Corte d'appello di Catanzaro. Processo Why Not gennaio 2012

download Corte d'appello di Catanzaro. Processo Why Not gennaio 2012

of 50

description

Seconda sezione penale della Corte di Appello di Catanzaro. Francesca Marrazzo, sentenza d’appello del processo Why Not

Transcript of Corte d'appello di Catanzaro. Processo Why Not gennaio 2012

MOTIVI DELLA DECISIONECon sentenza del 2.3.2010, il g.u.p. del Tribunale di Catanzaro ritenevaSaladino Antonio, Lillo Giuseppe Antonio Maria, La Chmia Antonio

Alessandro,

Macr

Pietro,

Morabito

Vincenzo

Gianluca,

Saladino

Francesco, Simonetti Francesco e Scopelliti Rinaldo colpevoli dei reati di abuso di ufficio e frode nelle pubbliche forniture, tutti dettagliatamente descritti in rubrica, condannando: Saladino Antonio alla pena di anni due di reclusione; Lillo G.Antonio Maria alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione; La Chlmia Antonio A. alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione; Macr Pietro alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 900 di multa; Morabito G. alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 600 di multa; Saladino F. a mesi quattro di reclusione ed euro 300 di multa; Simonetti Francesco alla pena di anni uno di reclusione; Scopelliti Rinaldo alla pena di anni uno di reclusione.

Avverso la sentenza proponevano appello il P.G. presso questa Corte, limitatamente alle decisioni dal contenuto assolutorio nei confronti di: Saladino Antonio (ma solo per i capi l , 2, 3, 4, 7, 20 e 28); Lillo Giuseppe Antonio Maria (capi l e 6); Luzzo Gianfranco (capi l e 28); Loiero Agazio, Durante Nicola e Loiero Tommaso (capo 9); Chiaravalloti Giuseppe (capi 20 e 28); Cumino Franco Nicola (capo 28); Anastasi Pasquale (capi 2 e 6); Macr Pietro (capi 6 e 20); Fragomeni Giuseppe e Bruno Bossi o Vincenza (capo 20), nonch i difensori degli imputati condannati. Il presente giudizio ha ad oggetto la verifica della fondatezza dei motivi di gravame proposti dalle parti processuali, pubblica e private, avverso detta sentenza.

Lo sforzo compiuto dal primo giudice per sintetizzare il materiale istruttorio e dare ordine ai fatti, gi favorevolmente riverberatosi sulle impugnazioni, consente in questa sede di procedere, seguendo l'andamento della motivazione, richiamando di volta in volta le pagine di interesse, per".}l

./)!-- j,.

,J

\

'

1

soffermarsi, ora, sulle divergenti interpretazioni dei fatti ivi ricostruiti, ora - e in pi limitati casi - sulla ricostruzione stessa.

Paradigmatica la vicenda relativa alla contestazione associativa di cui al capo 1), vero e proprio fulcro dell'impianto accusatorio (v. pagg.l16/123 sentenza gravata), in relazione alla quale la decisione assolutoria del g.u.p. (pagg.883 e segg.) costituisce oggetto delle primarie doglianze della Procura Generale. Per come si avr modo di specificare anche in seguito e per come nessuno degli appellanti pone in dubbio, la sentenza d atto di una serie di circostanze ormai pacifiche: l. la costituzione del consorzio Brutium, ad opera di Saladino Antonio, a ridosso dell'approvazione della legge regionale n.23/2002 in materia di estemalizzazione dei servizi; 2. la conclusione con lo stesso Brutium della "madre di tutti i contratti", vale a dire quello n.255/03, ed il successivo, costante ed esclusivo affidamento a detto consorzio, ex art.7 D. L.vo n.l57/95, con contratti a trattativa privata, di ogni commessa che la Regione decideva di esternalizzare; 3. la macroscopica e costante violazione, in parallelo, dell'art.? cit., poich fra i servizi oggetto dei diversi contratti non vi erano rapporti di complementariet o analogia con quello di cui al contratto principale; 4. la macroscopica e costante inottemperanza agli obblighi contrattuali, dovuta alla assegnazione solo formale dei lavoratori ai servizi nonch alla assoluta impreparazione della gran parte di questi ai fini dello svolgimento delle mansioni loro in astratto affidate; 5. l'assenza di controlli da parte del contraente pubblico sulla corretta esecuzione delle prestazioni; 6. la riconducibilit di ciascun lavoratore interinale ad un referente politico, con netta prevalenza dei raccomandati di Adamo Nicola (vice presidente della Giunta Regionale Lo iero) e di Gentile Giuseppe; 7. la lucrosit degli appalti pubblici di volta in volta deliberati nel corso di pi anni, durante i quali si sono succedute al Governo regionale coalizioni di diversa coloritura politica;2

