morbido e accogliente all’ester-no, ispido e rigido all’interno. È permeabi-le fuori e impermeabile dentro. L’Europa siveste quando è in casa e si spoglia quandoesce; indossa l’elmo (tedesco) e l’uniforme(bancaria) tra le pareti domestiche e inveceesce in pigiama e pantofole. Dentro rompele scatole, fuori rompe le righe. Fiscale congli indigeni, inerme con gli allogeni.Chel’Europa sia un guanto indossato a rove-scio lo si capisce anche dal nome in codiceche usa: si fa chiamare Ue anziché Eu cheè il suo prefisso e che in greco indica ciò cheè bene e volge al meglio. I simboli a rove-scio hanno sempre qualcosa di funesto: lasvastica è simbolo di luce ma i nazisti laruotarono al contrario, in direzione inver-sa. Simboli e metafora rispecchiano perfet-tamente la realtà europea. Uniforme all’in-terno, dove occorrerebbe riconoscere e valo-rizzare le differenze, informe all’esterno,cioè incapace di esprimere una politicaestera univoca o almeno concorde, di darsiuna comune linea strategica, militare e perfronteggiare l’immigrazione, l’importazio-ne, la concorrenza extraeuropea e le formestriscianti di colonizzazione. L’incapacitàdi presentarsi unita all’esterno viene assur-damente compensata dalla rigidità dei suoiparametri all’interno. Rovesciate il guanto.E per i popoli mediterranei meno guanti epiù ventagli”.

A proposito di Ue

VACANZE PER TUTTI

Filastrocca vola e vadel bambino rimasto in città.Chi va al mare ha vita serena

e fa castelli con la rena,chi va ai monti fa le scalate

e prende la doccia delle cascate..E chi quattrini non ne ha?

Solo resta in città:si sdraia al sole sul marciapiede,se non c'è un vigile che lo vede,

e i suoi battelli sottomarinifanno vela nei tombini.

Quando divento Presidentefaccio un decreto a tutta la gente:

- Ordinanza numero uno:in città non resta nessuno;ordinanza che viene poi,

tutti al mare, paghiamo noi;inoltre le Alpi e gli Appenninisono donati a tutti i bambini.

Chi non rispetta il decretova in prigione difilato.

Gianni Rodari

Ai lettoriCome ogni anno LaTenda vain vacanza. Sappiamo che saràtriste un’estate senza il nostromensile ma siamo certi chesaprete resistere!Auguriamo buone vacanze atutti e arrivederci a settembre. Per vincere la nostalgia poteterileggere i numeri del giornalesul sito: www.prospettivapersona.it

La magnifica redazione

H.Bosch, morte e miseria,1490.

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2 la tenda n.5 giugno 2014

2APPUNTI E SPUNTI

Eccoci tornati dalla Persia, noi donne ci siamo sfilate lo hijab, cioè il velo, dallatesta (che non è poi tutta ‘sta tragedia, a parte, naturalmente, il peso simbolicoche riveste), felici di smentire gli amici-corvi rimasti a casa che non mollano illoro scetticismo su una nazione ‘ostile e piena di pericoli’. Ma di che si ragiona?Mai vista gente così cordiale e disponibile, ci hanno sorriso, ci hanno fotogra-fato (eravamo quelli ‘vestiti strani’ rispetto a loro), ci hanno chiesto notizie dinoi e del nostro viaggio, curiosissimi di sapere qualcosa diun occidente estraneo e lontano più dell’effettiva distan-za geografica. La nostra guida, Sorab, esperto in italianoe molto molto ‘scafato’ in accoglienza turistica, ci ha con-dotto da Nord a Sud su questo immenso altopiano,mostrandoci i pezzi forti della collezione.Teheran è stata una delusione, e forse è meglio vederlaper prima : è senza stile, un brutto agglomerato di edificie traffico caotico, e persino il palazzo reale del Golestanresta soffocato da mostri moderni in cemento, che nem-meno Farah Diba riuscì, a suo tempo, ad evitare. Però isuoi musei vantano una produzione antichissima edeccelsa di manufatti di ogni tipo, vasi, statuette, decora-zioni murarie, i bassorilievi ed il trono di Dario e poi oggetti in vetro raffina-tissimi, da tenere testa tranquillamente anche a Murano. I palazzi sono deco-rati con migliaia di tessere di specchio, un ricamo di luce che investe pareti,soffitti, vetrate, ed anche se qualcuno ha arricciato il naso, sommerso dall’ef-fetto un po’ kitsch di tanto brillare, vi assicuro che a quei livelli c’è solo da rima-nere storditi e guardare ammirati.Scendendo per centinaia di chilometri verso Isfahan, ci si ferma a visitaremoschee, madrase, giardini, ottocentesche case di notabili, dove c’è un tripu-dio di fontane, lunghe piscine che nel riflesso raddoppiano i porticati e learcate dei palazzi e dove i mirabili decori raccontano antiche storie, comequella della bella Shyrin (sirena?) nuda al bagno, che lasciò languire il suoinnamorato per sposare un principe…Ma anche i villaggi più piccoli, tutti in caratteristici mattoncini gialli locali,fango e paglia, raccontano storie lontane, come quelle dei seguaci diZoroastro che adorano il fuoco in alto sulle colline, e tragiche storie vicine,fissate per sempre nelle foto dei figli soldati, morti combattendo contro l’Iraqe immortalati ovunque, sui muri delle case e sui pali elettrici lungo le strade.

Isfahan è tutta chiara, luminosa, circondata dai monti e vanta una delle piaz-ze più grandi e belle del mondo, patrimonio dell’Unesco, con diversemoschee e l’antico palazzo governativo dove, per gradoni di pietra quasi dascalare, si accede ad una sala della musica con i soffitti traforati e destinati acontenere maioliche, per il diletto del sovrano e delle sue favorite. Man manoche si scende a Sud i chador si fanno tutti neri e stretti in viso, mentre l’archi-

tettura si fa più solare e policroma, con maioliche multi-colori, stucchi e pannelli intarsiati che tolgono il fiato,cupole, altari e torri del vento, perfetti meccanismi diaereazione degli edifici.A Yazd siamo saliti, al tramonto, su un’altura dove c’èuna ‘Torre del silenzio’, cimiteri zoroastriani en plein air,dove i defunti venivano lasciati come preda degli uccel-li, perché la morte non corrompesse madre terra: difficil-mente si può trovare un posto pieno di pace e di racco-glimento come quello, forse solo in montagna.E alla fine, a Shiraz, arriva il piatto forte: come aperiti-vo, le rovine di Pasargad, con la tomba di Ciro il Grande,per pranzo, gli spettacolari bassorilievi sassanidi sui

monti Zagros e, per dolce, l’area archeologica di Persepoli, imponente edestesa, dove puoi immaginare facilmente la magnificenza, anche solo conquello che rimane dopo che i macedoni hanno dato tutto alle fiamme. Re epopoli interi sfilano verso Dario: Parti, Medi, Assiri, Egiziani, Elamiti, Frigi,Armeni portano in dono cavalli, elefanti, cammelli, armi, cibo, pecore e leon-cini , tutti devoti e sottomessi in una processione lenta e ordinata, ferma nellapietra per l’eternità.Ultimo atto, una visita ad un santuario normalmente proibito agli ‘infedeli’,d’obbligo un buffo chador bianco a fiorellini: in un fantastico ambiente dispecchi, intorno alla tomba del santo, brulicava una moltitudine di genteseduta, in preghiera, in picnic coi bambini, in chiacchiere, in silenzio, una reli-giosità familiare e colloquiale, molto diversa dalla nostra. Ma, attenzione, leragazze hanno il velo ormai lontano dalla fronte, e si appartano sotto i bellis-simi ponti di Isfahan al tramonto, come da noi……Khomeini ha salvato il popolo persiano dallo Scià…il futuro, inarrestabile,lo salverà da Khomeini… con buona pace di Allah!

