CORRI RAGAZZO Una corsa ad ostacoli · prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle...

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di Pepe Danquart CORRI RAGAZZO CORRI TRATTO DA UNA STORIA VERA

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Page 1: CORRI RAGAZZO Una corsa ad ostacoli · prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto

Kobalski. Dove vuoi andare? Devi scegliere tu.» E Srulik, pur essendosi nel frattempo a�ezionato ai Kobal-ski che l’hanno accolto come un �glio, sceglie la strada più di�cile: quella dell’orfanotro�o per i bambini ebrei. Perché il piccolo Srulik compie questa di�cile scelta ora che aveva trovato una famiglia? Perché il signi�cato della sua scelta non solo va verso il progetto di fondare lo Stato d’Israele che avverrà tre anni dopo la �ne della guerra, nel 1948, ma soprattutto perché lui non dimentichi la verità di quanto accadu-to. Vivere con un altro nome, con un’altra identità rischia di far perdere la memoria di ciò che si è stato, rischia di fare di Srulik e di tutti i bambini che hanno vissuto la stessa esperienza, dei non-testimoni. Questa è la preoccupazione di suo padre, che sacri�ca se stesso pur di far vivere suo �glio, cioè la memo-ria futura, che deve arrivare �no a noi, che deve sopravvivere per tante altre generazioni che verranno. La scelta di Srulik non è di tipo a�ettivo (altrimenti sarebbe rimasto con i Kobalski) ma è un dovere verso la Storia, verso di noi, verso quelli che verranno dopo di noi.A questo proposito ricordiamo ciò che ha scritto il �losofo ebreo Emil Fackenheim nel suo bellissimo libro La presenza di Dio nella storia: “Nei tempi antichi il peccato impensabile per gli ebrei era l’idolatria. Oggi

consiste nel rispondere ad Hitler compiendo la sua opera (cioè smettendo di essere ebrei) […]. Dopo Auschwitz un ebreo è ancora testimone per le nazioni, e se lo è, qual è la sua testimonianza? […] Egli testimonia che, senza la resistenza, noi tutti periremo”. Fachenheim dice ciò che viene detto anche nel �lm: essere ebrei per essere testimoni. Questa è la promessa che Srulik fa a suo padre. Ed è interessante ciò che aggiunge il regista Pepe Dan-quart: «L’identità ebraica sfugge ad ogni tentativo rigido e schematico di de�nizione. Può essere paragonata semmai ad una realtà dinamica che, pur radicandosi in una Tradizione, continua a rimettere in discussione il proprio modo di manife-starsi a partire dai nuovi eventi che la storia riserva. Come ricorda Elie Wiesel: “Pure io li guardo, sempre più li guardo, e non li comprendo. Mi dico: il vero ebreo è chi nessuno com-prende”. Quindi il senso profondo dell’identità ebraica è porsi domande, considerare sempre che ci sono più pensieri plurali, mettere in discussione.»

Un po’ di storia: il ghetto di VarsaviaL’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, avvenuta il 1° settembre 1939, decretò l’inizio della seconda Guerra Mondiale. L’intervento di Francia e Gran Bretagna non fu tempestivo e in meno di un mese la Polonia si arrese. Il suo territorio, smembrato, violato, spartito, fu scenario, tra il 1940 e il 1945, di gravissimi crimi-ni contro l’umanità. Si pensi che su dieci campi di sterminio creati dai nazisti, sette erano su suolo polacco, preci-samente nelle zone più orientali e meno popolate. Tra questi Auschwitz, Belzec, Chelmno, Sobibór, Treblinka.Una volta raggiunta Varsavia, l’esercito, a�ancato anche dalle SS, trovò di fronte a sé la più grande comunità ebraica europea, seconda nel mondo solo a quella di New York.Nell’ottobre del 1939, ai 350.000 ebrei presenti in città se ne aggiunsero altri 150.000 deportati dalle province limitrofe. In poche settimane nel ghetto di Varsavia furono concentrati circa 500.000 ebrei. Uno spazio venti volte più piccolo dell’intero suolo cittadino conteneva la metà degli abitanti di Varsavia. Gli ebrei del ghetto dovevano indossare un bracciale ra�gurante la stella di David per essere meglio identi�cabili e potevano uscire solo per motivi di lavoro. Successivamente, però, con la costruzione del muro di recinzione, le restrizioni furono più aspre: non era più consentito uscire per nessuna ragione, furono interrotte le comunicazioni telefoniche e postali, ridotte le razioni di cibo, soppresse le linee di collegamento tramviaria, negata l’energia elettrica e gas. Le condizioni di vita erano tali da determinare una mortalità media mensile di 2.000 individui.Questa drammatica situazione, a cui purtroppo ne è seguita una ancora più atroce, ha avuto luogo �no al 1943 quando per volontà di Himmler (Capo delle SS) il ghetto fu smantellato e i residenti deportati nei vicini campi di sterminio. Non mancarono tentativi di resistenza da parte dell’organizzazione ebraica di com-battimento ma la tragica operazione Reinhard, che prevedeva l’eliminazione �sica del popolo ebraico, era iniziata con la tragica ferocia che conosciamo.Alla �ne della Guerra si piangeranno circa sei milioni di vittime ebree, di ogni sesso ed età. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di sterminio di Auschwitz e in quella data, così signi�cativa e impor-tante, le Nazioni Unite hanno deciso di ricordare le vittime dell’Olocausto.

di Pepe Danquart

Una corsa ad ostacoliLa storia di Srulik/Yurek è realmente accaduta ed appartiene ad un sopravvissuto oggi ancora in vita: Yoram Frid-man, come ci mostrano le ultime scene del �lm. Il regista Danquart decide di raccontare la storia assumendo un punto di vista particolare che è quello di Yoram bambino, che nel �lm prende il nome di Srulik/Yurek. Cosa vuol dire raccontare la Shoah con gli occhi di un bambino? Signi�ca innanzitutto avere la forza e il coraggio di guar-dare sempre avanti. Il titolo del �lm vuole indicare proprio questo: correre correre �nché c’è lo spazio per farlo, senza mai sentirsi vinti, sopra�atti da una forza in�nitamente più grande di ogni bambino. Se il �lm fosse una storia di avventura e basta, diremmo che Srulik/Yurek è il nostro eroe che combatte il mostro attraverso le armi della resistenza, dell’istinto di sopravvivenza, della �ducia negli altri, della capacità di adattamento. Se il �lm fosse una �aba, vedremmo in Srulik/Yurek una specie di Pollicino che nel buio delle notti deve essere in grado di ritrovare la strada per tornare a casa. Corri ragazzo corri è tutto questo ma vissuto in un contesto terribile: quello della guerra dove i mostri da combattere si moltiplicano perché ogni cosa diventa più precaria e incom-prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto di sopravvivenza mangia in fretta, si nasconde, corre, anche Srulik/Yurek vive i suoi anni alla ricerca di un posto e di un pasto caldi e se qualcuno vuole fargli del male, lui corre verso una tana più sicura. Ciò che più colpisce nella sua storia non è tanto il suo istinto di sopravvivenza quanto i comporta-menti di adulti che non hanno alcun rispetto o sentimento di pietà per un bambino rimasto solo. Possiamo dire che la dimensione in cui si muove Srulik/Yurek per quasi tutto il �lm è la solitudine. Ce lo dicono le immagini iniziali del �lm, in cui il bambino dorme o cammina in uno spazio in�nito di neve, dove il suo essere solo e picco-lo viene ampli�cato. E, tranne pochi momenti della storia in cui incontrerà adulti buoni, il bambino resterà �no alla �ne sostanzialmente solo.

Davide contro GoliaIl I mostri che il nostro piccolo eroe si trova a combattere sono tanti e forti: l’indi�erenza, la disattenzione, la smania di potere, l’ideologia, l’egoismo, la violenza nelle sue diverse espressioni.L’indi�erenza: la troviamo in coloro che chiudono porte e �nestre quando Srulik/Yurek a�amato va a bussare alle loro case. La troviamo nello sguardo, nel gesto di chi non coglie la sua solitudine e lo manda via come fosse un cane randagio. La disattenzione: Srulik/Yurek perde un braccio perché la disattenzio-ne degli adulti è alta. In un senso più metaforico, possiamo dire che la disattenzione mette sempre in pericolo i più deboli. Inoltre Srulik/Yurek viene messo a lavorare come fosse un adulto perché è la condi-

zione richiesta per guadagnarsi da mangiare; un partigiano nel bosco, colpisce con il fucile il cane che accompagna il bambino perché, per paura, spara sulla prima cosa che si muove, senza prestare attenzio-ne appunto. Ma è anche la disattenzione generale verso il bisogno di famiglia, di cura, di protezione, di a�etto che ogni bambino ha. È anche la disattenzione verso le diversità: Srulik per tentare di salvarsi deve inventarsi una nuova identità, quella che piace ai nazisti, perché l’essere ebreo non è accettato. Sappiamo che Srulik non è stato l’unico bambino in quel periodo ad aver vissuto questa di�cile storia, e che solo alcuni si sono salvati, altri invece, molti altri, non ce l’hanno fatta, complice l’indi�erenza, la disattenzione.La smania di potere: la troviamo nel comandante delle SS che vuole catturare il bambino. Cosa aggiun-ge alla sua carriera criminale un bambino catturato o ucciso? Nulla, ma deve farlo perché lui ha il potere u�ciale per farlo. Usa le armi non perché la situazione lo richieda ma perché lui ha il potere di usarle. Ordina ai suoi uomini di correre �no al �ume per catturare quel ragazzino ribelle che ha osato sfuggire al suo controllo mettendolo in ridicolo. L’ideologia: in un �lm sulla Shoah, l’ideologia pervade tutto il �lm. Senza l’ideologia nazista, le storie come quella di Srulik/Yurek non esisterebbero: un’ideologia che vede

negli ebrei, negli zingari, nei portatori di handicap, negli omosessuali le “razze” o le persone impure, da combat-tere, da eliminare. Un’ideologia che ha convinto molti in quel periodo, �no a portare persone “normali” a fare scelte assurde, come nel �lm, il medico che si ri�uta di curare il bambino perché ebreo. L’egoismo: nelle situazio-ni di�cili ed estreme, gli uomini sono capaci di tirare fuori il peggio di sé ma anche il meglio di sé. Così nel �lm vediamo una donna che rischia la propria vita, prendendosi cura del bambino, vediamo famiglie che nonostan-te la povertà condividono il cibo con il nuovo arrivato. Ma vediamo anche una coppia che �nge di prendersi cura di Srulik/Yurek per poi venderlo ai nazisti con il solo scopo di guadagnare un po’ di soldi. Molti polacchi, ancor prima dei nazisti, provavano sentimenti di ripulsa verso gli ebrei, contro i quali pregiudizi e razzismo non furono risparmiati. Il nazismo ha trovato in questa categoria di polacchi (come in molte parti d’Europa) il terreno fertile per realizzare il loro progetto di persecuzione e sterminio.E in�ne il mostro della violenza, che nel �lm non è solamente �sica ma soprattutto psicologica. Pensiamo a quante volte Srulik/Yurek è costretto a soddisfare il sospetto della sua vera identità. Indagare la parte più intima dell’altro è un atto di intromissione nella vita altrui che ha lo scopo di far vergognare il protagonista del proprio corpo e delle proprie origini. Se non si riesce ad eliminare Srulik/Yurek �sicamente perché troppo veloce, si tenta di eliminarlo nella parte più intima di sé e cioè nelle sue origini, nella sua religione, nella sua appartenenza ad una famiglia a cui è stato strappato troppo presto. In una parola, si tenta di privarlo della sua identità.

