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Università degli Studi di Bergamo Corso «Società e storia del Cristianesimo» Anno Accademico 2016-2017 «I protagonisti del Concilio Vaticano II» __________________________________________ Il Concilio Vaticano II tra rinnovamento e tradizione: Henri de Lubac (1896-1991)

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Università degli Studi di BergamoCorso «Società e storia del Cristianesimo»

Anno Accademico 2016-2017

«I protagonisti del Concilio Vaticano II»__________________________________________

Il Concilio Vaticano II tra rinnovamento e tradizione: Henri de Lubac (1896-1991)

«Henri de Lubac ha raccolto il meglio della tradizione cattolica

nella sua meditazione sulla Scrittura, la Chiesa

e il mondo moderno»(Giovanni Paolo II)

1. Una biografia paradigmatica

• 20 febbraio 1896: Henri Sonier de Lubac nasce aCambrai (F)

• Vive con la famiglia a Bourges-en-Bresse (F)• 9 ottobre 1913: entra nella Compagnia di Gesù e va a

studiare a St. Leonard on Sea (UK)• 1914: partecipa alla Prima Guerra Mondiale• 1917: viene ferito a Ville-sur-Tombe (Marne)• 1919: si congeda• 1915-1918: studi umanistici a Canterbury (UK)• 1920-1923: studi filosofici a Jersey (UK)• 1924-1926: studi teologici a Hastings (UK)• 1926: rientra in Francia• 1926-1928: studi teologici a Lyon-Fourvière (F)

PRIMA FINESTRA: le fonti• p. Auguste Valensin (1879-1953)

• p. Jospeh Huby (1878-1948)

• Maurice Blondel (1861-1949) «Nell’uomo c’è una vita migliore di quella dell’uomo; e questavita, non è l’uomo che può mantenerla; occorre che qualcosa di divino abiti in lui» (L’Action,p. 388)

• 1932 de Lubac scrive a Blondel: «lo studio della sua opera mi ha fatto cominciare a rifletteresu questi problemi… Dio crea la natura umana perché vuole accordarle un finesoprannaturale».

• p. Pierre Rousselot (1878-1915)

• p. Joseph Maréchal (1878-1944)

• p. Lucien Laberthonnière (1860-1932)

• Gabriel Marcel (1889-1973)

• Paul Claudel (1868-1955): «Il mistero […] è il pungolo di tutte le ricerche, di tutte le grandiimprese, di tutti gli eroismi. Anche in cielo ci sarà sempre qualcosa di Dio che si sottrarrà allasua creatura creata, ci sarà sempre materia per questo desiderio divorante, insaziabile, che èal fondo della nostra natura, e se dovessimo perderlo, come ho osato dire nella Cantete, oh,allora lo invidieremmo all’inferno» (Lettere à l’abbé Douillet, in Suppléments aux Ouvrescomplètes, L, p. 328).

• 22 agosto 1927: ordinato sacerdote

• 1929: professore di filosofia a Lyon (qui fa amicizia, tra gli altri,con Hans Urs von Balthasar)

• 1938: Cattolicismo. Gli aspetti sociali del Dogma

• 1939: professore di Storia delle Religioni

• 1941: Cahiers du Témoignage chretienne (insieme a GastonFessard e Pierre Chaillet)

• 1944: Corpus Mysticum

• 1944: Il dramma dell’Umanesimo ateo

SECONDA FINESTRA: L’ateismo

• Studio di Feuerbach (con Marx), Nietzsche (a confronto con Kierkegaard)e Comte

• Conclusione condivisa con Proudhon (!): «Je pens à Dieu depuis quej’existe»

• Confronto con Dostoevskij: «Non è vero che l’uomo, come sembra talvoltasi dica, non possa organizzare il mondo terreno senza Dio. È vero però che,senza Dio, non può che organizzarlo contro l’uomo. L’umanesimo esclusivoè un umanesimo disumano» (Il dramma dell’Umanesimo ateo, ed. it., JacaBook, Milano 1978, p. 13).

• De Lubac è chiaro anche sulle conseguenze sociali e politiche di una certavisione dell’uomo: «L’esaltazione del lavoratore si trasforma, senza che siacambiato niente, nell’organizzazione di una nuova schiavitù. Si prepara unanuova avventura egiziana, più colossale e raffinata, ma non menodisumana. […] Le persone reali vengono sacrificate non più ad unagenerica umanità, ma anche a qualche super società senza cuore e senzavolto» (ivi, p. 360).