Lucia Pompei, hijab style

Viaggio in Persia

Arte? Mah !Piuttosto voglia di rinnovare le stucche-voli case borghesi di mezza Europa, liberandole dalbuffet e controbuffet neogotici, neoclassici o quelche volete ,in favore di snelli e arricciati salottini, dibovindo azzurro cielo, di ingressi con le conchiglieper appendere il cappello e divanetti a volute.Questa è ,più o meno, l’opinio-ne di molti riguardo al Liberty,considerato più un estetismoapplicato alle arti che arte verae propria. Eppure la mostra diForlì ci ricorda che questostile, affermatosi alla finedell’800 in Europa e oltre, haavuto illustri maestri, addirittu-ra Botticelli, evidente nelleforme sinuose, allungate e neichiari colori pastello eMichelangelo, così presentenegli scultorei nudi di atletiche campeggiano nei manifestidei Fratelli Treves o negli olii di Giulio AristideSartorio.Un bisogno di grandeur e, insieme, una stilizzazioneestrema del segno grafico che riproduce, sì, fiori,foglie, pavoni, intricate foreste, ramages e profondeacque turchine, ma sempre senza intenzioni realisti-che. Tutto è simbolico, misterioso, fluttuante, edanche sensuale, come i nudi mollemente atteggiati eadagiati, spesso soffusi di violenti riflessi rosso-aran-cio : sono ninfe, dee, creature magiche colte nellaloro purezza irraggiungibile, come recitano i titoli deiquadri, ma in realtà fortemente ambigue ed allusive.Ed anche lo slancio eroico degli atleti , novelli erco-li, è solo un’utopia che gli imminenti venti di guerra

avrebbero presto ridimensionato.Il Liberty ha influenzato quasi tutti gli artisti e gliartigiani dell’epoca, e la mostra espone perciò oli,pastelli, sculture, ceramiche, vetri, arazzi, costumi emobili intagliati: arduo e noioso sarebbe accennare atutti, meglio sorvolare sui più noti , come Previati,

Boldini o Boccioni, ed anchesui “cugini” europei comeKlimt, o Beardsley o Burne-Jones, per sponsorizzare glorielocali, come il romano AristideSartorio, il faentino DomenicoBaccarini, il toscano GalileoChini.Baccarini è presente con i suoiautoritratti a matita, fortemen-te intimi ed espressivi, maanche con capolavori in maio-lica come “ Volata di donne”,che si avvitano danzanti intor-no ad un vaso, e ci lascia un po’

in sospeso la sua morte precoce che ha interrottobruscamente chissà quali sviluppi. Chini, pittore eceramista ,oltre che mille altre cose, come l’ecletti-smo artigianale di quegli anni richiedeva, ha realizza-to tele, fregi, splendidi vasi e pannelli importanti, tracui “La primavera classica” alla maniera di Klimt. ASartorio, infine, il compito di celebrare RomaCapitale con il suo stile aulico e solenne, i suoi fregineoclassici e monumentali, rivisitati tuttavia in chia-ve fortemente simbolica.Giorni felici…così conclude il dépliant dellamostra…la borghesia del primo novecento celebra ilsuo stile…prima dell’uragano.

Artemisia

Il Liberty - Forlì, Musei di San Domenico Le ciglia d’OrienteStevka Šmitran , Le ciglia d’Oriente, (la VitaFelice Milano 2013).Nel libro, presentato per la prima volta aTeramo (sua città del cuore) il 3 luglio u.s.,Stevka Šmitran fonde ricordi, emozioni,vicissitudini dalle ‘ciglia d’Oriente’ dal sapo-re amaro con immagini oscillanti tra ombree luci della terra d’Abruzzo (le ultime poesiesono dedicate a suo marito Luigi, recente-mente scomparso). Città, luoghi, persone,brevi excursus sono come affratellati da unvincolo di amore e umanità che la poetessa,cittadina del mondo, caparbiamente offre allettore. Stevka Smitran è nata a Bosanska Gradiška,città della Bosnia-Erzegovina dove ha tra-scorso l’infanzia, fulcro della sua biografia edella sua poetica. Dopo gli studi universitaria Belgrado, si trasferisce in Italia. Poetessa,traduttrice e docente universitaria (insegnapresso la Facoltà di Scienze Politiche diTeramo Lingua e letteratura russa). Ha pub-blicato numerosi saggi sulla poesia slava , hatradotto opere di Ivo Andri e altri autori. Hapubblicato il libro di storia Gli uscocchi.Pirati, ribelli, guerrieri tra gli imperi ottomano easburgico e la Repubblica di Venezia (2009).Segretario del premio internazionale“NordSud” di letteratura e Scienze presso lafondazione Pescarabruzzo. Ha vinto premiper le traduzione per la poesia edita e inedi-ta. Nel 2007 ha ricevuto il riconoscimentoGreat Women of the 21st Century dall’AmericanBiographical Institute.

G.D.L.

G.Boldini, donna al piano

Persepoli, palazzo di Dario

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3 CULTURA

La Selva delle lettere : Giorgio BassaniLe varie esperienze esistenziali segnano profondamente Giorgio Bassani por-tandolo a ricercare nei suoi scritti (in cui è quasi sempre coincidente con isuoi personaggi) una vena intimistica e sentimentale che si lega indissolubil-mente al tema della solitudine e dell’emarginazione ed è accompagnata dauna profonda inquietudine che lo porta a non essere mai contento dei suoitesti che ritocca continuamente per tutto il tempo in cui è attivo come scrit-tore. Palcoscenico e perno della sua narrativa, ambientata negli anni della dit-tatura fascista e del dopoguerra, è la città di Ferrara con il suo microcosmoebraico chiuso nel proprio egoismo, privo di ideali, di coraggio civile e fervo-re morale. Nei suoi racconti si intrecciano fatti vissuti e situazioni immagina-te, i suoi personaggi escono dalla fantasia o sono tratti dalla realtà contri-buendo alla nascita di quella letteratura della “memoria” ebraicaitaliana checi offre un accurato, umano e partecipato ritratto dei comportamenti dellaricca borghesia ebraica di una Ferrara terreno di coltura del Fascismo, cittàchiusa e borghese, appartata dalla campagna da cui detrae la sua ricchezza,città isolata nelle sue lotte intestine, nelle sue crudeli discriminazioni (bastipensare all’emarginazione sofferta dal protagonista de “Gli occhiali d'oro”reo,per la sua omosessualità, di contaminare quel culto della forza e incontenibi-le virilità caratteristica del tempo), nella sua innata ipocrisia, nel suo oppor-tunismo cinico e freddamente gestito dai suoi protagonisti. Il suo moralismoanticonformista lo avvicina ai “diversi”, ai solitari, alle figure storicamenteperdenti, ai sentimenti offesi dalla brutalità delle convenzioni e dei conformi-smi sociali (l’Edgardo Limentani dè “L’airone” che solo nel pensiero dellamorte trova la giustificazione del vivere ai margini di una realtà incomprensi-bile). Nelle sue opere Bassani chiede al lettore di “non dimenticare” gli orro-ri della dittatura, delle persecuzioni razziali, del Nazismo e, se da una partein lui è fortissima la sfiducia nella storia, dall’altra la memoria tende alla con-servazione gelosa e riservata dei sentimenti “umani”. Vuole essere il narrato-re, il testimone degli offesi, degli eroi vittime, degli oppositori, senti di appar-tenere a quella specie di narratori che non vogliono e non possono disinteres-sarsi del mondo, della “realtà nazionale” contemporanea, vuole essere il testi-mone-poeta che vive storicamente in mezzo alla gente, la scruta, la giudica,la “racconta”. Nelle sue opere troviamo da una parte l'ebreo ricchissimo pro-prietario terriero appartato custode dei valori dell'ebraismo tradizionale:cul-tura raffinata, ricchezza, spirito di superiorità, culto delle tradizioni ebraiche,la consapevolezza ereditaria che le persecuzioni non finiranno mai (“Il giar-dino dei Finzi-Contini”); dall’altra il tipico ebreo italiano, professionista bor-ghese assimilato al suo tempo, iscritto al Partito Fascista, ben pensante,

colto, impotente davanti alla progressiva emarginazione e persecuzione anti-semita, eppure ambedue destinati all'annientamento. Negli anni ’50 perBassani si delinea una sorta di ostilità, di damnatio da parte delle nuove avan-guardie, diventa uno scrittore “scomodo” in un’epoca in cui il mondo ebraicoitaliano predilige il rientro nella società senza suscitare problemi; sono glianni della normalizzazione sociale, gli ebrei non vogliono parlare delle perse-cuzioni subite, l’opinione pubblica italiana non ha voglia di rivelare le suevigliaccherie: quel mondo “morto” sembra l’ultima testimonianza di un’Italia“antica” che nessuno vuole più. E se da una parte Bassani è profondamentecompromesso con il giudizio morale dello scrittore che si scioglie nellacostante presenza, intorno ai suoi personaggi, del coro della società di cuisono parte, tutto è rappresentato con ferma e contenuta indignazione in cuisi fondono una profonda pietas del passato e una drammatica denunciamorale: il dramma collettivo è filtrato nel grigiore della realtà quotidiana, inuna anonima angoscia, costruendo una fisionomia precisa e inconfondibiledell’evento storico (significativa l’autobiografica riflessione dell’io-personag-gio protagonista di “Dietro la porta”).