La questione dell’identitàe il dovere della memoria

Perché l’autore insiste tanto sulla questione dell’identità del bambino? Perché il padre, prima di morire, scolpi-sce nella memoria di Srulik parole pesanti come macigni: «Devi nascondere a tutti chi sei veramente ma non lo devi mai dimenticare. Non devi mai dimenticare che sei ebreo».E poi ancora, verso la �ne del �lm, quando Srulik si ri�uta di seguire l’ebreo Frenkiel che vuole portarlo all’orfano-tro�o per bambini ebrei, il Signor Frienkel dice al bambino: «Abbiamo bisogno di quelli come te. Gli ebrei, il tuo popolo, i tuoi fratelli, i �gli di Israele».Quando la Seconda Guerra mondiale �nì, la comunità internazionale e gli ebrei stessi si posero il problema di avere una terra che li ospitasse tutti e che diventasse lo Stato ebraico. Questa terra fu individuata in quella che oggi chiamiamo Israele. Frienkel fa cenno quindi a Srulik che è necessario che gli ebrei, tutti gli ebrei possano trovare una casa comune in cui non nascondersi, non avere più paura e in cui vivere serenamente la propria cultura, la propria religione, la propria identità. Ma chi è l’ebreo? Cosa intendiamo quando parliamo di “ebreo”? Secondo le Leggi ebraiche, è ebreo chi nasce da madre ebrea o chi si è convertito secondo le regole. Ma, dicono alcuni, questa de�nizione è troppo “nuda” perché non dà indicazioni di patria, né di lingua, né un qualche elemento di appartenenza alla comunità (come potrebbe essere la solidarietà nei confronti del popolo ebraico). Molti altri preferiscono a�ermare che essere ebreo è una questione di scelta. Ed evidentemente anche l’autore del �lm, insieme a Uri Orlev che ha scritto il libro e a Yoram Fridman credono che essere ebreo sia una questione di scelta, se alla �ne del �lm, il Signor Frenkiel, portando via con sé Srulik, si ferma davanti ad un bivio e dice al bambino: «La strada a destra porta a Varsavia, dove c’è l’orfanotro�o. Quella a sinistra c’è la casa dei

CORRI RAGAZZO CORRITRATTO DA

UNA STORIA VERA

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Kobalski. Dove vuoi andare? Devi scegliere tu.» E Srulik, pur essendosi nel frattempo a�ezionato ai Kobal-ski che l’hanno accolto come un �glio, sceglie la strada più di�cile: quella dell’orfanotro�o per i bambini ebrei. Perché il piccolo Srulik compie questa di�cile scelta ora che aveva trovato una famiglia? Perché il signi�cato della sua scelta non solo va verso il progetto di fondare lo Stato d’Israele che avverrà tre anni dopo la �ne della guerra, nel 1948, ma soprattutto perché lui non dimentichi la verità di quanto accadu-to. Vivere con un altro nome, con un’altra identità rischia di far perdere la memoria di ciò che si è stato, rischia di fare di Srulik e di tutti i bambini che hanno vissuto la stessa esperienza, dei non-testimoni. Questa è la preoccupazione di suo padre, che sacri�ca se stesso pur di far vivere suo �glio, cioè la memo-ria futura, che deve arrivare �no a noi, che deve sopravvivere per tante altre generazioni che verranno. La scelta di Srulik non è di tipo a�ettivo (altrimenti sarebbe rimasto con i Kobalski) ma è un dovere verso la Storia, verso di noi, verso quelli che verranno dopo di noi.A questo proposito ricordiamo ciò che ha scritto il �losofo ebreo Emil Fackenheim nel suo bellissimo libro La presenza di Dio nella storia: “Nei tempi antichi il peccato impensabile per gli ebrei era l’idolatria. Oggi

consiste nel rispondere ad Hitler compiendo la sua opera (cioè smettendo di essere ebrei) […]. Dopo Auschwitz un ebreo è ancora testimone per le nazioni, e se lo è, qual è la sua testimonianza? […] Egli testimonia che, senza la resistenza, noi tutti periremo”. Fachenheim dice ciò che viene detto anche nel �lm: essere ebrei per essere testimoni. Questa è la promessa che Srulik fa a suo padre. Ed è interessante ciò che aggiunge il regista Pepe Dan-quart: «L’identità ebraica sfugge ad ogni tentativo rigido e schematico di de�nizione. Può essere paragonata semmai ad una realtà dinamica che, pur radicandosi in una Tradizione, continua a rimettere in discussione il proprio modo di manife-starsi a partire dai nuovi eventi che la storia riserva. Come ricorda Elie Wiesel: “Pure io li guardo, sempre più li guardo, e non li comprendo. Mi dico: il vero ebreo è chi nessuno com-prende”. Quindi il senso profondo dell’identità ebraica è porsi domande, considerare sempre che ci sono più pensieri plurali, mettere in discussione.»

Un po’ di storia: il ghetto di VarsaviaL’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, avvenuta il 1° settembre 1939, decretò l’inizio della seconda Guerra Mondiale. L’intervento di Francia e Gran Bretagna non fu tempestivo e in meno di un mese la Polonia si arrese. Il suo territorio, smembrato, violato, spartito, fu scenario, tra il 1940 e il 1945, di gravissimi crimi-ni contro l’umanità. Si pensi che su dieci campi di sterminio creati dai nazisti, sette erano su suolo polacco, preci-samente nelle zone più orientali e meno popolate. Tra questi Auschwitz, Belzec, Chelmno, Sobibór, Treblinka.Una volta raggiunta Varsavia, l’esercito, a�ancato anche dalle SS, trovò di fronte a sé la più grande comunità ebraica europea, seconda nel mondo solo a quella di New York.Nell’ottobre del 1939, ai 350.000 ebrei presenti in città se ne aggiunsero altri 150.000 deportati dalle province limitrofe. In poche settimane nel ghetto di Varsavia furono concentrati circa 500.000 ebrei. Uno spazio venti volte più piccolo dell’intero suolo cittadino conteneva la metà degli abitanti di Varsavia. Gli ebrei del ghetto dovevano indossare un bracciale ra�gurante la stella di David per essere meglio identi�cabili e potevano uscire solo per motivi di lavoro. Successivamente, però, con la costruzione del muro di recinzione, le restrizioni furono più aspre: non era più consentito uscire per nessuna ragione, furono interrotte le comunicazioni telefoniche e postali, ridotte le razioni di cibo, soppresse le linee di collegamento tramviaria, negata l’energia elettrica e gas. Le condizioni di vita erano tali da determinare una mortalità media mensile di 2.000 individui.Questa drammatica situazione, a cui purtroppo ne è seguita una ancora più atroce, ha avuto luogo �no al 1943 quando per volontà di Himmler (Capo delle SS) il ghetto fu smantellato e i residenti deportati nei vicini campi di sterminio. Non mancarono tentativi di resistenza da parte dell’organizzazione ebraica di com-battimento ma la tragica operazione Reinhard, che prevedeva l’eliminazione �sica del popolo ebraico, era iniziata con la tragica ferocia che conosciamo.Alla �ne della Guerra si piangeranno circa sei milioni di vittime ebree, di ogni sesso ed età. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di sterminio di Auschwitz e in quella data, così signi�cativa e impor-tante, le Nazioni Unite hanno deciso di ricordare le vittime dell’Olocausto.

Polonia, 1942. Srulik, nove anni, è costretto dalla guerra a separarsi dalla sua famiglia. È ebreo e per non essere catturato dai nazisti, Srulik segue il consiglio di suo padre e cioè cambia il proprio nome, cognome e fa �nta di essere cattolico. Il suo nuovo nome è Yurek Staniak e la sua vita assume i contorni di un’avventura di�cile e rischiosa: è costretto a non sostare per tanto tempo nello stesso luogo per evitare che la sua vera identità venga scoperta. Dorme nel buio dei boschi, nel freddo delle foreste, è costretto a rubare per sfamarsi e a negare sempre le proprie origini. Da alcuni polacchi è accolto come un �glio, da altri è venduto ai nazisti, da altri curato, da altri tradito. Troppo per un bambino. Ma nonostante tutto, Srulik/Yurek riesce a sopravvivere alla guerra, alla persecuzione e ai suoi orrori, tenendo fede alla promessa fatta a suo padre.

Regia: Pepe Danquart; Sce- neggiatura: Heinrich Hadding tratta dall’omonimo libro di Uri Orlev, basata sulla storia vera di Yoram Fridman; Musiche: Stephane Moucha; Fotogra�a: Daniel Gottshalk; Montaggio: Richard Marizy; Interpreti principali: Andrej Tkacz (Sru-lik/Yurek), Elisabeth Duda (Magda Janczyk), Kamil Tkacz (Yurek), Zbigniew Zamacho- wski (il padre di Yurek), Miro-slaw Baka (Mateusz Wrobel), Jeanette Hain (Mrs Herman), Itay Tiran (Mosze); Origine: Germania/Francia/Polonia, 2015; Durata: 96 minuti.

Una corsa ad ostacoliLa storia di Srulik/Yurek è realmente accaduta ed appartiene ad un sopravvissuto oggi ancora in vita: Yoram Frid-man, come ci mostrano le ultime scene del �lm. Il regista Danquart decide di raccontare la storia assumendo un punto di vista particolare che è quello di Yoram bambino, che nel �lm prende il nome di Srulik/Yurek. Cosa vuol dire raccontare la Shoah con gli occhi di un bambino? Signi�ca innanzitutto avere la forza e il coraggio di guar-dare sempre avanti. Il titolo del �lm vuole indicare proprio questo: correre correre �nché c’è lo spazio per farlo, senza mai sentirsi vinti, sopra�atti da una forza in�nitamente più grande di ogni bambino. Se il �lm fosse una storia di avventura e basta, diremmo che Srulik/Yurek è il nostro eroe che combatte il mostro attraverso le armi della resistenza, dell’istinto di sopravvivenza, della �ducia negli altri, della capacità di adattamento. Se il �lm fosse una �aba, vedremmo in Srulik/Yurek una specie di Pollicino che nel buio delle notti deve essere in grado di ritrovare la strada per tornare a casa. Corri ragazzo corri è tutto questo ma vissuto in un contesto terribile: quello della guerra dove i mostri da combattere si moltiplicano perché ogni cosa diventa più precaria e incom-prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto di sopravvivenza mangia in fretta, si nasconde, corre, anche Srulik/Yurek vive i suoi anni alla ricerca di un posto e di un pasto caldi e se qualcuno vuole fargli del male, lui corre verso una tana più sicura. Ciò che più colpisce nella sua storia non è tanto il suo istinto di sopravvivenza quanto i comporta-menti di adulti che non hanno alcun rispetto o sentimento di pietà per un bambino rimasto solo. Possiamo dire che la dimensione in cui si muove Srulik/Yurek per quasi tutto il �lm è la solitudine. Ce lo dicono le immagini iniziali del �lm, in cui il bambino dorme o cammina in uno spazio in�nito di neve, dove il suo essere solo e picco-lo viene ampli�cato. E, tranne pochi momenti della storia in cui incontrerà adulti buoni, il bambino resterà �no alla �ne sostanzialmente solo.

