CORRADO · 2020-04-17 · Corrado Faissola, Consigliere Delegato del Gruppo Banca Lombarda e...

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CORRADO FAISSOLA LE PROSPETTIVE DELLE BANCHE ITALIANE FRANCESCO PIZZETTI TUTELA DELLA PRIVACY E SISTEMA BANCARIO

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CORRADOFAISSOLALE PROSPETTIVE DELLEBANCHE ITALIANE

FRANCESCOPIZZETTITUTELA DELLA PRIVACYE SISTEMA BANCARIO

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1 EDITORIALE2 LE PROSPETTIVE DELLE BANCHE ITALIANE

INTERVISTA A CORRADO FAISSOLA6 CREARE LAVORO PUNTANDO SULLA RELAZIONE

INTERVISTA A VICTOR MASSIAH10 TUTELA DELLA PRIVACY E SISTEMA BANCARIO

FRANCESCO PIZZETTI13 OLTRE IL MERCATO

LE RIFLESSIONI DI GIOVANNI BAZOLI SU MERCATO E DISUGUAGLIANZA, NEL CONTESTO DELLA GLOBALIZZAZIONE

WALTER GIORGIO SCOTT18 L’EURO MONETA INTERNAZIONALE

GIORGIO S. FRANKEL24 LA GLOBALIZZAZIONE BLOCCATA

MARIO DEAGLIO30 LONGEVITÀ, MODELLI SISTEMICI E RISCHIO D’IMPRESA

ANDREA BATTISTA38 PATTICHIARI, UN PRIMO BILANCIO

INTERVISTA A MASSIMO ROCCIA41 I PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONE DEGLI INTANGIBILI

SPECIFICIMARIO SPALTINI

46 LA BANCA REGIONALE EUROPEA VISTA DAL CLIENTE48 OBIETTIVO:COMUNICARE SUL PUNTO VENDITA

IL NUOVO SISTEMA INTEGRATO DI MERCHANDISING DELLA BANCA REGIONALE EUROPEA

50 IL MUSEO TEATRALE ALLA SCALARENATO GARAVAGLIA

60 IL MUSEO DELL’ARPA A PIASCOMARCO BUCCOLO

68 RINASCONO TEATRI NELLA PROVINCIA DI PAVIAANTONIO SACCHI

70 STRADELLA, LA SFIDA DI UN TEATROFABRIZIO GUERRINI E ROBERTO LODIGIANI

74 I PRINCIPI E LE ARTI AL POLDI PEZZOLI DIPINTI E SCULTURE DELLA COLLEZIONE LIECHTENSTEIN

76 EDOARDO SANGUINETI E EVGENIJ EVTUSENKO VINCITORIDEL PREMIO LIBREX MONTALE 2006

78 VECCHIO PIEMONTE, CULLA DEL SENSO DELLO STATOALLE RADICI DELLA REPUBBLICA E DELL’EUROPEISMO

ALDO A. MOLA84 IL MEMORIALE DELLA DEPORTAZIONE

DI BORGO SAN DALMAZZO, PER NON DIMENTICAREVANNA PESCATORI

86 IL MUSEO FERROVIARIO PIEMONTESEDI SAVIGLIANO

CLAUDIO DUTTO94 UNA SQUADRA RICCA DI AMBIZIONI

GIANNI SCARPACE96 LA SFIDA DEL CALCIO PAVESE98 NOTIZIE DALLA BANCA REGIONALE EUROPEA

INDICE QUESTO NUMERO

In copertina:Museo dell’Arpa (Piasco, CN): particolare di un’arpa. Museo Teatrale alla Scala: la sala dedicata al Novecento. Il Teatro Comunale di Stradella.

I servizi fotografici sono di Bruno Garavoglia.

Rivista della Banca RegionaleEuropean. 21 (nuova serie), anno 28

Direttore responsabile:Carlo Benigni

Direzione:Via Roma, 13 - 12100 Cuneo tel. 0171/4461fax 0171.446098e-mail:[email protected]

Autorizzazione del Tribunale diCuneo n. 2/78del 14-3-1978

Graficadi Gianni Parlacino

Fotolito StampaTipolitoEuropa - Cuneo

Questo numero è stato chiuso in tipografia il 3 agosto 2006.

Spedizione in abbonamentopostale comma 34 art. 2Legge 549/95Filiale di Cuneo

Associato all’USPIAssociazione StampaPeriodica Italiana

Questo numero, particolarmente ricco di collaborazioniautorevoli, si apre con un’intervista al nuovo Presidentedell’ABI, Corrado Faissola, sulle prospettive delle bancheitaliane, e con un contributo del Garante per la Protezionedei Dati personali, Francesco Pizzetti, su tutela dellaprivacy e sistema bancario. Victor Massiah, DirettoreGenerale del Gruppo Banca Lombarda e Piemontese,ne analizza il posizionamento e le strategie. WalterG.Scott commenta il recente libro di Giovanni Bazoli“Mercato e disuguaglianza”. Giorgio S.Frankel prefiguragli scenari monetari internazionali di medio e lungoperiodo, che potrebbero vedere accresciuto il ruolodell’euro rispetto al dollaro. Dall’XI° Rapporto sull’Italiae l’economia globale, “Tornare a crescere”, a cura delCentro Einaudi di Torino, Rassegna riprende le analisidell’economista Mario Deaglio sullo stato dell’arte dellaglobalizzazione. Massimo Roccia presenta la nuova iniziativa “Investimenti finanziari a confronto, capire e scegliere i prodotti finanziari” promossa dall’ABI nell’ambito del programma “PattiChiari”, nel segnodella trasparenza e della tutela dei risparmiatori.Andrea Battista, Direttore Generale di Duomo Assicu-razioni, approfondisce le tematiche della previdenzaintegrativa, destinata ad assumere un ruolo centrale nelfuturo sistema pensionistico. Mario Spaltini descrive lemetodologie di valutazione degli elementi “intangibili”che, pur non presenti a bilancio, concorrono a deter-minare il valore delle imprese. I servizi illustrati sonodedicati al Museo dell’Arpa di Piasco, unico al mondo;al Museo Teatrale alla Scala di Milano, al Teatro di Stradella e al Museo Ferroviario Piemontese diSavigliano. Nel campo della cultura, sono descritte dueiniziative di alto profilo sostenute dalla banca: il Premiodi Poesia Eugenio Montale, assegnato quest’anno aEdoardo Sanguineti e Evgenij Evtusenko, e la mostra del prossimo autunno del Museo Poldi Pezzoli, dedicataai tesori d’arte del Principato del Liechtenstein. Come di consueto, ampio spazio è dedicato alle attivitàdella banca, con particolare attenzione alle iniziativevolte a migliorare la qualità della relazione con il cliente.

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Un recente editoriale di questa rivista aveva come titolo “ragionevole fiducia”: i fatti ne confermano la fondatezza. Vi sono segnali sempre più consistenti di unaripresa economica, cresce la produzione industriale, sembra conclusa la stagione di un certo avventurismo nel campo della finanza. Non vi sono alle porte scadenzeelettorali di rilievo e di conseguenza, ad ogni livello di governo, è possibile ragionareed agire nell’ottica del medio periodo, sulla base di una precisa agenda e non diurgenze immediate e contingenti. Il metodo della concertazione ritorna ad essere un modello di riferimento, in grado di consentire decisioni condivise. L’obiettivo è ora di adattare il Paese e le sue strutture alle sfide ed alla realtà, spesso dura, della globalizzazione, individuando il miglior punto di equilibrio tra le esigenze del mercato e quelle di una società solidale, che non si limiti ad essere una sommadi egoismi personali, si ispiri ad una cultura delle regole e sappia offrire ai giovaniun futuro degno di essere vissuto.

Nel mese di luglio l’Associazione Bancaria Italiana ha eletto nuovo presidente l’avv. Corrado Faissola, Consigliere Delegato del Gruppo Banca Lombarda e Piemontesee Vice Presidente vicario della Banca Regionale Europea. È una nomina che ciriempie di legittimo orgoglio: al nuovo Presidente rivolgiamo, con le più sincerecongratulazioni, i migliori auguri di buon lavoro. Conoscendone la competenza, lo stile, la capacità di lavoro e di organizzazione, siamo certi che il sistemabancario italiano possa solo giovarsene, anche per rinverdire il rapporto fiduciariocon i risparmiatori.

Il Gruppo Banca Lombarda e Piemontese ha avviato il processo di fusione dellaBanca Cassa di Risparmio di Tortona nella Banca Regionale Europea, che ne ha acquisito l’intero capitale sociale e la cui rete crescerà da 260 a 289 filiali. La rete di Tortona darà maggiore continuità alla presenza territoriale della BancaRegionale Europea, fungendo da cerniera tra le sue tradizionali aree di riferimentopiemontesi e lombarde in cui è leader di mercato. La decisione è in linea con l’individuazione della Banca Regionale Europea come banca di riferimento del Gruppo nell’Italia del nord ovest. I piani strategici sono in piena attuazione,i conti economici della Banca Regionale Europea presentano ottimi risultati. Una conferma ulteriore del fatto che non ha senso parlare indistintamente di“sistema bancario”, e che occorre selezionare tra banca e banca, sulla base dei criteri di efficienza, solidità, trasparenza, redditività; criteri rispetto ai quali le classifiche confermano il Gruppo Banca Lombarda e Piemontese e la BancaRegionale Europea in posizioni di eccellenza.

UNA STAGIONE DI RIPRESA

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L’avv. CorradoFaissola,ConsigliereDelegato delGruppo BancaLombarda ePiemontese e VicePresidente vicariodella BancaRegionaleEuropea, è daluglio Presidentedell’AssociazioneBancaria Italiana.Rassegna lo haintervistato sullasituazione del sistema bancariodel nostro Paesee sugli scenariprossimi venturi.

LE PROSPETTIVE DELLE BANCHE ITALIANEINTERVISTA AL PRESIDENTE DELL’ABI, CORRADO FAISSOLA

“Un cammino virtuoso”. Così Corrado Faissola,da luglio alla guida dell’Associazione bancariaitaliana, definisce “quel processo di grandi trasformazioni e cambiamenti che negli ultimianni hanno portato le banche italiane suglistessi livelli di efficienza del resto d’Europa”.E grazie al quale, aggiunge il Presidentedell’Abi, “oggi l’Italia può contare su di unsettore bancario solido e stabile, che svolge un ruolo centrale e cruciale per lo sviluppodell’economia e la competitività del sistema-paese. Prossime tappe? Proseguire questo percorso, puntando sull’innovazione, la qualitàe l’efficienza da un lato, ma anche sulla semplificazione delle offerte, del dialogo e del rapporto con famiglie e imprese dall’altro”.

Presidente Faissola, il giorno stesso dellasua elezione, il Ministro dell’EconomiaPadoa-Schioppa e il Governatore dellaBanca d’Italia Draghi all’Assemblea annualedell’Abi hanno messo l’accento su crescita econcorrenza. Condivide queste priorità peril settore bancario italiano?Assolutamente sì. È un terreno sul quale lebanche italiane sono già a buon punto, perchénel giro di un decennio, tra gli anni Ottanta eNovanta, si sono lasciate alle spalle l’anacroni-stico sistema degli istituti di credito pubblici,dando vita ad un comparto di imprese private,molte delle quali quotate in borsa, che si guadagnano fette di mercato e fiducia dei clientifacendosi concorrenza tra loro sul piano dellaqualità, dell’efficienza e della convenienza.Questo processo virtuoso, come hanno dettoanche Draghi e Padoa-Schioppa, può e devecontinuare. La concorrenza, infatti, è un beneprezioso, perché consente alle aziende diesprimere al meglio le proprie potenzialità e aiclienti di avere servizi migliori a prezzi semprepiù competitivi. Ma ad una condizione.

Quale?La semplicità. Oggi esiste sul mercato unavasta gamma di prodotti e servizi ed ogni consumatore può scegliere la soluzione piùadeguata alle proprie esigenze, per caratteristi-che e prezzo. Una ricchezza di opportunità che

però potrebbe disorientare i clienti ed è perquesto che l’offerta, le informazioni e il dialogocon le banche devono essere sempre piùcaratterizzati dalla massima semplicità, oltreche da chiarezza e trasparenza. Su questo ver-sante, fermo restando il rispetto delle politichecommerciali che ogni banca sceglie autonoma-mente e in concorrenza con le altre, l’Abi svol-gerà il suo ruolo in modo proattivo, in partico-lare con un’ampia opera di sensibilizzazione.

Il Governatore Draghi ha anche auspicatouna nuova stagione di fusioni. Crede che in futuro ci sarà sempre meno spazio perle piccole banche? Il settore bancario italiano ha dimostrato diavere la straordinaria capacità di saper tenerein considerazione sia le esigenze delle piccolee vitali realtà locali della nostra penisola,

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sia quelle della crescita e del rafforzamentoper non perdere terreno rispetto ai concorrentistranieri. All’Abi non spetta dare indicazioni di mercato alle singole banche, né svolgere un ruolo propulsivo nelle operazioni di fusioneo acquisizione. Quello che conta, dal nostropunto di vista, è che ogni banca, piccola ogrande che sia, cerchi sempre di fare megliodei propri concorrenti in termini di qualità ed efficienza dei servizi.

L’altra faccia di questa medaglia, però, è rappresentata dalle “attenzioni” che lebanche straniere hanno sempre più spessoverso gli istituti italiani e il nostro mercato.Questa è la dimostrazione più evidente, oltre che la naturale conseguenza, del fattoche siamo un mercato bancario importante e un paese affidabile. Quindi siamo ambiti e appetibili. Ma, al tempo stesso, questo vuoldire che anche noi abbiamo la forza di rivol-gere sempre più l’attenzione oltre confine. E le banche italiane lo stanno facendo, intensificando la strategia di acquisizione di partecipazioni in banche estere, specie neipaesi dell’est europeo. Con un tornacontopositivo anche per i clienti, visto che in questomodo facciamo da “apripista” alle imprese,soprattutto Pmi, che vogliono espandere la propria attività oltre confine, affermandoancora di più le qualità e le eccellenze delMade in Italy sui mercati internazionali.

Guardando oltre i confini del settore bancario, infine, la crescita e lo sviluppodell’economia passano necessariamenteattraverso una politica economica efficace.Cosa chiedono le banche al Governo Prodie quale “ricetta” di provvedimenti urgentie prioritari suggeriscono?Per sostenere la ripartenza della nostra economia, dopo una lunga fase difficile, è indispensabile continuare a puntare sul contenimento e la razionalizzazione dellaspesa pubblica, sul rilancio degli investimentiin infrastrutture e sulla realizzazione di tuttequelle riforme utili a liberare il mercato da vincoli e ostacoli che ancora esistono. Solo una politica economica basata su questicapisaldi può contribuire, incrementando lo sviluppo di settori importanti e cruciali, a stimolare la ripresa e la competitività dellanostra economia, con effetti benefici anchesulla capacità di attrarre investimenti stranieri.Le banche, che chiedono di essere considerateal pari di tutte le altre imprese e quindi di nonessere discriminate e penalizzate con misureche non siano in linea con l’Europa, sonopronte a fare la loro parte.

IL NUOVO CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLABANCA REGIONALE EUROPEA

PIERO BERTOLOTTO CONFERMATO ALLA PRESIDENZA L’Assemblea dei soci della Banca Regionale Europea,nel corso della riunione tenuta il 13 aprile, ha nominato il nuovo consiglio di Amministrazione, in carica per il prossimo triennio. Piero Bertolotto è stato confermato alla Presidenza;Corrado Faissola è stato confermato Vice Presidentevicario; Mario Cera Vice Presidente.Fanno parte del Consiglio di Amministrazione: Giovanni Arbocco, Piero Bassetti, Giuseppe Camadini,Dario Chiapello, Piergiorgio Ferrua, Maurilio Fratino, Dario Gastaldi, Victor Massiah, Riccardo Ravizza, Angelo Dario Scotti, Livio Strazzera, Lino Tedeschi.Presidente del Collegio Sindacale è stato nominatoFilippo Rovetta; sindaci effettivi, Paolo Delfino e Piero Mella; sindaci supplenti, Vannio Lazzari e Giampietro Rubino.Fanno parte del Comitato Esecutivo Piero Bertolotto,Corrado Faissola, Mario Cera, Victor Massiah e Livio Strazzera.

Roma, Palazzo Altieri, sede dell’Abi;sopra: la Sala Rossa

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Rassegnariprende il comunicatodiramatodal Gruppo Banca Lombardae Piemontese il 26 luglio 2006.

AVVIATO IL PROCESSO DI FUSIONE DELLABANCA CASSA DI RISPARMIO DI TORTONANELLA BANCA REGIONALE EUROPEA

Il Gruppo Banca Lombarda e Piemontese haavviato il processo di fusione della Banca Cassadi Risparmio di Tortona in Banca RegionaleEuropea, che ha nel frattempo acquisito l’interocapitale sociale di Cassa di Risparmio di Tortona.Il progetto è subordinato all’autorizzazione di Banca d’Italia. L’operazione si inserisce nelpiù vasto ambito degli interventi previsti nelpiano strategico 2006/2008 orientati a creare i presupposti per un efficientamento comples-sivo degli assetti partecipativi del Gruppo.Infatti i due istituti risultano complementariper presenza geografica. Cassa di Risparmio di Tortona ha 29 Filiali e 3 Unità Impreselocalizzate in provincia di Alessandria, mentre

Banca Regionale Europea ha 260 Filiali e 19Unità Imprese dislocate nelle altre provincepiemontesi, in Lombardia, Emilia-Romagna e Valle d'Aosta.L’operazione porterà a un miglioramento dellaqualità del servizio per i clienti di Cassa diRisparmio di Tortona grazie all’ampliamentodella gamma di competenze a disposizione,alle maggiori dimensioni operative e quindi al maggiore supporto da parte della nuovaBanca. L’integrazione sarà gestita con l’obiettivodi salvaguardare il presidio del territorio e iltradizionale legame della rete di Banca Cassa di Risparmio di Tortona con la realtà locale.

SI COMPLETA IL PIANO STRATEGICO DELLA BANCA REGIONALE EUROPEA

29 NUOVE FILIALI IN PROVINCIA DI ALESSANDRIA

Con l’aquisizione della rete della Banca Cassa di Risparmio di Tortona sarà completato il disegno strategico originario della Banca Regionale Europea, costituita nel 1994 con l’obiettivo di presidiare il territorio di una macro-regione. Dal 2000 la BRE è la banca di riferimento del Gruppo

nell’Italia del nord-ovest.La Banca Cassa di Risparmio di Tortona è una azienda

di credito solida e ricca di storia, con una raccolta globale di oltre 1,5 miliardi di euro.

La nuova rete fungerà da cerniera tra le tradizionali aree di forza lombarde e piemontesi della Banca Regionale Europea.

ALESSANDRIA• •TORTONA

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Il Gruppo Banca Lombarda e Piemontese haapprovato il proprio codice etico, valido per le banche e le società che ne fanno parte.Rassegna riprende la premessa del codice ed i principi della “Carta dei Valori”.

PREMESSAIl Gruppo Banca Lombarda e Piemontese, nell’intento di conseguire importanti risultatinel rispetto di regole chiare, precise e trasparenti,ha stabilito di ispirarsi nel proprio modellodi organizzazione, di gestione e di controlloalla “Carta dei Valori d’Impresa”, elaboratadall’Istituto Europeo per il Bilancio Sociale ed ai valori/principi in essa contenuti di seguitoriportati:· centralità della persona, rispetto della sua integrità fisica e culturale e rispetto dei suoivalori di interrelazione con gli altri;· valorizzazione delle risorse umane attraverso percorsi di accrescimento professionale e dipartecipazione agli scopi di impresa;· rispetto e tutela dell'ambiente;· attenzione ai bisogni e alle aspettative legittimedegli interlocutori interni ed esterni permigliorare il clima di appartenenza e il gradodi soddisfazione;· affidabilità dei sistemi e delle procedure di gestione per la massima sicurezza degli addetti,della collettività e dell'ambiente;· efficienza, efficacia ed economicità dei sistemi gestionali per accrescere costantemente i livellidi redditività e di competitività dell'impresa;· impegno costante nella ricerca e nello sviluppo,in tutte le aree di intervento, per favorire epercorrere - nel perseguimento del disegnostrategico - il massimo grado di innovazione;· correttezza e trasparenza dei sistemi di gestione in conformità alle norme ed alle con-venzioni vigenti, nei riguardi delle componentiinterne ed esterne all'impresa;· interrelazione con la collettività e con le sue componenti rappresentative, per un dialogopartecipativo di scambio e di arricchimentosociale, finalizzato al miglioramento della qualità della vita.

I PRINCIPI DELLA CARTA DEI VALORIIl Gruppo Banca Lombarda e Piemontese hainoltre elaborato una propria “Carta dei Valori”ispirata ai seguenti principi:· senso di responsabilità, fondato sulla corret-tezza delle azioni, la trasparenza e la continuitàdei rapporti nei confronti di tutti gli stakehol-ders (clienti, azionisti, dipendenti e collettivitàintera), garantite attraverso la necessariaattenzione alle norme ed al corretto operarenonché al dialogo ed alla chiarezza che costi-tuiscono fondamento di rapporti duraturi e di buona reputazione;· capacità di ascolto e rispetto dei clienti, ponendosi quale partner attento, serio e con-sapevole delle responsabilità derivanti dalruolo di intermediario finanziario e creditizio,attraverso l'ideazione e la realizzazione dilinee di offerta rispondenti ai diversi profilidella domanda;· innovazione, intesa quale capacità competitivadi adeguare i propri prodotti e servizi allesempre nuove esigenze della clientela ancheattraverso le opportunità dello sviluppo tecno-logico ai fini dell’efficientamento dei costi e del miglioramento della qualità dei processiinterni;· rispetto dei diritti e delle pari opportunità, nella piena condivisione dei principi fonda-mentali dell' ordinamento giuridico italiano in tema di libertà di pensiero e di pari opportunità, disconoscendo ogni forma didiscriminazione, esterna ed interna, diversadai corretti ed onesti requisiti di legalità al finedel conseguimento del proprio oggetto sociale;· tradizione e legame col territorio, ritenendo che la propria storia imprenditoriale, nella suacostante interazione col territorio, nel segnolasciato dalle personalità fondatrici e da quellesuccessive, costituisca un patrimonio preziosoda mantenere vivo ed attuale attraverso unavisione innovatrice ed aperta ai cambiamenti.

LA CARTA DEI VALORI DEL GRUPPO BANCA LOMBARDA E PIEMONTESE

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La rete di filiali dellaBanca RegionaleEuropea

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Il Gruppo BancaLombarda ePiemontesedeve puntare a capitalizzare il più possibile gli aspetti che meglio locaratterizzanosul mercato, come la prossimitàterritoriale,la snellezza dei processi decisionalie la maggioreflessibilità.Ma l’elementofondamentaleresta la capacitàdi presidiare e potenziare la relazione con la clientela.

STRATEGIE E POSIZIONAMENTO DEL GRUPPOBANCA LOMBARDA E PIEMONTESEOBIETTIVO: CREARE VALORE PUNTANDO SULLA RELAZIONE

La creazione della capogruppo Banca Lombarda(1999). L'ingresso nel Gruppo della Cassa di Risparmio di Tortona (1999) e della BancaRegionale Europea (2000). La nascita di LombardaSistemi e Servizi (2001) e la razionalizzazionedelle reti distributive (2002), più una serie diacquisizioni mirate nel periodo 2002-2005:Grifogest, Artesia Bank, Caboto Int. (ora GestioniLombarda Suisse), Banca Idea (oggi BancaLombarda Private Investment), promotori Desio,promotori BPEtruria. Queste le tappe principalidella crescita del Gruppo Banca Lombarda e Piemontese sul mercato bancario italianonegli ultimi anni, al momento del lancio delnuovo piano industriale 2006- 2008. “Il bilancio 2005, - spiega Victor Massiah,direttore generale dell’istituto,- ha chiuso unciclo di cinque anni che sono stati dedicati con successo al consolidamento e alla rapidaintegrazione del Gruppo sulla base del modellofederale divisionale. Oggi il Gruppo BancaLombarda e Piemontese rientra fra le primedieci realtà bancarie in Italia per capitalizzazionee opera su tutte le tipiche attività di businessbancario con l’eccezione di due aree, il retailbanking europeo e il merchant banking, sulle quali stiamo tuttora valutando se entrare o meno. Ormai ci caratterizziamo per i livelli di complessità e capacità funzionale tipici di un grande gruppo bancario. Tuttavia non basta. La previsione di un ulteriore consolidamentodel sistema e la necessità di soddisfare gli azio-nisti ci ha portato ad avviare una seconda fase,incentrata su una crescita endogena importante.Con questo non vogliamo escludere a priorieventuali altre operazioni sul mercato, tuttaviala necessità di un piano orientato a una fortecrescita strutturale nei prossimi tre anni eraineludibile”. In estrema sintesi, il Gruppo BancaLombarda e Piemontese punta a raggiungerequota 390 milioni di utili netti nel 2008 dai239 del 2005. Il target per il cost/income è del 48% (oggi è circa al 58%), mentre per ilRoe è superare il 14% (contro il 12% attuale).Per finanziare il nuovo piano industriale,Banca Lombarda e Piemontese ha deliberatoun aumento di capitale per circa 350 milioni.“Se guardiamo al mercato in una prospettivaeuropea, - osserva Massiah, - diventa evidente

come tutte le banche italiane oggi si trovino aoperare in un contesto di potenziale acquisizione.Questa considerazione non deve però costituireelemento di disturbo, bensì uno stimolo a faresempre meglio. Per quanto ci riguarda, dobbiamo capitalizzareil più possibile gli aspetti che ci caratterizzanopositivamente sul mercato, come la maggiorevicinanza al territorio, la maggiore snellezza deiprocessi decisionali e la maggiore flessibilità”.

UNA CRESCITA SUPERIORE AL SISTEMAQuesti in sintesi gli elementi principali del pianoindustriale: crescita superiore al sistema dellevariabili creditizie; maggiore presenza nellearee dei prodotti assicurativi (vita e danni) edel credito al consumo; mantenimento di unaeccellente qualità del credito; miglioramentodella redditività mediante una più efficienteallocacazione del capitale; forte disciplina suicosti. “Quanto al miglioramento della redditività,- spiega Massiah, - riteniamo fondamentale lanostra rifocalizzazione verso la media e piccolaimpresa e i piccoli operatori economici:dobbiamo essere sempre più vicini alla clientelaattraverso un’offerta modellata secondo le suecaratteristiche. In questo quadro, il mix della

INTERVISTA A VICTOR MASSIAHDIRETTORE GENERALE DEL GRUPPO BANCA LOMBARDA E PIEMONTESE

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composizione degli impieghi muterà in favoredei piccoli operatori economici (+2%) e dellepiccole e medie imprese (+3,5% e 1% rispetti-vamente). Intendiamo inoltre crescere in modosostanziale nel comparto assicurativo, ad esempio attraverso il lancio di un’offerta sullaassicurazione danni con Cattolica Assicurazioni,mentre per quanto riguarda il credito al consumoamplieremo sicuramente la nostra offerta e per questo stiamo valutando le possibili opportunità insieme a GE Money. Nel creditoal consumo Banca Lombarda e Piemontesepunta a diventare uno dei leader di mercato,attraverso il perfezionamento di alleanze stra-tegiche che consentirebbero in tempi brevi di massimizzare la qualità nella gestione delrischio, l’efficacia commerciale e la capillaritàdistributiva”.

PRIVATE BANKING ED ESPANSIONETERRITORIALEAltra fonte di crescita importante per BancaLombarda e Piemontese sarà il private banking.In questo ambito, con in programma il miglio-ramento del servizio alla clientela mediantel’introduzione del Global Financial Planningper il calcolo del rischio e la pianificazione diportafoglio, l’acquisizione di nuova clientela el’incremento delle masse amministrate mediantecampagne commerciali, lo sviluppo dei clienti“marginali” e le sinergie con altre divisioni. È previsto inoltre il rafforzamento delle strut-ture e la assunzione di nuovi private banker.

“A questo proposito, - fa notare Massiah,- sitenga presente che la nostra banca dei promo-tori Banca Lombarda Private Investment è giàin utile dopo un solo anno di attività”. Infinel’evoluzione della rete distributiva del Gruppo,che sarà caratterizzata da una crescita “selettivae mirata ai target e ai territori di interesse”. In particolare, Banca Lombarda e Piemonteseprocederà all’apertura di 42 filiali retail, 9 filialidedicate all’attività corporate, oltre a 8 centriprivate. Il numero complessivo di punti venditasalirà da 786 a 837. “Ogni banca del Gruppo, - sottolinea Massiah,-continuerà a operare nel bacino territoriale di competenza, ma nell'area urbana di Milano, al fine di rafforzare la posizione sul mercatoed alla luce degli elevati potenziali della città,si interverrà strutturalmente per uniformare idiversi marchi oggi operanti, aggiungendo qualeelemento unificante il marchio del Gruppo,ferma restando l’individualità giuridica e la riconoscibilità delle singole banche. Peraltrol’intervento sarà esteso progressivamente alle restanti province lombarde dove esistonoancora situazioni di sovrapposizione operativa”.Massiah si mostra prudente sul tema dell’inno-vazione delle filiali nella direzione dell’auto-matizzazione, puntando ad esempio sul poten-ziamento delle funzionalità di versamentoautomatico. “È corretto investire sul rinnova-mento delle filiali puntando in particolare sul versamento automatico, - spiega Massiah,-tuttavia i tempi di reazione della clientela nonsaranno così rapidi. È vero che già oggi esisteuna fetta di clientela sempre più propensa al faida te, ma le resistenze da parte della clientelasono ancora consistenti. La stessa curva di diffusione del bancomat non è stata certorepentina, ma ha assomigliato piuttosto a unaiperbole. Peraltro già alcune volte in passato èstata annunciata la morte imminente della filialetradizionale, che poi però non si è verificata.Ricordiamoci che tenere i clienti fuori dalla filialepuo finire per trasformarsi anche in un autogol”.

IL CONTROLLO DEI COSTIIl Piano 2006-2008 si pone come detto unobiettivo di cost/income inferiore al 48% a fine2008, pur tenendo conto degli investimenti per lo sviluppo del business. “È evidente cheper essere in grado di crescere in un mercatocosì competitivo come quello italiano è neces-sario avere una struttura di costi equilibrata e flessibile. In generale, il nostro obiettivo è limitare la crescita dei costi al di sotto deltasso d’inflazione. Gli aumenti “automatici” da contratti e quelli connessi con l’inflazionesaranno parzialmente compensati con specifici

• Ricavi complessivi pari a 1,4mld euro

• 1,4 milioni di clienti• ROE al 12%• Cost Income ratio al 58,1%• 7.562 dipendenti• 787 filiali, presenti soprat-

tutto nell’ Italia del nord-ovest • Quota di mercato su impieghi

e raccolta al 2,1% circa• Capitalizzazione di mercato

intorno ai 4,5 mld di euro

Quota di mercato. Settembre 2005 (n. filiali)6% - 8%

2% - 4%

<2%

non presente

BANCA LOMBARDA E PIEMONTESE: UNA FORTE RETE IN UN’AREA TERRITORIALE RICCA

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progetti di riduzione dei costi e di recupero di efficienza, che comporteranno 18 milioni

di euro circa di risparmio di costi: mi riferiscoad esempio a razionalizzazioni e semplificazionisocietarie, come nel caso delle nostre due societàdi factoring (Cbi Factor e Veneta Factoring, fusenei mesi scorsi), all’efficientamento dei processidi Gruppo e l’eliminazione delle sovrapposizionidi attività, alla razionalizzazione dell’impiegodi risorse nei punti vendita. Più in generale,spiega Massiah, sulla problematica dei costisiamo ottimisti perché grazie a investimentinotevoli abbiamo portato a termine un corposoaggiornamento del nostro sistema informativoche oggi ci consente di gestire a parità di costovolumi nettamente più elevati rispetto al passato”.

LA CRISI DI FIDUCIAIl nuovo Piano di Banca Lombarda e Piemontesesi inserisce però in un contesto particolarmentedifficile per il mercato bancario italiano, alleprese con un’evidente crisi di fiducia da partedei consumatori. “Oggi stiamo assistendo a unacrisi di fiducia del mercato che è intervenuta all’interno di una industria matura, dove è facilecopiare i prodotti della concorrenza e dove indub-biamente è in corso un costante incrementodella competizione. Le previsioni per gli anni a venire parlano quindi di prezzi costanti se non decrescenti, come del resto indicano le esperienze dei nuovi competitor che sonoentrati sul mercato in questi ultimi anni, chehanno fatto leva soprattutto sul fattore prezzo.Da questo quadro si comprende facilmentecome sia fondamentale mantenere la relazionecon la propria clientela più che agire sulla levaprezzo. A questo proposito abbiamo deciso dirivisitare alcune tipologie di prodotti all'internodella nostra offerta proprio con l’obiettivo di aumentare la nostra capacità di retention.Un altro punto che ritengo importante perqualsiasi banca è che il primo momento di fiducia deve essere comunque ‘interno’.L’affidabilità e la fiducia della clientela sonovalori che si costruiscono coltivando innanzituttouno spirito di squadra basato sulla condivisionedi determinati valori all’interno di tutta l’organizzazione della banca. Questa è unacondizione assolutamente necessaria per serviremeglio il cliente. Per questo abbiamo prodottosforzi importanti di formazione (sia in aula che sul campo) che di informazione (ancheusando lo strumento intranet)”. Più in generale, secondo Massiah, sul mercatobancario è arrivato il momento di fornire al cliente un punto di riferimento preciso perdistinguere fra brand affidabili e di qualità ebrand meno affidabili. “Il cliente deve essere

messo nelle condizioni di capire facilmente tuttele caratteristiche dell’offerta che gli si presenta:quindi serve estrema trasparenza e compren-sibilità delle condizioni. Allo stesso tempo, il cliente deve riuscire a percepire la coerenzadell'offerta con i suoi bisogni. Affinché ciò siapossibile devono essere creati i presupposti daparte delle banche per analizzare e diagnosticarecon successo le caratteristiche del cliente, cosìcome occorre predisporre il cliente ad aprirsimaggiormente nei confronti della propria banca.Ad esempio la fase di “ascolto” del clientedeve essere assolutamente rafforzata perchéper molti aspetti il rapporto banca-cliente èsimile a quello medico-paziente. Sotto questopunto di vista, l’informatica può essere moltoimportante per la banca: ad esempio, si è rivelato di estrema utilità per i nostri gestori il nuovo portale interno (il Portale Agire, acronimo di Assistenza ai Gestori per l’Incre-mento della Relazione). È stato pensato persupportare l’attività commerciale multicanale,ed è in grado di gestire la relazione con ilcliente in maniera personalizzata e proattiva”.

CIRCUITO, NON CARTELLOIl problema della fiducia è aggravato però dalfatto che ha coinvolto tutto il sistema bancarionel suo complesso, e non solo alcune banche.“A questo riguardo, - fa notare Massiah, - bisogna riuscire nello sforzo di far comprenderealla clientela la differenza fra cartello (male) e circuito (bene). I cartelli non devono esistereperché sono dannosi per la concorrenza, ma il circuito è positivo perché se non esistessenon sarebbero disponibili una serie di comoditàche oggi diamo per scontate. Perché oggi si attacca il circuito Bancomat, ad esempio? Non ha senso. Se non esistessero le fee sulbancomat non avremmo una rete di Atm così estesa. È come l’elettricità: ci si accorgeche è un bene sociale solo quando manca. Serve poi più formazione dei clienti, perché

UTILE D’ESERCIZIO (mln euro)

UTILE PER AZIONE (euro)

DIVIDENDO PER AZIONE (euro)

PAY OUT

EVA (mln euro)

ROE pre tax

ROE

COST/INCOME1

COST/INCOME2

ROA3

1) COSTI OPERATIVI/MARGINE INTERMEDIAZIONE2) COSTI OPERATIVI/RISULTATO NETTO GESTIONE FINANZIARIA3) UTILE ATTIVITÀ CORRENTI AL LORDO DELLE IMPOSTE/TOTALE ATTIVO

2005

239,0

0,74

0,40

53,9%

82

20,4%

12,0%

58,1%

62,9%

1,25%

GLI INDICI DI REDDITIVITÀ E DI EFFICIENZA

2008

390,5

1,10

0,55

49,9%

210

24,1%

14,3%

47,5%

52,2%

1,55%

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la divulgazione della cultura finanziaria è fondamentale. Ad esempio, oggi nelle nostrescuole a nessun alunno viene insegnato comecalcolare la rata di un mutuo, anche se quasitutti andiamo prima o poi ad acquistare unmutuo. Con un’avvertenza, però: attenzione allademagogia. Bisogna ricordare che all’impegnodella banca per una maggiore trasparenza echiarezza deve corrispondere una maggioreseverità di tutti gli operatori nel far compren-dere ai clienti che, ad esempio, a un alto rendimento corrisponde un rischio elevato.Altrimenti si producono solo dei veri e propriautogol di sistema come nel caso delle obbliga-zioni corporate. Oggi quasi nessuno emette più corporate bond dopo i casi Parmalat e Cirio”.Inoltre, aggiunge Massiah, bisogna fare estremaattenzione alla superficialità. “Ricordiamo chequalsiasi banca che non avesse una posizionecreditoria con l'Argentina, dalla negoziazionedi questi bond avrebbe e ha in effetti guadagnatocifre molto inferiori alle commissioni di gestionedi un normale fondo monetario. Insomma, non c’era alcuna convenienza economica a

LA STRUTTURA DEL GRUPPO BANCALOMBARDA E PIEMONTESE

procedere con quel placement, eppure qualcunol’ha fatto. È per questo motivo che bisognaarrivare a distinguere sul mercato i brand affidabili da quelli che non lo sono. Oggi invece questo non è possibile. Sul mercatodelle automobili, cosa succede se una personaacquista un’auto e dopo due mesi questa nonfunziona più? Di solito non succede che questapersona se la prende con tutto il mercato delle auto, ma solo con la casa automobilisticache ha prodotto la sua macchina difettosa. Dovrebbe accadere lo stesso anche con le banche, e invece oggi c’è la tendenza a “faresistema” ma solo in senso negativo”.

IL RUOLO DELLE BANCHEDalla crisi di fiducia alle difficoltà dell’economia.Alcuni osservatori sono convinti che il nostrosistema bancario dovrebbe accollarsi partedella responsabilità di rilanciare il sistemadelle imprese potenziando la propria capacitàdi finanziamento. “In realtà, sostiene Massiah,oggi in Italia non esiste scarsità di capitale di finanziamento per l'imprenditorialità.Questo dato mi sembra incontestabile. Basti pensare inoltre al ruolo importante chestanno interpretando i fondi di private equity. Il punto è che sul mercato italiano, forse, più che il capitale mancano le idee interessantida parte del mondo degli imprenditori. La stessa riforma di Basilea 2 non ha fatto altroche codificare regole del gioco, precise per il dialogo banca-cliente, ma non ha reso più difficili i finanziamenti, ha reso solo più trasparenti le norme che li governano. Per quanto riguarda Basilea 2, nel nostro caso tutto sta funzionando al meglio, anche se a livello generale dobbiamo essere ancoraprudenti perché il primo anno di test non è stato caratterizzato da forti aumenti degliimpieghi. Basilea 2 andrà valutata dopo circaun triennio, avendo superato tutte le fasi del ciclo economico. Quanto al tema dei finanziamenti, il discorso può essere ampliato anche alla ricerca, dove però oggi esiste davveroun problema di regole del gioco. Come puòessere finanziata? E' molto difficile per la bancacapire e valutare questi investimenti, e perquesto serve la collaborazione con il mondouniversitario. Si fa fatica però a contestualizzarecon sufficiente disciplina gli obiettivi e i tempidi realizzazione dei progetti. In paesi come gli Usa e Israele se non sussistono avanzamentichiari e misurabili di semestre in semestre i progetti vengono accantonati. Come direinsomma che nel campo della ricerca si dovrebbearrivare a definire una sorta di “Roi scientifico”.

Il testo dell’intervista è ripreso da “Azienda Banca”, giugno 2006, con la cortese autorizzazione della rivista.

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“La necessità di un’attentaapplicazionedella normativain materia di privacy si è ulteriormenterafforzata inseguito all’affer-marsi di modalitàtecnologicamenteinnovative,in particolare l’e-banking,che tendono atrasformare ilrapporto tra labanca e il cliente,moltiplicandoal tempo stesso i rischi di divulgazione apersone estraneedi informazionisu operazioni,conti e investi-menti del cliente”.In primo piano, le problematichedel “phishing”, il furto di identitàvia web.“Il Garante ècostantementechiamato adeffettuare unaattenta pondera-zione fra la legittima esigenzadegli operatorieconomici,in particolare le banche, di utilizzare tutte leopportunità dellatecnica e del progresso e la corretta,“ragionevole”ed indefettibileapplicazionedella normativadella privacy”.Il Garante per la protezione deidati personali,prof. FrancescoPizzetti, fa ilpunto sullo stato dell’arte,per i lettori di Rassegna.

TUTELA DELLA PRIVACY E SETTORE BANCARIO

DI FRANCESCO PIZZETTIGARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Il ricorso massiccio all’outsourcing imponealla banca, in quanto titolare del trattamento,di mantenere costante nel tempo la vigilanzasull’operato di tali soggetti designati qualiresponsabili dello stesso.Dalla sintetica descrizione delle dinamiche in corso, che stanno vorticosamente mutandostruttura e funzionamento degli istituti bancarie il modo di essere dello stesso rapporto banca-cliente, emerge sempre più la rilevanzadi un’accurata applicazione delle regole sullatutela dei dati personali, anche per i rischi,che tendono a moltiplicarsi, di riduzione della capacità di controllo sulla circolazionedelle informazioni. Infatti, va ricordato cheuna delle finalità della normativa sulla privacyè assicurare la segretezza e la confidenzialitàdelle informazioni personali acquisite nei rapporti con la clientela, anche se, in taleambito e sotto un diverso profilo, trova giàapplicazione l’istituto del segreto bancario che la stessa Corte costituzionale ha più voltedefinito come quel “dovere di riserbo cui sonotradizionalmente tenute le imprese bancariein relazione alle operazioni, ai conti e alleposizioni concernenti gli utenti dei servizi daesse erogati”. E’ evidente che mentre l’istitutodel segreto bancario è volto a tutelare il dirittoalla riservatezza del soggetto in ordine alleinformazioni riguardanti la sua sfera economica,la normativa sulla privacy persegue una finalità più ampia e per certi aspetti diversa,ossia prescrive regole e misure nel trattamentodei dati che ne tutelano sì la riservatezza, main particolare la sicurezza essendo contenutein strutture e archivi complessi.

