Così l’azienda «passa» agli eredi · 2016. 11. 7. · fini civilistici, la costituzione del la...

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               All’imprenditore individuale subentrano il coniuge e due figli, di cui un figlio minore d’età. Gli eredi intendono proseguire l’attività d’impresa. Quali adempimenti occorre porre in essere? Sono necessarie autorizzazioni giudiziarie, in considerazione della presenza di un soggetto minorenne? IL FIGLIO MINORENNE I casi pratici Per l’esercizio dell’attività d’impresa in forma associata si ritiene necessaria l’autorizzazione del tribunale, se si tratta di società di persone, a meno che il minore non sia socio accomandante. In quest’ultimo caso è sufficiente il parere del giudice tutelare. Ottenute le autorizzazioni si procede alla costituzione della società. LA SITUAZIONE LA SOLUZIONE Decede un imprenditore individuale. Gli eredi sono il coniuge e tre figli. Di questi, due sono intenzionati a proseguire insieme al coniuge superstite, mentre l’altro non è interessato all’attività d’impresa. Occorre necessariamente costituire una società con la presenza di tutti gli eredi? Oppure è possibile estromettere da subito il figlio non interessato? L’EREDE CHE NON PROSEGUE L’ATTIVITÀ Se uno degli eredi non è intenzionato a proseguire l’attività d’impresa è possibile procedere alla cessione della sua quota d’azienda in favore degli altri. Questi ultimi potranno quindi provvedere alla regolarizzazione della società, apportando il valore dell’intera azienda, compresa la quota così acquisita. Cade in successione un’azienda affittata a terzi in favore di tre eredi. L’affitto cessa alla fine del 2016 e gli eredi non sono intenzionati a rinnovare il contratto, ma desiderano proseguire in proprio l’attività commerciale. Quali sono le conseguenze fiscali? Bisogna costituire subito una società tra i coeredi? L’AZIENDA IN AFFITTO RILEVATA DAGLI EREDI Gli eredi potrebbero costituire da subito la società che fino alla fine del 2016 si limiterebbe a percepire il canone d’affitto dell’azienda, tassato come reddito d’impresa. Oppure potrebbero proseguire in forma di comunione ereditaria sino alla fine dell’anno, dichiarando il canone pro quota come reddito diverso. Decede un imprenditore individuale. L’unico erede è il figlio che è già titolare di un esercizio commerciale, gestito sempre sotto forma di ditta individuale. Il figlio non ha intenzione di proseguire l’attività del genitore. Il fatto di essere già titolare di una ditta comporta l’obbligo della gestione dell’azienda ereditata in forma d’impresa? L’EREDE CHE È GIÀ IMPRENDITORE In caso di successione ereditaria, l’azienda si considera sempre ricevuta nella sfera personale dell’erede, anche se questi esercita già attività d’impresa. Ne consegue che, se l’erede ha deciso di non continuare l’attività del de cuius, lo stesso può operare sui beni aziendali senza connotazioni imprenditoriali. Successione nell’azienda di una ditta individuale. Gli eredi sono tre e proseguono l’attività d’impresa, senza mai provvedere alla regolarizzazione dei loro rapporti sociali. Dopo due anni uno degli eredi vuole uscire. Quali operazioni occorre porre in essere? Ci possono essere riflessi fiscali in capo al soggetto che esce? LA PROSECUZIONE IN VIA DI FATTO Il fatto che siano passati due anni dall’apertura della successione senza effettuare la regolarizzazione non toglie che tra gli eredi intercorre comunque una società di fatto. Ne deriva che l’uscita di uno dei coeredi dovrà essere formalizzata come cessione di partecipazione sociale. L’eventuale capital gain sarà tassato come reddito diverso.

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26 Norme e tributi Il Sole 24 OreLunedì 7 Novembre 2016 ­ N. 307

Imposte dirette. La successione nell’attività svolta del de cuius intreccia aspetti tributari con la disciplina del diritto civile

Così l’azienda «passa» agli erediFisco neutrale sul trasferimento dell’impresa individuale - Plusvalenze limitate alle cessioni

L’altro fronte. Sei mesi per chiudere la posizione

Per l’Iva occorresempre verificarela prosecuzione

FISCO www.quotidianofisco.ilsole24ore.com

PAGINA A CURA DILuigi Lovecchio

pIl  passaggio  generazionale nell’impresa  individuale  com­porta rilevanti ricadute sul pianofiscale, sia nel comparto delle im­poste dirette che nell’Iva. È un te­ma spesso trascurato, che però pone i professionisti di fronte a questioni  relativamente  com­plesse:  la  comprensione  delle problematiche  fiscali,  infatti,presuppone  l’applicazione  dei principi del diritto civile. 

