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20 ildentistamoderno gennaio 2017 L’ osteonecrosi delle ossa mascellari (OsteoNecrosis of the Jaw, ONJ) associata a farmaci è un evento avver- so che può insorgere, spontaneamente o più frequen- temente in presenza di fattori predisponenti sia loca- li che sistemici, in soggetti che hanno assunto o che stanno assu- mendo farmaci definiti a rischio. L’adeguata conoscenza dell’evoluzione storica di tale entità no- sologica, unitamente al progressivo coinvolgimento eziologico di nuovi farmaci, consentirà ai medici della salute orale di com- prendere le strategie diagnostiche e soprattutto preventive del- la patologia, nei confronti delle quali sono chiamati ad assumere un ruolo fondamentale. 1. Inquadramento storico della patologia dalle origini a oggi L’ONJ associata a farmaci rappresenta una delle malattie emer- genti del distretto oro-facciale di questo secolo. Presenta caratte- ristiche cliniche molto simili a una entità patologica osservata e descritta come “Phosphorous necrosis of the jaw”, o più comune- mente “Phossy jaw”, nel XIX secolo fra i lavoratori delle fabbri- che di fiammiferi londinesi a contatto con i fumi tossici di fosforo giallo o bianco. Dopo le primissime segnalazioni, Simon nel 1863 descrisse dettagliatamente 61 casi di necrosi mascellare a seguito di estrazioni, caratterizzate all’esordio dalla comparsa di un’ul- cera indolente e, in seguito, da una persistente infiammazione ai tessuti molli con ritardo di guarigione. L’autore fu il primo a de- scrivere come “sequestri ossei” le porzioni di osso poroso e parti- colarmente leggero, molto simili alla pietra pomice, separate dal tessuto circostante, che si osservarono in questi pazienti 1 . I segni/sintomi comprendevano ulcerazioni persistenti, deiscen- ze gengivali, esposizioni ossee di colore bruno-grigiastro non ten- denti alla guarigione, eritema e tumefazione gengivale, perdita del processo alveolare e dolore intenso nel distretto maxillo-fac- ciale. Il distretto anatomico maggiormente colpito era la mandi- bola (60% dei casi) e l’esordio avveniva, nella maggior parte dei casi, dopo circa 5 anni di esposizione al fattore di rischio (fosforo giallo/bianco), ma in alcuni casi l’esordio era più precoce. Date le scarse possibilità di accesso alle cure odontoiatriche pre- ventive e terapeutiche, la terapia principale era primariamente rappresentata da procedure estrattive sul/i dente/i “incrimina- to/i” che aggravavano il quadro clinico-sintomatologico condu- Inquadramento storico, definizione, epidemiologia della osteonecrosi dei mascellari associata a farmaci Historical frame, definition and epidemiology of medication related osteonecrosis of the jaw CORSO ECM A DISTANZA MODULO DIDATTICO 1 n Vera Panzarella * n Vittorio Fusco ** *UOS di Medicina Orale, Dipartimento di Chirurgia Neurosensoriale e Motoria, AOUP “P. Giaccone”, Palermo Dipartimento di Discipline Chirurgiche, Oncologiche e Stomatologiche (Di Chir On S), Università degli Studi di Palermo **Oncologia, Azienda Ospedaliera “SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, Alessandria 1. Inquadramento storico della patologia dalle origini a oggi 2. Evoluzione tassonomica e classificativa della patologia 3. Farmaci implicati nell’eziopatogenesi della ONJ associata a farmaco 3a. Farmaci anti-riassorbitivi 3aa. Bisfosfonati 3ab. Denosumab 3b. Farmaci con attività anti-angiogenetica 3ba. Inibitori del VEGF 3baa. Bevacizumab 3bab. Aflibercept 3bb. Inibitori delle tirosin-chinasi 3bc. Inibitori di mTOR 4. Principi di epidemiologia correlati all’ONJ associata a farmaco 5. Conclusioni Bibliografia z PAROLE CHIAVE BRONJ, ONJ, bisfosfonati, bifosfonati, anti-riassorbitivi, anti-angiogenetici, osso esposto z KEY WORDS BRONJ, ONJ, bisphosphonates, biphosphonates, diphosphonates anti-resorptive, anti-angiogenic, exposed bone u Corrispondenza [email protected]

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L’osteonecrosi delle ossa mascellari (OsteoNecrosis of the Jaw, ONJ) associata a farmaci è un evento avver-so che può insorgere, spontaneamente o più frequen-temente in presenza di fattori predisponenti sia loca-

li che sistemici, in soggetti che hanno assunto o che stanno assu-mendo farmaci definiti a rischio. L’adeguata conoscenza dell’evoluzione storica di tale entità no-sologica, unitamente al progressivo coinvolgimento eziologico di nuovi farmaci, consentirà ai medici della salute orale di com-prendere le strategie diagnostiche e soprattutto preventive del-la patologia, nei confronti delle quali sono chiamati ad assumere un ruolo fondamentale.

1. Inquadramento storico della patologia dalleorigini a oggiL’ONJ associata a farmaci rappresenta una delle malattie emer-genti del distretto oro-facciale di questo secolo. Presenta caratte-ristiche cliniche molto simili a una entità patologica osservata e descritta come “Phosphorous necrosis of the jaw”, o più comune-mente “Phossy jaw”, nel XIX secolo fra i lavoratori delle fabbri-che di fiammiferi londinesi a contatto con i fumi tossici di fosforo giallo o bianco. Dopo le primissime segnalazioni, Simon nel 1863 descrisse dettagliatamente 61 casi di necrosi mascellare a seguito di estrazioni, caratterizzate all’esordio dalla comparsa di un’ul-cera indolente e, in seguito, da una persistente infiammazione ai tessuti molli con ritardo di guarigione. L’autore fu il primo a de-scrivere come “sequestri ossei” le porzioni di osso poroso e parti-colarmente leggero, molto simili alla pietra pomice, separate dal tessuto circostante, che si osservarono in questi pazienti1.I segni/sintomi comprendevano ulcerazioni persistenti, deiscen-ze gengivali, esposizioni ossee di colore bruno-grigiastro non ten-denti alla guarigione, eritema e tumefazione gengivale, perdita del processo alveolare e dolore intenso nel distretto maxillo-fac-ciale. Il distretto anatomico maggiormente colpito era la mandi-bola (60% dei casi) e l’esordio avveniva, nella maggior parte dei casi, dopo circa 5 anni di esposizione al fattore di rischio (fosforo giallo/bianco), ma in alcuni casi l’esordio era più precoce. Date le scarse possibilità di accesso alle cure odontoiatriche pre-ventive e terapeutiche, la terapia principale era primariamente rappresentata da procedure estrattive sul/i dente/i “incrimina-to/i” che aggravavano il quadro clinico-sintomatologico condu-

Inquadramento storico, definizione, epidemiologia della osteonecrosi dei mascellari associata a farmaciHistorical frame, definition and epidemiology of medication related osteonecrosis of the jaw

CORSO ECM A DISTANZAMODULO DIDATTICO 1

n Vera Panzarella *n Vittorio Fusco ** *UOS di Medicina Orale, Dipartimento di Chirurgia Neurosensoriale e Motoria, AOUP “P. Giaccone”, Palermo Dipartimento di Discipline Chirurgiche, Oncologiche e Stomatologiche (Di Chir On S), Università degli Studi di Palermo **Oncologia, Azienda Ospedaliera “SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, Alessandria

1. Inquadramento storico della patologia dalle origini a oggi

2. Evoluzione tassonomica e classificativa della patologia

3. Farmaci implicati nell’eziopatogenesi della ONJ associata a farmaco

3a. Farmaci anti-riassorbitivi

3aa. Bisfosfonati

3ab. Denosumab

3b. Farmaci con attività anti-angiogenetica

3ba. Inibitori del VEGF

3baa. Bevacizumab

3bab. Aflibercept

3bb. Inibitori delle tirosin-chinasi

3bc. Inibitori di mTOR

4. Principi di epidemiologia correlati all’ONJ associata a farmaco

5. Conclusioni

Bibliografia

z PAROLE CHIAVE BRONJ, ONJ, bisfosfonati, bifosfonati, anti-riassorbitivi, anti-angiogenetici, osso esposto

z KEY WORDS BRONJ, ONJ, bisphosphonates, biphosphonates, diphosphonates anti-resorptive, anti-angiogenic, exposed bone