2. L’attenzione del Garante per la protezionedei dati personali in relazione alle problemati-che che interessano il settore bancario è assairisalente nel tempo. A conferma di ciò si può,peraltro, ricordare che il primo provvedimentoadottato dell’Autorità ha riguardato propriol’ambito bancario (Provvedimento del 28 maggio 1997 riguardante il caso BNL, in cui il Garante ha provveduto a fissare i criterigenerali a cui le banche e le assicurazionidevono attenersi nel tradurre in concreto le regole che presiedono all’istituto dell’infor-mativa e del consenso). In quella sede, ilGarante ha precisato che il regime ordinario

1. Dall’entrata in vigore della legge n.675 del 1996, che ha recepito nel nostro ordina-mento la direttiva europea del 1995 in materia di trattamento dei dati personali, sono stati molteplici i momenti di contatto e di confronto tra la disciplina relativa allaprotezione delle informazioni personali e le regole che presiedono alle operazioni di trattamento dei dati dei clienti da partedegli istituti di credito. A dimostrazione della rilevanza di questi temi e dell’attenzionemostrata verso il settore finanziario e bancario,il codice della privacy del 2003 contiene un apposito titolo dedicato a norme specifichesu taluni profili, ferma restando l’applicazionedelle disposizioni generali riguardanti tutti i titolari del trattamento e le regole particolariappositamente previste per i soggetti privati. È evidente a tutti che l’attività bancaria persua stessa natura comporta una serie massicciadi operazioni che implicano il trattamento, lo scambio e la raccolta di dati personali contenenti informazioni di carattere economico,che riguardano, ricordiamolo, una plateavastissima di soggetti, di cittadini.Proprio in considerazione di ciò il legislatoredelegato ha riservato particolare attenzionenel dettare regole e garanzie destinate a tutelareil trattamento dei dati in questo settore. A suavolta, lo stesso Garante per la protezione deidati personali è più volte intervenuto su talunispecifici aspetti e istituti per integrare le prescrizioni di legge o per indicare le misurenecessarie o opportune al fine di rendere iltrattamento conforme al quadro normativo. La necessità di un’attenta applicazione dellanormativa in materia di privacy si è ulteriormenterafforzata in seguito all’affermarsi di modalità tecnologicamente innovative, che tendono atrasformare i rapporti tra la banca e il cliente,moltiplicando allo stesso tempo i rischi didivulgazione a persone estranee di informazionisu operazioni, conti e investimenti del cliente.Si fa riferimento alla diffusione dell’e-banking,al rapporto bancario on-line, della cui vulne-rabilità si parlerà in seguito. A ciò si aggiungela tendenza di molti istituti di credito ad organizzarsi secondo strutture e modalità più articolate e complesse, utilizzando formedi esternalizzazione di numerosi servizi propridell’attività bancaria.

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di tutela richiesto dalla privacy necessita dellaacquisizione di un vero consenso informatodell’interessato, rectius cliente, che si sostanzianel fornire allo stesso un’informazione completa,chiara ed esauriente sul trattamento dei datipersonali, come precondizione e presuppostovalido per la stessa richiesta di consenso, e che presuppone una volontà libera da vizie condizionamenti all’atto della sua manifesta-zione. Peraltro, si può sottolineare che la foca-lizzazione posta sul principio del consensoinformato ha segnato nel tempo l’evoluzionedella disciplina in materia di privacy da unaimpostazione, come dire, negativa o ostativa,in quanto limitazione alla raccolta delle infor-mazioni, ad una positiva, come potere consape-vole di controllo sulla raccolta, gestione ed utilizzazione delle informazioni da parte di chiunque. Dal primo provvedimento dicarattere generale sono seguiti in questi ottoanni moltissimi interventi del Garante che hannoriguardato il mondo bancario. Certamente, di grande e rilevante interesse l’adozione delCodice di deontologia e buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privatiin tema di crediti al consumo, affidabilità epuntualità nei pagamenti promosso dal Garante,in attuazione dell’art. 117 del d.lgs. 196/03, e sottoscritto fra gli altri dall’AssociazioneBancaria Italiana.L’adozione del Codice di deontologia nel 2005fissa una tappa importante nel processo diregolamentazione dei rapporti fra settore creditizio e finanziario e clienti. Va ricordatoche nel nostro Paese i sistemi informativigestiti da privati erano nati, prima dell’intro-duzione della normativa sulla protezione deidati personali, in un contesto caratterizzato da assenza di regole e di criteri comuni e contipologie differenziate. Tali sistemi, utilizzatiper lo più da operatori del settore creditizio e finanziario per condividere e scambiareinformazioni su finanziamenti anche di importocontenuto e su pagamenti ratei, sono finalizzatia tutelare il credito e a contenere i relativirischi, con riferimento anche alla necessità di accrescere la stabilità del sistema bancarioe finanziario e all’esigenza di sviluppare leattività produttive attraverso il sostegno delladomanda di beni di consumo e di servizi.Il Codice di deontologia intende delineare un quadro articolato di garanzie per i soggettiche chiedono prestiti, mutui, dilazioni di pagamento, leasing e carte di credito. Esso detta le regole per il trattamento dei dati personali e le modalità di gestione e consultazione degli stessi da parte delle societàinteressate (banche, società finanziarie,

di leasing, etc) con la specifica preclusione diperseguire ulteriori scopi (marketing o ricerchedi mercato). Tra i partecipanti al sistema nonfigurano le società di telefonia, in quanto i SIC possono raccogliere solo dati relativi al vero e proprio rischio creditizio e noninformazioni relative a bollette non pagate o altro. Pertanto, la disciplina contenuta nelcodice di autoregolamentazione fissa, in modoesaustivo, un corretto equilibrio fra l’esigenzapropria degli istituti bancari e finanziari a vedere tutelato il credito e la sua solvibilitàe l’esigenza del consumatore, che accede al credito, a non subire ingiuste e illegittimepreclusioni e dinieghi atti a impedire l’eserciziodel credito al consumo.

3. A tutt’oggi sono numerose e variegate leproblematiche aperte, in corso di trattazioneed approfondimento che investono il binomioprivacy-banche. Si può citare, ad esempio, la questione concernente l’interferenza fra il diritto di accesso ai dati personali detenutida istituti di credito disciplinato dagli art. 7 e seguenti del codice per la privacy e il dirittoad ottenere copia della documentazione relativa ad operazioni bancarie, ex art.119,comma 4, d.lg.385/93. L’alterità, la distinzionefra le due figure è stata più volte ribadita dal Garante: il diritto di accesso si riferisce ai soli dati personali e non agli atti o documentiche li contengono e comporta l’obbligo per il titolare del trattamento di estrarre i soli dati e di trasferirli su un supporto cartaceo o informatico, ma non l’obbligo di esibire o consegnare, anche in copia gli atti e docu-menti. Il Garante, peraltro, quale ulterioreelemento distintivo, ha ribadito la naturaessenzialmente gratuita dell’esercizio dei dirittiprevisti ex art.7, anche se la complessità e l’estensione di alcune richieste di accessopotrebbe portare in futuro l’Autorità, all’esitodi una adeguata istruttoria, ad adottare unprovvedimento generale teso a stabilire i con-tributi spese forfetari a carico dell’interessato.Una problematica, di natura e portata diversa,che coinvolge insieme protezione dei dati personali e settore bancario è quella che vasotto il nome di furto d’identità. Gran parte dei furti d’identità avviene ancoraoff-line, tuttavia il web offre ai criminali strumenti molto più efficaci e remunerativicon la formazione di veri e propri mercati on-line di informazioni personali. Si tratta di un fenomeno in forte aumento, che arrecaun cospicua sofferenza economica a chi losubisce e più in generale, all’intero sistemaeconomico. Il furto d’identità attuato attraverso

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la tecnica del cd.phishing consiste nell’invioda parte di cyber malintenzionati alla poten-ziale vittima di un’email in cui è riprodotta la grafica e il logo di un istituto di credito e in cui si chiede di inserire i propri dati personali (quali ad esempio, i numeri dellecarte di credito, la data di scadenza, il codicepin del bancomat, le password dispositive per effettuare transazioni dal proprio contocorrente su internet e altri dati sensibili) che vengono poi comunicati a falsi siti web.E’ a tutti evidente che siamo in presenza di un fenomeno che è conseguenza della diffusione dell’e-banking e quindi dell’amplia-mento della platea di individui che usa internetper conoscere le informazioni bancarie delproprio conto e per effettuare operazioni. I dati sul phishing impressionano: sappiamoad esempio che negli USA sono circa 10 milionile vittime di furti e la perdita finanziaria perimprese e privati sfiora i 55 miliardi di dollari.In Italia, i casi di phishing si sono moltiplicati:vittima recente Unicredit, prima Banca Intesa,le Poste, etc. Nei primi mesi del 2005 i tentativi di truffaattraverso i messaggi di posta elettronica sonostati almeno 9 milioni con un giro di affari di oltre 9 milioni di euro e 500 mila italianicoinvolti. E’, quindi, evidente a tutti che obiet-tivo obbligato è quello di innalzare i livelli di protezione dei dati per evitare prelievi illecitie per prevenire e contrastare questo fenomenoche sta assumendo una portata molto preoc-cupante già da tempo negli Stati Uniti e piùdi recente in Europa e in Italia. E’ un problemache gli istituti di credito devono affrontare in tempo investendo le necessarie risorse per garantire maggiore sicurezza ai clienti ed evitare contenziosi successivi. Va, però,anche riconosciuto che l’azione di contrasto e prevenzione è difficile anche per la presenzadi limiti obiettivi: l’assenza di frontiere e di confini dell’azione criminale, l’elevatissimotasso di competenza tecnologica, ma allo stesso tempo la facilità con cui è possibilescaricare dal web pacchetti software per rubareidentità e numeri di carte di credito. Però, è giusto chiedere un investimento ed un impegno delle banche per ridurre la vulne-rabilità del sistema: alla diffusione dei sistemibancari on line deve corrispondere un maggiorlivello di sicurezza e di protezione dei dati.Peraltro, va dato atto all’ABI di aver diffuso nelgiugno 2005 un decalogo di regole da seguireper evitare di cadere nelle truffe finanziarieche ha, in particolare, quali destinatari gli 8milioni di clienti che, secondo un recentecensimento della stessa Associazione Bancaria,

usano internet per operare sul proprio contocorrente e che necessitano, quindi, di maggioreprotezione.

4. In conclusione, va operato un riferimentoagli ultimi provvedimenti adottati dal Garanteper la protezione dei dati personali aventicome destinatario il settore bancario.Di particolare interesse il provvedimento dell’ottobre scorso, che dà risposta a puntualirichieste pervenute da diversi istituti, chedisciplina l’uso dei dati biometrici associati ai sistemi di videosorveglianza ed è stato elaborato con il concorso delle osservazionipervenute dall’ABI. Il Garante ha stabilito che le banche non possano ricorrere all’usoindiscriminato di sistemi che associano immagini a impronte digitali. Per poter installare apparecchiature che consentano l’identificazione delle persone attraverso la combinazione di telecamere e di scannerche raccolgono dati biometrici, è necessarioche si verifichino condizioni effettive di rischioe l’obiettivo perseguito sia solo quello di elevare il grado di sicurezza dei beni e dellepersone. I clienti devono essere informatidella presenza di tali sistemi e in ogni casopossono accedere alla banca senza l’obbligodi soggiacere al trattamento dei dati. Si prevede che le immagini e le impronte sianocriptate prima della registrazione in archivioe l’intero processo di cifratura dei dati vienegarantito da una nuova figura il “vigilatoredei dati”: un soggetto indipendente esternoalla banca, depositario delle chiave crittogra-fiche idonee a decifrare le informazioni conservate. Ai dati in chiaro potrà accederesolo l’autorità giudiziaria e la polizia e perquanto riguarda la conservazione dei dati siale immagini che le impronte devono esserecancellati entro una settimana. Gli istituti di credito che nel futuro intendanoavvalersi di tali sistemi dovranno presentareal Garante una richiesta di verifica preliminareper tutti i propri sportelli. Questo interventodel Garante esprime in pieno il ruolo e i compiti che l’Autorità è chiamata a svolgerein settori delicati, ove l’innesto delle nuovetecnologie è da un lato più celere e imponentee dall’altro produce ripercussioni immediate e dirette sulla vita dei cittadini. Il Garante è costantemente chiamato a effet-tuare un’attenta ponderazione fra la legittimaesigenza degli operatori economici, in parti-colare le banche, ad utilizzare tutte le oppor-tunità offerte dalla tecnica e dal progresso e la corretta, “ragionevole” e indefettibileapplicazione della normativa sulla privacy.

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Il fondamentaleruolo storicamentesvolto dalla economiadi mercato neldare soluzionealle esigenzemateriali dellaumanità potràcontinuare adessere svolto nella misura in cuila società umana e le istituzioni chene costituisconol’espressionesapranno andare“oltre il mercato”,nel senso di integrare nellelogiche e nei meccanismi delmercato le ragionidell’eguaglianzae della solidarietà.A questo fine, ilpensiero cristianopotrà fornire un contributo di notevole importanza, ispirando queifondamenti eticiche consentano di temperare e correggere gli animal spirits del capitalismo.

OLTRE IL MERCATOLE RIFLESSIONI DI GIOVANNI BAZOLI SU MERCATO E DISUGUAGLIANZA, NEL CONTESTO DELLA GLOBALIZZAZIONE

DI WALTER GIORGIO SCOTT

In questo piccolo ma denso libro di GiovanniBazoli, giurista, banchiere e cattolico convinto,sono riuniti i testi di tre conferenze tenute fra il 1998 e il 2004 su alcuni dei temi fonda-mentali del nostro tempo, e cioè il progrediredei processi di globalizzazione, il persistentedivario fra ricchi e poveri, il rapporto fra mercato e democrazia, la necessità di porre un fondamento etico alla base dell’agire economico. L’interrogativo che sta alla base dei tre contributi e che ne costituisce il fil rougeè quanto mai esplicito: è possibile che le forzedel mercato siano in grado “sia di attenuarele scandalose disuguaglianze esistenti nel mondosia di fronteggiare le minacce che incombonosull’ambiente naturale”?Bazoli inizia la propria riflessione (riquadro 1)con una esauriente analisi dei processi di globalizzazione che si sono andati determinandosoprattutto nella seconda parte del secolo trascorso e che stanno assumendo oggi caratteri-stiche sempre più complesse. A questo propositoviene innanzitutto chiarito che il fenomenodella globalizzazione è costituito da due dimen-sioni fondamentali: la globalizzazione dei prodotti e la globalizzazione delle conoscenze.Mentre la globalizzazione dei prodotti consistenella diffusione in aree di mercato sempre piùvaste dei prodotti e dei servizi sviluppati dalleimprese, la globalizzazione delle conoscenzeriguarda un processo più recente rispetto alprecedente e che ha come oggetto la diffusionedelle informazioni, delle idee e dei saperi. A proposito di questa seconda dimensione delprocesso di globalizzazione, Bazoli sottolineacome “grazie alle prodigiose conquiste dellatecnologia - e alla diffusione a costi sempre piùridotti degli strumenti in cui le stesse trovanoapplicazione – si sono create oggi le condizioniper una estesa accessibilità ad informazioni e comunicazioni istantanee, ossia trasmesse da un angolo all’altro del mondo in tempo reale.”Dopo aver inquadrato il generale processo di globalizzazione in atto nel mondo contem-poraneo, Bazoli passa ad esaminare i principalieffetti della globalizzazione (riquadro 2).Premesso che gli effetti della globalizzazionerichiedono una diversa valutazione a secondache si considerino i Paesi ricchi o quelli poveri,viene evidenziato come il processo in atto ha permesso ai Paesi più avanzati sulla strada

dello sviluppo - quelli nei quali trovano applicazione i principi liberistici di mercato -di realizzare ulteriori obiettivi di crescita.“Si può affermare – scrive Bazoli – che la globalizzazione sancisce il successo del sistemaliberistico di mercato (o, se si preferisce, delcapitalismo) nei confronti del contrappostosistema sperimentato durante il secolo XX dai Paesi comunisti.”Tuttavia, il successo in questione sembra essereaccompagnato da alcuni segnali di crisi, i quali“possono minare, in prospettiva, lo stessosistema di democrazia liberale.” La crisi inquestione sarebbe determinata, secondo Bazoli,dall’esasperato utilitarismo che ha pervaso la società occidentale e che si riflette sugliorientamenti e sui comportamenti dei managere degli operatori d’impresa in generale, spintiverso il conseguimento di profitti sempre più elevati da raggiungere in tempi semprepiù brevi. Per quanto concerne l’impatto della globalizzazione sui Paesi meno sviluppati,Bazoli evidenzia innanzitutto l’incompletezzaed anche la contraddittorietà dei dati disponi-bili, dai quali emergono sia riscontri positiviche negativi. Infatti, in alcuni dei Paesi in questione nell’ultimo quarto di secolo si èpotuto registrare un sensibile aumento dellavita media, una riduzione dell’analfabetismo, un incremento del reddito pro capite.

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RIQUADRO 2

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squilibrata, sostanzialmente improntata almodello economico statunitense, senza il paral-lelo procedere di una corrispondente globaliz-zazione dei diritti umani e della democrazia.”Affermare questo non significa certo giustificarele tesi dei movimenti che si oppongono inmodo ideologicamente preconcetto al processodi globalizzazione. “Demonizzare lo sviluppoeconomico globale è insensato, poiché questaappare oggi l’unica via concretamente percor-ribile per realizzare il necessario e urgentemiglioramento delle condizioni di vita deiPaesi poveri.” Ma il fatto che non sia conce-pibile un’alternativa all’economia di mercatoed alla libertà del commercio internazionalenon significa che non ci si debba impegnare a fondo per individuare adeguate soluzioni ai problemi posti dall’interdipendenza globale.“Il problema da risolvere consiste…nel trovareun giusto equilibrio fra libertà e regole… Da un lato va garantita ai singoli la libertà di agire per soddisfare i propri interessi (mate-riali o spirituali che siano); dall’altro è giustoe necessario che tale possibilità sia assicurataugualmente a tutti.” Giunto a questo puntodella sua riflessione, Giovanni Bazoli si ponela domanda fondamentale: come operare alfine di stabilire un giusto equilibrio fra libertàe regole, fra interesse generale e interessi deisingoli? (riquadro 4) Non è affatto facile dareuna risposta non banale ad una consimiledomanda. Come sottolinea Bazoli, “la nostraepoca ha questo di appassionante e insieme di drammatico: il carattere ultimativo delleopzioni da affrontare. Il potere tecnico è cresciuto a tal punto che le scelte compiuteoggi su alcune questioni fondamentali - attinenti alla sfera dell’economia, della politica,della ricerca scientifica – sono destinate ad incidere in modo permanente sulla storiadel pianeta e dei suoi abitanti.” Fondamentalea questo proposito il pensiero del CardinaleMartini, il quale così si è espresso: “Sfide e

LA GLOBALIZZAZIONE - PROBLEMI E PROSPETTIVE (pag.11-12)Una difficoltà di fondo che si incontra nell’affrontarei problemi della globalizzazione consiste proprionella carenza di analisi ed elaborazioni concettualiidonee a definire un fenomeno così imponente,che comporta, almeno tendenzialmente, il supe-ramento di tutte le barriere economiche che inpassato avevano permesso alle diverse regionidel mondo di vivere e svilupparsi isolatamente. Un flusso di scambi fra diversi Paesi così intensoda generare una situazione di interdipendenzafra tutte le aree e le popolazioni della Terra, è sicuramente nuovo nella storia mondiale. Nel passato si erano conosciute fasi storichecaratterizzate da forti espansioni commerciali, masempre circoscritte a determinati territori o legatea contingenti situazioni di potere. La nostra generazione ha assistito invece allo sviluppo progressivo - con una straordinaria accelerazionedopo la caduta del muro di Berlino - di un processo che è da considerare irreversibile.

GLI EFFETTI DELLA GLOBALIZZAZIONE(pag.15-30)Gli effetti della globalizzazione devono esserevalutati diversamente a seconda che si guardi ai Paesi ricchi ovvero a quelli poveri. In generaleemerge che il processo in atto ha permesso aiPaesi più sviluppati, in cui trovavano già applica-zione i principi liberistici di mercato, di realizzareulteriori traguardi di crescita, avendo essi potutobeneficiare anche di un lungo ciclo economicoespansivo, che si è interrotto solo in anni recenti. Ciò si spiega considerando che la globalizzazioneè caratterizzata proprio dalla diffusione su scalasempre più ampia - tendenzialmente mondiale -di quel modello di economia di mercato che in precedenza aveva trovato applicazione in Occidente e nelle altre aree del mondo dellequali era stato un fattore decisivo di promozionee sviluppo.

RIQUADRO 1

Notevoli, sotto questo profilo, sono i progressiregistrati in Paesi quanto mai diversi come la Cina, l’India e il Messico. Riconosciuti isuccessi, sia pur relativi, che si accompagnanoalla globalizzazione, Bazoli evidenzia cometale processo abbia completamente mancatoun obiettivo fondamentale, quello di promuo-vere una più equa ripartizione della ricchezza.“L’apertura dei mercati ha prevalentementefavorito i Paesi ricchi, con l’effetto di aumentare,anziché attenuare, la distanza che separa glistessi dai Paesi più poveri... Davvero scandalosoappare, da questo punto di vista, lo scenarioche si presenta nel mondo, se si consideranole situazioni di estrema miseria in cui versatuttora gran parte dei popoli della terra e allequali la globalizzazione non ha saputo porrerimedio.” Proseguendo nella sua serrata analisidella natura e degli effetti del processo di globalizzazione, Bazoli introduce un ulterioreproblema irrisolto e che tende anzi ad aggra-varsi, quello del rispetto, della conservazionee della tutela dei beni naturali. “La crescitaquantitativa della ricchezza sta avvenendo al prezzo di una progressiva compromissionee alterazione dell’ambiente naturale e dellesue risorse. “ Dopo aver inquadrato nelle sue linee essenzialii processi di globalizzazione, Bazoli passa ad analizzare i rapporti che intercorrono fra le forze di mercato ed i processi medesimi(riquadro 3). Posto in evidenza come lo scac-chiere globale di mercato sia tuttora “caratte-rizzato da regole deboli e a maglie larghe”che favoriscono le forze di mercato dominanti”,Bazoli si domanda come sia stato possibile che alle forze in questione sia stato consentitodi muoversi secondo gradi di libertà superioria quelli propri dei mercati nazionali, nell’am-bito dei quali opera un sistema ben definito di poteri, di regole e di controlli. La risposta a questa domanda è che sinora “si è andata realizzando una globalizzazione

CITAZIONI TRATTE DA “MERCATO E DISUGUAGLIANZA” DI GIOVANNI BAZOLI, MORCELLIANA, 2006

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tragedie globali richiedono in risposta strategiee reazioni globali. Alla rapida crescita generalein alcuni ambiti tecnici, economici ed infor-matici, non sempre corrisponde un egualearmonico sviluppo in altri ambiti politici, giuridici od etici, un giusto accesso alle risorsedel pianeta e una loro equa distribuzione, laricerca di uno sviluppo sostenibile e il rispettoper l’integrità del creato. Le risorse cui dovremofare appello saranno quelle più squisitamenteumane, consistenti nelle migliori energie personali e nelle tradizioni di umanesimo e razionalità che l’umanità ha saputo sin quisviluppare.” Di fronte alle parole del CardinaleMartini, Bazoli si chiede, e noi con lui: “Ma è realistico pensare che i richiami alleragioni dell’umanesimo servano a risolvere i problemi sollevati dal processo di globaliz-zazione?” La risposta è quanto mai chiara e condivisibile: “…solo una mobilitazione diforze intellettuali e morali, che sappia incideresul modo di vivere e di pensare dei popoli piùricchi, avrà la capacità di promuovere la svoltae le riforme che auspichiamo nell’ordineinternazionale.” Ma in che misura una consimilemobilitazione coinvolge il sistema delle impreseche costituisce pur sempre il fondamento diogni economia di mercato e, soprattutto, coloroche con il proprio impegno imprenditoriale,creativo ed operativo ne costituiscono nelcontempo lo spirito ed il corpo? Anche suquesto tema di fondo la riflessione condottada Giovanni Bazoli fornisce utili piste per l’ulteriore approfondimento (riquadro 5).

Rilevato come il limite dimostrato sinora dalsistema di mercato sia costituito dal mancatoconseguimento degli obiettivi di equità e di uguaglianza, Bazoli pone in evidenza comeconsimili obiettivi non rientrino fra quelli che l’impresa persegue in modo prioritario.L’impresa può certamente, attraverso il conse-guimento dei profitti, contribuire a realizzarefinalità di interesse generale, come lo sviluppodella ricchezza complessiva e del benessere.Sarebbe tuttavia una forzatura affermare che fra i suoi fini rientri la promozione dellauguaglianza e dell’equità. Ma, prosegue Bazoli,il fatto che l’impresa non persegua in modoesplicito e prioritario obiettivi di equità e diuguaglianza non significa affatto che gli stessiassumano rilevanza “solo a posteriori e al di fuori dell’ambito economico, ossia comecompito politico di redistribuzione della ricchezza prodotta dall’attività economica.”Infatti, è proprio ai fini di una integrale realizzazione di un sistema di mercato cherisulta necessario garantire che i principidemocratici di uguaglianza siano recepitiall’interno degli stessi meccanismi economici. A questo scopo, non è sufficiente fare esclusivoaffidamento sullo spontaneismo delle forzecoinvolte, ma devono essere introdotte normeche definiscano le regole ed i vincoli dellaattività economica. Ma, osserva Bazoli, leregole ed i vincoli in questione non nascononel vuoto: essi sono infatti l’espressione deiprincipi etici che ispirano i comportamentisociali e che svolgono “l’insostituibile funzionedi anticipare la normazione giuridica e di defi-nire le rispettive aree tra libertà ed autorità”(riquadro 6).

RIQUADRO 4

UN GIUSTO EQUILIBRIO FRA LIBERTÀ E REGOLE (pagine 38-40)Il problema da risolvere consiste sempre nel trovare un giusto equilibrio fra libertà e regole...Da un lato va garantita ai singoli la libertà diagire per soddisfare i propri interessi (materiali o spirituali che siano); dall’altro, è giusto enecessario che tale possibilità sia assicurataugualmente a tutti. Coerente con questa conce-zione appare l’attribuzione allo Stato del compitodi rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini – come è detto in modoperfetto nella Costituzione italiana – affinché il percorso esistenziale di ciascuno dipenda dairispettivi meriti, dai talenti e dall’impegno profuso,anziché da condizioni precostituite di privilegio.……Il mercato, se correttamente regolato, è una istituzione capace non solo di generare ricchezza,ma anche di ampliare gli spazi individuali dilibertà. Perché questa capacità sia dimostratadal mercato globale è necessario che siano colmate le attuali carenze del quadro normativo.Se ciò si verificherà, la liberalizzazione costituirà un veicolo di promozione e di libertà e responsabilità per tutti i Paesi coinvolti.

RIQUADRO 3

I RAPPORTI FRA LE FORZE DEL MERCATOE LA GLOBALIZZAZIONE (pag.31-33)Se cerchiamo di comprendere le ragioni di fondoche hanno impedito al processo di globalizzazione,così come si è sinora sviluppato, sia di attenuarele scandalose disuguaglianze esistenti nel mondosia di fronteggiare le minacce che incombono sull’ambiente naturale, dobbiamo riflettere sullelinee di politica economica che hanno guidatotale processo, ispirate ai principi liberisti di deregulation….La verità è che le “forze del mercato non sono in grado di condurre, da sole,a una allocazione efficiente delle ricchezze suscala mondiale”. È evidente che la possibilità di muoversi in un contesto caratterizzato da regole deboli e a maglie larghe favorisce le forzedi mercato dominanti. Questa non è una asser-zione ideologica, ma la semplice constatazione della carenza di regole e di controlli, che inducepiuttosto a chiedersi perché alle forze del mercatosia stato consentito di agire da sole sullo scac-chiere globale. Si tratta di un interrogativo fondamentale, in quanto l’economia di mercatonegli ambiti nazionali ha sempre funzionato in un quadro ben definito di poteri, di regole e di controlli. Non è difficile rispondere se siconsidera il quadro istituzionale e politico che ha condizionato lo sviluppo, sostanzialmente guidato dagli interessi dei gruppi economicidominanti e principalmente a vantaggio deiPaesi cui questi gruppi appartengono.

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Il rapporto fra etica ed economia è fondamen-tale: potremmo anzi affermare che tale rapportoè essenziale per la stessa esistenza di una scienzaeconomica. Come ha scritto Amartya Sen, “l’economia, così come si è venuta costituendo,può essere resa più produttiva se si prestamaggiore e più esplicita attenzione alle consi-derazioni di natura etica che informano il com-portamento e i giudizi umani.” La dimensioneetica, dunque, ha un ben preciso fondamentonella realtà economica e, più in generale, socialee politica. Come conclude Bazoli, “sin dalleorigini, dunque, alla base del buon funziona-mento di una economia di mercato è stata postaun’esigenza etica intesa quanto meno come un dovere di correttezza nei comportamenti e nelle informazioni.” Giunto a questo punto della sua riflessione, il Bazoli giurista e banchiere lascia il passo alcredente per trattare dell’ispirazione cristianain un’economia libera e solidale. A questo fine,egli delinea innanzitutto le grandi tappe deldialogo che la Chiesa cattolica ha avviato conil “mondo moderno” a partire da GiovanniXXIII e Paolo VI e che con Giovanni Paolo IIè culminato con una partecipazione direttaall’elaborazione dei fondamenti etici, economicie politici da porre alla base della società, lapromulgazione dell’enciclica Centesimus Annus(riquadro 7). Con l’enciclica in questione, laChiesa non solo riconosce pienamente il sistemaeconomico di mercato, ma ne valorizza i fattori di cui tale sistema risulta essere l’espressione,e cioè la capacità di assumere iniziative caratterizzate da un elevato grado di rischio,l’attenzione nei confronti dei fenomeni sociali, l’attitudine a cooperare con gli altri.Come sottolinea Bazoli, è questo il punto fondamentale : “nella concezione della Chiesacattolica la libertà di iniziativa economicaviene recepita in una chiave diversa da quellautilitaristica che caratterizza oggi gli orienta-menti prevalenti della teoria economica.

Il magistero cattolico enuncia e propone unaconcezione che potremmo definire ‘idealistica’dell’intrapresa economica, da cui deriva lapossibilità di coniugare il principio della libertàcon quello della solidarietà.” Il problema, continua Bazoli, è quello di accertare la com-patibilità fra l’affermazione del libero mercatoe le ragioni della solidarietà. Se l’“imperativocategorico” è quello dell’efficienza, cioè l’osservanza delle regole sempre più strettedel conseguimento del profitto, quali sono gli spazi di libertà che restano agli operatorid’impresa per scelte generosamente ispirate?Per quanto importante sia la risposta che ciascuno di noi può dare al richiamo dellasolidarietà, la soluzione dei maggiori problemiposti dalla globalizzazione richiede il supera-mento delle visioni individuali e lo sviluppodi orientamenti etici di carattere generale.A tal proposito, Bazoli richiama l’attenzionesu alcuni dei problemi fondamentali del mondocontemporaneo: “da un lato l’esigenza di tutelare valori e beni di rilevanza generale (in quanto tali fuori mercato e quindi “indisponibili”), dall’altro la protezione da accordare a talune categorie di soggetti (dai lavoratori ai consumatori), allorché vengano a trovarsi in posizioni di “debolezza”nei confronti del sistema.”Un ulteriore problema è costituito da quellache sta assumendo il carattere di risorsa chiavefra le risorse a disposizione dell’uomo: la risorsa “conoscenza”. La conoscenza, e soprattutto la sua circolazione e diffusione, sta assumendo un ruolo di straordinariaimportanza nel determinare lo sviluppo, economico, sociale e politico. All’opposto, la mancanza o la scarsità di questa risorsacostituiscono il principale ostacolo nei confronti dello sviluppo.Su questi problemi fondamentali, scrive Bazoli,“la domanda di riconciliazione che la Chiesarivolge al mondo moderno trova un nuovo e più ampio terreno di confronto, non piùlimitato ai richiami della morale individuale,ma aperto alle sollecitazioni di un’etica collettiva consapevole ed attenta ai valori e ai beni di interesse generale.”Le conclusioni cui l’autore perviene al terminedel suo percorso di riflessione non possonoche essere problematiche. E’ sufficiente che il principio di solidarietà venga inteso comeorientamento morale individuale? O, piuttosto,esso non deve divenire un vero e proprioobbligo giuridico da porre alla base dei nostridiritti di libertà, sia in campo economico che negli altri campi della vita associata?

RIQUADRO 5

I LIMITI DEL SISTEMA DI MERCATO (PAGINE 53 – 54)Il limite dimostrato finora dal sistema di mercatoè il mancato conseguimento degli Stati, sia, amaggior ragione, nel nuovo scenario dei rapportiglobali. Questa carenza ci induce allora ad esaminare, nel confronto fra mercato e democra-zia, un secondo profilo: dopo aver visto la comune assunzione del principio di libertà, consideriamo come i due sistemi si pongono di fronte al principio di uguaglianza. Il principiodi uguaglianza è evidentemente un principio cardine di ogni sistema democratico, essenzialee congenito alla democrazia come quello dilibertà. Si può dire lo stesso per il sistema dimercato? Qui si trova il cuore del problema chedobbiamo affrontare: è sul fronte dell’assimila-zione del principio di uguaglianza che si giocal’avvicinamento dell’economia di mercato alla democrazia.

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Se si potesse rispondere positivamente a taleinterrogativo, scrive Bazoli, “la dicotomialibertà-autorità verrebbe riproposta su unpiano non più di dialettica contrapposizione,bensì di innovativa integrazione.Un’elaborazione di questo genere costituirebbeuno dei più fecondi contributi che il pensierocristiano potrebbe offrire al mondo futuro.”E’ da ritenere che un tale contributo, oltre ad essere quanto mai coerente con quelladomanda di riconciliazione rivolta al mondoda Giovanni Paolo II, sarebbe coerente con lelinee evolutive della ricerca condotta dai piùautorevoli studiosi di temi economici e sociali. Dagli orientamenti della riflessione scientificaemerge infatti in modo sempre più netto unasorta di convergenza degli studiosi verso ladefinizione di una impresa globale sostenibileche costituisca l’espressione più avanzata diun sistema di economia di mercato in gradodi associare la ricerca di condizioni di profit-tabilità al contemporaneo miglioramento della qualità della vita per i poveri del mondo,all’attenzione per le diversità culturali ed etniche, al rispetto ed alla conservazione dellaintegrità ecologica del pianeta per le futuregenerazioni.

A chiusura di questa rassegna del pensiero di Giovanni Bazoli in materia di mercato e disuguaglianza, possiamo affermare che il fondamentale ruolo storicamente svolto dall’economia di mercato nel dare soluzione

alle esigenze materiali dell’umanità potrà continuare ad essere svolto nella misura in cui la società umana e le istituzioni che necostituiscono l’espressione sapranno andare“oltre il mercato”, nel senso di integrare nelle logiche e nei meccanismi del mercato le ragioni dell’uguaglianza e della solidarietà.A questo fine, il pensiero cristiano potrà fornire un contributo di notevole importanza,ispirando quei fondamenti etici che consentanodi temperare e correggere gli animal spiritsdel capitalismo.

RIQUADRO 6

ETICA, MERCATO, IMPRESA (PAGINE 72-73)All’etica che orienta i comportamenti sociali variconosciuta l’insostituibile funzione di anticiparela normazione giuridica e di definire le rispettivearee tra libertà e autorità. Perché, sin dove il rispet-to dei valori risulta assicurato da quelle regoleetiche, si espande la libertà. Oltre, interviene ildiritto: la cui strada, se si tratta di buon diritto, è sempre preparata dall’etica. E in realtà, il rife-rimento ai valori etici è sotteso a tutto il discorso proposto in merito alla democratizzazione delsistema di mercato. Si può anzi affermare che il rapporto con l’etica, individuale o collettiva, è connaturato all’economia, se consideriamo la stessa configurazione della economia politicacome disciplina autonoma, non per nulla natadal seno delle scienze morali. Il comportamentodegli operatori economici è stato sempre studiatoed interpretato con attenzione a parametri etici,giacchè si è ritenuto che le motivazioni egoistichedegli individui possano produrre risultati di utilitàgenerale a condizione che gli operatori tenganocomportamenti corretti, non danneggino i con-correnti e non ricorrano a mezzi illeciti - indotti a ciò non solo dalle restrizioni poste dalle leggi,ma anche da limiti propri, derivanti dalla morale,dalla religione, dalle usanze e dalla cultura. Sin dalle origini, dunque, alla base del buon funzionamento di un’economia di mercato è stataposta una esigenza etica intesa quanto menocome un dovere di correttezza nei comportamentie nelle informazioni.

RIQUADRO 7

L’ISPIRAZIONE CRISTIANA IN UN’ECONOMIA LIBERA E SOLIDALE(PAGINE 84-85)È soltanto con la Centesimus Annus che, caduto ilsistema comunista, risulta pienamente riconosciutoil sistema economico di mercato e viene valorizza-to senza riserve il contributo al progresso socialedelle libertà individuali nel campo economico. La capacità di assumere iniziative economiche, in cui si esprime l’attitudine di ogni uomo allainvenzione e alla creazione, è riconosciuta comecontenuto di un diritto inviolabile della personalitàe nel contempo come quel “capitale umano” cheoggi costituisce la principale fonte di ricchezzanel processo economico. Si deve a questa nuovavisione, facilitata evidentemente dal fallimentostorico del modello socialista, la presa d’atto deirisultati positivi conseguiti dal sistema capitalistico(sebbene nei documenti della Chiesa si preferiscausare la denominazione di “economia libera dimercato”), nonché il riconoscimento, per la primavolta esplicito ed inequivocabile, dell’impresa e quello, che rappresenta una novità assoluta,del profitto. A questo proposito, in linea con questo nuovo modo di valutare la realtà econo-mica, si potrebbe suggerire alla riflessione cristiana di scoprire nella logica che presiede al sistema di mercato ulteriori valori positivi: quello dell’uguaglianza dei “punti di partenza”, che costituisce il presupposto stesso della concor-renza; il valore della competizione e della “gara”,se intesa in una corretta accezione - che potrebbetrovare legittimazione nella stessa metafora cui ricorre talvolta san Paolo per indicare la vita cristiana; e soprattutto il valore del rischio.L’iniziativa economica non è concepibile senzal’accettazione del rischio connesso ad ogni sceltaimprenditoriale, ma il tema del rischio costituisceuno dei leit-motiv dell’annuncio cristiano: chi vuolesalvare la propria vita la perderà. Questo trattosignificativo di un’etica della generosità è espressoefficacemente dalla parabola dei talenti, che vale per tutti i settori della esperienza umana, ma è applicabile in modo peculiare, persino nelsuo significato letterale, nel campo economico.

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L’euro sarà per il dollaro quelloche Airbus è statoper Boeing? Gli europeipotranno pagarele importazionipetrolifere usando la propriamoneta, ormaidiventata“numero due”mondiale, anzichéquella Usa? Un quesito chiaveè se il dollaronon sia ormaiprossimo al suo declino come monetainternazionalee se, in questoruolo, non saràpresto affiancatodall’euro. Vi è spazio peruna sola monetaveramenteinternazionale,oppure è possibileimmaginareun sistema “multipolare”relativamentestabile, basato sudue o tre moneteinternazionali piùo meno dellastessa rilevanza,il dollaro e l’euroe, in futuro, forseanche lo yuan oun’altra monetaasiatica?

Giorgio S. Frankel, giornalista professionista,si occupa di questioniinternazionali e in particolare di MedioOriente, petrolio e industria aerospaziale.Ha collaborato a MondoEconomico e collabora a Il Sole 24 Ore,al Corriere del Ticino(Lugano) e altre testate.

L’EURO MONETA INTERNAZIONALE

DI GIORGIO S. FRANKEL

Da anni, il petrolio non fa che salire. E, comesi sa, per l'oro nero occorrono i «biglietti verdi»,i greenbacks, ovvero i dollari americani. I prezzi sono quotati in dollari. Le fatturesono stilate in dollari e, di norma, il produttorechiede di essere pagato in dollari. Ma da alcuni anni, otto a fine 2006, sullascena mondiale c’è anche l’euro. A suo tempo,nel 1998, poco prima del lancio dell’euro, un economista tedesco affermò con ottimismo:«L’euro sarà per il dollaro quello che Airbus è stato per Boeing». Cioè un temibile concor-rente. Nell’industria degli aerei commerciali,il costruttore europeo Airbus ha spodestato il rivale americano Boeing, che un tempodominava il mercato. Ora, i due sono alla pari.Tornando al petrolio, ai suoi rincari e al dollaro, ogni volta che viene superata unaqualche significativa soglia psicologica di prez-zo (per esempio, i 70 dollari al barile, l’annoscorso; o i 75 di quest’anno a metà luglio), ci si chiede giustamente se, ora che c’è l’euro,noi europei non potremmo finalmente pagarein euro il nostro import di greggio usando cioèla nostra moneta, ormai diventata «numerodue» mondiale anzichè in dollari. E ancora: i prezzi del petrolio non li si potrebbe quotarein euro, invece che in dollari, o comunqueanche in euro oltre che in dollari? L’Europaimporta altrettanto petrolio quanto gli Usa e,per di più, è un grande esportatore nei paesifornitori di greggio. Quindi, sarebbe più chelogico che, per queste transazioni, si usassel’euro, nei pagamenti e anche nelle fattura-zioni. Questo vale non solo per il petrolio (e il gas) ma anche per molte altre materieprime di cui l’Europa è uno dei maggioriimportatori mondiali. Eppure, sui mercatiinternazionali, la stragrande maggioranzadelle materie prime sono quotate in dollari.Così, gli europei devono esportare beni e servizi per guadagnare i dollari coi qualipagare le loro importazioni di petrolio, gas, e altre materie prime. Lo stesso vale per i paesi asiatici, e per tutti gli altri paesi delmondo che devono importare questi prodotti.Tutti, salvo uno: gli Stati Uniti, che invecepossono pagare le loro importazioni con la propria moneta nazionale, il dollaro.

Qualcuno ha detto che gli americani importanobeni e servizi ed esportano carta, ovvero cartamoneta. E’ certamente un’esagerazione, poichèil dollaro «esportato» è pur sempre un titolo di credito sull’economia americana, in quantomoneta a corso legale negli Stati Uniti, e quindi può essere utilizzato, da operatori di altri paesi, per l’acquisto di prodotti e serviziamericani. Tuttavia, l’affermazione secondocui gli americani importano beni e servizi incambio di carta si riferisce all’enorme cumulo,anno dopo anno, dei disavanzi delle partitecorrenti degli Usa. E qui si tocca uno dei più gravi problemi che incombono oggi sulla economia globale, ovvero il necessario«aggiustamento» dell’economia americana edel suo debito estero e, quindi, un’eventualesvalutazione del dollaro più o meno drastica,e una possibile crisi, forse irreversibile, delsuo ruolo di principale moneta internazionale.Se gli Stati Uniti possono “importare beni eservizi ed esportare carta” ciò è perchè quella“carta” è universalmente accettata e usatacome moneta internazionale, cioè per la quotazione dei prezzi (come nel caso delpetrolio), per la fatturazione e i pagamenti, e infine per le riserve valutarie delle banchecentrali e per gli investimenti e, dunque, è atta a svolgere a livello internazionale le trefunzioni fondamentali attribuite alla moneta,ovvero essere unità di conto (o misura delvalore), mezzo di scambio, e riserva di valore.