Sotto quest’ultimo aspetto, ladistinzione di carattere generale discende dalla decisione degli eredi di proseguire o meno l’atti­vità del de cuius. Va infatti ricor­dato che la qualifica di imprendi­tore non si acquisisce per succes­sione, ma per effetto di compor­tamenti  posti  in  essere direttamente dagli eredi. 

Il principio di neutralitàNel Tuir, le previsioni di riferi­mento sono contenute negli arti­coli 58 e 67. Secondo la prima di­sposizione, in caso di acquisizio­ne dell’azienda a titolo gratuito oper causa di morte, non emergo­no plusvalenze imponibili in ca­po al dante causa. I valori di cari­co dell’azienda nei riguardi deglieredi, inoltre, sono i medesimi fi­scalmente riconosciuti nei con­fronti del de cuius. Il passaggioavviene quindi in neutralità fi­scale. 

Stante il dettato letterale dellanorma, si ritiene che l’assunzio­ne dei valori storici non possa mai essere derogato ai fini fiscali,neppure assoggettando a impo­sizione le relative plusvalenze. La previsione in esame, contenu­ta nelle norme sul reddito d’im­presa, dispiega i suoi effetti natu­rali soprattutto qualora gli eredi continuino  l’attività  del  dante causa. 

La continuazione dell’attivitàSe gli eredi sono più d’uno, assu­mendo la prosecuzione dell’atti­vità, gli stessi si costituiscono in società di fatto, che poi deve es­sere regolarizzata, entro un an­no, in società “regolare”, di per­sone o di capitali. In tale eventua­

lità, la previsione di neutralità fi­scale  comporta,  di  regola, l’applicazione di un doppio bina­rio ai fini della valorizzazione delpatrimonio sociale. Ed invero, ai fini civilistici, la costituzione del­la società tra coeredi avviene tra­mite conferimento dell’aziendaricevuta  in  successione.  Ciò comporta che il patrimonio so­ciale dovrebbe essere valutato a valori di cessione, con emersio­ne delle eventuali plusvalenze latenti  (ad  esesempio,  l’avvia­mento). 

Ai fini fiscali, invece, il riferi­mento resta sempre il valore sto­rico, riconosciuto nei confrontidel de cuius. La riconciliazione tra risultanze contabili e importi fiscali avverrà con le variazionida apportare in sede di dichiara­

zione dei redditi. La previsione dell’articolo 58

dispone altresì che la medesima neutralità trova applicazione an­che qualora, entro cinque anni dalla successione, la società tra ceoeredi si sciolga con attribu­zione dell’azienda ereditata ad uno solo di essi. 

La situazione ipotizzata dallanorma è piuttosto semplice: più coeredi  proseguono  l’attività aziendale, costituendosi  in so­cietà, e successivamente, non ol­tre cinque anni, uno dei coeredi acquista le quote di partecipazio­ne degli altri, scioglie la società e continua da solo l’attività. Anchein tale ipotesi, dunque, non emer­gono plusvalenze tassabili. 

La previsione di legge ha tutta­via perso gran parte della sua portata agevolativa, per effetto della circolare 54/E del 2002 del­l’agenzia delle Entrate. In tale do­cumento di prassi si afferma in­fatti che il venir meno della plu­

ralità dei soci, con continuazionedell’attività da parte dell’unico socio superstite non determina emersione di materia imponibi­le, se l’impresa individuale con­serva i valori storici della società.

La cessione dell’aziendaSe gli eredi non intendono prose­guire l’attività, le disposizioni di riferimento sono contenute nel­l’articolo 67, lettera h­bis), delTuir. Ci si sposta quindi nell’am­bito dei redditi diversi, con l’ef­fetto che l’Irpef sarà dovuta solo in caso di cessione dei singoli be­ni aziendali o dell’azienda nelsuo complesso. 