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cendo a progressiva necrosi ossea, comparsa di fistole oro-mu-cosali e oro-cutanee, perdita dell’osso sequestrato e conseguente deformità permanente1. Le tossicità correlate alle paste o ai fumi di fosforo potevano coinvolgere anche il sistema tracheo-bronchia-le (“phossy lung”), nervoso (“phossy brain”) ed ematologico (“phos-sy marrow”), con tosse, emottisi, convulsioni, leucopenia e anemia. Il possibile sopraggiungere di complicanze settiche e neurologiche (ad esempio meningite) conduceva a morte in più del 20% dei ca-si. La sua incidenza si ridusse drasticamente dopo la proibizione dell’uso di fosforo bianco per la produzione di fiammiferi sancita dalla Convenzione Internazionale di Berna nel 1906. Nella secon-da metà del ’900, analoghi strutturali del pirofosfato, i bisfosfona-ti (Bisphosphonates, BP), cominciarono a essere commercializza-ti per il trattamento di patologie, oncologiche e osteometaboliche, a prevalente coinvolgimento, precoce o tardivo, del sistema schele-trico (ad esempio mieloma multiplo, metastasi ossee, osteoporosi). Nel biennio 2002-2003, segnalazioni di primitivi e isolati casi di ONJ presumibilmente correlati alla loro somministrazione, preva-lentemente per via endovenosa e in pazienti con patologia onco-logica2-4, iniziarono a essere diffuse nella comunità scientifica in-ternazionale. Proprio al 2003 risale la prima “case series” di casi sospetti (36 pazienti in trattamento con pamidronato e zoledronato) a prevalente localizzazione mandibolare e in corrispondenza di si-ti dento-alveolari sottoposti a procedure estrattive (86% e 78% dei casi rispettivamente)5.I lavori di Hellstein e di Donoghue descrissero la somiglianza tra questi i casi e la necrosi fosforica delle ossa mascellari del XIX seco-lo6,7. Questo fatto storico portò al sospetto che il fenomeno dell’oste-onecrosi dei mascellari fosse direttamente correlato all’uso dei BP8. Dal 2005 in poi, le segnalazioni diventarono sempre più numerose e si cominciarono a utilizzare termini come “Bisphosphonates Osteo-chemonecrosis” (o “Bis-Phossy Jaw”), Osteonecrosis of the Jaw and Bisphosphonates (ONJ-BP), oppure Bisphosphonates-Related Osteo-necrosis of the Jaw (BRONJ) per definire la medesima entità noso-logica, caratterizzata da progressiva necrosi delle ossa mascellari e della mandibola in pazienti sottoposti a trattamento prolunga-to con BP, non solo per via endovenosa ma anche per via orale. A tal proposito, lo studio retrospettivo di Ruggiero del 2004 fu il primo a evidenziare l’associazione tra ONJ e BP orali in un cam-pione di 63 pazienti, di cui 7 (circa il 10% del campione) in tera-pia con amino-BP per patologie ossee di natura non oncologica; inoltre, gli autori cominciarono a indicare il ruolo eziopatogene-tico di probabili fattori di rischio locali e sistemici e a denuncia-re l’esigenza di formulare linee guida per la prevenzione e il ma-nagement dei pazienti a rischio9. Tra il 2003 e il 2005, avvertimenti sul rischio di insorgenza di ONJ in pazienti in trattamento con BP furono diffusi dalle agen-zie nazionali ed europee di farmacovigilanza (ad esempio AIFA,

Agenzia Italiana del Farmaco; EMA, European Medicines Agen-cy) e dalle case produttrici furono emanate le prime modifiche del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto per i farmaci a base di BP (ad esempio acido zoledronico, acido pamidronico, acido ibandronico, acido alendronico, acido risedronico) con l’in-serimento di informazioni sul rischio di ONJ e sull’importanza, ai fini di una efficace prevenzione dell’evento avverso, di visite odontoiatriche e procedure dentistiche preventive. Da allora a oggi sono state riportate retrospettivamente nel mon-do molte migliaia di casi di BRONJ tra “case reports” e “case se-ries”10. In realtà, il numero di casi accertati nella pratica clinica sembrerebbe decisamente superiore a quanto stimato11,12 e tale fenomeno sarebbe da ricondurre alla mancata uniformità di de-finizione e di segnalazione della patologia, tutt’oggi pesantemen-te insistente sulla comunità scientifica internazionale e che sarà ampiamente discussa nel prossimo paragrafo.Relativamente all’eziopatogenesi della BRONJ, si ritiene che sia-no implicati diversi fattori13: • attività anti-riassorbitiva dei BP, mediante inibizione osteocla-

stica e conseguente alterazione del turnover osseo;• presenza di focolai infettivo-infiammatori;• attività anti-angiogenetica di alcuni BP;• alterazione del sistema immunitario;• effetto tossico dei BP su altre cellule diverse dagli osteoclasti

(ad esempio della barriera mucosale);• altri possibili fattori, come microtraumi ripetuti o stati caren-

ziali (ad esempio di vitamina D).Tali ipotesi eziologiche potrebbero in parte anche spiegare la pe-culiare localizzazione quasi esclusiva di BRONJ alle ossa mascel-lari, a oggi, primariamente ricondotte alle seguenti motivazioni14:• turnover osseo dei mascellari fisiologicamente più elevato ri-

spetto al restante scheletro;• vascolarizzazione terminale della mandibola;• presenza di un esile rivestimento muco-periosteo a protezione

del sottostante tessuto osseo, facilmente traumatizzabile;• peculiare microflora/biofilm della cavità orale;• caratteristica interfaccia dento-alveolare che predisporrebbe,

in caso di patologia infettivo-infiammatoria e/o manipolazio-ne chirurgica, all’esposizione del tessuto osseo sottostante.

Lo studio della patologia su modelli animali, il riconoscimento di un maggiore contributo eziopatogenetico dell’attività anti-an-giogenetica dei BP15, possibilmente mediato da alterazioni geneti-che (ad esempio polimorfismo di VEGFR, Receptors for Vascular Endothelial Growth Factor), e l’indagine sistematica e prospetti-ca dei fattori di rischio sistemici e locali potenzialmente associati hanno reso le conoscenze relative a questa patologia sempre più definite e hanno progressivamente contribuito alla formulazione di strategie preventive e terapeutiche sempre più efficaci.

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Tuttavia, a rendere il quadro più complesso, compaiono a par-tire dal 2008 le prime segnalazioni di osteonecrosi con carat-teristiche cliniche simili a BRONJ, in pazienti in terapia con altre categorie di farmaci: il denosumab (farmaco con attivi-tà antiriassorbitiva alternativo ai BP, somministrato per il trat-tamento sia dell’osteoporosi primaria o secondaria che delle metastasi ossee da tumori solidi) e agenti definiti a bersaglio mo-lecolare (in particolare con attività anti-angiogenetica): bevaci-zumab, sunitinib, sorafenib, da soli o congiuntamente a BP. Studi prospettici mirati hanno consentito di dimostrare che la doppia somministrazione (anti-riassorbitivo e anti-angiogene-tico) sembrerebbe scatenare la comparsa dell’evento avverso in tempi più precoci rispetto a quelli osservati in pazienti in terapia esclusiva con anti-riassorbitivo (BP, denosumab), sug-gerendo un ruolo indipendente di questi nuovi farmaci nell’e-ziopatogenesi della patologia16.Le agenzie regolatorie hanno pertanto divulgato nuovi “alert” sul rischio di ONJ correlata all’uso di farmaci diversi da BP e, in particolare, denosumab, bevacizumab, sunitinib e afliber-cept. Di conseguenza, in letteratura è stato introdotto il concet-to di “osteonecrosi farmaco-correlata” (Drug Related Osteone-crosis of the Jaw, DRONJ) oppure, secondo altri autori, MRONJ (Medication Related Ostenecrosis of the Jaw) per definire l’in-sieme di tutti i processi osteonecrotici associati all’uso di far-maci, indipendentemente dal loro meccanismo di azione13.

2. Evoluzione tassonomica e classificativa della patologiaL’evoluzione storica e il progressivo riconoscimento di specifi-che caratteristiche eziopatogenetiche e cliniche di ONJ hanno condotto alla formulazione di differenti definizioni e sistemi classificativi, a partire dalle prime segnalazioni a oggi.La prima (e più diffusa) definizione di ONJ farmaco-indotta è stata formulata nel 2007 da parte dell’American Association of Oral and Maxillofacial Surgery (AAOMS): “presenza di os-so necrotico esposto in cavo orale per più di 8 settimane in pa-zienti in terapia con bisfosfonati e mai sottoposti a radiotera-pia dei mascellari (testa-collo)”17.Tale definizione identificava come criterio diagnostico, in pa-zienti esposti a BP, l’esclusivo riconoscimento, puramente clini-co, della più tipica manifestazione della malattia (osso necro-tico esposto nel cavo orale), persistente da più di 8 settimane, con la tassativa esclusione di pazienti radiotrattati nella regio-ne testa-collo. Gli autori proposero altresì una classificazione della patolo-gia in tre stadi, progressivamente ingravescenti (da I a III) per sintomatologia (presenza o meno di dolore) e possibili com-