Il dollaro svolge questo ruolo di moneta internazionale dalla fine della Seconda guerramondiale. E, fino a pochi anni fa, non haavuto veri concorrenti. Prima del dollaro, c’erala sterlina. Prima ancora, il fiorino olandese.La sterlina si affermò come moneta interna-zionale nel Diciannovesimo secolo e mantennequesto ruolo fino ai primi decenni del Vente-simo in realtà fino alla Prima guerra mondiale.Nel periodo tra le due guerre mondiali ci fuun breve “condominio” tra la sterlina, ormaiin declino, e il dollaro, nuovo attore sullascena internazionale. In realtà già da alcunidecenni l’economia britannica era stata supe-rata, quanto a dimensioni, da quelle americana.E la Gran Bretagna aveva anche gà passato

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il momento di massimo splendore della suapotenza politica e militare a livello mondiale.Alla fine della Seconda guerra mondiale, eraormai dissanguata come potenza economica e finanziaria, e non era praticamente più unavera grande potenza militare mondiale. Queste brevi annotazioni storiche fornisconoalcune interessanti indicazioni. Per prima cosa,il ruolo internazionale di una moneta è stret-tamente connesso non solo alle dimensionidell’economia del paese in cui essa è monetalegale, ma anche alla “potenza” complessivadi quel paese. In secondo luogo, i processi di trasformazione e avvicendamento sono relati-vamente lunghi. La sterlina continuò ad esserela principale moneta interazionale ancora per mezzo secolo dopo che l’Inghilterra avevacessato di essere le prima potenza economicamondiale ed era stata sorpassata dagli StatiUniti. E poi, tra le due guerre mondiali, man-tenne un ruolo internazionale ancora impor-tante, benchè residuo, a fianco del dollaro,ormai nuova moneta internazionale. Inoltre,dopo la Seconda guerra mondiale, nonostanteil declino e quasi tramonto della sterlina,Londra è rimasta un grande centro finanziariodi rango mondiale. E nel 1965 la sterlina era ancora la seconda più importante monetatra quelle detenute nelle riserve delle Banchecentrali, con una quota del 20% del totale,contro il 56% del dollaro. Bisogna anchericordare che nel lontano passato, alcunemonete, come ad esempio il solidus bizantinoe il peso d’argento spagnolo, continuarono a circolare come monete internazionali ancoramolto tempo dopo il declino delle rispettivepotenze imperiali. In definitiva, vi è, comedicono gli economisti, una sorta di ”forza d’inerzia” in virtù della quale il sistema internazionale tende a continuare ad usare la preesistente moneta internazionale anchedopo l’apparizione di una moneta forse piùattraente ed emessa da un’economia più solida.Come ha osservato il celebre economista ameri-cano C. Fred Bergsten: “Nelle cose finanziariela forza d’inerzia è così potente che può essereimpossibile detronizzare il titolare di un ruolo,persino di fronte ad un rivale del tutto quali-ficato, a meno che lo stesso titolare spalanchila porta a quell’avversario”. Naturalmente,concetti quali il “tramonto” della sterlina e il “dominio incontrastato” del dollaro vannointesi in senso relativo. Il dollaro, in questiultimi sessant’anni, non è certo stato l’unicamoneta usata a livello internazionale. In effetti,

la sterlina, per quanto tramontata, ha conti-nuato e continua ad avere un ruolo interna-zionale, benchè modesto, insieme ad altremonete, tra cui lo yen giapponese, il francosvizzero e, fino all’avvento dell’euro, il francofrancese e il marco tedesco. Nondimeno, nessuna di queste monete poteva effettivamenterivaleggiare col dollaro, anche perchè lerispettive economie nazionali erano di dimen-sioni assai ridotte rispetto all’economia degliStati Uniti. Bisogna però aggiungere che, a suotempo, tanto la Germania quanto il Giapponenon vollero, per molti motivi, che le rispettivemonete (il Deutsche Mark e lo yen) diven-tassero davvero, come avrebbero potutodiventare, importanti monete internazionali.Ciascuno dei due paesi aveva una strategia di crescita basata sull’export, e temeva chel’internazionalizzazione della propria monetaavrebbe comportato un suo apprezzamento,con conseguenze negative per le esportazioni.Inoltre, Germania e Giappone le due ex potenzeche avevano iniziato la Seconda guerra mon-diale e ne erano uscite sconfitte preferivanomantenere un basso profilo politico sulla scenainternazionale. Gli Stati Uniti, invece, promos-sero attivamente il ruolo internazionale deldollaro, a conferma della loro supremaziaglobale. Rispetto alla seconda metà del XXsecolo, la situazione degli anni Duemila è quasi completamente nuova. Per prima cosa, il dollaro è afflitto da gravi problemi, soprat-tutto a causa dei due “deficit gemelli” (i twindeficits), cioè il disavanzo del bilancio federalee quello dei conti con l’estero. Inoltre, c’è ora una moneta, l’euro, che ha rapidamenteacquisito un ruolo internazionale e può erodere,e forse anche minacciare il quasi monopoliodel dollaro. Infine, bisogna tenere conto dellanuova e crescente potenza economica dell’Asia,in particolare della Cina. Per quanto riguardail tema della moneta internazionale, l’Asia è un nuovo fattore di grande importanza. Bisogna subito dire che, allo stato attuale, non si pone ancora, almeno a medio termine,la prospettiva che la moneta cinese, lo yuan (o renminbi), assuma un ruolo di monetainternazionale, nonostante il fatto che in termini di Prodotto interno lordo, calcolato a parità di potere d’acquisto, la Cina è laseconda economia del mondo e, inoltre, haun crescente peso sull’import export mondiale.Tuttavia, è possibile che, prima o poi, la Cinae altre economie asiatiche realizzino una cooperazione monetaria sempre più stretta,

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cominciando da una sorta di “pool” valutariosino alla creazione di un’apposita unità diconto (l’equivalente asiatico dell’Ecu) e poi,chissà, anche una nuova moneta asiatica, sulmodello dell’euro. Ciò potrebbe comportare,sulla scena monetaria globale, nuovi, profondicambiamenti strutturali. Per ora, tuttavia, sonosolo ipotesi su tempi medio lunghi. A partequesti futuribili, il fattore asiatico è però unelemento sempre più importante, ormai deci-sivo, e a scadenza quasi immediata, negli scenari relativi al prossimo “aggiustamento”dell’economia degli Usa e all’eventuale, drastica svalutazione del dollaro. Secondo C.Fred Bergsten, per far rientrare il deficit americano delle partite correnti entro il 2,0-2,5% del Pil (oggi è al 6%), il dollaro dovrebbesubire una svalutazione del 20-25%.

Senza entrare nei suoi complessi dettagli, la questione per quel che riguarda l’Asia puòessere brevemente riassunta, a grandi linee,in questi termini. Il crescente deficit dellapartite correnti degli Stati Uniti è oggi in granparte finanziato dalle Banche centrali asiatiche.Esse acquistano grandi quantità di dollari, e investono parte dei surplus commerciali intitoli americani, per impedire un rafforzamentodelle rispettive monete nazionali che potrebbecompromettere la competitività internazionaledelle loro economie. In futuro, però, l’inevi-tabile rivalutazione di quelle monete rispettoal dollaro comporterà una caduta del valoredelle riserve valutarie dei rispettivi paesi, in gran parte costituite da dollari. Dunque, le Banche centrali in questione, per ridurrequesto futuro pericolo, dovrebbero già oracominciare a diversificare le loro riserve, riducendo la quota espressa in dollari e aumen-tando quella in euro. Ciò comporta anchevendere dollari per acquistare euro, il che tuttavia può contribuire ad una caduta del valore del dollaro. Considerazioni analoghe potrebbero valere permolti paesi esportatori di petrolio, soprattuttomediorientali, oggi piacevolmente “oberati”da crescenti surplus finanziari grazie ai continuirincari del petrolio. Alcuni di questi paesi, e in particolare l’Arabia Saudita, sostengonol’economia degli Stati Uniti acquistando titoliamericani. Quindi anche per loro si pone orail problema, relativamente urgente, di unadiversificazione delle riserve in direzione dell’euro. Per i paesi mediorientali, o alcuni diessi, questa diversificazione può anche essere

dettata da considerazioni politiche e quindicomportare il trasferimento di parte dei propridepositi da banche americane a banche europee e asiatiche per ridurre il rischio che i propri fondi negli USA vengano bloccati e sottoposti a sequestro per disposizione delleautorità americane. Nel frattempo, nel 2005,le autorità monetarie cinesi hanno deciso di sganciare lo yuan dal dollaro, al quale era legato da un rapporto di cambio fisso,ancorandolo invece ad un apposito panieremonetario la cui composizione non è statadichiarata ma che, stando al governatore della Banca centrale, dovrebbe riflettere la struttura del commercio estero cinese.All’inizio, negli Stati Uniti, si pensò che la quota del dollaro nel nuovo paniere cinesesarebbe stata superiore al 50%. Ma gli espertidella J.P. Morgan giunsero alla conclusioneche il dollaro era, probabilmente, solo al 21%contro il 23% dello yen, mentre per l’euroipotizzarono una quotadel 15%. L’aggiustamento americanopotrebbe essere economi-camente molto dolorosonon solo per gli Stati Unitima anche per l’Asia e l’Europa, per le quali si profila il rischio di una grave recessione.Nell’economia della zonaeuro, o Eurolandia, il commercio con l’estero è pari a circa il 20% delPil complessivo, contro il 10% per gli Stati Uniti e il 13% per il Giappone: quindi, l’Europa è vulnerabile assai più degliUSA e del Giappone a cambiamenti in sensosfavorevole delle condizioni dell’import export.Un drastico deprezzamento del dollaro conconseguente apprezzamento dell’euro signi-ficherebbe una grave perdita di competitivitàdell’export europeo sui mercati mondiali che,senza un forte aumento della domanda interna,e senza opportune politiche monetarie, si tradurrebbe in una grave crisi per i paesidella zona euro. L’impatto subito dall’Europadipenderà in larga misura anche dalla politicaasiatica. Per esempio, se i paesi asiatici accettano un apprezzamento delle loro monete(come sembra essere il caso, ad esempio, per la Cina, con la sua decisione di sganciarelo yuan dal dollaro), ciò può attenuare

Quanto, della futura svalutazione del dollaro, si tradurràin apprezzamentodelle monete asiatiche, e quantoin apprezzamentodell’euro?Una futura crescita del ruolo internazionaledell’euro potrebbeavere numerose conseguenzepositive per l’economia europea.

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il futuro onere che graverà sull’Europa.Dunque, un quesito chiave è quanto dellafutura svalutazione del dollaro si tradurrà in apprezzamento delle monete asiatiche e quanto in apprezzamento dell’euro. Inoltre, una pura e semplice diversificazionedelle riserve delle Banche centrali asiatichecon riduzione della componente in dollari e equivalente aumento di quella in euro, con conseguente apprezzamento dell’euro,sposterebbe sull’euro una buona parte deicosti esterni dell’aggiustamento americano.Tuttavia, una futura crescita del ruolo inter-nazionale dell’euro, sia pure con un suoapprezzamento, potrebbe avere numeroseconseguenze positive per l’economia europea,a cominciare dai notevoli vantaggi derivantida un maggior uso dell’euro come monetainternazionale.

Le difficoltà del dollaro, e la buona perfor-mance, sin qui, dell’euro, suggeriscono il quesito se il dollaro non sia ormai prossimoal suo declino come moneta internazionale e se, in questo ruolo, non sarà presto affiancato,più o meno alla pari, dall’euro, con la possi-bilità che questo prenda infine il sopravvento.E’ ben difficile, quasi impossibile, rispondere.Per prima cosa, bisogna ricordare che negliultimi decenni, a partire dagli anni ‘70, giàaltre volte si è parlato di possibili, imminenticrisi del dollaro nel suo ruolo di principalemoneta internazionale. Per esempio, dopo la grave crisi del 1971, quando a Washingtonl’amministrazione Nixon dichiarò che i dollaridetenuti dalle Banche centrali degli altri paesinon erano più convertibili in oro, mettendocosì fine al regime monetario di BrettonWoods. (In realtà, i problemi del dollaro iniziarono già negli anni ‘60: per finanziare la guerra nel Vietnam, gli Stati Uniti crearonoun’eccessiva massa di dollari, talchè ad un certo punto non poterono più garantire la convertibilità dei dollari in oro. Così, nel 1968, questa convertibilità vennelimitata ai soli dollari detenuti dalle Banchecentrali estere, in ragione di 35 dollari perun’oncia d’oro. E’ questa residua convertibilitàche venne poi eliminata del tutto nell’agosto1971). Più recentemente, all’inizio degli anni‘90, alcuni economisti dissero che il marcotedesco o lo yean avrebbero finito col detro-nizzare il dollaro. Nel 1992, ad esempio, la quota del dollaro nelle riserve delle Banchecentrali scese al 49% del totale, contro il

64,5% del 1973 (e il 79% del 1977), mentre il Deutsche Mark salì al 14% (5,5% nel 1973)e lo yen al 7,5% (0,1% nel 1973). Da allora, il dollaro è risalito a più del 60% del totale(quasi 64% nel 2003), lo yen è declinato (5,5%)e il marco è sparito del tutto, però per dar vitaall’euro, che alla fine del 2003 aveva una quotadel 20% contro il 13,5% del 1999, suo primoanno di vita. E’ anche possibile che, dopo il 2003, tanto il dollaro quanto l’euro abbianovisto crescere le rispettive quote di qualchepunto percentuale. Un possibile indizio chepuò venire da questi dati è quello di un duopolio dollaro euro, con un ruolo moltoridotto per altre monete come lo yen e la sterlina. Tuttavia, l’euro, se da una parte è decisamente la seconda più importantemoneta internazionale, dall’altra è ancoramolto distanziato dal dollaro. Bisogna però ricordare che l’euro esiste soloda meno di otto anni, e che come banconotaè in circolazione solo dall’inizio del 2002.Dunque, ha una storia ancora troppo breveper un sistema monetario internazionale in cuii cambiamenti richiedono tempi molto lunghi.Come già s’è detto, il declino della sterlinarispetto al dollaro durò dai 50 ai 70 anni. La vicenda della sterlina pone un interessantequesito per ora teorico. E cioè se la naturadelle cose, e in questo caso del sistema globale, porta necessariamente ad una situazione in cui vi è, in realtà, una solamoneta veramente internazionale (con le altrerelegate su posizioni marginali), oppure se è possibile un sistema “multipolare” relativa-mente stabile, basato su due o tre moneteinternazionali più o meno della stessa rilevanza cioè il dollaro e l’euro e, in futuro,forse anche lo yuan o un’altra moneta asiatica.Secondo alcuni, salvo che nelle fasi di transi-zione da una moneta all’altra, la situazionenormale è quella di una sola moneta princi-pale, com’è stato il caso per la sterlina prima,e il dollaro poi. Secondo altri, invece, la cosanon è poi così certa: il dollaro ha goduto sì di una supremazia incontrastata, ma ancheperchè non vi erano valide alternative, vistoche Germania e Giappone non volevano che le loro monete sviluppassero in pieno leloro potenzialità quali monete internazionali.Inoltre, il predominio del dollaro nel secondodopo guerra rifletteva anche una situazionestorica molto peculiare, col mondo diviso in due dalla guerra fredda, e gli Stati Unitinel ruolo di indiscussa super potenza

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strategica ed economica a livello globale.Oggi, e in prospettiva, la situazione mondialeè profondamente diversa. Per tornare alla“competizione” dollaro euro, è possibile cheil dollaro affronti oggi un’incombente crisipiù pesante delle precedenti (con la possibileeccezione di quella del 1971, che fu un veroshock per il mondo), in un contesto storico in cui la potenza complessiva degli USApotrebbe essere in declino, e con una monetarivale, l’euro, espressa da un’area economica,Eurolandia, di dimensioni paragonabili a quellaamericana, cosa che non si poteva dire dellaGermania e del Giappone quando i possibiliconcorrenti del dollaro erano il marco e loyen. Bisogna però tener conto che gli USA,sul piano politico strategico, restano unasuper potenza globale, anche se probabilmentein declino, mentre l’Unione Europea certa-mente non lo è. Gli USA hanno interesse a che il dollaro mantenga il suo ruolo di moneta internazionale. La Banca centraleeuropea, invece, ha affermato di essere “neutrale” rispetto al ruolo internazionaledell’euro: ovvero, in linea di principio, la BCEnon metterà in atto politiche volte a sviluppareo, al contrario, frenare tale ruolo. Dietro al dollaro vi è uno stato sovrano e un poterepolitico. Dietro all’euro non c’è nè uno statoeuropeo nè un potere sovrano, nonostante che l’euro debba esprimere la nuova “potenza”europea e, quindi, la risposta dell’UE alle sfidedella globalizzazione. A tal proposito, bisognaricordare che, nel 2005, quando gli elettorifrancesi e olandesi votarono “no” al referendumsulla Costituzione europea, subito si temetteper la sorte dell’euro; e in alcuni paesi silevarono voci a favore dell’abolizione dell’euroe del ripristino della moneta nazionale diprima. Infine, bisogna ricordare che, per ora,l’euro è moneta legale solo in 12 dei 25 paesidell’UE. Di questi, dieci sono appena entratinell’UE e quindi adotteranno l’euro nei tempidovuti. Dell’originaria Europa a Quindici,hanno deciso di restare fuori dall’euro trepaesi, la Svezia, la Danimarca e, soprattutto,Gran Bretagna. Certamente, delle tre, la defezione britannica è quella più importante.Per il vero, in questi otto anni, l’euro si èaffermato e consolidato anche senza la GranBretagna, e Londra ha continuato a crescerecome grande centro della finanza globaleanche senza far parte di Eurolandia.Nondimeno, l’adesione della Gran Bretagnaall’euro potrebbe essere una svolta decisiva

per l’euro e per l’Europa. Non occorre ungrande sforzo di fantasia per immaginare qualemaggior credibilità e rilevanza internazionaleavrebbe l’euro se avesse Londra come suacapitale finanziaria. L’ingresso della GranBretagna nella zona euro potrebbe avere favorevoli conseguenze anche per quantoriguarda il petrolio e l’eventuale adozione dell’euro nei pagamenti, se non proprio nella quotazione dei prezzi. Anche il settoredel petrolio è soggetto ad un potente effetto inerziale (come quello di cui si è fatto cenno a proposito delle monete internazionali) per cui l’eventuale abbandono del dollaro a favore dell’euro o di un paniere monetariosi prospetta davvero molto laborioso, costoso,controverso e politicamente difficile. Tuttavia, nel caso dell’Europa, si dà il casoche essa sia un significativo produttore di greggio e gas, grazie ai giacimenti del maredel Nord. Dunque, se si cominciasse a quotareil greggio del mare del Nord anche in euro,oltre che in dollari, si sarebbe già introdottauna significativa innovazione in un sistemacosì conservatore come quello del petrolio. Il problema è che dei due grandi produttori del mare del nord, l’uno, la Gran Bretagna, è membro dell’UE ma non della zona euro; l’altro, la Norvegia, non fa neanche parte della UE. Però, chissà, le cose potrebbero cambiare. L’euro, tuttavia,ha altre significativeopportunità per rivaleg-giare col dollaro come“moneta petrolifera”, e quindi come monetainternazionale. Tra i grandi fornitori dipetrolio e gas dell’UE visono la Russia (che a suavolta è un grande impor-tatore di beni e servizidall’UE) e numerosi paesi della sponda suddel Mediterraneo, coi quali ultimi l’UE intenderealizzare, entro il 2010, una grande zona dilibero scambio. E’ quindi logico aspettarsi chel’UE operi in modo da sviluppare l’uso dell’euronei contratti di forniture energetiche con laRussia e i produttori del Medio Oriente/NordAfrica.

Dietro al dollaro vi è uno stato sovrano e un potere politico.Dietro all’euro non c’è né uno statoeuropeo né un poteresovrano, nonostantel’euro debba esprimere la rispostadell’Unione Europeaalle sfide della globalizzazione.Il cammino dell’eurocome nuova monetainternazionale,a fianco del dollaro o in competizione con esso, è ancoramolto lungo, ma ve ne sono tutte le potenziali condizioni.

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La storia dell’euro è ancora molto breve,soprattutto rispetto ai tempi canonici dellestorie monetarie, anche se negli ultimi decennila storia mondiale ha registrato una forteaccelerazione. Il cammino dell’euro comenuova moneta internazionale, a fianco deldollaro o in competizione con esso, è ancoramolto lungo. Per prima cosa, l’affermazione di una moneta nel ruolo di moneta interna-zionale è un processo sui generis basatoessenzialmente sulla fiducia del mercato.Questo perché quelle che chiamiamo “moneteinternazionali”, come il dollaro, l’euro e altre,sono in realtà monete nazionali usate in pagamento nelle transazioni internazionali o che fungono da riserva di valore in paesidiversi da quelli che le hanno emesse. Non esiste, in realtà, una moneta veramenteinternazionale, cioè non dipendente da realtànazionali o, come nel caso dell’euro, regionalio multinazionali. Una volta c’era l’oro. Ma il sistema aureo fa ormai parte della storia.Verso la fine della Seconda guerra mondiale,il grande economista John Maynard Keynespropose di creare un’unione valutaria inter-nazionale, con una vera Banca centrale mondiale e una nuova moneta, il Bancor. Si trattava di un sistema davvero internazio-nale, dotato di una propria istituzione sovra-nazionale che avrebbe garantito un governodella moneta mondiale. Il progetto, tuttavia,venne ignorato. Il sistema poi nato a BrettonWoods era molto diverso da quello ideato da Keynes. Non esistendo una moneta davveromondiale, le monete internazionali di oggi,sono monete nazionali (come il dollaro) o multinazionali (come l’euro) usate comeunità di conto (per esempio, nella quotazionedei prezzi) e mezzo di scambio o di pagamentonelle transazioni internazionali, tra il paese in cui quella moneta ha corso legale e paesiterzi (per esempio, import export in euro traItalia e Brasile), e anche in transazioni tra paesiterzi, per esempio import export in dollari tra un paese UE e la Cina. Un moneta inter-nazionale funge anche da “riserva di valore”,come riserva valutaria detenuta da Banchecentrali di altri paesi, o anche come monetausata da privati di paesi terzi in investimentifinanziari. Il ruolo effettivamente internazionaledi una moneta dipende da quanto essa vieneusata nelle transazioni tra “non residenti”, cioètra paesi terzi. Il processo col quale una monetasi afferma come “moneta internazionale” è molto diverso dal processo di formazione

di una moneta nazionale. A livello nazionale,una determinata moneta ha corso legale, vieneemessa e resa obbligatoria nei pagamenti invirtù di un atto del “potere sovrano” del paesein questione. Ciò vale anche per l’euro. A livello internazionale, invece, non esistealcuna autorità superiore, o sovranazionale,che possa imporre l’uso di questa o quellamoneta nazionale nei regolamenti internazio-nali. Il processo di internazionalizzazione diuna moneta è fondamentalmente determinatodal mercato, cioè dall’uso privato di quellamoneta a livello internazionale, cui fa seguitoun eventuale crescente uso di quella monetaanche da parte delle banche centrali. Perchè una moneta passi il test del mercato e si qualifichi come moneta internazionale,occorre, tra le numerose condizioni, che il suo sistema economico di appartenenza(cioè il paese o l’area in cui essa ha corsolegale) sia di dimensioni relativamente estesesul piano economico, demografico e anchegeografico; abbia estesi rapporti commercialie finanziari internazionali; presenti un sistemafinanziario ben sviluppato, con un’ampiagamma di prodotti e servizi; e abbia un tassodi inflazione relativamente basso.La zona euro soddisfa agevolmente queste e altre condizioni. A cominciare dalla princi-pale, quella delle dimensioni. Eurolandia è oggi la seconda area economica del mondodopo gli Stati Uniti. La popolazione è supe-riore, mentre il Pil complessivo è solo il 75%di quello americano, ma è anche poco più del 20% del Pil mondiale. Secondo i dati di Deutsche Bank, Eurolandia è anche il numero uno dell’export col 13% del totalemondiale. D’altra parte, come importatore è solo al 12% del totale mondiale contro il 17% degli Stati Uniti, che si confermanocome una locomotiva della crescita globale.L’economia di Eurolandia, però, ha una maggior apertura internazionale.

I concetti svolti in questo articolo sono opinionidell’Autore, hanno fini espositivi e non vanno inte-si come inviti a specifiche operazioni economiche e finanziarie.

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È stato pubblicatol’XI° “Rapportosull’economiaglobale e l’Italia”del Centro di Ricerca eDocumentazioneLuigi Einaudi.Il Rapporto, dal titolo “Per tornarea crescere”, mette in luce unarinnovata chiusuraprotezionistica dei mercati e sottolinea l’elevatolivello di insicurez-za dell’attualeassetto politico ed economico del pianeta. Insicurezza nonimplica tuttavianecessariamentepessimismo sulfuturo; il rapidoestendersi dei benefici dellacrescita sembral’unico modo pergarantire che inumerosi conflitti,attuali o potenziali,vengano risoltipacificamente.In questo contesto,l’Italia risente dell’indebolimentostrutturale dellasua economiadegli ultimi tre lustri; ma il Rapporto mette in luce una sia pur appenaavvertibile inversione di tendenza.In altre parole, il Paese ha unapartita da giocare.

Mario Deaglio insegna Economia internazionalepresso l’Università di Torinoed è editorialista de La Stampa.

LA GLOBALIZZAZIONE BLOCCATA

DI MARIO DEAGLIO

I CAMBIAMENTI ISTITUZIONALI DEI MERCATIL'ESTENSIONE FALLITA DEL MERCATOGLOBALELa globalizzazione di mercato, intesa nel suosenso più tradizionale di apertura dei mercati e di crescente libertà d’azione per gli operatorieconomici, si trova in condizioni di stallo effettivo dal 1995, anno di entrata in vigore deltrattato istitutivo dell’Organizzazione Mondialedel Commercio (normalmente indicata con lasigla Wto, dalle iniziali del suo acronimo inglese).Dopo di allora, non si sono più verificate estensioni di rilievo delle aree liberalizzate dell’economia mondiale, ma sono anzi stati lanciati importanti segnali di chiusura.Le ultime quattro conferenze interministerialidella Wto, che avrebbero dovuto ampliare l’areadella liberalizzazione al settore dei servizi, hannoinvece visto sorgere e svilupparsi una dura contrapposizione:a) da un lato i paesi avanzati, favorevoli a taleliberalizzazione, che estenderebbe l’azione delleloro imprese nei più svariati settori dei servizi(dall’acqua potabile all’istruzione, dalla sanitàai trasporti e al credito), ora geloso appannaggio,nei paesi emergenti, delle élites locali e sostan-zialmente preclusi agli stranieri;b) dall’altro il blocco dei paesi emergenti, generalmente con la leadership di Brasile, India,Cina e Sudafrica, forti dell’espansione delle loroeconomie, i quali reclamano, in contropartitaalle concessioni sui servizi, un maggiore accessodei loro prodotti, a cominciare da quelli agricoli,ai mercati dei paesi ricchi, dove sono inveceancora soggetti a limitazioni di vario genere.La situazione di stallo cominciò a manifestarsicon chiarezza alla conferenza ministeriale diSeattle del 1999. Mentre l'attenzione era rivoltaagli incidenti nelle vie e nelle piazze di questacittà americana, momento di inizio dell’opposi-zione organizzata alla globalizzazione di mercato,un acceso dibattito si svolgeva, nella sede dellaconferenza, tra i rappresentanti di oltre un centinaio di paesi. Tale dibattito si concluse nongià con il lancio di una nuova serie di grandiiniziative liberalizzanti, che avrebbe dovutosegnare l’inizio del nuovo millennio, bensì con un nulla di fatto largamente inatteso.Nella conferenza ministeriale successiva, svoltasia Doha, capitale del Qatar, nel novembre 2001,

si registrarono solo progressi assai limitati relativi alla possibilità dei paesi meno sviluppatidi produrre farmaci, in caso di epidemia, senzasottostare al pagamento di royalties alle casefarmaceutiche; la successiva conferenza, tenutasiquasi due anni più tardi, nel settembre 2003,nella località turistica messicana di Cancun,mise in luce una contrapposizione ancora piùdura, specie su argomenti come la liberalizza-zione degli appalti pubblici e gli investimentiesteri, e non si riuscì a raggiungere un accordoneppure su una dichiarazione d'intenzioni.Per questi motivi, a Hong Kong, nel dicembre2005, la preoccupazione generale era quella di non arrivare a una rottura, che avrebbe messoin forse l’esistenza stessa della Wto o quantomeno ne avrebbe sostanzialmente ridimensionatogli obiettivi. Ci si accordò quindi sulla stesuradi una dettagliata tabella di marcia su una grande quantità di argomenti, oggetto di controversia commerciale, da affrontare e risolvere entro il 2006. Da allora, però, non si ha notizia di sostanziali progressi neinegoziati, mentre si sono verificati importantiepisodi di “chiusura” che solo in parte la Wto è riuscita a governare. Il contrasto commercialetra Cina e paesi occidentali sull'esportazionecinese di numerosi prodotti tessili si è tempora-neamente concluso con una, sia pur parziale e temporalmente limitata, reintroduzione di barriere commerciali ai prodotti cinesi.

Il testo è riprodotto con la cortese autorizzazione della casa editrice Guerini e Associati.

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L’accordo tra l’Unione Europea e la Cina dell’llgiugno 2005, stipulato dopo una lunga pressionedell’Italia sulla Commissione, cui si aggiunseroanche le pressioni dell’industria tessile francese,stabilisce infatti, fino alla fine del 2007, tassimassimi di crescita compresi tra 1'8 e il 12,5per cento annuo per le esportazioni cinesi diimportanti categorie di prodotti appartenenti a questo settore merceologico.Per conseguenza, il 18 luglio la Cina reintrodussele quote all’esportazione; già il 23 agosto, però,la crescita tumultuosa delle esportazioni cinesiaveva raggiunto i massimi consentiti per l’interoanno. Si raggiunse così, il 5 settembre, un accor-do supplementare per le partite commerciali in viaggio, metà delle quali sarebbero state fatte entrare nell’Unione in esenzione al “tetto”appena deciso mentre l’altra metà sarebbe statafatta rientrare nel “tetto” fissato per il 2006.L'accordo tra Stati Uniti e Cina fu raggiuntopoco dopo, agli inizi di novembre, con modalitàe massimali analoghi.

PORTE SBARRATE ALLE IMPRESE STRANIERELe “chiusure” principali, però, si registraronolontano dai tavoli delle trattative e sono collegatea fatti specifici che riguardano sia la normativacommerciale sia l'intervento, al di fuori di specifiche regole, effettuato da vari governi a difesa di imprese dei loro paesi. Il primo casoimportante si verificò in luglio, quando gli StatiUniti di fatto impedirono alla società petroliferacinese Cnooc di acquistare, per 18 miliardi didollari, la società petrolifera americana Unocal.Pochi mesi più tardi, nel marzo del 2006, il tentativo di DP World, società del Dubai, di acquistare l'inglese P&O Ports, che gestiscesei porti degli Stati Uniti, suscitò una rivolta alCongresso degli Stati Uniti: nonostante il parerefavorevole del presidente Bush, la pressione suicandidati acquirenti arabi fu così marcata chequesti si videro costretti a ritirare l’offerta.L'episodio è tanto più significativo in quantonon si è trattato della vendita di un’impresaamericana a uno straniero bensì del passaggioda uno straniero di nazionalità gradita (la GranBretagna) a uno straniero di nazionalità menogradita (gli Emirati Arabi Uniti).La chiusura non è limitata agli Stati Uniti. Nelle stesse settimane in cui nei corridoi delCongresso di Washington maturava il discorosso per i cinesi della Cnooc, nei corridoi diqualche ministero francese maturava un analogodisco rosso all’acquisto da parte dell’americanaPepsi Cola della grande società alimentareDanone. Se per porti e petrolio gli americanipotevano forse invocare qualche stiracchiata

giustificazione strategica, queste erano totalmenteassenti nel caso di un’impresa il cui prodottoprincipale è lo yogurt. Il governo di Parigi andòoltre e a settembre presentò un progetto di leggeper impedire l’acquisizione di imprese francesiritenute strategiche da parte di acquirenti dipaesi esteri. La tabella 1 mostra come nellaprima metà dello stesso mese di marzo 2006in cui gli Stati Uniti bloccavano la societàaraba, nella Unione Europea si verificavanonumerosi casi di veto governativo a operazionidi acquisto di imprese nazionali da parte disocietà di altri paesi membri dell'Unione. È curioso che i casi più rilevanti di difesadelle imprese nazionali si verifichino in paesicon governi molto favorevoli al mercato, come Francia e Polonia. Si consideri inoltreche l’offerta del gruppo siderurgico indianoMittal per acquistare Arcelor - il primo grupposiderurgico del mondo, nato dalla fusione ditre imprese, una lussemburghese, una francesee una spagnola - è stata accolta in Francia con alte grida d’allarme. Sempre a marzo,secondo informazioni di stampa, il governostilò una lista di 20 “campioni nazionali”, ossiagrandi imprese il cui acquisto doveva ritenersi proibito agli stranieri. In tutta Europa, del resto,un’imprevista ondata di nazionalismo econo-mico-imprenditoriale scuoteva rapporti consolidati. Molti italiani furono assai turbatidal vedere due banche di dimensione medio-grande, Antonveneta e Bnl, “cadere” in mani“straniere”, rispettivamente olandesi e francesi,al termine di battaglie per il controllo in cui si intrecciarono elementi politici ed economici.Non è certo però solo in Italia che le “invasionistraniere” (anche se gli “stranieri”, in questocaso, usano la stessa moneta e condividononumerose istituzioni) vengono spesso conside-rate come un fatto gravemente negativo.

Tab.1 1-15 marzo 2006: quindici giorni di xenofobia.Alcuni casi di ostacoli a fusioni internazionali

Washington. DP World, società del Dubai specializzata nellagestione dei porti, è costretta da pressioni interne americane a rinunciare all'acquisto di una società inglese che gestisce sei porti americani. Questo comportamento americano vienegiudicato “razzista” da numerosi esponenti economici del Golfo.Madrid. La tedesca E.On cerca di acquistare il controllo di Endesa, grande società .elettrica spagnola; il governo favorisce apertamente un accordo alternativo, ossia la fusionedi Endesa con Gas Natural, anch'essa spagnola, per creare un “campione nazionale” nel settore dell'energia.Parigi. All'italiana Enel viene di fatto impedito di acquistare Gaz de France da un intervento del governo francese, che preferisce una soluzione nazionale.Varsavia. Il governo attacca il progetto di acquisizione dellabanca polacca Pekao-BHP da parte dell'italiana Unicredit'.Bruxelles. La Commissione europea considera l'opportunità di imporre elevati dazi doganali sulle scarpe cinesi e accusa la Cina di dumping.Pechino. Il direttore dell'Istituto Nazionale di Statistica cinese, Li Deshui, parlando al Congresso del Popolo sostiene che perPechino è giunta l'ora di rivedere la normativa su facilitazioni e sconti fiscali a imprese straniere e si pronuncia contro l'acquisto da parte di stranieri di «società cinesi di alta qualità».Roma. l'industria italiana del mobile chiede l'introduzione di dazi doganali sui divani cinesi.

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“È questa la fine della globalizzazione?”, si chiede sgomenta Heather Steward, autorevolecolumnist del settimanale inglese The Guardian.È difficile darle una risposta, ma sicuramentequest’eventualità non può essere scartata. La tendenza nazionalista percorre non solo i paesi avanzati ma anche gran parte dei paesiemergenti, dall’America Latina, dove Colombiae Venezuela rifiutano l’ingresso di imprese straniere nel settore del gas naturale e delpetrolio, limitano o addirittura nazionalizzanol’attività di quelle già presenti, alla Cina, il paese che ha maggiormente beneficiato dell’apporto di capitali e tecnologie straniere:come mostra la tabella 1, non si guarda più conil favore di una volta all’acquisto straniero diimprese nazionali e probabilmente si stannopreparando restrizioni. Del resto, come haosservato Stephen Roach, chief economist diMorgan Stanley, a metà marzo 2006 il Congressodegli Stati Uniti aveva in esame più di dodiciprogetti di legge di carattere punitivo nei confronti della Cina.

LA GOVERNANCE DEL MERCATO E DELLEIMPRESE GLOBALI: UN SUCCESSO A METÀIn difficoltà nel progettare il proprio futuro a livello macroeconomico, insidiato a livello di singole imprese dalle chiusure sopra illustrate,il sistema economico globale si è rivelato per lo meno in grado di gestire il proprio presentein maniera soddisfacente. Il 2005 e il 2006vedono l’adozione graduale di regole contabiliinternazionali, i cosiddetti IAS/IFRS (Internatio-nal Accounting Standards/ InternationalFinancial Reporting Standards).Tra le innovazioni più importanti, gli IAS introducono, nella valorizzazione a bilancio di attività e passività finanziarie, il cosiddettoprincipio del “valore equo”, o fair value, in luogodella metodologia tradizionale del costo storico.Questi nuovi orientamenti dovrebbero facilitarel’emersione nei bilanci (soprattutto di societàfinanziarie, banche, assicurazioni e holding) di plusvalenze e/o minusvalenze accumulatenel tempo rendendo i bilanci stessi più realisticie meno soggetti a sorprese in momenti di difficoltà aziendali. Proprio per questo, però, è lecito attendersi una maggiore volatilità deiprofitti. Indipendentemente dai criteri contabili,nel 2005 si cominciano a osservare mutamentiall’interno delle imprese legati ai criteri di maggiore severità delle normative di controllo - introdotti negli Stati Uniti con la nota leggeSarbanes-Oxley, e successivamente in altri paesi - e al mutato clima dei rapporti tra dirigentie azionisti. Si sono anche susseguiti i processi a grandi manager, come Bernard Ebbers, chief

executive officer (ceo) di Worldcom, che ricevetteuna condanna a 25 anni di reclusione per frodefiscale; Martha Stewart, una celebrità televisivache aveva costruito un piccolo impero finanziario,fu condannata invece a diversi mesi di prigioneper aver mentito su una vendita di azioni e uscì di galera nel marzo 2005.Nel luglio/agosto del 2005 gli Stati Uniti cono-scono una vera e propria “tempesta imprendi-toriale”: lotte interne portano alle dimissioni di noti ceo come Maurice Greenberg di AIG, un gigante assicurativo, e Harry Stonecipherdella Boeing, un colosso delle costruzioni aeronautiche. Talvolta sono le assemblee degliazionisti o i consiglieri indipendenti, presentinei consigli di amministrazione, a prendere l’iniziativa: in tal modo figure di primo pianocome Carly Fiorina, ceo dell’impresa elettronicaHewlett-Packard (HP), vengono licenziate pergli scarsi risultati ottenuti; altri, come MichaelEisner della Walt Disney, lasciano il posto dopolunghi conflitti. Le stravaganti remunerazioni di molti altissimi dirigenti vengono poste duramente in discussione.In Europa gli episodi di crisi ai vertici dellegrandi imprese sono maggiormente circoscrittie di minore intensità, ma ugualmente rilevanti.Nel 2004-2005 dimissioni al vertice toccano, conmotivazioni diverse, imprese come la Volkswagene la grande banca tedesca Commerzbank, lacatena olandese di supermercati Ahold e i diri-genti di Eurotunnel, la società che ha costruitoe gestisce l’omonimo traforo ferroviario sotto la Manica; in questa luce, gli avvicendamenti,talora in condizioni traumatiche, alla guida di grandi imprese italiane e le vicende bancarieitaliane della rovente estate del 2005 paionorappresentare non già casi eccezionali bensì lavariante nazionale di un più vasto fenomenomondiale. Si tratta indubbiamente della presad’atto dei limiti di un modello imprenditorialebasato sull’”onnipotenza” dei grandi dirigentinei confronti sia degli azionisti sia delle struttureinterne alle imprese; questi avvenimenti possonoessere interpretati come la correzione di unvistoso squilibrio, un chiaro tentativo di rinno-vamento dei vertici e del modo di operare delcapitalismo mondiale. Nonostante questi eventiclamorosi, dalle vicende aziendali del 2005 nonemerge alcun sicuro modello alternativo e lesostituzioni al vertice paiono indice più di unasituazione patologica che della sua cura.La correzione dell’eccesso di potere di cui godeil ceto dirigente delle imprese non è affidatasoltanto agli organi societari o alle sentenzecontro singoli dirigenti. Assume particolare rilevanza l’insieme delle vertenze giudiziarie cheoppongono le imprese, in quanto tali, all’interesse

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collettivo. Tra gli esempi più importanti di questa pressione giudiziaria vi è quello diMicrosoft. Per evitare pesantissime multe, nelgennaio 2006 il gigante americano del softwareoffrì all’Antitrust europea di rendere noti i “codicisorgente”, fino ad allora tenuti rigorosamentesegreti, di alcuni dei suoi prodotti più conosciuti.Noti farmaci vengono sottoposti a controlli e ad azioni legali: nell’aprile 2005, la grandeimpresa farmaceutica americana Pfizer sospesela vendita di un suo famoso prodotto per possi-bili effetti collaterali negativi, mentre Merck,un’altra casa farmaceutica americana, venneassolta in novembre dall’accusa di aver delibe-ratamente nascosto ai pazienti la pericolosità di un suo farmaco dopo che, per quest’accusa,aveva subito pesantissime cadute di Borsa; nel gennaio 2005, un tribunale americanodichiarò accettabile l’azione legale degli obesicontro la catena di ristoranti McDonald’s.Non fa meraviglia, quindi, che i discorsi sullaresponsabilità sociale delle imprese (corporatesocial responsibility) si facciano più stringenti e più concreti. Molte imprese iniziano a redigereun “bilancio sociale” e le iniziative di “filantropiaaziendale” diventano più frequenti (i dati piùrecenti, riferiti al 2004, parlano di oltre 12miliardi di dollari nei soli Stati Uniti).Complessivamente, si ha l’impressione di unmondo imprenditoriale meno arrogante, menosicuro di avere in mano la chiave per risolvere i problemi del mondo e, in generale, sulla difensi-va. L’insicurezza si traduce sovente in una certascarsità di nuovi investimenti e nella restituzioneagli azionisti di una parte del capitale, una“strategia” che sembra nascondere la mancanzadi strategie autentiche al di là di quelle cheemergono da sviluppi tecnologici non sempreprevisti.

LE NUOVE TECNOLOGIEE LA TRASFORMAZIONE DEI MERCATIUNA “RIVOLUZIONE COPERNICANA”PERMANENTEL’elemento maggiormente innovativo sulla scenaimprenditoriale è rappresentato dalle rapidissi-me trasformazioni tecnologiche, solo in partevolute e previste, che percorrono l’economiaglobale e ne stanno mutando fortemente e moltovelocemente la natura, rendendo strategico ciòche prima sembrava irrilevante e superfluo ciòche prima sembrava strategico e modificandoaltresì il modo di fruizione di molti beni e servizida parte dei consumatori. Si ha l’impressione di un succedersi di “rivoluzioni copernicane”che trasformano continuamente, e in tempi

brevissimi, il “centro” del sistema tecnologico,conferendogli una singolare instabilità e alteran-done parametri fondamentali. Tutto ciò può bengiustificare una delle preoccupazioni espresseda Alan Greenspan relativa, appunto, all’ecces-siva rapidità del cambiamento tecnologico.La messa a fuoco dei cambiamenti veramenterilevanti appare particolarmente difficile perché,in un mondo di false partenze, le partenze “vere”sono normalmente riconoscibili soltanto aposteriori. Se ne tenta qui una sintesi facendoriferimento alla produzione di “attività terziarie”rivolte a un normale cittadino-consumatore.Con questo termine si indicano qui tre diversiservizi finali (informazione/spettacolo, istruzione/cultura, comunicazioni) e in più l’attività diacquisto di beni e servizi che può considerarsicome un’attività terziaria svolta all’interno della sfera individuale o famigliare e pertantonon compresa nelle normali classificazionimacroeconomiche.Per misurare il cambiamento in atto, si possonoconsiderare le figure 1 e 2 (pagine seguenti).Esse rappresentano due situazioni stilizzate di svolgimento di queste “attività terziarie”, la prima in presenza di tecnologie tradizionali,assolutamente dominanti fino alla metà degli anniNovanta, la seconda in presenza delle tecnologiein corso di estensione e di applicazione a metàdel primo decennio del XXI secolo. Nella figura1 è sommariamente descritta la situazione tradi-zionale, scarsamente mutata nell’arco di unasettantina d’anni. Il cittadino-consumatorecomunica con l’esterno mediante due sistemiprincipali, la posta e il telefono (quest’ultimoarticolato in tempi recenti in telefonia fissa etelefonia mobile). Riceve le sue informazioniattraverso giornali, radio e televisione e ottieneil suo divertimento, oltre che da queste stessefonti, assistendo direttamente a eventi di suogradimento in luoghi quali i cinema, i teatri, gli stadi. Acquista ciò di cui ha bisogno neinegozi e nei supermercati e il suo desiderio di istruzione e cultura è soddisfatto mediantecorsi tradizionali in apposite aule e, in misuraminore, nelle biblioteche. Nella sua casa arrivanoseparatamente i terminali del telefono, dellatelevisione, della radio, del servizio postale(oltre, naturalmente, all’allacciamento alla reteelettrica), mentre egli stesso vi porta fisicamentei beni materiali acquistati, sempre più frequen-temente, presso un supermercato; anche i beniimmateriali vengono acquistati presso specificinegozi dove egli si reca (agenzie di viaggi), così come è normalmente tenuto a recarsi fisicamente presso la propria banca o presso un terminale elettronico esterno (Bancomat).