8. le frequentazioni, assidue e trasversali, di Saladino Antonio con esponenti politici, di maggioranza e di opposizione.

Non solo; l'inammissibilit che contraddistingue gli appelli interposti dagli imputati Saladino e Lillo (di cui ci si occuper a breve) consente di aggiungere alla suddetta elencazione un ulteriore punto fermo: la sostanziale definitivit in ordine alla sussistenza dei reati per la cui realizzazione l'ipotizzata associazione sarebbe sorta. Con gli stessi elementi il g.u.p. escludeva la sussistenza del reato associativo sul rilievo che il contributo dei pubblici ufficiali ai cosiddetti reati-fine (quegli stessi reati per i quali il g.u.p. pervenuto a sentenza di condaima) sarebbe sempre risultato episodico e, comunque, circoscritto ali' operazione da questi di volta in volta sovrintesa e che, dunque, essi non avrebbero condiviso un generico ed indeterminato programma criminoso: ci che impedirebbe, anche in astratto, di ipotizzare l 'esistenza di un 'associazione che si regge imprescindibilmente sul! 'operato di soggetti pubblici che, per, non hanno rapporti tra loro, sono sempre diversi e si succedono gli uni agli altri senza intrecciare legami di alcun tipo (cfr. pg.4 dell'appello del P.G.).

Tale argomentare stato ritenuto erroneo dalla Corte di Cassazione adita dal P.G. in relazione al proscioglimento dal reato associativo - all'esito della stessa udienza preliminare del 2.3.2010- di taluni coimputati che non avevano chiesto di essere ammessi al giudizio abbreviato (politici, funzionari regionali ed imprenditori), poich "il ragionamento con cui la sentenza nega l 'esistenza stessa del! 'associazione - ragionamento comune alle due decisioni - non regge dal punto di vista logico" (v. pg.7 della sent. n.l257 del20.7.2011 /21.9.2011). Pi in particolare viene smentita la tesi, sostenuta dal g.u.p., secondo cui un 'associazione per delinquere costituita per realizzare reati contro la P .A. configurabile solo se vi facciano parte anche funzionari pubblici o, in genere, soggetti che appartengano all' Amministrazione, potendo sicuramente

ipotizzarsi un apporto del pubblico ufficiale non intraneo all'organizzazione delittuosa, nei reati contro la P.A. - compreso il delitto di abuso d'ufficio costituenti il programma criminoso. In altri termini, il ruolo del pubblico3

funzionario

nella

realizzazione

del

reato

costituisce

una

variabile

indipendente rispetto alla configurabilit di un 'associazione per delinquere, costituita da privati, che si ponga l 'obiettivo di realizzare i delitti previsti dal titolo II del codice penale (ivi pagg. 7/8).

La chiave di lettura fornita dal Supremo Collegio agevola oltremodo il compito di questa Corte: i giudici di legittimit, ragionando ovviamente in punto di diritto, sostengono che con quelle emergenze istruttorie non vi sarebbe motivo per non ritenere la sussistenza del reato associativo. Ed in effetti le sopraindicate circostanze fattuali costituiscono altrettanti indici sintomatici degli elementi fondamentali che caratterizzano il reato di cui all'art.416 c.p.: il vincolo associativo tendenzialmente permanente