plicanze coesistenti (ad esempio secrezione purulenta, tragit-ti fistolosi, fratture ossee).Nel 2009, un quarto stadio, definito “stadio 0”, fu aggiunto per includere i pazienti con segni e sintomi orali, potenzial-mente correlabili a BRONJ, in assenza di esposizione di os-so necrotico18.A seguito dell’accertato ruolo eziologico di altri farmaci (de-nosumab e farmaci con attività antiangiogenetica) e dell’as-sodata esistenza di quadri clinici correlabili a ONJ anche se non clinicamente evidenti (come l’osso necrotico esposto), la stessa AAOMS ha rimodulato nel 2014 il nome (da BRONJ a MRONJ) e la precedente definizione in favore della seguente: “presenza di osso necrotico o di fistola intra/extra-orale nel distretto maxillo-facciale per più di 8 settimane in pazienti in terapia con farmaci anti-riassorbitivi e con attività anti-an-giogenetica, mai sottoposti a radioterapia dei mascellari (te-sta-collo)”. Nessuna variazione è stata invece apportata al-la stadiazione esistente, lasciando la presenza dello “stadio 0” (AAOMS, 2014). Tuttavia, alla luce delle progressive cono-scenze diagnostiche acquisite negli anni, già a partire dalla prima definizione di BRONJ cominciarono a essere formula-te critiche sulla sua reale efficacia e applicazione clinico-tera-peutica e di farmacovigilanza19, di seguito sintetizzate: • in primo luogo, l’accertata esistenza di numerosi e vari se-

gni clinici precoci, seppure aspecifici (ad esempio tumefa-zioni, ascessi, mobilità dentale, alitosi), di ONJ anche in as-senza di esposizione di osso necrotico (conditio sine qua non della definizione dell’AAOMS) e/o di fistola intra/extra-o-rale (successivamente contemplata, nella definizione del 2014, dopo le numerose segnalazioni di ONJ senza esposizione os-sea);

• secondariamente, la necessità di un inquadramento radiologi-co della patologia a mezzo di indagini specifiche14,20,21.

A livello nazionale, tali problematiche hanno motivato una Commissione di esperti, selezionata dai Direttivi della Società Italiana di Chirurgia Maxillo-Facciale (SICMF) e della Società Italiana di Patologia e Medicina Orale (SIPMO), ad avvalersi delle più recenti conoscenze della letteratura internazionale sull’argomento e di valutare l’opportunità di proporre posi-zioni differenti dalla società americana, in materia di inqua-dramento diagnostico e di approccio clinico-terapeutico del-la malattia, sia in relazione ai soli BP, che (più recentemente) ai nuovi farmaci ritenuti a rischio. In seguito a un percorso iniziato nel 2011, una nuova definizio-ne di patologia è stata formulata da tale Commissione di esperti: “reazione avversa farmaco-correlata, caratterizzata dalla pro-gressiva distruzione e necrosi dell’osso mandibolare e/o ma-

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scellare di soggetti esposti al trattamento con farmaci per cui sia accertato un aumentato rischio di malattia, in assen-za di un pregresso trattamento radiante” (http://www.sipmo.it/2123-2/). L’inquadramento nosologico di ONJ così definito consente di superare le seguenti criticità emerse, nel corso degli anni, dall’utilizzo della definizione americana14:• la presenza di osso necrotico esposto (Figura 1) o di fistola in-

tra/extra orale è solo un possibile segno (spesso tardivo) di ma-lattia. Esistono altri segni - clinici e radiologici - e sintomi sug-gestivi di ONJ (oggetto di discussione del prossimo modulo didattico) anche in assenza di esposizione di osso necrotico in cavità orale (Figure 2a, b); pertanto considerare indispensabi-le il loro reperimento nei soggetti con sospetta ONJ impedisce e/o ritarda la diagnosi in un numero imprecisato di pazienti22;

• la necessità di persistenza di tali segni clinici per almeno 8 set-timane comporterebbe anche un accesso tardivo alle terapie, li-mitando in modo considerevole la loro potenziale efficacia;

• la presenza di un cosiddetto “stadio 0” di malattia, di per sé contraddittorio rispetto alla definizione americana, pone dei seri problemi di inquadramento diagnostico della stessa;

• la continua evoluzione delle conoscenze scientifiche in ma-teria sia di ruolo eziopatogenetico di altri farmaci che di fat-tori di rischio locali e sistemici impone l’acquisizione di una de-finizione che sottolinei la necessità di uno “stato di allerta” vigile anche su altre popolazioni di soggetti potenzialmente a rischio.

Per tutte queste ragioni, gli autori considerano la definizione SICMF/SIPMO più rappresentativa della reale complessità del-la malattia.

3. Farmaci implicati nella eziopatogenesi della ONJ associata a farmaco Attualmente i dati disponibili sull’ONJ associata a farmaco sono riconducibili a due principali categorie di medicamenti: • farmaci con prevalente attività anti-riassorbitiva, quali bisfo-

sfonati e denosumab (anticorpo monoclonale con attività inibi-toria sul complesso RANKL (Receptor Activator of Nuclear fac-tor-kB Ligand);

• farmaci con prevalente attività anti-angiogenetica, quali: be-vacizumab, aflibercept (inibitori del fattore di crescita endova-scolare: Vascular Endothelial Growth Factor, VEGF); sunitinib, sorafenib, cabozantinib (inibitori della tirosin-chinasi: Tyrosi-ne Kinase Inhibitors, TKIs,), everolimus e temsirolimus (inibi-tori del bersaglio della rapamicina nei mammiferi, mamma-lian Target of Rapamycin, mTOR).

Alquanto indefinito è il ruolo eziologico di altri farmaci, a prevalente attività anti-angiogenetica, quali talidomide e ana-

1. Esposizione di osso necrotico in paziente con ONJ da zolendronato per mieloma multiplo

1

2a, b. ONJ in assenza di

esposizione di osso necrotico in paziente

osteoporotica in trattamento con

alendronato. Dettaglio clinico (a)

e radiologico (b)

2a

2b

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Tabella 1. Farmaci anti-riassorbitivi associati a ONJ

Principio attivo Indicazioni Formulazioni Via di somministrazione

Amino-bisfosfonati

Acido alendronico (alendronato)

Trattamento dell’osteoporosi post-menopausaleTrattamento dell’osteoporosi negli uomini a elevato rischio di frattureTrattamento e prevenzione dell’osteoporosi indotta dai glucocorticoidi

cpr 70 mgcpr 10 mg

os

Acido alendronico (alendronato)+ colecalciferolo (vitamina D)

Trattamento dell’osteoporosi post-menopausale in pazienti che sono carenti di vitamina D e non assumono già terapia specifica

cpr 70 mg os

Acido ibandronico (ibandronato)

Prevenzione di eventi scheletrici in pazienti affetti da tumore della mammella e metastasi osseeTrattamento dell’ipercalcemia maligna

cpr 50 mgfl 6 mg/6 ml

osev

Acido ibandronico (ibandronato)

Trattamento dell’osteoporosi post-menopausale in soggetti a elevato rischio di frattura cpr 150 mgfl 3 mg/3 ml

osev

Acido neridronico (neridronato)

Trattamento dell’osteogenesi imperfetta Trattamento del morbo di Paget osseo

fl 25 mg/2 mlfl 100 mg/8 ml

ev/imev

Acido pamidronico (pamidronato)

Prevenzione degli eventi scheletrici in pazienti affetti da tumore della mammella con metastasi ossee/mieloma multiplo con lesioni osseeTrattamento dell’ipercalcemia maligna

fl 15 mg/5 mlfl 30 mg/10 mlfl 60 mg/10 ml fl 90 mg/10 ml

ev

Acido risedronico (risedronato)

Prevenzione degli eventi scheletrici nell’osteoporosi post-menopausaleTrattamento dell’osteoporosi negli uomini a elevato rischio di fratturePrevenzione di eventi scheletrici in pazienti in terapia corticosteroidea prolungata sistemica post-menopausa

cpr 35 mgcpr 5 mgcpr 75 mg

os

Acido zoledronico (zoledronato)

Prevenzione degli eventi scheletrici in pazienti affetti da tumori solidi con metastasi osseeTrattamento dell’ipercalcemia neoplasticaTrattamento del mieloma multiplo

fl 4 mg/5 ml im

Acido zoledronico (zoledronato)

Trattamento dell’osteoporosi post-menopausaleTrattamento dell’osteoporosi negli uomini a elevato rischio di fratture, compresi quelli con una recente frattura dell’anca da trauma lieveTrattamento del morbo di Paget osseo

fl 5 mg/100 ml ev

Non amino-bisfosfonati

Acido etidronico Trattamento del morbo di Paget osseo cpr 300 mg os

Acido clodronico Prevenzione e trattamento dell’osteoporosi post-menopausaleTrattamento del mieloma multiploTrattamento dell’osteolisi neoplasticaTrattamento dell’iperparatiroidismo primario

fl 300 mg/10 mlfl 100 mg/3,3 mlcps 400 mg

ev/imos

Inibitore di Receptor Activator Of Nuclear Factor-Kb Ligand (RANK-L)

Denosumab Trattamento dell’osteoporosi in donne in post-menopausa e in uomini ad aumentato rischio di fratture Trattamento della perdita ossea associata a terapia ormonale ablativa in uomini con cancro alla prostata ad aumentato rischio di fratture

fl 60 mg/ml im

Denosumab Prevenzione di complicazioni scheletriche in adulti con tumori solidi diffusi alle ossa fl 120 mg 1,7 ml

im

Legenda. os: via orale; ev: via endovenosa; im: via intramuscolare

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Principi attivi, indicazioni terapeutiche, formulazioni e vie di somministrazione sono elencati nelle tabelle 1 e 2.