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Tutto ciò sta acquistando rapidamente un saporearcheologico. Nella fig. 1 è illustrata la situazioneche ha cominciato a realizzarsi nel nuovo secolo,con una particolare accelerazione a partire dal 2004. Comincia a diffondersi su larga scalala comunicazione con l’esterno mediante telefonimobili di nuova generazione che assolvonoalcune delle funzioni dei normali personalcomputer e, in particolare, sono in grado dicollegarsi alla rete Internet e quindi di inviareo ricevere posta elettronica; sono inoltre in grado,sempre più di frequente, di ricevere immaginifisse e in movimento, musica e informazioni di ogni genere. Si delinea così una sorta di“contenitore informatico”, dotato di grandissimacapacità e dalle esigue dimensioni fisiche, che lo rendono quindi non più ancorato all’abitazione ma agevolmente trasportabile e teoricamente attivabile in qualsiasi luogomediante i nuovi collegamenti senza fili. Al tempo stesso, assieme ai cavi della rete elettrica tradizionale possono scorrere quelliche garantiscono l’accesso alle reti informatiche.Le informazioni che pervengono a questo “contenitore” possono essere istantaneamenteselezionate attraverso i “motori di ricerca” comeGoogle e Yahoo!, i quali tendono a fornire gratuitamente servizi approfonditi e specializzati(dalla consultazione degli elenchi telefonici alle informazioni finanziarie, dalla cartografiamondiale a sistemi di archiviazione di immaginidigitali), finanziati mediante pubblicità “mirata”.L’informazione viene, sempre più spesso, diffusada centrali elettroniche, ossia da siti Internet, la cui capacità di aggiornamento è nettamentepiù rapida di quella dei normali programmitelevisivi. Anche i programmi radiofonici e televisivi, del resto, cominciano a essere diffusiattraverso Internet, mentre l’insegnamento,soprattutto a livello universitario, si avvale inmaniera crescente di materiale didattico “messoin rete” dai docenti così che gli studenti possonoseguire interi corsi universitari da casa propria.Accanto alle biblioteche tradizionali, un numerosempre crescente di testi è consultabile sulloschermo di un computer. Molti musei comincianoa offrire “visite elettroniche guidate” ai propricapolavori: anche queste opere compaiono sullo schermo e la loro immagine può essereingrandita, studiata nei particolari e corredata di notizie e commenti. Una parte cospicua diacquisti, soprattutto di beni immateriali (viaggi,soggiorni turistici, musica, spettacoli, informazio-ni ecc...) avviene in risposta a offerte elettronichedi singoli produttori, reperibili sulla rete conoperazioni di ricerca o addirittura attraversomercati elettronici appositamente organizzati. Il pagamento di questi acquisti può poi avvenire

in via totalmente elettronica, ossia medianteopportune carte di credito (carte ricaricabiliche limitano fortemente il rischio di accessoillegale al conto corrente del cittadino-consuma-tore, che egli, del resto, può controllare per viaelettronica. La sintesi nei mezzi che consentonol’insieme di queste attività è ben illustrata seman-ticamente dal prefisso e- ai termini inglesi checontraddistingue singoli comportamenti basatisu sistemi elettronici. Stiamo entrando in unmondo in cui e-mail, e-commerce, e-banking, e forse anche e-books, diventano punti di riferimento sempre più importanti nella scansionedella nostra vita, o forse si potrebbe dire dellanostra e-vita.

UN NUOVO ALFABETO E (FORSE) UNA NUOVA SOCIETÀSi delinea così un nuovo modo di comunicare(e, attraverso la comunicazione, di produrre e consumare, come si vedrà più sotto) il cuialfabeto è composto di sigle ed espressioni, forseostiche ad alcuni lettori, che si sono venuteaffermando negli anni più recenti. Il tutto èreso possibile mediante il sistema della “bandalarga” di frequenze, velocissimo, che invia i dati“a pacchetto” senza aver bisogno di una lineadi comunicazione sempre aperta. Gli accessialla banda larga si stanno moltiplicando inmaniera rapidissima grazie agli sviluppi dellaDSL (Digital Subscriber Line) e del sistema di telecomunicazione mobile UMTS (UniversalMobile Telecommunication System).La sostituzione delle tradizionali tecnologieanalogiche con tecnologie digitali, cioè utilizza-bili sulla rete Internet, sta avanzando a grandipassi nella televisione (che trasmette sempre di più in questo formato) e nella telefonia.Il metodo di trasmissione denominato IP (InternetProtocol) diviene il punto di convergenza dellediverse reti di comunicazione e, al suo interno,assume particolare importanza l’applicazioneVOIP (Voice over IP), ossia la tecnica di trasmissione della voce mediante Internet.Siamo in presenza di un insieme di sviluppiunificanti che fanno pensare a una secondafase di Internet, in cui la trasmissione di dati “a pacchetti” può venire utilizzata per ogni tipodi comunicazione. A questi sviluppi dell’infra-struttura (hardware) fanno da contrappunto glisviluppi di nuovi software. La novità principaleè rappresentata dalla condivisione dei file (filesharing) tra diversi utenti. La maggior parte deicontenuti digitali in rete viene autoprodotta escambiata tra computer “paritari”; scomparecosì il classico rapporto tra diversi clientsricettori e un server dispensatore perché tuttipossono divenire contemporaneamente client

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e server. Tutto ciò ha profonde implicazioni siadal punto di vista giuridico, per quanto riguardail diritto di proprietà intellettuale sul materialescambiato, sia per quanto riguarda la distinzione,non più netta, tra acquirenti e venditori.La modificazione dei contenitori e dei sistemidi comunicazione, e in particolare il file sharing,si riflettono in una modificazione dei contenutidelle informazioni trasmesse, secondo i classiciinsegnamenti del sociologo canadese McLuhan,il primo a studiare in profondità, già negli anniSettanta, le conseguenze dei mutamenti tecno-logici sulla società e sulla struttura dei settoriche producono servizi: sono già pienamenteavvertibili modificazioni nello stile di scritturadei messaggi di posta elettronica e degli SMSdei telefoni portatili, nonché nella stesura dellenotizie da parte delle agenzie elettroniche. La conseguenza principale, però, può essereconsiderata la modificazione della “rete”, lagrande “ragnatela informatica” che ormai collegaistantaneamente e a costo bassissimo più di unmiliardo di utenti. La condivisione dei file fa sìche, “andando in rete”, il normale utilizzatore

di un personal computer diviene parte attivadella rete stessa, ossia riceve e ritrasmette contemporaneamente informazioni; in alcunicasi il collegamento da parte di un gran numerodi utenti non solo presenta un costo marginalenullo, ma può anche far funzionare meglio il sistema e migliorarne la qualità. Per questo si parla di una digital sharing economy, ossiaun’economia basata a un tempo su nuove tecnologie (digital) e sulla loro condivisione(sharing). Dalla condivisione deriva non soltantoun beneficio ideale, ma anche un beneficioeconomico che potrebbe rivelarsi potenzialmentesuperiore a quello legato a un rigido sistema di diritti di proprietà. Del resto, l’intera espe-rienza di Internet è intrisa di collaborazione e gratuità, e una delle forme di condivisione,che va sotto il nome di open source, si è diffusafortemente in questi anni proprio grazie allalibertà con cui è possibile usufruire dei miglio-ramenti dei programmi.Che le nuove tecnologie non si presentino soltanto come un coacervo di fattori tecnici maanche come un insieme di contenuti ideali siricava anche dall’esperienza di eBay, l’esempiopiù noto ed efficiente di mercato elettronico.Come ha dichiarato recentemente PierreOmidyar, che, con la moglie Pamela, ne è statofondatore, “il vero valore e il vero potere ineBay è la comunità”. Compratori e venditori si riuniscono e danno origine a un mercato. Si tratta veramente di un ambiente “del popolo,dal popolo e per il popolo”, un’affermazione,quest’ultima, che si intona alla copertina di unsupplemento di Business Week, dove la scritta”il potere siamo noi” (The Power Is Us), campeggia su uno sfondo affollato di persone di ogni genere.Non ci troviamo in un quartier generale rivolu-zionario, ma nel cuore del capitalismo americano.Riprendiamo ancora le dichiarazioni di Omidyarriportate nel medesimo supplemento: “Ovunquele persone si stanno unendo e collegando. Il lorouso di Internet sconvolge ogni genere di attività;si tratta infatti di uno spostamento fondamentaledi potere verso il basso da un piccolo gruppo di persone che vogliono imporre una politicadall’alto”. Aggiungiamo che eBay ha costituitola eBay Foundation, che svolge attività, tra lealtre cose, nel campo del microcredito in paesiemergenti, e forse ci rendiamo conto che, sottola spinta della tecnologia, sono in atto mutamentiveramente profondi e inattesi in tutta la società.

FIG.1 ATTIVITÀ TERZIARIE DEL CITTADINO-CONSUMATORE. SCHEMA TRADIZIONALE

FIG.2 ATTIVITÀ TERZIARIE DEL CITTADINO-CONSUMATORE. SCHEMA CONTEMPORANEO

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L’aumento della longevità avrà, nel medioe lungo periodo, un impatto intenso sugliequilibri economici e sociali: l’Italia è,con la Francia e la Spagna, tra i paesia maggiore vulnerabilità ai fenomeni dell’invecchiamento.Andrea Battista analizza, nella sua vestedi studioso e di direttore generale di una primaria compagnia di assicurazioni,l’evoluzione dei modelli sociali di coper-tura del rischio di longevità, e prefigura i possibili scenari del futuro. La parolad’ordine è “sharing”, condivisione di pro-gettualità, responsabilità e scelte operativeche coinvolga gli individui, le impreseassicurative, i sistemi pensionistici pubblici,lo Stato. “La posta in gioco sarà altissima,anche e soprattutto sotto il profilo morale.Qualora la longevità diventasse unrischio di rilevanza globale e socialmentenon governabile, la pressione verso ilcontenimento delle spese sanitarie nelleetà avanzate e quindi, de facto, verso la riduzione della vita attesa potrebbediventare irresistibile, e per la primavolta nella storia la longevità cesserebbedi diventare un obiettivo per la specieumana, mutando il senso ultimo forsedello stesso sviluppo economico-sociale”.

INTRODUZIONELa tematica della previdenza in generale e gliaspetti relativi alla previdenza complementarein particolare hanno indubbiamente affollatonegli ultimi anni i programmi dei convegni,gli indici delle riviste e le pagine della stampa,quotidiana e settimanale, nazionale ed inter-nazionale. Nonostante questo contesto, il temadell’erogazione delle prestazioni pensionistiche,ossia del momento finale del sistema previ-denziale rispetto al quale la fase dell’accumuloè mero per quanto essenziale strumento, èrimasto decisamente sullo sfondo nel dibattitopubblico, forse per un effetto di priorità temporale. Ora, in effetti, è il momento dellacreazione dello stock di risorse previdenziali,un domani - in Italia ancora non vicinissimo -sarà centrale la loro distribuzione ai futuripensionati. Anche a livello scientifico, solo direcente sono giunti interessanti contributi daalcune scuole di ricerca1, non più solamentedi mera (per quanto benemerita) impostazionematematico-attuariale ma con ampio focus

multidisciplinare (dalla macroeconomia allafinanza); e l’interdisciplinarità è basilare peraffrontare un fenomeno che riguarda la vitaumana, ossia l’evento che è per definizione al centro dell’interesse di tutti. A livello dicomportamento d’impresa, le indagini dispo-nibili sui temi rilevanti per la gestione e suirischi “chiave” non pongono questo tema ai vertici dell’attenzione del management, nétanto meno lasciano pensare che sia diffusauna forte preparazione strutturale ed organiz-zativa nel gestire il fenomeno a tutti i livellidell’industria assicurativa. A titolo esemplificativo, ricordiamo la recente(2004) indagine di Tillinghast sui temi del riskmanagement, da cui emergeva un variegatoquadro di progressiva ma ancora insufficienteattenzione ai temi demografici. Se l’84% degli intervistati dichiara infatti ditendere a sviluppare misure di rischio demo-grafico, il 69% cerca di includere il rischionel complessivo processo di Enterprise RiskManagement, mentre solo il 39% si dichiarasoddisfatto degli strumenti di gestione di talerischio a disposizione. Ciò può apparire forsepersino paradossale per un genere di operatoreeconomico, quale la compagnia di assicura-zione sulla vita, che da almeno un paio disecoli osserva, valuta e sintetizza il fenomenodella vita umana - per meglio dire la suadurata e la qualità della sua evoluzione. E’ evidente che il progressivo allungarsi della vita umana medesima, con tutti i suoimolteplici impatti - dall’invecchiamento della struttura della popolazione in ogni datomomento storico, agli effetti sul mercato dellavoro e sui sistemi pensionistici, alla dinamicadella vita familiare - rappresenta un elementodi scenario imprescindibile; davvero “la sfidadelle sfide”, una sorta di compimento finaledella funzione storica dell’assicurazione sullavita e per il ruolo che in tale contesto, istitu-zionalmente, possono essere chiamate a svolgere le compagnie di assicurazione.Sul concetto di ruolo e di funzione istituzionaledi queste ultime, è opportuno essere espliciti:stiamo trattando di attività e compiti che possono e debbono essere svolti non in virtùdi una qualche “riserva di caccia” normativa-

LONGEVITÀ, MODELLI SISTEMICI E RISCHIO D’IMPRESA

DI ANDREA BATTISTADIRETTORE GENERALE DI DUOMO ASSICURAZIONI

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mente predefinita ma per propria caratteristicapeculiare, ossia legata alla natura intrinsecadi compagnia di assicurazione. Tutto questo è vero e rilevante tanto più quanto l’aumentodella longevità rappresenta un fenomenogenerale per l’occidente avanzato, risaputo,sistematico ed in teoria irreversibile. Quanti infatti scommetterebbero su unainversione di tendenza all’aumento della speranza di vita, anche lontana nel tempo,per i paesi occidentali? Il tema è piuttostocapire se ci stiamo avvicinando ai limiti geneticidell’aumento della speranza di vita e moltistudiosi non pensano che sia questo il caso (J.W.Vaupel del Max Planck Institute2,ad esempio). Come sopra accennato, i feno-meni di invecchiamento presentano aspettitipicamente multidisciplinari, in particolare di valenza tipicamente macroeconomica esociale, per cui l’approccio corretto non puòche partire dallo scenario che va maturando,su cui la capacità di influire delle compagnie,ovunque nel mondo, può tranquillamente essereassunta scarsa ovvero, forse più correttamente,nulla. L’invecchiamento strutturale generaprogressivamente nuovi bisogni: cresce ovveroesplode la domanda di assistenza sanitaria,legata o meno alle dinamiche di non autosuffi-cienza, come ci viene confermato dai trend di tutti i paesi avanzati.Scendendo ad aspetti di carattere micro, tendea cambiare il valore complessivo del clientelungo il suo ciclo di vita, che aumenta in modonetto: un cliente in tarda età non cambia facilmente un rapporto di fidelizzazione maturato nel tempo, ha uno stock importantedi risparmio allocato, da allocare o da mobili-tare. Staticamente osservata, cambia l’età mediadell’acquirente del servizio e quindi facilmentealcune sue propensioni decisionali, comequelle al rischio. Per i contratti che esplicanoi loro effetti su periodi così lunghi, aumenta -e di molto - la funzione ed il ruolo della solvibilità prospettica delle compagnie ed il suo monitoraggio. Già solo questi pochicenni ci inducono a comprendere la valenzapervasiva del fenomeno.Certo, l’impatto sugli equilibri sociali ed eco-nomici derivante dall’invecchiamento è diversonei vari paesi. Nel 2003 il CSIS (Centro studistrategici ed internazionali di Washington) haprodotto un ampio rapporto3 in cui arrivava adefinire un indice di vulnerabilità ai fenomenidell’invecchiamento: assieme a Francia e Spagna,l’Italia risultava tra i paesi ad alta vulnerabilità4.In questo contributo vorremmo concentrarcisul fenomeno della longevità e sul connesso

rischio, consistente nella carenza di risorsederivante da una vita effettiva più lungarispetto all’attesa in base alla quale era statopianificato il ciclo vitale risparmio-consumo.Muovendo da una classificazione delle societàin funzione delle modalità di gestione delrischio demografico, arriveremo a definire unmodello di allocazione del rischio di longevitàa quattro pilastri, parzialmente simmetrico ai tradizionali quattro pilastri focalizzati sugliaspetti di accumulazione, per poi individuaregli strumenti e le modalità di gestione di talerischio da parte dell’impresa assicurativa ed il ruolo che può realisticamente essere svoltodalla medesima. Sosterremo infine che anchei mercati finanziari, con la loro congenitacreatività strutturale e dinamicità allocativa,possono - tendenzialmente - essere parte fondamentale del sistema.Almeno in Italia, i tempi appaiono ancoralunghi perché un vero e proprio mercato dellerendite possa svilupparsi, ma è fondamentalecominciare a muoversi. Implicitamente, vorremosostenere che siamo di fronte ad un problemadi offerta piuttosto che di domanda; non tanto perché “l’assicurazione è venduta, noncomprata”, come recita un vecchio adagio, ma soprattutto perché da quel lato del mercatoci sembrano essere al momento gli ostacolipiù articolati. La domanda, potremmo direparafrasando Say, sarà creata anche da unaofferta adeguata e da appropriate politichepubbliche (fiscali e regolamentari), anche se la forza inerziale di certi comportamentipassivi non deve essere sottovalutata5.La nostra convinzione di fondo è che, laddovesi riscontra un deficit culturale diffuso sia dal lato della domanda che dell’offerta, sia necessario animare progressivamente ecostantemente un dibattito interdisciplinareper poter superare la carenza nel medio termine, ovviando alle tentazioni della spe-cializzazione scientifica, a beneficio di unadomanda consapevole, un’offerta adeguata edefficace e quindi, in definitiva, di un mercatovettore di benessere anche sociale.

L’EVOLUZIONE DEI MODELLI SOCIALIDI COPERTURA DEL RISCHIO DILONGEVITÀL’allungamento della vita umana non sta provocando necessariamente, né è necessarioche provocherà, una scomparsa della volatilitàdella durata di vita per il singolo, anzi la vola-tilità (“in basso”, in questi esempi) è o potrebbeessere forse accentuata da alcuni fenomenisociali; pensiamo alle c.d. stragi del sabato

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sera, ad esempio, oppure alla cieca violenzaterroristica, che a livello individuale tendonoa ridurre, non ad aumentare, la sicurezza -almeno percepita - di un prolungamento dellavita. Anche il fenomeno della convergenzadella moda verso la media della distribuzionedell’età di morte e di entrambe verso l’etàomega estrema della distribuzione dell’età dellamorte non devono essere tradotte in meccanicafinanziarizzazione della parte terminale del ciclo vitale: anche recenti studi6 hannoevidenziato come la probabilità di esaurire il risparmio accumulato prima del terminedella vita sia reale e rilevante, per quantodipendente dall’asset allocation dello stock.Se il tautologico adagio di B. Franklin apparedunque sempre vero (nulla è più certo dellamorte e delle tasse), resta altrettanto vero cheper il singolo individuo nulla è più incertodel momento della morte.Prima della nascita dei sistemi pensionisticipubblici, nei lunghi secoli delle società pre-industriali, il rischio demografico, nellasua duplice e simmetrica veste di rischio di mortalità e rischio di longevità, naturalmenteesisteva comunque ed era di fatto gestito nell’ambito della famiglia, spesso numerosa. La morte precoce della unica fonte di redditoimplicava la mobilitazione delle energie deifamiliari, con effetti spesso drammatici sulleaspettative di crescita personale.Anche la comunità sociale, spesso piccola econ profonde connotazioni localistiche, potevain qualche misura offrire supporto. Anche lalongevità era gestita in famiglia, grazie allanumerosità dei suoi componenti, alla assenzadella donna dal mercato del lavoro ed allaprecoce uscita dei giovani dal mercato dellaistruzione. Per riassumerlo con i termini dellafilosofia politica, era certamente un sistemacooperativo basato su relazioni volontarie,incardinate nel legame familiare ma fonda-mentalmente “non di mercato”.Nel suo noto e visionario “Il nuovo ordinefinanziario”, Robert Shiller ben sintetizza ilruolo della famiglia come meccanismo di riskmanagement intergenerazionale: “I sistemi di sicurezza sociale intergenerazionali sonouna formalizzazione dei ruoli svolti dallafamiglia che, nel passato, è stato il principalemeccanismo per suddividere i rischi tra legenerazioni”7. Tale meccanismo ha fondamen-talmente caratterizzato la dinamica delle societàumane lungo diverse latitudini per secoli ed è una buona approssimazione di quanto tuttoraavviene nei paesi a basso grado di sviluppoeconomico - sociale.

Nel mondo occidentale moderno, con l’operatoprima di Bismarck e poi di Beveridge in Europae di F.D. Roosevelt negli USA, ossia con lanascita e lo sviluppo del Welfare State, cominciaprogressivamente (ma velocemente) unaseconda epoca, antitetica nei sui principi di funzionamento alla prima, quella del quasipuro “monopolio pubblico”. Lo Stato, per il tramite dei sistemi pensionistici universalied obbligatori, assume su di sé la gestione del rischio di longevità e lo fa in una misura - concettualmente - non lontana dalla totalità,quando arriva a concepire e realizzare tassi di sostituzione dell’ultimo reddito prodottonon lontani dal 100%. Il sistema ha una logica fondamentalmentecoercitiva: si sostituisce lo Stato all’operatoreprivato non di mercato, ossia alla famiglia.Tale fenomeno, nato certamente con le miglioriintenzioni di nutrire la solidarietà inter edintragenerazionale ed in funzione di realtà e dinamiche difficilmente affrontabili in mododiverso, ha provocato anche non secondarieffetti di deresponsabilizzazione dell’individuoe l’oggettiva diminuzione del ruolo dellafamiglia nella dinamica sociale. Se la famigliaè senza dubbio uno strumento dalle risorselimitate ed eccessivamente rischioso per farcitotale affidamento in una economia moderna,la sua esautorazione lascia vuoti non facilmentereplicabili.Agli albori del ventunesimo secolo, è fonda-mentalmente il tema delle scarsità strutturaledelle risorse disponibili che rende per sempre

SPESA PENSIONISTICA IN RAPPORTO AL PIL Percento

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Le opzioni infatti realmente disponibili allaofferta politica (e quindi di fatto praticate) nel gioco politico sono tendenzialmente tramantenimento ovvero lieve diminuzione dellapressione fiscale, in un contesto di disavanzipubblici strutturali che, anche se in misura e con dinamiche diverse, affliggono tutte leeconomie avanzate. Siamo dunque di fronte a un vero e proprio bene pubblico9; non tradizionale, dato che non sono i classici problemi di accesso libero e di non pienaappropriabilità che emergono. Possiamo infattiassumere tranquillamente che nessun soggettorazionale si riduce volontariamente all’indi-genza in vecchiaia contando sulla rete di sal-vataggio pubblica, assumendo rischi eccessivi(ad esempio mediante un eccesso di consumo)in una tipica situazione di azzardo morale. Siamo piuttosto di fronte ad una tipica capacitàdell’operatore pubblico, che definirei “flessi-bilità finanziaria ex post”: essere legati rigida-mente ai contratti ed all’adempimento dellerelative obbligazioni rende costoso e poten-zialmente catastrofico il rischio per l’attoreprivato (assicurativo o meno). Inoltre il “gioco demografico” è fonte di aleatorietà non banale per il singolo e ciòtende a ridurre la produzione del bene rispettoa quanto il valore medio atteso del bene suggerirebbe ad un attore razionalmente ottimizzatore10. Una maggiore similitudine tra posizione dell’operatore pubblico e delprivato esiste e rientra nell’ambito dei temi di responsabilizzazione. In genere le perditedemografiche in gran parte non le subisce chi ha assunte il rischio che le genera ma nerisponde una qualche generazione successiva,tanto di politici come di manager.Esiste peraltro una differenza, fondamentale e che tende a prevalere: i sistemi contabiliprivati fanno emergere tali perdite almenoquando si verificano, tramite gli obblighi di riservazione11, mentre il bilancio pubblicoregistra la perdita demografica solo mano a mano che viene realizzata tramite i flussi di cassa in uscita. Già molti anni fa si parlavadi secondo debito pubblico, nascosto e piùgrande del primo. Con l’avvento dei nuoviprincipi contabili internazionali, è del tuttoprevedibile che la logica del fair valuerestringerà ancora i gradi di libertà in terminidi valutazione delle passività demografiche.D’altronde in tema di rischio di longevità è assai facile sbagliare: prendiamo - ma è solo un esempio “indiretto”- la previsioneformulata dall’INPS meno di venti anni fa12.

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superata questa fase nei paesi occidentali8.La storica generosità dei sistemi pubblici trovaormai un limite invalicabile:• nella già raggiunta incidenza della spesapubblica sul Prodotto Interno Lordo ed in una struttura per classi di età non favorevole;• nella globalizzazione competitiva, che rendeper molti paesi avanzati gli oneri di tale incidenza, già al livello attuale non facilmentesostenibili;• nell’invecchiamento della popolazione: inteoria, quando la percentuale della popolazionein età lavorativa fosse strutturalmente pari aquella in età di pensionamento, in un sistemaa ripartizione che garantisce il pieno mante-nimento del tenore di vita metà del redditodisponibile sarebbe assorbito dalla spesa pensionistica.Le strategie di sostituzione dell’operatorepubblico sono peraltro non solo esercizi di purateoria, essendo la regressione del ruolo delloStato dalle posizioni acquistate de facto irrea-lizzabile, non solo nel campo previdenziale,anche quando fossimo tutti d’accordo e con-vinti che fosse desiderabile. Forse in questocaso la pura sostituzione sarebbe anche tatticamente e concettualmente sbagliata.Mutatis mutandis, alla fine si tratterebbe del medesimo errore storico compiuto dallo Stato nei confronti della famiglia.Concettualmente, una gestione complessacome quella della totalità del rischio di longevità richiede una notevole capacità di “aggiustamento ex post”, che è tipicitàesclusiva dello Stato, che opera tramite la fiscalità generale e che anzi trova ormaimolti limiti anche per tale soggetto.

Fonte: Ania

MIX DELLA POPOLAZIONE PER CLASSI DI ETÀMilioni abitanti, percento

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Il modello previsivo forniva le seguenti cifrein merito al numero di pensioni dei lavoratoridipendenti privati in Italia:

1990 9.407.0001995 9.340.0002000 9.361.0002005 9.525.0002015 9.859.000

La realtà effettiva è stata, per ora:1990 9.871.0001995 10.520.0002000 10.334.000

L’errore si presentava significativo già a solidue anni di distanza dalla formulazione dellaprevisione ed ha rivelato la sua natura disistematicità (errore per difetto), nonostante le modifiche normative abbiano ridotto progres-sivamente l’accesso alla pensione per le etàpiù giovani. A noi pare che il punto chiavedel rischio demografico e delle previsioni intema di longevità sia dato dalle caratteristichedella conoscenza scientifica: l’indeterminismodella realtà, la congetturalità della scienza ed alla fine l’ineludibile “non prevedibilità”della scoperta scientifica13. Non siamo in possesso di una teoria che ci possa spiegarecon precisione il fenomeno della longevità di una data popolazione, anche perfettamentenote le condizioni iniziali (indeterminismo);se anche lo fossimo, sarebbe pur sempre una teoria suscettibile di essere falsificata esuperata successivamente (congetturalismo).Ma ammettiamo pure per un istante di posse-dere un qualche buon costrutto teorico che ciconduca a formulare previsioni esatte in temadi longevità e di considerarla vera ed ultima.Dipendendo la durata della vita umana inmaniera senza alcun dubbio precipua - perquanto non esclusiva - dal progresso scientificoossia dalle nuove scoperte e dallo loro appli-cazioni, in campo medico ma non solo, è evidente che, per prevederla con buonaapprossimazione, si dovrebbe avere perfettaconoscenza delle scoperte future (e dei loroimpatti), il che è logicamente impossibile e contraddittorio, trattandosi di eventi che, sefossero perfettamente conosciuti, perderebberola loro natura di scoperte future.Logico corollario di tale sillogismo è che, se è vero che un rapporto strutturato e costan-te tra mondo scientifico e mondo assicurativo

è certamente utile per consentire di utilizzarepienamente almeno tutta l’informazionedisponibile, non può ovviamente risolverelogicamente il problema della previsione della durata della vita umana: l’impatto dellaricerca sulla longevità è conoscibile, al più, ad eventi avvenuti, dobbiamo essere consci di quanto poco sappiamo. Personalmente,credo che sia questo il motivo profondo percui le metodologie più robuste e quindi leprevisioni più affidabili in tema di longevitàrestino (e siano destinate a restare) quelle difonte statistico - attuariale e non quelle diorigine medico - biologica. La sintesi del per-corso logico compiuto è formulabile nel modoche segue.• Lo Stato ha assunto e mantenuto, dai tempidi Bismarck in poi, una sorta di monopolio delmercato della copertura del rischio longevità.• Ciò è dovuto sia a robuste ragioni strutturali(flessibilità finanziaria ex post, rendimentosociale atteso maggiore del rendimento privatoe responsabilità limitata del decisore politico)che ideologiche (depotenziamento progressivodel ruolo della famiglia e della responsabilitàdell’individuo a beneficio dello Stato).• Anche nell’odierno contesto, lo Stato rimaneil principale “proprietario” naturale nellagestione del rischio. • Il poderoso fenomeno di longevità, unito alla“crisi finanziaria” dello Stato ed ai limitiintrinseci della famiglia moderna come“assorbitore” di rischio, conduce prospettica-mente allo sviluppo di un ruolo - integrativo,non sostitutivo - per un mercato privato delrischio demografico di longevità e quindidegli strumenti per la sua gestione. Ci accingiamo dunque ad entrare in una terzaepoca, in cui: 1) lo Stato, tramite il suo ruolo di erogatore pensionistico tradizionale;2) le risorse individuali/familiari accumulate e liberamente disponibili (risparmio finanziarioprecauzionale)3) il sistema assicurativo tramite le rendite vitalizie derivanti dal risparmio accumulato saranno necessari - ma nessuno di per sé suf-ficiente - per affrontare a livello individuale -né tanto meno collettivo - il fenomeno dellalongevità umana e le sue connesse sfide.Ci vorranno molti anni per trasformare il siste-ma attuale in una realtà a tre pilastri equilibratama si fa fatica a vedere un’alternativa socialmente praticabile nel lungo periodo. Va detto che nelle realtà anglosassoni tale fase di convergenza è già iniziata ed alcuni

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problemi emersi possono essere un utile suggerimento per chi viene dopo nell’affronta-re la tematica. Inoltre, se il problema è cosìimpostato, non appare impossibile un consensoanche dell’operatore pubblico, visto che l’insostenibilità dei trend è condivisa da tutti,se si eccettuano pochi estremisti ideologizzatie le usuali, quanto inevitabili, oscillazioni ed incoerenze della politique politicenne.

PER UN MODELLO A QUATTROPILASTRI: L’IPOTESI DI UN MERCATODELLA LONGEVITÀA partire da tale modello sistemico, il puntoche emerge è, per dirla con uno slogan, che“il terzo pilastro ha bisogno del quarto”.Se è infatti vero che il sistema assicurativo,anche storicamente, appare essere l’interfacciaovvia del cliente in termini commerciali perla soddisfazione del bisogno di longevità el’assuntore naturale del rischio, ciò non implicaautomaticamente - come già abbiamo lasciatointendere - che tale rischio possa e debbarimanere completamente in capo al sistema,assicurativo o riassicurativo che sia.Tre ci appaiono i principali motivi:• natura “non pooling” del rischio di longevità:l’aumento del portafoglio e la dispersione del rischio su un numero elevato di teste nonriduce l’impatto del rischio;• dimensione del rischio tendenzialmentecatastrofale;• diffusa refrattarietà degli attori ad assumerlo,sia assicurativi ma specialmente riassicurativi.Tale impostazione appare fondamentale anchea livello tattico e politico, perché aiuta ilplayer assicurativo a sottrarsi dall’accusa(strumentale) di puro gioco di posizione.Come il modello dei tre pilastri - per il finan-ziamento del sistema - può e dovrà esserevieppiù integrato dal reddito dell’individuoche lavora oltre i 60 anni, così il modello dei tre “scudi di protezione” - per la gestionedella fase di erogazione - deve essere integratodal quarto: il “resto del mondo”, che ricevequota parte del rischio esistente in cambio di una remunerazione con il meccanismoallocativo più dinamico e flessibile che l’uomoabbia mai inventato e progressivamente realizzato: il mercato finanziario.Certo non è compito di facile portata, forse è anche difficile allocarne compiutamente la responsabilità14: l’ottimismo della volontà,peraltro sempre necessario, si scontra spessocon il pessimismo della ragione.Però a noi complessivamente sembra che i motivi addotti contro l’intraprendere tale

direzione abbiano più il sapore di freno allaazione che di evidenziazione dei vincoli,come vedremo più sotto nell’ultimo paragrafo.La nostra ipotesi di fondo è che solo il com-binato e sinergico operare di una pluralitàeterogenea di adeguati strumenti, in parteendogeni al sistema aziendale ed in parte esogeni, può consentire all’impresa assicurativavita di svolgere in modo proprio il ruolo chel’evolvere descritto dello scenario di fondotenderebbe a riservargli. Il rischio di longevitàpuò essere gestito in modo efficace soltantotramite un articolato mix di competenze ed approcci tecnici da un lato e visione e strumenti manageriali dall’altro.Un’adeguata ma sostenibile strategia di carica-mento, prodotti flessibili, articolati ed inseritiin appropriati pacchetti d’offerta possonoessere anche la strada per una gestione poten-zialmente profittevole del rischio da parte dellacompagnia di assicurazione, assuntore naturaleed interfaccia professionale del cliente. Ma quando la longevità diventa un tema diinteresse generale e rilevanza epocale, non si può fare a meno del contributo dato dallapossibilità di attivare un mercato diffuso.L’ipotesi di creare un mercato della longevità,luogo virtuale in cui operatori nativamentenon coinvolti nel tema prendono posizioni diinvestimento e quindi di rischio, è affascinante,sistemicamente necessaria, una grande sfida.Tutti coloro che a qualche titolo prendonoparte al mondo della longevità dovrebberosentirsene stimolati. Rilevanti ovviamente sonogli ostacoli ma è assolutamente necessario il giusto atteggiamento intellettuale ed opera-tivo per affrontarli. Non ci sono dati sufficienti?Si tratta di crearli progressivamente chiamandoa raccolta tutti gli attori interessati.Non c’è cultura della rendita sia dal lato della domanda che dell’offerta? Si tratta disvilupparla, a piccole dosi ma con continuitàe determinazione. Non c’è domanda da partedi investitori perché l’investimento in longevitàè fuori dai mandati di gestione e dai bench-mark? Si tratta di sottolineare il possibile valoredi una categoria di attivi completamentedecorrelata alle tradizionali variabili finanziarie,che in genere sono molto apprezzate da alcunetipologie di investitori. Ci sono dei fallimentinei primi esperimenti? Sono utili lezioni peril futuro, non sentenze inappellabili.D’altronde la storia del mercato degli strumentiderivati è piena di segmenti operativi e di realtà che si sono affermate nel temposuperando ostacoli o veri e propri fallimentiche sembravano insormontabili e definitivi.

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Deve essere superata la naturale sindrome dichi fa la prima mossa, dato che si percepisceche i primi hanno più rischi che benefici inun mondo ad alta replicabilità.Sul tema delle obbligazioni legate ad indici di longevità (c.d. longevity bonds), cominciaad emergere un’interessante letteratura scien-tifica, requisito assolutamente chiave e preli-minare per lo sviluppo dei mercati derivativi,come insegna l’esperienza – ormai parte dellastorica dell’economia e del pensiero economico- del modello di Black and Scholes, il cuiemergere come schema di riferimento fuessenziale nello sviluppo dei derivati azionari.Si inizia a dare evidenza di tale letteraturaanche in riviste a maggior valenza e diffusioneoperativa, anche questo primo timido segnale incoraggiante.Tra gli emittenti, riteniamo che possa esserefondamentale il ruolo che può essere assuntodagli operatori che guadagnano da una vitaattesa che aumenta ossia tutti coloro che hannoun valore del cliente assai sensibile all’aumentodella speranza di vita di quest’ultimo. La valenza del ruolo di tali attori, che possiamochiamare “natural hedgers” (ossia coloro chenaturalmente sono destinati a coprire) delrischio di longevità, sta nel fatto che potreb-bero contribuire a superare la cronica carenzadi offerta riassicurativa, rappresentandone atendere addirittura un concorrente naturaleconnotato da un vantaggio competitivo nonreplicabile. E’ immediato citare a tal propositol’esempio dell’industria farmaceutica, per laquale:• è presumibile che esista una dipendenzafunzionale di lungo termine, complessa marobusta, tra invecchiamento della popolazionee valore creabile dall’industria;• la relazione corre nei due sensi: non solol’invecchiamento è la condizione base percreare valore ma è anche parzialmente fruttodel valore creato: secondo alcuni studiosi, circail 40% degli anni di vita media “guadagnatitra il 1986 ed il 2000 negli USA può esserricondotto all’introduzione di nuovi farmaci;• i capitali investiti sono di assoluta rilevanza,tendono a crescere, hanno lunghi orizzontitemporali ed il debito ovviamente utile comefonte di finanziamento, se non altro per ottimizzare la struttura del capitale;• le dimensioni, l’affidabilità e la sofisticazionedelle imprese sono significative, fattoreimportante per creare mercati potenzialmentedi ampia dimensione.

E’ noto infatti che il consumo dei farmaciaumenta in modo esponenziale nell’età anziana:in Italia nel 2004 un assistibile con oltre 75anni di età ha una spesa 11 volte superiore a quella di una persona con età compresa trai 25 e 34 anni15. Gli ultrasessantacinquennicoprono il 60% della spesa: non ci pareimpossibile definire un modello quantitativoragionevolmente robusto che metta in correla-zione l’aumento della longevità con l’aumentodella spesa e quindi dei ricavi. In questa faseinoltre, essendoci al momento un evidente e riconosciuto gap tra domanda e offerta strut-turale, chi si pone dal lato dell’offerta potrebberealizzare interessanti, forse temporanei, vantaggi, sotto forma di bassi costi di finan-ziamento a lungo e lunghissimo termine, segmento della curva dei tassi che i prenditoriprivati di fondi hanno sempre grandi difficoltàe costi a raggiungere.Non è un caso che la B.E.I. abbia tentato diemettere nel 2004 il longevity bond ad un costodi 20 punti base inferiori al suo usuale stan-dard, probabilmente eccedendo, ma è evidenteche non sarà facile per molto tempo avere unadiffusa comprensione della equità del prezzodelle emissioni proposte. Nel caso dell’industriafarmaceutica, appare evidente come possaparlarsi di una vera e propria relazione traattivi e passività.Mutatis mutandis, la situazione non apparetroppo lontana da quella dell’inflazione con lepublic utilities, anche se nel caso dell’industriadel pharma la misurabilità della relazionelongevità/ricavi è certamente meno univocarispetto a quanto può avvenire per la relazioneinflazione/utilità. La capacità da parte di queste ultime di ancorare i propri ricavi all’in-flazione ha fornito agli strutturatori un’impor-tante fonte di prodotti agganciati all’inflazione,andando in ultima istanza ad allocare i rischisu soggetti dotati di passività naturalmenteagganciate al parametro inflattivo.Si può sostenere che il mercato dei titoli legatiall’inflazione si è sviluppato proprio quandosi è messo in moto questo meccanismo dicopertura con il produttore naturale dellamedesima. Appare difficile trovare settoritanto rilevanti ed in cui la correlazione con la longevità appaia così significativa.Al contrario del caso dell’inflazione, non èpurtroppo un emittente naturale lo Stato, chepure avrebbe caratteristiche ideali in terminidi minimizzazione del rischio di credito: infattiè evidente che lo Stato è già “lungo” di rischiolongevità, per il suo onere pensionistico esplicito ed implicito. In una fase iniziale in

1) Ci riferiamo in parti-colare al filone di studiche fa capo alla WhartonSchool di Philadelphia e, per l’Italia, al Cerp di Torino.

2) Citato in GenevièveReday – Mulvey,Working beyond 60

3) Citato in A. Corneli“Invecchiamento: la sfidadel XXI secolo”

4) Il Paese a minore vulnerabilità è stato iden-tificato da tale ricercanell’Australia, in virtù dibuoni flussi demografici,settore pubblico flessibileed efficiente sistemaassicurativo per la terzaetà.

5) In altra occasione, con riferimento alla fasedi accumulo, abbiamoavuto modo di definirla“sindrome della dieta”:c’é sempre un prossimolunedì in cui cominciarla.

6) Albrecht e Maurer“Self-annuitization,consumption shortfall in retirement and assetallocation: the annuitybenchmark”, 2002,Working papers,Wharton school

7) Traduzione dell’autore

8) Assai interessanteappare il seguente tema,che esula dagli obiettividel presente contributo,in relazione alla dinamica dei paesimeno sviluppati: il passaggio per una“era due” simile a quelladel ventesimo secolooccidentale è inevitabileoppure è immaginabileuna salto diretto ad unafase più evoluta? Il casodel Cile forse qualcosapotrebbe suggerire.

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ogni caso, gli Stati potrebbero emettere titoliper favorire la nascita di un mercato fonda-mentale, se in misura trascurabile rispetto ai loro bilanci. Servono emittenti dunque maper la creazione di un mercato servono ancheinvestitori e arbitragisti; altrimenti non si raggiungerà l’articolazione operativa e la massacritica necessaria a sviluppare mercati liquidied attrattivi: in fondo la enorme potenza deimercati derivativi è stata nella loro formidabileliquidità. L’investitore in categorie di attividecorrelati rispetto all’andamento del mercato,con un beta stimabile vicino allo zero, comead esempio tradizionalmente gli hedge funds,può essere un interessato destinatario.A nostro avviso, c’è anche spazio perchè lebanche di investimento, che hanno “in pancia”rischi di dimensioni enormi, creino qualche(inizialmente anche piccolo) “libro” non siste-maticamente coperto. Se tutto ciò è avvenutocon l’inflazione, che è una grandezza dellaeconomia reale prima che finanziaria, puòforse in futuro avvenire anche con la longevità.Al di là dei pur importanti e complessi aspettitecnici, ci pare possa individuarsi un prere-quisito di fondo: che il framing (la struttura)mentale diffuso degli operatori non sia tale da indurre a ritenere che “scommettendo”contro la longevità non si può che sistemati-camente “perdere”, a prescindere dai valoriassunti come base. In tale caso, anche qualora identificassimo un ente come l’industria farmaceutica, perchéquesto dovrebbe finanziarsi ad un costo che -si percepisce - ex post sarebbe sistematicamentemaggiore?