• 1954: Proudhon e il cristianesimo

• 1946: Surnaturel. Études historiques

• 1946: Paradossi

• 1950: Storia e Spirito

• 1950: viene sospeso dall’insegnamento per volontà del PadreGenerale dei Gesuiti, p. Jean-Baptiste Janssens (1889-1964)

• 12 agosto 1950: si trasferisce a Parigi

• 12 agosto 1950: Pio XII promulga l’Enciclica Humani generis

TERZA FINESTRA: Humani generis & Théologie nuovelle

• «un affare insensato… la sua storia è molto complessa e molto malconosciuta» (Henri de Lubac, Entretien autour de Vatican II, Cerf, Paris2012: or. 1985, p. 10)

• «Il fuoco, che covava sotto la cenere, fu ravvivato all’improvvisoall’uscita di un articolo un po’ giornalistico di p. Jean Daniélou suÉtudes, scritto velocemente a margine dei suoi lavori, il quale vantavagenerosamente gli sforzi di rinnovamento compiuti dalla Chiesa diFrancia un po’ in tutti i campi. Non vi era alcuna malizia; nonostantequesto molti vollero vedervi un manifesto rivoluzionario. Ci siinquietava al tempo stesso della fondazione di Source Chrétiennes,raccolta di testi patristici, oggi [1985] giunta al suo 320° volume.L’iniziativa risaliva a molto prima della guerra, a p. Victor Fontoynont.Nell’atmosfera passionale del tempo, la collana venne considerata daqualche polemista una sorta di macchina da guerra contro la teologiascolastica e persino contro la fede della Chiesa […] Quando uscì il miolibro intitolato Surnaturel, il colpo raddoppierà» (Entretien, p. 10)

• Henri de Lubac, Surnaturel. Études historiques, Aubier-Montaigne,Paris 1946

«Verso la fine del XV secolo un autore prolisso, ma non senzavalore, Dionigi il Certosino, sviluppò una tesi che ha prevalsoin quasi tutte le scuole della Scolastica moderna: senza un fineaggiunto da Dio a quello normale, naturale, non ci sarebbe, alfondo dello spirito umano, alcun “desiderio di vedere Dio”,poiché la natura umana, come tutte le altre nature create,non può tendere che al suo fine “naturale”. È interessante cheDionigi aveva piena consapevolezza di opporsi a SanTommaso, che egli, anzi, si impegnava a confutare punto dopopunto. Ora, nella generazione successiva, all’inizio del XVIsecolo, il Cajetano [Tommaso de Vio] riprende esattamente,per l’essenziale, la tesi di Dionigi il Certosino; solo che, alposto di impegnarsi, come Dionigi, ad attaccare San Tommaso,pretese di commentarlo, nel suo grande commento allaSumma Teologica, che finì per più di quattro secoli per essereconsiderato un’autorità» (Entretien, pp. 28-29)

«Ho parlato, alla fine del mio libro, di una “esigenza divina”, cioè diun’esigenza da parte di Dio, citando la parola così espressiva diAgostino (Sermo 15): “Totum exigit te, qui fecit te”. Nel fuoco dellacontroversia, si è inteso: esigenza dell’uomo, diritto dell’uomo su Dio.Non c’è un controsenso più evidente. Rileggendo più di una volta il miotesto, in tutto il suo contesto, non ho mai potuto trovare il modo – nésentire il bisogno – di precisare niente di più. D’altra parte, non ho maipotuto comprendere la logica di quei teologi che, per meglio assicurarela libertà divina e la gratuità del dono divino, cominciano col supporreche l’uomo ha una finalità tutta naturale, come gli animali, e poi unfine “aggiunto” alla sua natura. Dio sarebbe costretto a soddisfarla…Già il p. Huby mi diceva: se ci si pensa un po’, come accettare unateoria che, per salvaguardare la libertà di Dio in un’ipotesi tuttaastratta (un’umanità senz’altro fine che quello naturale) leva a Dio lasua libertà in rapporto al fine della nostra umanità concreta, al qualeavrebbe “aggiunto” una finalità soprannaturale? Come soddisfare a untale antropomorfismo? Infine, aggiungerei io, l’“esigenza divina” non è,per così dire, che l’altro lato di un “appello” divino, che è l’appellodell’amore» (Entretien, pp. 31-32)

Cosa dice, in effetti, Pio XII nell’Humani Generis?

• «oggi non mancano coloro che osano arrivare fino alpunto di proporre seriamente la questione, se lateologia e il suo metodo, come sono in uso nelle scuolecon l’approvazione dell’autorità ecclesiastica, non solodebbano essere perfezionate, ma anchecompletamente riformate, affinché si possa propagarecon più efficacia il regno di Cristo in tutto il mondo, fragli uomini di qualsiasi cultura o di qualsiasi opinionereligiosa» (DH 3880)

• «Altri snaturano il concetto della ‘gratuità’ dell’ordinesoprannaturale, quando sostengono che Dio non puòcreare esseri intelligenti senza ordinarli e chiamarli allavisione beatifica» (DH 3891)

• «In effetti Pio XII fu per un po’ di tempo un po’ inquieto a mio riguardo. Loconfidò al Card. Gerlier, Gran Cancelliere delle nostre Facoltà Lionesi, cheme l’ha raccontato. Ma né lui, né alcun altra autorità autentica dellaChiesa ha mai preso alcun provvedimento ufficiale contro di me»(Entretien, p. 12).