3a. Farmaci anti-riassorbitivi3aa. BisfosfonatiI bisfosfonati (BP), comunemente detti anche bifosfonati o difo-sfonati, figurano attualmente tra i 20 farmaci più prescritti al mondo e sono usati dal 1960 per il trattamento di diverse condi-zioni patologiche che coinvolgono il sistema scheletrico. Sono degli analoghi sintetici dei pirofosfati inorganici, con un atomo di carbonio centrale al posto dell’ossigeno e due catene fosforiche legate (Figura 3). Proprio a causa di tale sostituzione nell’asse principale della molecola, i bisfosfonati sono più stabili e completamente resi-stenti alla scissione idrolitica. A ciò consegue il loro accumulo

loghi (lenalidomide e pomalidomide), ampiamente utilizza-ti nel trattamento di pazienti con mieloma multiplo, frequen-temente già in terapia con BP, e di conseguenza già a rischio per ONJ16.Esistono in letteratura anche recentissime segnalazioni di ONJ in pazienti con patologia sia oncologica che osteometabolica, in trattamento con altri farmaci, diversi da quelli sopra riportati (ad esempio anastrazolo, ipilimumab, romosozumab)23, e si ri-tiene che la lista di medicamenti possibilmente implicati nell’e-ziopatogenesi di ONJ tenderà progressivamente ad aumenta-re nel corso degli anni, sia per l’incremento dell’aspettativa di vita di tali soggetti che per la migliore definizione delle tecni-che diagnostiche di ONJ. Di seguito si procederà unicamente al-la trattazione dei farmaci precedentemente elencati e per i quali esistono dati epidemiologici più consistenti.

Tabella 2. Farmaci con attività anti-angiogenetica associati a ONJ

Principio attivo Indicazioni Formulazioni Via di somministrazione

Inibitori di tirosin-chinasi (TKI)

Sunitinib Trattamento del carcinoma a cellule renali (RCC)Trattamento dei tumori stromali gastrointestinali (GIST) Trattamento del tumore primitivo ectodermale (pNET)

cps 12,5 mgcps 25 mgcps 37,5 mgcps 50 mg

os

Sorafenib Trattamento dell’epatocarcinoma (HCC)Trattamento del carcinoma a cellule renali (RCC)

cps 200 mg os

Cabozantinib Trattamento del carcinoma midollare della tiroideTrattamento del carcinoma a cellule renali (RCC)

cps 20 mg cps 80 mg

os

Inibitori di Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF)

Bevacizumab Trattamento del carcinoma mammario metastaticoTrattamento del carcinoma colon-rettale metastatico (mCRC)Trattamento del carcinoma polmonare a piccole cellule (NSCLC)Trattamento del glioblastoma Trattamento del carcinoma renale metastatico (mRCC)

fl 25 mg/ml

ev

Aflibercept Trattamento del carcinoma colo-rettale metastatico (MCRC) fl 8 ml 200 mg 25 mg/ml

ev

Inibitori di mammalian Target of Rapamycin (mTOR)

Everolimus Trattamento del carcinoma mammario metastaticoTrattamento del carcinoma a cellule renali (RCC)Trattamento di tumori neuroendocrini di origine pancreatica

cps 2,5 mg cps 5 mgcps 10 mg

os

Temsirolimus Trattamento del carcinoma avanzato a cellule renali (RCC)Trattamento del linfoma a cellule mantellari

1 fl 30 ml + 1 fl da 1,8 ml ev

Legenda. os: via orale; ev: via endovenosa; im: via intramuscolare

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nati non contenenti gruppi amminici.Lo zoledronato e il risedronato vengono considerati tra i più potenti BP24, grazie alla presenza, nel radicale R2, dell’anel-lo eterociclico dell’atomo di azoto; l’ibandronato, che contiene frazioni di azoto a livello del radicale R2, risulta a sua volta più potente sia dell’alendronato che del pamidronato.L’azione farmacologica dei BP si traduce nella capacità di ta-li composti di legarsi stabilmente alla componente minerale del tessuto osseo e contemporaneamente di interagire con i si-ti cellulari coinvolti nei processi fisiologici di rimodellamento os-seo e in particolare con gli osteoclasti. Sebbene vi siano delle differenze tra le varie tipologie di BP in termini di efficacia e di emivita del farmaco, le azioni farmacolo-giche di tale classe di farmaci possono essere così riassunte25-29:• attività anti-riassorbitiva su metabolismo osseo, mediante in-

duzione dell’apoptosi osteoclastica a seguito del rilascio del BP da parte dell’idrossiapatite all’inizio del processo di riassorbi-mento; inibizione della differenziazione osteoclastica; produzio-ne di fattori inibenti gli osteoclasti da parte degli osteoblasti;

• controllo delle metastasi ossee e riduzione dell’attività delle cellule tumorali; tali attività dipendono probabilmente dalla riduzione della prenilazione proteica che conduce all’interru-zione di ogni attività intracellulare e dalle alterazioni del mi-

croambiente causate dalla riduzione del processo di riassorbimento; i BP, inoltre, ri-ducono l’adesione, l’invasione e la diffusio-ne delle cellule tumorali e possono attivare le cellule T con attività anti-neoplastica;• attività anti-neoangiogenetica; in vitro è stato osservato come l’acido zoledronico, il più potente tra gli amino-BP, sia in grado di inibire i processi angiogenetici mediati dal fattore di crescita fibroblastico, di in-durre l’apoptosi delle cellule endoteliali e di ridurre i livelli del fattore di crescita en-doteliale vascolare (VEGF).Inoltre, i non amino-BP e gli amino-bisfo-sfonati hanno differenti meccanismi d’a-zione. I non amino-BP sono metabolizza-ti all’interno degli osteoclasti e della linea cellulare da cui derivano (monociti, ma-crofagi) in un analogo non idrolizzabile dell’ATP. Queste molecole sono metaboli-camente incorporate negli osteoclasti co-me analoghi dell’ATP provocando un de-ficit energetico della cellula. Questa classe di BP causa la morte immediata dell’osteo-

nel tessuto osseo e la loro emivita estremamente lunga. Inoltre, l’atomo di carbonio a sua volta è legato a due catene R1 e R2; il sostituto idrossilico in R1 è responsabile dell’affinità del farmaco per l’idrossiapatite, mentre la presenza di un atomo di azoto in R2 è responsabile della potenza dello stesso. In base alla presenza/assenza nella catena R2 di un gruppo amminico, i bi-sfosfonati vengono distinti in due classi farmacologiche, gli ami-no-bisfosfonati (Nitrogen-containing Bisphosphonates, NBP), tra cui zoledronato, pamidronato, alendronato, risedronato, iban-dronato, neridronato, e i non-aminobisfosfonati (non NBP), come clodronato, tiludronato ed etidronato (Figura 4).Gli amino-bisfosfonati hanno maggiore affinità per l’osso e una potenza da 10 a 1000 volte maggiore rispetto ai bisfosfo-

3

PO O

Pirofosfato inorganico Bisfosfonato

P

HO OH

HO OH

O PO O P

HO OH

HO OH

O

R1

R2

3. Struttura molecolare di pirofosfato e bisfosfonato a confronto

PO O

Pirofosfato

Bisfosfonato

Etidronato Clodronato

NON AMINO-BIFOSFONATI (non NBP)

Tiludronato

P

HO OH

HO OH

Cl

SP

P

O

PO O P

HO OH

HO OH

O

R1

R2

H

O-O

O

O-

O-O-

ClP

P

Cl

O-O

O

O-

O-O-

P

P

OH

O-O

O

O-

O-O-

Resedronato

P

P

OH

O-

N

O

O

O-

O-O-

Zoledronato

P

P

OH

O-O

O

O-

O-O-

Pamidronato Alendronato

AMINO-BIFOSFONATI (NBP)