CONCLUSIONIAl di là del contesto valoriale di riferimento,che nella vita tende a vedere il bene ed ilpositivo, la longevità, ossia l’aumento dellavita attesa ed effettiva, può essere consideratouna “buona notizia” per l’umanità che ne puòe ne potrà beneficiare. In effetti, “l’età avanzatanon è così male se si considera l’alternativa”,diceva M. Chevalier. Il lato della domandarivela tuttora una preferenza per la liquiditàmarcata e netta, poiché la valutazione implicita del rischio - e quindi la disponibilitàa pagare - da parte dei clienti potenziali èmolto diversa da quella (molto più restrittiva)effettuata dagli attori assicurativi e anche dailoro regolatori. E’ certo il ruolo sociale dellecompagnie (e anche di altri intermediarifinanziari) nell’orientare la domanda versouna diminuzione, tramite gli strumenti di unaevoluta relazione commerciale.

La sistematicità e la dimensione del rischio di longevità rende comunque impossibile pertutti i attori gestirlo, da soli, in toto. Non sipuò in ogni caso rinunciare a questo rischio:lo si è assunto per decenni senza selezionarlo,in modo molto meccanicistico, sarebbe unerrore passare da un estremo all’altro.Sharing (vale a dire suddivisione o megliocondivisione) sarà dunque la parola d’ordineper tutti e dove v’è condivisione deve esservisia collaborazione, tra attori con ruoli istitu-zionali diversi, che competizione, per selezio-nare i migliori rappresentanti di ciascunacategoria. In questo è da guardare il mondodella finanza, che insegna che i rischi si possono gestire non solo diversificandoli maanche allocandoli tra soggetti nel modo piùopportuno, ad esempio in funzione delle loropassività naturali oltre che delle differentivisioni di mercato.Condivisione è dunque la “parola d’ordine”destinata a valere per tutti. Per le impreseassicurative, che debbono dividere il caricodel rischio tra diversi strumenti di gestione e sviluppare strumenti/prodotti più sofisticati:adeguatezza sostanziale e responsabilitàsociale debbono procedere parallelamente.Per gli individui, che debbono progettare la propria esistenza suddividendo su tutti e 4 i pilastri l’onere di alimentare il processodi accumulazione delle risorse.Per i sistemi pensionistici pubblici, che devonosuddividere il rischio da loro gestito nel modopiù possibile equo tra le generazioni.Per lo Stato, che deve incentivare, regolamen-tare e monitorare l’evoluzione del sistema,nell’impossibilità di assumersi la totalità delrischio o di operare da attore di ultima istanza,utilizzando la fiscalità generale a pié di lista,senza limitare gli spazi di libertà. La posta in gioco sarà altissima, anche e soprat-tutto sotto il profilo morale. Qualora la longe-vità diventasse un rischio di rilevanza globalee socialmente non maneggiabile, la pressioneverso il contenimento delle spese sanitarienelle età avanzate e quindi, de facto, verso lariduzione della vita attesa potrebbe diventareirresistibile e per la prima volta nella storia,la longevità cesserebbe di diventare un obiettivo per la specie umana, mutando il senso ultimo forse dello stesso sviluppoeconomico-sociale.

9) Usiamo il termine neltradizionale senso dellateoria economica.

10) Se ci è consentita un’analogia, è con latematica della ricerca e sviluppo, ove la fortealeatorietà dell’investi-mento (che ha ancheprobabilità non nulle dipay off pari alla perditadel 100%) rende ingenere socialmentesubotttimale l’investimentoin R & D. Sul punto convincente appare S. Rossi, “La regina ed il cavallo”.

11) In Italia, basterà pensare alla circ. ISVAP343/D che ha definitogli obblighi di riservazio-ne per insufficienza rendite, prevedendoanche l’opzione di un ammortamento dell’aggravio nel tempo.

12) Tratto da Palladino,2003, “Le pensionidomani: si salvi chi può!”

13) Superfluo ricordareche questa riflessionedeve tutto alla lezioneepistemologica di K.R.Popper.

14) Trattandosi di interes-se generale, crediamo naturalmente che in primis sia la politica adover fare la sua partecon la complicazioneche non può trattarsi con tutta evidenza di un tema di portata solamente nazionale.

15) Fonte: IstitutiSuperiore di Sanità

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Lo scorso 15 giugno è stata presentatala IX iniziativa di PattiChiari, il progettofortemente voluto dalle banche italianee promosso dall’Abi. Prima di entrare nel dettaglio di tale progetto, qual è ilbilancio di PattiChiari dopo l’esperienzadei primi tre anni?Il bilancio è senza dubbio positivo. Con PattiChiari abbiamo iniziato un percorsofinalizzato a migliorare il livello di trasparenzae la comprensibilità dei prodotti bancari persemplificare i rapporti tra banche e clienti.La strada è ancora lunga ma gran parte degliobiettivi sono stati centrati. Faccio qualcheesempio: oggi è possibile confrontare suInternet in pochi secondi più di 500 conticorrenti, scegliendo quello più adatto alleproprie esigenze e confrontare i tempi di disponibilità delle somme versate conassegni. Ma non solo. I cittadini ancora esclusidal circuito bancario o che presentano esigen-ze di base hanno a disposizione il servizio bancario di base: un servizio efficiente,accessibile a tutti e offerto a costi contenuti.E per i risparmiatori, oltre alla lista di obbli-gazioni a basso rischio e a basso rendimento,abbiamo promosso l’iniziativa appena lanciata,nata per rispondere all’esigenza dei clienti di effettuare investimenti finanziari a misuradelle proprie specifiche necessità. Da sottolineare inoltre che ormai è in dirit-tura di arrivo anche la decima iniziativa con la quale sarà più semplice e veloce chiudereil conto e trasferire le utenze da una bancaall’altra. Ci sono importanti segnali diapprezzamento per questo progetto: ben 3,2milioni di clienti hanno effettuato transazioniin acquisto su titoli appartenenti all’elencodelle obbligazioni a basso rischio, oltre 15milioni di accessi al sito www.pattichiari.it,0,2 milioni i clienti che hanno usato il callcenter e abbiamo ricevuto migliaia di e-mailper consigli e informazioni. La certificazione,poi, è determinante e di conseguenza il rilascio del marchio rappresenta un’autenticagaranzia di qualità e di rispetto delle regolePattiChiari. Non si tratta di un adesivo in più nelle filiali o sulle vetrine delle banche,

piuttosto di una vera e propria bussola per i cittadini per identificare facilmente glisportelli che mettono a disposizione dei propri clienti gli strumenti realizzati permigliorare i rapporti con clientela e semplifi-care la vita a famiglie e imprese. Una bussoladecisamente attendibile. Il marchio, ricordo,viene dato solo alle banche che hanno ottenuto la certificazione da parte di un enteesterno sul pieno rispetto delle regole previsteper ciascuna iniziativa. Centosessanta, pari a oltre 25 mila sportelli, le banche che, a oggi, hanno ottenuto almeno una certifica-zione sul totale degli sportelli aderenti allainiziativa.

E da un punto di vista interno alle banche, cosa ha fatto PattiChiari? PattiChiari è, e resta, il progetto delle banche:ogni giorno ben 3 milioni di clienti entranonelle nostre filiali e lì avviene gran partedella relazione tra la banca e il cliente, lì le nostre persone devono essere in grado difare la differenza. Ecco perché la formazioneha avuto e continua ad avere un ruolo fon-damentale in tutte le attività del Consorzio.Le ore di formazione erogate al personaledelle banche hanno raggiunto i 2,6 milioni.Cifre da capogiro per alcuni, ma che civedono impegnati a rispondere alla promessafatta poco meno di tre anni fa: migliorare i rapporti con i clienti e semplificare la vitaa famiglie ed imprese attraverso strumentisemplici e informazioni chiare, utili per capiremeglio i prodotti finanziari e scegliere quellipiù adatti alle proprie esigenze. Ad oggi,

PATTI CHIARI, UN PRIMO BILANCIOLANCIATA LA NUOVA INIZIATIVA “INVESTIMENTI FINANZIARI A CONFRONTO, CAPIRE E SCEGLIERE I PRODOTTI FINANZIARI”

In occasione del lancio della IXiniziativadi PattiChiari“Investimentifinanziari a confronto, capiree scegliere i prodotti finan-ziari” Rassegnaha incontratoMassimo Roccia,Segretariodel ConsorzioPattiChiarie Direttore Centrale ABI,per conoscerlapiù da vicino e per fare un primo bilancio a quasi tre anni di attività delConsorzio, costituito nelsettembre 2003.

INTERVISTA A MASSIMO ROCCIASEGRETARIO DEL CONSORZIO PATTICHIARI

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al Consorzio hanno aderito ben 170 banchepari a 26.173 sportelli che rappresentanol’84% del totale sul territorio nazionale.Numeri, ci auguriamo, destinati ad aumentare.Il consumatore con PattiChiari avrà gli strumenti per fare scelte più consapevoli ecapire qual è la banca che offre i servizi piùadatti ai propri bisogni, ma allo stesso tempole banche saranno incentivate a offrire mag-giore trasparenza, informazione, attenzioneal cliente instaurando in tal modo un rapporto sempre più paritario e di fiducia.

Veniamo ora all’iniziativa appena lanciata,“Investimenti finanziari a confronto,capire e scegliere i prodotti finanziari”.Come è nata e quali sono gli obiettiviprefissati?Si tratta di un’iniziativa molto importanteper il Consorzio, che ha richiesto due annidi progettazione, una best practice non soloper il nostro Paese, ma anche a livello inter-nazionale. L’obiettivo che ci siamo posti èsicuramente importante e ambizioso: offrireassistenza al cittadino nella comprensionedegli strumenti finanziari, informazione ed educazione proprio nel momento stessoin cui ne ha bisogno. Il valore della promessaverso i cittadini consiste nell’aver coniugatoil momento education a quello della scelta e dell’acquisto: qualità dell’informazionefinanziaria e supporto nella comprensione, il tutto con un grande sforzo di semplifica-zione e chiarezza del linguaggio.Aiutare i risparmiatori a comprendere leinformazioni e a trasformarle in conoscenza.Questo è l'obiettivo primario della nuovainiziativa, affinché i risparmiatori siano piùconsapevoli nelle loro scelte di investimento.Tale consapevolezza si raggiunge attraversoun percorso di conoscenza diretta che puòavvenire solo attraverso informazioni chiaree accessibili. “Investimenti finanziari a confronto, capire e scegliere i prodotti finanziari” promossa da PattiChiari nonvuole solo rispondere al bisogno dei cittadinidi avere accesso a tutte le informazioninecessarie per scegliere gli investimentifinanziari più adatti, ma individua un metodoper facilitarne la comprensione e la conoscenzadiretta. Si tratta infatti di un vero e propriopercorso congiunto che le banche e i loroclienti faranno insieme attraverso quattrofasi per avviare una vera nuova relazione tra banche e clienti in tema di investimenti.

Un percorso congiunto strutturato inquattro fasi? Possiamo analizzarle insieme?Innanzitutto, come prima fase del percorso,il cliente e la banca tracciano insieme ilProfilo dell’investitore, caratterizzato dallaanalisi delle esigenze, dei progetti personalifuturi e della situazione economico finanzia-ria attuale del cliente. Una volta compresi obiettivi e vincoli dell’investitore, è possibilerealizzare la seconda fase che consiste nell’identificare l’insieme degli strumentifinanziari coerenti con il profilo emerso e di segnalare eventuali disallineamentirispetto agli investimenti già effettuati.La terza fase si affronta al momento dellascelta, in banca, dove, attraverso una schedatitolo dal linguaggio semplice e chiaro, il cliente comprenderà e confronterà le caratteristiche di rischio e rendimento di ciascun strumento finanziario che intendeacquistare e potrà valutare in maniera consapevole quali sono quelli più adatti, cioè quei prodotti che rispondono meglioalle proprie esigenze. La scheda titolo è un utile strumento d’informazione che sintetizza in modo chiaro, semplice e imme-diato le caratteristiche e il livello di rischiodell’investimento scelto: chi investe avrà così a disposizione nel momento esatto in cui servono, tutte le informazioni utili a capire il prodotto che intende acquistare.La base minima di informazioni contenutanella scheda titolo comprende la tipologia di strumento finanziario, l'emittente e il settore in cui opera, il mercato di quotazionee quello di negoziazione, nonché la classe di rischio e la presenza di eventuali conflittid'interesse. Una volta completato il percorso,è previsto l’aggiornamento periodico delprofilo, praticamente la quarta fase, che servirà a verificare la coerenza tra il profilodi investitore e gli strumenti finanziariacquistati ed eventualmente a contattare ilcliente per apportare le necessarie variazionidovute a cambiamenti dello stile di vita odelle prospettive finanziarie della famiglia. Di fatto il percorso “Investimenti finanziari a confronto, capire e scegliere i prodottifinanziari” inizia allo sportello della banca,dove i clienti sono supportati da un operato-re nella compilazione di un questionario diprofilatura. Si tratta di uno strumento chefotografa il profilo d’investitore nel modo più attento possibile con l’analisi e la discus-sione di alcuni aspetti fondamentali quali

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la situazione patrimoniale e la propensione al rischio. In modo tale che il cliente potràcapire più facilmente gli obiettivi e i vincolidelle sue scelte di investimento. I risultatidell’analisi effettuata, in un secondo tempo,saranno consegnati all’investitore insieme allaindicazione del “perimetro” degli strumentifinanziari coerenti, ovvero l’insieme dei prodotti finanziari aderenti al proprio profilod’investitore secondo una chiara classifica-zione in base al rischio. I risparmiatori hannocosì informazioni semplici sugli investimentipiù coerenti con il loro profilo e quali, traquelli già effettuati, presentano eventualisignificativi disallineamenti. Da evidenziarecome il contatto allo sportello sia determi-nante e rappresenti un momento importantee fondamentale di tutto il percorso che labanca e il cliente affrontano insieme.

Come hanno risposto le banche a quellache possiamo definire una nuova sfida,proprio per la complessità e la delicatezzadel tema che affronta: il risparmio?Ad oggi la nuova iniziativa di PattiChiari èattiva in oltre 10.700 sportelli. Senza dubbioun gran risultato considerate le complesseprocedure di implementazione necessarieper l’attivazione di “Investimenti finanziari a confronto, capire e scegliere i prodottifinanziari”. Nel dettaglio è disponibile in:Banca Regionale Europea, Banca AgricolaMantovana, Banca Cassa di Risparmio diTortona, Banca Cr Firenze, Banca di ValleCamonica, Banca Fideuram, Banca Intesa,Banca Monte dei Paschi di Siena, BancaNazionale del Lavoro, Banca Popolaredell'Adriatico, Banca di Roma, BancaToscana, Banco di Brescia, Banco di Sicilia,Banco di San Giorgio, Bipop Carire, Carisbo, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, Cassadi Risparmio di Orvieto, Cassa di Risparmiodi Padova e Rovigo, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, Cassa di Risparmio di Venezia, Friulcassa Spa Cr Regionale,Sanpaolo Imi Spa, Sanpaolo Banco di Napoli.Entro la fine dell’anno, poi, è prevista l’attivazione dell’iniziativa negli sportellidelle seguenti banche: Banca Popolare di Todi, Banca Popolare di Bergamo, BanchePopolari Unite, Banca Popolare di Ancona,Banca Popolare Commercio e Industria, Banca Carime Spa, Banca Popolare di Pugliae Basilicata, Unicredit Banca, Credito Siciliano,Banca dell’Artigianato e dell’Industria, Credito

Valtellinese, Bancaperta, Credito Artigiano.Riepilogando, quindi, a fine 2006 oltre lametà degli sportelli delle banche aderenti a PattiChiari offrirà ai clienti questo nuovoservizio (15.021 sportelli su un totale di26.343, pari al 57,02%). Le banche delConsorzio PattiChiari che aderiscono e atti-vano agli sportelli “Investimenti finanziari a confronto, capire e scegliere i prodottifinanziari” offrono ai loro clienti un serviziocon un elevato standard di qualità grazieall’ottimizzazione delle procedure, regolatedal protocollo PattiChiari e certificate daOrganismi di Certificazione esterni e indi-pendenti che saranno chiamati a verificare la corretta implementazione dell’iniziativa. Un impegno che vedrà le banche protagonisteinsieme ai clienti. Concluderei la nostra chiacchierata richiaman-do i punti cardini dell’iniziativa, “Investimentifinanziari a confronto, capire e scegliere i prodotti finanziari”:1. il settore si sottopone ad un rigido percorsoprocedurale per facilitare la comunicazionee l’interazione con i risparmiatori: informa-zioni essenziali, semplici ma fondamentaliper la scelta ed erogate nel momento esattoin cui servono;2. garanzie delle procedure grazie alla certificazione;3. semplicità e completezza delle informa-zioni sui prodotti di investimento che i risparmiatori stanno acquistando;4. accessibilità per tutti alle informazioni;5. consapevolezza da parte del risparmiatoredel proprio profilo di investitore e delle proprie esigenze finanziarie in funzionedegli obiettivi;6. non esistono investimenti ottimali e ugualiper tutti, ma forme di investimento deirisparmi che meglio si adattano alle esigenzedi ogni singolo risparmiatore; 7. educazione dei risparmiatori alla com-prensione critica degli strumenti finanziari:un percorso di forte crescita delle competenze.

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Rassegna riprendeil testo della relazione tenutada Mario Spaltini,responsabiledella DivisioneCorporate dellaBanca RegionaleEuropea, al convegno organizzato il 30maggio, a Pavia,da SportelloDonna,in collaborazionecon la Facoltà di Economiadell’Università.La relazione è statapredisposta con la collaborazionedi Andrea Colombo,responsabileFinanza di Impresa.L’avviamento può essere intesocome l’insieme di connotazioniqualitative checonsentono diattribuire ad un’azienda valoreeconomico perun’entità superiorerispetto alla merasomma delle sue singole componenti attivee passive. Puòessere definitocome il risultato di una stima soggettivache consente di esprimere un valore capitalizzatodegli elementiintangibili che non trovano collocazione negliassets di bilancio:ad esempio, la qualità delmanagement,il portafoglioclienti, la capacitàdi innovazione e di competizionesul mercato.

I PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONEDEGLI INTANGIBILI SPECIFICIL’APPROCCIO DI UNA BANCA DI MEDIE DIMENSIONI NELLA VERIFICA E FINANZIABILITÀ DELL’”AVVIAMENTO”

DI MARIO SPALTINI

Nell’affrontare il tema degli intangible assetsoccorre esaminare alcuni aspetti e principi dottrinali pertinenti la loro distinzione, per macrofamiglie, nonché i principali metodi di valuta-zione, così come dettagliatamente illustrati daiprofessori Luigi Guatri e Mauro Bini nel volume9° di Management “La valutazione delle aziende”edito da IL SOLE 24 ORE, e dal quale la primaparte del presente intervento prende spunto. In primo luogo, prescindendo dalla distinzionetra intangibili acquisiti o prodotti internamenteall’azienda, si possono distinguere gli intangibleassests in due grandi categorie, secondo il c.d.criterio della dominanza (vale a dire le aree nellequali è più agevole collocare e/o identificare unasset):• gli intangibili di marketing (ad esempio i marchi, le insegne, design delle etichette…)• gli intangibili legati alla tecnologia (ad esempioi brevetti, il software, il know how produttivo...).

Fatta questa prima macro distinzione è neces-sario rispondere alla domanda “a quali esigenzerisponde la misurazione degli intangibili”?In sintesi si possono identificare quattro diversiobiettivi:• la misurazione di performance economica• la base informativa nella valutazione delle aziende• l’adeguamento ai nuovi principi contabili (es. IAS, FIRS ) per la formazione del bilanciodi esercizio• l’informazione volontaria.

La misurazione di performance economicarisponde all’esigenza di integrare i dati contabilidi periodo considerando la variazione nel tempodegli intangible assets, partendo dal presuppostoche quando si investe in modo proporzionalmentesuperiore al deperimento degli intangibili si“prestano” utili per i futuri esercizi (in pratica i risultati contabili correnti sono sottostimati)mentre, al contrario, quando l’investimentoaggiuntivo è inferiore al deperimento dell’assetsi ha una sovrastima dei risultati correnti.Ovviamente nell’ipotesi di una perfetta correla-zione tra nuovi investimenti e deperimento degliesistenti vi sarebbe una coincidenza tra daticontabili ed i c.d. dati economici. La necessitàdi integrare i risultati economici contabili con

le informazioni pertinenti le variazioni neglistocks degli intangibili ha determinato la determinazione dei REI (Risultato EconomicoIntegrato) definibile quale sommatoria del reddi-to contabile con la variazioni di valore deglistocks di intangibili nel periodo considerato.La base informativa nella valutazione delleaziende ha come obiettivo, a fronte di valuta-zioni aziendali, la separazione de valore delgoodwill (intangibile generico per eccellenza,)dal complesso degli intangibili specifici.Questa necessità trova fondamento in duedistinte motivazioni:• il miglioramento del processo valutativoaziendale, tale da renderlo più dimostrabile ed affidabile, specie nell’ipotesi di realtà econo- miche caratterizzate da noti marchi o brevetti il cui valore impropriamente potrebbe essere ricompreso nel goodwill• l’esigenza di scomporre il valore unico del goodwill in una serie di valori riferibili a specifici assets, ai fini di una corretta rileva-zione contabile nella formazione del bilancio, con implicazioni anche di natura fiscale.L’adeguamento ai nuovi principi contabili per la formazione del bilancio di esercizio, ha ulteriormente sancito la necessità di unacorretta valutazione degli intangibili, sia inrelazione alla puntuale allocazione del prezzosostenuto in sede di acquisizione od incor-porazione di un’azienda (c.d. purchase priceallocation), sia in relazione all’obbligatorietàdel “impairment test”, pertinente la verificaperiodica (annuale in sede di predisposizionedi bilancio d’esercizio) del valore del goodwille degli intangibili specifici di durata indeter-minata (per una eventuale riduzione del lorovalore contabile, con conseguente ammorta-mento economico di immediato riflesso sulbilancio d’esercizio). Da ultimo, l’informazionevolontaria risponde alla necessità di integrarel’attuale schema di informazioni societarie con dati, valori e riferimenti riguardanti gliintangibili specifici e, più specificatamente,quelli prodotti internamente all’azienda.

Esaminati, seppur in modo sommario, quali siano gli obiettivi della misurazione degliintangible assets, prima di passare all’esamedei principali metodi di valutazione occorre

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menzionare quali sono i principi a cui devono rifar-si i sistemi valutativi:• la credibilità ed l’affidabilità, vale a dire unarazionale impostazione delle formule e dei fattori che le definiscono• la coerenza, vale a dire la determinazione di gran-dezze e valori coerenti con i risultati economici dell’azienda e con il sistema complessivo• la continuità, vale a dire la necessità di determinaresistemi di misurazione e calcoli ripetibili nel temposenza variazioni di rilievo dei criteri adottati• la dimostrabilità e la verificabilità, vale a dire l’ado-zione di processi valutativi dimostrabili nelle lorocomponenti, nell’ipotesi assunte e nello svolgimentodei calcoli• l’efficienza, vale a dire l’adozione di processi noneccessivamente onerosi.Alla base, comunque, dei sistemi e metodi adottati,la corretta valutazione degli intangible assets deveavere un preciso e tassativo limite nel valore dellaazienda nel suo complesso appropriatamente stimato,valore condizionato dallo scenario di utili e di flussidi cassa.

Fatte le dovute premesse in merito agli obiettivi ed ai principi a cui devono rifarsi i sistemi di valutazione, esaminiamo quali sono i principali criteri utilizzati per la valutazione degli intangibilispecifici, a cui corrispondono diverse metodologie:• criterio del costo• criterio dei risultati differenziali• criterio comparativo• criterio delle ricerche di mercatoIl criterio del costo, di facile applicabilità e per il quale si farà solo un breve accenno, è attuabileattraverso tre distinte metodologie:• costo storico, utilizzabile in presenza di intangibiliin via di formazione e per i quali non vi è la possi-bilità di valutare l’efficacia degli investimenti ed iloro ritorni economici• costo storico residuale, che si basa sull’attualizza-zione dei costi storici sostenuti, riducendoli in fun-zione dell’utilizzo residuale dell’assets • costo di riproduzione, fondato sulla stima dei costiche sarebbero oggi necessari per la riproduzionedell’assets, con una rettifica del valore in funzionedella vita e dell’utilità residua dell’intangibile.Il criterio dei risultati differenziali è applicabile attraverso due metodi:• metodo di attualizzazione dei risultati differenziali• metodo del costo della perditaIl metodo dell’attualizzazione dei risultati differenzialiè basato sul presupposto che alcuni intangible asset(es. marchi o brevetti) determinano specifici emisurabili vantaggi, rispetto a situazioni normali, in assenza degli stessi. Il vantaggio differenziale(calcolato quale somma algebrica del maggior redditoe di eventuali maggiori costi correlati alla specifica

situazione) viene attualizzato in relazione alla preve-dibile durata dell’intangibile. Il metodo del costo dellaperdita trova, invece, fondamento nella stima del danno,ad esempio in termini di minore redditività piuttostoche di maggiori costi, che l’azienda avrebbe nellaipotesi di indisponibilità dell’intangibile specifico. Il criterio comparativo è applicabile attraverso diverse metodologie:• metodo delle transazioni comparabili• metodo dei royalty rates o dello sgravio delle royalties• metodo dei multipli impliciti nei deals• metodo dei multipli empirici• metodo dei differenziali di multiplo sulle vendite.Il metodo delle transazioni comparabili, che si basa sulla determinazione per uno specifico intangibiledi un valore allineato a valutazioni per transazionirecenti relative ad assets simili, evidenzia la suapossibile approssimazione nella carenza di un numeroadeguato di transazioni obiettivamente comparabili.Il metodo dei royalty rates, che si fonda sulla cono-scenza delle royalties annualmente riconosciute nellacessione in uso di marchi similari e comparabili a quello oggetto di valutazione, esprime le principaliproblematiche in relazione alla necessità di cono-scere un adeguato numero di transazioni similariper la definizione del corretto tasso di royalty, tenutoconto altresì della c.d. forza del marchio in esame.Spesso attraverso tale metodo si arriva alla determi-nazione di un range minimo e massimo di valore.Il metodo dello sgravio delle royalties, molto utiliz-zato per l’impairment test dei marchi, e che si basasull’ipotesi di royalties che una azienda dovrebbesostenere nell’ipotesi di sfruttamento di un marchiodi proprietà di terzi, riscontra, come per il precedentemetodo, le maggiori difficoltà nella definizione diun adeguato tasso di royalty. Il metodo dei multipliimpliciti nei deals, fondato sull’adozione di multipliimpliciti in transazioni negoziate per particolarioperazioni di finanza straordinaria (quali fusioni,acquisizioni…) evidenzia le principali difficoltà in presenza di operazioni riferite a soggetti econo-mici titolari di più assets, tangibili ed intangibili, i cui valori devono essere necessariamente distinti.In tale evenienza occorrerà assumere ipotesi diversificate per ogni assets, dedotte dall’esperienza.Il metodo dei multipli empirici, assimilabile concet-tualmente al metodo precedente, si differenzia dallostesso per la carenza di un numero adeguato di dealsesaminabili o per la non omogeneità della aziendeoggetto delle transazioni prese in considerazione. Il metodo dei differenziali di multiplo sulle vendite (utilizzato spesso per la stima dei marchi) è basatosul differenziale (moltipilicato per le vendite annuali)tra gli Enterprise Value, divisi per le vendite annuali,di società con marchi di spicco e società operantinel medesimo settore senza marchio. Tale sistemariscontra le maggiori difficoltà nella corretta deter-minazione del Capitale Economico per le aziendeoperanti senza brand.

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In fine i metodi ed i criteri di valutazione fondatisulle ricerche di mercato, tra i quali il metodoInterbrand, utilizzati prevalentemente per i marchi,si basano, invece, su specifiche ricerche attribuendoa ben definiti fattori diversi pesi in funzione dellaloro importanza per la stima dell’asset specifico.

Passati sinteticamente in rassegna i principali meto-di utilizzati per la valutazione di specifici intangibleassets, esaminiamo, più in concreto, l’approccio di una Banca di medie dimensioni, quale BancaRegionale Europea, nella verifica e finanziabilità di un intangible asset per eccellenza, l’avviamento.La struttura, all’interno della Banca, che presiede atale attività è la Finanza d’Impresa, Funzione istituitanel 2001 presso la Direzione Centrale, alle dipendenzedella Divisione Corporate, ed al servizio sia dellealtre funzioni centrali (in particolare i Crediti) chedella rete commerciale per il più stretto presidiodelle relazioni di clientela. La Finanza di ImpresaBRE si occupa, in particolare, di operazioni di“discontinuità” aziendale, ossia di tutte quelle fatti-specie che riguardano la gestione straordinaria diogni azienda. L’ambito di attività, pertanto, risultaestremamente ampio e variegato spaziando dallafinanza per l’acquisizione di Società o di rami d’azienda, alla finanza di progetto (il c.d. projectfinancing, da intendersi come finanziamento di opere infrastrutturali e di pubblica utilità per lequali viene mantenuta successivamente la gestioneper un certo periodo di tempo, sufficiente a generarecashflows atti a ripagare il debito di investimento)sino ai casi di ristrutturazione di azienda. L’attivitàè indirizzata prevalentemente a beneficio dellaclientela corporate di medie o piccole dimensioni,mentre per le operazioni di rilevanza nazionale odinternazionale l’intervento della Banca si sostanzianella partecipazioni alle sindacazioni dei pool. Entrando nello specifico del tema, la scelta di BancaRegionale Europea, attivando la Finanza di Impresa,è stata quella di porre al servizio delle aziende unastruttura specialistica volta ad analizzare e strutturare“finanziariamente” le operazioni di finanza straor-dinaria, in primis le acquisizioni nelle loro molteplicistrutture (leverage, management, family buy out…) in ottica professionale e di supporto ma, in ogni caso,diretta a generare un intervento creditizio specifico,di concreto e di immediato impatto sulla relazionedi clientela. In pratica la scelta seguita da BRE,banca di medie dimensioni, è quella di condividere in primo luogo l’operazione con i professionisti chegià assistono l’impresa (commercialisti, fiscalisti,legali ecc.), collaborando con loro ed affinando l’attività operativa e finanziaria/ creditizia, più congeniale ad un Istituto di Credito. Ne segue che il supporto della Finanza di Impresa è di carattere“operativo” e, pertanto, assume come risultato latrattativa tra le parti, gli accordi di compravendita

formalizzati (preliminari, patti di non concorrenza,bozze di contratti definitivi,…), le valutazioni economiche dell’azienda, le eventuali due diligencegià predisposte (legali, assicurative, tecniche, fiscali,contabili ecc.), i business plans ed i profili fiscali e strutturali, quali la “esterovestizione” o la scher-matura tramite fiduciarie, previsti dalla clientela.Tutti gli elementi citati, che costituiscono gli aspettisalienti di un deal di acquisizione (ovviamente nonsempre presenti in tutti i casi esaminati, in quantoper le operazioni più piccole talvolta alcuni di essimancano), vengono generalmente seguiti dai consu-lenti di fiducia del cliente, e, conseguentemente,sono alla base del lavoro di analisi istruttoria da partedella banca. Nell’ipotesi che il cliente chieda diessere supportato anche negli aspetti professionalinegoziali, la banca, comunque, è in contatto e conuna cerchia di professionisti per l’assistenza nellavarie fasi del deal, senza trascurare che per le ope-razioni più qualificanti quali la ricerca di partners o di aziende Target e l’assistenza nella negoziazionedel deal, è possibile avvalersi di una struttura qualificata della Holding Banca Lombarda, al serviziodi tutte le banche del nostro Gruppo, l’InvestmentBanking.

Fatte queste premesse, addentriamoci ora nello specifico argomento della verifica e finanziabilitàdell’avviamento. L’avviamento può essere intesocome quella “proprietà” che caratterizza un’azienda,ossia come quell’insieme di connotazioni qualitativeche consentono di attribuire un valore economico,ad una azienda, per un’entità superiore rispetto alla mera somma delle sue singole componenti attivee passive. Usualmente, quindi, possiamo permettercidi definire “avviamento” il risultato di una stima (e pertanto frutto di valutazione soggettiva) che consente di esprimere un valore capitalizzato pertutti quegli elementi “intangibili” che non trovanouna fisicità negli assets di bilancio ed in altre componenti immateriali, quali segni distintivi, brevetti ecc... A titolo esemplificativo annoveriamo il portafoglio clienti acquisito, la pluriennale introduzione sul mercato, l’esperienza nel settore, la capacità di competere sul mercato, la conoscenzaacquisita che consente di apportare migliorie tramiteinnovazioni di prodotto e di processo, la qualità del management unitamente alla sua affidabilità e fidelizzazione, il rapporto consolidato con clienti,fornitori, banche, l’appeal che la ragione socialedella azienda - come sinonimo di serietà/competenza/capacità - è in grado di generare sul mercato.L’avviamento può essere espresso sia nel caso in cuisi verifichi una vera e propria cessione di impresa(quindi come entità giuridica sotto forma di Societàdi persone o di capitali) piuttosto che una cessionedi azienda o di un suo ramo (complesso di beniorganizzato per l’esercizio imprenditoriale, specifi-

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catamente funzionale); nel corso di questi anni le fattispecie esaminate sono state le più diverse, a seconda di quelle che possono essere state lesituazioni, la forza contrattuale delle parti contraentie il quadro ambientale esistente (e a tale riguardooccorre rammentare che la disciplina fiscale, elementoesogeno e variabile, può spingere venditori e com-pratori ad attivare differenti scelte e soluzioni nelleloro negoziazioni, in maniera dinamica nel corsodegli anni). Nel caso di rilievo di azienda o ramo di azienda (quando di fatto si acquisisce una som-matoria di attività e di passività), la posta avviamentotrova una propria esplicita dimensione e collocazionein bilancio, a cui si applica una specifica disciplinacivilistica e fiscale, e conseguentemente si determi-nerà un proprio ammortamento civilistico correlatoalla vita utile stimata (5 o più anni, qualora gli ammi-nistratori della Società ne diano adeguata motiva-zione nella nota integrativa), peraltro differente daquello fiscale (da normativa recentemente introdottacon la Finanziaria 2006: 18 anni – generando in tal modo una netta difformità tra norme civilistichee fiscali, motivata da esigenze di gettito tributario)Nel caso di rilievo di impresa (e quindi di entitàgiuridica), invece, l’avviamento non avrà in primabattuta una propria esplicita valorizzazione, essendocompreso all’interno di un prezzo pari al valoredella partecipazione iscritta all’attivo nel bilanciodell’entità che ha perfezionato l’acquisizione (generalmente una Società Veicolo - di emanazionedei promotori l’acquisizione - piuttosto che una realtàgià esistente, ipotesi frequente quando si faccia riferimento ad integrazioni orizzontali o verticaliall’interno di un comparto produttivo, quindi concentrazioni di impresa). L’avviamento troveràuna specifica identità nell’ipotesi, successivamenteall’operazione di acquisizione e nello spirito dellanormativa civilistica vigente (art. 2501 bis cod. civ.e ss. introdotti dalla riforma del Diritto Societario),che si proceda ad una fusione per incorporazionetra soggetto acquirente e soggetto acquisito conconseguente “confusione” giuridica tra attività epassività delle due Società, elisione del valore dellapartecipazione nella “Target” con il patrimonio nettodella medesima, con la probabile conseguenza cheil surplus di valore risultante da tale compensazione (il c.d. disavanzo di fusione) sia allocato in una postaimmateriale (l’avviamento), ove non sia possibileimputarlo a specifici assets opportunamente rivalutati(previsione del codice civile all’articolo 2504 bis). In tal modo troverebbe esplicitazione nel bilanciopost fusione l’avviamento, ma in questo caso conben diversa conseguenza fiscale rispetto all’ipotesidi acquisizione di ramo di azienda; infatti l’ammor-tamento di tale posta non è deducibile ossia fiscal-mente rilevante (salvo applicazione di episodichenorme volte all’affrancamento di tale disavanzo sottoil profilo fiscale, dietro versamento di una imposta

sostitutiva, come quella attualmente in essere cheassicura la deducibilità degli ammortamenti sullerivalutazioni volontarie a decorrere dal 3° eserciziodi ammortamento, contro pagamento di impostasostitutiva del 12% dell’importo rivalutato).La trattativa tra le parti normalmente prevede unsupporto di valutazione economica della azienda,che sia il potenziale venditore che l’acquirente fannoredigere ad un consulente di fiducia. La valutazioneè un’attività che pur basandosi su metodi diffusi e condivisi, fa riferimento nella sua realizzazione ad ipotesi che variano in relazione alle scelte chevengono definite a priori quali: gli orizzonti temporalidi valutazione, il livello dei tassi di attualizzazione,piuttosto che il metodo vero e proprio utilizzato(ad es. il metodo patrimoniale e quello redditualenon esprimono i medesimi risultati). Inoltre il supporto informativo a disposizione di ciascunacontroparte può essere diverso. Conseguentementenella nostra operatività bancaria si è assistito allapresenza di valutazioni economiche che esprimevanorisultati differenti, a seconda che fossero impostateper conto dei venditori piuttosto che dei potenzialicompratori (facilmente la prima presentava livelli di prezzo superiori). La valutazione economicainfatti può essere intesa come il valore segnaletico a partire dal quale si avvia la trattativa tra le parti,il cui esito dipenderà, anche per il valore finale dicompravendita, nella forza contrattuale che ciascunacontroparte sarà in grado di dimostrare e quindi,come incontro tra prezzo di offerta e di domanda.Entrando ora nel merito dei metodi di valutazioneriscontrati, abbiamo assistito nella nostra esperienza,in linea generale (e prescindendo da specifici casinei quali il metodo di valutazione adottato è statospecificatamente indotto da peculiari settori diappartenenza/aree di business) ad un uso più frequente di metodi “classici” (patrimoniale o misto)nei casi di operazioni “semplici”, mentre per operazioni maggiormente complesse (quali quellecon intervento di Fondi Chiusi piuttosto che di dimensioni maggiori) ad un ricorso a metodifinanziari (il cosiddetto “discounted cash flow”). La metodologia dei multipli, in primo luogoEnterprise Value su Margine Operativo Lordo (la più utilizzata al nostro interno) trova inveceapplicazione prevalentemente come strumento dicontrollo nelle operazioni più complesse ove vieneconfrontata con multipli di casi analoghi o di aziendeil più possibile “comparables”.

Ritornando all’operatività di Finanza di Impresa, è importante precisare che, nell’ambito di un esamedi fattibilità e strutturazione di un intervento finanziario di acquisizione, il primo step che vieneattivato è quello di un esame critico del report di valutazione economica che viene presentato. Tale valutazione viene analizzata nelle sue ipotesi e,

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qualora non condivise, viene rielaborata, tenendofermo il metodo utilizzato. Ciò anche con l’obiettivodi valutare il merito creditizio, in quanto il valore di compravendita determina anche il valore deldebito finanziario di acquisizione (che con l’equityapportato dai promotori, generalmente costituisce la principale fonte di copertura dei fabbisogni di investimento, fatto salvo casi specifici quali successive dismissioni di assets non strategici e/odistribuzione straordinaria di dividendi) e, in ultimaanalisi, anche la valorizzazione della principalegaranzia normalmente assunta a tutela del finan-ziamento, il pegno che si costituisce sulla SocietàTarget. Nei casi di applicazione di criteri che sibasano su una esplorazione prospettica della Target(quali il metodo finanziario), la valutazione rielabo-rata viene altresì “sensitivizzata”, ossia riposizionataipotizzando diversi scenari di sviluppo dell’attività,più o meno positivi (best case/worst case), oltre chestand alone. Nei casi più semplici, o nelle transazio-ni di importo più contenuto si assiste all’assenza diuna vera e propria valutazione aziendale e l’avviamen-to viene attribuito con stima autonoma e soggettivadalle parti contraenti. In tali situazioni, la bancaapproccia l’analisi mediante semplici test tramitemultipli, cercando di individuare la congruità delprezzo e dell’avviamento, tenendo in ogni caso pre-sente che multipli elevati necessitano di giustifica-zione qualora non si abbia a che fare con iniziativein grado di godere di forte attrattività sui mercatitramite marchi ecc... Finanziare l’acquisizione (di azienda, ramo di aziendao Impresa) significa pertanto anche finanziare l’avviamento e Banca Regionale Europea negliinterventi di acquisition, ritiene importante fondarela propria linea di azione esprimendo un apprezza-mento sulle fonti di copertura e sulla sostenibilità del debito, e formulando una proposta di strutturafinanziaria/contrattuale della operazione, specificacaso per caso, e comunque sempre nel rispetto dellanormativa civilistica e fiscale vigente. In altre parole,la combinazione tra apporto di capitale di rischioda parte dei promotori e la componente di debito (il cosiddetto finanziamento strutturato, articolabilein linee cassa/firma, a seconda degli accordi negozialie delle tempistiche di riconoscimento del prezzo dicompravendita), nonchè le caratteristiche di questoultimo quali la durata del prestito, il periodo diammortamento, la periodicità di liquidazione dellerate (al riguardo occorre tenere presente che in ipotesidi mantenimento di strutture giuridiche separate, la principale fonte di rimborso del debito peracquisizione acceso dalla Società acquirente sono i dividendi staccati dalla Società Target, con la conseguenza di dover impostare un piano di rimborsocon rate annuali), derivano da una verifica dellacapacità aziendale prospettica di generare “cassa”

(che deve essere linearmente allineata alla storia,salvo che vengano individuate particolari situazionio condivise strategie tali da creare un “salto positi-vo” in termini dimensionali o di marginalità economiche) basata sulle proiezionieconomico/finanziarie aziendali delineate in unbusiness plan, che viene fatto oggetto di approfonditaanalisi e testato dalla Finanza di Impresa. In ognicaso, pur in presenza di validi dati previsionali, nonsi arriva mai ad una finanziabilità al 100% delfabbisogno di acquisizione (in particolare modo se tale operazione viene compiuta da una società veicolo “new-co”, ossia appositamente costituita),anche al fine di un equilibrato rispetto di tutte lecontroparti coinvolte in un processo di acquisizione(si pensi ai creditori sociali della Società acquisita,che sino a tale momento considerano una garanzia“generica” costituita dal patrimonio netto e dagliassets della Società e che, post acquisizione confusione, dopo l’annullamento del patrimonio nettodalla Target, si trovano ad essere creditori di inizia-tive sprovviste di patrimonialità o addirittura conpatrimonialità netta negativa, qualora si consideril’avviamento in termini di deduzione delle postepatrimoniali di bilancio).