• «Per quello che mi riguarda, se si vuole, si possono individuarenell’Humani generis due allusioni: 1) Pio XII evoca, en passant, il suotimore che alcune dottrine sospette si stiano diffondendo in modoclandestino; io non ho ragione di prendere tali parole personalmente, eho, anzi, ragione di credere che all’epoca dell’Enciclica tale paura gli fossegià passata. 2) La seconda allusione è relativa al soprannaturale: lungi dalcontenere qualche biasimo o qualche riserva a mio riguardo, mi prende aprestito una frase per esprimere la vera dottrina, e non è per caso cheevita ogni menzione della famosa “natura pura” che numerosi teologi miavevano accusato di misconoscere, mentre loro erano pronti acanonizzarla» (ivi, p. 13).

• Pio XII inviò una lettera a de Lubac, di cui si fece tramite il Card. Bea, dellaquale de Lubac scrive: «mi ringraziava per il lavoro che avevo svolto fino aquel momento e mi incoraggiava a proseguire “con molta fiducia”un’opera “dalla quale ci si aspettano molti frutti per la Chiesa”. Tutt’altroche un rimprovero. Io non dovetti mai, né per scritto né oralmente, né inpubblico né in privato, il benché minimo atto di sottomissione né diritrattazione su alcun punto» (ivi, p. 14).

Mons. Angelo Giuseppe Roncalli, Nunzio Apostolico a Parigi, a PaulusLenz-Médoc (1903-1987), scontento dell’Enciclica: «Lei è l’unico che midice queste cose. Da mesi, non faccio altro che incontrare persone chevengono a dirmi che l’enciclica è un capolavoro, che era proprionecessaria, che il Papa ha avuto una chiaroveggenza geniale, chebisogna assolutamente condannare, ecc. La ringrazio per tutto quelloche mi ha detto. Ma bisognerebbe che lo sapesse il Santo Padre.Basterebbe riassumere. Non potrebbe condensare l’essenziale in due otre frasi? – È difficile... – E allora? Va bene, bisognerebbe dire al Papa:‘Santo Padre, lei ha ricevuto informazioni troppo unilaterali…’ – Ehm!Credo proprio che sia così, ma è una cosa un po’ dura da dire. Come sipotrebbe fare? Mi dica: non accetterebbe di andare a Roma e diandare a trovare Pio XII? – Monsignore, mi dispiace, ma non posso. –Si tratta di un problema di denaro? – Veramente no, ma proprio nonposso farmi carico di una tale missione. – Ebbene, allora non sipotrebbe trovare qualcuno, una persona amica, che potrebbeincaricarsene più agevolmente? – Si, certo, Eccellenza, mi vieneproprio in mente qualcuno. – Chi? – Eccellenza, mi viene in mente ilnunzio apostolico a Parigi. – Ah! È una buona idea. Sì, certamente glidirò qualcosa» (11 maggio 1964)

– 1951: Aspetti del Buddismo, I.

– 1952: Buddismo e Occidente

– 1953: torna a Lyon e pubblica Meditazione sulla Chiesa

– 1955: Amida. Aspetti del Buddismo, II, e Nuovi Paradossi

– 1956: Sulle vie di Dio

– 1959: Esegesi medievale, I-II

• 1959: viene reintegrato nell’insegnamento a Lyon-Fourvière

• 25 luglio 1960: membro della Commissione teologica preparatoria delConcilio Vaticano II

• 1961: Esegesi Medievale, III

• 24 settembre 1962: perito conciliare (Commissione dottrinale)

• 1962: Il pensiero religioso di Teilhard de Chardin

• 1964: Esegesi medievale, IV e La prière de Teilhard de Chardin

• 1965: Agostinismo e Teologia moderna e Il mistero del soprannaturale

• 1965: consultore del Segretariato per i non cristiani e del Segretariato per i non credenti

• 1967: Immagini di Padre Monchanin e Paradosso e mistero della Chiesa• 1968: Ateismo e senso dell’uomo• 1969: La Chiesa e la crisi attuale• 1971: Le Chiese particolari nella Chiesa universale• 1974: Pico della Mirandola. L’alba incompiuta del Rinascimento.• 1979: La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, I e Mistica e mistero

cristiano• 1980: Piccola catechesi su natura e grazia• 1981: La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, II• 2 febbraio 1983: viene creato Cardinale da papa Giovanni Paolo II• 1984: Théologies d’occasion• 1986: Lettres de M. Étienne Gilson addressées au P. H. de Lubac et

commentées par celui ci.• 1988: Resistenza cristiana all’antisemitismo• 1988: Memoria in occasione dei miei scritti• 4 settembre 1991: muore a Parigi

Sul complesso delle sue opere scrisse: «In pubblicazioni così diversesarebbe vano cercare gli elementi di una sintesi personale, filosofica eteologica – o, come certuni hanno detto “gnoseologica” – sia percriticarla che per condividerla. In questo tessuto variopinto che si ècostituito a poco a poco secondo i corsi che tenevo, i ministeri, lesituazioni, gli inviti di ogni ordine, mi pare tuttavia di discernere unacerta trama che, alla meno peggio, ne fa l’unità. Senza pretendere ditracciare strade nuove al pensiero, ho piuttosto cercato senza alcunpassatismo, di far conoscere alcuni dei grandi luoghi della tradizionecattolica»