Davide contro GoliaIl I mostri che il nostro piccolo eroe si trova a combattere sono tanti e forti: l’indi�erenza, la disattenzione, la smania di potere, l’ideologia, l’egoismo, la violenza nelle sue diverse espressioni.L’indi�erenza: la troviamo in coloro che chiudono porte e �nestre quando Srulik/Yurek a�amato va a bussare alle loro case. La troviamo nello sguardo, nel gesto di chi non coglie la sua solitudine e lo manda via come fosse un cane randagio. La disattenzione: Srulik/Yurek perde un braccio perché la disattenzio-ne degli adulti è alta. In un senso più metaforico, possiamo dire che la disattenzione mette sempre in pericolo i più deboli. Inoltre Srulik/Yurek viene messo a lavorare come fosse un adulto perché è la condi-

zione richiesta per guadagnarsi da mangiare; un partigiano nel bosco, colpisce con il fucile il cane che accompagna il bambino perché, per paura, spara sulla prima cosa che si muove, senza prestare attenzio-ne appunto. Ma è anche la disattenzione generale verso il bisogno di famiglia, di cura, di protezione, di a�etto che ogni bambino ha. È anche la disattenzione verso le diversità: Srulik per tentare di salvarsi deve inventarsi una nuova identità, quella che piace ai nazisti, perché l’essere ebreo non è accettato. Sappiamo che Srulik non è stato l’unico bambino in quel periodo ad aver vissuto questa di�cile storia, e che solo alcuni si sono salvati, altri invece, molti altri, non ce l’hanno fatta, complice l’indi�erenza, la disattenzione.La smania di potere: la troviamo nel comandante delle SS che vuole catturare il bambino. Cosa aggiun-ge alla sua carriera criminale un bambino catturato o ucciso? Nulla, ma deve farlo perché lui ha il potere u�ciale per farlo. Usa le armi non perché la situazione lo richieda ma perché lui ha il potere di usarle. Ordina ai suoi uomini di correre �no al �ume per catturare quel ragazzino ribelle che ha osato sfuggire al suo controllo mettendolo in ridicolo. L’ideologia: in un �lm sulla Shoah, l’ideologia pervade tutto il �lm. Senza l’ideologia nazista, le storie come quella di Srulik/Yurek non esisterebbero: un’ideologia che vede

negli ebrei, negli zingari, nei portatori di handicap, negli omosessuali le “razze” o le persone impure, da combat-tere, da eliminare. Un’ideologia che ha convinto molti in quel periodo, �no a portare persone “normali” a fare scelte assurde, come nel �lm, il medico che si ri�uta di curare il bambino perché ebreo. L’egoismo: nelle situazio-ni di�cili ed estreme, gli uomini sono capaci di tirare fuori il peggio di sé ma anche il meglio di sé. Così nel �lm vediamo una donna che rischia la propria vita, prendendosi cura del bambino, vediamo famiglie che nonostan-te la povertà condividono il cibo con il nuovo arrivato. Ma vediamo anche una coppia che �nge di prendersi cura di Srulik/Yurek per poi venderlo ai nazisti con il solo scopo di guadagnare un po’ di soldi. Molti polacchi, ancor prima dei nazisti, provavano sentimenti di ripulsa verso gli ebrei, contro i quali pregiudizi e razzismo non furono risparmiati. Il nazismo ha trovato in questa categoria di polacchi (come in molte parti d’Europa) il terreno fertile per realizzare il loro progetto di persecuzione e sterminio.E in�ne il mostro della violenza, che nel �lm non è solamente �sica ma soprattutto psicologica. Pensiamo a quante volte Srulik/Yurek è costretto a soddisfare il sospetto della sua vera identità. Indagare la parte più intima dell’altro è un atto di intromissione nella vita altrui che ha lo scopo di far vergognare il protagonista del proprio corpo e delle proprie origini. Se non si riesce ad eliminare Srulik/Yurek �sicamente perché troppo veloce, si tenta di eliminarlo nella parte più intima di sé e cioè nelle sue origini, nella sua religione, nella sua appartenenza ad una famiglia a cui è stato strappato troppo presto. In una parola, si tenta di privarlo della sua identità.

La questione dell’identitàe il dovere della memoria

Perché l’autore insiste tanto sulla questione dell’identità del bambino? Perché il padre, prima di morire, scolpi-sce nella memoria di Srulik parole pesanti come macigni: «Devi nascondere a tutti chi sei veramente ma non lo devi mai dimenticare. Non devi mai dimenticare che sei ebreo».E poi ancora, verso la �ne del �lm, quando Srulik si ri�uta di seguire l’ebreo Frenkiel che vuole portarlo all’orfano-tro�o per bambini ebrei, il Signor Frienkel dice al bambino: «Abbiamo bisogno di quelli come te. Gli ebrei, il tuo popolo, i tuoi fratelli, i �gli di Israele».Quando la Seconda Guerra mondiale �nì, la comunità internazionale e gli ebrei stessi si posero il problema di avere una terra che li ospitasse tutti e che diventasse lo Stato ebraico. Questa terra fu individuata in quella che oggi chiamiamo Israele. Frienkel fa cenno quindi a Srulik che è necessario che gli ebrei, tutti gli ebrei possano trovare una casa comune in cui non nascondersi, non avere più paura e in cui vivere serenamente la propria cultura, la propria religione, la propria identità. Ma chi è l’ebreo? Cosa intendiamo quando parliamo di “ebreo”? Secondo le Leggi ebraiche, è ebreo chi nasce da madre ebrea o chi si è convertito secondo le regole. Ma, dicono alcuni, questa de�nizione è troppo “nuda” perché non dà indicazioni di patria, né di lingua, né un qualche elemento di appartenenza alla comunità (come potrebbe essere la solidarietà nei confronti del popolo ebraico). Molti altri preferiscono a�ermare che essere ebreo è una questione di scelta. Ed evidentemente anche l’autore del �lm, insieme a Uri Orlev che ha scritto il libro e a Yoram Fridman credono che essere ebreo sia una questione di scelta, se alla �ne del �lm, il Signor Frenkiel, portando via con sé Srulik, si ferma davanti ad un bivio e dice al bambino: «La strada a destra porta a Varsavia, dove c’è l’orfanotro�o. Quella a sinistra c’è la casa dei

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“Potrai dimenticare tutto,il tuo nome e tua madre e me.

Però non devi mai dimenticareche sei ebreo”

Battuta del �lm - Il padre di Srulik a suo �glio

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Kobalski. Dove vuoi andare? Devi scegliere tu.» E Srulik, pur essendosi nel frattempo a�ezionato ai Kobal-ski che l’hanno accolto come un �glio, sceglie la strada più di�cile: quella dell’orfanotro�o per i bambini ebrei. Perché il piccolo Srulik compie questa di�cile scelta ora che aveva trovato una famiglia? Perché il signi�cato della sua scelta non solo va verso il progetto di fondare lo Stato d’Israele che avverrà tre anni dopo la �ne della guerra, nel 1948, ma soprattutto perché lui non dimentichi la verità di quanto accadu-to. Vivere con un altro nome, con un’altra identità rischia di far perdere la memoria di ciò che si è stato, rischia di fare di Srulik e di tutti i bambini che hanno vissuto la stessa esperienza, dei non-testimoni. Questa è la preoccupazione di suo padre, che sacri�ca se stesso pur di far vivere suo �glio, cioè la memo-ria futura, che deve arrivare �no a noi, che deve sopravvivere per tante altre generazioni che verranno. La scelta di Srulik non è di tipo a�ettivo (altrimenti sarebbe rimasto con i Kobalski) ma è un dovere verso la Storia, verso di noi, verso quelli che verranno dopo di noi.A questo proposito ricordiamo ciò che ha scritto il �losofo ebreo Emil Fackenheim nel suo bellissimo libro La presenza di Dio nella storia: “Nei tempi antichi il peccato impensabile per gli ebrei era l’idolatria. Oggi

consiste nel rispondere ad Hitler compiendo la sua opera (cioè smettendo di essere ebrei) […]. Dopo Auschwitz un ebreo è ancora testimone per le nazioni, e se lo è, qual è la sua testimonianza? […] Egli testimonia che, senza la resistenza, noi tutti periremo”. Fachenheim dice ciò che viene detto anche nel �lm: essere ebrei per essere testimoni. Questa è la promessa che Srulik fa a suo padre. Ed è interessante ciò che aggiunge il regista Pepe Dan-quart: «L’identità ebraica sfugge ad ogni tentativo rigido e schematico di de�nizione. Può essere paragonata semmai ad una realtà dinamica che, pur radicandosi in una Tradizione, continua a rimettere in discussione il proprio modo di manife-starsi a partire dai nuovi eventi che la storia riserva. Come ricorda Elie Wiesel: “Pure io li guardo, sempre più li guardo, e non li comprendo. Mi dico: il vero ebreo è chi nessuno com-prende”. Quindi il senso profondo dell’identità ebraica è porsi domande, considerare sempre che ci sono più pensieri plurali, mettere in discussione.»

Un po’ di storia: il ghetto di VarsaviaL’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, avvenuta il 1° settembre 1939, decretò l’inizio della seconda Guerra Mondiale. L’intervento di Francia e Gran Bretagna non fu tempestivo e in meno di un mese la Polonia si arrese. Il suo territorio, smembrato, violato, spartito, fu scenario, tra il 1940 e il 1945, di gravissimi crimi-ni contro l’umanità. Si pensi che su dieci campi di sterminio creati dai nazisti, sette erano su suolo polacco, preci-samente nelle zone più orientali e meno popolate. Tra questi Auschwitz, Belzec, Chelmno, Sobibór, Treblinka.Una volta raggiunta Varsavia, l’esercito, a�ancato anche dalle SS, trovò di fronte a sé la più grande comunità ebraica europea, seconda nel mondo solo a quella di New York.Nell’ottobre del 1939, ai 350.000 ebrei presenti in città se ne aggiunsero altri 150.000 deportati dalle province limitrofe. In poche settimane nel ghetto di Varsavia furono concentrati circa 500.000 ebrei. Uno spazio venti volte più piccolo dell’intero suolo cittadino conteneva la metà degli abitanti di Varsavia. Gli ebrei del ghetto dovevano indossare un bracciale ra�gurante la stella di David per essere meglio identi�cabili e potevano uscire solo per motivi di lavoro. Successivamente, però, con la costruzione del muro di recinzione, le restrizioni furono più aspre: non era più consentito uscire per nessuna ragione, furono interrotte le comunicazioni telefoniche e postali, ridotte le razioni di cibo, soppresse le linee di collegamento tramviaria, negata l’energia elettrica e gas. Le condizioni di vita erano tali da determinare una mortalità media mensile di 2.000 individui.Questa drammatica situazione, a cui purtroppo ne è seguita una ancora più atroce, ha avuto luogo �no al 1943 quando per volontà di Himmler (Capo delle SS) il ghetto fu smantellato e i residenti deportati nei vicini campi di sterminio. Non mancarono tentativi di resistenza da parte dell’organizzazione ebraica di com-battimento ma la tragica operazione Reinhard, che prevedeva l’eliminazione �sica del popolo ebraico, era iniziata con la tragica ferocia che conosciamo.Alla �ne della Guerra si piangeranno circa sei milioni di vittime ebree, di ogni sesso ed età. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di sterminio di Auschwitz e in quella data, così signi�cativa e impor-tante, le Nazioni Unite hanno deciso di ricordare le vittime dell’Olocausto.