In conclusione, Banca Regionale Europea è attivanelle operazioni di finanziamento dell’avviamentonell’ambito di operazioni di finanza straordinaria(rilievo di rami di azienda, aziende o imprese; familybuy out ecc…), avvalendosi di strutture organizzativededicate che approcciano l’argomento formulandospecifiche proposte secondo il criterio della “sarto-rialità finanziaria”, sempre ricercando gli elementidi sostenibilità finanziaria nel rispetto dell’equilibriodelle fonti di copertura e nella logica coerenteespressa dal corredo informativo, qualitativo e quantitativo, costituito dai dati storici della Target, dalla valutazione economica e conseguentevalorizzazione dell’avviamento, dalle strategie disviluppo post acquisizione e dal business plan.Occorre comunque ricordare, infine, come non possano essere trascurati nell’analisi istruttoria gliaspetti imprenditoriali quali la qualità dei promotori,l’acquisizione e del management coinvolto, le moti-vazioni di acquisizione “storiche” (assenza derivagenerazionale, concentrazione su altri business daparte dei venditori ecc...) e la valenza “prospettica”(sinergie, integrazioni orizzontali/verticali, ecc...), la matrice competitiva (fornitori, clienti, prodottisostitutivi, innovazione), le aspettative del settoremerceologico nonché il rischio Paese dei mercatiimport/export, nonchè l’impostazione generale dataalla operazione (patti di non concorrenza, garanzieper sopravvenienze passive sopravvenute/rischifiscali ecc).

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A inizio anno è stato avviato, sulla quasitotalità delle agenzie della Banca RegionaleEuropea, il progetto “Mistery Client” che,mediante un’oggettiva ed affidabile valuta-zione del comportamento delle filiali insituazione “naturale”, ha consentito di focalizzare sia i punti di forza sia le criticitàche caratterizzano l’erogazione dei serviziresi ed il rapporto con la clientela.L’indagine, effettuata grazie alla collabora-zione di intervistatori professionali che, fingendosi potenziali clienti, hanno postouna serie di quesiti prestabiliti, ha consentitodi verificare, oltre che l’efficacia del personalenello sviluppare business, anche lo scosta-mento tra le aspettative aziendali di immaginee quanto percepito dalla clientela. L’analisi delle performance è stata sintetizzatasu quattro macro-fattori:• professionalità, includendo in tale ambito tutti gli items connessi con la qualità dellainformazione offerta ai clienti, la chiarezzanell’esposizione delle caratteristiche dei pro-dotti, la capacità dei collaboratori della bancadi essere propositivi, persuasivi e concreti;• filiale, esaminando, in questo caso, le carat-teristiche funzionali ed organizzative delleagenzie, sotto il profilo della chiarezza delleindicazioni interne, della facilità d’ingresso, pulizia ed ordine dei locali;• immagine, testimonianza della capacità di suscitare nel cliente un’impressione positivain relazione alla cortesia e cordialità degliaddetti, ma anche al tempo di attesa trascorsoprima di poter colloquiare con la personagiusta;• brand, inteso come capacità di comunicare e valorizzare il marchio Banca RegionaleEuropea, conferendogli distintività e qualità.Il livello che caratterizza la rete di vendita della Banca Regionale Europea è risultatocomplessivamente positivo (7,47 su 10), prossimo ai valori di eccellenza del mercatodi riferimento (8 su 10). Il punto di forza èla capacità di generare nel cliente un’immaginedi banca positiva ed in grado di garantire un’accoglienza ottimale.

LA BANCA REGIONALE EUROPEAVISTA DAL CLIENTE

Attraverso il progetto “Mistery Client”, esteso all’intera rete, la banca ha verificato le performances di ogni filiale, individuando i punti di forza e di criticità. La ricerca è stata effettuata con la collaborazione di intervistatori professionali che si sono presentati fingendosi potenziali clienti.I risultati sono positivi; l’obiettivo è migliorare ancora.

METODOLOGIA

PERFORMANCE MEDIA TOTALE

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La comunicazione evalorizzazione del brandrisulta sicuramentemigliorabile e si presentacome prossimo obiettivodi formazione di un teamdi operatori nel complessomolto preparato. In sintesi, è emerso che la Banca offre un servizio di buona qualitàed in linea con gli standard di settore, conrisultati di eccellenza inalcune aree territoriali.Obiettivo comune èmigliorare i risultati raggiunti e portare labanca a livelli di eccellenza in ogniambito, con interventivolti a garantire unservizio sempre migliorealla clientela attuale e ad esercitare un maggior appealsu quella potenziale.

La ricerca è stata svolta dalla Teseo Marketing Research.

TAVOLA RIASSUNTIVA PER FATTORE

TAVOLA RIASSUNTIVA PER ITEM

GRAFICO DELLA PERCEZIONE DELLE PERFORMANCES PER SEGMENTI DI CLIENTELA E PRESSO GLI SPORTELLI LEGGERII DATI SONO DISPONIBILI NELLA SEGMENTAZIONE PER AREE E PER SINGOLE FILIALI

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OBIETTIVO: COMUNICARE SUL PUNTO VENDITAIL NUOVO SISTEMA INTEGRATO DI MERCHANDISINGDELLA BANCA REGIONALE EUROPEAIl punto vendita è un importante strumentoper la costruzione dell’immagine di una azienda, a maggior ragione di un’azienda di servizi, quale una banca: infatti, contribuiscein modo determinante alla relazione con ilcliente, nel delicato momento delle decisioni,e pertanto è da considerare tra i “media” di rilievo strategico. Quale percezione ha il cliente della propria banca, quando entraall’interno della filiale? Quale immagine gli è trasmessa dall’arredo, dall’ambiente, dal materiale informativo messo a sua dispo-sizione? Tutta la comunicazione risponde a criteri di omogeneità, ed è coerente con ivalori aziendali? La Banca Regionale Europeaha studiato a fondo l’argomento, ed ha resooperativo un progetto che prevede di dotarein tempi brevi tutte le filiali di un nuovosistema integrato di merchandising. Con il supporto di una società specializzata, la Ideal Comunicazione, è stata compiuta

una analisi della situazione in essere, che ha tracciato una fotografia attendibile dellapercezione interna ed esterna dell’attivitàretail della banca da parte della clientela e del personale, con riferimento all’esternodelle filiali al lay-out complessivo, agli arredi,alla situazione espositiva, ai percorsi propostialla clientela per raggiungere le aree dedicateai singoli servizi, dalla cassa alla consulenzafinanziaria. Sulla base dei risultati di taleanalisi, è stato definito un progetto finalizzatoa proporre al cliente una corretta percezionedell’immagine coordinata della banca, facilitando l’accesso alle informazioni. Tale progetto comprende quattro tipologie di comunicazione: commerciale (prodotti e servizi), istituzionale (pubblicazioni dellabanca, grandi sponsorizzazioni, iniziativelocali); informativa e normativa (PattiChiari,variazione tassi e titoli, avvisi e comunicazionidi servizio), direzionale (segnaletica, gestione

Il nuovo sistema integratodi merchandising sarà adottato da tutte le banche del Gruppo Banca Lombarda e Piemontese

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flussi e percorsi della clientela). Al riguardo,è stato realizzato un sistema dotato di nuovisupporti espositivi, con adattamenti specificiper ogni filiale. A progetto completato, tutta la rete retail risponderà ad un’immaginecoordinata, e sarà cura della Ideal Comunica-zione provvedere ad aggiornamenti, con possibilità di una comunicazione differenziata,per singole aree territoriali, a supporto di specifiche iniziative commerciali.Le due filiali pilota del progetto sono le sedidi Cuneo e di Pavia.

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IL MUSEO TEATRALE ALLA SCALADI RENATO GARAVAGLIADIRETTORE DEL MUSEO TEATRALE ALLA SCALA

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L’avventura del Museo Teatrale alla Scalainizia agli inizi del secolo scorso, nel 1910.Protagonisti l’antiquario Giulio Sambon diParigi, con la vendita della sua collezioned’arte, e diversi personaggi pubblici e priva-ti. Tra questi il duca Uberto Visconti diModrone, lo scultore Lodovico Pogliaghi, ilmusicista Arrigo Boito, il direttore dellaPinacoteca di Brera Gino Modigliani e altri. Sambon voleva cedere la sua collezione per cinquecentomila lire. Venne fatta unacontroproposta di quattrocentomila lire. Il governo italiano assicurò un contributo di centocinquantamila lire. Con diverse sottoscrizioni private si raggiunse la cifra di quattrocentoquarantacinquemila lire.Partecipò all’impresa tutta la Milano cheallora contava. Il traguardo sembrava raggiunto ma…arrivò il solito miliardarioamericano che fece fare marcia indietro a Sambon. Intervenne allora l’ambasciatored’Italia a Parigi che convinse l’ultimo acquirente alla rinuncia. La strada sembravaspianata. I sambonisti (così si chiamò ilcomitato milanese dei sottoscrittori) intantoaumentavano. I più noti esponenti della aristocrazia, gli industriali, le organizzazionifinanziarie, i grandi editori musicali milanesi, i palchettisti (allora la Scala nonera ancora diventata un Ente Autonomo)fecero la gara ad acquistare le azioni. Fu un vero plebiscito e il 6 mag-gio 1912 venne presentataal sindaco EmanueleGreppi una convenzione per la costituzione delMuseo Teatrale alla Scala.Dopo varie discussioni conil Comune di Milanoquest’ultimo cedette l’uso dei locali delcasino Ricordi (asinistra della facciatadella Scala) ad usoperpetuo per ilMuseo.Sembrava cosa fattaquando arrivò unalettera di Sambonche non accettavapiù il pagamentorateale, inizialmenteconcordato, esigen-do tutta la sommasubito.

Dall’alto:la sala dedicata al Novecento; la sala della Commediadell’Arte; la sala degli strumentimusicali.

In apertura: foto grande, scenografia delleNozze di Figaro,di WilhelmReinking(Teatro alla Scala,4-2-1954)

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Dall’alto:la sala della quadreria;ritrattodi GaetanoDonizzetti, diGiuseppe Rillosi.

A destra: il Teatro allaScala, di AngeloInganni.

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Volarono parole grosse ma alla fine Sambonsi fece convincere dal fatto che il suo nomeavrebbe avuto gloria imperitura.Le casse, con il loro prezioso contenuto, partirono dunque da Parigi per Milano mavennero fermate alla dogana. Un nuovo ostacolo burocratico che però venne prestosuperato e la sera dell’ 8 marzo 1913 ilMuseo veniva inaugurato con una serata di gala al Teatro alla Scala.Ma le grane non erano finite. Il Comune,non contento di aver ceduto gratuitamentel’uso del primo piano del casino Ricordi,affittò i locali sottostanti ad una calzoleria. A nulla valse l’intervento del Consiglio superiore delle antichità e belle arti che auspicava che “dall’edificio siano esclusi tutti i negozi che possano contrastarecon la dignità del luogo e con la sicurezza del sovrapposto museo”.

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Dall’alto:la sala dell’Esedra;costumi di scena di FrancaSquarciapinoper il Don Giovanni(Teatro alla Scala,7-12-1987).

A destra: porcellanenella sala dellaCommediadell’Arte

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Passarono gli anni e il Museo ampliò le sueraccolte con acquisti e generose donazioni.Durante la guerra le collezioni furono ricoverate in campagna nella case di sicuriamici. Il Museo venne poi ristrutturato con l’incorporazione del secondo piano dove nel 1954 veniva collocata la bibliotecadel critico teatrale e commediografo RenatoSimoni: trentasettemila volumi che neglianni sono diventati circa 140 mila. Un patrimonio inestimabile ( con 363 cinquecentine tra le quali le commedie di Plauto stampate a Venezia nel 1511)arricchito da stampe, bozzetti scenografici,lettere autografe, libretti di opere e di balli,avvisi teatrali, rare documentazioni fotografiche. Questa è la storia. Oggi il Museo (dopo la chiusura necessariaper il restauro di tutto l’edificio delPiermarini e la permanenza temporanea a Palazzo Busca, dove per ora è rimasta la Biblioteca) è tornato in una nuova e smagliante veste scenografica nella sua sede storica, in piazza della Scala. Lo scenografo e regista Pier Luigi Pizzi haricreato l’ambientazione e il clima del 1913.

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Con i nuovi broccati di Ribelli che rivestonotutte le pareti e con una più idonea sistema-zione delle collezioni il Museo Teatrale allaScala sembra aver ritrovato lo spirito dei suoivalorosi e tenaci fondatori. Questa suggestivacornice ha permesso di valorizzare ancora di più le nostre opere: gli strumenti musicali,le porcellane di Capodimonte, i quadri con i grandi musicisti e i cantanti del ‘700 e dell’ ‘800, i busti dei direttori d’orchestra più famosi, le stampe con le raffigurazioni delperduto Teatro Ducale. Molti oggetti preziosisono tornati ai loro legittimi proprietari chenegli anni li avevano imprestati al Museo come i cimeli archeologici o come i ricordi di Casa Verdi. A noi ora è rimasto il cuoredella musica e della Scala. Oggi possiamooffrire ai turisti di tutto il mondo e al nostropubblico milanese un Museo “nuovo”, una bellissima “casa” antica ricca di memoria, di storia, di arte. E poi da questa casa cosìaffascinante si può vedere uno dei più bei“panorami”: il Teatro alla Scala, la sala delPiermarini restaurata. E’ anche per questo che il nostro Museo è unico al mondo.

Esposizionedi bozzetti per sipari.Nella vetrina, a destra, cimeli verdiani,con la mascheramortuaria del Maestro

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IL MUSEO DELL’ARPA, A PIASCODI MARCO BUCCOLO

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Il suo suono ricorda l’acqua e l’aria. E soprattutto riporta alla semplicità, allaessenzialità, forse anche all’origine del suonoe della musica. Paragonata ad altri strumenti,l’arpa sembra scomparire di fronte a tutto ciò che è meccanismo, complicazione, sembraessere stata sempre così: un insieme di cordee un sostegno e le tiene in tensione e le farisuonare. La possiamo immaginare a fiancodi personaggi del mito, del cielo, dove ognitocco è una carezza, mai un gesto invadenteo violento. Eppure anche l’arpa ha una storiae oggi il suo aspetto è evoluto, pregiato, raffinato nelle sue potenzialità artistiche, studiato e realizzato con i contributi dellepiù moderne tecnologie. Un aspetto in più:l’arpa è un oggetto d’arte, pezzo unico e irripetibile grazie al design e ad un altissimoartigianato. Questi ed altri pensieri vengonospontanei nella visita del Museo dell’Arpaaperto di recente a Piasco, alle porte dellaValle Varaita, in provincia di Cuneo.Attorno a Victor Salvi ruota tutto quanto oggi,a Piasco, è dedicato all’arpa. Arpista in gioven-tù, come la sorella Aida e il fratello Alberto,Victor Salvi ha suonato nelle orchestred’America in cui emergevano le personalitàdi Arturo Toscanini, Guido Cantelli, Victor De Sabata, Dimitri Mitropoulos. Con i suoi 80 anni, portati benissimo, è testimonevivente di un passato su cui è difficile nonfermarsi per raccogliere ricordi vivi, cheescono da un entusiasmo sempre attuale.

E’ l’unico museo interamente dedicatoall’arpa, strumento che ricorda l’acquae l’aria e dà alla musica il senso pienodell’assoluto; comprende una collezionedi oltre 100 pezzi. Nel piccolo centropiemontese, famoso per la qualità dell’artigianato del legno, nello stessocomplesso che ospita il museo ha sedela più prestigiosa fabbrica di arpe del mondo. Nel segno della personalità di VictorSalvi, in gioventù arpista negli StatiUniti, poi imprenditore e mecenate.

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Salvi però è un uomo fortemente legato al suo presente, come tutti gli imprenditoridi livello. E’ stato lui, nel 1954, ad iniziareuna produzione di strumenti a Genova. Nel 1974 la scelta per la nuova sede cade su Piasco, paese famoso per la qualità dell’artigianato del legno. E oggi è la suafilosofia di uomo d’arte e di industria a fare della Salvi il punto di riferimento irrinunciabile per gli artisti di tutto il mondo.Tutto questo percorso - una vita dedicataalla musica e alla liuteria - è coronato oggida un Museo. Il primo al mondo interamentededicato all’arpa.L’architetto Dario Castellino ha pensato aduno spazio articolato tra presente e passato,in cui potesse confluire tanto la storia dellaarpa, quanto la modernità dell’approccioattuale e l’impiego delle nuove tecnologie.Lo scrigno della collezione Salvi, costruito al di sopra dei laboratori, si sovrappone allastruttura ottocentesca della fabbrica, che originariamente ospitava il cotonificio Wild.Ma la dimensione altra della struttura, esternamente tecnologica e misteriosamenteneutrale, cui si accede attraverso una scalasospesa, dimostra che non si tratta di unmuseo aziendale né di un’appendice orientataesclusivamente a supporto del marketing.

Piuttosto, l’insieme cerca di creare un dinamismo culturale, aperto alla ricerca eall’innovazione. Dall’interno, l’unica relazionevisiva con l’esterno è rivolta al cielo, un modoverticale di concepire il rapporto essenzialee vitale con il territorio che lo ospita. Le oltre 100 arpe storiche della collezioneSalvi, raccolte in tutto il mondo e restaurateaccuratamente, vengono esposte a rotazione,in ambiente appositamente climatizzato,secondo il progetto di Didier Blin e di AnnaPasetti, rispettando un percorso cronologicoche comprende periodi e tipologie differenti.

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Dall’arpa a uncini di provenienza tedesca dei primi del ‘700 si arriva, sempre in salita,alle arpe più moderne, come la Salzedomodern concert grand del 1928, straordinarioesempio di art deco, oltre che strumento distraordinaria sonorità. Attraverso un’attentascelta dei pezzi viene così messa in evidenzal’evoluzione delle principali caratteristichecostruttive, con particolare attenzione alla forma e alla meccanica dei pedali. A fine percorso, da un finestrone aperto traun piano e l’altro del fabbricato, è possibilevedere le arpe in costruzione, con i tecnici e gli artigiani nel pieno della loro attività: si stabilisce così un importante legame tra antico e moderno, tra storia e futuro.Completa lo spazio del Museo un Auditoriumpensato per scopi didattici, per concerti, per convegni relativi al mondo dell’arpa.Segno concreto che il Museo è nato per la cultura e la ricerca, valori aggiunti indispensabili per ogni ambiente che intendaessere significativo nel lungo tempo.

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La Signora Julia Salvi è presidente dellaVictor Salvi Foundation. Nelle sue parole si chiarisce ulteriormente una vera e propriamission: “Il collegamento con la Salvi Harpsè ciò che costituisce la peculiarità del Museodell’Arpa. Quando vediamo un Museo d’arte,è possibile che l’autore delle opere non siapiù vivo, e di conseguenza noi assistiamo a un percorso artistico concluso, o interrotto.Non è così per l’arpa. In questo Museo vediamo la storia che continua. Ci sono glistrumenti del passato, le risorse tecniche cheli hanno prodotti e la ricerca che ha adattatol’arpa alle esigenze dei musicisti e dei compositori. Viene evidenziato poi il carattereestetico: sono strumenti musicali, ma sonoanche oggetti raffinati nel loro design, belli,prestigiosi come prodotto artistico. Ma non è tutto: dalla finestra aperta sui laboratori,c’è la dimostrazione che il discorso non èfermo, ma continua, ed è proiettato in avanti».

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Produzione, esposizione, storia, comunica-zione, ricerca: in queste parole è possibileriassumere le molte sfaccettature di una iniziativa che sa accogliere tanto lo specialistache il curioso, il professionista e l’appassionatodi musica. Ecco perché, a pochi mesi dallainaugurazione, avvenuta il 28 gennaio scorso,non si è praticamente fermato il flusso divisitatori attratti da questa unicità e dallaconcezione dinamica dell’esposizione. Grazie anche alla risonanza della stampanazionale e internazionale, il pubblico - gruppiorganizzati ma anche visitatori singoli - harisposto con un interesse sempre crescente.Un numero indicativo: 360 visite solo nelmese di maggio. Oltre alla normale attivitàdi apertura, il Museo ha l’intenzione didiventare uno strumento attivo per le Scuolee i Conservatori, un punto di organizzazionedi lezioni concerto dove è possibile ascoltaree provare direttamente a suonare l’arpa. Un assaggio di tutto ciò si è avuto nello scorso aprile, in occasione della 14th SuzukiMethod World Convention, che ha inserito il Museo dell’Arpa all’interno delle iniziativeculturali dell’evento, portando a Piasconumerosi piccoli arpisti con le loro famiglie.Non è difficile immaginare che questo viaggiotra le architetture sonore di arpe del presentee del passato lasci un ricordo unico, con la complicità di un contesto territoriale dalricco fascino ambientalistico. La scelta dellaValle Varaita, per Victor Salvi e la sua grandefamiglia, sembra provenire da un pensieroche affonda le radici nelle origini naturali -quasi antropologiche - della musica. Il boscofornisce la materia prima. La mano dell’uomone modella le forme in architetture risonanti.Il cielo, infine, sembra aggiungere la vibra-zione che dà al tutto un tocco di trascendenza.L’arpa che in forme primordiali iniziò a suonare all’alba dell’umanità, ancora oggicontinua - nella sua preziosa complessità - a dare alla musica il senso pieno dell’assoluto.

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Il Museo è stato realizzato con il contributo di:Salvi Harps N.S.M. s.p.a.Comunità Montana Valle VaraitaVictor Salvi FoundationUnione Europea F.E.S.R.Ministero dell’Economia e delle Finanze

Regione Piemonte – Direzione Industria Turismo Economia MontanaGruppo di Azione Locale - Tradizione delle Terre OccitaneComune di PiascoFondazione Cassa di Risparmio di CuneoFondazione Cassa di Risparmio di Torino

via Rossana, 7 · Piasco (CN)tel. 0175.270510info@museodellarpavictorsalvi.itwww.museodellarpavictorsalvi.it

Orariodal mercoledì alla domenica10-13 e 14-17

PIASCO

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RINASCONOTEATRI NELLA PROVINCIADI PAVIADI ANTONIO SACCHIPRESIDENTE DELLA CIVICA ISTITUZIONE TEATRO “FRASCHINI” DI PAVIA

Si può affermare, a ragion veduta, che la pro-vincia di Pavia sia stata, soprattutto nel corsodell’Ottocento, un territorio ricco di edifici e di attività teatrali. E’ stata una ambizione e un progetto di molte amministrazioni localidi quell’epoca, con il sostegno anche di privati,dotare la municipalità di un teatro: un luogonon solo d’arte e di spettacolo, ma spesso ilsimbolo di uno sviluppo economico che si vole-va legare anche a propositi di riscatto sociale. Il teatro come metafora di un progresso pro-duttivo e di una crescita culturale complessiva.La recente riapertura di un teatro come quellodi Stradella (data di nascita 1846; data dirinascita 2006) conferma una più generaleazione politica di recupero e di valorizzazionedi questi edifici storici, intesi innanzituttonella loro valenza di beni monumentali.Con il Teatro Sociale di Stradella salgono a trei teatri di pregio attivi nel territorio: del Teatro“Fraschini” di Pavia, un gioiello del Settecentorealizzato su progetto di Antonio Galli Bibbiena,ho già avuto modo di parlare nelle pagine diun precedente numero di questo ”house organ”della Banca Regionale Europea. Devo perciòinnanzitutto citare, nel breve excursus chemi sto accingendo a fare, il Teatro “Cagnoni”di Vigevano, inaugurato, per la prima volta, l’11 settembre 1873, con l’allestimento dellaopera lirica di Giuseppe Verdi “Un ballo inmaschera”. L’intitolazione al musicista AntonioCagnoni avvenne successivamente, nel 1896,dopo la morte e la commemorazione dell’illustremusicista, vigevanese d’adozione. Questo teatroha ripreso la propria attività, dopo una nonbreve fase di restauro, dal 1994.

Il territorio pavese, oltrepadano e lomellino(le tre zone geograficamente e storicamentericonoscibili come le aree che compongono la provincia di Pavia) è oggi contrassegnato da altre operazioni di recupero e di rilancio di strutture destinate allo spettacolo dal vivo:mentre scrivo si alza il sipario del Teatro“Martinetti” di Garlasco. Interessante esempiodella tradizione imitativa dell’architettura dei grandi teatri d’opera ottocenteschi, natoduecento anni fa su ispirazione di una societàdi palchettisti (è questa una caratteristica socialedi molti teatri della provincia), ceduto nel 1887al Comune dal benestante Giuseppe Martinetti,spazio che già nel 1883 così era definito daGoffredo Casalis, autore di un dizionario storicostatistico del Regno di Sardegna, “un piccoloteatro, che appartiene a una società di personedel paese, nel quale sono talvolta rappresentateazioni drammatiche”. Molto attiva nell’azionedi restauro del proprio Teatro Sociale (appunto)è anche l’Amministrazione Comunale di Voghera.

Sulla base di un più ampio Accordo di Pro-gramma, che riguarda il recupero del CastelloVisconteo e dell’area del centro storico, soste-nuto dal Ministero dei Beni e delle AttivitàCulturali, dalla Regione Lombardia, dallaProvincia, da altri soggetti istituzionali e privati,l’obiettivo è quello di restituire alla cosiddettacapitale dell’Oltrepò uno dei luoghi architet-tonicamente più esemplari di un’epoca digrande interesse verso la proposta culturale maggiormente appetibile nel XIX secolo: il melodramma, vera spina dorsale della nuovaidentità nazionale che i fermenti risorgimentaliandavano modellando. Realizzato tra il 1842e il 1845, inaugurato giusto in quell’anno con“I lombardi alla prima crociata” di Verdi (autoreche torna e ritorna, con la rappresentazione

Sopra e a destra:il Teatro Sociale di Stradella

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dei suoi capolavori nella programmazione di numerosi teatri di piccole e medie città sullavia di diventare italiane, non solo per l’indubbiaqualità artistica delle sue opere, ma per l’evidente capacità di incidere su quello cheoggi definiremmo l’immaginario collettivo), il Teatro Sociale di Voghera ha avuto l’onoredi ospitare persino il sommo Arturo Toscanini.Considerato che è in piena fase di ristruttura-zione anche il Teatro “Besostri” di Mede, cheesiste a Mortara un auditorium, che è attivo il piccolo teatro di Sannazzaro de’Burgondi,che alcuni teatri realizzati, nell’Ottocento, per volontà delle Società Operaie di MutuoSoccorso, pur tra mille difficoltà, cercano di mantenere viva una tradizione che risale a due secoli fa (il “Cagnoni” di Godiasco, il Sociale di Rivanazzano, l’”Arlecchino” di Voghera) si può dire che stiamo assistendoa una specie di “politica dei cento fiori”.

Amministrazioni comunali differenti tra loro,sostenute da generosi finanziamenti di soggettipubblici e privati, hanno inserito nei loro atti programmatici la cultura, di cui il teatro è una componente fondamentale, come sceltastrategica. Esse ritengono che non sia più sufficiente il “panem et circenses” televisivoper garantire la coesione democratica del tessuto sociale e si fanno quindi promotrici ditutte quelle occasioni che sono indispensabiliper raggiungere una maturazione culturalecondivisa e una comune consapevolezza civile.Del resto è mia convinzione che il teatro,qualsiasi teatro inteso come luogo dello spetta-colo, è uno spazio pubblico della democrazia.Favorisce la libera circolazione delle idee.Alimenta lo spirito critico. Toglie ossigeno adostili e inutili conformismi. Crea aggregazionein società come le nostre che hanno in parteperso il gusto della socializzazione, dello stareinsieme. Il teatro spinge i cittadini a ricono-scersi tra diversi. Questa rinascita sarà utile in due sensi: da un lato, favorirà una diffusionecapillare dello spettacolo dal vivo attraverso le autonome proposte di ciascuna singolarealtà teatrale e dall’altro offrirà la possibilitàdi gestire in rete una serie di percorsi artistici,anche insoliti, per non dire sorprendenti, in grado di traghettare fuori dalla noia, dalla irrequietezza, dalla insoddisfazione, tanti giovani e giovanissimi che attendono divedere qualcosa di nuovo anche “in periferia”,che sono pronti ad accettare la sfida che nasce dalla semplice scoperta che il teatro è una geografia, è un viaggio: si conosce davvero il mondo.

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STADELLA:LA SFIDA DI UN TEATRODI FABRIZIO GUERRINI E ROBERTO LODIGIANI

“A 160 anni dalla sua inaugurazione e a 21anni dalla sua definitiva chiusura il TeatroSociale di Stradella riapre i battenti”.Emozionato, compreso nella convinzione diaffermare qualcosa di storicamente significativoper la realtà locale stradellina, il sindacoPierangelo Lombardi affida a questo incipit il desiderio di rendere forte il suo messaggiorivolto alla città il 25 aprile 2006. Il giornodella Liberazione per tradizione istituzionaleconsolidata, il giorno del teatro per la vita di Stradella. Il giorno del teatro ritrovato. Ma può un teatro storico dare una scossa aduna cittadina di poco più di 10 mila abitanti?Può incidere sulla sua evoluzione sociale emagari economica? Perché salvare un teatroinvece di cedere alla tentazione (che pur sopitae tenuta nascosta, comunque c’è stata) di congelare il vecchio coacervo di palchi emuffe per realizzare un auditorium moderno,capiente, funzionale, a prova di tutto?

FERMENTI E PROSCENIIl Teatro Sociale di Stradella viene costruitotra il 1846 e il 1849. Il modello di riferimentonella sua progettazione e costruzione è il Teatroalla Scala di Milano, anche se con dimensionie dotazioni ovviamente molto ridotte. Bastipensare che l’intero Teatro Sociale di Stradellaè grande quanto il solo palcoscenico della Scalaed è in grado di ospitare non più di trecentoduespettatori. Quanto basta per soddisfare esigenze emergenti. E’ una nuova fase storicaper la cultura e la società stradellina quella in cui si apre il cantiere del teatro. Anni difermenti risorgimentali, anni, soprattutto, di una maggior consapevolezza operativa e direzionale delle nuove classi borghesi chestanno sostituendo il vecchio ceto nobiliare.Non a caso nella neonata “Società del teatro”figurano Agostino Depretis e il conte ArnaboldiGazzaniga. Il primo è una figura di grandeimprenditore agricolo di nuova generazione (è lui ad insistere per impiantare vitigni di pinotnella Valle Versa importati di recente dallaBorgogna). Depretis incarna l’ideale massimodi una nuova classe dirigente borghese in gradoben presto di guidare l’Italia unita. Il ConteArnaboldi è un nobile, ma di istinto decisa-mente borghese. Filantropo, pronto a risponderee a adeguarsi alla domanda di nuovi servizi(non solo il teatro, ma anche un ospedalemoderno e attrezzato). È Stradella stessa che stacambiando volto anche sul piano urbanistico.Il Comune acquista nel 1829 la Rocca Inferiore,ultima vestigia dell’impianto medievale e feudale. Nel 1847 la demolizione. Un gestoinvolontariamente iconoclasta che dimostra

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l’assunto del periodo: il feudalesimo prolungatonei secoli da tradizioni e convinzioni, dagerarchie e da modalità di governo economicoe sociale sta sparendo con i colpi dei nuovi cetiborghesi emergenti. Via la rocca in centro, viail medioevo con una scelta che sarà poi depre-cata dagli storici dell’arte : ma nell’Ottocentodelle rivoluzioni liberali, le filosofie conserva-tive entravano spesso in contraddizione con la voglia di novità . Accade anche a Stradella.Trionfa il piccone e subito dopo il mattone. Di tutta la struttura del centro antico vienerisparmiata solo la Torre Merlata, per apriredefinitivamente la piazza al mercato, ossia aicommerci. Ossia alla vitalità dei nuovi potentidi Stradella che si arricchiscono grazie allosmercio dei prodotti agricoli, in particolare il vino, di ottima qualità ieri come oggi e deitessuti che vengono prodotti e tinti nel borgo.La costruzione della prima linea ferroviariaTortona-Stradella nel 1854 diviene un fattoredecisivo per il progresso così come è decisivala presenza politica di Agostino Depretis, che incarna il nuovo che avanza a Stradella.Depretis presto leader nazionale della Sinistratrasformista, Depretis attento osservatore e risolutore dei problemi dell'Oltrepo e diStradella, suo collegio elettorale. E in collegiocosì desideroso di indirizzarsi verso orizzontimoderni spunta prepotente la voglia di teatro.

RISCATTO DAL PALCOIl teatro. A Stradella. In centro a metà Ottocentoviene avviata, come detto, una profonda revisione urbanistica che porta anche allademolizione delle due vecchie porte d’ingresso(ancora il medioevo che se ne va, cancellato.Senza rimpianti). Viene disegnato il tracciatodella Strada Nuova (ora via XXVI aprile)parallelo alla vecchia Romera. All’apice dellastrada, al suo sfociare nella piazza del mercatoe dei mercati viene costruito il Teatro sociale.

La bandiera al vento della nuova e dinamica imprenditoria locale. Un teatro come a Pavia. Comein ogni città che conti. A Pavia il glorioso teatro Fraschini nasce a fine Settecento ancora retaggio di un ceto nobiliare (quattro cavalieriuniscono gli sforzi per realizzarlo)che cerca di prolungare la propriaposizione di vertice. A Stradella o a Voghera (dove nasce un altro teatrosociale) ci si muove in un contestodiverso. E’ un pubblico di “nobili”diversi che si stanno affacciandosulla scena.

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È un pubblico che trova nel melodramma di Verdi l’espressione della propria novità culturale. L’opera come strumento di aggrega-zione di una nuova élite popolare e borgheseal tempo stesso. Perde terreno il teatro intesocome contenitore di svaghi popolareschi. Si defila la commedia dell’arte con il clichédel commediante girovago e squattrinato. Non è un caso, ma mentre a Stradella ilSociale inizia a splendere nella vicina Broni il vecchio teatro della Cadrega (detto così perché la gente doveva portarsi i sedili dacasa...) posto nell’allora via di Sotto, ora viaCavour, offre al suo il giorno di Pasqua del1870 l’ultimo spettacolo. Titolo: “La pianellaperduta nella neve”. Telenovela da un lato,film di ottima regia dall’altro! E a confermare le nuove eccezioni sempre aBroni sarà invece Carbonetti un imprenditoredel settore delle fornaci (case e mattoni: ilnuovo business) a realizzare l’omonimo teatro.Quel teatro Carbonetti che negli anni Cinquantadell’altro secolo dovrà alla tentazione di perderei palchi e divenire (ahimè lui sì) auditorium e cinema. Il nuovo avanza e non sempre suscita applausi…

SI ALZA IL SIPARIO Il teatro Sociale di Stradella viene realizzatosu progetto dell'architetto Giovanbattista Chiappae viene inaugurato nel 1850. La sede del teatrooccupa la parte centrale di un sobrio edificioneoclassico di grandi dimensioni con facciataintonacata e marcapiani. La facciata, concepitaper essere vista dalla piazza, è tripartita, con la parte centrale lievemente rientrante e arricchita da un balconcino a balaustrini.Notevole è il portale d'ingresso con sovrastantebassorilievo in pietra con maschere e strumentimusicali a fianco di una lira centrale. Il teatroal suo interno è organizzato con atrio d'ingresso(da cui dipartono le due scale a rampe curveche portano ai corridoi d'accesso ai palchi). La platea è a forma di ferro di cavallo e palcoscenico al piano terreno, tre gli ordini di palchi con balconate di legno.Originariamente la platea era chiusa in alto da una cupola decorata, demolita nel 1910, per costruire, su progetto dell'architetto milanese Cesare Brotti, il terzo ordine di palchi e il loggione. Il soffitto è impreziosito da un grande rosone di stile neoclassico. Il ridotto si trova all'altezza della secondafila di palchi. Sono 44, tanti quanti eranoall'origine i soci della “Società del teatro”, proprietari fino al 2002 dell'immobile, anno

in cui le cui quote sono state interamente rilevate dal Comune. Tra le chicche del monu-mento culturale stradellino è di certo da anno-verare il prezioso sipario dipinto dal milaneseFelice De Maurizio nel 1844. L’opera, in fasedi restauro, raffigura episodi dei Promessi Sposi.

CINEMA!Nel secondo dopoguerra il Teatro sociale nonriesce più a mantenere il ruolo primigenio di esclusivo contenitore culturale. La presenzadi una bella e apprezzata compagnia di operettarappresenta, comunque, un’ importante alternativa ai segnali di declino. Ma in generaleil teatro ormai perde colpi nella società stradellina. Cresce il cinema. Ne aprono viavia tre a Broni, due a Stradella. Uno è proprioil “Sociale”. Il teatro si fa cinema. Un altrocinematografo si insedia nel teatro sociale di Voghera. E’ alla metà degli anni Ottantacon l’arrivo di più severe normative in temadi sicurezza dei locali e con la concomitanteflessione di spettatori nei cinematografi oltre-padani che il Teatro Sociale rischia l’abbandonodefinitivo. Viene chiuso, così come il Sociale di Voghera. Non è facile pensare o tentare diriaprirlo. Anche il teatro Fraschini di Pavianegli stessi anni abdica al proprio ruolo di darevoce alla cultura della parola recitata e dellamusica nobile. Chiuso per restauri nel 1985dovranno passare ben 9 anni per rivedere ilFraschini in attività. Non è facile muoversi trapastoie burocratiche e nella selva della pro-prietà frammentata dei vari titolari dei palchi.C’è chi vende subito, chi alza il prezzo, chicostringe i Comuni a difficili trattative.La strada però è segnata: i vecchi teatri della tradizione devono diventare pubblici per essere ristrutturati. E’ quanto accadeanche a Stradella. Occorrono 21 anni per arrivare alla fine del percorso.

APPLAUSI

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“Si tratta di un recupero importante che offre,sul piano della politica di promozione e valo-rizzazione dei beni culturali, un contributomolto significativo, restituendo alla collettivitàun bene culturale di prestigio e insieme lo spazio naturalmente deputato alla promozionedelle attività dello spettacolo...” scrive il sindaco “l’opera di recupero e di restauro delteatro sociale, condotta su progetto dell’archi-tetto Mario Mossolani, è durata tre anni, per un importo complessivo di 2 milioni e 600 mila euro. I posti complessivi sono 290 abuca dell’orchestra chiusa e 280 a buca aperta,che si spera potranno presto aumentare unavolta ottenuta dagli organismi di vigilanza la deroga in corso per edifici storici”.Messo alla prova il Sociale ha retto all’impatto,giudicato dagli esperti un piccolo gioiello sul piano dell’acustica. Uno spazio pregiato che garantisce allo spettatore una suggestiva vicinanza con la scena. Teatro mignon forse,ma che potrebbe ora rappresentare un signifi-cativo volano per Stradella che fa cultura e che può sperare sugli effetti dell’indotto dellacultura. Orgogliosi di un teatro. Una vetrina di cultura. L’effetto Sociale c’è già stato. Il centro storico nelle prime serate di spettacoloè stato un fermento di presenze. C’è unaStradella che, magari non più giovanissima, ha ritrovato la voglia di uscire la sera.Per andare a teatro. Come nelle belle sere illuminate dai lampioni, al tempo di Depretis.

STRADELLA

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Dal 27 settembreal 17 dicembre si terrà a Milanola prima, prestigiosamostranell’ambitodel progetto“Collezioni ecollezionismoal Museo PoldiPezzoli”, con il sostegno dellaBanca RegionaleEuropea.Tra le altre saranno esposteopere di Hayez,Mantegna,Rubens,Van Dich.

I PRINCIPI E LE ARTI AL POLDI PEZZOLIDIPINTI E SCULTURE DELLA COLLEZIONE LIECHTENSTEIN

Quattro secoli di storia del collezionismosaranno celebrati al Museo Poldi Pezzoli con lamostra “I Principi e le Arti”. Dipinti e sculturedella collezione Liechtenstein.L’esposizione, che sarà inaugurata alla presenzadel Principe del Liechtenstein, Hans-Adam II,sarà aperta al pubblico da giovedì 27 settembrefino a domenica 17 dicembre 2006.La mostra si inserisce all’interno di un nuovoprogetto di studio e di ricerca, dal titolo“Collezioni e collezionismo al Museo PoldiPezzoli” che si propone di valorizzare e raffor-zare l’identità della casa-museo milanese.Esposizioni, studi, pubblicazioni e convegnipermetteranno di approfondire e di portarealla conoscenza del pubblico nuovi elementilegati al collezionismo privato, con particolareattenzione a quello milanese e lombardo delXIX e del XX secolo.

LA MOSTRAIl progetto di studio del Museo Poldi Pezzoliinaugura con una prestigiosa mostra che presenta al pubblico italiano una selezionedelle opere più significative della collezioneLiechtenstein. Tema centrale della mostra è la passione per il collezionismo che, così comeha caratterizzato la vita di Gian Giacomo PoldiPezzoli, si ritrova altrettanto viva nell’anticafamiglia di origine asburgica che oggi possiedeuna fra le più ricche raccolte private al mondoper varietà e qualità artistica. Il ruolo politico e la posizione di grande potererivestiti da tutti gli esponenti della famigliaLiechtenstein hanno consentito loro di accu-mulare nel corso dei secoli un’enorme ricchezzae di sviluppare un forte amore per l’arte. È il principe Karl I che nel XVII secolo iniziala raccolta di un grande numero di capolavori,dando vita a una tradizione collezionistica chesi tramanda e si consolida fino ai giorni nostri. I capolavori esposti nella mostra, tutti pezzi di grandissima qualità e valore artistico, sonostati selezionati privilegiando in particolaredue filoni: i dipinti, soprattutto ritratti, e ibronzetti. Tra i dipinti, la mostra può vantareopere dal Rinascimento all’Ottocento, siaappartenenti da tempo alla dinastia, sia di

recente acquisizione, in un equilibrato rapportotra arte nordica e tradizione classica italiana. I visitatori potranno ammirare il Ritratto diAnna Maria de Tassis e Il ritratto del principedi Nassau, due dei più famosi capolavori diAnthony van Dyck, Il consiglio alla vendetta,opera di Francesco Hayez presente per laprima volta in Italia, e l’olio su tavolaSprofondata nei sogni del contemporaneoFriedrich von Amerling. In arrivo da Viennaanche Rubens con il suo Ritratto di un uomobarbuto e con il bozzetto d’ispirazione classico-mitologica Marte e Rea Silvia, schizzo ad oliopreparatorio del dipinto finale, nonché formaespressiva in cui il pittore mostra eccezionaliabilità. I preziosi bronzetti delle collezioniprincipesche sono rappresentati nell’esposi-zione milanese da capolavori di tradizionerinascimentale, classica e manierista. Tra questi, il Marsia, l’unica opera scultoreache è stata attribuita ad Andrea Mantegna e che l’artista avrebbe realizzato durante il suo soggiorno alla corte dei Gonzaga, e Nesso rapisce Deianira del Giambologna.La mostra è anche l’occasione per ammirareopere che per oltre sessant’anni non sonostate visibili al pubblico. Nel 1938, infatti, a causa dei conflitti della seconda guerramondiale, le collezioni principesche, che dal 1700 erano esposte nel sontuoso palazzodella Bankgasse di Vienna, sono state trasferitea Vaduz e mai più esibite, se non in una solaoccasione, nel 1985, per una mostra alMetropolitan Museum di New York. Alla fine degli anni Settanta Hans-Adam IImetteva in atto una politica progressista voltaa nuove acquisizioni, ampliava la raccolta di famiglia, integrava le perdite subite duranteil conflitto mondiale e nel 2004 riportava nuovamente a Vienna le collezioni, oggi esposte in modo permanente al LiechtensteinMuseum.Il catalogo a stampa è realizzato da Skira. La mostra è realizzata con il contributo unicodi Banca Regionale Europea, che ormai da diversi anni affianca e sostiene le attivitàespositive del Museo.