3. De Lubac e il Concilio

La storia redazionale dei Quaderni

• annotazione in presa diretta

• trascrizione del manoscritto a macchina (data ignota) (egli consegnò ilmanoscritto allo studente Philippe Levillain per la sua tesi e rimasesorpreso di alcuni giudizi che questi aveva trovato nei suoi Quaderni. Latesi venne pubblicata nel 1975. Fu forse per questo che egli rivide e battéa macchina il testo manoscritto)

• Ulteriore redazione dattiloscritta (data ignota), con aggiunte eprecisazioni circa la fase preparatoria

• de Lubac riprese in mano i Quaderni in vista dell’Entretien con don AngeloScola e Alver Metalli per la rivista 30 giorni (5-19 giugno 1985)

I Quaderni vennero pubblicati da Les Éditions du Cerf, Paris 2007

La versione italiana è stata pubblicata dall’editrice Jaca Book, Milano 2009

Lo snodarsi di un itinerario di pensiero

Di grande interesse è vedere il modo con cui de Lubac percepisce lapreparazione, la nascita, lo sviluppo e gli esiti del Concilio, passandoattraverso:

• perplessità relative alle resistenze della Scuola Romana e dell’episcopatoconservatore (la cosiddetta “minoranza”)

• soddisfazione con cui assiste al cambiamento di rotta imposto da GiovanniXXIII (nella «Settimana bianca», 14-21 novembre 1964)

• nuove perplessità relative a tendenze e novità che egli giudica azzardate ealle quali oppone una saggia, equilibrata prudenza, e suggerisce dielaborare con consapevolezza una corretta «ermeneutica» del Concilio,nella fedeltà alla freschezza del Vangelo e alla tradizione viva della Chiesa.

FASE PREPARATORIA (novembre 1960 – ottobre 1961)

Giudizio sulla qualità e il lavoro della Commissione teologica preparatoria:«Si sente tra di loro una certa indifferenza rispetto alla Scrittura, ai Padri, allaChiesa orientale; una carenza d’interesse e di inquietudine rispetto a dottrinee correnti spirituali attuali, contrarie alla fede cristiana. Le ignorano. Dannol’impressione di essere troppo sicuri della loro superiorità; la loro abitudine agiudicare non li stimola al lavoro. […] Il risultato è un piccolo sistemascolastico, ultra-intellettualista senza grande intellettualità; il Vangelo èpiegato a questo sistema, che è l’a-priori costante. P. Dhanis [Édouard, 1902-1978, gesuita, professore di teologia fondamentale alla Gregoriana], che giocaun ruolo importante, sembra voler minimizzare in tutto la persona di GesùCristo: questi non è altro che uno dei ‘legatores divini’; è designato così, informa anonima, nel capitolo sulla rivelazione [dello schema De Deposito fideipure custodiendo]. Il Cristo che insegna non possiede ‘i tesori della sapienza edella scienza’ (egli ha fatto eliminare, da questo stesso capitolo, questo testopaolino). Tutta la sua rivelazione si riduce alla proclamazione di alcuneproposizioni formali […]. È questo piccolo sistema, spinto fino alla mania, cheda dodici anni [dal 1950, Humani generis] alcuni vorrebbero imporci come ilsolo ortodosso. Poiché non mi piego, tutto ciò che scrivo è deformato» (19-20settembre 1961).

«Si può dire, da un certo punto di vista, che esistono due tipi diteologi; i primi dicono: rileggiamo la Scrittura, san Paolo, ecc.;scrutiamo la Tradizione; ascoltiamo i grandi teologi classici; nondimentichiamo di prestare attenzione ai Greci; non trascuriamo lastoria; situiamoci in questo ampio contesto e interpretiamo in esso itesti ecclesiastici; non trascuriamo nemmeno di informarci suiproblemi, bisogni, difficoltà d’oggi, ecc. – Gli altri dicono: rileggiamotutti i testi ecclesiastici di questi ultimi cento anni, encicliche, lettere,discorsi di circostanza, decisioni prese, contro l’uno o l’altro, i monitadel Sant’Uffizio, ecc.; di tutto ciò, senza lasciar cadere nulla nécorreggere la più piccola parola, facciamo un intarsio, spingiamo un po’avanti il pensiero, diamo a ciascuna asserzione un valore un più forte;soprattutto, non guardiamo nulla al di fuori, non perdiamoci in nuovoricerche sulla Scrittura o sulla Tradizione, né a fortiori su pensierirecenti, che ci metterebbero in pericolo di relativizzare il nostroassoluto» (29 settembre 1961).