Ibandronato

P

P

OHH2N

O-O

O

O-

O-O-

P

P

OHH2N

O-O

O

O-

O-O-

N

N

P

P

OHN

O-O

O

O-

O-O-

4. Struttura molecolare dei vari BPs

4

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clasta. Gli amino-bisfosfonati, invece, inibiscono un enzima che catalizza la biosintesi degli steroli (colesterolo) dal mevalonato; in particolare la formazione di questi gruppi isoprenilici compor-ta la mancata prenilazione di diverse classi di proteine che svol-gono un ruolo fondamentale nel mantenimento del ciclo vitale cellulare (morfologia cellulare, proliferazione cellulare, trasdu-zione di segnali ecc.). Le modificazioni biochimico-funzionali e morfologiche che ne conseguono comportano, come effetto fina-le, una più rapida morte cellulare programmata (apoptosi cellu-lare) (Figura 5).Per le caratteristiche sopra riportate i BP, e primariamente gli NBP, rappresentano la terapia di elezione nel trattamento di varie patologie ossee: in particolare essi si sono dimostrati efficaci nel ridurre l’incidenza di eventi scheletrici in pazienti affetti sia da patologia oncologica ed ematologica (ipercalcemia maligna, mie-loma multiplo, metastasi ossee da tumori solidi di varia origine come carcinoma mammario30,3, prostatico e renale) sia da pato-logie osteometaboliche benigne, come l’osteoporosi e il morbo di Paget, condizioni caratterizzate da un’elevata fragilità scheletri-ca per l’alterato turnover osseo. Negli ultimi tempi il loro campo d’azione si è allargato anche alla prevenzione e alla terapia dell’osteoporosi e dell’osteopenia32 pri-maria o secondaria a trattamenti farmacologici (ad esempio con corticosteroidi). Da un punto di vista strettamente farmacocinetico, circa il 30-70% della dose di farmaco somministrata per via endovenosa vie-ne captato molto rapidamente a livello osseo nei siti di rimodella-mento (aree a elevato turnover); qualora i BP, e soprattutto gli NBP, vengano assunti per via orale, la quota che riesce a raggiungere il tessuto osseo è pari a una percentuale variabile dall’1% al 10%. Variabili da tenere in considerazione, e che comunque possono comportare modificazioni di tipo sia farmacocinetico che far-macodinamico, sono: la funzionalità renale, la tipologia degli NBP, la via di somministrazione, il grado di turnover cellulare osseo, la dose e il regime terapeutico. Di fatto, nei soggetti af-fetti da patologie che inducono alterazioni del rimodellamento osseo ai quali vengono somministrate per brevi periodi per via orale basse dosi di non-amino BP, si osserverà una minore quo-ta di farmaco captato a livello osseo e una maggiore quota cir-colante/escreta33. L’emivita circolante degli NBP, somministrati sia per via endovenosa che per via orale, varia tra circa mezz’o-ra a un massimo di due ore, dimostrando il loro rapido up-take a livello osseo, dove si accumulano. La capacità dello scheletro umano di assorbire e ritenere gli NBP è molto elevata e la satu-razione dei siti di legame è praticamente impossibile, specie al-le dosi usate per il trattamento dell’osteoporosi34.Gli NBP, come sappiamo, si concentrano principalmente a livel-

lo delle ossa mascellari ed è stato stimato come un uso di acido zoledronico per 4 anni a una dose di 4 mg al mese sia riscon-trabile nello scheletro umano a una concentrazione media di 70 nmol/mL, mentre nelle ossa mascellari questa può essere addi-rittura due o tre volte maggiore35.È stato osservato che l’accumulo degli NBP nel tessuto osseo non è associato a un effetto cumulativo sul turnover osseo e, sebbene in una forma “non attiva”, permangono a livello del tessuto osseo per un lungo periodo di tempo anche dopo inter-ruzione della terapia (ad esempio fino a 10 anni per quanto ri-guarda l’alendronato); le molecole di farmaco vengono letteral-mente seppellite dalla matrice ossea neoformata, almeno fino all’insorgenza di un nuovo processo di rimodellamento che ne potrà permettere la mobilitazione. Lo studio degli effetti di una terapia, in relazione alle dosi e al-la durata della somministrazione, e la comparsa di eventuali ef-fetti indesiderati costituiscono il profilo di sicurezza di un farma-co il quale valuta la tollerabilità alla terapia da parte dei singoli organi. Il profilo di sicurezza dei BP è relativamente buono, sal-vo alcuni casi di insufficienza renale acuta che sono riportati co-me dose- e tempo di infusione-dipendenti e che sono fronteggiati con modificazioni dei dosaggi (nel caso di innalzamenti relativa-mente elevati dei livelli sierici di creatinina). Altri effetti avversi, oltre la tossicità renale, sono: esofagiti, reazioni simil-influenza-li, tossicità oculari e osteonecrosi delle ossa mascellari. Questo ultimo effetto è stato inizialmente descritto nei pazien-ti sottoposti a somministrazione endovenosa di pamidronato e acido zoledronico per il trattamento delle metastasi ossee da carcinoma mammario o prostatico e del mieloma multiplo. Tut-tavia, in un numero sempre più crescente di casi, dal 2005 a og-gi, tale effetto è riportato in pazienti sottoposti alla sommini-strazione orale di NBP per il trattamento dell’osteoporosi e del morbo di Paget36-39.Attualmente allarmi sul rischio di ONJ, divulgati da AIFA, ri-guardano tutti gli NBP e due non NBP, ovvero acido clodronico (indicato per il trattamento del mieloma multiplo) e acido eti-dronico (indicato per il trattamento del morbo di Paget e delle lesioni osteolitiche da metastasi ossee).Nella maggior parte dei casi, l’osteonecrosi da bisfosfonati si manifesta nelle fasi iniziali con un ritardo nella guarigione del-le ossa mascellari in seguito a un intervento di chirurgia ora-le, soprattutto in pazienti con altri fattori di rischio, sistemici o locali (ad esempio patologia infiammatoria dento-parodonta-le)40-41. A oggi, i BP rappresentano la principale categoria di far-maci associata a ONJ per le già citate attività farmacologiche, sebbene non esista un modello univoco di patogenesi della pato-logia BP-relata.

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espresso sia sulle cellule progenitrici degli osteoclasti (mono-citi), sia sugli osteoclasti maturi. L’interazione del RANKL con il RANK determina la differenziazione, la funzionalità e la so-pravvivenza degli osteoclasti. L’osteoprotegerina (OPG), invece, è una citochina solubile prodotta dagli osteoblasti, struttural-mente simile al RANK e agisce da recettore solubile decodifica-tore per il RANKL, prevenendone il legame con il RANK attra-verso un meccanismo di competizione recettoriale e, di fatto, bloccandone le attività biologiche. Il blocco dell’interazione tra RANKL e RANK inibisce la diffe-

3ab. DenosumabIl denosumab è un anticorpo monoclonale umano di tipo IgG2 che viene prodotto da una linea di cellule ovariche di criceto ci-nese mediante tecnologia del DNA ricombinante. È un farmaco anti-riassorbitivo e il suo meccanismo d’azione si basa su un le-game ad alta affinità con la proteina RANK-L (Receptor Activa-tor of Nuclear factor-kB Ligand) che viene prodotta dagli oste-oblasti a seguito di numerosi stimoli, fra cui ormoni, citochine e fattori di crescita. Il RANKL è in grado di legarsi a un recet-tore specifico RANK (Receptor Activator of Nuclear factor-kB)

5

5. Diagramma schematico della via enzimatica del mevalonato (modificata da: Coxon, Thompson et al., 2006)

3-Idrossil-3-metilglutaril-CoA(HMG-CoA)

Mevalonato

Fosfomevalonato

HMG-CoA reduttasi

Mevalonato fosfotransferasi

Mevalonato difosfato

Fosfomevalonato chinasi

Isopentenil difosfatoDimetilallil difosfato AMP Apppi+

+

Mevalonato PP decarbossilasiIsopentil PP isomerase

StatineX

Geranyl difosfato

Farnesil PP sintetasi NBPsX

GGTI-298

X

Farnesil difosfato(FPP)

Geranilgeranil difosfato(GGPP)

Isopentenil PP + Farnesil PP sintetasi

Squalene sintetasi

Geranilgeranil sintetasi

Squalene

Farnesil transferasi

GG transferasi

3-PEHPC

X

Rab GG transferasi

GTPasifarnesilate

Rho-GTPasigeranilgeranilate

Rab GTPasigeranilgeranilate

Colesterolo

NBPsX

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renziazione, la funzionalità e la sopravvivenza degli osteocla-sti, riducendo in tal modo la loro funzionalità, il riassorbimen-to osseo e incrementando la massa, il volume e la resistenza dell’osso (corticale e trabecolare). Il denosumab imita la funzio-ne della molecola endogena OPG, impedendo l’interazione tra RANKL e RANK. Il suo meccanismo d’azione è quindi diverso da quello dei bisfosfonati, in quanto agisce sui precursori degli osteoclasti, impedendone la formazione. L’emivita del farmaco è di circa 25-32 giorni.A partire da giugno 2010 è stato approvato il suo utilizzo per il trattamento dell’osteoporosi in donne in post-menopausa ad aumentato rischio di fratture; successivamente, nel mese di no-vembre dello stesso anno, è stato indicato, a un dosaggio su-periore, per la prevenzione delle complicanze scheletriche da metastasi ossee, in pazienti con patologia oncologica. Diver-se sperimentazioni cliniche hanno dimostrato che il denosu-mab possiede un profilo di sicurezza paragonabile a quello dei BP e una efficacia terapeutica sovrapponibile in termini di pre-venzione di perdita ossea in tutte quelle condizioni di osteope-nia primaria o di osteopenia secondaria a patologia neoplastica e/o a trattamenti farmacologici (ad esempio corticosteroidi, anti-tumo-rali). Attualmente, il denosumab viene quindi utilizzato nel tratta-mento di:• osteoporosi in donne in post-menopausa ad aumentato rischio di

fratture;• perdita ossea associata a terapia di deprivazione androgenica in

uomini con cancro alla prostata ad aumentato rischio di fratture;• perdita ossea associata a ormonoterapia (inibitori dell’aromatasi

e altri farmaci) in donne in trattamento adiuvante per carcino-ma della mammella;