Museo Poldi Pezzolivia Manzoni 12, Milanowww.museopoldipezzoli.it

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Antony van DickRitratto di Maria de Tassis

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EDOARDO SANGUINETI E EVGENIJEVTUSENKO VINCITORI DEL PREMIOLIBREX MONTALE 2006SPONSORIZZATO DALLA BANCA REGIONALE EUROPEA

Si è svolta a Milano, il 5 giugno, presso il Teatro Nuovo, la cerimonia di consegnadel Premio Librex Montale, giunto alla XVIIedizione e sponsorizzato dalla BancaRegionale Europea.Vincitori per il 2006 sono stati proclamatiEdoardo Sanguineti e, per la sezione internazionale, Evgenij Evtushenko. La serata si è conclusa con un concerto delgruppo “Sentieri Selvaggi”, che ha eseguitoun repertorio di musica contemporanea.

EDOARDO SANGUINETINato a Genova nel 1930, le sue basi culturali e politiche hanno le loro radici a Torino, dove si laureò alla scuola di Giovanni Getto nel 1956 con una tesi sulle “Malebolge” di Dante. Due anni prima aveva già pubblicatoun saggio sulla poesia contemporanea, “Da Gozzano a Montale”, testrimoniando cosìl’ampiezza dei suoi interessi, che comprende-vano anche la musica dodecafonica e la pitturadi avanguardia. La sua prima opera in versi,“Laborintus”, diventò ben presto il punto dipartenza del movimento di neo-avanguardiache si strinse intorno al “Gruppo 63”, data chesegna la nascita ufficiale di una sperimentazionea più voci. L’esperienza del professore-poetaSanguineti attraversa una vicenda letterariapoliedrica e di straordinaria imprevedibilità. È autore di antologie (“Poesia italiana delNovecento” e “Atlante del Novecento italiano”)e di saggi (raccolti in “Ideologia e linguaggio” e “Il chierico organico”) e numerose raccoltedi poesia, oggi riunite nei volumi “Segnalibro,1951-1981”, “Il gatto lupesco, 1982-2001”;“Mikrocosmos. Poesie 1951-2004”, a cura diErminio Risso.Il suo impegno politico lo ha portato a ricoprirecariche di consigliere comunale e deputatoindipendente di sinistra nella seconda metàdegli anni ’70, mentre il parallelo impegnoscientifico lo ha visto accademico, prima a Salerno, poi a Genova, dove ha insegnatocome professore ordinario di letteraturaitaliana per 25 anni.

EVGENIJ EVTUSHENKOPoeta, romanziere, autore di pellicole cinema-tografiche, dal 1994 professore emerito di letteratura e cinematografia all’Università di Tusla (Oklahoma), membro onorario dellaAccademia Americana di Lettere e Arti” e dell’”Accademia Europea di Arti e Scienze”,pubblicò il suo primo libro di versi nel 1952 e le sue poesie divennero la prima voce solitaria contro lo stalinismo. Nel 1957 fuespulso dall’Istituto di Letteratura sovieticoper il suo “individualismo”, ma presto le lodidel mondo culturale divennero un coro unanime, da Boris Pasternak e Carl Sandburga Pablo Picasso, Marc Chagall, Max Ernst,Henry Moore, John Steinbeck, Allen Ginzberg,Graham Green, Heinrich Boll, Pablo Neruda,Gabriel Garcia Marquez, Leonard Bernstein,Louis Armstrong. Nel 1961 i suoi versi contro l’antisemitismo ispirarono al grandecompositore russo Dmitrij Shostakovich laSinfonia n.13. Da allora ha visitato 94 paesi e le sue opere sono state tradotte in 72 lingue.Il rapporto di Evtushenko con l’Italia è moltospeciale. Dal 1964 ha visitato il nostro Paesepiù di 20 volte. Pasolini lo invitò per il ruolodi Gesù Cristo nel suo film, ma la burocraziasocietica gli negò il permesso. E’ stato duevolte membro della Giuria del Festival delCinema di Venezia e ha pubblicato in Italiapiù di dieci libri di poesia e tre romanzi. Ha tradotto in russo versi di Pier Paolo Pasolini,Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo,Umberto Saba. Ha recitato poesie (con VittorioGassman, al Teatro dell’Opera di Roma) e haricevuto diversi premi, tra i quali il “Boccaccio”nel 1995 e il “Grinzane Cavour” nel 2005.

IL MIO MONUMENTO

Non amo che mi si innalzi un monumento-che in un paese del terzo mondo in qualche dove lo sistemino, dove, battendo col pugno da grande potenza,la miseria nascondono furtivi,dove marciscono le 'banane dei missili obsoleti -questa è la frutta che mangiamo. Altra non ne abbiamo.Non necessito di un monumento.

Mi occorre soloche dopo morto il paese mi sia restituito.

Evgenij Evtusenko

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NEL PAESE DI COME SE

“Nel Paese di Come se” è il titolo della raccolta di poesie di Evgenij Evtusenko; edita da Viennepierre, è in libreria da pochesettimane ed ha registrato un ottimo successo.Scrive Giovanna Ioli, che ha curato il progettoeditoriale: “Questo libro risponde al desideriodi riunire in un solo volume poesie ormai celebri in tutto il mondo, armonicamente scandite in una struttura che trasforma questaraccolta in un canto d’amore e di protesta. In più di mezzo secolo, Evtusenko ha fattovibrare molte corde della sua lira poetica,inaugurando nuovi percorsi artistici che hanno saputo fondere gesto e retorica, lirismoe risentita contestazione, elegia e dissonanza,senza però rinunciare alla vibrante passioneche informa ogni suo verso. Questi suoi modi, a volte travolgenti o teneri, su uno spartito che suggerisce vocalità inattese o timbri di misura estetica ed etica, con regole compositive ispirate ai moti di una coscienzaaccesa e vigile, costituiscono un esempio insuperabile di stile, che sa fondere l’anticaarte cantata o declamata con l’arabesco delsegno grafico e della sperimentazione musicale”.

“PIÙ DELLA NATURA IO TI AMO”

Più della natura io ti amo,poiché tu stessa come la natura sei.lo ti amo più della libertà,perché libertà senza te è prigione.

Io ti amo imprudente,come voragine e non come rotaia,io ti amo più di quanto sia possibile,più di quanto impossibile, ti amo.

Io amo senza misurare il tempo, senza scadenza,anche prendendo sbornie, insolentendo anche,e poi più di me stesso - va da sé -perfino più di te, tanto per dire.

Io ti amo più di Shakespeare,più delle bellezze sulla terra tutte -più di tutta la musica del mondo,poiché libro e musica sei tu.

Io ti amo più della gloria,perfino nei tempi che verranno,più di una potenza indebolita,poiché sei tu la patria - essa no.

Sei sfortunata? La buona sorte chiedi?Con le richieste non seccare Dio.lo più della felicità ti amo.lo ti amo più dell'amore.

Dedicata a mia moglie Mafa,che mi ha donato due figli:Zenja jr: e Mitja.

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Sessant’anniorsono al referendumistituzionale laProvincia Granda,votò a larga maggioranzaper la Monarchia,all’insegna dellacontinuità delloStato.Anche i monarchiciaccettarono lealmente l’esitonazionale (cherimane al centrodella discussionestoriografica,come indicano idocumenti ineditiche illustrano l’articolo) e lavorarono al consolidamentodella Repubblicaquale “casa ditutti”.Il Cuneese fece di più: con DuccioGalimberti, Dante Livio Bianco,Enrico Mrtini(“Mauri”), DinoGiacosa e tantialtri gettò le basidell’europeismoe del rifiuto diogni dittatura,compresa quella“di classe”.Non solo: il primopresidente effettivodella RepubblicaItaliana fu Luigi Einaudi(Carrù, 1874-Roma 1961),liberale,monarchico,governatore dellaBanca d’Italia,protagonista della ricostruzioneaccanto aldemocristianoAlcide De Gasperi.

VECCHIO PIEMONTE, CULLA DEL SENSO DELLO STATOALLE RADICI DELLA REPUBBLICA E DELL’EUROPEISMO

DI ALDO A. MOLA

Il Cuneese ha molti e validi motivi per ricor-dare il referendum che sessant’anni orsonodecise la forma dello Stato e l’elezione dellaAssemblea costituente. Aveva alle spalle cinque anni durissimi. Dal 10 giugno 1940 la “Granda” era stata zona di guerra, teatrodella Battaglia delle Alpi occidentali, breve ma impegnativa. Da allora, con sua grande sorpresa, la provincia di Cuneo subì incursionidell’aviazione francese. Contrariamente allecertezze, il capoluogo stesso risultò facile bersaglio dal cielo, senza difese. Poi la Grandadette alto tributo di vite nella campagna diGrecia, nei Balcani e sul fronte dell’UnioneSovietica, a parte caduti e prigionieri nell’Africaorientale, in Libia e in altri teatri di una guerrache da europea divenne mondiale. L’8 settembre 1943 l’annuncio della resa senzacondizioni coincise per il Cuneese con il rientrodalla Provenza della IV Armata che si sbandò e venne formalmente sciolta, come ripetuta-mente ricordato da Aldo Quaranta, che scrissel’ordine dettato dal generale Mario Vercellino. Nel memoriale “Un romano fra i ribelli” Aldo Sacchetti narra altri particolari dellacomplessa vicenda. Da alcuni nuclei della IVArmata rimasti in armi, da altri militari in forzaa Cuneo e per iniziativa di politici compromessiil 25 luglio con dichiarazioni antifasciste, intornoal 12 settembre nacque la lotta contro l’occu-pazione germanica, dieci giorni prima chefosse costituita la Repubblica sociale italiana. Appena chiusa (o almeno sospesa) la guerraavventatamente dichiarata il 10 giugno 1940,nella Provincia Granda ne iniziarono e se ne intersecarono altre tre: quella degli anglo-americani contro la Germania e i suoi alleati;la guerra il 13 ottobre 1943 dichiarata dalRegno d’Italia contro la Germania (“cobellige-ranza”) e quella dei partigiani contro tedeschie Repubblica sociale italiana (RSI) proclamatada Benito Mussolini sotto tutela germanica,nella cui ambasciata a Roma ebbe luogo laprima riunione di un governo manifestamente“sotto tutela”, come per altro era a Brindisiquello presieduto da Badoglio.

Dal canto suo la guerra partigiana s’inserì nel quadro della convergenza tra la guerraintrapresa dal Regno d’Italia e quella condottadagli anglo-americani. Se i governi Badoglio e Bonomi le dettero i sussidi che poterono, gli anglo-americani (che rilasciarono pochissimiprigionieri, solo in funzione della lotta incorso) la alimentarono con missioni militari e aviolanci, in funzione di loro obiettivi nel cui ambito l’Italia era teatro secondariodall’autunno 1943. A rendere più aggrovigliatala matassa, mentre teneva in prigionia oltre600.000 “internati militari” italiani, la Germaniaaddestrò nei propri confini le forze armatedella RSI. Da un secolo e mezzo l’Italia non conosceva un travaglio militare e politicoaltrettanto intricato, denso di incognite e gravido di conseguenze negative.A fine aprile 1945, quando le truppe tedeschecominciarono ad arrendersi agli anglo-americanie il dramma bellico nell’Italia settentrionalesembrò concluso, anche nel Cuneese irrupperoreparti francesi. Dall’estate 1944, appena liberata Parigi, il governo De Gaulle avevasconfessato l’armistizio del 24 giugno 1940. La Francia rivendicava il possesso della Valled’Aosta, dei valichi dai quali l’esercito italianoera passato Oltralpe e di una fascia (di variaprofondità, secondo le zone) di territorio geograficamente italiano. Oltre a Briga e Tenda,nel Cuneese i francesi occuparono Limone e scesero lungo la Vermenagna e altre valli.Dai cinque anni di guerra - negli ultimi mesidivenuta “guerra civile”, come subito scrisseDante Livio Bianco, che fu uno dei suoi protagonisti di spicco e tra i suoi interpretipiù acuti - la Granda uscì con immense rovinemateriali. Ne furono emblema l’interruzione,durata sino al 1979, della linea ferrata daCuneo per Nizza-Ventimiglia; l’impraticabilitàdi strade e ponti, specie nelle valli, e le arcatemonche del viadotto ferrostradale congiungentel’altopiano del capoluogo con l’Oltrestura: una ferita che bastava da sola a dire quantofosse duro risalire la china. La ricostruzioneincontrò innumerevoli ostacoli.

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Il Cuneese non era autosufficiente per risorsenaturali ed energia elettrica. Il prolungamentodegli ammassi obbligatori di derrate agricole(in specie cereali e vino) e di prodotti zootec-nici suscitò vivo malcontento nei medi e piccolicoltivatori, ossatura dell’economia cuneese.Nel corso della guerra la Granda aveva datoancora una volta un alto contributo di uominie di idee, in linea con i principi morali e i valori civici e militari che ne avevano con-traddistinto secoli di storia. I venti mesi fra il settembre 1943 e il maggio 1945, al di là di episodi tragici e avvilenti sui quali la storio-grafia si pronuncia con pacatezza favoritadall’ormai possibile oggettivazione, risultaronomeno traumatici perché la dirigenza statalee amministrativa della Provincia e dei Comunioperò con tenacia e abnegazione per il pubblicobene. Pertanto vennero ricordati con rispettoi commissari straordinari susseguitisi allaguida della Azienda provinciale e degli ufficicomunali (a cominciare dal capoluogo), grazie alla dedizione di segretari generali e di funzionari. Non per caso fra aprile e maggio1945 le consegne tra amministratori in caricae quelli nominati dal Comitato provinciale

di Liberazione nazionale avvennero in climadi serena concordia e, con rare eccezioni(quasi sempre risolte con la reintegrazione nel servizio), il personale non subì alcun procedimento epurativo. Esso aveva operatosotto gli occhi di tutti. Chiunque era in gradodi valutarne l’opera. Lo stesso accadde per la Prefettura, la Questura e l’amministrazionedella giustizia, i cui responsabili andaronogeneralmente esenti da addebiti. Avevanoservito gl’interessi della popolazione, pur incircostanze drammatiche ed eccezionali.Quella stessa macchina pubblica e ammini-strativa fu alla base della ricostruzione, ispiratada ideali affermati con forza dai più lungimi-ranti volontari della libertà. Nel Cuneese essiguardarono oltre la guerra in corso. Bastino,tra i molti, i nomi di Arturo Felici (Panfilo),Aldo Quaranta, Detto Dalmastro, GiulianoPellegrini, Antonio Toselli e di Guido Verzone,che fu prefetto di Cuneo alla liberazione.

Tra i caratteri originari della resistenza cuneesevi sono pagine che ne fanno uno tra i momentipiù significativi della liberazione d’Europa.Vanno ricordati in primo luogo gli accordi politici e militari sottoscritti a Saretto (Acceglio,alta Valle Maira) fra i rappresentanti del CLN piemontese e quelli dei Movimenti Uniti di Resistenza francese. Il 30 maggio 1944 essi dichiararono che “fra i popoli francese e italiano non vi è alcuna ragione di risenti-mento e di urto per il recente passato politicoe militare, che investe la responsabilità deirispettivi governi, non già quella dei popoli,vittime entrambi di regimi di oppressione ecorruzione”, affermarono “la piena solidarietàe fraternità franco-italiana nella lotta contro il fascismo e il nazismo e contro tutte le forzereazionarie, quale necessaria fase preliminareper l’instaurazione delle libertà democratichee della giustizia sociale in una libera comunitàeuropea” e riconobbero che “anche per l’Italia,come per la Francia, la miglior forma di governoper assicurare la stabilità delle libertà democra-tiche e della giustizia sociale, è la repubblicana”.In secondo luogo, il 7 agosto 1944 alla Certosadi Chiusa Pesio le formazioni “Giustizia eLibertà” e gli “Autonomi” (sia dichiaratamentemonarchici, come Enrico Martini, “Mauri”, sia prevalentemente repubblicani, come PieroCosa e Dino Giacosa) s’impegnarono a battersi“contro l’instaurazione e la conservazione di qualsiasi regime totalitario e dittatoriale, di qualsiasi tipo e colore”.

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Erano decisi a lottare contro la “dittatura dellareazione (grosso capitale, alta finanza, agrari,militaristi,ecc.)” non meno che quella “delproletariato o di qualsiasi altra classe o gruppo”.Le due impegnative dichiarazioni costituironoil punto di arrivo di un percorso ideale e politicoche affondava radici nella storia della Granda.Ne fu documento il pensiero del trentaseienneavvocato cuneese Duccio Galimberti che fra il1942 e il 1943 tracciò con il magistrato AntoninoRepaci il Progetto di costituzione confederaleeuropea ed interna: uno fra i contributi piùmeditati per condurre l’Italia oltre il nazionali-smo, all’approdo europeo, e radicarvi la libertà.Mentre si ricorda il “Manifesto di Ventotene”di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed EugenioColorni, il Progetto di Galimberti meriterebbeuna edizione critica definitiva. Con tali premesse- straordinario patrimonio morale e politico,arricchito dal ruolo svolto dal clero, sempreimpegnato in prima fila nel quotidiano sforzodi scongiurare la deriva ferina della guerra incorso, di risparmiare vite e dignità e riaffermarei valori cardine della società -, dal marzo 1946i cittadini di decine di Comuni della Granda(incluse le sette città e i centri maggiori) furono chiamati a eleggere i consigli comunali.Per la prima volta anche le donne esercitarono

il diritto di voto. Alcune furono elette nei consessi locali. Le consultazioni si svolseroovunque in serenità e senza problemi preoccu-panti di ordine pubblico. Il ritorno alla normalità venne evidenziato dal passaggio delle funzioni prefettizie daGuido Verzone, esponente del Partito liberalee candidato alla Assemblea costituente, al dottor Renato Pascucci, prefetto di carriera.Il 31 dicembre 1945 l’Amgot (Governo militarealleato dei territori occupati, quale era l’Italia)aveva passato definitivamente la mano ai poteristatuali ordinari. Erano da tempo alle spalle i tribunali partigiani o “del popolo”. Le Corti di assise straordinarie stavano peressere sostituite da quelle ordinarie. Il governoDe Gasperi aveva allo studio il decreto di amni-stia e indulto messo a punto dal ministro diGrazia e Giustizia, Palmiro Togliatti, consape-vole che occorreva accelerare la pacificazione:un passaggio fatalmente non indolore.In tale clima il 2-3 giugno 1946 i cuneesi tornarono alle urne per pronunciarsi sulla formadello Stato ed eleggere i propri rappresentantiall’Assemblea costituente. La Granda era partedella Circoscrizione Cuneo-Asti-Alessandria,durata sino alla riforma del 1994. Al referendum istituzionale la provincia diCuneo si pronunciò a larga maggioranza per la conservazione della monarchia. Nell’Italiasettentrionale altrettanto avvenne, con diversimargini di scarto tra le due opzioni, nelle province di Asti, Bergamo e Padova, sia purecon differenti percentuali. A sessant’anni da allora, anche per il Cuneesegli esiti del referendum rimangono imprecisi e non potranno mai essere appurati con cer-tezza. Secondo una pubblicazione ufficiale del1948, consta che nella Granda la monarchiaottenne 147.181 preferenze contro le 119.447andate alla repubblica, mentre nell’intera circoscrizione Cuneo-Asti-Alessandria larepubblica ebbe 418.045 voti, la monarchia384.213. Solo in secondo tempo, tra il 10 e il 15 giugno 1946, sulla base di verbali di seggio, gli appositi uffici insediati a Romacomputarono le schede bianche e le nulle, con lacune ed errori di varia natura (*). Senza entrare nel merito della annosa disputasulla rispondenza dei dati ufficiali alla realtàdel voto, due considerazioni s’impongono.Anzitutto, le operazioni elettorali si svolsero in un clima complessivamente sereno e senzaincidenti di rilievo.

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Fu una prova di maturità democratica, tantopiù emblematica perché, a differenza delleelezioni amministrative del marzo precedente,che avevano riguardato molte decine di comunima non l’intero elettorato, il referendum istitu-zionale e l’elezione dei rappresentantiall’Assemblea Costituente coinvolse tutti gliaventi diritto al voto della provincia, uomini edonne. In secondo luogo, come era prevedibileper una terra da secoli legata alla continuitàdello Stato, la monarchia ottenne un largo suffragio. Però, contrariamente a quantoaccadde altrove, nelle province di Cuneo e di Asti, ove avevano conseguito la maggioranzadei consensi, i monarchici non crearono alcun problema di ordine pubblico. Atteserocon senso di responsabilità la convalida deirisultati nazionali da parte della SupremaCorte di Cassazione, il 10 e il 18 giugno. E li accettarono. Vissero il dramma della par-tenza di Umberto II per l’esilio, il 13 giugno.Sicuramente nel foro della propria coscienza,nelle case, nelle conversazioni in pubblicomolti espressero amarezza. E’ una vicendaancora in attesa di una compiuta ricostruzionestorica. Essa merita attenzione e rispetto.Molti guardarono commossi il tricolore con lo scudo sabaudo che per anni ne aveva guidato

i passi. Esso aveva sventolato nelle battagliedall’unificazione alla lotta di liberazione. Ora sarebbe stato sostituito. Era inevitabilepensare a quanti avevano dato la vita fissandolo.Le loro salme vi erano state avvolte. E’ comprensibile che parecchi si sentisserocrollare addosso un mondo. Sul piano storico conta però il fatto che queimonarchici del Vecchio Piemonte, a cominciaredalla Granda, osservarono la consegna del Re:l’Italia innanzi tutto, la Patria. Accettarono l’esito nel nome dell’unione dei cittadini. In provincia di Cuneo la monarchia prevalse(talora con distacco vistoso) nelle città di Alba,Bra, Mondovì, Saluzzo, Savigliano. Per la repubblica optò, in stretta misura,la maggioranza degli elettori del capoluogo,

di Fossano, Ceva e di alcuni centri minori,quali Garessio, Paesana, Ormea, Verzuolo. A quel modo si pronunciò la terra che dal Trecento aveva legato le sui sorti a CasaSavoia, seguendola nella buona e nella cattivafortuna, spesso, anzi, sacrificandosi per salvarnelo Stato, come riconobbero con provvedimentispeciali il duca Emanuele Filiberto (1559) e re Carlo Emanuele III (1744). Il Cuneese dette un contributo di prim’ordine al Risorgimento e all’unificazione nazionale.

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Un pur sommario elenco delle sue figure eminenti richiederebbe troppo spazio. Bastino,fra i molti, i nomi di Gustavo Ponza di SanMartino, Massimo Cordero di Montezemolo,Giacomo e Giovanni Durando, i Saluzzo di Monesiglio, i Santa Rosa, i Moschetti... e, su tutti, di Giovanni Giolitti, per cinquevolte presidente del Consiglio dei ministri frail 1892 e il 1921. Alla liberazione quel mondoera vivo. Ne furono interpreti Marcello Soleri(morto nel 1945 mentre era ministro del Tesoro)e soprattutto Luigi Einaudi, e il cattolicoGiambattista Bertone, che ricollegava, consenso dello Stato reso più maturo da errori del passato, la nuova democrazia cristiana al Partito popolare di don Luigi Sturzo. Dalcanto suo il socialista Domenico Chiaramelloriconduceva alla generosa utopia di SerafinoArnaud e Giuseppe Cavallera, senza cedimentoalcuno al mito di una rivoluzione intesa qualebagno di sangue, sempre nettamente respintadal socialismo cuneese, più vicino a EdmondoDe Amicis che al materialismo. Fra i suoi espo-nenti esso contò Antonio Giolitti, Manlio Vineis,Mario Pellegrino (Grio), Alberto Cipellini emolti altri. Gli elettori del Cuneese risultaronodunque in larga maggioranza monarchici. Era naturale in una plaga che aveva motivo di considerarsi culla della dinastia e ospitavaconsuetamente i sovrani, i principi e le lorofamiglie nelle residenze reali, da Racconigi a Sant’Anna di Valdieri: occasione di contattidiretti che posero in evidenza la semplicità di modi di Vittorio Emanuele III e del figlio,Umberto di Piemonte, della regina Elena e dei rispettivi seguiti.Dopo la partenza di Umberto II per l’esilio, il 13 giugno 1946, e il cambio istituzionale, il 18 seguente, quel voto non pregiudicò la lealtà della Granda nei confronti dellaRepubblica. La maggior parte delle famigliedella dirigenza cuneese aveva sempre avuto nelproprio seno un mazziniano o un garibaldino,un radicale o un protosocialista, un cattolicofedele al papa non meno che allo Stato. La monarchia aveva fatto da collante.Rappresentava la certezza delle istituzioni.Quando sciolse militari e dipendenti civilidello Stato e delle pubbliche amministrazionidal giuramento di fedeltà alla Corona, sì cheognuno potesse votare libero da vincoli, UmbertoII pose le premesse per la continuità storicadella civiltà del Vecchio Piemonte. Questa si incarnò nella figura di Luigi Einaudi.

Liberale, monarchico, senatore del regno sin dal 1920, Luigi Einaudi venne chiamatodal presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi,a prendere le briglie della ricostruzione (monetae impresa, reinserimento internazionale e mercato del lavoro...). Già governatore dellaBanca d’Italia, Einaudi assunse i ministeri del Bilancio e del Tesoro e dette un contributodeterminante nel gettare le basi del futuro“miracolo economico”.Nel 1948 questo eminente figlio della ProvinciaGranda venne eletto primo presidente effettivodella Repubblica, in successione al monarchicoe liberale napoletano, Enrico De Nicola.

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Proprio quella dirigenza - devota allo Stato,lontana dalle sirene delle ideologie e di interessidi partito e di fazione - gettò le basi del miracolo economico. Quest’ultimo stentò adaffacciarsi nel Cuneese per via delle rovinemateriali di cui si disse, di una dolorosa eclissidi alcune sue figure di spicco (Luigi Burgo neè l’esempio più insigne) e del suo perduranteisolamento, mentre tardava a decollare l’Unioneeuropea vaticinata dalla più lungimirante classe dirigente del Vecchio Piemonte e specialmente del Cuneese. La terra di Luigi Parola, Michele Coppino,Balbino Giuliano, di studiosi di prestigio nazio-nale ed europeo quali Ettore Pais, BeniaminoManzone, Augusto Rostagni, Attilio e ArnaldoMomigliano, Luigi Pareyson aveva una fortevocazione di pedagogia politica e di rigore civile. Perciò, dopo aver votato a preferenzamonarchia, accolse senza riserve la Repubblicae si dispose a servirne gl’istituti con immutataabnegazione. Proprio per quel suo passato, la Granda sentì e insegnò che Repubblicasignifica sovranità del popolo, come recita la Carta costituzionale. Sentì e insegnò che l’esercizio della sovranità comporta conoscenzae responsabilità. Su quel terreno l’età repub-blicana si congiunge a quella monarchica e ne costituisce la continuazione. Essa feceperno sulla centralità dell’istruzione, della cultura, dell’impegno civile.Tale continuità venne affermata e vivificata daopere varate sin dall’inizio degli Anni Cinquanta.Valgano d’esempio la rivista “Cuneo, provinciagranda”, il risorto Bollettino della Società per gli studi storici archeologici e artisticidella provincia di Cuneo, il bel volume curatoda Adolfo Sarti nel centenario della Cassa di

Risparmio di Cuneo, ora molto opportunamenteripubblicato. Lì si rinvengono le residenzereali e i castelli, i santuari, le abbazie, le chiese,i palazzi storici: la memoria, insomma, senzala quale si smarrisce la via e non si procedeverso alcuna meta sicura.La repubblica sognata da Duccio Galimberti è quella capace di comprendere tutto il passato,come cantò Giosué Carducci nell’ode Piemonte,ove si legge: “A i morti, a i vivi, pe’ l fumantesangue/ da tutt’i campi, // per il dolore che le regge agguaglia/ a le capanne, per la gloria,Dio, / che fu negli anni, pe’l martirio, Dio,/ che è ne l’ora, // a quella polve eroica fremente/, a questa luce angelica esultante/,rendi la patria, Dio; rendi l’Italia / a gl’italiani”.Dell’ “itala gente da le molte vite” è parteeminente la civiltà del Cuneese. Questa è la ragione di una scelta storica che in questaterra singolare ha mirato a unire più che adaprire ferite e a perpetuare divisioni. E questaè l’attualità di una plaga che si vuole operosa,nemica della retorica, capace di ideali, comescrisse Dante Livio Bianco, componente dellaConsulta Nazionale, antesignana dellaCostituente. Con la sua alta e costante lealtàverso le istituzioni, con l’antico “senso delloStato”, il Cuneese ha ancora molto da offrirealla costruzione di un’Europa che non siasolo moneta e mercato ma che sappia raffer-mare le proprie radici storiche e morali, religiose e civili. Lo fece durante l’età monar-chica, continuò a farlo in quella repubblicana, iniziata sessant’anni orsono, lo farà nel quadro della nuova Europa, riaffermando,senza pregiudizio per nessuno, i capisaldidella civiltà occidentale.

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Undicesimo: non dimenticare. E’ questo ilcomandamento a cui obbedisce il “Memorialedella Deportazione” che sorge davanti aivagoni fermi, in perenne sosta, presso la stazione ferroviaria di Borgo San Dalmazzo.I vagoni, carri bestiame per portare uomini,donne, bambini, all’ultima destinazioneAuschwitz o Buchenwald, o uno dei tanti luoghi di non ritorno inventati dalla ferocianazista, sono anch’essi parte di questoMemoriale che il Comune ha voluto. Con questo monumento, Borgo San Dalmazzoconferma ancora una volta di aver ben meri-tato la medaglia d’oro al merito civile conferitadal Presidente della Repubblica Carlo AzeglioCiampi, perché continua a portare alto il vessillo della democrazia, della solidarietà e della compassione. Sembra una parola sgradevole “compassione”, invece è stata quellaparola, che significa condivisione, a fare sìche la tragica sorte degli ebrei giunti in ValleGesso dopo l’8 settembre del 1943, divenisseuna scelta collettiva, accendesse una gara disolidarietà che questoMemoriale prolunga neltempo. La storia è scrittasulle lamine metallicheche disegnano i nomi dei deportati: per lo più sono gruppi familiari nei quali si trovano date di nascita molto diverse: un anziano e un bimbo, un giovane e un adulto.“E’ stato molto difficileprogettare il Memorialeperché temevamo di realizzare un’opera chevenisse fraintesa, che non rendesse pienamenteil senso profondo di quello che doveva rappresentare”, spiega l’architetto AndreaGrottaroli dello studio Kuadra di Cuneo checon i colleghi ha ideato e costruito il monu-mento. “Abbiamo iniziato leggendo quello che è stato scritto sulla tragedia degli ebreiarrivati a Borgo e poi rinchiusi nel campo di concentramento che sorgeva poco distantedal piazzale della stazione ferroviaria. Il Memoriale non è un monumento ai deportaticome ce ne sono altri, è il ricordo di una storiaben precisa ed è questa storia che volevamo riuscire a raccontare. Per farlo, è stato realiz-zato un marciapiede rialzato di una trentinadi centimetri, “una ipotetica banchina di servizioai vagoni merci acquisiti dal Comune inmemoria della deportazione”. Su questa piastra335 lastre di metallo stese a terra riportano il

Il centro piemontese, tra il 1943 e il 1944,fu sede di uno dei pochi campi di concentramentoitaliani.Il Memorialesorge presso la stazione ferroviaria da cui,nel novembre1943, 335 ebrei,quasi tutti francesi,partirono suivagoni piombatiper un viaggiosenza ritorno nei lager nazisti.Ad ognuno èdedicata unalastra di metallo,dello stesso colore dei vagoni;le lastre sonoposte su un marciapiede;se qualcuno lecalpesta, si levaun lamento.

IL MEMORIALE DELLADEPORTAZIONE DI BORGO SANDALMAZZO,PER NON DIMENTICAREDI VANNA PESCATORI

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nome di ogni tutti coloro che non hanno fattoritorno dal lager. Per ciascuno c’è una speciedi scheda anagrafica: il nome, il cognome,l’età alla data di ingresso nel campo di concentramento di Borgo, la nazionalità.Venti sagome sono in piedi: rappresentano i venti sopravvissuti. “Abbiamo usato unmetallo particolare, il corten, che dopo unainiziale ossidazione naturale, resta così neltempo, assumendo l’aspetto di lamine vecchiee corrose, dello stesso colore dei vagoni chefanno da quinta al Memoriale”, aggiungeGrottaroli che con i colleghi ha avuto un’altraintuizione di forte impatto emotivo: le lamine“piangono”. Se un piede, per gioco o perdispregio, le calpesta, si leva un lamento che fa venire i brividi. Come se quelle orme umanesoffrissero di nuovo per l’offesa patita.Una stele, all’ingresso dell’area riservata alMemoriale, segnala il luogo e narra brevementei fatti: ha un valore didascalico e nello stessotempo induce alla riflessione. Su questa strada che porta alla montagna, percorsa oggida allegre comitive di turisti, sessant’anni fatransitavano ben altre carovane e con benaltri fini. “Il 21 novembre 1943, su questopiazzale si ammassarono 329 persone, uomini,donne, bambini che, fatti salire sui vagonimerci, furono condotti al campo di Drancy,presso Parigi e poi ad Auschwitz, dove 311 di loro furono uccisi”. Recita la scritta e recu-pera un passato doloroso che non deve esseregettato dietro le spalle. “Ogni nome è una speranza troncata. Tu che leggi, avvicinati.Quei segni di silenzio e di assenza ti dirannoquanto male può provocare l’uomo, quandoaccetta che i diritti di un altro siano inferioriai suoi”. A Borgo San Dalmazzo tra il settembre del1943 e il febbraio del 1944 funzionò uno dei pochi campi di concentramento italiani.Nel primo furono ammassati 349 ebrei, provenienti da Saint Martin Vésubie: avevanoattraversato le Alpi, per cercare rifugio in Italia,quando i nazisti avevano occupato il Sud dellaFrancia. Nel secondo furono imprigionati 26ebrei per lo più italiani. In totale 355 furono i deportati che partirono da Borgo SanDalmazzo, 20 coloro che si sono salvati. All’inaugurazione, insieme con le autorità, ai rappresentanti della Comunità ebraica diTorino e di Cuneo, alle associazioni partigiane,c’era uno di loro, Walter Marx, e c’erano quelliche li avevano salvati: don Francesco Brondello,Maddalena “Nella” Tomatis, Anna LandraVenni. I loro nomi, e quelli di tanti “giusti”rimasti nell’oscurità, non sono iscritti nel Memoriale, ma nel cuore di tutti.

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IL MUSEO FERROVIARIO PIEMONTESEDI SAVIGLIANO

DI CLAUDIO DUTTO

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L’Associazione “Museo Ferroviario Piemontese”è stata costituita con la legge regionale 45/78,con lo scopo di provvedere, attraverso l’istitu-zione e la gestione del museo, al reperimentoed alla conservazione del materiale ferroviariod’interesse storico, con particolare riferimentoal materiale rotabile ed ai sistemi di trazioneche hanno caratterizzato la storia dei mezzi di comunicazione soprattutto in Piemonte.Per molti anni, nonostante la carenza di mezzifinanziari a disposizione, l’Associazione “MuseoFerroviario Piemontese” ha ampiamente svoltoi suoi compiti, riuscendo a reperire, a salvaredalla demolizione ed a conservare una lungaserie di mezzi ferroviari che oggi vanno a costituire una dotazione di grande valore storico e culturale, anche se una buona parte di essi deve ancora essere restaurata. Oltre alle locomotive a vapore delle più diversetipologie, la cui massiccia presenza rappresental’importanza di questo storico mezzo di trazione, sono stati recuperati antichi tipi di locomotive elettriche, tra cui alcuni celebri “trifase”, vi sono poi i primi locomotoridiesel e le famose “littorine”, ed infine carrozze, vagoni postali, carri merci di tutti i tipi e di tutte le epoche.L’Associazione aveva a lungo perseguito l’obiettivo di dotarsi di una sede idonea, proponendo allo scopo diversi interessantiprogetti, alcuni alternativi, altri complementaritra loro, e finalmente nel 1996 fu approvata la legge con la quale la Regione finanziava la costruzione della sede in Savigliano, su terreno messo a disposizione dal Comune.Negli anni successivi si procedette alla proget-tazione, ed il 29 maggio 1999 la cerimoniadella posa della prima pietra diede il via ailavori. In data 26 dicembre 2000, fu varato lo scambio di interconnessione tra i binariinterni del museo e la ferrovia Savigliano -Saluzzo ed il 28 aprile 2001, il primo treno,trainato dalla locomotiva a vapore 422.009“Lucia”, del museo, fece il suo ingresso

trionfale portando invisita una comitiva di “Federcrail”, laFederazione dei Musei e delle Ferrovie TuristicheEuropee, che aveva tenuto a Torino la suaannuale assemblea.L’inaugurazione ufficialeè avvenuta l’8 dicembre2001; da allora il museoè aperto ai visitatori.

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Dal 2002 al 2005 si sono svolti i lavori per la realizzazione del primo lotto di sei rimesseper locomotive ed altri veicoli ferroviari. Ora è in programma la realizzazione di un secondolotto di rimesse, strutture ormai inderogabiliper garantire un’adeguata conservazione dei rotabili. Successivamente il museo potràessere completato con la posa di ulterioribinari e con le officine per la manutenzioneed il restauro conservativo dei veicoli ferro-viari. Nel frattempo, grazie anche alla collabo-razione del Comune, verranno realizzate areeverdi per migliorare il parco espositivo esternoe rendere la zona un “giardino dei treni”. Uno sforzo particolare dovrà essere fatto peril restauro dei rotabili, una parte dei quali è purtroppo stata recuperata in cattivo statodi conservazione e necessita pertanto di urgentied importanti interventi, con appropriati trattamenti conservativi, per riportare agliantichi splendori tutti i rotabili storici e testimoniare nel tempo la grande storia ferroviaria del Piemonte. Savigliano è statascelta quale sede del museo in primis perragioni storiche, in quanto la ferrovia Torino-

Savigliano fu inaugurata il 13 marzo 1853,alla presenza del Re Vittorio Emanuele II,e fu la prima ferrovia del Piemonte costruitae gestita da una società privata. Pochi annidopo fu realizzato un “Opificio” per la produzione di materiale rotabile: dopo quasi 150 anni di produzione ferroviaria(prima S.N.O.S. - Società Nazionale Officine Savigliano, poi FIAT Ferroviaria ed infineALSTOM) oggi questo insediamento rappre-senta una delle industrie leader nel mondoper l’alta velocità ferroviaria grazie ai suoielettrotreni ad assetto variabile, meglio noti come “Pendolini”, e può così essere definita come la fabbrica italiana di treni più antica e contemporaneamente più moderna. Ovviamente con il Museo Ferroviariosi è instaurata una proficua collaborazione ed accanto ai treni “storici” è esposto anche il modernissimo “Pendolino diesel-elettricoATR 410” ed è in programma la realizzazioneall’interno dello stesso di una mostra perma-nente dedicata alla storia ed evoluzione tecnica degli elettrotreni ad assetto variabile.

ATR 410 “PENDOLINO”

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Un secondo fattore che ha influito sulla sceltadel sito di Savigliano, è stata la lungimiranzadel Comune nel mettere a disposizione un’area di 28.500 m2. situata tra due linee ferroviarie attive, che consentono il collega-mento alla rete locale e nazionale. Ciò è indispensabile non tanto per il ricovero deimezzi storici (che potrebbero per fini espositivivenire carrellati, come successo per altri musei),bensì per quella peculiarità che potrebbediventare la caratteristica saliente del “MuseoFerroviario Piemontese”: il mantenimento in attività di parte dei rotabili. A differenza di altri musei esistenti in Italia (quello F.S. di Pietrarsa (NA) ed il “Leonardo da Vinci” di Milano), ove locomotive e rotabili giaccionoin un perenne immobilismo e solo l’immagina-zione dei visitatori può ancora vederli in attività,questo museo nasce attivo, con locomotivesbuffanti pronte a correre sulle linee piemontesia testimoniare un’importante e gloriosa storiaferroviaria e di sviluppo socio economico del territorio. La collocazione in Savigliano è ottimale sotto questo aspetto: il museo è stato raccordato con la ferrovia Savigliano-

Saluzzo da cui si accede alla Saluzzo-Cuneo,entrambe linee a scarso traffico, ove la circo-lazione di treni storici non crea problemi per il normale servizio; da Cuneo poi i trenipotrebbero proseguire sulla Cuneo – Breil –Ventimiglia, una linea eccezionale per i suoiscorci paesaggistici e per le sue soluzioniarchitettoniche. Infine è già stata avanzata l’ipotesi di riapertura a fini turistici delle lineeBusca-Dronero e Saluzzo-Moretta, da annichiuse al traffico, ma ancora armate e quindiriadattabili. Nella Euro-Disneyland di Parigisono stati investiti molti milioni di Euro percostruire tre locomotive a vapore secondo i disegni del secolo scorso (realizzando così un falso storico) ed una ferrovia di pochi chilometri, oggi tra le attrazioni di punta del complesso; mentre noi disponiamo dimateriale autentico di alto significato storico e quindi ben più prezioso, che attende solo di essere utilizzato, fra cui alcune macchine di origine straniera che costituiranno un fortepolo di attrazione di visitatori anche dall’estero.È doverosa una particolare menzione aivolontari che dedicano la loro opera gratuita

SOMMEILLER, GRANDIS, GRATTONI

La sede di Savigliano del Museo Ferroviario Piemonteseè stata dedicata ai tre grandi ingegneri ferroviari dell’800dello Stato Piemontese: Germain Sommeiller, SebastianoGrandis, Severino Grattoni. Parteciparono alla proget-tazione, realizzazione e gestione di numerose ferrovie in Piemonte, ma il loro nome resta soprattutto legato al traforo del Frejus. I tre ingegneri avevano progettatol’ardito traforo lungo 12.700 metri, ma sino al 1850circa tutte le gallerie venivano scavate manualmente (a colpi di piccone) ed in questo modo i tempi sareb-bero stati lunghissimi; allora i nostri ingegneri inventaronoil compressore a colonna e misero a punto le perforatriciidrauliche che permisero di scavare il traforo. In loro ricordo è stato realizzato un monumento all’ingresso del museo.

LA LOCOMOTIVA DI FRESCOT

Per il logo del museo è stata scelta la locomotiva diFrescot, che rappresenta una pietra miliare nell’evoluzionedelle locomotive a vapore. L’ing. Frescot era il capo dell’ufficio progetti della SFAI (Strade Ferrate dell’AltaItalia) e nel 1884 fece costruire nelle officine di Torinodi questa società una locomotiva per quei tempi inno-vativa, la prima con rodiggio 2.3.0, potenza di 650cavalli e velocità massima di 80 Km/h. Fu dedicata a Vittorio Emanuele II e negli anni successivi ne vennerocostruite diverse serie per un totale di 54 unità.Purtroppo nessuna è stata salvata.