PRIMA SESSIONE (ottobre – dicembre 1962)

La «Settimana bianca» (14-21 novembre 1962)

• Giovanni XXIII: «1) La parola e l’invito del Papa nel discorso inaugurale in S. Pietro– l’11 ottobre 1962 a non sollevare se non per rispettosa conferma, punti dottrinalidei Concili Tridentino e Vaticano, fu perfettamente ignorata e negletta da parte deiPadri del Concilio. 2) Inde irae: irritazione degli spiriti della grande maggioranza deiconvenuti» (in Lo spirito del Concilio, Studium, Roma 2012, p. 89)

• «In effetti, contro schemi degli “prefabbricati”, che riflettevano troppo una certamentalità vecchia di vent’anni, ci fu davvero una piccola rivoluzione, - o piuttostogià il suo secondo atto (poiché vi era già stato il rifiuto, molto saggio, delle primeliste di nomi proposti per le future Commissioni conciliari, liste che erano di fattoidentiche a quelle delle commissioni preparatorie)… Si sapeva che gli schemi nonavevano soddisfatto Giovanni XXIII. Egli non aveva nulla contro la loro dottrina, manon ne apprezzava il tono. E non mancò occasione per lamentarsi, con i visitatori,della lunghezza dei passaggi riservati alle condanne» (Entretien, p. 20).

• Giovanni XXIII, dopo aver letto il primo volume degli schemi avrebbe esclamato:«Guardate, li ho appena misurati, ci sono 25 cm di condanne!» (22 ottobre 1962).

PRIMA INTERSESSIONE (gennaio – settembre 1963)

• «Sì, credo che in questi primi due mesi del Concilio si sia prodotto qualcosa distraordinario. Una ‘rivoluzione’ sarebbe dire troppo, dato che nulla si è ancoraavverato […]. Comunque, sul Concilio, è passato un soffio evangelico, il soffio delloSpirito Santo» (Lettera a mons. Bruno de Solange, rettore dell’Institut Catholique diToulouse).

• «Non si può respingere in assoluto l’impressione che presso certi uomini di Chiesain Italia, una certa concezione di Roma, una certa ideologia della Romanità entri inqualche modo nel loro cattolicesimo e nel loro amore per il papato. Per essi, cheingenuamente sono convinti di costituire il cuore della Chiesa, i ‘transalpini’, gli‘ultramontani’ sono più o meno ‘gente di fuori’. Un ricordo viscerale della Romaantica si mescola ancora al loro spirito cattolico. Il cardinale Siri, in una riunionecon i vescovi italiani, avrebbe detto che toccava a loro difendere Roma e la SantaSede, serrando le fila insieme, per fare la ‘tartaruga’, - antica metafora militareromana. Del resto, in tutto questo c’è una grande sincerità: si dice che molte volte,dopo certe sedute del Concilio, il cardinale Siri avrebbe pianto, sentendo la Chiesaminacciata. Una simile concezione della Chiesa, che si spiega con la storia, ha unasua grandezza e una sua bellezza; resta il fatto che è poco dogmatica e nonfavorisce un cattolicesimo molto spirituale. E provoca facilmente reazioni faziose epassionali» (22 febbraio 1963).

SECONDA SESSIONE (ottobre – dicembre 1963)

• Emerge il ruolo di Paolo VI, eletto il 21 giugno 1963

• Ad esempio, a riguardo del discorso del papa per l’inaugurazione dell’AnnoAccademico della Lateranense: «Il finale del discorso del papa è una nettae ferma esortazione a cessare attacchi e polemiche; in questo modo laLateranense avrà il favore del papa e la sua benedizione. Si dice che glistudenti abbiano calorosamente applaudito la lezione impartita ai loroinsegnanti. Alla Gregoriana (e al Biblico) si esulta» (2 novembre 1963)

• Ancora, ricevendo in omaggi i volumi del Lexikon für Theologie und Kirche,Paolo VI fa l’elogio di p. Karl Rahner (10 novembre 1963)

SECONDA INTERSESSIONE (dicembre 1963 – settembre 1964)

Discorso di Paolo VI alla Gregoriana: «Egli non dice che una dottrina è sicura,che una teologia è buona, quando è di questa o di quella scuola, o quando èconforme a san Tommaso, o quando si fonda sulle ’24 tesi’ [dellaCongregazione dei Seminari e delle Università, del 1914, contenente i puntiprincipali del tomismo], ecc.; - ma: quando corrisponde alla verità rivelata,che ‘supera la luce e la forza dell’intelligenza umana’, che ‘non può essererinchiusa entro i suoi limiti, né assoggettata a un’interpretazione personale’.Ecco il vero criterio, che: a. ci riconduce all’essenziale; b. ci libera da ogniintegralismo; c. pone rimedio alla tendenza più pericolosa da qualche tempoa questa parte, e che i nostri integralisti (né tanti altri) non vedono. – Pocoprima, inaugurazione della cattedra S. Tommaso, alla Lateranense, presiedutada mons. André Combes, che rivendicava la necessità delle ’24 tesi’» (12aprile 1964).