Modesta Corda

Ferrara, un grande centro artistico inserito nel 1995 dall’UNESCO nella listadei Patrimoni dell’Umanità come città del Rinascimento, è stata essa stessa unadelle corti più sfarzose dell’epoca tanto da attirare grandi artisti, pittori, scultorie letterati, nomi illustri come Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, NiccolòCopernico, Andrea Mantegna e Tiziano, solo per citarne alcuni.Vale la pena girarla a piedi o sulle due ruote essendo definita “la capitale italia-na della bicicletta”: Ferrara è infatti perfetta se assaporata dolcemente per nonperdere nemmeno uno scorcio tra le antiche mura, i vicoli medievali, le botteghe,i monumenti e le belle architetture come il Palazzo deiDiamanti, un prezioso edificio progettato nel 1492 da BiagioRossetti per conto di Sigismondo d’Este. Il suo nome è dovutoalla presenza di 8.500 blocchi di marmo che compongono ilbugnato con quella caratteristica forma a punta di diamante. Fino al 15 giugno u. s. ha ospitato la mostra “Matisse, lafigura. La forza della linea, l’emozione del colore”. In esposi-zione oltre 100 opere, provenienti dai musei più importan-ti del mondo, hanno permesso di conoscere uno dei piùnoti artisti del XX secolo, illustre esponente del Fauvismo,corrente artistica il cui tratto dominante era l’uso del colo-re come strumento di comunicazione e di espressioneemotiva. Matisse, considerato oggi il fondatore del moder-nismo insieme a Picasso, auspicava il libero uso del colore e la sua influen-za si avverte fino agli esperimenti più radicali degli artisti del XX secolo: isuoi dipinti continuano ad infondere equilibrio, purezza e tranquillità. Ilgenio di Matisse ha cambiato il corso dell’arte del Novecento, imprimen-do la sua visione nuova ad ogni genere artistico ma nessuno di questi l’haaffascinato quanto la rappresentazione della figura, soprattutto femminile,al punto da impegnarlo per l’intero arco della sua carriera in una ricercaincessante attraverso tutte le tecniche. L’esposizione ci ha dato la sensazio-ne di passeggiare all’interno del suo atelier, tra dipinti, sculture e opere sucarta, dalle opere giovanili a quelle della maturità, seguendo l’avventura

creativa grazie alla quale Matisse ha dato forma tangibile all’emozionerisvegliata dai suoi modelli e al piacere stesso di ritrarli. Un’esplosione digioiosa vitalità accende le icone giovanili, raggianti di colori puri, e fa dan-zare leggeri i corpi nei capolavori della prima maturità. Lo stesso slanciopercorre le opere dell’ultima fase, dove gli oggetti e l’ambiente sembranorisuonare dell’energia emanata dalla figura. Quel che più mi interessa non èné la natura morta, né il paesaggio, ma la figura. La figura mi permette ben piùdegli altri temi di esprimere il sentimento, diciamo religioso, che ho della vita

(Henri Matisse, 1908) . Straordinarie e inattese le scultu-re in mostra, passaggio intermedio verso quello stile defi-nitivo che si coglie nelle tele: i volti delle modelle, i rifles-si della luce sulla figura, il mistero delle espressioni rivivo-no in ritratti dal fascino magnetico, in ambienti dagli arre-di esotici... immagini che sono un inno alla bellezza eall’arte. Matisse si è ispirato alla figura, il più antico deitemi artistici, e ne ha sovvertito la rappresentazione tradi-zionale: con semplici sagome colorate ha composto sinfo-nie di forme quasi astratte che si espandono in uno spazioinfinito. A chiudere la retrospettiva su uno dei più celebrati artistidella prima metà del Novecento sono le “testimonianze

della stupefacente vitalità e dell’inesauribile forza d’immaginazione dell’or-mai anziano e malato maestro”. Come la “Giovane donna in bianco, sfondorosso”, icona della mostra, o “Interno blu con due ragazze”, o ancora opererivoluzionarie come il celebre libro Jazz e la serie degli Acrobati. È qui cheMatisse inventa la tecnica delle gouches dècoupèes: “Ritaglia forme e motivida fogli di carta dipinti con colori puri e brillanti per poi assemblarli attra-verso il collage. Queste creazioni incarnano l’essenza dell’arte di Matisse,capace con pochi segni di toccare le corde più profonde dell’animo e diinfondere un senso di perfetta armonia, esercitando una straordinariainfluenza sugli artisti del suo tempo e delle generazioni a venire”.

Matisse, la figura. La forza della linea,l’emozione, il colore

Nasce a Bologna nel1916, da una ricca famiglia della buona borghesia ebraica fer-rarese.A Ferrara Bassani trascorre l'infanzia e la giovinezza fino alla maturità clas-sica. A Bologna, dove si laurea in Lettere, è parte integrante di quel parterre cul-turale cittadino da cui usciranno alcuni dei più bei nomi della cultura contempo-ranea.Esordisce nel 1940 e pubblica, sotto lo pseudonimo di Giovanni Marchi, ilvolume “Una città di pianura”. L’esperienza della guerra e le persecuzioni razzia-li lo costringono a trasferirsi a Roma dove è parte attiva nella Resistenza: vienearrestato per antifascismo nel ‘43 e trascorre circa tre mesi in carcere. LasciaRoma dopo la promulgazione delle leggi razziali abbandonando l’attivià letterariae l’insegnamento nelle scuole pubbliche. Continua tuttavia ad insegnare in unascuola privata israelitica impegnandosi a trasmettere agli alunni quei valori eticiuniversali che arricchiscono l’animo dell’essere umano e sono patrimonio di tuttisenza distinzione di razza. Collaboratore e redattore di numerose riviste cultura-li, narratore, poeta,saggista, traduttore molto apprezzato, sceneggiatore cinema-tografico collabora con i maggiori registi del tempo. Responsabile per la narrativadi varie case editrici, con l’editore Feltrinelli ha il merito di aver pubblicato il“Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa da molti rifiutato. Riceve numerosi premie prestigiosi riconoscimenti in Italia e all’estero...insomma: un intellettuale digrande spessore. Muore a Roma nel 2000.

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4PARLIAMO DI...

Cristina da Pizzano Donne

Il 14 dicembre 1918 il Metropolitan di New York metteva in scena il “Trittico”,l’insieme delle tre opere brevi di Puccini: Gianni Schicchi, Suor Angelice eTabarro. La prima opera, composta nella primavera del 1918 su libretto diGiovacchino Forzano, si riferiva a un sensazionale episodio di cronaca nera,avvenuto intorno al 1250 a Firenze, che aveva avuto come protagonisti perso-naggi di due delle famiglie più importanti di Firenze: i Cavalcanti e i Donati.Il fatto, centrato sulla sostituzione di persona, e dunque sull’inganno, dietro laspinta dell’avidità, aveva destato grande scalpore, tanto che circa 30 anni dopoDante ne riferisce nel 30° canto dell’Inferno, dove incontra Gianni Schicchitra i falsari, collocati nella X bolgia; altre notizie dell’episodio il Forzano attin-ge da un anonimo fiorentino del XIV secolo, commentatore di Dante. Il protagonista è reo di essersi sostituto ad altri “…falsificando sé in altruiforma …per guadagnar la donna de la torma...” avendo voluto “falsificare in séBuoso Donati, testando e dando al testamento norma.” L’incontro fra il geniodel poeta fiorentino e il grande musicista lucchese, entrambi partecipi delgusto per la beffa e l’umorismo nero tipici dello spirito toscano, produceun’opera breve, ma indimenticabile, che ruota intorno a un testamento, asseportante dell’intreccio. L’opera narra la vicenda con accenti veri, informando-ci minuziosamente sull’età e i rapporti di parentela dei protagonisti, poichédeve essere chiaro il ruolo dei lasciti inseriti nel testamento. I numerosi perso-naggi sono delineati in base alle caratteristiche psicologiche, mediante diversistili vocali; la narrazione è ricca di riferimenti storici e paesaggistici e di espres-sioni vernacolari, in perfetto stile verista, anzi questa si può considerare l’ope-ra più verista di Puccini.I personaggi in scena sono tanti, ma i veri protagonisti sono Gianni, imparen-tato con la famiglia dei Cavalcanti, sua figlia Lauretta e Ranuccio Donati,figlio di Buoso e fidanzato di Lauretta. Lo stile musicale è piuttosto buffone-

sco, con l’eccezione dell’aria di Lauretta, lirica e delicata, interpretata da tuttii più grandi soprani.L’azione inizia in una camera da letto dove giace Buoso Donati, appena dece-duto, circondato dai parenti. Il tono grottesco dell’opera si manifesta quandoi familiari, preoccupati perché sanno di essere diseredati a favore di un con-vento, cercano un modo per cambiare il testamento. Al tema dell’avidità s’in-treccia quello dell’amore, poiché Ranuccio Donati è innamorato di Lauretta,che non è accettata dalla sua famiglia perché è senza dote, perciò quandotrova il testamento lo consegna ai parenti solo dopo che questi consentono alsuo matrimonio conla ragazza, figlia di Gianni Schicchi. Sarà proprio loSchicci, uomo ingegnoso e amante della burla, molto abile nel “contraffareogni uomo”, a escogitare un ingegnoso piano per accontentare gli eredi delmorto. Dopo un’accesa discussione, che termina con l’aria di Lauretta (O miobabbino caro), egli fa nascondere il morto e si finge Buoso che sta per moriree vuole fare testamento, imitandone l’aspetto e la voce, tanto da trarre ininganno il notaio, chiamato a raccogliere le ultime volontà del moribondo.Molto esilarante il momento in cui il finto Buoso, dopo aver diviso parte delpatrimonio tra i vari eredi legittimi, riserva al suo “caro amico” Gianni Schicchiimportanti lasciti fra cui la villa di Firenze e una bellissima mula, senza che ipresenti possano opporsi, sia per non compromettere tutto l’affare sia per evi-tare le dure sanzioni previste per il reato di falso (addio Firenze, addio). Dopol’uscita del notaio tutti si scagliano contro Schicchi, ma egli li scaccia dalla casache è diventata sua. Lauretta e Ranuccio esultano per la felicità, mentreGianni chiude l’opera rivolgendosi direttamente al pubblico: Per questa bizzar-rìa m’ha cacciato all’inferno... e così sia. Ma con licenza del gran padre Dante, sequesta sera vi siete divertiti, concedetemi voi … l’attenuante”