(desumibile dai punti l , 6, 7, 8); l'indeterminatezza del programma criminoso (punti 2, 3, 4, 5 e 7) e l'esistenza di una struttura organizzativa sia pur minima ma idonea ed adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira (punti l , 2, 6, 7 e 8). Risulterebbe ridondante riportare i consolidati orientamenti giurisprudenziali citati dal P.G. a pag. 6 dell 'appello; sufficiente in questa sede richiamare leSezioni Unite, sent. n. 10 del 28.3.2001/27.04.2001, che in tema di

associazione per delinquere (nella specie, di stampo mafioso), hanno affermato che consentito al giudice, pur nel/ 'autonomia del reato mezzo

rispetto ai reati-fine, dedurre la prova de/l 'esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalit esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l 'operativit del! 'associazione medesima.Nel caso che ci occupa, i reati-fine che consentono di operare la suddetta deduzione sono quelli di cui ai capi 6 (progetto Ipnosi), 9 (pr. Censimento Patrimonio Immobiliare), 11 (pr. Posto Sicuro), 12 (pr. MOD), 13 (pr. Silva Brutia), 14 (pr. CAM), 15 (pr. RED), 16 (pr. For Europe), 18 (pr. BIFOR) e

19 (pr. INFOR).

k'J;

-n

'

4

Per dette vicende il g.u.p. ha condannato sia Saladino Antonio (reati di cui ai capi 6, 11 , 12, 13, 14, 15, 16, 18 e 19) che Lillo Giuseppe Antonio Maria (reati di cui ai capi Il , 13, 14, 15, 16, 18 e 19); ha disposto, in conformit alla richiesta dell 'Ufficio di Procura Generale, la trasmissione degli atti al P .M. per le stesse fattispecie criminose nei confronti di Merante Caterina, Franz Giancarlo e La Chmia Antonio Alessandro ed ha rinviato a giudizio 27 imputati, tra cui Adamo Nicola, Franz Giancarlo, Merante Caterina, Morrone Giuseppe Ennio, Morelli Francesco, Marasco Rosalia. La Cassazione ha restituito gli atti al g.u.p. di Catanzaro affinch rivalutasse la sussistenza della fattispecie associativa in capo a Curto Aldo, Morelli Francesco (entrambi dirigenti amministrativi) Morrone Giuseppe Ennio (assessore nella Giunta Loiero), Gallo Dionisio (assessore della Giunta Chiaravalloti), Adamo Nicola e Franz Giancarlo (amministratore delegato dellaWhy Not, al pari della Merante;

membro del consiglio di

amministrazione del consorzio Brutium e, per anni, legato ali 'imprenditore lametino da uno stretto rapporto che lo portava anche a ricoprire un ruolo di primo piano nell'ambito della Compagnia delle Opere: v. pg. 120 della sentenza impugnata). Questa Corte oggi chiamata a pronunciarsi sull'assoluzione dal reato di cui all' art.416 c.p. perch il fatto non sussiste, oltre che nei confronti di Saladino Antonio e Lillo Giuseppe Antonio Maria, anche in relazione alle posizioni di Macr Pietro (amministratore della societ MET Sviluppo), Bruno Bossio Vincenza (moglie di Adamo Nicola e titolare della C.M. Sistemi Sud, consorziata CLIC) e Luzzo Gianfranco (assessore alla Sanit nella Giunta Chiaravalloti), posizioni, queste ultime, per il momento accantonate per ragioni di comodit espositiva. Piuttosto, l'impugnazione riguardante l'assoluzione dei primi due dal reato associativo va, a questo punto, trattata congiuntamente all'appello proposto dagli stessi avverso la condanna per i reati di cui ai capi sopra citati. Per riprendere le parole del P.G. che ne ha efficacemente sintetizzato il pensiero, il g.u.p., pur escludendo il reato associativo, ha esplicitamente

affermato che "a decorrere dal 2003, il Saladino e gli altri amministratori delconsorzio Brutium e della societ Why Not hanno di fatto preposto le loro strutture societarie alla reiterata commissione di reati necessariamente richiedenti l 'azione di pubblici ufficiali" e che " del tutto evidente che ci potuto avvenire proprio perch i soggetti privati, ed in primo luogo il Saladino, hanno allacciato stretti rapporti personali, di interesse e di reciproco scambio di favori con dirigenti e pubblici amministratori della Regione Calabria preposti ali 'assegnazione delle commesse pubbliche e perch questi ultimi, anche per ragioni di tornaconto personale, perlopi individuabili nelle assunzioni clientelari di lavoratori che di regola accompagnavano l 'esecuzione dei progetti di volta in volta assegnati al Brutium con procedure palesemente illegittime si sono resi stabilmente disponibili ad assecondare i fini illeciti perseguiti dal gruppo imprenditoriale privato e, in definitiva, si sono prestati a fornire il loro decisivo ed indefettibile contributo ali 'esecuzione di quel programma criminoso che lo stesso g.u.p. ha individuato nel concreto modus operandi dei soggetti privati" .