Una corsa ad ostacoliLa storia di Srulik/Yurek è realmente accaduta ed appartiene ad un sopravvissuto oggi ancora in vita: Yoram Frid-man, come ci mostrano le ultime scene del �lm. Il regista Danquart decide di raccontare la storia assumendo un punto di vista particolare che è quello di Yoram bambino, che nel �lm prende il nome di Srulik/Yurek. Cosa vuol dire raccontare la Shoah con gli occhi di un bambino? Signi�ca innanzitutto avere la forza e il coraggio di guar-dare sempre avanti. Il titolo del �lm vuole indicare proprio questo: correre correre �nché c’è lo spazio per farlo, senza mai sentirsi vinti, sopra�atti da una forza in�nitamente più grande di ogni bambino. Se il �lm fosse una storia di avventura e basta, diremmo che Srulik/Yurek è il nostro eroe che combatte il mostro attraverso le armi della resistenza, dell’istinto di sopravvivenza, della �ducia negli altri, della capacità di adattamento. Se il �lm fosse una �aba, vedremmo in Srulik/Yurek una specie di Pollicino che nel buio delle notti deve essere in grado di ritrovare la strada per tornare a casa. Corri ragazzo corri è tutto questo ma vissuto in un contesto terribile: quello della guerra dove i mostri da combattere si moltiplicano perché ogni cosa diventa più precaria e incom-prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto di sopravvivenza mangia in fretta, si nasconde, corre, anche Srulik/Yurek vive i suoi anni alla ricerca di un posto e di un pasto caldi e se qualcuno vuole fargli del male, lui corre verso una tana più sicura. Ciò che più colpisce nella sua storia non è tanto il suo istinto di sopravvivenza quanto i comporta-menti di adulti che non hanno alcun rispetto o sentimento di pietà per un bambino rimasto solo. Possiamo dire che la dimensione in cui si muove Srulik/Yurek per quasi tutto il �lm è la solitudine. Ce lo dicono le immagini iniziali del �lm, in cui il bambino dorme o cammina in uno spazio in�nito di neve, dove il suo essere solo e picco-lo viene ampli�cato. E, tranne pochi momenti della storia in cui incontrerà adulti buoni, il bambino resterà �no alla �ne sostanzialmente solo.

Davide contro GoliaIl I mostri che il nostro piccolo eroe si trova a combattere sono tanti e forti: l’indi�erenza, la disattenzione, la smania di potere, l’ideologia, l’egoismo, la violenza nelle sue diverse espressioni.L’indi�erenza: la troviamo in coloro che chiudono porte e �nestre quando Srulik/Yurek a�amato va a bussare alle loro case. La troviamo nello sguardo, nel gesto di chi non coglie la sua solitudine e lo manda via come fosse un cane randagio. La disattenzione: Srulik/Yurek perde un braccio perché la disattenzio-ne degli adulti è alta. In un senso più metaforico, possiamo dire che la disattenzione mette sempre in pericolo i più deboli. Inoltre Srulik/Yurek viene messo a lavorare come fosse un adulto perché è la condi-

zione richiesta per guadagnarsi da mangiare; un partigiano nel bosco, colpisce con il fucile il cane che accompagna il bambino perché, per paura, spara sulla prima cosa che si muove, senza prestare attenzio-ne appunto. Ma è anche la disattenzione generale verso il bisogno di famiglia, di cura, di protezione, di a�etto che ogni bambino ha. È anche la disattenzione verso le diversità: Srulik per tentare di salvarsi deve inventarsi una nuova identità, quella che piace ai nazisti, perché l’essere ebreo non è accettato. Sappiamo che Srulik non è stato l’unico bambino in quel periodo ad aver vissuto questa di�cile storia, e che solo alcuni si sono salvati, altri invece, molti altri, non ce l’hanno fatta, complice l’indi�erenza, la disattenzione.La smania di potere: la troviamo nel comandante delle SS che vuole catturare il bambino. Cosa aggiun-ge alla sua carriera criminale un bambino catturato o ucciso? Nulla, ma deve farlo perché lui ha il potere u�ciale per farlo. Usa le armi non perché la situazione lo richieda ma perché lui ha il potere di usarle. Ordina ai suoi uomini di correre �no al �ume per catturare quel ragazzino ribelle che ha osato sfuggire al suo controllo mettendolo in ridicolo. L’ideologia: in un �lm sulla Shoah, l’ideologia pervade tutto il �lm. Senza l’ideologia nazista, le storie come quella di Srulik/Yurek non esisterebbero: un’ideologia che vede

negli ebrei, negli zingari, nei portatori di handicap, negli omosessuali le “razze” o le persone impure, da combat-tere, da eliminare. Un’ideologia che ha convinto molti in quel periodo, �no a portare persone “normali” a fare scelte assurde, come nel �lm, il medico che si ri�uta di curare il bambino perché ebreo. L’egoismo: nelle situazio-ni di�cili ed estreme, gli uomini sono capaci di tirare fuori il peggio di sé ma anche il meglio di sé. Così nel �lm vediamo una donna che rischia la propria vita, prendendosi cura del bambino, vediamo famiglie che nonostan-te la povertà condividono il cibo con il nuovo arrivato. Ma vediamo anche una coppia che �nge di prendersi cura di Srulik/Yurek per poi venderlo ai nazisti con il solo scopo di guadagnare un po’ di soldi. Molti polacchi, ancor prima dei nazisti, provavano sentimenti di ripulsa verso gli ebrei, contro i quali pregiudizi e razzismo non furono risparmiati. Il nazismo ha trovato in questa categoria di polacchi (come in molte parti d’Europa) il terreno fertile per realizzare il loro progetto di persecuzione e sterminio.E in�ne il mostro della violenza, che nel �lm non è solamente �sica ma soprattutto psicologica. Pensiamo a quante volte Srulik/Yurek è costretto a soddisfare il sospetto della sua vera identità. Indagare la parte più intima dell’altro è un atto di intromissione nella vita altrui che ha lo scopo di far vergognare il protagonista del proprio corpo e delle proprie origini. Se non si riesce ad eliminare Srulik/Yurek �sicamente perché troppo veloce, si tenta di eliminarlo nella parte più intima di sé e cioè nelle sue origini, nella sua religione, nella sua appartenenza ad una famiglia a cui è stato strappato troppo presto. In una parola, si tenta di privarlo della sua identità.

La questione dell’identitàe il dovere della memoria

Perché l’autore insiste tanto sulla questione dell’identità del bambino? Perché il padre, prima di morire, scolpi-sce nella memoria di Srulik parole pesanti come macigni: «Devi nascondere a tutti chi sei veramente ma non lo devi mai dimenticare. Non devi mai dimenticare che sei ebreo».E poi ancora, verso la �ne del �lm, quando Srulik si ri�uta di seguire l’ebreo Frenkiel che vuole portarlo all’orfano-tro�o per bambini ebrei, il Signor Frienkel dice al bambino: «Abbiamo bisogno di quelli come te. Gli ebrei, il tuo popolo, i tuoi fratelli, i �gli di Israele».Quando la Seconda Guerra mondiale �nì, la comunità internazionale e gli ebrei stessi si posero il problema di avere una terra che li ospitasse tutti e che diventasse lo Stato ebraico. Questa terra fu individuata in quella che oggi chiamiamo Israele. Frienkel fa cenno quindi a Srulik che è necessario che gli ebrei, tutti gli ebrei possano trovare una casa comune in cui non nascondersi, non avere più paura e in cui vivere serenamente la propria cultura, la propria religione, la propria identità. Ma chi è l’ebreo? Cosa intendiamo quando parliamo di “ebreo”? Secondo le Leggi ebraiche, è ebreo chi nasce da madre ebrea o chi si è convertito secondo le regole. Ma, dicono alcuni, questa de�nizione è troppo “nuda” perché non dà indicazioni di patria, né di lingua, né un qualche elemento di appartenenza alla comunità (come potrebbe essere la solidarietà nei confronti del popolo ebraico). Molti altri preferiscono a�ermare che essere ebreo è una questione di scelta. Ed evidentemente anche l’autore del �lm, insieme a Uri Orlev che ha scritto il libro e a Yoram Fridman credono che essere ebreo sia una questione di scelta, se alla �ne del �lm, il Signor Frenkiel, portando via con sé Srulik, si ferma davanti ad un bivio e dice al bambino: «La strada a destra porta a Varsavia, dove c’è l’orfanotro�o. Quella a sinistra c’è la casa dei

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Kobalski. Dove vuoi andare? Devi scegliere tu.» E Srulik, pur essendosi nel frattempo a�ezionato ai Kobal-ski che l’hanno accolto come un �glio, sceglie la strada più di�cile: quella dell’orfanotro�o per i bambini ebrei. Perché il piccolo Srulik compie questa di�cile scelta ora che aveva trovato una famiglia? Perché il signi�cato della sua scelta non solo va verso il progetto di fondare lo Stato d’Israele che avverrà tre anni dopo la �ne della guerra, nel 1948, ma soprattutto perché lui non dimentichi la verità di quanto accadu-to. Vivere con un altro nome, con un’altra identità rischia di far perdere la memoria di ciò che si è stato, rischia di fare di Srulik e di tutti i bambini che hanno vissuto la stessa esperienza, dei non-testimoni. Questa è la preoccupazione di suo padre, che sacri�ca se stesso pur di far vivere suo �glio, cioè la memo-ria futura, che deve arrivare �no a noi, che deve sopravvivere per tante altre generazioni che verranno. La scelta di Srulik non è di tipo a�ettivo (altrimenti sarebbe rimasto con i Kobalski) ma è un dovere verso la Storia, verso di noi, verso quelli che verranno dopo di noi.A questo proposito ricordiamo ciò che ha scritto il �losofo ebreo Emil Fackenheim nel suo bellissimo libro La presenza di Dio nella storia: “Nei tempi antichi il peccato impensabile per gli ebrei era l’idolatria. Oggi

consiste nel rispondere ad Hitler compiendo la sua opera (cioè smettendo di essere ebrei) […]. Dopo Auschwitz un ebreo è ancora testimone per le nazioni, e se lo è, qual è la sua testimonianza? […] Egli testimonia che, senza la resistenza, noi tutti periremo”. Fachenheim dice ciò che viene detto anche nel �lm: essere ebrei per essere testimoni. Questa è la promessa che Srulik fa a suo padre. Ed è interessante ciò che aggiunge il regista Pepe Dan-quart: «L’identità ebraica sfugge ad ogni tentativo rigido e schematico di de�nizione. Può essere paragonata semmai ad una realtà dinamica che, pur radicandosi in una Tradizione, continua a rimettere in discussione il proprio modo di manife-starsi a partire dai nuovi eventi che la storia riserva. Come ricorda Elie Wiesel: “Pure io li guardo, sempre più li guardo, e non li comprendo. Mi dico: il vero ebreo è chi nessuno com-prende”. Quindi il senso profondo dell’identità ebraica è porsi domande, considerare sempre che ci sono più pensieri plurali, mettere in discussione.»