Emilia Perri

LiricaGiacomo Puccini - Gianni Schicchi

Cristina (Christine) da Pizzano (de Pizan) nacque a Venezia nel 1365, mavisse in Francia fin dalla più tenera età, dato che il padre, medico, astrolo-go e cattedratico, era tenuto in grande considerazione da reali e nobiliparigini. Sposa a 15 anni, a 25 vedova con tre figli, e in stato di povertà, silamenterà sempre della condizione di vedovanza ma con determinazionemise a frutto la sua formazione, voluta da suo padre a dispetto del sesso,scrivendo ballate dedicate a personaggi illustri, traendone vantaggi econo-mici: fu dunque il primo scrittore professionista della lette-ratura francese. Nessuno prima di lei aveva fatto dellapenna un mezzo per vivere! Perfezionò la sua cultura lette-raria, leggendo le opere degli antichi e dei contemporanei eil suo ‘sapere’, esteso ed eclettico, le valse la qualifica diumanista. S’impegnò nella poesia lirica, poesia di corte, cre-ando componimenti prevalentemente di carattere persona-le e amoroso. Quando scrive d’amore, divaga su temi con-venzionali ma sempre invoca la sua esperienza, i dolori dellavedovanza, le sue difficoltà materiali, l’autenticità della suaesperienza di donna. Il femminismo astratto delle preceden-te poesia lirica lei lo volle trasferire sul piano della vita pra-tica: per attirare sì compassione ma collegando i problemiindividuali a questioni di morale che già fanno intravedere ilsuo gusto per la filosofia. Il successo delle sue opere, negliultimi anni del secolo, migliorò notevolmente la sua situa-zione economica. Un dibattito letterario su Le roman de la rose, in cui dife-se con successo il femminismo almeno a livello intellettuale, la rese dicolpo una figura letteraria di primo piano. Gli anni 1402-1407 furono perCristina un periodo di produzione intensa che meraviglia per il numero el’estensione delle sue composizioni in uno spazio di tempo così breve. Lasua vita sembrò allora confondersi con le sue opere. Ebbe fama nel campodella poesia lirica ma le opere di carattere moralizzante la coinvolseromaggiormente. Il solo riassunto delle opere basta a rivelare la sua tecnicadi composizione, basata sull’accumulazione di “exempla” presi dalle fonti

più diverse e sull’allegoria. Leggerle oggi non è facile ma nel bassoMedioevo questi procedimenti erano il fondamento stesso della creazioneletteraria: da qui il successo immediato e considerevole , a dispetto delladifficoltà di una lingua talvolta oscura, spesso appesantita dall’accumula-zione delle subordinate, delle parentesi e degli incisi. Fu, dunque, una veraprofessionista della scrittura: donna di lettere, abile manager della sua car-riera e della diffusione delle sue opere. Se la ‘politica editoriale’ di Cristina

fu estremamente attenta, la politica, nel senso proprio deltermine, appare invece molto più fluttuante, opportunista,dettata dalle necessità del momento. Negli scritti politici,sotto il guazzabuglio degli exempla, propone concrete solu-zioni ai problemi che dilaniavano la Francia secondo unideale politico che restò saldo nel corso degli anni: un desi-derio di pace civile che richiedeva la concordia dei diversi“états” e una concezione vigorosa della crescita del benepubblico. L’uno e l’altro potevano essere garantiti solo da unre degno, incontestato e circondato da consiglieri illuminatie disinteressati. Questa fermezza sui principi spiega para-dossalmente la successione degli atti di fedeltà di Cristina avari prìncipi. Come la sua politica, così la sua morale passaper un coacervo di luoghi comuni: l’onnipresenza del temadella Fortuna sarebbe la piatta espressione di un pessimi-smo alla moda nel corso dell’autunno del Medioevo.

L’esistenza stessa di Cristina prova, invece, che la fatalità può essere com-battuta. Trascorse gli ultimi anni della sua vita in convento e morì intornoal 1430. La sua opera ampiamente letta e copiata, poi stampata nel corsodei secc. XV e XVI, conobbe l’inevitabile eclissi del secolo XVII.Riscoperta, verso la metà dei secolo XVIII, da allora è stata incessante-mente studiata, e persino usata da nazionalisti e da femministe. Oggi èoggetto di studi eruditi ma poco conosciuta dal grande pubblico. Il nomedi Cristina, come simbolo della creazione letteraria femminile delMedioevo, continua tuttavia a parlare alla memoria collettiva.

Tempo d’estate...alta tecnologia da indossareDopo i Google Glass ancora una novità per l’alta tecnologia da indossare.Stiamo parlando degli smartwatch, un tocco di vero glamour per l’estate vistoche la loro uscita, stando al mondo Android, è prevista per la fine di giugno. Si vocifera sia in arrivo il G Watch della LG, il primo smartwatch con AndroidWear e sembra che arriverà anche in Italia.L’utilizzo principale sarà quello per leggere e interagire con le notifiche rice-vute sullo smartphone accoppiato e per impartire comandi vocali, come spie-ga la stessa casa produttrice in questo passaggio:“Questo [Android Wear] si compone di due sezioni fondamentali: quella per

ricevere le notifiche e informazioni contestuali (grazie a Google Now) eun’altra per chiedere informazioni o impartire comandi vocali. In concreto,tutte le volte che si riceve una chiamata, un messaggio di chat in Hangout ouna email, è possibile averne immediata notifica grazie appunto all’orologio.D’altra parte l’integrazione con Google Now permette di avere sempre sott’oc-chio il meteo, eventuali voli, gli ultimi risultati della squadra del cuore.”Lo smartwatch, dunque, funge da specchietto dello smartphone, forse ci indur-rà a usare meno il telefono o forse no. Lo dirà soltanto l’uso che se ne farà!

Annarita Petrino

Cyberspace

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5 TERAMO E DINTORNI

OSSERVATORIO TERAMANO

“Niente c’è di definitivo nel mondo, ma le cose menodefinitive di questo mondo sono le vittorie elettora-li”. (Benito Mussolini, Scritti e discorsi, 1914/39). Mipare che il pensiero del Dux calci a pennello. Dopola sbornia elettorale. Adesso bisogna davvero metter-si a pensare come dare una svolta a Teramo e alla suapopolazione. Svolta che coinvolga quelli che nonhanno lavoro. Svolta per quelli che cercano la lucedietro l’angolo. Teramo deve sapersi riappropriaredel suo ruolo di capoluogo. Lo ha perso nel tempo.Lo ha perso seguendo quanti hanno deciso di disse-minare sul territorio eccellenze che dovevano restarea Teramo. Adesso qualcuno sta cercando di farel’esatto contrario, riportare a Teramo quelle eccellen-ze sparse sul territorio provinciale, eccellenze chenonno avuto soltanto un ruolo politico per strapparevoti. E basta. Riusciremo a rivedere la Teramo d’altritempi. Scriveva il maestro Fernando Aurini “Teramoè una piccola incompiuta, tutto ciò che si intrapren-de resta sospeso, interrotto, e infatti la città si svilup-pa caoticamente. Se vivesse una vita densa di conte-nuti morali, culturali e sociali sarebbe una splendidaopera verdiana, traboccante di vitalità, appassionata,onesta e diretta”.Rifletterci sopra dovrebbe essere il minimo. Ma c’ètanto da fare nel nostro pubblico. Spero di vedererealizzate alcune delle strombazzate opere annuncia-te durante la campagna elettorale avvelenata e stril-lata fino alla esasperazione. D’altra parte la situazio-ne non pare sia mutata. E’ identica quella creatasidopo le ultime elezioni. Insomma vorrei sbagliare madi nuovo c’è poco. All’ombra del Duomo teramano.Dunque riflessioni e poi tutti al mare ovviamente chipotrà ancora permetterselo. Al ritorno troveremo lerotonde annunciate (alcune iniziate), troveremo forsei sotto passi di piazza Garibaldi ultimati e rimessi anuovo, troveremo insomma quanto è stato annuncia-ta con tanto di fanfara prima delle elezioni. E al mareche troveremo? Solito balletto di bandiere blu checonfermeranno la bontà delle nostre acque fino alprimo divieto di balneazione. Nulla di nuovo e allorache fare, come evitare di affondare nel desolantepanorama del post elezioni? Scriveva Aurini “Quandosi parla del senso voluttuario dei teramani, nati comepochi privilegiati con il gusto ed il piacere della buonatavola, educati al culto della cucina, portati per istin-to e per temperamento verso il mangiare ed il bere,bisogna tenere presente che gli abitantidell’Intermania Urbs da secoli e secoli hanno fatto delvino e della buona tavola il loro tempio più sacro.Annodiamoci ancora, come una volta, in tutta sere-nità il tovagliolo dietro la nuca (anche se non è piùchic), allunghiamo i piedi sotto la tavola e pronuncia-mo di nuovo l’augurio sacro dei nostri antichi. Salutee buon appetito”.Ma si buon appetito. A tutti ai vincitori, agli sconfit-ti, ai trombati. Nessun problema comunque ci saràtempo per riprovarci. Tanto se le elezioni servissero aqualche cosa probabilmente ce le avrebbero negate.Ma questa è un’altra storia.