Dal canto loro, i difensori degli imputati Saladino Antonio e Lillo Giuseppe, oltre a rammentare l'ingiustificato risalto mediatico accordato alla vicendaWhy Not e gli incidenti procedurali verificatisi, chiedevano la riforma della

sentenza evidenziando: l) come le dichiarazioni di Merante Caterina non potessero sottrarsi alla valutazione secondo i criteri tracciati dall' art.l92, commi primo e terzo, c.p.p. e come, dunque, le stesse necessitassero di riscontri oggettivi ed individualizzanti; 2) come il Saladino, sebbene condannato ali' esito del giudizio di primo grado per plurime violazioni dell'art.323 c.p., non rivestisse alcun ruolo ufficiale all' interno del consorzio Brutium sin dall'anno 2004; 3) come le ingenti somme introitate attraverso le condotte in contestazione fossero finite nelle casse della Why Not e non anche in quelle del consorzio Brutium o presso le persone fisiche di questo rappresentanti, appunto il Saladino ed il Lilla; 4) come, inoltre, non si ravvisasse nelle condotte in questione alcuna violazione di legge, atteso che ilavoratori sono stati tutti regolarmente assunti e che gli stessi sono stati altrettanto regolarmente retribuiti, sicch da ritenersi che il do ut des cristallizzatosi tra societ aggiudicatrice della gara e lavoratori sia stato

corretto, di talch nessuna violazione di legge vi mai stata (v. fl. 5/6

dell 'atto di gravame a firma dell' avv. Gambardella); 5) come, infine, in relazione al reato di cui al capo 6 fosse impossibile rinvenire il requisito del dolo intenzionale (e ci all'esito di una articolata quanto astratta disamina della fattispecie p. e p. dall'art.323 c.p.) nella misura in cui nella c.d. vicendaIpnosi l'affidamento sarebbe stato avallato dal "parere di una triade di giuristi" (v. f1.7, ultimo cpv., dell'atto di appello).

Nessuna di tali considerazioni coglie nel segno; si tratta, infatti, o di questioni gi superate dal primo giudice o di rilievi ininfluenti, se non del tutto in v conferenti, rispetto a quell'apparato motivazionale. Ed invero, mentre le repliche alle censure di cui ai punti 1), 2) e 3) sono gi contenute nella sentenza impugnata (v. pagg. 153, 232 e segg. e, pi specificatamente, pag.887 in relazione ai criteri correttamente adoperati ai fini della valutazione delle dichiarazioni della Merante; pagg.906 e segg. per il ruolo del Saladino nell 'ambito di tutte le strutture societarie, sue creature; pag.757 per l'entit della cifra finita nelle casse del Brutium, pari al 3% di quanto complessivamente fatturato dalla Regione Calabria in favore della WhyNot, ammontante a 60 milioni di euro), nel quarto motivo, anzich soffermarsi

sull'interpretazione dell'art. 7 cit. di volta in volta fornita dal primo giudice, le difese si sono limitate ad evidenziare l'esistenza di un rapporto lavorativo tra le societ consorziate ed i propri dipendenti, quasi che tale circostanza fosse idonea a scardinare l' impianto accusatorio e non ne costituisse, piuttosto, la conferma; in altri termini, se vero che gli affidamenti al Brutium sono stati resi possibili da interpretazioni normative macroscopicamente infondate, che l 'unico consorzio ad essersene avvantaggiato stato quello "amministrato" dal Saladino e che, ancora, i lavoratori interinali in tali progetti formalmente impiegati erano tutti "raccomandati", evidente

come il rapporto di lavoro si

dovesse formalmente incardinare: una parte del denaro pubblico convogliato per effetto di questi affidamenti alle societ privilegiate, in p rimis alla WhyNot, doveva - ancora una volta necessariamente - essere ridistribuito tra ii

lavoratori interinali raccomandati, proprio per foraggiare il sistema clientelare; n in relazione al capo 6) appare conferente il riferimento al parere della7

J

/..,,{/

V--