TERZA SESSIONE (settembre – novembre 1964)

• «Sul Concilio le impressioni variano secondo i giorni. A prendere lecose all’ingrosso, è un’avventura meravigliosa, un vero disgelo. Cisono, ben inteso, delle ombre, e ci sono dei pericoli. Ma chedifferenza con quello che abbiamo conosciuto, ancora ieri» (Letteraa Henri Bouillard, 4 ottobre 1964)

• «Come chiunque altro, anch’io ammetto la necessità di conoscere ilmondo attuale, di capirne i problemi, di condividerne le angosce ele speranze. Ma perché oggi ci sono persone che immaginano sidebbano fare queste cose a spese della forza e della chiarezzacristiane? Perché sembrano rinunciare a far risuonare ancora unavolta alle orecchie di tutti il pieno e gioioso annuncio della BuonaNotizia? Perché esitano a far condividere la nostra speranza dacoloro ai quali abbiamo il compito di comunicarla? In questo c’è uncedimento che ai nostri giorni amareggia molti credenti, e che moltiincreduli osservano. Se pensiamo di avvicinarci a loro in questomodo, li allontaniamo da noi…» (Lettera al rev. Henri Denis sulloSchema 13 [futura Gaudium et spes], 25 settembre 1964)

La «Settimana Nera» (19-21 novembre 1964)

• «il giorni 19, 20, 21 novembre resteranno per molto tempo giorni dilutto per la Chiesa. Non serve più a nulla indignarsi contro quel chebisogna proprio chiamare un “atto di brigantaggio”. Il danno èfatto, con conseguenze incalcolabili. Si è potuto vedere in San Pietroun cardinale, uno dei membri più solidi del Concilio, versarelacrime. E non oso riportare le riflessioni di alcuni osservatori. Inpiena coscienza alcuni uomini (un pugno di uomini) hanno volutoabbattere ogni aggiornamento, sopprimere ogni occasioneecumenica, ridurre i vescovi del mondo intero alla condizione divalletti, e tutto è stato compiuto in soli tre giorni. Il Santo Padre,senza cedere loro in tutto (no di certo) ha ceduto abbastanza, cosìche i vescovi sono ora in una situazione falsa, ridotti all’impotenza. Ifenomeni di decadenza avranno un’accelerazione, e forse perreazione sorgeranno delle fronde anarchiche. La cattolicità tuttaintera è stata sbeffeggiata. Bisogna aver assistito al drammadall’interno per comprenderne la portata. Preghiamo» (Lettera a p.Bernard de Guibert, 23 novembre 1964).

• «A questo annuncio succede all’inizio un silenzio gelido; poi sipercepiscono dei mormorii. Vicino a me, molti esperti parlano di ‘manovradisonesta’. […] Del resto i più ragionevoli devono per forza vedere chel’inserimento della Nota praevia non cambia nulla di essenziale, e chequesto documento conserva il proprio carattere» (19 novembre 1964)

• «In gran parte, queste correzioni [al De oecumenismo] sono realmenteinsignificanti» (20 novembre 1964)

• «In realtà, sembra che il papa abbia autorizzato queste correzioni; sel’atmosfera non fosse stata febbrile a causa della vicenda del De Libertate,certamente nessuno vi avrebbe attribuito importanza» (21 novembre1964)

• «Sì, è vero, gli ultimi giorni di questo anno conciliare sono stati penosi, ec’è il rischio che ne rimanga un trauma. Ma, per quanto riguarda il fondodelle cose, non è stato apportato nessun cambiamento di rilievo.Sull’ecumenismo, ci sono due modifiche spiacevoli, - ma non sono cheparticolari perduti di un testo la cui sostanza rimane. […] E ci si devefelicitare del fatto che, finalmente, Paolo VI abbia approvato questa Nota,identica a quella di cui la Commissione aveva bloccato la redazione finale,dopo molti avanti e indietro e tante modifiche necessarie» (Lettera a p. deGuibert, 28 dicembre 1964)

TERZA INTERSESSIONE (dicembre 1964 – settembre 1965)

• «È certo vero, in ogni caso, che la situazione religiosa attuale mipreoccupa, e, lei lo sa, da molto tempo […]. Ci troviamo presi tra duefazioni alle quali il Concilio (mal compreso dall’una e dall’altra) ha fornitol’occasione per esasperarsi […]. Ma nutro una forte speranza, comunque,che terminato il Concilio, si sprigioneranno delle grandi idee, che farannoconvergere le buone volontà» (18 dicembre 1964)

• Attorno al capitolo sulla «cultura» dello Schema 13: «lamentele [di duevescovi] sull’orientamento troppo ‘umanista’ cioè profano, naturalistadello Schema… Se ne attribuisce la responsabilità ai Francesi; in realtà, loSchema attuale è piuttosto vicino al pensiero di Lovanio [Università belga];però devo riconoscere che la mentalità degli ecclesiastici francesi [dellaMission de France] che circondano i nostri vescovi è proprio la stessa. Siparla di ‘concezione cristiana’, ma molto poco di ‘fede cristiana’. Siconfonde l’aggiornamento che consiste nel liberarci dal vecchiume, dallagrettezza, dall’incultura, dagli egoismi clericali, con quello checonsisterebbe nel liberarci dal vigore evangelico, che invece deve essereritrovato. C’è una corrente, ai nostri giorni, che cerca di trascinare laChiesa, facendo leva sul Concilio, verso una piccola ‘mondanizzazione’» (5aprile 1965)