Un po’ di storia: il ghetto di VarsaviaL’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, avvenuta il 1° settembre 1939, decretò l’inizio della seconda Guerra Mondiale. L’intervento di Francia e Gran Bretagna non fu tempestivo e in meno di un mese la Polonia si arrese. Il suo territorio, smembrato, violato, spartito, fu scenario, tra il 1940 e il 1945, di gravissimi crimi-ni contro l’umanità. Si pensi che su dieci campi di sterminio creati dai nazisti, sette erano su suolo polacco, preci-samente nelle zone più orientali e meno popolate. Tra questi Auschwitz, Belzec, Chelmno, Sobibór, Treblinka.Una volta raggiunta Varsavia, l’esercito, a�ancato anche dalle SS, trovò di fronte a sé la più grande comunità ebraica europea, seconda nel mondo solo a quella di New York.Nell’ottobre del 1939, ai 350.000 ebrei presenti in città se ne aggiunsero altri 150.000 deportati dalle province limitrofe. In poche settimane nel ghetto di Varsavia furono concentrati circa 500.000 ebrei. Uno spazio venti volte più piccolo dell’intero suolo cittadino conteneva la metà degli abitanti di Varsavia. Gli ebrei del ghetto dovevano indossare un bracciale ra�gurante la stella di David per essere meglio identi�cabili e potevano uscire solo per motivi di lavoro. Successivamente, però, con la costruzione del muro di recinzione, le restrizioni furono più aspre: non era più consentito uscire per nessuna ragione, furono interrotte le comunicazioni telefoniche e postali, ridotte le razioni di cibo, soppresse le linee di collegamento tramviaria, negata l’energia elettrica e gas. Le condizioni di vita erano tali da determinare una mortalità media mensile di 2.000 individui.Questa drammatica situazione, a cui purtroppo ne è seguita una ancora più atroce, ha avuto luogo �no al 1943 quando per volontà di Himmler (Capo delle SS) il ghetto fu smantellato e i residenti deportati nei vicini campi di sterminio. Non mancarono tentativi di resistenza da parte dell’organizzazione ebraica di com-battimento ma la tragica operazione Reinhard, che prevedeva l’eliminazione �sica del popolo ebraico, era iniziata con la tragica ferocia che conosciamo.Alla �ne della Guerra si piangeranno circa sei milioni di vittime ebree, di ogni sesso ed età. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di sterminio di Auschwitz e in quella data, così signi�cativa e impor-tante, le Nazioni Unite hanno deciso di ricordare le vittime dell’Olocausto.

Una corsa ad ostacoliLa storia di Srulik/Yurek è realmente accaduta ed appartiene ad un sopravvissuto oggi ancora in vita: Yoram Frid-man, come ci mostrano le ultime scene del �lm. Il regista Danquart decide di raccontare la storia assumendo un punto di vista particolare che è quello di Yoram bambino, che nel �lm prende il nome di Srulik/Yurek. Cosa vuol dire raccontare la Shoah con gli occhi di un bambino? Signi�ca innanzitutto avere la forza e il coraggio di guar-dare sempre avanti. Il titolo del �lm vuole indicare proprio questo: correre correre �nché c’è lo spazio per farlo, senza mai sentirsi vinti, sopra�atti da una forza in�nitamente più grande di ogni bambino. Se il �lm fosse una storia di avventura e basta, diremmo che Srulik/Yurek è il nostro eroe che combatte il mostro attraverso le armi della resistenza, dell’istinto di sopravvivenza, della �ducia negli altri, della capacità di adattamento. Se il �lm fosse una �aba, vedremmo in Srulik/Yurek una specie di Pollicino che nel buio delle notti deve essere in grado di ritrovare la strada per tornare a casa. Corri ragazzo corri è tutto questo ma vissuto in un contesto terribile: quello della guerra dove i mostri da combattere si moltiplicano perché ogni cosa diventa più precaria e incom-prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto di sopravvivenza mangia in fretta, si nasconde, corre, anche Srulik/Yurek vive i suoi anni alla ricerca di un posto e di un pasto caldi e se qualcuno vuole fargli del male, lui corre verso una tana più sicura. Ciò che più colpisce nella sua storia non è tanto il suo istinto di sopravvivenza quanto i comporta-menti di adulti che non hanno alcun rispetto o sentimento di pietà per un bambino rimasto solo. Possiamo dire che la dimensione in cui si muove Srulik/Yurek per quasi tutto il �lm è la solitudine. Ce lo dicono le immagini iniziali del �lm, in cui il bambino dorme o cammina in uno spazio in�nito di neve, dove il suo essere solo e picco-lo viene ampli�cato. E, tranne pochi momenti della storia in cui incontrerà adulti buoni, il bambino resterà �no alla �ne sostanzialmente solo.

Davide contro GoliaIl I mostri che il nostro piccolo eroe si trova a combattere sono tanti e forti: l’indi�erenza, la disattenzione, la smania di potere, l’ideologia, l’egoismo, la violenza nelle sue diverse espressioni.L’indi�erenza: la troviamo in coloro che chiudono porte e �nestre quando Srulik/Yurek a�amato va a bussare alle loro case. La troviamo nello sguardo, nel gesto di chi non coglie la sua solitudine e lo manda via come fosse un cane randagio. La disattenzione: Srulik/Yurek perde un braccio perché la disattenzio-ne degli adulti è alta. In un senso più metaforico, possiamo dire che la disattenzione mette sempre in pericolo i più deboli. Inoltre Srulik/Yurek viene messo a lavorare come fosse un adulto perché è la condi-

zione richiesta per guadagnarsi da mangiare; un partigiano nel bosco, colpisce con il fucile il cane che accompagna il bambino perché, per paura, spara sulla prima cosa che si muove, senza prestare attenzio-ne appunto. Ma è anche la disattenzione generale verso il bisogno di famiglia, di cura, di protezione, di a�etto che ogni bambino ha. È anche la disattenzione verso le diversità: Srulik per tentare di salvarsi deve inventarsi una nuova identità, quella che piace ai nazisti, perché l’essere ebreo non è accettato. Sappiamo che Srulik non è stato l’unico bambino in quel periodo ad aver vissuto questa di�cile storia, e che solo alcuni si sono salvati, altri invece, molti altri, non ce l’hanno fatta, complice l’indi�erenza, la disattenzione.La smania di potere: la troviamo nel comandante delle SS che vuole catturare il bambino. Cosa aggiun-ge alla sua carriera criminale un bambino catturato o ucciso? Nulla, ma deve farlo perché lui ha il potere u�ciale per farlo. Usa le armi non perché la situazione lo richieda ma perché lui ha il potere di usarle. Ordina ai suoi uomini di correre �no al �ume per catturare quel ragazzino ribelle che ha osato sfuggire al suo controllo mettendolo in ridicolo. L’ideologia: in un �lm sulla Shoah, l’ideologia pervade tutto il �lm. Senza l’ideologia nazista, le storie come quella di Srulik/Yurek non esisterebbero: un’ideologia che vede

negli ebrei, negli zingari, nei portatori di handicap, negli omosessuali le “razze” o le persone impure, da combat-tere, da eliminare. Un’ideologia che ha convinto molti in quel periodo, �no a portare persone “normali” a fare scelte assurde, come nel �lm, il medico che si ri�uta di curare il bambino perché ebreo. L’egoismo: nelle situazio-ni di�cili ed estreme, gli uomini sono capaci di tirare fuori il peggio di sé ma anche il meglio di sé. Così nel �lm vediamo una donna che rischia la propria vita, prendendosi cura del bambino, vediamo famiglie che nonostan-te la povertà condividono il cibo con il nuovo arrivato. Ma vediamo anche una coppia che �nge di prendersi cura di Srulik/Yurek per poi venderlo ai nazisti con il solo scopo di guadagnare un po’ di soldi. Molti polacchi, ancor prima dei nazisti, provavano sentimenti di ripulsa verso gli ebrei, contro i quali pregiudizi e razzismo non furono risparmiati. Il nazismo ha trovato in questa categoria di polacchi (come in molte parti d’Europa) il terreno fertile per realizzare il loro progetto di persecuzione e sterminio.E in�ne il mostro della violenza, che nel �lm non è solamente �sica ma soprattutto psicologica. Pensiamo a quante volte Srulik/Yurek è costretto a soddisfare il sospetto della sua vera identità. Indagare la parte più intima dell’altro è un atto di intromissione nella vita altrui che ha lo scopo di far vergognare il protagonista del proprio corpo e delle proprie origini. Se non si riesce ad eliminare Srulik/Yurek �sicamente perché troppo veloce, si tenta di eliminarlo nella parte più intima di sé e cioè nelle sue origini, nella sua religione, nella sua appartenenza ad una famiglia a cui è stato strappato troppo presto. In una parola, si tenta di privarlo della sua identità.

La questione dell’identitàe il dovere della memoria

Perché l’autore insiste tanto sulla questione dell’identità del bambino? Perché il padre, prima di morire, scolpi-sce nella memoria di Srulik parole pesanti come macigni: «Devi nascondere a tutti chi sei veramente ma non lo devi mai dimenticare. Non devi mai dimenticare che sei ebreo».E poi ancora, verso la �ne del �lm, quando Srulik si ri�uta di seguire l’ebreo Frenkiel che vuole portarlo all’orfano-tro�o per bambini ebrei, il Signor Frienkel dice al bambino: «Abbiamo bisogno di quelli come te. Gli ebrei, il tuo popolo, i tuoi fratelli, i �gli di Israele».Quando la Seconda Guerra mondiale �nì, la comunità internazionale e gli ebrei stessi si posero il problema di avere una terra che li ospitasse tutti e che diventasse lo Stato ebraico. Questa terra fu individuata in quella che oggi chiamiamo Israele. Frienkel fa cenno quindi a Srulik che è necessario che gli ebrei, tutti gli ebrei possano trovare una casa comune in cui non nascondersi, non avere più paura e in cui vivere serenamente la propria cultura, la propria religione, la propria identità. Ma chi è l’ebreo? Cosa intendiamo quando parliamo di “ebreo”? Secondo le Leggi ebraiche, è ebreo chi nasce da madre ebrea o chi si è convertito secondo le regole. Ma, dicono alcuni, questa de�nizione è troppo “nuda” perché non dà indicazioni di patria, né di lingua, né un qualche elemento di appartenenza alla comunità (come potrebbe essere la solidarietà nei confronti del popolo ebraico). Molti altri preferiscono a�ermare che essere ebreo è una questione di scelta. Ed evidentemente anche l’autore del �lm, insieme a Uri Orlev che ha scritto il libro e a Yoram Fridman credono che essere ebreo sia una questione di scelta, se alla �ne del �lm, il Signor Frenkiel, portando via con sé Srulik, si ferma davanti ad un bivio e dice al bambino: «La strada a destra porta a Varsavia, dove c’è l’orfanotro�o. Quella a sinistra c’è la casa dei