Gustavo Bruno

Buon appetito!

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Maurizio Di Biagio “All’ombra del campanile”-Galleria di personaggi teramani- (Artemia edi-zioni, Teramo 2014)

Il titolo evocativo e poetico viene definito nellasua concretezza semantica dal sottotitolo che nechiarisce anche il genere letterario. La recentepubblicazione di Maurizio Di Biagio, giornalistadel quotidiano “Il Messaggero”, presentata il 15maggio nella sala S.Carlo del MuseoArchelogico, è una rassegna di personaggi noti oinvisibili che costituiscono la microstoria cittadi-na. Alcuni sono ancora attivi ed inseriti nel tessu-to sociale di Teramo, altri sono passati a migliorvita ma continuano ad essere vivi nel cuore enella memoria di chi resta. L’opera, infatti, è unaraccolta di articoli scritti dall’autore nell’arco di15/20 anni e già pubblicati su mensili (Il cittadi-no e Teramani), su settimanali (L’araldo abruzze-se), su quotidiani (Il Messaggero), e da ultimoanche sul suo blog “Il senso”. È arricchita inoltre

da una decina di ritratti a matita eseguiti dallostesso scrittore e da un disegno policromo delDuomo di Teramo realizzato in copertina dall’ar-tista Enzo D’Ignazio.“Ritratti a memoria” li definisce il prof. ElsoSimone Serpentini nella sua dotta prefazione,parafrasando un titolo del filosofo Russell, opiuttosto“schizzi” e non ritratti a tutto tondo,,dapprima abbozzati e poi perfezionati con il trat-teggio per restituire “pienamente il senso dellaloro esistenza e della loro presenza in una cittàspesso, troppo spesso, indifferente...”.La memoria li consegna alla storia prolungandola loro vita perchè, come dice Cicerone,”è tesoroe custode di tutte le cose”, fissando per sempre illoro sorriso o la loro lacrima e il loro dolore chenel ricordo diventano eterni. Anche perchè ascrivere di loro non è solo un giornalista ma unoscrittore che non si è limitato a raccontarne lestorie ma ha frugato con curiosità umana nelleloro anime.

All’ombra del campanile

Sei come una vecchia/abbandonata/

in un letto sghembo /disfatto,/

la polvere ti vela, / le rughe ti solcano/

mentre mollemente ti adagi /tra due

testate /consunte. / Somigli/a quelle

civiltà / in decadenza / con i segni

della carne corrotta /dopo il vizio. /

Ti odio, / così piena di buche, /sven-

trata in una piazza dall’ipogeo /e da

un parcheggio sotterraneo nell’altra, /

con le pietre del teatro romano /

immolate all’usura del tempo, / e

quelle del teatro ottocentesco /demoli-

te per il commercio, / via gli enti, la

caserma, la telefonia, / via anche i

cervelli giovani, / città dormiente

ormai, /a misura di vecchi e bambini./

Ti amo disperatamente / per il maci-

gno del Gan Sasso sul cuore,/ l’aria

fresca di Magnanella / nelle sere

afose,/ l’abbraccio muto e virente /

delle tue colline, / il richiamo appas-

sionato /e ciarliero del tuo Duomo/e

dei tuoi resti medioevali /che risuona-

no di echi lontani,/ per l’orizzonte che

si spalanca/ sull’azzurro di quel mare

vicino./

Ti amo ed odio/ come una cartolina

ingiallita /dal colore dei miei sogni.

Elisabetta Di Biagio

TEr...amo e odio!

Libro in vetrina

Venerdì 13 giugno, si è svolta la cerimonia di intitolazio-ne a Cristina da Pizzano (1364-1430?) della Sala polifun-zionale della Provincia di Teramo. L’iniziativa è statapromossa dal comitato “Se non Ora Quando?” nell’ambi-to del concorso scolastico sulla toponomastica femmini-le “Sulle vie della parità”. La classe IIA del Liceo scienti-fico ‘Einstein’ di Teramo ha individuato in Cristina daPizzano,intellettuale europea, letterata e filosofa, antesi-gnana dell’emancipazione femminile, il personaggio dirilievo a cui intitolare la Sala Polifunzionale, sito ideale inquanto sede di convegni, incontri e altre occasioni discambio culturale. Ricordiamo che la scrittrice teramana Aida Stoppa èautrice del romanzo Io, Cristina. Storia di Cristina daPizzano. Alle origini della Querelle des femmes (Galaad2012).Per notizie in breve sul personaggio: andare a pag.4

Sala Cristina da Pizzano

Le manifestazioni per la festa della Madonna delleGrazie, a Teramo, il 2 luglio u.s., prevedevano un concer-to della Banda di Ailano.Ebbene il concerto c’è stato maha provocato ‘sconcerto’, anzi INDIGNAZIONE pro-fonda nel pubblico presente: la musica a tutto volumeproveniente dal Luna Park ha di fatto mortificato inmodo indecoroso l’esibizione della Banda di Ailano. Sipuò solo dire che è stata una mancanza di civiltà e dirispetto verso l’arte e la musica.Il valentissimo M° Nicola Samale ha diretto brani d’ope-ra nel frastuono assordante (decibel a go go) del lunaPark.Molte persone erano esasperate. Ci si chiede: chi hapermesso tanti decibel di rumore al punto da rendere labuona musica della Banda inascoltabile?Dobbiamo chiedere scusa ai bandisti e al loro DirettoreM°. Nicola Samale a nome dell’intera città.Inciviltà e approssimazione: sul manifesto era sbagliatopersino il riferimento del professor Samale, musicistaassai noto, indicato come un generico ignoto M°Nicola!!!! .

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ZURIGO

Alma Tadema e i pittori dell’800 ingleseLa mostra dedicata ad Alma Tadema e i pittoridell’800 inglese, da poco conclusasi presso ilChiostro del Bramante, a Roma, ha dato a moltivisitatori l’opportunità di scoprire o riapprezzaree, perché no, anche criticare opere di artisti checomunque, al di là del gusto personale hannosegnato un lungo periodo dell’arte inglese. Ci rife-riamo ai pittori dell’Aesthetic Movement (vedibox) accomunati da tendenze simili, ma ognunocon la sua personalità, i suoi temi prediletti, il suopersonalissimo stile: da Millais e Rossetti, i padripreraffaelliti, insieme al poco più giovane BurnesJones, fino al genio di sir Alma Tadema e le suetele dedicate al mondo della Grecia e della RomaImperiale, che hanno ispirato i film mitologici finoagli anni ’70. Olandese di origine, naturalizzato inglese, Alma-Tadema, ebbe una passione particolarssima per lastoria, l’archeologia e la vita quotidiana dell’anti-chità: era affascinato dall’architettura, dagli ogget-ti, dagli abiti di Roma antica, dalla bellezza forma-le della statuaria classica, ed ebbe la genialità diintrodurre tutti questi elementi in composizioniche alludono ai costumi e allo stile di vita vittoria-ni. Sono tele, quelle in mostra, che ruotano intor-no alla mitologia , al Medioevo e ai drammi shake-speariani, ma anche a scene di apparente quoti-dianità che si trasformano in quadri di enigmaticabellezza fino all’apoteosi della storia antica chediviene leggenda, come nel capolavoro di AlmaTadema “Le rose di Eliogabalo”, una tela colossa-le esposta alla Royal Academy nel 1888 e ispiratasia dalla Historia Augusta, sia soprattutto alromanziere Huysmans, autore di À rebours, mani-festo del Decadentismo europeo. In essa si vede ilcrudele imperatore romano di origine siriana cheschiaccia gli ospiti sotto una cascata di rose.Decadente e al tempo stesso precisissima nella

definizione dei particolari, ha per protagonistanon un eroe ma un un uomo, crudele e omicida. Ildipinto divenne simbolo del gusto decadente con-temporaneo. Un tema centrale del MovimentoEstetico è la donna: muse o modelle, femmes fata-les, eroine d’amore, streghe, incantatrici, princi-

pesse; l’essere angelicato che può diventare demo-nio, la salvezza che può diventare tentazione.Nelle opere di questi artisti il corpo femminile nonè più prigioniero come nella vita quotidiana, bensìdenudato, e simboleggia una forma di voluttà. Ledonne sono tutte eroine dell’Antichità e delMedio Evo; natura lussureggiante e palazzi son-tuosi fanno da sfondo a queste figure sublimi,lascive, sensuali.Questi pittori conobbero ildisprezzo e le opere subirono un vero diktat delgusto. Un collezionista messicano, Pérez Simòn,che ha messo a disposizione le opere in mostra, intempi di oblio le ha cercate ed acquistate fino adavere una delle raccolte private più importantidell’America Latina. La sua passione è l’amore perla bellezza, oltre che la pittura raffinata. E chimeglio di questi artisti riesce a unire in un connu-bio così pregevole queste due passioni?