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L’INCREDIBILE STORIA DI UNA LOCOMOTIVA CHIAMATA “LUCIA”

Nel 1911 le officine Hanomag, dell’Impero di Prussia,costruirono la loro locomotiva n. 6382, questa macchinafu consegnata alle KPEV (Koniglich Preussische EisenbahnVerwaltung - Ferrovie Prussiane), assegnata al depositolocomotive di Halle ed iniziò il suo servizio immatricolatanel gruppo G8 col n.4813. Non sappiamo quali acca-dimenti la coinvolsero nel primo conflitto mondiale, ma al termine dello stesso, questa macchina fece parte di un nutrito gruppo di locomotive che le F.S. considerarono“preda bellica” e venne reimmatricolata nel gruppo 422col numero 009. Scarsa conoscenza dei tecnici per leriparazioni e carenze dei pezzi di ricambio fecero sì chenegli anni ‘30 questa macchina fu tolta dal servizio attivoed accantonata. Durante la seconda guerra mondiale fu rimessa in servizio ed assegnata al deposito di Lubiananel periodo dell’annessione di questa provincia al Regnod’Italia. Passò miracolosamente indenne il conflitto e nel settembre del 1946 fu venduta dalle F.S. alla societàItalgas, che la utilizzò nello stabilimento di Bragno, in servizio di manovra ed al traino delle tradotte sul raccordo con la stazione di San Giuseppe di Cairo(linea Torino-Savona). Nel 1972 fu soppiantata in questoservizio da più moderne locomotive diesel ed accantonatain attesa di demolizione. Venne invece scoperta dagliappassionati di ferrovia del GATT (Gruppo Amici delTreno Torino) e nel 1979 fu ceduta al Museo FerroviarioPiemontese, riparata e rimessa in attività, risultando cosìessere il primo (e per anni unico) esempio nel nostro Paesedi locomotiva a vapore funzionante di proprietà di un museo. Da allora è stata utilizzata per viaggi speciali,inaugurazioni, celebrazioni, e per girare alcuni film. È stata battezzata “Lucia” nel 1981 in memoria di unasocia fondatrice del GATT prematuramente scomparsa.

a favore del museo, sia garantendo i servizi di biglietteria ed assistenza visitatori durantegli orari di apertura, sia prestando la mano-dopera per il restauro, la manutenzione e l’esercizio dei rotabili.

In un momento di particolari ristrettezzefinanziarie della pubblica amministrazione, il personale retribuito al servizio del museo è ridotto al di sotto del minimo indispen-sabile, quindi proprio grazie all’opera deivolontari il museo può garantire la sua attività.Per concludere, si sottolinea come la realiz-zazione di un museo ferroviario vivo, con macchine funzionanti, con materiale rotabileche ha operato nella Regione, con importantimanifestazioni tecniche, culturali e storiche, e la sua localizzazione in Savigliano, rappresenta ben più di un fatto di interesseper appassionati: rappresenta un fattore formativo importantissimo per avvicinare i giovani, istruirli ed educarli al trasportopubblico, rappresenta un elemento di ripresadi coscienza della storia e della cultura del Piemonte, rappresenta un museo del“lavoro del ferroviere” ove si può comprenderecome far funzionare una locomotiva a vapore, rappresenta il ricordo delle prime ferrovie piemontesi ed infine rappresenta anche unapreziosa opportunità per rilanciare il turismonelle vallate saluzzesi e cuneesi, e non solo.

422009 “LUCIA”

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LA PIATTAFORMA GIREVOLE

Le piattaforme girevoli nacquero praticamente assiemealle prime ferrovie, con lo scopo di girare le locomotivea vapore. Queste erano infatti unidirezionali, o per lomeno avevano una direzione di marcia ottimale, mentre la retromarcia imponeva pesanti limitazioni (salvo in alcuni tipi che rappresentarono però rare eccezioni). La seconda funzione che con l’evoluzione delle ferroviefu assegnata alle piattaforme girevoli, fu quella di distri-buire le locomotive (ma anche carri e carrozze) su fascidi binari afferenti la piattaforma stessa. Una piattaformagirevole è composta da due elementi strutturali base: la vasca (in muratura) ed il ponte girevole (in metallo). Le dimensioni in ambito F.S. possono variare, da un minimo di 5,5 metri (per carri e piccole locomotive) sinoad un massimo di 21,5 metri (su cui è possibile girarequalsiasi tipo di locomotiva). La piattaforma girevoleinstallata a Savigliano è una F.S. da 21 metri di diametrola cui progettazione risale agli anni ’10; tali piattaformevennero costruite negli anni ’20 e successivi. Il ponte èstato recuperato in pessimo stato nell’officina meccanismiF.S. di Pontassieve, e la ristrutturazione ed il montaggiosono stati realizzati in modo magistrale dalle OfficineMilanesio di Moretta, ed ora la piattaforma funziona perfettamente. Oggi la piattaforma costituisce il “cuore” del museo e rappresenta un raro pezzo di archeologiaindustriale, elemento di per sé da esposizione, che contribuisce a valorizzare ancor più la sede del MuseoFerroviario Piemontese.

LA STRUTTURA DEL MUSEO

Abbiamo evidenziato che la particolarità salientedi questo museo consiste nell’avere un certonumero di locomotive e carrozze funzionanti equindi in grado di effettuare viaggi in occasioniparticolari, o per turisti, o semplicemente perportare visitatori nel museo. Ciò ha profonda-mente influito sulla progettazione. Oltre ai fabbricati sussidiari (con salone mostre,biblioteca, sala convegni e servizi vari) il museovero e proprio è composto da tre settori:• la piattaforma girevole con annessa “rotonda”,che costituisce un vero e proprio deposito locomotive simile a quelli di inizio secolo e chein futuro potrà essere completata con un’officinaper la manutenzione, riparazione e restauro dei rotabili; occupa lo spazio centrale del museo;• la stazione di testa, seppure ridotta a due solibinari; che sono corredati da quattro scambi con interconnessione a croce per permetterealle locomotive, una volta giunte al termine del binario, di riportarsi in testa al treno dal latoopposto; anche in questo caso è stata copiatauna stazione tipo dell’epopea della grandetrazione a vapore, naturalmente completatada marciapiedi per l’accesso ai treni da parte dei viaggiatori; è situata nella fascia parallela allalinea Torino-Cuneo/Savona;• il fascio smistamento, ove verrannoesposti carri e carrozze, è situatonella fascia lungo la linea Savigliano-Saluzzo (ma deve ancora essere realizzato). Naturalmente, tutti gliscambi sono funzionanti, ed i binarisono attivi in modo da permettere ai treni di effettuare manovre, partenze ed arrivi!

LA PIATTAFORMA GIREVOLE CON LA T3

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LA STORIA DELLA T3Fu costruita nel 1907, unitamente ad una unità gemella,negli stabilimenti della “Henschel & Sohn” nell’alloraimpero di Prussia, e precisamente a Cassel (città oradenominata Kassel). Le due macchine vennero acquistatedalla “Ferrovia della Val Sessera” Grignasco-Coggiola(una ferrovia costruita e gestita dalle forze economiche e dagli Enti pubblici locali e non facente parte della reteF.S.) e furono destinate ad effettuare servizio sia merci cheviaggiatori. Dopo una disastrosa alluvione che distrusse il ponte sul Sesia, nel 1935 questa ferrovia venne chiusae le due macchine furono vendute al porto di Savonache le utilizzò per le manovre dei carri merci lungo i moli,per il carico e lo scarico delle merci dalle navi. Questoservizio si protrasse fino ai primi anni ‘70, poi le macchinefurono accantonate e successivamente vendute ad undemolitore, che ebbe però l’ispirazione di non procederealla demolizione e di conservarle, seppure in stato diabbandono. Scoperte dall’allora appena costituito MuseoFerroviario Piemontese, furono acquistate nel 1980. Ne seguì una lunga opera di restauro. La macchinanumerata dalla Ferrovia Val Sessera “N. 2” è statarestaurata completamente ed è attualmente in funzione; la “N.1” è stata invece restauratasolo esteticamente ed è esposta, non funzionante, presso il Museo del Tramvai di Altavilla Monferrato (AL). La macchina attiva ebbe ancora la sfortuna di trovarsi a Torino, (nella vecchia stazione di TorinoPorta Milano) durante l’alluvione della primavera del 2000. Sommersa da acqua e fango è poi stata sottoposta ad una ulteriore complessa riparazione.Ora è perfettamente funzionante, coni suoi 380 cavalli vapore di potenza e la velocità massima di 40 km/h.

I LOCOMOTORI TRIFASE

Verso la fine del 1800 iniziarono i primi esperimentidi trazione elettrica ferroviaria. Nel 1901 in Valtellinavenne elettrificata la prima linea italiana, con il sistemaa terza rotaia, ma fu il sistema trifase ad imporsi negli anni successivi. Nel 1910 venne elettrificata la linea dei Giovi, nel 1913 il Frejus ed a seguiremolte linee del Piemonte e della Liguria, sino a formareuna rete omogenea che comprendeva anche il valicodi Tenda da Cuneo a Ventimiglia. Questo sistemavenne sostituito dal più moderno a corrente continuasolo molti anni dopo, ed i locomotori trifase restaronoin servizio sino agli anni ’70. Il museo conserva ben3 locomotive: la E 554.174 a 5 assi accoppiati a ruote piccole per le linee di montagna, le E 431.027ed E 432.031 a ruote alte per treni passeggeri veloci. La E 432.031 appartenente alla serie di 40esemplari costruiti negli anni 1928/29 dalla officineBreda di Milano, è stata utilizzata fino al 1973 sulle tratte Carmagnola-Cuneo-Limone Piemonte e Carmagnola-Fossano-Savona. Dei 40 esemplari prodotti ne rimangono solamente due, una al Museodi Savigliano, che si spera di poter riportare allosplendore originario e rendere visitabile anche all’interno, l’altra di proprietà FS, esposta al MuseoNazionale di Pietrarsa, presso Napoli.

HENSCHEL T3

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GLI ANTICHI CARRI DEL 1800

Sono già stati restaurati i quattro rotabili più antichi del museo: un carro gru, già appartenuto alla FCC, Ferrovia Centrale delCanavese, il cui braccio è costituito da un tronco d’albero, manovrato a mano con ruotea ingranaggi gigantesche; un carro aperto con sponde in legno che ricorda i vecchi carretti trainati da animali, un carro copertocon una cassa interamente in legno ed uncarro coperto con un caratteristico terrazzinoper il frenatore. I quattro carri hanno ruote a raggi, freni a mano rudimentali, respingenticon molle a bovolo a vista ed altri particolaricuriosi che mettono in evidenza l’epoca in cui furono costruiti.

LA F.S. 895

Il gruppo 895 fu costruito tra gli anni 1908-1915 per le F.S. Erano macchine progettateper linee di montagna, a ruote piccole, conottimo sforzo di trazione, ma velocità massimalimitata a 40 Km/h. Erano caratterizzate dallapresenza di diverse casse d’acqua disposte di fianco alla caldaia, che conferivano ad esseuna forma insolita. Col passare degli anni vennero adibite a compiti di manovra pesantee traino di tradotte nei porti e negli scali piùimportanti. Dagli anni ’50, alcune vennero cedutead industrie private per il servizio sui raccordi.La 895.159 prestò servizio presso la Fornicokesino agli anni ’70, poi fu gentilmente donata al museo ed ora è in corso di restauro statico.

LA FTN 23

Nel 1935, la Breda costruì una serie di locomotive a tre assi per linee secondarie.Erano macchine semplici, leggere, economiche,con velocità massima di 50 Km/h e quindi atte anche al servizio passeggeri. Tre di queste furono acquistate dalla FTCL(Ferrovia Torino-Ciriè-Lanzo), ed una dallaF.C.C. (Ferrovia Centrale del Canavese).

Finirono tutte nel parco FTN (Ferrovie TorinoNord), poi SATTI.

Il Museo Ferroviario Piemontese è aperto al pubblico:giovedì ore 14.30-17.30sabato ore 10-12; ore 14.30-17.30domenica ore 10-12; ore 14.30-17.30www.museoferroviariopiemontese.com

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La formazione di Silvano Prandisi prepara adaffrontare unastagione ricca digrandi impegni: campionato,ChampionsLeague e CoppaItalia.

UNA SQUADRA RICCA DI AMBIZIONILA BANCA REGIONALE EUROPEA SARÀ PER ALTRI TRE ANNI A FIANCO DEL GRANDE VOLLEY CUNEESE

DI GIANNI SCARPACE

Mancano solo le partite al palasport. Per il resto c’è attesa, pathos, interesse degni di una stagione su cui i riflettori si sono accesi subitodopo lo scudetto conquistato da Macerata. I tifosi della Bre Banca Lannutti non si sonocerto annoiati in queste settimane di mercato,calendari, amichevoli annunciate, stimolati dal ritorno in campo internazionale con la partecipazione alla Champions League.Ogni settimana una novità sulla squadra che lo staff dell’allenatore Silvano Prandi haritrovato il 31 luglio al palasport di San Rocco. In realtà sembra che il campionato e gli impegni delle Coppe non si siano mai fermati.Dal primo al 3 settembre la Bre Banca Lannuttisarà impegnata in un quadrangolare, a Torino (al Palaruffini) con Piacenza, Montichiari e il Cannes. Il primo test vero di squadra primadell'avvio del campionato: il 10 settembre la prima partita stagionale, in casa, contro il Verona di Bernardi e Howard, subito dopo la Roma allenata dal cuneese Roberto Serniotti.La Supercoppa Italiana a metà settembre, probabilmente a Pesaro. Un ritorno nelleMarche, dunque, dove i cuneesi furono eliminatidalla corsa allo scudetto dalla Lube campioned'Italia. Il 27 settembre la Bre Banca Lannuttitornerà in campo internazionale (manca dal2002) giocando la sua prima partita dellaChampions League, in casa, contro ilFredricshaffen. La sosta annuale sarà moltolunga: dal 15 ottobre al 10 dicembre per lefasi finali della World League. Nella Nazionaleè impegnato Lasko, il nuovo opposto cuneese,mentre il centrale Cozzi e il palleggiatoreCoscione sono nella rosa del tecnico Montali.“Sarà un inizio di stagione impegnativo - dice l’allenatore cuneese Silvano Prandi - Non cispaventa. Il nostro progetto conta di arrivarepreparati ad ogni evento”. Così Cuneo si è mossa sul mercato cercandodi rafforzare la panchina: a disposizione insieme al centrale Curti, rimasto a Cuneo,alla corte di Prandi, sono arrivati il quartoschiacciatore Rigoni (soprattutto difensore ed eventuale sostituto del libero), il secondopalleggiatore è Rabezzana, giocatore d’espe-rienza proveniente da Piacenza e il secondoopposto Oro. Altro brasiliano in panchina è lo schiacciatore Abbadi.

In campo scenderanno Coscione-Lasko, Omrcen-Cozzi, Giba-Wijsmans, libero Vergnaghi. La Bre Banca Lannutti cercherà di difendereanche la Coppa Italia conquistata la scorsastagione: dal 28 febbraio al 4 marzo 2007 cisarà la Final Eight. Uno sforzo organizzativo e professionale sostenuto da sponsor grandi epiccoli che condividono il progetto del presiden-te Valter Lannutti. “Rinnoviamo per tre anni la sponsorizzazionedella squadra di volley Bre Banca Lannutti el’accordo si estende anche alle squadre giovanilidella Piemonte Volley”. Il presidente della Banca Regionale Europea,Piero Bertolotto, ha aperto così l’incontro conla stampa tenuto il 20 luglio, a Cuneo presso la sede della banca. ”È una scelta convinta;per noi questa sponsorizzazione, oltre a favorirelo sviluppo dello sport, è un investimento, vistoil crescente successo delle iniziative della bancarivolte ai giovani”.

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Un momento istituzionale, ma anche un’occa-sione per fare il punto delle scelte tecnicheper la stagione 2006/2007, alla presenza delpresidente della Fondazione Cassa di Risparmiodi Cuneo Ezio Falco e del vice Beppe Ballauri.“Proseguiamo nel nuovo ciclo aperto con l’arrivo dell’allenatore Silvano Prandi” , haaffermato Lannutti. “Nella stagione scorsaabbiamo lasciato la semifinale con onore, speriamo di dare nuove emozioni ai tifosi e aglisponsor che ci danno fiducia, come la Bre”.Oltre al campionato, quest’anno c’è anche lastimolante avventura della Champions League.Ne parla il team manager Marco Pistolesi:“Non è come nel calcio, in cui si prepara unasquadra per il campionato e una per le Coppe.I nostri titolari giocano sempre, a meno diinfortuni. Il mercato di quest’anno è stato con-dizionato dalla necessità di trovare una validapanchina lunga e dal fatto che alcuni giocatorihanno espresso il desiderio di giocare da titolariin A2. Oggi deteniamo un record: dieci giocatoridi proprietà tra la A1 e la A2”. Mercato chiuso?Pistolesi: “Cozzi, ad oggi, è uno dei nostri trecentrali e non si vedono, all’orizzonte, alternativeallettanti”. Nella scorsa stagione, oltre alla ricon-quista della Coppa Italia, della semifinale scu-detto e della fiducia dei tifosi cuneesi, la squadradi A1 di volley del tecnico Silvano Prandi avevasoprattutto raggiunto un obiettivo fondamentale:tornare a riempire uno dei palasport più grandie più belli d’Italia. È lo scopo dichiarato dallasocietà Piemonte Volley anche quest’anno, inoccasione della presentazione della campagnaabbonamenti per il campionato 2006/2007.

A CUNEO IL GRAN PRIX DELL’AVVENIRE DI BEACH VOLLEYLA TOP FOUR BRE BANCA PRIMA CLASSIFICATA NELL’UNDER 20

Si è svolta a Cuneo, dal 30 giugno al 2 luglio, nella cornice suggestiva di piazza Galimberti, l’VIIIªedizione del Gran Prix dell’Avvenire di Beach Volley.La manifestazione, organizzata da Sergio Parola e Giorgio Salomone, ha ottenuto un ottimo successo.Le migliori squadre giovanili italiane si sono confron-tate nei due gironi maschili juniores e nel tabelloneunico under 18 femminile. Prima classificata under 20 la Top Four Bre Banca; nel girone femminile laArmando Bre Banca ha conquistato il secondo posto.Per la prima volta il programma della manifestazioneha presentato un’esibizione di “Foot Volley”, calciogiocato sulla sabbia con le regole del volley, da duecoppie di giocatori, ma senza toccare il pallone con le mani. In notturna si sono svolti eventi speciali,con la partecipazione di campioni della squadra di serie A1, Bre Banca Lannutti.

29 gennaio 2006: la vittoria nella finaledi Coppa Italia

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LA SFIDA DEL CALCIO PAVESELA BANCA REGIONALE EUROPEA SARÀ SPONSOR DEL PAVIA CALCIO PER LA STAGIONE 2006-2007

La Banca Regionale Europea sarà al fianco del Pavia Calcio,come main sponsor, anche per la stagione 2006-2007.L’annuncio è stato dato in occasione della conferenzastampa di presentazione della nuova squadra, tenuta a Pavialo scorso 20 luglio, presso la sede della banca. La squadraaffronta il prossimo campionato con determinazione econ obiettivi ambiziosi, forte dei buoni risultati conseguitiquesto anno, con la qualificazione ai play-off. Si è profondamente rinnovata, e comprende molti giovani,promettenti e motivati. “La Banca Regionale Europea credenel calcio pavese” – afferma il Vice Presidente, prof.Mario Cera. “Il Pavia Calcio è una società sana e gestitacon criteri imprenditoriali. Questo sport sta conoscendoun momento difficile, pur dopo la splendida vittoria dellanazionale ai mondiali; ma la nostra realtà non ha maiperso di vista i valori di riferimento, ispirati ad una lealecompetizione, alla non violenza, allo spirito di équipe, al reciproco rispetto, al rigore nella gestione. Siamo certiche vecchi e nuovi giocatori del Pavia Calcio saprannotrasmettere ai loro coetanei un esempio di impegno e disportività. Il successo della squadra potrà recare un utilecontributo alla realizzazione di un processo, di ampiorespiro, di valorizzazione dell’immagine della Città”.

La famiglia Calisti è alla guida della società da nove stagioni, e ne ha fatto un modello di efficienza. A giudizio del Direttore Generale, Armando Calisti, “quest’anno si ricomincia davvero. Si riparte in tutti isensi, con lo sguardo rivolto al futuro e senza malinconi-camente pensare al passato”. Allenatore è stato confermatoMarco Torresani. “Il rinnovamento della rosa era obbligato per le scadenze di contratto, per qualche giocatore in prestito, per qualcuno a fine carriera. Ora si riparte non da zero, ma voltando decisamentepagina. Lo spirito che ci ha animato nella ricostruzionedella squadra è quello giovanile; dobbiamo far leva sull’entusiasmo, sulla voglia di giocare bene. Non ci sono giocatori di grido, facciamo leva sul bel gioco”. In sostituzione di Moreno Zocchi, responsabile dello staff tecnico sarà Massimo Tarantino, che ha da pocolasciato il calcio giocato e dispone di un’esperienza preziosa per adempiere al suo nuovo ruolo.Vi sono tutte le condizioni per guardare al futuro confiducia; l’auspicio della Banca Regionale Europea è per una stagione serena, fruttuosa e ricca di soddisfazioniper la squadra e per la Città.

Pavia, 20 luglio 2006: la conferenza stampa di presentazione dellanuova squadra, presso la sede della BancaRegionale Europea

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AL BONACOSSA DI MILANO IL 47°TROFEO BONFIGLIO-CAMPIONATIINTERNAZIONALI D’ITALIA JUNIORESSi è tenuto dal 20 al 28 maggio, presso il Tennis ClubMilano Alberto Bonacossa, il 47° Trofeo Bonfiglio-Campionati Internazionali d’Italia Juniores. Si tratta della più importante manifestazione tennisticaorganizzata a Milano nel corso del 2006, alla quale laFederazione Internazionale (ITF) ha assegnato il valoredi grado A, riconoscimento dato a pochi altri eventiinternazionali under 18. I ragazzi e le ragazze che vihanno preso parte, oltre 200 da 40 Paesi, sono i piùforti del mondo e sono i campioni del futuro: hanno par-tecipato al Trofeo Bonfiglio oltre 40 degli attuali Top 100e, salendo di livello, 12 uomini e 9 donne attualmenteTop 20 nelle classifiche mondiali. L’edizione 2006 è statatra le migliori degli ultimi anni ed ha offerto moltissimispunti interessanti. Protagonista indiscusso il franceseJonathan Eysseric, vincitore del titolo. Prima classificata,nel femminile, la romena Olaru. Tutti gli azzurri sonostati eliminati al primo turno, tranne Antonio Comporto.

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A sinistra, dall’alto: il francese JonathanEysseric, vincitore del singolare maschile;la romena Ralucaolaruvincitrice del singolare femminile;Corinna Dentoni, l’italianameglio classificata, semifinalista

Sopra, dall’alto: la russa GalinaVoskoboeva, in azione digioco; la sua premiazione(da sinistra, Sergio Scossa,presidente del CountryClub, la vincitrice e IvanoPressenda, capo area di Cuneo della BRE)

GRANDE TENNIS: LA BANCA REGIONALE EUROPEA A FIANCO DEI CAMPIONI DEL FUTURO

A CUNEO L’INTERNATIONAL COUNTRY CLUB BANCA REGIONALE EUROPEASi è svolto a Cuneo, dal 2 al 9 luglio, presso il CountryClub, il Torneo Internazionale Femminile 2006 BancaRegionale Europea”, con montepremi di 50.000$. La manifestazione, all’VIII edizione, fa parte del circuito“2006 ITF Women’s Tour”. Hanno avuto accesso al“main draw” (tabellone di qualificazione) 32 giocatrici,tutte comprese tra le prime 150 del mondo, nel singolare,e 16 formazioni, nel doppio. Vincitrice del singolare è stata la russa GalinaVoskoboeva; al secondo posto l’italiana Alice Canepa.Vincitrici del doppio, le italiane Karin Knapp e SaraErrani.

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NOTIZIEDALLABANCAREGIONALEEUROPEA

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NOTIZIEDALLABANCAREGIONALEEUROPEA

I NUOVI FONDI FLESSIBILIFLEXFREESE LE PERFORMANCE SONO AL DI SOTTO DI UN INTERVALLO PREDEFINITO LA BANCA NONPRELEVA LA COMMISSIONE DI GESTIONE

Con l’introduzione dei Fondi Flessibili“FlexFree”, creati dalla società digestione Capitalgest, del GruppoBanca Lombarda e Piemontese, la Banca Regionale Europea lancianuove regole per competere sul mercato del Risparmio Gestito.Il cliente conosce già al momentodella sottoscrizione quali sono gliobiettivi di rendimento dei nuovi FondiFlessibili. Tali obiettivi sono legati ad un tasso “free risk” e definiti daun intervallo diverso per tipologia difondo. Se le performance non sonoall’interno dell’intervallo prestabilito,non sono prelevate le commissioni di

gestione per tutto ilmese successivo.“Il nostro obiettivo”- ha dichiarato ilPresidente dellabanca, PieroBertolotto- “in un’ot-tica di trasparenzadell’offerta di pro-dotti e servizi, èdi condividere gliinteressi dei nostriclienti, così dacreare situazionivincenti perentrambi”.La gamma pre-vede tre tipolo-gie di fondi.

Fondo FlexFree: ha lo scopo di soddisfare l’esigenza di chi vuoleinvestire nel medio periodo con l’obiettivo di preservare il capitale ed il potere d’acquisto dell’investimento,nell’ambito di una gestione che assu-me quale rendimento target annuo il tasso free risk, rappresentato dall’indice Merrill Lynch Euro Currency3 mesi. E’ adatto per clienti con profilo di rischio medio/basso.Fondo FlexFree 2: ha lo scopodi soddisfare l’esigenza di chi vuoleinvestire nel medio periodo con l’obiettivo di una rivalutazione delcapitale, nell’ambito di una gestioneche assume quale rendimento targetannuo il 2% aumentato del tasso free risk. E’ adatto per clienti con profilo di rischio medio.Fondo FlexFree 4: ha lo scopodi soddisfare l’esigenza di chi vuoleinvestire nel medio periodo con l’obiettivo di una crescita del capitale,nell’ambito di una gestione che assu-me quale rendimento target annuo il 4% aumentato del tasso free risk. E’ adatto per clienti con profilo dirischio medio-alto.Per ogni informazione:numero verde 800-006906www.brebanca.it

NUOVO LOOK PER IL SITOINTERNET DELLA BRELa Banca Regionale Europea haattuato un restyling del proprio sito Internet, realizzato inseguito a studi qualitativi comparati e sulla base dei criteri più aggiornati,sotto il profilo della grafica e dellanavigabilità.I numerosissimi visitatori, che tramiteil sito accedono ai servizi di bancavirtuale, troveranno una home pagecaratterizzata dalla chiarezza dellapresentazione delle aree tematiche, e potranno scegliere gli argomenti di interesse in modo semplice eimmediato. www.brebanca.it

www.brebanca.it

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L’UNIONE INDUSTRIALE DI CUNEO PREMIA LA BREPER LA QUALITÀ DEL SERVIZIO ALLE PICCOLEIMPRESE

L’Unione Industriale della Provincia di Cuneo ha premiato la BancaRegionale Europea per la sua efficien-za e rispondenza alle esigenze dellepiccole imprese. Il riconoscimento è stato assegnato, a pari merito, atre aziende di credito di dimensionenazionale e a tre locali, in base airisultati di un sondaggio che ha coinvolto circa 1.000 aziende.Nel corso della cerimonia, svoltasi adAlba l’8 giugno, il Direttore Generaledell’Abi, Giuseppe Zadra, ha tenutouna relazione sul rapporto tra bancae impresa. Erano presenti, per la BRE,il Direttore Generale, Argante Del Monte, e il responsabile dellaDivisione Corporate, Mario Spaltini.

INVITO A PALAZZO 2006Sabato 7 ottobre si svolgerà la V edizione della manifestazione “Invito a Palazzo”, promossa dall’ABI,sotto l’Alto Patronato del Presidentedella Repubblica e con il patrociniodel Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali. Oltre cinquanta bancheconsentiranno al pubblico di visitarele loro sedi storiche, nella quali sonocustodite opere d’arte di inestimabilevalore. La Banca Regionale Europeaaprirà la sede centrale di Milano, in via Monte di Pietà 7, con il suoarchivio storico, e l’area archeologicadi epoca romana, presso la sede di Alba, in via Calissano 9. Saranno organizzate visite guidate,con personale specializzato. Orario: dalle ore 9 alle ore 19.Per informazioni: www.abi.it

DOMENICO E GIROLAMOINDUNO - LA STORIA E LA CRONACA SCRITTECON IL PENNELLO.A TORTONA, DAL 14 OTTOBRE2006 AL 7 GENNAIO 2007, UNA MOSTRA DEDICATA AI PITTORILOMBARDI

Si svolgerà a Tortona, dal 14 ottobre2006 al 7 gennaio 2007, pressoPalazzo Guidobono, un evento artisti-co di visibilità nazionale:

la mostra dedicata a Domenico eGirolamo Induno, personalità di spic-co nel panorama della pittura lom-barda dell’Ottocento ed interpreti diprimo piano della società milanesepost-risorgimentale. Saranno espostecirca sessanta opere, rappresentantistoria e vita quotidiana di Milano edella Lombardia dell’800. La mostra,promossa dalla Fondazione Cassa diRisparmio di Tortona, con il sostegnodella Banca Regionale Europea,

della Banca Cassa diRisparmio di Tortona edel Gruppo BancaLombarda ePiemontese,è curata dall’IstitutoMatteucci diViareggio, con la collaborazionedell’ArchivioManusardi diMilano e di studiosi di livello internazionale.Per informazioni e visite guidate:FondazioneC.R. Tortona, tel 0131822965.

IL BEATO SISTO DAMILANO TRA LA CORTE DEI GONZAGA E IL MONTEDI PIETÀSi terrà a Milano, il 13 ottobre, alleore 15, presso la Sala d’Aste dellaBanca Regionale Europea, in viaMonte di Pietà 5, una mostra-tavolarotonda sul Beato Sisto da Milanodei Frati Minori (1404-1486), promossa nell’intento di ripercorrere i luoghi ove egli operò e le iniziativedi cui si fece carico. In particolare,la tavola rotonda intende ricostruirele vicende della città di Mantova nelcorso del ‘400, dove il Beato Sistooperò per circa cinquant’anni, pressola Corte dei Gonzaga e presso i cetipiù poveri, ai cui problemi economicil’erigendo Monte di Pietà avrebbedato una risposta significativa.

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Lo splendido impianto del CentroCONI di Pavia ha ospitato, nei giorni17-18 giugno scorsi, organizzato da UNICREDIT, la XXXllª Edizione del Campionato Nazionale di atleticasu pista. Circa 300 gli atleti presenti,in rappresentanza di 32 Società.Malgrado il vantaggio dell'organiz-zazione, il "gigante" UNICREDIT si è dovuto ancora una volta inchinaredavanti agli atleti in maglia bianca/blu/ocra (questa volta le maglie eranoornate anche dalla "stella" per il decimoscudetto conquistato lo scorso anno). La Banca Regionale Europea ha nuovamente vinto sia in campo maschile che femminile, facendo incettadi titoli individuali assoluti, ben 10,equamente suddivisi fra maschile efemminile. Va dato atto che tutti, atleteed atleti, hanno dato il massimo nellerispettive specialità. In campo maschilein particolare evidenza Marco Corino,dominatore nel mezzofondo con tretitoli (800 -1500 -4 X 400), poi AndreaVagaggini (ha vinto i 400 HS e 4 X400) e Claudio Cuniberti (titolo nellaasta). ln campo femminile si è distintacome di consueto Elena Tosatti, reginadegli ostacoli, con tre titoli (100 HS -400 HS -4 X 400), poi Silvia Beltramiprotagonista del mezzofondo (titolonegli 800 e 4 X 400, seconda nei1500) e la sorprendente Simona Lovera

(ha vinto i 3000 davanti alla nostraMargherita Cormetto).La Banca Regionale Europea ha infinechiuso significativamente il Campiona-to volando letteralmente sulla pista conle due staffetta 4 X 400, dominatrici,sia la maschile (Carraro-Vagaggini-Magliano-Corino) che la femminile(Verri-Quaranta-Tosatti-Beltrami). Fra le Società avversarie doppietta di Scoffone (Banca d'Alba) vittoriosonei 5000 e 3000 siepi, D'Antonio(C.R. Rovereto) che ha dominatopeso e disco. Carletti (Banca Marche)ha dominato la 5 Km. di marcia in 27' 44" e Battistutta (Friulcassa) ha lanciato il giavellotto a mt. 42.75.Fra le donne, Tavella Michela (BancaLombarda) ha vinto 100 e 400(1.00.56) ed Elda Giraudi (Unicredit)ha vinto peso e disco.Un ringraziamento quindi ad atleteed atleti che con grande impegnodominano da anni la scena dellaatletica bancaria. Il solito doverosoringraziamento anche a Gigi Catalfamo(Atletica Cuneo) che ha assistito nellapreparazione gli atleti locali, nonchéal nostro Responsabile Tecnico Giam-piero Marzi che ha guidato la rappresentativa maschile al prestigiosorecord di undici scudetti consecutivi equella femminile al tre scudetti conse-cutivi (quattro negli ultimi cinque anni).

LA BANCA REGIONALE EUROPEA SI CONFERMAPRIMA ASSOLUTA AI CAMPIONATI NAZIONALI BANCARI/ASSICURATIVI DI ATLETICA 2006

Parte della formazione BRE; da sinistra, in piedi: Tosatti, Magliano, Rossi, Trepon, Tintori, Garelli, G. Osella, Pavone, Crotti,Giraudo, Vagaggini, Sarale, Cuniberti, Demontis, Quaranta, Lovera, Giordano, Sorasio, Corino, Cometto, Maurino, Tenino, Dotta; da sinistra, accosciati: Marzi (responsabile tecnico) Verri, Bertossi, Carraro, E. Osella, Carnevale, Bossi, Di Bari, Gigliotti,Cavallo, Landra

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I CAMPIONI CLASSIFICA FINALE MASCHILE1° B.REGIONALE EUROPEA p. 10122° UNICREDIT p. 9833° BANCA MARCHE p. 6314° BPU BANCA 5° BANCA POPOLARE NOVARA6° C.R. PADOVA E ROVIGO 7° FRIULCASSA 8° BANCA DI SICILIA9° B.POP. EMILIA ROMAGNA 10° BANCA D’ALBA11° MONTE PASCHI SIENA12° C.R. ASTI13° B.N.L. BANCA NAZ. DEL LAVORO14° SAN PAOLO IMIseguono altre 18 Società

FORMAZIONE MASCHILE1 Abate Paolo (1500/3000)2. Bertossi Giovanni (5000 Marcia/800)3. Bossi Silvano (giavellotto/triplo/400)4. Braccini Paolo (5000/lungo)5. Caldera Ivano (peso)6. Carraro Daniele (110 hs/400 hs/4X400)7. Cavallo Bruno (100/200/4X100)8. Corino Marco (800/1500/4X400)9. Crotti Giovanni (peso/martello/giavellotto)10. Cuniberti Claudio (asta/alto/4X100)11 De Montis Alessandro (800/1500)12. Dotta Massimo (3000 siepi/alto)13 Garelli Danilo (100/200/alto)14. Gigliotti Ivan (lungo/triplo/4X100)15. Giraudo Paolo (giavellotto/martello/disco)16. Landra Marco (martello/disco/3000 siepi)17. Magliano Bruno (400/4X100/4X400)18. Maurino Vittorio (110 hs/asta/3000 siepi)19. Osella Gabriele (peso/disco/martello)20. Pavone Roberto (peso/giavellotto/disco)21. Sarale Simone ( 110 hs/400 hs/triplo)22. Tenino Giovanni (1500/3000)23. Vagaggini Andrea (400/400hs/4X400)24. Vallin Zenit (5000 marcia/800)

TITOLI ASSOLUTICorino (800/1500)Cuniberti (asta)Vagaggini (400 hs) Staffetta 4x400

(Carraro-Vagaggini-Magliano-Corino)

2° POSTO ASSOLUTOMagliano (400)Sarale (110 hs)Cuniberti (alto)Gigliotti (triplo)Staff. 4X100

(Cuniberti-Gigliotti--Cavallo-Magliano)

3° POSTO ASSOLUTOGarelli (200)Abate (3000)Carraro (110hs/400hs)

4° POSTO ASSOLUTODemontis (800)Landra (martello)Maurino (asta) Gigliotti (lungo) Bertossi (5000/marcia)

Sono stati conquistati anchenumerosi titoli senior e master

Pagina a sinistra,in alto: la gioia di AlessandroDemontis, quartonegli 800

A fianco: I dominatori della4x400, da sinistra:Magliano-Corino-Vagaggini-Carraro

Massimo Dotta e Marco Landra nella “riviera” dei 3000 siepi

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MASCHILE1985 Sesto S. Giovanni Banco Napoli1986 Sesto S. Giovanni Banco Napoli1987 Tirrenia (PI) Banco Napoli1988 Roma B.N.L.1989 Bibione (VE) Banca CRT1990 Arezzo Banco Napoli1991 Formia (LT) Banco Napoli1992 Sportilia (FO) Banco Napoli1993 Chieri (TO) Banco Napoli1994 Napoli Banco Napoli1995 Bussolengo (VE) Banco Napoli1996 Pomezia (Roma) Banca Reg. Europea1997 Tirrenia (PI) Banca Reg. Europea1998 Caprino (VR) Banca Reg. Europea1999 Asti (AT) Banca Reg. Europea2000 Caorle (VE) Banca Reg. Europea2001 Macerata Banca Reg. Europea2002 Padova Banca Reg. Europea2003 Ostia (RM) Banca Reg. Europea 2004 Novara Banca Reg. Europea2005 Cuneo Banca Reg. Europea2006 Pavia Banca Reg. Europea

FEMMINILE1985 Sesto S. Giovanni Banca Monte Milano1986 Sesto S. Giovanni Banca Monte Milano1987 Tirrenia (PI) Banca CRT1988 Roma Banca CRT.1989 Bibione (VE) Banca CRT1990 Arezzo Banca CRT1991 Formia (LT) C.R. Asti1992 Sportilia (FO) Banca CRT1993 Chieri (TO) C.R. Asti1994 Napoli Banca CRT1995 Bussolengo (VE) Banca CRT1996 Pomezia (Roma) Banca CRT1997 Tirrenia (PI) Banca CRT1998 Caprino (VR) C.R. Asti1999 Asti (AT) C.R. Asti2000 Caorle (VE) Banca CRT2001 Macerata Banca CRT2002 Padova Banca Reg. Europea2003 Ostia (RM) Unicredit2004 Novara Banca Reg. Europea2005 Cuneo Banca Reg. Europea2006 Pavia Banca Reg. Europea

Dall’alto:la conferma: MarcoCorino ha vinto800-1500 e 4x400

Paolo Abate, ottimoterzo posto nei3000

le dominatrici della4x400, da sinistra:Verri-Tosatti-Beltrami-Quaranta

Sotto:Silvano Bossi titolo master nel giavellotto

Pagina a destra, dall’alto: la sorpresa:Simona Lovera havinto i 3000 precedendoMargherita Cometto

Silvia Beltrami, titolinegli 800 e 4x400

Sonia Verri vola alprimo cambio della4x400

L’ALBO D’ORODEI CAMPIONATI NAZIONALI,DAL 1985

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CLASSIFICA FINALE FEMMINILE1° B. REGIONALE EUROPEA p. 3352° UNICREDIT p. 173 3° CASSA RISPARMIO ASTI p. 1564° C.R. PADOVA E ROVIGO 5° BANCA LOMBARDA6° BANCA INTESA7° LA FONDIARIA SAI

FORMAZIONE FEMMINILE1 Beltrami Silvia (1500/800/4X400)2 Carini Elena (1500)3 Carnevale Maria Pia (100/200/4X100)4 Cometto Margherita (1500/3000) 5 Di Bari Eleonora (100 HS/disco/peso)6 Giordano Michela (800/lungo/triplo)7 Lovera Simona (5000 marcia/3000)8 Osella Elena (100/200/4X100)9 Quaranta Lorena (3000 marcia/200/4X400)10 Rossi Maria Cristina (peso/disco/triplo)11 Rosso Laura (4X100)11 Sarcinelli Maria (3000 marcia/giavellotto)12 Sorasio Katia (alto/200/4X100)13 Tintori Irene (giavellotto/alto/peso)14 Tosatti Elena (400/400 Hs/4X400)15 Trepon Isabelle (400/lungo)16 Verri Sonia

(400/400 hs/4X400)

TITOLI ASSOLUTITosatti (100 hs/400 hs)Beltrami (800)Lovera (3000)Staff. 4X400 (Verri-Quaranta-

Tosatti Beltrami)

2° POSTO ASSOLUTOBeltrami (1500)Verri (400/400hs))Cometto (3000)Giordano (triplo)Di Bari (disco)Staff. 4X100 (Osella-Sorasio-

Carnevale-Rosso)

3° POSTO ASSOLUTOCarnevale (200)Di Bari (100 HS)Rossi (peso/disco) Lovera (3000 marcia)

4° POSTO ASSOLUTOTrepon (400/lungo)Giordano (800)Sorasio (alto)Quaranta (3000 marcia)Rossi (triplo)

Sono stati conquistati anche numerosi titoli senior e master

LE CAMPIONESSE

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1 0 4 • R A S S E G N A N. 2 1 • E S T A T E 2 0 0 6

INAUGURATA LA NUOVA SEDE DELLA FILIALE DI VIMODRONELa nuova sede della filiale di Vimodrone della Banca Regionale Europea, situata in strada Padana Superiore, 287, è stata inaugurata il 25 maggio, presente il DirettoreGenerale, Argante Del Monte.

CANOE MARATHON A PAVIA

Si è svolta a Pavia, il 7 maggio, la XXXVIIª Vigevano-Pavia, nell’ambito dei CampionatiItaliani CanoeMarathon.La manifestazione,sponsorizzata dallaBanca RegionaleEuropea, è stataorganizzata dallaCanottieri Ticino, storica società sportiva pavese, fondata nel 1873.

LA FORTUNA PREMIA I CLIENTI DELLA BANCAREGIONALE EUROPEANell’ambito delle periodiche estrazionidi premi tra i titolari di Carta Sempre edei servizi di banca virtuale “Extensive”,nei mesi scorsi la sorte è stata particolarmente favorevole ai clientidella Banca Regionale Europea.

1 Il signor Paolo Balduzzi, di Pavia, havinto il secondo premio del concorsoannuale Carta Sempre: una veretta in oroe diamanti offerta dalla gioielleria Fasoli.La consegna è avvenuta lo scorso 7 aprile.Nella foto, da sinistra: Giovanni Bisceglia,responsabile Unità Commerciale di Paviacittà; il premiato; Massimo Mezzadra,direttore dell’Agenzia S. Pietro in Verzolo.

2 Le signore Emanuela Taricco e LucianaDalmasso, di Cuneo, hanno vinto ciascuna un cellulare Siemens CL 75,nell’ambito del primo concorso CartaSempre Donna. La consegna è avvenutalo scorso 26 maggio. Nella foto, dasinistra: Ivano Pressenda, capo area diCuneo; le due vincitrici; Giancarlo Longo,responsabile Unità Commerciale di Cuneo città; Wilma Sciandra e LucianoBrocchiero, direttori rispettivamentedelle Agenzie 3 e 7 di Cuneo.

3 Il signor Alberto Baccaglini di Alba ha vinto una carta prepagata da euro2.500, nell’ambito del primo concorsoExtensive. Il premio è stato consegnatolo scorso 20 luglio. Nella foto, da sinistra: Mario Rolando, direttoredell’Agenzia 1 di Alba; il signor AlbertoBaccaglini; Emiliano Rossano, capoarea di Alba.

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RASSEGNA – RIVISTA TRIMESTRALE DELLA BANCA REGIONALE EUROPEA – VIA ROMA, 13 – 12100 CUNEO (ITALIA) – DIRETTORE RESPONSABILE: CARLO BENIGNIAUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI CUNEO N. 2/78 DEL 14-3-1978

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