In tale eventualità, l’importoda dichiarare sarà pari alla diffe­renza tra il corrispettivo di ces­sione e il valore fiscalmente rico­nosciuto dei beni aziendali, in ca­po al de cuius. Tale plusvalenza sarà tassata secondo il criterio di cassa, così come accade per la ge­neralità dei redditi diversi. Que­sto significa altresì che nella fat­tispecie degli eredi non impren­ditori non rileva mai l’autocon­sumo  dei  beni  ricevuti  per successione. 

In caso di pluralità di eredi, ilreddito diverso sarà tassato pro quota.

Nell’ipotesi di mera cessazio­ne dell’attività senza liquidazio­ne di alcun bene,  invece, non emergeranno plusvalenze tassa­bili.

L’affitto dell’aziendaPotrebbe  anche  accadere  che l’azienda ereditata fosse oggetto di affitto da parte del de cuius. In questo caso, se l’affitto prosegue,tra gli eredi si realizza una mera comunione ereditaria, non es­sendoci svolgimento di attività d’impresa. 

Ciascun erede dovrà dichiara­re come reddito diverso, secon­do quanto previsto dall’articolo 67, lettera h), del Tuir, la quota parte del canone di locazione.

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1 anno

Il termine per la regolarizzazioneSe l’attività prosegue con gli eredi va costituita una società «regolare»

pLa successione ereditaria nell’azienda ha riflessi anche ai fini Iva. Anche in tale ambi­to, è importante stabilire se glieredi  proseguano  o  meno l’impresa del dante causa. 

A tale riguardo, va subito ri­levato che non sempre è age­vole accertare tale condizio­ne. Per fare degli esempi, se glieredi si limitano a liquidare ibeni aziendali, non dovrebbe esserci  acquisizione  della qualifica di  imprenditori. È però chiaro che se si tratta della  liquidazione  di  una grande azienda, che richiede numerose operazioni e com­plesse attività di sistemazio­ne  patrimoniale  non  puòescludersi  l’esercizio  d’im­presa. 

Se l’azienda ereditata nonviene esercitata dagli eredi edè concessa in affitto a terzi, può pure ipotizzarsi l’assenzadella qualifica imprenditoria­le. La realtà dei fatti è tuttavia molto più sfumata e compli­cata. Si pensi, ad esempio, a unnegozio  di  abbigliamento che, dopo il decesso del titola­re, continua a essere aperto per la normale vendita al pub­blico e dopo alcuni giorni vie­ne messo in liquidazione. In questo caso, è verosimile che in capo agli eredi sia ravvisa­bile l’esercizio di un’attività commerciale.

Pur  nella  difficoltà  dellacorretta qualificazione della fattispecie, laddove gli eredidecidano di non continuare l’attività, trova applicazionel’articolo 35­bis, Dpr 633/1972.Tale articolo contiene la di­sciplina applicabile sia per le operazioni poste in essere da de cuius sia per quelle impu­tabili agli eredi.

Con riferimento alle opera­zioni poste in essere dal de cuius, si dispone che gli adem­pimenti di legge (ad esempio,emissione della fattura o pre­sentazione della dichiarazio­ne) scaduti non oltre quattro mesi dall’apertura della suc­cessione possono essere ese­guiti entro sei mesi da tale da­

ta. Si tratta sostanzialmentedi una “mini­sanatoria” che consente ai successori del de cuius di regolarizzare anche obblighi già scaduti, entro un termine congruo.

Gli eredi sono inoltre tenutia  liquidare  l’azienda, assol­vendo l’Iva secondo le regole ordinarie, pur se ciò non av­viene nell’esercizio d’impre­sa. Tanto, in ragione delle pe­culiarità dell’imposta che mi­ra a evitare che i beni entrati nel circuito Iva giungano al consumo  detassati.  Questosignifica  che  rileva  anche l’autoconsumo, diversamen­te da quanto visto nell’ambitodelle  imposte  dirette.  Allo scopo,  gli  eredi  dovranno 

presentare una denuncia di variazione per comunicare il decesso  del  titolare  del­l’azienda e il nome del sogget­to o dei soggetti che effettue­ranno le operazioni di liqui­dazione. Il tutto avverrà con l’utilizzo della partita Iva del de cuius, sino a quando talioperazioni saranno cessate. Anche nel caso dell’azienda ereditata data in affitto deveessere comunicata la varia­zione dati, e non la cessazionedella partita Iva del de cuius, considerato che la posizione di quest’ultimo resta  in so­spensione, nelle more della conclusione del contratto di locazione. 