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Kobalski. Dove vuoi andare? Devi scegliere tu.» E Srulik, pur essendosi nel frattempo a�ezionato ai Kobal-ski che l’hanno accolto come un �glio, sceglie la strada più di�cile: quella dell’orfanotro�o per i bambini ebrei. Perché il piccolo Srulik compie questa di�cile scelta ora che aveva trovato una famiglia? Perché il signi�cato della sua scelta non solo va verso il progetto di fondare lo Stato d’Israele che avverrà tre anni dopo la �ne della guerra, nel 1948, ma soprattutto perché lui non dimentichi la verità di quanto accadu-to. Vivere con un altro nome, con un’altra identità rischia di far perdere la memoria di ciò che si è stato, rischia di fare di Srulik e di tutti i bambini che hanno vissuto la stessa esperienza, dei non-testimoni. Questa è la preoccupazione di suo padre, che sacri�ca se stesso pur di far vivere suo �glio, cioè la memo-ria futura, che deve arrivare �no a noi, che deve sopravvivere per tante altre generazioni che verranno. La scelta di Srulik non è di tipo a�ettivo (altrimenti sarebbe rimasto con i Kobalski) ma è un dovere verso la Storia, verso di noi, verso quelli che verranno dopo di noi.A questo proposito ricordiamo ciò che ha scritto il �losofo ebreo Emil Fackenheim nel suo bellissimo libro La presenza di Dio nella storia: “Nei tempi antichi il peccato impensabile per gli ebrei era l’idolatria. Oggi

consiste nel rispondere ad Hitler compiendo la sua opera (cioè smettendo di essere ebrei) […]. Dopo Auschwitz un ebreo è ancora testimone per le nazioni, e se lo è, qual è la sua testimonianza? […] Egli testimonia che, senza la resistenza, noi tutti periremo”. Fachenheim dice ciò che viene detto anche nel �lm: essere ebrei per essere testimoni. Questa è la promessa che Srulik fa a suo padre. Ed è interessante ciò che aggiunge il regista Pepe Dan-quart: «L’identità ebraica sfugge ad ogni tentativo rigido e schematico di de�nizione. Può essere paragonata semmai ad una realtà dinamica che, pur radicandosi in una Tradizione, continua a rimettere in discussione il proprio modo di manife-starsi a partire dai nuovi eventi che la storia riserva. Come ricorda Elie Wiesel: “Pure io li guardo, sempre più li guardo, e non li comprendo. Mi dico: il vero ebreo è chi nessuno com-prende”. Quindi il senso profondo dell’identità ebraica è porsi domande, considerare sempre che ci sono più pensieri plurali, mettere in discussione.»

Un po’ di storia: il ghetto di VarsaviaL’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, avvenuta il 1° settembre 1939, decretò l’inizio della seconda Guerra Mondiale. L’intervento di Francia e Gran Bretagna non fu tempestivo e in meno di un mese la Polonia si arrese. Il suo territorio, smembrato, violato, spartito, fu scenario, tra il 1940 e il 1945, di gravissimi crimi-ni contro l’umanità. Si pensi che su dieci campi di sterminio creati dai nazisti, sette erano su suolo polacco, preci-samente nelle zone più orientali e meno popolate. Tra questi Auschwitz, Belzec, Chelmno, Sobibór, Treblinka.Una volta raggiunta Varsavia, l’esercito, a�ancato anche dalle SS, trovò di fronte a sé la più grande comunità ebraica europea, seconda nel mondo solo a quella di New York.Nell’ottobre del 1939, ai 350.000 ebrei presenti in città se ne aggiunsero altri 150.000 deportati dalle province limitrofe. In poche settimane nel ghetto di Varsavia furono concentrati circa 500.000 ebrei. Uno spazio venti volte più piccolo dell’intero suolo cittadino conteneva la metà degli abitanti di Varsavia. Gli ebrei del ghetto dovevano indossare un bracciale ra�gurante la stella di David per essere meglio identi�cabili e potevano uscire solo per motivi di lavoro. Successivamente, però, con la costruzione del muro di recinzione, le restrizioni furono più aspre: non era più consentito uscire per nessuna ragione, furono interrotte le comunicazioni telefoniche e postali, ridotte le razioni di cibo, soppresse le linee di collegamento tramviaria, negata l’energia elettrica e gas. Le condizioni di vita erano tali da determinare una mortalità media mensile di 2.000 individui.Questa drammatica situazione, a cui purtroppo ne è seguita una ancora più atroce, ha avuto luogo �no al 1943 quando per volontà di Himmler (Capo delle SS) il ghetto fu smantellato e i residenti deportati nei vicini campi di sterminio. Non mancarono tentativi di resistenza da parte dell’organizzazione ebraica di com-battimento ma la tragica operazione Reinhard, che prevedeva l’eliminazione �sica del popolo ebraico, era iniziata con la tragica ferocia che conosciamo.Alla �ne della Guerra si piangeranno circa sei milioni di vittime ebree, di ogni sesso ed età. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di sterminio di Auschwitz e in quella data, così signi�cativa e impor-tante, le Nazioni Unite hanno deciso di ricordare le vittime dell’Olocausto.

Una corsa ad ostacoliLa storia di Srulik/Yurek è realmente accaduta ed appartiene ad un sopravvissuto oggi ancora in vita: Yoram Frid-man, come ci mostrano le ultime scene del �lm. Il regista Danquart decide di raccontare la storia assumendo un punto di vista particolare che è quello di Yoram bambino, che nel �lm prende il nome di Srulik/Yurek. Cosa vuol dire raccontare la Shoah con gli occhi di un bambino? Signi�ca innanzitutto avere la forza e il coraggio di guar-dare sempre avanti. Il titolo del �lm vuole indicare proprio questo: correre correre �nché c’è lo spazio per farlo, senza mai sentirsi vinti, sopra�atti da una forza in�nitamente più grande di ogni bambino. Se il �lm fosse una storia di avventura e basta, diremmo che Srulik/Yurek è il nostro eroe che combatte il mostro attraverso le armi della resistenza, dell’istinto di sopravvivenza, della �ducia negli altri, della capacità di adattamento. Se il �lm fosse una �aba, vedremmo in Srulik/Yurek una specie di Pollicino che nel buio delle notti deve essere in grado di ritrovare la strada per tornare a casa. Corri ragazzo corri è tutto questo ma vissuto in un contesto terribile: quello della guerra dove i mostri da combattere si moltiplicano perché ogni cosa diventa più precaria e incom-prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto di sopravvivenza mangia in fretta, si nasconde, corre, anche Srulik/Yurek vive i suoi anni alla ricerca di un posto e di un pasto caldi e se qualcuno vuole fargli del male, lui corre verso una tana più sicura. Ciò che più colpisce nella sua storia non è tanto il suo istinto di sopravvivenza quanto i comporta-menti di adulti che non hanno alcun rispetto o sentimento di pietà per un bambino rimasto solo. Possiamo dire che la dimensione in cui si muove Srulik/Yurek per quasi tutto il �lm è la solitudine. Ce lo dicono le immagini iniziali del �lm, in cui il bambino dorme o cammina in uno spazio in�nito di neve, dove il suo essere solo e picco-lo viene ampli�cato. E, tranne pochi momenti della storia in cui incontrerà adulti buoni, il bambino resterà �no alla �ne sostanzialmente solo.

Davide contro GoliaIl I mostri che il nostro piccolo eroe si trova a combattere sono tanti e forti: l’indi�erenza, la disattenzione, la smania di potere, l’ideologia, l’egoismo, la violenza nelle sue diverse espressioni.L’indi�erenza: la troviamo in coloro che chiudono porte e �nestre quando Srulik/Yurek a�amato va a bussare alle loro case. La troviamo nello sguardo, nel gesto di chi non coglie la sua solitudine e lo manda via come fosse un cane randagio. La disattenzione: Srulik/Yurek perde un braccio perché la disattenzio-ne degli adulti è alta. In un senso più metaforico, possiamo dire che la disattenzione mette sempre in pericolo i più deboli. Inoltre Srulik/Yurek viene messo a lavorare come fosse un adulto perché è la condi-

zione richiesta per guadagnarsi da mangiare; un partigiano nel bosco, colpisce con il fucile il cane che accompagna il bambino perché, per paura, spara sulla prima cosa che si muove, senza prestare attenzio-ne appunto. Ma è anche la disattenzione generale verso il bisogno di famiglia, di cura, di protezione, di a�etto che ogni bambino ha. È anche la disattenzione verso le diversità: Srulik per tentare di salvarsi deve inventarsi una nuova identità, quella che piace ai nazisti, perché l’essere ebreo non è accettato. Sappiamo che Srulik non è stato l’unico bambino in quel periodo ad aver vissuto questa di�cile storia, e che solo alcuni si sono salvati, altri invece, molti altri, non ce l’hanno fatta, complice l’indi�erenza, la disattenzione.La smania di potere: la troviamo nel comandante delle SS che vuole catturare il bambino. Cosa aggiun-ge alla sua carriera criminale un bambino catturato o ucciso? Nulla, ma deve farlo perché lui ha il potere u�ciale per farlo. Usa le armi non perché la situazione lo richieda ma perché lui ha il potere di usarle. Ordina ai suoi uomini di correre �no al �ume per catturare quel ragazzino ribelle che ha osato sfuggire al suo controllo mettendolo in ridicolo. L’ideologia: in un �lm sulla Shoah, l’ideologia pervade tutto il �lm. Senza l’ideologia nazista, le storie come quella di Srulik/Yurek non esisterebbero: un’ideologia che vede

negli ebrei, negli zingari, nei portatori di handicap, negli omosessuali le “razze” o le persone impure, da combat-tere, da eliminare. Un’ideologia che ha convinto molti in quel periodo, �no a portare persone “normali” a fare scelte assurde, come nel �lm, il medico che si ri�uta di curare il bambino perché ebreo. L’egoismo: nelle situazio-ni di�cili ed estreme, gli uomini sono capaci di tirare fuori il peggio di sé ma anche il meglio di sé. Così nel �lm vediamo una donna che rischia la propria vita, prendendosi cura del bambino, vediamo famiglie che nonostan-te la povertà condividono il cibo con il nuovo arrivato. Ma vediamo anche una coppia che �nge di prendersi cura di Srulik/Yurek per poi venderlo ai nazisti con il solo scopo di guadagnare un po’ di soldi. Molti polacchi, ancor prima dei nazisti, provavano sentimenti di ripulsa verso gli ebrei, contro i quali pregiudizi e razzismo non furono risparmiati. Il nazismo ha trovato in questa categoria di polacchi (come in molte parti d’Europa) il terreno fertile per realizzare il loro progetto di persecuzione e sterminio.E in�ne il mostro della violenza, che nel �lm non è solamente �sica ma soprattutto psicologica. Pensiamo a quante volte Srulik/Yurek è costretto a soddisfare il sospetto della sua vera identità. Indagare la parte più intima dell’altro è un atto di intromissione nella vita altrui che ha lo scopo di far vergognare il protagonista del proprio corpo e delle proprie origini. Se non si riesce ad eliminare Srulik/Yurek �sicamente perché troppo veloce, si tenta di eliminarlo nella parte più intima di sé e cioè nelle sue origini, nella sua religione, nella sua appartenenza ad una famiglia a cui è stato strappato troppo presto. In una parola, si tenta di privarlo della sua identità.