• prevenzione di complicazioni a carico dell’apparato scheletrico in adulti con tumori solidi con metastasi ossee;

• trattamento di pazienti con tumore a cellule giganti dello scheletro. A oggi, non è stato autorizzato l’utilizzo di denosumab nel tratta-mento del mieloma multiplo.Il protocollo terapeutico a seconda del tipo di patologia di base è il seguente: • osteoporosi: 60 mg sottocute ogni sei mesi.• metastasi ossee da patologie oncologiche: 120 mg sottocute ogni

4 settimane.Ovviamente questi protocolli possono subire variazioni in relazio-ne alla obiettività clinica e soggettività terapeutica di ogni singo-lo paziente.In merito alla relazione tra ONJ, il primo case report, pubblicato da Taylor e collaboratori, risale al 201042, su un paziente con carcinoma prostatico, mai sottoposto a BP. Clinicamente il paziente presenta-va un’ulcera con esposizione ossea di circa 3 cm a livello del IV se-

stante (versante linguale) e riferiva la comparsa di pus e dolore da circa due mesi. Da allora sono stati descritti in letteratura diversi ca-si, su pazienti sia con patologia oncologica che con patologia osteo-metabolica43. Il rischio di insorgenza risulta essere dose-dipendente; infatti ONJ è molto più frequente nei pazienti oncologici rispetto ai pazienti osteometabolici, con tassi di frequenza riportati negli studi pari a 0,7-1,9% e 0,04%, rispettivamente. L’incidenza di ONJ sembrerebbe maggiore, sebbene in maniera non statisticamente significativa, nei soggetti trattati con denosumab ri-spetto a quelli esposti ad acido zoledronico (1,8% vs 1,3), con una comparsa dell’evento avverso entro i primi due anni di trattamento (tempo medio di trattamento prima dell’esordio di ONJ: 14 mesi)44.

3b. Farmaci con attività anti-angiogenetica3ba. Inibitori del VEGFIl VEGF è uno dei principali fattori di crescita responsabile dell’an-giogenesi tumorale, cioè del processo di crescita dei vasi sangui-gni che alimentano la neoplasia. Gli inibitori recettoriali di VEGF sono in grado di ostacolare lo sviluppo della rete di vasi sangui-gni che consente al tumore di alimentarsi e, di conseguenza, con-tribuiscono ad arrestare la crescita tumorale e potenziare l’effetto della chemioterapia.

3baa. Bevacizumab. Anticorpo monoclonale, prodotto mediante la tecnica del DNA ricombinante, costituito per il 93% da frammenti di IgG umane, che sono fondamentali per limitarne l’immunoge-nicità e per incrementarne l’emivita e, per il 7%, da regioni di de-rivazione murina, che contengono il sito di legame per l’antigene. Si lega al VEGF, impedendo a quest’ultimo di legarsi ai suoi recet-tori (VEGFR-1 e VEGFR-2), sulla superficie delle cellule endoteliali. Così neutralizzato, il VEGF non attiva i suoi recettori e impedisce quindi il processo di neo-angiogenesi. Bevacizumab in associazione con altri chemioterapici è stato ap-provato per il trattamento di: carcinoma colon-rettale, mammario, polmonare non a piccole cellule, ovarico, della cervice uterina e re-nale (in stadi avanzati, metastatici e recidivanti); glioblastoma; ma-culopatia degenerativa senile (in monoterapia e modalità off label).Dal 2008 sono stati segnalati numerosi casi di ONJ in pazienti trat-tati con bevacizumab, sia in monoterapia che in associazione con BP. In letteratura casi di ONJ dopo la sola esposizione a bevacizu-mab sono stati riportati in pazienti affetti da tumori del colon-ret-to, della mammella, del polmone, della ghiandola parotide e del rene e in un paziente con maculopatia degenerativa senile, do-po somministrazione intravitreale45,46. Uno studio retrospettivo su una vasta popolazione di pazienti con tumore mammario ha rive-lato un rischio di ONJ estremamente basso dopo monoterapia con bevacizumab (0,3-0,4%) rispetto alla combinazione di bevacizu-

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mab e BP (0,9-2,4%)45. Tuttavia, è importante sottolineare che, in questa analisi sono stati considerati solo casi di ONJ con una visi-bile esposizione ossea e i follow-up mediani sono stati condotti in un intervallo temporale piuttosto ristretto (10-19 mesi).Relativamente alle caratteristiche cliniche e prognostiche di ONJ as-sociata a bevacizumab, in confronto alla ONJ da BP, i dati sono di-scordanti. Secondo alcuni autori, non sussistono sostanziali diffe-renze47, mentre secondo altri il bevacizumab esporrebbe i pazienti a un rischio di ONJ più precoce, in assenza di fattori precipitanti (trigger) e con una maggiore predilezione per l’osso mandibolare48.

3bab. Aflibercept. Chiamato anche “VEGF-trap”, è un recettore solubile, prodotto in laboratorio mediante tecnologia del DNA ri-combinante e di captazione, che lega il VEGF-A con un’affinità maggiore di quella dei recettori nativi. Con questo meccanismo, aflibercept impedisce il legame dei ligandi endogeni e l’attivazione dei recettori VEGF; ne conseguono l’inibizione della proliferazione di cellule endoteliali e della neo-angiogenesi tumorale. Attualmente aflibercept è approvato per il trattamento del car-cinoma colo-rettale, ma sono in corso sperimentazioni per va-lidare la sua efficacia anche in altre neoplasie. Aflibercept sem-brerebbe potenzialmente in grado di determinare ONJ. I pochi dati presenti in letteratura sono estra-polati da database di organismi di farmacovi-gilanza e da studi di sperimentazione del far-maco (studio VELOUR49, in cui la metà dei pazienti segnalati erano stati trattati anche con BP). Tuttavia, dato che in futuro aflibercept sarà un farmaco frequentemente somministra-to ai pazienti con carcinoma al colon (i quali, comunemente risultano parzialmente pre-trat-tati con bevacizumab), è prevedibile che si re-gistrerà un numero maggiore di casi di ONJ in tale categorie di pazienti.

3bb. Inibitori delle tirosin-chinasi Gli inibitori delle tirosin-chinasi (TKIs) costituiscono una classe di piccole molecole che agiscono mediante un’inibizione del domi-nio chinasico recettoriale di numerose forme mutate di proteinchi-nasi. Sono farmaci con effetti differenziati: bloccano la crescita del tumore e inibiscono l’angiogenesi attraverso meccanismi multi-tar-get. Un gran numero di TKI sono stati registrati come farmaci atti-vi e autorizzati per il trattamento del carcinoma renale, del tumore stromale gastrointestinale (Gastro Intestinal Stromal Tumors, GIST) e di altri tumori (ad esempio tumori tiroidei, tumori neuroendocrini ecc.); tuttavia, sono in via di valutazione studi di fase II e di fase III del farmaco in varie altre patologie oncologiche. I dati disponibili su

ONJ e TKI riguardano prevalentemente il sunitinib (e in misura mi-nore sorafenib, regorafenib, cabozantinib), anche se nessuno in trial clinici adeguatamente condotti. Isolati case report riportano l’evento avverso in pazienti con carcinoma renale e con carcinoma tiroideo in monoterapia rispettivamente con sunitinib e cabozantinib; men-tre sia per le stesse molecole che per altri TKIs la maggior parte delle segnalazioni coinvolge pazienti con pregressa o concomi-tante somministrazione di BP23.

3bc. Inibitori di mTORGli inibitori di mTOR sono utilizzati sia come agenti immuno-soppressivi che come farmaci antitumorali. La loro sommini-strazione è autorizzata per il trattamento del carcinoma rena-le, della mammella e del tumore neuroendocrino del pancreas e per la prevenzione del rigetto d’organo50. Il loro potenziale ruo-lo nell’insorgenza di ONJ sarebbe da ricondurre alle loro attivi-tà di alterazione del segnale VEGF mediato. Anche per questa categoria di farmaci si riportano sporadiche segnalazioni e stime di incidenza relativamente basse. Relativa-mente alle prime, solo per temsirolimus è stato osservato un caso di ONJ in un paziente con carcinoma renale mai trattato con al-tri farmaci a rischio. Altri due casi sono stati segnalati in pazienti

sottoposti a trattamento concomitante con su-nitinib e bevacizumab. Relativamente a evero-limus, indicato per il trattamento dei carcino-mi renale e mammario avanzati, in letteratura vi sono pochi casi di ONJ e tutti in pazienti in trattamento (simultaneo o sequenziale) con BP. L’efficacia terapeutica di everolimus è stata più recentemente indagata anche in donne con carcinoma mammario (studio BOLERO-2), in cui ONJ è stata osservata in 2 casi su 482 pa-zienti nel gruppo sperimentale (everolimus ed exemestane) e in 1 caso su 238 nel gruppo di controllo (solo exemestane); solo 1 dei 3 pa-zienti era stato pretrattato con BP51.