Se invece gli eredi prose­guono  l’attività  d’impresa, deve  essere  richiesta  una nuova  partita  Iva,  comuni­cando con il modello la con­fluenza della posizione del decuius in quella della società tra successori.

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GLI ASPETTI PRATICIIn concreto anchela semplice liquidazionedi un grande complessopuò far scattare la qualificadi imprenditore ai fini Iva

IN ESCLUSIVA PER GLI ABBONATI

Le norme citate negli articoliwww.quotidianofisco.ilsole24ore.com

All’imprenditore individuale subentrano il coniuge e due figli, di cui un figlio minore d’età. Gli eredi intendono proseguire l’attività d’impresa. Quali adempimenti occorre porre in essere? Sono necessarie autorizzazioni giudiziarie,in considerazione della presenza di un soggetto minorenne?

IL FIGLIO MINORENNE

I casi pratici

Per l’esercizio dell’attività d’impresa in forma associata si ritiene necessaria l’autorizzazione del tribunale, se si tratta di società di persone, a meno che il minore non sia socio accomandante. In quest’ultimo caso è sufficiente il parere del giudice tutelare. Ottenute le autorizzazioni si procede alla costituzione della società.

LA SITUAZIONE LA SOLUZIONE

Decede un imprenditore individuale. Gli eredi sono il coniuge e tre figli. Di questi, due sono intenzionati a proseguire insieme al coniuge superstite, mentre l’altro non è interessato all’attività d’impresa. Occorre necessariamente costituire una società con la presenza di tutti gli eredi? Oppure è possibile estromettere da subito il figlio non interessato?

L’EREDE CHE NON PROSEGUE L’ATTIVITÀ

Se uno degli eredi non è intenzionato a proseguire l’attività d’impresa è possibile procedere alla cessione della sua quota d’azienda in favore degli altri. Questi ultimi potranno quindi provvedere alla regolarizzazione della società, apportando il valore dell’intera azienda, compresa la quota così acquisita.

Cade in successione un’azienda affittata a terzi in favore di tre eredi. L’affitto cessa alla fine del 2016 e gli eredi non sono intenzionati a rinnovare il contratto, ma desiderano proseguire in proprio l’attività commerciale. Quali sono le conseguenze fiscali? Bisogna costituire subito una società tra i coeredi?

L’AZIENDA IN AFFITTO RILEVATA DAGLI EREDI

Gli eredi potrebbero costituire da subito la società che fino alla fine del 2016 si limiterebbe a percepire il canone d’affitto dell’azienda, tassato come reddito d’impresa. Oppure potrebbero proseguire in forma di comunione ereditaria sino alla fine dell’anno, dichiarando il canone pro quota come reddito diverso.

Decede un imprenditore individuale. L’unico erede è il figlio che è già titolare di un esercizio commerciale, gestito sempre sotto forma di ditta individuale. Il figlio non ha intenzione di proseguire l’attività del genitore. Il fatto di essere già titolare di una ditta comporta l’obbligo della gestione dell’azienda ereditata in forma d’impresa?

L’EREDE CHE È GIÀ IMPRENDITORE

In caso di successione ereditaria, l’azienda si considera sempre ricevuta nella sfera personale dell’erede, anche se questi esercita già attività d’impresa. Ne consegue che, se l’erede ha deciso di non continuare l’attività del de cuius, lo stesso può operare sui beni aziendali senza connotazioni imprenditoriali.

Successione nell’azienda di una ditta individuale. Gli eredi sono tre e proseguono l’attività d’impresa, senza mai provvedere alla regolarizzazione dei loro rapporti sociali. Dopo due anni uno degli eredi vuole uscire. Quali operazioni occorre porre in essere? Ci possono essere riflessi fiscali in capo al soggetto che esce?

LA PROSECUZIONE IN VIA DI FATTO

Il fatto che siano passati due anni dall’apertura della successione senza effettuare la regolarizzazione non toglie che tra gli eredi intercorre comunque una società di fatto. Ne deriva che l’uscita di uno dei coeredi dovrà essere formalizzata come cessione di partecipazione sociale. L’eventuale capital gain sarà tassato come reddito diverso.

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