La questione dell’identitàe il dovere della memoria

Perché l’autore insiste tanto sulla questione dell’identità del bambino? Perché il padre, prima di morire, scolpi-sce nella memoria di Srulik parole pesanti come macigni: «Devi nascondere a tutti chi sei veramente ma non lo devi mai dimenticare. Non devi mai dimenticare che sei ebreo».E poi ancora, verso la �ne del �lm, quando Srulik si ri�uta di seguire l’ebreo Frenkiel che vuole portarlo all’orfano-tro�o per bambini ebrei, il Signor Frienkel dice al bambino: «Abbiamo bisogno di quelli come te. Gli ebrei, il tuo popolo, i tuoi fratelli, i �gli di Israele».Quando la Seconda Guerra mondiale �nì, la comunità internazionale e gli ebrei stessi si posero il problema di avere una terra che li ospitasse tutti e che diventasse lo Stato ebraico. Questa terra fu individuata in quella che oggi chiamiamo Israele. Frienkel fa cenno quindi a Srulik che è necessario che gli ebrei, tutti gli ebrei possano trovare una casa comune in cui non nascondersi, non avere più paura e in cui vivere serenamente la propria cultura, la propria religione, la propria identità. Ma chi è l’ebreo? Cosa intendiamo quando parliamo di “ebreo”? Secondo le Leggi ebraiche, è ebreo chi nasce da madre ebrea o chi si è convertito secondo le regole. Ma, dicono alcuni, questa de�nizione è troppo “nuda” perché non dà indicazioni di patria, né di lingua, né un qualche elemento di appartenenza alla comunità (come potrebbe essere la solidarietà nei confronti del popolo ebraico). Molti altri preferiscono a�ermare che essere ebreo è una questione di scelta. Ed evidentemente anche l’autore del �lm, insieme a Uri Orlev che ha scritto il libro e a Yoram Fridman credono che essere ebreo sia una questione di scelta, se alla �ne del �lm, il Signor Frenkiel, portando via con sé Srulik, si ferma davanti ad un bivio e dice al bambino: «La strada a destra porta a Varsavia, dove c’è l’orfanotro�o. Quella a sinistra c’è la casa dei

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Page 6: CORRI RAGAZZO Una corsa ad ostacoli · prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto

Uri Orlev è il più importante scrittore israeliano per ragazzi, conosciuto e amato dai lettori di tutto il mondo per la profondità dei suoi romanzi. Sopravvissuto a sua volta alla Shoah, Orlev ha conosciu-to personalmente la so�erenza del Ghetto di Varsavia prima e del campo di concentramento poi.Autore del capolavoro L’isola in via degli Uccelli, spiega con queste parole come è nato il libro Corri ragazzo corri: “Questa storia l’ho sentita raccontare in Israele da Yoram Friedman, che, a cinque anni, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, ha visto i tedeschi occu-pare il suo Paese, la Polonia, e che, a otto, in piena guerra, è rimasto solo. Tra i tanti bambini rimasti improvvi-samente soli al mondo, ce n’è sempre uno che non si lascia piega-re da un destino duro e crudele, perché la forza della vita che lo anima è più forte di tutto. E a volte la realtà supera ogni fantasia”.Corri ragazzo corri ha vinto numero-si premi tra i quali nel 2003 il Premio Cento (principale premio italiano per i libri dedicati all’infanzia), nel 2004 il Premio letterario Adei-Wizo, istituito dall’Associazione Donne Ebree d’Italia per la sezione narrati-va per ragazzi e nel 2005 il Book Parade, miglior libro dell’anno in Israele. Corri ragazzo corri è stato tradotto in oltre 15 lingue e uscito in più di 17 paesi.In Italia è pubblicato da Salani Editore.

Kobalski. Dove vuoi andare? Devi scegliere tu.» E Srulik, pur essendosi nel frattempo a�ezionato ai Kobal-ski che l’hanno accolto come un �glio, sceglie la strada più di�cile: quella dell’orfanotro�o per i bambini ebrei. Perché il piccolo Srulik compie questa di�cile scelta ora che aveva trovato una famiglia? Perché il signi�cato della sua scelta non solo va verso il progetto di fondare lo Stato d’Israele che avverrà tre anni dopo la �ne della guerra, nel 1948, ma soprattutto perché lui non dimentichi la verità di quanto accadu-to. Vivere con un altro nome, con un’altra identità rischia di far perdere la memoria di ciò che si è stato, rischia di fare di Srulik e di tutti i bambini che hanno vissuto la stessa esperienza, dei non-testimoni. Questa è la preoccupazione di suo padre, che sacri�ca se stesso pur di far vivere suo �glio, cioè la memo-ria futura, che deve arrivare �no a noi, che deve sopravvivere per tante altre generazioni che verranno. La scelta di Srulik non è di tipo a�ettivo (altrimenti sarebbe rimasto con i Kobalski) ma è un dovere verso la Storia, verso di noi, verso quelli che verranno dopo di noi.A questo proposito ricordiamo ciò che ha scritto il �losofo ebreo Emil Fackenheim nel suo bellissimo libro La presenza di Dio nella storia: “Nei tempi antichi il peccato impensabile per gli ebrei era l’idolatria. Oggi

consiste nel rispondere ad Hitler compiendo la sua opera (cioè smettendo di essere ebrei) […]. Dopo Auschwitz un ebreo è ancora testimone per le nazioni, e se lo è, qual è la sua testimonianza? […] Egli testimonia che, senza la resistenza, noi tutti periremo”. Fachenheim dice ciò che viene detto anche nel �lm: essere ebrei per essere testimoni. Questa è la promessa che Srulik fa a suo padre. Ed è interessante ciò che aggiunge il regista Pepe Dan-quart: «L’identità ebraica sfugge ad ogni tentativo rigido e schematico di de�nizione. Può essere paragonata semmai ad una realtà dinamica che, pur radicandosi in una Tradizione, continua a rimettere in discussione il proprio modo di manife-starsi a partire dai nuovi eventi che la storia riserva. Come ricorda Elie Wiesel: “Pure io li guardo, sempre più li guardo, e non li comprendo. Mi dico: il vero ebreo è chi nessuno com-prende”. Quindi il senso profondo dell’identità ebraica è porsi domande, considerare sempre che ci sono più pensieri plurali, mettere in discussione.»

Un po’ di storia: il ghetto di VarsaviaL’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, avvenuta il 1° settembre 1939, decretò l’inizio della seconda Guerra Mondiale. L’intervento di Francia e Gran Bretagna non fu tempestivo e in meno di un mese la Polonia si arrese. Il suo territorio, smembrato, violato, spartito, fu scenario, tra il 1940 e il 1945, di gravissimi crimi-ni contro l’umanità. Si pensi che su dieci campi di sterminio creati dai nazisti, sette erano su suolo polacco, preci-samente nelle zone più orientali e meno popolate. Tra questi Auschwitz, Belzec, Chelmno, Sobibór, Treblinka.Una volta raggiunta Varsavia, l’esercito, a�ancato anche dalle SS, trovò di fronte a sé la più grande comunità ebraica europea, seconda nel mondo solo a quella di New York.Nell’ottobre del 1939, ai 350.000 ebrei presenti in città se ne aggiunsero altri 150.000 deportati dalle province limitrofe. In poche settimane nel ghetto di Varsavia furono concentrati circa 500.000 ebrei. Uno spazio venti volte più piccolo dell’intero suolo cittadino conteneva la metà degli abitanti di Varsavia. Gli ebrei del ghetto dovevano indossare un bracciale ra�gurante la stella di David per essere meglio identi�cabili e potevano uscire solo per motivi di lavoro. Successivamente, però, con la costruzione del muro di recinzione, le restrizioni furono più aspre: non era più consentito uscire per nessuna ragione, furono interrotte le comunicazioni telefoniche e postali, ridotte le razioni di cibo, soppresse le linee di collegamento tramviaria, negata l’energia elettrica e gas. Le condizioni di vita erano tali da determinare una mortalità media mensile di 2.000 individui.Questa drammatica situazione, a cui purtroppo ne è seguita una ancora più atroce, ha avuto luogo �no al 1943 quando per volontà di Himmler (Capo delle SS) il ghetto fu smantellato e i residenti deportati nei vicini campi di sterminio. Non mancarono tentativi di resistenza da parte dell’organizzazione ebraica di com-battimento ma la tragica operazione Reinhard, che prevedeva l’eliminazione �sica del popolo ebraico, era iniziata con la tragica ferocia che conosciamo.Alla �ne della Guerra si piangeranno circa sei milioni di vittime ebree, di ogni sesso ed età. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di sterminio di Auschwitz e in quella data, così signi�cativa e impor-tante, le Nazioni Unite hanno deciso di ricordare le vittime dell’Olocausto.

Una corsa ad ostacoliLa storia di Srulik/Yurek è realmente accaduta ed appartiene ad un sopravvissuto oggi ancora in vita: Yoram Frid-man, come ci mostrano le ultime scene del �lm. Il regista Danquart decide di raccontare la storia assumendo un punto di vista particolare che è quello di Yoram bambino, che nel �lm prende il nome di Srulik/Yurek. Cosa vuol dire raccontare la Shoah con gli occhi di un bambino? Signi�ca innanzitutto avere la forza e il coraggio di guar-dare sempre avanti. Il titolo del �lm vuole indicare proprio questo: correre correre �nché c’è lo spazio per farlo, senza mai sentirsi vinti, sopra�atti da una forza in�nitamente più grande di ogni bambino. Se il �lm fosse una storia di avventura e basta, diremmo che Srulik/Yurek è il nostro eroe che combatte il mostro attraverso le armi della resistenza, dell’istinto di sopravvivenza, della �ducia negli altri, della capacità di adattamento. Se il �lm fosse una �aba, vedremmo in Srulik/Yurek una specie di Pollicino che nel buio delle notti deve essere in grado di ritrovare la strada per tornare a casa. Corri ragazzo corri è tutto questo ma vissuto in un contesto terribile: quello della guerra dove i mostri da combattere si moltiplicano perché ogni cosa diventa più precaria e incom-prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto di sopravvivenza mangia in fretta, si nasconde, corre, anche Srulik/Yurek vive i suoi anni alla ricerca di un posto e di un pasto caldi e se qualcuno vuole fargli del male, lui corre verso una tana più sicura. Ciò che più colpisce nella sua storia non è tanto il suo istinto di sopravvivenza quanto i comporta-menti di adulti che non hanno alcun rispetto o sentimento di pietà per un bambino rimasto solo. Possiamo dire che la dimensione in cui si muove Srulik/Yurek per quasi tutto il �lm è la solitudine. Ce lo dicono le immagini iniziali del �lm, in cui il bambino dorme o cammina in uno spazio in�nito di neve, dove il suo essere solo e picco-lo viene ampli�cato. E, tranne pochi momenti della storia in cui incontrerà adulti buoni, il bambino resterà �no alla �ne sostanzialmente solo.