È una specie di ‘nicchia’ della mente, un rifu-gio dove mille ragioni ti inducono a pensare,nel caos generale, come sia meglio ‘lasciar per-dere’, ché tanto tutto è inutile. È più o menocosì che l’individuo, in quel momento supre-mo di reciprocità, comune a molti, inesistenteper i più, in cui l’altro dovrebbe diventare il tuoprossimo e chiederti una risposta all’unicoimperativo per cui ha senso vivere, fornisce lasonnacchiosa risposta di cui sopra…Eppure è quel preciso momento che puòcambiare l’animalità in etica.È soprattutto quella grossa fetta di umanitàche, tutto sommato, se la passa ‘non c’è male’che continua a far finta di non saper che fare.Si concentra sui fatti suoi, lancia piatte invet-tive, vaniloquio socio-politico approssimativoe inutile almeno quanto i programi, tutti iden-tici, dei vari ‘signori del potere’ di turno. Ideedi parte che ognuno sbandiera e propugnacome buone …all’immobilismo del potere. Inbarba a quel pensiero filosofico che sostiene ilmiglioramento della società dipendere daquello del singolo, individuo per individuo. Qualcuno che ci crede esiste, però, e quelqualcuno fa la differenza, come a dire tieneancora alto sulla bilancia il piatto dei ‘buoni’ -“Uscire dalla comfort zone in cui si assistepassivi a ciò che accade” è ciò che sostiene,fra gli altri, Nicoletta Iacobacci, una donnache ha fatto di tutto perseguendo lo scopo disvegliare il pensiero e l’azione dove poteva, dal

giornalismo al teatro, ad altri innovativi mezzidi comunicazione, coordinatrice delle TVpubbliche d’Europa, che sta studiando ilmodo per creare programmi partecipativi epropositivi fra le varie nazioni con la possibili-tà di interagire in tempo reale. Per aiutare ilcambiamento di metodiche infruttuose pren-dendo atto del ruolo ormai fondante, semprepiù completo e irrinunciabile che ha nella vitaumana l’apparato tecnologico. Farlo conosce-re realmente e possedere ai giovani, senzacompromettere il ruolo dei libri ma anzi con-siderandoli un momento di riscontro gaudio-so, teoria imperitura di ciò che si applica conle macchine. “Credo che il mondo evolva solo quando icoraggiosi si prendono dei rischi”. Così in unaesplosione di creatività e con la speranza checiò che sta facendo sia sempre più accettato,esorta la scuola ad avere “zero pigrizia” peresprimersi attraverso una didattica veramentepartecipata, svegliando i sonni tra i banchi,inventando, creando insieme nuove forme diapprendimento aiutandosi con quel mezzoche solo è andato veramente avanti sfidandoquasi lo stesso cervello umano e che è, appun-to la tecnologia. Sicché la lezione, corale, reci-tata, fotografata, creata tra docenti e discentidiventi palpitante, vero lavoro comune, nondia tregua, interessi, coinvolga. Creando, sispera, gli ‘svegli’ di domani.

abc

La comfort zone

Nella metà del XIX secolo, nel Regno Unito emer-ge un ideale chiaro e rivoluzionario: la ricerca diuna nuova bellezza. Gli artisti che aderiscono algruppo Aesthetic Movement non cercano nient'al-tro che una forma d'arte libera, affrancata dalleconvenzioni sociali, in aperto contrasto con il puri-tanesimo vittoriano. La tendenza investe l’arte maanche altre discipline quali l’incisione, la rilegatu-ra, la moda e perfino la fotografia contagiandotutte le forme di arti decorative. È l’avvento dell’ar-te per l’arte, di un’arte la cui unica vocazione è labellezza. I quadri dipinti dagli “esteti” non hannointenti narrativi, né morali; le loro sculture sonosemplicemente una fonte di delizia, evocatrice dipiaceri sensuali, per occhi e mani; la loro poesia hala pretesa di essere “pura”. Gli aderenti alMovement adottano la teoria parnassiana diffusa,nel 1835, da Théophile Gautier. Oscar Wilde(1854-1900) si proclama primo guru dello stile, nediffonde gli ideali che si ispirano alle vicende stori-che del passato e ai paesi lontani: l’Oriente, laGrecia, l’antico Egitto e il Giappone. Gli eccessi ela leziosità dei suoi adepti, indebolirono, forse, laforza creativa del Movi mento… la bellezza sfiori-sce. Inoltre, nella sua fase tardiva, l’estetismo èassociato all’idea di decadenza, e perde definitiva-mente la sua carica innovativa

Estate ricca nella macroregione culturale del centroItalia: Ascoli Piceno, Civitella del Tronto, Teramo,Castelbasso, Atri, Loreto Aprutino, Pescara ospiterannonove mostre: 100 artisti internazionali, nove curatori,una decina di sedi espositive, due regioni, tre provincie,sei enti culturali. Sono i ragguardevoli numeri di “Arte inCentro. Cultura contemporanea nei borghi e nelle città”, uninsieme di mostre che dal 4 luglio al 28 settembre ani-merà nel segno dell'arte contemporanea un vasto terri-torio, dalla Marca ascolana alla provincia pescarese pas-sando per i centri storici del Teramano, creando nell'ar-co dell'estate un museo diffuso tra Marche e Abruzzo.Ricomponendo in un quadro complessivo le novemostre di “Arte in Centro”, la proposta va dai maestristoricizzati degli anni Sessanta alla nuova ricerca, inun’ampia varietà di poetiche, linguaggi, medium, tra pit-tura, scultura, fotografia, video, installazione, perfor-mance.CALENDARIO SINTETICOAscoli Piceno - galleria d’arte “O. Licini” (7 luglio/28settembre?- “Amalasunta Collaudi. Dieci artisti e Licini”.Castelbasso - (13 luglio/31 agosto) due mostre:. “C’era una volta a Roma. Gli anni Sessanta intorno a piaz-za del Popolo” - mostra opere artisti contemporanei “Paesaggi della mente” dedicata al pittore avezzaneseAlberto Di Fabio, Teramo - ARCA - “Visioni. Enzo Cucchi” - (5 luglio/31agosto).Civitella del Tronto (Te) - (6 luglio/28 settembre),duemostre “Visioni. Gianluigi Colin” - opere e istallazioni“Visioni. Visione Territoriale” - mostra di creazioni in cera-mica. (segue a p. 8)

Arte in Centro

Lawrence Alma - Tadema, rose di Eliogabalo

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Uscito nell’inverno scorso, il film racconta le vicende della trasposizione cine-matografica della storia di Mary Poppins.Pamela Lyndon Travers è una scrittrice di romanzi per l’infanzia che vive aLondra e fa impazzire il suo editore perché da vent'anni rifiuta di cedere idiritti di “Mary Poppins” a Walt Disney. Ossessionato dalla promessa fatta allesue figlie, Mr. Disney sogna di realizzarne un musical in technicolor e infineriesce a persuadere la cocciuta e bisbetica Miss Travers a partire per laCalifornia. Impermeabile agli ossequi e all’amabilità di Walt Disney e dei suoiassistenti, Pamela si siede in cattedra e passa in rassegna lo script e la suainfanzia, sublimata nei suoi romanzi. Cresciuta in Australia da una madre fra-gile e un padre sognatore, costretto a lavorare in banca e deciso ad affogare lapropria vita nell’alcol, Pamela ha inventato Mary Poppins per salvare il suopapà e i Mr. Banks del mondo. Di questo parla Saving Mr. Banks, ricordando-ci la possibilità di aprirci ad altri mondi, per fuggire dalla realtà e poi magariritornarci con un maggiore grado di consapevolezza. La breccia verso l’altromondo intuita da bambina e sognata da adulta, Pamela l’ha trovata nella suagovernante volante che, mentre rassetta, converte i genitori al culto dell’imma-ginazione, delizia i bambini e si prende cura dei loro padri in ambasce. E ipadri sono i destinatari di questa commedia che è una contesa tra due perso-naggi e due movimenti, uno di resistenza (Miss Travers) e uno di assedio (Mr.Disney). Da vent’anni Disney prova ad acquistare i diritti di “Mary Poppins”