QUARTA SESSIONE (14 settembre – 8 dicembre 1965)

• Alla riunione del Segretariato per i non credenti: «Secondo il mio parere,ci sono due tendenze, entrambe da raddrizzare, o da equilibrare: 1) Sottol’influsso delle preoccupazioni ‘pastorali’ (questa è la parola che ritorna incontinuazione) e dei metodi psicosociali di ricerca, si rischia di rimaneresulla superficie, ignorando le cause intellettuali profonde e sfuggendo aiconfronti necessari; 2) la ‘comprensione’, cercata e predicata, degli atei edel loro ateismo, rischia di sviluppare tra i credenti un complesso diinferiorità, - e di incoraggiare il progressismo mondano, che trasformatutto in occasione di denigrazione dei credenti» (21 settembre 1965)

• Mons. Hermann Volk (Magonza): «Il mondo sa meglio di noi in che cosacambia; bisogna parlargli soprattutto di ciò che ignora e che noi abbiamola missione di annunciargli; […] Manca una cristologia approfondita: GesùCristo non appare che in modo estrinseco, come argomento e comemodello; non viene presentato come Capo e fondamento del mondo» (24settembre 1965) («osservazioni giuste e fondamentali»)

• Critiche a mons. François Marty (Reims): sul suo «dualismo tra aspirazioniumane e speranza cristiana»; e al Card. Léon Suenens (Malines-Bruxelles):«Sembra che non si accorga affatto dell’invasione dell’ateismo» (28settembre 1965).

• Si scontrano «due integralismi»: quello dei conservatori («il piccolopartito delle ‘due fonti’, irriducibile» [1 ottobre 1965]) e quello deiprogressisti (come mons. Marty: «dicotomia assoluta tra naturale esoprannaturale»): «come sono anguste le strettoie attraverso lequali passa lo Spirito di Dio!» (3 ottobre 1965)

• «il testo [dell’Esposizione introduttiva allo Schema 13] affermasenza nessuna sfumatura che le scienze biologiche, psicologiche,sociologiche “conducono l’uomo ad una più profonda conoscenza disé”: a me pare eccessivo» (19 ottobre 1965)

• 22 novembre 1965: de Lubac scrive con soddisfazione che è riuscitoa far cambiare questa espressione, “pericolosa”

• «Sebbene contento nell’insieme, non riesco a non avere pensierimalinconici. Tutti questi testi conciliari saranno abbastanza robustida resistere a un’interpretazione allentata e secolarizzante dellafede cristiana? Troppi spiriti, lei lo sa, ai giorni nostri si orientano inquesto senso e hanno avuto nell’atmosfera del Concilioun’occasione di lanciare la loro freccia. Il rinnovamento desideratosi realizzerà? Siamo pronti a predicarlo?» (Lettera a Bernard deGuibert, 3 novembre 1965)

• Mons. Léonard (Namur), Entretiens avec Louis Mathoux, Ed. Moles, Paris2006, 109: «Abbiamo ricevuto p. de Lubac al collegio belga per unaconferenza. Eravamo infiammati dall’idea che bisognasse tradurre le fedecristiana in un linguaggio nuovo. Bisognava trovare una modalitàinnovatrice di indirizzarsi al mondo. […] Ma il Cardinale de Lubac, fornito diuna formidabile cultura storica, ci diceva: “Non si inventa così unlinguaggio: bisogna ispirarsi alla Tradizione, alla Scrittura, ai Padri dellaChiesa. Si può essere creativi, ma a condizione di restare molto fedeli allefonti. L’uso di un nuovo linguaggio non è qualcosa che si decide in unufficio”. In poche parole, ci moderava».

• «Nei mesi o negli anni a venire, sarà necessario che l’insieme dell’operaconciliare sia studiata seriamente, e che si sappiano assumere comecentro prospettico le costituzioni dogmatiche, che in realtà sono il centrodi tutto. Per questo, bisognerà farla finita con le propagande e i tentativitendenziosi che già sono emersi e rischiano di far abortire la riformaintrapresa e di compromettere persino i fondamenti della fede. LaCompagnia in questo campo ha un ruolo da svolgere, e ciò richiederàgrande un sforzo di fede e di abnegazione. I Superiori, in Francia, saprannoriconoscere il cinismo di un programma che considera inesistenti tutte leparti dottrinali, spirituali e apostoliche del Concilio e che ci spinge sullepiste di una miserevole secolarizzazione?» (Lettera a p. Jacques Guillet,preside di Lyon-Fourvière, 1 dicembre 1965)

Il contributo di de Lubac al Concilio

• A. Scola: «L’orientamento del Concilio non dovrà pur qualcosa a un certoteologo del “soprannaturale”?»