Davide contro GoliaIl I mostri che il nostro piccolo eroe si trova a combattere sono tanti e forti: l’indi�erenza, la disattenzione, la smania di potere, l’ideologia, l’egoismo, la violenza nelle sue diverse espressioni.L’indi�erenza: la troviamo in coloro che chiudono porte e �nestre quando Srulik/Yurek a�amato va a bussare alle loro case. La troviamo nello sguardo, nel gesto di chi non coglie la sua solitudine e lo manda via come fosse un cane randagio. La disattenzione: Srulik/Yurek perde un braccio perché la disattenzio-ne degli adulti è alta. In un senso più metaforico, possiamo dire che la disattenzione mette sempre in pericolo i più deboli. Inoltre Srulik/Yurek viene messo a lavorare come fosse un adulto perché è la condi-

zione richiesta per guadagnarsi da mangiare; un partigiano nel bosco, colpisce con il fucile il cane che accompagna il bambino perché, per paura, spara sulla prima cosa che si muove, senza prestare attenzio-ne appunto. Ma è anche la disattenzione generale verso il bisogno di famiglia, di cura, di protezione, di a�etto che ogni bambino ha. È anche la disattenzione verso le diversità: Srulik per tentare di salvarsi deve inventarsi una nuova identità, quella che piace ai nazisti, perché l’essere ebreo non è accettato. Sappiamo che Srulik non è stato l’unico bambino in quel periodo ad aver vissuto questa di�cile storia, e che solo alcuni si sono salvati, altri invece, molti altri, non ce l’hanno fatta, complice l’indi�erenza, la disattenzione.La smania di potere: la troviamo nel comandante delle SS che vuole catturare il bambino. Cosa aggiun-ge alla sua carriera criminale un bambino catturato o ucciso? Nulla, ma deve farlo perché lui ha il potere u�ciale per farlo. Usa le armi non perché la situazione lo richieda ma perché lui ha il potere di usarle. Ordina ai suoi uomini di correre �no al �ume per catturare quel ragazzino ribelle che ha osato sfuggire al suo controllo mettendolo in ridicolo. L’ideologia: in un �lm sulla Shoah, l’ideologia pervade tutto il �lm. Senza l’ideologia nazista, le storie come quella di Srulik/Yurek non esisterebbero: un’ideologia che vede

negli ebrei, negli zingari, nei portatori di handicap, negli omosessuali le “razze” o le persone impure, da combat-tere, da eliminare. Un’ideologia che ha convinto molti in quel periodo, �no a portare persone “normali” a fare scelte assurde, come nel �lm, il medico che si ri�uta di curare il bambino perché ebreo. L’egoismo: nelle situazio-ni di�cili ed estreme, gli uomini sono capaci di tirare fuori il peggio di sé ma anche il meglio di sé. Così nel �lm vediamo una donna che rischia la propria vita, prendendosi cura del bambino, vediamo famiglie che nonostan-te la povertà condividono il cibo con il nuovo arrivato. Ma vediamo anche una coppia che �nge di prendersi cura di Srulik/Yurek per poi venderlo ai nazisti con il solo scopo di guadagnare un po’ di soldi. Molti polacchi, ancor prima dei nazisti, provavano sentimenti di ripulsa verso gli ebrei, contro i quali pregiudizi e razzismo non furono risparmiati. Il nazismo ha trovato in questa categoria di polacchi (come in molte parti d’Europa) il terreno fertile per realizzare il loro progetto di persecuzione e sterminio.E in�ne il mostro della violenza, che nel �lm non è solamente �sica ma soprattutto psicologica. Pensiamo a quante volte Srulik/Yurek è costretto a soddisfare il sospetto della sua vera identità. Indagare la parte più intima dell’altro è un atto di intromissione nella vita altrui che ha lo scopo di far vergognare il protagonista del proprio corpo e delle proprie origini. Se non si riesce ad eliminare Srulik/Yurek �sicamente perché troppo veloce, si tenta di eliminarlo nella parte più intima di sé e cioè nelle sue origini, nella sua religione, nella sua appartenenza ad una famiglia a cui è stato strappato troppo presto. In una parola, si tenta di privarlo della sua identità.

La questione dell’identitàe il dovere della memoria

Perché l’autore insiste tanto sulla questione dell’identità del bambino? Perché il padre, prima di morire, scolpi-sce nella memoria di Srulik parole pesanti come macigni: «Devi nascondere a tutti chi sei veramente ma non lo devi mai dimenticare. Non devi mai dimenticare che sei ebreo».E poi ancora, verso la �ne del �lm, quando Srulik si ri�uta di seguire l’ebreo Frenkiel che vuole portarlo all’orfano-tro�o per bambini ebrei, il Signor Frienkel dice al bambino: «Abbiamo bisogno di quelli come te. Gli ebrei, il tuo popolo, i tuoi fratelli, i �gli di Israele».Quando la Seconda Guerra mondiale �nì, la comunità internazionale e gli ebrei stessi si posero il problema di avere una terra che li ospitasse tutti e che diventasse lo Stato ebraico. Questa terra fu individuata in quella che oggi chiamiamo Israele. Frienkel fa cenno quindi a Srulik che è necessario che gli ebrei, tutti gli ebrei possano trovare una casa comune in cui non nascondersi, non avere più paura e in cui vivere serenamente la propria cultura, la propria religione, la propria identità. Ma chi è l’ebreo? Cosa intendiamo quando parliamo di “ebreo”? Secondo le Leggi ebraiche, è ebreo chi nasce da madre ebrea o chi si è convertito secondo le regole. Ma, dicono alcuni, questa de�nizione è troppo “nuda” perché non dà indicazioni di patria, né di lingua, né un qualche elemento di appartenenza alla comunità (come potrebbe essere la solidarietà nei confronti del popolo ebraico). Molti altri preferiscono a�ermare che essere ebreo è una questione di scelta. Ed evidentemente anche l’autore del �lm, insieme a Uri Orlev che ha scritto il libro e a Yoram Fridman credono che essere ebreo sia una questione di scelta, se alla �ne del �lm, il Signor Frenkiel, portando via con sé Srulik, si ferma davanti ad un bivio e dice al bambino: «La strada a destra porta a Varsavia, dove c’è l’orfanotro�o. Quella a sinistra c’è la casa dei

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... il regista PEPE DANQUART:«Sono stato a lungo in cerca di materiale che fosse emotivamente potente e ricco di signi�cato storico da far battere il cuore solo leggendo la sceneggiatura; che fosse una storia straordinaria e commovente, storicamente accurata, raccontata da un punto di vista inedito. Un �lm meritevole di qualsiasi sforzo e di qualsiasi rischio da correre. Un �lm che sarebbe rimasto nella memoria collettiva del pubblico, anche dopo 20 anni.Ho �nalmente trovato tutto questo leggendo il romanzo Corri ragazzo corri di Uri Orlev, un libro per ragazzi che è diventato un bestseller in tutto il mondo.Come opera di �nzione la storia sembra per�no troppo assurda per essere vera. Ma quel ragazzino è sopravvissuto e ancora oggi, all’età di 79 anni, racconta la sua storia a chiunque abbia voglia di ascoltarla. Con il mio �lm volevo far conoscere questa storia a coloro che non l’hanno ancora sentita perché chiunque vedrà il viaggio di Jurek non potrà non emozionarsi. Avranno paura, saranno pieni di ammirazione per lui, so�riranno e piangeranno con lui. Come è successo a me quando ho letto il libro la prima volta.Non avevo intenzione di fare un �lm solo per bambini o per ragazzi, ma volevo o�rire una forte esperienza cinematogra�ca a tutti, giovani e vecchi. Jurek dimostra la capacità di resistere di un adulto. Eppure è proprio la sua giovane età a proteggerlo, mentre a�ronta numerosi pericoli con lo spirito avventuroso di un bambino. Il fatto che sia un bambino a guidarci in questa storia – un innocente, con la sua naturale curiosità di esplorare il mondo e di sopravvivere – rende ancora più orribile la tragedia dell’Olocausto».

... i produttori:«Il piccolo Srulik passerà forse alla storia del cinema come uno dei bambini più coraggiosi mai visti. Il �lm è un omaggio a tutti i bambini che, anche oggi in alcune parti del mondo, devono com-battere per restare vivi e, nonostante le più terribili circostanze, riescono non solo a sopravvivere ma anche a migliorarsi.Il �lm è un inno alla vita, alla sopravvivenza, alla fede e alla speranza».

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Page 7: CORRI RAGAZZO Una corsa ad ostacoli · prensibile. Ma un bambino non coglie la precarietà delle situazioni, le vive e basta e istintivamente le supera. Come un animale che per istinto

In una delle scene iniziali, Srulik è drammaticamente faccia a faccia con suo padre che fa fare al bambino una promessa. Qual è la promessa? Che signi�cato hanno le parole del padre?

Ciò che il padre dice a Srulik, richiama concetti importanti come “identità”, “diversità”, “appartenenza”, “me-moria”. Partendo dalle informazioni che tu hai già sulla storia degli ebrei, che signi�cato hanno queste parole?

Sai che ciò che viene raccontato nel �lm è tutto realmente accaduto. Come descriveresti o disegneresti il viaggio di Srulik? Quali tra le varie di�coltà che il bambino ha a�rontato, ti ha maggiormente colpito?

La fame, il freddo, la solitudine, l’indi�erenza, l’intolleranza…credi che ancora oggi ci siano bambini nel mondo vittime di queste di�coltà? Fai degli esempi. Quali articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo vengono costantemente disattesi?

Quando Jurek incontra la famiglia Kobalski che lo accoglie come un �glio, lui accetta di ricevere il sacra-mento della comunione che non è previsto nella religione ebraica. Perché secondo te lo fa? Ti è sembrata una scelta giusta, sbagliata o accettabile?

Ha fatto bene Srulik a lasciare la famiglia Kobalski per andare in orfanotro�o? Che signi�cato hanno le parole del Signor Frenkiel: «Abbiamo bisogno di bambini come te. I bambini dispersi sono il nostro futuro”».

Perché alla �ne del �lm, l’autore sceglie di mostrarci Srulik da grande, cioè il Signor Yoram Fridman?

Conosci altre storie (raccontate in libri o �lm) che abbiano raccontato la Shoah dal punto di vista di un bam-bino o di una bambina? Cosa hanno in comune con la storia di Srulik?

Credi che sia giusto conoscere queste storie accadute circa settant’anni fa? Conoscendole, cosa dovremmo apprendere?

Scegli una scena o un’immagine o una frase del �lm che ancora in questo momento ti ritorna nella mente. Riportala su un foglio. Poi confrontala con quanto scelto dai tuoi compagni. Avete tutti scelto la stessa cosa? Create una mappa del �lm partendo dalle immagini e dalle parole che avete scelto.

scheda a cura di Rosa Ferro

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