Contribuisce a rendere il quadro ancora più ambiguo anche l’e-terogeneità di effetti collaterali di tale farmaco a livello del cavo orale. Uno dei più frequenti è rappresentato da lesioni “simil afto-siche” genericamente definite “stomatiti” e spesso riferite anche a tumefazioni gengivali e/o dolori mandibolari aspecifici.Tali segni e sintomi potrebbero essere assimilabili a stadi preco-ci di ONJ e il loro mancato inquadramento diagnostico potreb-be portare a una sottostima delle segnalazioni di ONJ da everoli-mus. Pertanto sono raccomandate osservazioni più attente sugli effetti collaterali orali in pazienti che sono trattati con tale farma-co (con/senza BP o denosumab), per evitare diagnosi ritardate o

Mancano in letteratura dati prospettici derivanti da indagini metodologicamente condotte (ad esempio popolazioni opportunamente definite, lunghi periodi di follow-up)

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mancate di ONJ. In conclusione, oltre ai già noti BP, fattori eziolo-gici della nota entità patologica BRONJ, esistono diverse categorie di farmaci che, attraverso proprietà anti-riassorbitive e/o an-ti-angiogenetiche, possono contribuire all’insorgenza di tale evento avverso. A oggi, non esistono dati univoci e sufficienti a definire meglio la possibilità che l’ONJ a essi correlata mo-stri una storia clinica essenzialmente diversa da quella – già eterogenea – di BRONJ (ad esempio necessaria presenza di in-fezioni ricorrenti, decorso auto-limitante dopo trattamento an-tibiotico e sospensione del farmaco, minore ampiezza clinica delle lesioni). Tuttavia, l’utilizzo di definizioni meno esclusi-ve e di percorsi di inquadramento eziopatogenetico (e quindi anamnestico), clinico e radiologico più accurati, contribuirà a fornire maggiore chiarezza nel prossimo futuro. Tali aspetti saranno ampiamente affrontati nel successivo modulo di que-sto corso monotematico.

4. Principi di epidemiologia correlati all’ONJ associata a farmacoI dati riguardanti l’epidemiologia dell’osteonecrosi associata a farmaco sono a oggi incerti a causa della inconsistenza e delle li-mitazioni degli studi disponibili. L’incidenza della patologia è an-cora ignota e mancano in letteratura dati prospettici derivanti da indagini metodologicamente condotte (ad esempio popolazioni opportunamente definite, lunghi periodi di follow-up). Rende il quadro più incerto anche l’obiettività di una confusa ca-pacità discriminativa, riportata nei vari studi, tra incidenza (nuo-vi casi in una popolazione in una unità di tempo, ad esempio un anno), prevalenza (presenza di casi in una determinata popola-zione a un determinato momento) e frequenza (numero di casi osservati in una popolazione esposta), con conseguente difficol-tà di rilevamento del rischio potenziale per una specifica catego-ria di soggetti. Fatte queste necessarie premesse, prima di fornire una disami-na dei dati epidemiologici attualmente disponibili, dobbiamo in-nanzitutto definire i gruppi e i sottogruppi di popolazioni a ri-schio di ONJ, in relazione al farmaco, o ai farmaci, a cui sono esposti, ovvero alle indicazioni terapeutiche correlate alla pato-logia di base per cui sono prescritti, e alla tipologia di farmaco. Per quanto riguarda le indicazioni terapeutiche, distinguiamo due categorie di popolazioni a rischio: • pazienti affetti da patologie oncologiche con interessamen-

to del sistema scheletrico (ad esempio carcinomi solidi con metastasi ossee, mieloma multiplo, concomitante osteopo-rosi sia primaria che secondaria);

• pazienti affetti da patologie osteometaboliche (ad esempio osteoporosi, malattia di Paget).

Relativamente al tipo di medicazione, i dati epidemiologici di-sponibili fanno riferimento a due fondamentali classi di far-maci: BP e non-BP (denosumab e farmaci a prevalente attivi-tà anti-angiogenetica).In generale, i pazienti oncologici in terapia con farmaci ONJ-relati presentano una maggiore frequenza, incidenza e prevalenza di ONJ in quanto sono esposti a una inibizione maggiore dell’attività osteoclastica rispetto ai pazienti con al-tre patologie.Nell’ultimo position paper dell’AAOM del 201412, sono riporta-ti i dati riguardanti la frequenza di ONJ relativamente al tipo di malattia di base (neoplasie vs osteoporosi) e al tipo di far-maco somministrato. Il rischio appare maggiore per i pazienti esposti ad acido zoledronico (0,7%-6,7%) e a denosumab (0,7-1,9%) per malattia oncologica metastatica, risultando da 50 a 100 volte più elevato rispetto a quello rilevato nella popolazio-ne di pazienti trattata con placebo52. Anche Khan e collabora-tori nella loro revisione sistematica della letteratura definisco-no per i pazienti in terapia con BP ev un’incidenza compresa tra 0 e 12,222 per 100.000 pazienti/anno; mentre per i pazien-ti in terapia con denosumab l’incidenza varia tra 0 e 2,316 su 100.000 pazienti/anno52; tale revisione è, tuttavia, oggetto di numerose critiche54. È importante inoltre sottolineare che le percentuali relativamente basse di frequenza (1-2%) descritte negli studi selezionati in queste due revisioni sono inferiori ri-spetto a quelle riportate in case series e altri studi monocentri-ci condotti su pazienti oncologici esposti a BP pubblicati dopo il 2003 (dove tale percentuale raggiunge il 10%)55. Si ritiene che tale discrepanza sia riconducibile a vari fattori responsabili di una sottostima di frequenza della ONJ, fattori già precedentemente anticipati e di seguito sintetizzati:• uso di definizione e di classificazione di ONJ troppo restrit-

tive (come quelle raccomandate dall’AAOMS nel 2009 e nel 2014): per stessa ammissione degli autori degli studi, il nu-mero dei pazienti con segni e/o sintomi sospetti di ONJ (de-finiti “ONJ potenziale”) erano più del triplo dei casi effet-tivamente riconosciuti come ONJ (“adjudicated”) secondo i criteri dell’AAOMS;

• bias di selezione delle popolazioni investigate (ad esempio solo pazienti con un adeguato stato di salute orale, di fatto non rappresentativi della popolazione reale);

• periodo di monitoraggio dei pazienti troppo breve (che ri-duce la possibilità di riconoscere casi a più lunga latenza ed esordio tardivo);

• presentazione dei dati solo sotto forma di frequenza puntuale (ad esempio: 1 caso su 100 trattati) e non di incidenza cumula-tiva (che è un indice più affidabile di rischio nel tempo per un

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singolo soggetto; ad esempio: rischio di 1% a 1 anno, 3% a due anni, 5,5% a tre anni ecc.).

In sintesi, la frequenza di ONJ riportata in pa-zienti oncologici in terapia con BP ev oscilla, nella maggior parte delle casistiche, tra lo 0% e il 6,7% (con picchi che arrivano al 17%); men-tre per i pazienti in terapia con denosumab è compresa tra lo 0,7% e l’1,7%56.Fra i pazienti esposti a bevacizumab, la fre-quenza di ONJ riportata è pari allo 0,2% (20 casi per 10.000 pazienti a rischio)45. Tale per-centuale tenderebbe ad aumentare (0,9%) nei pazienti esposti sia a bevacizumab che a zoledronato. Relativamente agli altri farmaci a target molecolare (TKIs, inibitori di mTOR), ulterio-ri studi randomizzati e prospettici sono necessari per definire percentuali epidemiologiche adeguate correlate al rischio di in-sorgenza di ONJ. Per quanto concerne i pazienti non oncologi-ci, sebbene il rischio di ONJ sia notevolmente inferiore a quello dei pazienti con patologia neoplastica, data la maggiore preva-lenza delle patologie osteometaboliche (ad esempio osteoporo-si) nella popolazione e la diffusione dei farmaci anti-riassorbi-tivi (sia a scopo preventivo che terapeutico), la numerosità dei casi di ONJ è in netta crescita nell’arco dell’ultimo decennio57. Tra i pazienti osteoporotici che assumono BP per os (alendrona-to e risedronato), la prevalenza varia tra lo 0% e lo 0,4% con pic-chi che arrivano allo 0,21% fra i pazienti in trattamento da più di 4 anni. Per quanto riguarda l’incidenza, i valori sono compre-si tra lo 0,001% e lo 0,15%, nella popolazione di pazienti annual-mente esposti a BP per os e definiti, fin dalle prime segnalazio-ni, “a maggior rischio” di ONJ (specialmente in presenza di altri fattori di rischio locali o sistemici, come la presenza di malattia dento-parodontale e/o di artrite reumatoide)13. Tuttavia, accanto a tali categorie di soggetti, vi sono altri sotto-gruppi su cui focalizzare l’attenzione: in particolare i pazienti con patologia osteometabolica trattati con BP ev (zoledronato e ibandronato) o con denosumab, sebbene con formulazioni dif-ferenti e dosaggi minori rispetto a quelli utilizzati per i pazien-ti oncologici. Per dovere di trattazione, riportiamo i dati di una recentissima task force della ASBMR (American Society for Bo-ne and Mineral Research)57 secondo la quale i dati di incidenza di ONJ in pazienti osteoporotici apparirebbero addirittura mi-nori rispetto a quelli della popolazione generale non esposta a BP (da 0,001% a 0,01% vs 0,3%). Abbiamo modo di ritenere che tali report siano il risultato di un evidentemente bias metodo-logico di selezione degli studi. Già in passato, Otto e collabora-tori54 avevano rilevato delle criticità nei confronti di studi che riportavano dati di incidenza riferiti alla “popolazione genera-