• De Lubac: «Può essere, come a molti altri, ma in un modo molto generale,senza influenza precisa su un insegnamento preciso. Non è abituale, nédesiderabile, salvo un pericolo riconosciuto per la fede, che un Concilio simescoli alle discussioni tecniche dei teologi. Il Vaticano II usa comunquemolto poco la parola “soprannaturale”. Vi si può vedere l’intenzionealmeno diffusa di scartare ciò che sembrasse prendere esplicitamente unpartito o l’altro delle dispute ancora recenti. Quello che riconosco è che misento a mio agio negli orientamenti conciliari che possono trovare unfondamento nella posizione tradizionale: quella, tra le altre, di SanTommaso, che io ho cercato di far rivivere; quello che, nel nostro secolo, èparadossale è che, ai più, questo sembrò un tradimento del tomismo. Sipuò dire senza eccessi che il Concilio ha rotto con “l’estrinsecismo che (fu)la malattia del cattolicesimo moderno” sull’argomento, la quale aveva“fatto da lungo tempo misconoscere il pieno carattere di desiderio dellanatura” (Congar) “evitando il vocabolario dei due ordini, il Concilio hacompiuto una presa di posizione molto importante” (Jean Mouroux)»(Entretien, p. 28)

Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nelmondo contemporaneo (Gaudium et spes), nn. 19-21 (sull’ateismo):«La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modoalla dignità dell’uomo, dato che questa dignità trova proprio in Dio il suofondamento e la sua perfezione: l’uomo riceve da Dio creatore le doti diintelligenza e di libertà ed è costituito libero nella società, ma soprattutto egliè chiamato a comunicare con Dio stesso in qualità di figlio e a partecipare allasua stessa felicità»n. 22 (sull’unico ‘fine’ dell’uomo):«In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il misterodell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè diCristo Signore. Cristo, che è l’Adamo definitivo [novissimus], proprio rivelandoil mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente all’uomo la suaaltissima vocazione. […] Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certomodo ad ogni uomo. […] E ciò non vale solamente per i cristiani, ma ancheper tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente lagrazia [cfr. Lumen gentium, 16] Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazioneultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamoritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nelmodo che Dio conosce con il mistero pasquale»

(Card. Montini) Paolo VI

• Già quando era a Milano il Card. Montini nelle sue Pastorali aveva citato gli scrittidi de Lubac non meno di venti volte! (5 giugno 1964)

• Paolo VI, nell’Udienza Generale del 15 settembre 1965 cita (pur senza farne ilnome) de Lubac, richiamando la sua articolazione del rapporto tra l’Eucaristia e laChiesa: «Un valente studioso moderno (non forse sconosciuto ad alcuni di voi) haenunciato tale relazione in un bel capitolo d’un suo bel libro con queste dueproposizioni: la Chiesa fa l’Eucaristia; e l’Eucaristia fa la Chiesa» (da Meditazionesulla Chiesa, titolo di due parti del cap. IV, “Il cuore della Chiesa”)

• Giovedì 18 novembre 1965, il giorno della promulgazione della Dei Verbum e dellaApostolica actuositatem, de Lubac concelebra (con 12 superiori di ordini religiosi e12 periti) con Paolo VI

• Alla fine della Messa avviene l’incontro personale tra Paolo VI e de Lubac: «È perme un grande onore. Spero vivamente di rivederla prima della fine del Concilio»

• Lo inviterà a pranzo, attraverso Jean Guitton, insieme a Oscar Cullmann sabato 4per domenica 5 dicembre 1965 (p. 897). A commento di questo fatto, de Lubaccita un passaggio di Teodoro di Régnon, Études sur la Sainte Trinité, t. 1, 1892: «Imisteri divini sono come il sole che lancia dei raggi di luce in tutte le direzioni, el’intelligenza umana è incapace di unificare tutto questo splendore nel quadro diuna stessa teoria. Lo Spirito di Dio soffia dove vuole; non si è impegnato aformulare la sua dottrina seguendo qualcuna delle nostre anguste concezioni»

• Emerge sempre più chiaro il ruolo di mons. Wojtyła (31 marzo1965), che de Lubac apprezza sempre di più: «pieno di un sensocristiano profondo, senza nessuna sclerosi»

• Le discussioni dello Schema 13 non appassionano più di tanto deLubac. Egli le ritiene superficiali e troppo poco autenticamentecristiane (31 marzo 1965). Egli condivide con mons. Volk e conmons. Wojtyła l’idea che «un cristianesimo pieno non è più difficileda capire di un cristianesimo dimezzato. Wojtyła, Volk e io ciintendiamo perfettamente su questo argomento»

• De Lubac fa diversi elogi di mons. Wojtyła e lo preconizza prestoCardinale (5 aprile 1965)

• Alla fine della terza Intersessione de Lubac e Wojtyła siabbracciano: «Ha sentito che siamo profondamente uniti nella fede.Io conservo un vivo ricordo di molti suoi interventi (è stato ascoltatotroppo poco) e dei nostri colloqui troppo rapidi» (7 aprile 1965)

Mons. Wojtyła (Giovanni Paolo II)