perché ha fatto una promessa alle sue figlie, da altrettanti la Travers resisteperché ha fatto una promessa a suo padre. Promesse che rivelano un rimosso,un’infanzia ingrata e una ‘domanda di padre’ mai accolta. Realizzare l’adatta-mento cinematografico di “Mary Poppins” consente allora ai protagonisti difare i conti col genitore e di ‘riparare’ con l’immaginazione. Alla maniera diMary Poppins, il film di J. L. Hancock è coinvolgente e spruzzato di un gra-devole sentimentalismo. Uno spettacolo popolare che nasconde un segreto eribadisce il fascino inalterato di Mary Poppins, tata volante portata dal ventoche inventa parole e manda giù pillole amare con lo zucchero.Interpretato senza sbavature e cedimenti descrittivi da Emma Thompson eTom Hanks, bravi a scavare nella coscienza dei propri personaggi scovandola propria attitudine fanciullesca, Saving Mr. Banks sparge una gioia misterio-sa che alleggerisce i toni drammatici, assorbe il pragmatismo magico dellatata perfetta e compensa la mancanza del padre reale con la produzione liri-ca di uno immaginario. Un padre che i movimenti coreografici, le invenzionisceniche, gli sfondi a disegni animati e una rosa di canzoni indimenticabilipermettono di salvare e celebrare, restituendo a Pamela e a Walt tutto ilsenso della loro eredità di figli. Questo è il segreto intimo di Saving Mr. Banks,comprare con due penny carta e spago, riparando il proprio aquilone e la pro-pria infanzia.

da M.M.

la tenda n. 5 giugno 2014 7

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Caccia al tesoro d’arte...teatrale

Saving Mr. Banks - (un film delizioso)

Siracusa è un tesoro d’arte di per sè. Quando poi si assiste alla rappresentazio-ne di una tragedia greca nel teatro greco della città, allora l’emozione siaggiunge al fascino, e diventa difficile farne a meno! Quest’anno, per ilFestival del Centenario dell’Inda-Istituto Nazionale Dramma Antico - è statamessa in scena l’Orestea, l’unica trilogia tragica rimasta nella sua interezza, concui Eschilo vinse nelle Grandi Dionisie del 458 a. C. in Atene. Due serateintense: Agamennone nella prima e Coefore e Eumenidi nella seconda.Lo spettacolo inizia quando il sole scende dietro la gradinata più alta e la luceè ancora chiara, l’atmosfera è sospesa, scende il silenzio sugli spalti e si accen-de la magia dell’antica poesia che ancora oggi commuove e fa riflettere. Lascenografia straordinaria, quest’anno ideata da Arnaldo Pomodoro, è essen-ziale: le porte monumentali della reggia di Argo,elemento unico e fondamentale della scena, quandosi dischiudono per l’ingresso dei personaggi sembra-no pagine di quel libro che ci viene raccontato. Inizia la storia l’Agamennone: la scena è ricoperta diterra scura da cui ‘emergono’ lenti e tristi i vecchiargivi, il coro: non riescono a gioire del ritorno delsignore, presagiscono il dolore che si abbatteràsulla città, intonano il canto, un lamento narrativoche ricorda la piana di Troia ricca dei morti di unaguerra empia, la solitudine decennale della città diArgo, la catastrofe che incombe. La terra scuracome ciò che è stato, è e sarà, è preludio all’ingres-so di Clitennestra, vera protagonista della tragedia,che grida lo strazio della sua maternità ferita, che è vittima e carnefice posse-duta dal demone inevitabile della vendetta, amante appassionata di Egisto dicui ha assorbito tutto il rancore per lo scempio subito dal padre Tieste. E poiCassandra che ‘sa’, ma per volere divino non è creduta, sa bene cosa sta persuccedere ed è impotente di fronte alla ineluttabilità degli eventi.Tragedia statica, a tratti lenta, incombente che, con l’uccisione diAgamennone si conclude e chiama il ‘sangue’ che sarà sparso nelle Coefore.Poesia potentissima, linguaggio ardito nell’originale, un po’ troppo semplifica-to dalla traduzione proposta. Ma la suggestione del luogo, della recitazione(particolarmente di Clitennestra e Cassandra), delle luci che si accendono nelteatro prima che scenda la notte ci hanno proiettato in quel mondo arcaico,in quell’Atene del V secolo in cui i tragediografi a teatro, attraveso fatti remo-ti, comunicavano i princìpi fondanti della civile convivenza, le regole dellapolis: l’uomo deve imparare a conoscere i suoi limiti, non deve macchiarsi dihybris, di tracotanza, perché violando le leggi etiche impersonate da Zeus, cheè anche Giustizia, provoca una catena di delitti nella sua stirpe, che non puòessere spezzata da mano umana. Sangue chiama sangue. Il libero arbitrio del-l’uomo è un’apparenza, egli non ha scampo, l’unica via di redenzione è con-trassegnata dal dolore che conduce alla conoscenza e all’accettazione del maledi vivere.Siamo di fronte al simbolo della irrazionalità della sorte umana, irra-zionalità che conosce un ‘tentennamento’ nella seconda tragedia, Coefore, cioèle portatrici di libagioni. Quando ha fatto il suo ingresso (parodo) il coro delle Coefore, prigioniere tro-iane, vestite di nero con un incedere solenne e tradizionale, la suggestione èstata fortissima. Il monologo di Oreste che esita sul da farsi, quello di Elettra,scissa tra l’ubbidienza alla madre Clitennestra che le ordina di portare offerte

sulla tomba di Agamennone e l’amore per il padre ucciso, il riconoscimento diOreste, l’abbraccio tenerissimo tra i due... hanno scandito momenti di grandecommozione. L’acme, tuttavia, con grande bravura scenica è stato raggiuntoquando sulla tomba del padre, Oreste, Elettra e il coro piangono la sorteamara del re, ne invocano l’aiuto per compiere l’atto di vendetta: dolore e odiosi confondono e Oreste, vero eroe tragico, di fronte all’alternativa tra due azio-ni colpevoli, matricidio o rinuncia a vendicare suo padre, ineluttabilmente sce-glie di uccidere la madre. Egli ha obbedito ad Apollo, nel rispetto del voleredel dio ha scontato le colpe remote, il germe per tranciare la catena di delittiè lanciato: una lunga e dolorosa espiazione e l’intervento della divinità segne-ranno il passaggio dall’irrazionale al razionale, la fine dell’automatica ‘trasmis-

sione della colpa’. Siamo alla terza tragedia, Eumenidi. Testo menopoetico rispetto alle altre ma molto denso di spuntisu cui riflettere e dibattere. Entrano in scena leErinni, dee delle terra, con parrucche scarmigliate,orribili, agitando bandiere nere si scatenano in unalunga danza quasi macabra, prolungata, ossessiva e,secondo noi, eccessiva (indulgenza alla modernacultura dell’immagine che esige ‘visioni’). Apollo(Ugo Pagliai) arriva su un trespolo alto spinto amano come deus ex machina, Atena (Piera degliEsposti) è assisa sul trono, ieratica e volutamenteinespressiva (bravi attori, magari un po’ troppoavanti negli anni... ma era il festival del Cente -

nario!). Si fronteggiano. La scena è affollata, Oreste supplice è in mezzo.Atena istituisce un tribunale di 12 ateniesi, l’Areopago, preposto a giudicare:tra le antiche dee sostenitrici del principio matriarcale e Apollo intervenuto innome della supremazia del sangue paterno ha luogo un dibattito in stile foren-se. Oreste è assolto grazie al voto determinante di Atena che promette alleErinni perpetui onori nella città di Atene. Esse diventano Eumenidi, benigne,e un canto di benedizione, di pace e prosperità per l’Attica, chiude la trilogia. Molte le concessioni ‘visive’ da parte delregista che però non sminuiscono laresa scenica nè il valore del messaggio:si sancisce il superamento del ‘principiodel taglione’. La comunità assume diret-tamente l’amministrazione della giusti-zia affermandosi come norma supremadel vivere sociale. Per il colpevole si con-sidereranno il movente, le circostanze,le attenuanti e si interromperà la catenadelle uccisioni imponendo l’atto sovra-no di una pacificazione, l’assoluzione.La salvezza, tuttavia, resta comunquesancita dalla divinità: non stupisce per-ché Eschilo è uomo del V secolo, ‘reli-gioso’ e fermamente convinto che divi-nità e giustizia coincidano.