le”, senza tuttavia un adeguato inquadramen-to eziopatogenetico e clinico (mediante ade-guata diagnosi differenziale con altri processi osteomielitici) delle potenziali ONJ considera-te. Inoltre, seppure senza la possibilità di calco-lare una vera incidenza (per la difficoltà di avere un denominatore affidabile), sono da segnalare dati di frequenza di ONJ notevol-mente più elevati e riportati in studi uni- o multicentrici condotti presso Centri odonto-

iatrici e di chirurgia maxillofacciale internazionali e naziona-li, oppure in report di programmi di farmacovigilanza, coin-volgenti pazienti in prevalente trattamento con BP per os (o comunque per osteoporosi). Ad esempio, in una casistica di 254 pazienti osservati in 15 grandi Centri universitari coreani, le ONJ insorte dopo assunzione di BP orali coinvolgevano il 78% della popolazione esaminata47. Dai registri di farmacovigilanza dell’AIFA, si rileva, nel pe-riodo compreso tra il 2001 e il 2009, il 18% di segnalazioni di ONJ, tutte in pazienti osteoporotici in trattamento con BP e si riportano già percentuali più elevate in riferimento al quinquen-nio successivo.

5. ConclusioniDalla disamina dei farmaci primariamente implicati e possibil-mente coinvolti nell’insorgenza di ONJ e dall’analisi dei dati epi-demiologici, estremamente variegati anche in riferimento alla mancanza di un sistema standardizzato di definizione e di classi-ficazione della patologia, si comprende che vi sono diverse popo-lazioni e sottopopolazioni caratterizzate da notevoli differenze per quanto riguarda il rischio di sviluppare la patologia. Oltre all’esposizione al farmaco o ai farmaci implicati, in manie-ra più o meno definita nell’eziopatogenesi di ONJ, esiste una va-riabilità di fattori, locali e sistemici, che aumentano la probabili-tà di sviluppare tale evento avverso. Fra questi, il tipo di patologia primaria (patologia oncologica vs patologia osteometabolica) as-sume un ruolo determinante. L’aumento delle aspettative di vita e la maggiore efficacia di strategie terapeutiche in atto o in corso di sperimentazione comporteranno nel prossimo futuro un aumento della numerosità dei casi di ONJ e, prima ancora, dei pazienti po-tenzialmente a rischio di svilupparla. Nei confronti di questi ulti-mi, vedremo nel prosieguo dei successivi moduli del corso come il medico della salute orale rivesta un ruolo determinante nell’ap-proccio preventivo sia primario (intercettazione e controllo dei fat-tori di rischio) che secondario (diagnosi clinico-radiologica preco-ce), a oggi il solo ritenuto efficace.

Oltre all’esposizione ai farmaci implicati nell’eziopatogenesi di ONJ, esiste una variabilità di fattori, locali e sistemici, che aumentano la probabilità di sviluppare tale evento avverso

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RiassuntoL’osteonecrosi delle ossa mascellari associata a farmaci è una reazione avversa che può insorgere in pazienti che assumono molecole considerate a rischio. Sebbene si tratti di una patologia relativamente recente (le prime segnalazioni risalgono al 2003), nell’ultimo decennio essa è stata oggetto di un’importante evoluzione in termini di definizione, inquadramento diagnostico e caratteristiche epidemiologiche. Il segno clinico maggiore della patologia è rappresentato dall’esposizione di osso necrotico il cui rilievo è considerato patognomonico.Tuttavia, la scoperta di segni clinici, definiti “minori” ma potenzialmente associati a stadi avanzati di malattia anche in assenza di esposizione ossea, ha condotto alla formulazione di definizioni e di sistemi

classificativi che permettono un più complesso e dinamico inquadramento diagnostico sia clinico che radiologico. Nel corso degli anni tali evoluzioni tassonomiche hanno dovuto tenere conto anche del progressivo ruolo eziologico di una sempre più ampia rosa di molecole, a partire dalle terapie con bisfosfonati fino a quelle con i nuovi farmaci biologici (ad esempio denosumab, bevacizumab).L’obiettivo di questo primo modulo didattico è quello di guidare il lettore alla comprensione della natura estremamente complessa e variegata di tale entità nosologica, partendo dalle origini fino alle più moderne definizioni della malattia e affrontando le problematiche relative alla mancata univocità epidemiologica e al ruolo dei farmaci coinvolti.

SummaryMedication related Osteonecrosis of the Jaw (ONJ) is an adverse reaction that could arise in patients exposed to different bone modifying treatments. Although it is a relative recent disease (the first case reports have been documented from 2003), in the last decade the ONJ definition, diagnosis and epidemiology have been subject to relevant developments and changes. The major clinical sign of ONJ is the presence of exposed necrotic bone in the oral cavity, which is considered pathognomonic. Still, the presence of other clinical signs, considered “minor” but potentially related to advanced stages of the pathology also in absence of bone exposure, has led to

the delineation of new definitions and staging systems in order to allow a more comprehensive clinical and radiological diagnosis. The latter took into account the progressive potential etiological role of new pharmaceutical compounds, from bisphosphonates to the new biological drugs (e.g. denosumab, bevacizumab). The aim of this first module is to elucidate the reader to the comprehension of the extreme complex nature of the pathology, from the origin to the modernist definition. Furthermore, will be discussed the reasons why there are not certain data regarding the epidemiology of the disease and we will describe the role of the ONJ-related drugs.

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CORSO ECM A DISTANZAMODULO DIDATTICO 1

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1 Quando sono stati segnalati i primi casi di ONJ da bisfosfonati?

nel biennio 2007-2008 nel 2010 nel biennio 2002-2003 nel 1935

2 “Presenza di osso necrotico esposto in cavo orale per più di 8 settimane in pazienti in terapia con bifosfonati e mai sottoposti a radioterapia dei mascellari(testa-collo)” è la definizione di ONJ:

SICMF-SIPMO del 2013 SICMF-SIPMO del 2015 AAOM del 2007 OMS del 2010

3 L’attività osteoclastica in corso di terapia con bisfosfonati risulta essere:

ridotta incrementata analoga a quelli dei soggetti non trattati simile a quella dei soggetti con iperparatiroidismo

4 Quali tra i sottoelencati meccanismi d’azione dei bisfosfonati è falso?

controllo metastasi ossee induzione l’apoptosi degli osteoclasti attività anti-neoangiogenetica induzione dell’attività delle cellule tumorali

5 Quale tra i seguenti è un amino- bifosfonato (NBP): clodronato tiludronato zolendronato etidronato

6 Quale via di somministrazione è prevalentemente implicata nell’insorgenza di ONJ?

endovenosa orale intramuscolo la via di somministrazione non è implicata nell’insorgenza di ONJ

7 Quali dei seguenti pazienti presenta una maggiore frequenza, incidenza e prevalenza di ONJ?

oncologico diabetico anziano anemico

8 Quali dei seguenti farmaci è un anti-angiogenetico implicato nell’insorgenza di ONJ:

idrossiurea oxazepam bevacizumab cloranfenicolo

9 L’everolimus oltre che nell’insorgenza di ONJ è implicato nell’insorgenza di:

lesioni “simil aftosiche” genericamente definite “stomatiti” e spesso riferite anche a tumefazioni gengivali e/o dolori mandibolari aspecifici

malattia parodontale carie candidosi

10 Il denosumab è: un amino-bisfosfonato un anti-riassorbitivo un anti-angiogenetico un cortisonico

11 Quali dei seguenti motivi può essere utile a spiegare la sito-specificità della localizzazione quasi esclusivamente delle ossa mascellari della ONJ?

la mandibola presenta uno spessore osseo esiguo presenza di una trabecolatura ossea molto rappresentata

turnover osseo dei mascellari fisiologicamente più elevato rispetto al restante scheletro

l’osso mandibolare è maggiormente sottoposto a sollecitazioni meccaniche

Test di verifica dell’apprendimento ECMScegliere una sola risposta esatta per ogni domanda. Per il superamento del test di valutazione dell’apprendimento

è necessario rispondere correttamente al 75% delle domande proposte