Turista curioso

LA SAGA degli ATRIDIAtreo, padre di Agamennone,uccide i figli di suo fratello Tiesteper brama di potere e gliene dà inpasto le carni. Si salva solo il pic-colo Egisto. Passano gli anni eAgamennone, tornato vincitoreda Troia dopo aver sacrificato lafiglia Ifigenia per permettere allaflotta greca di salpare, viene ucci-so da Clitennestra, sua moglie, inaccordo col suo amante Egisto.Anni dopo, Oreste, figlio diAgamennone e Clitennestra, conil sostegno di Elettra sua sorella,uccide la madre e il suo amante.

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SATURA LANX 8

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Acqua fonte di vita e abisso di morte, barriera invalicabile e insperata via perun ritorno alle cose lasciate e credute perse. Il mare e Odisseo sono due crea-ture inscindibili che trovano senso l’una nell’altra. Cangiante come l’acquache solca con la sua nave, il greco acquista nel tempo una sempre maggiorecognizione di ciò che lo circonda. L’autocoscienza però lo condanna alla soli-tudine nella sopravvivenza: egli non riesce a rendere partecipi del suo desti-no i compagni che periranno per la loro insulsaggine. Nel XII libro Odisseoconclude dunque la narrazione della sua epopea earchivia il passato; la nave con i suoi compagni abordo affonda tra Scilla e Cariddi ed egli rimanesolo. Il naufragio di Odisseo, il suo peregrinare peril Mediterraneo e l’inesausta volontà di tornare adItaca non sono elementi narrativi che rimangonocircoscritti al solo poema omerico, ma sono diven-tati nel tempo universali letterari reinterpretati sem-pre diversamente da scrittori come Joyce, Saba,Foscolo e Dante.Il ridotto spazio di una giornata, dalle otto del mattino alle due di notte,copre il viaggio di Odisseo [Ulisse]/ Leopold Bloom nel romanzo ‘Ulysses’ diJ. Joyce. All’epico continuum del poema omerico si sostituisce la straniante eminuziosa cronaca di una qualunque giornata vissuta da un commesso viag-giatore qualsiasi, l’ebreo dublinese Leopold Bloom che vagabonda per la suacittà osservando attentamente la vita che scorre accanto a lui. Sposato ad unadonna che lo tradisce, Molly, sensuale e grottesca antitesi della testarda eraziocinante Penelope, Bloom durante l’arco del romanzo segue il corso deisuoi pensieri che vagano tra passato e presente, tra desideri, paure e intimiricordi. La vicenda, di per sé piatta e banale, trae però vitalità dal linguaggioparticolare e innovativo usato dallo scrittore. Lontanissimo dalle formule lin-guistiche di Omero che affidava il suo messaggio poetico all’energia dell’af-fabulazione orale e della memoria dei cantori, la lingua di Joyce è fatta peressere letta, assimilata e meditata. Lo scrittore attraverso la corrente ininter-rotta dei pensieri del protagonista, fa dello sperimentalismo linguistico l’asseportante dell’opera. La prosa di Joyce può essere a ragione considerata ilmare attraente e insidioso sul quale naviga il protagonista con la zattera delflusso di coscienza che lo anima; questo però è il mare sul quale è costretto anavigare anche il lettore che, nella complessità dello stile dello scrittore, spes-so rischia di essere sommerso nel gorgo della dissoluzione delle rassicurantie sclerotizzate forme strutturali e linguistiche del romanzo borghese tra ‘800e ‘900.Per Umberto Saba l’eroe della sua poesia Ulisse, coincide con l’In(de)finito daesplorare. È un vecchio quello che confida al mare le sue segrete pulsioni.Sintetiche e suggestive note paesaggistiche accompagnano i richiami alla gio-vinezza dell’eroe: “nella mia giovinezza - egli confessa - ho navigato lungo lecoste dalmate”. Dalla visione incantata emergono “isolotti (…) a fior d’onda (…)coperti d’alghe, scivolosi, al sole belli come smeraldi”, lacerti di terraferma da evi-tare nei viaggi notturni “per sfuggirne l’insidia”. È chiaro come Ulisse siarefrattario al richiamo della riva per tendere invece al mare, alla liquidaimmensità nella quale perdersi , quella che Saba chiama “terra di nessuno” cherappresenta la tensione estrema del vecchio marinaio dal “non domato spiri-to”. Il poeta sottolinea quindi l’appartenenza dell’eroe al mare il quale diven-ta il Regno di Ulisse, la Terra di Nessuno, dove Nessuno è il nome occulto del-

l’eroe che con esso ingannò il ciclope Polifemo, creatura mostruosa, ostaggiodella sua dimensione terragna e incapace di comprendere la libertà infinitache nasce dalla vastità delle distese marine.Ugo Foscolo fa di Ulisse il centro emotivo del sonetto A Zacinto, confessio-ne di un poeta-bambino in cui le ossessioni biografiche si rincorrono comeonde. Dall’acqua, principium vitae, nascono l’isola natale del poeta, indimen-ticata Terra Madre, e Venere, dea dell’Amore e della Fecondità. Le due

immagini femminili, la simbolica e la mitica, sonoaccomunate dal canto di Omero, visto come Originedella Poesia e metaforica figura paterna del Foscolo.Come dal mare sono nate Zacinto e Venere, così ilcanto di Omero genera Ulisse, “bello di fama e di sven-tura” che, dopo tanto errare, “baciò la sua petrosaItaca”. Alla classicità dell’eroe greco si contrapponeromanticamente lo stesso Foscolo: nati dalla stessaterra e dallo stessa acqua, essi sono segnati da undestino differente; infatti all’approdo di Ulisse in

patria fa da contrappunto il “non-ritorno” a Zacinto del Foscolo, il quale potràsfiorare la sua terra natale solo idealmente e attraverso il messaggio simboli-co dei suoi versi.Dopo Omero, Dante è il poeta che meglio ha interpretato il titanismo di uneroe che vuole fino all’ultimo allargare il proprio campo di azione. All’Ulissedantesco non è più sufficiente Itaca che pure è stata per lui l’agognata metadella sua maturità. L’isola è diventata la prigione della mente per Ulisse cheha invece sete di conoscere; la sua è però un’arsura che solo l’acqua del marepuò placare. Lucidamente convince altri compagni ad intraprendere un “follevolo” verso Occidente, dove muore il Sole e dove l’Oceano si confonde conl’Oscurità. Non è ybris quella che muove Ulisse ma esigenza di rimanere vivomentalmente, tramite l’esperienza distillata attraverso l’uso dei sensi (“d’inostri sensi ch’è del rimanente non vogliate negar l’esperienza (…) del mondo sanzagente”). Egli fa dunque appello alla curiositas dei suoi compagni (“consideratela vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e cano-scenza”). La meta coincide con l’esplorazione della Terra di Nessuno, ipoteti-co e ultimo Regno di Ulisse oltre il Mediterraneo e le Colonne d’Ercole. Leaspirazioni dei naviganti però si infrangono contro una “ montagna bruna perla distanza”, alta più di qualsiasi altra vetta del mondo conosciuto: è la mon-tagna del Purgatorio, il regno del pentimento e della purificazione cristiana,inconciliabile con la visione pagana del mondo di Ulisse. L’eroe quindi muoreperché estraneo alla realtà morale in cui è immerso Dante. Impietosa è quin-di la cronaca della fine del greco e dei suoi compagni: “Un turbo nacque -narra l’eroe dantesco - e percosse il legno al primo canto. Tre volte il fé girar contutte l’acque; e la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com’altruipiacque infin che l’mar fu sovra noi richiuso”. Curiosamente i versi danteschirichiamano quelli del XII libro dell’Odissea, in un’ideale composizione ad anel-lo dove le medesime tematiche si rincorrono attraverso l’acqua dei secoli. “Lasaggezza di Ulisse si dispiega negli spazi e della favola contro avversari mostruosie manifesti”*, ma nulla può la saggezza umana nei confronti dell’improntaindecifrabile di Dio che rimarrà per Ulisse un mistero insondabile quanto laprofondità del mare che lo sommerge per sempre.*Vittorio Sermonti

B.D.C.

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Zeus tuonò e insieme scagliò il fulmine sullanave e questa (…) roteò tutta su se stessa (…); icompagni caddero fuori (…), intorno alla navescura erano trasportati dalle onde: un dio liprivò del ritorno .

Omero, Odissea XII 415-419

TACCUINORicordando

Alfonso Di Patrizio, improvvisa-mente scomparso. Alla moglieEgle, ai figli e ai parenti tutti, lecondoglianze della redazione.

Atri (Te)- Museo capitolare--(11 luglio/ 10 settembre)"Stills of Peace and Everyday Life. Italia e Pakistan: una ricerca delsenso del contemporaneo" - fotografia, video arte di artisti contempo-ranei italiani e pakistani.Pescara, palazzetto Albanese (12 luglio/12 settembre). “Vita Activa.Figure del lavoro nell’arte contemporanea” - mostra di pittura.Loreto Aprutino (Pe)- Centr o storico (4 luglio/7settembre)“Loretoview. Festival di fotografia del paesaggio”.Info: 0861 508000, arteincentro.com.

Arte in centro (da p. 6)